Rassegna stampa 4 agosto

 

Giustizia: disastro umano delle carceri "qualcosina" si può fare

 

Ristretti Orizzonti, 4 agosto 2009

 

Anch’io, come Adriano Sofri (Il Foglio, 31.7.2009), ho pensato in queste settimane nell’afosa umidità milanese "si muore dal caldo" e però, come lui, faccio fatica a proferire ad altri detta espressione: la ingoio, mi trattengo, e non solo quando mi reco nelle carceri di San Vittore, Opera, Bollate.

Il mio collega di Firenze Franco Corleone, interloquendo con Sofri, ha registrato lucidamente la sproporzione fra "il disastro umano delle carceri e il qualcosa che non riusciamo a escogitare", interrogandosi non tanto sul fatidico/strategico "che fare", quanto sul "fare qualcosa, o almeno qualcosina, perché qualcosina almeno bisognerebbe fare".

Sì, concordo anche sul "qualcosina", perché nessuno può permettersi di disdegnare, se non con supponenza, gli apporti e le iniziative che possono apparire marginali, ma che, e le persone detenute bene lo sanno, si rivelano nei fatti essenziali per la dignità e la salute, fisiche e mentali, di esseri umani ristretti in uno spazio/tempo diventato intollerabile anche per la legge, che prevede la soglia di tollerabilità dei posti-carcere: l’illegalità rappresentata dall’abbondante superamento della capienza "regolamentare" è oggi doppiamente certificata dal superamento della capienza "tollerabile", parametro, quest’ultimo, non solo opinabile, ma inaccettabile per uno Stato di diritto che, ontologicamente, non può ammettere deroghe ai diritti inviolabili, in primis alla dignità. Si faccia almeno qualcosina, nell’intollerabile congiuntura, resa ancora più insostenibile dal caldo della stagione estiva.

Uno spunto fra i tanti può essere fornito dalla Circolare Dap 3620/6070 del 6 Luglio scorso, a firma congiunta del Capo del Dipartimento e del Direttore generale, avente significativamente per oggetto: "Avvento della stagione estiva e conseguenti difficoltà derivanti dalla condizione di generale sovraffollamento del sistema penitenziario. Tutela della salute e della vita delle persone detenute o internate".

Non intendo in questa sede commentare detta fonte: mi limiterò a richiamare solo alcuni punti (rigorosamente virgolettati) per sapere ex post - a proposito di effettività delle norme giuridiche e in questa fattispecie di "obbligo di fare" per l’Amministrazione penitenziaria - quanto sarà stato fatto durante la stagione estiva.

"Per fronteggiare tale emergenza (combinato disposto di sovraffollamento e stagione calda, n.d.r.) si prospetta quanto mai necessario un intervento dei Sigg. Provveditori teso ad individuare degli spazi detentivi a gestione "aperta" cui assegnare detenuti di minore pericolosità. Con tale manovra sarebbe possibile, dopo avere individuato le idonee strutture, compensare nelle stesse i minori spazi destinati alle camere di detenzione - da convertire in camere di mero pernottamento - con la permanenza all’aperto protratta nel corso della giornata e con un’offerta trattamentale più robusta (aumento dei colloqui, maggiori occasioni di trattamento e di intrattenimento);

"Si dovrà assicurare, con particolare scrupolo ed attenzione, la costante erogazione e fruizione dell’acqua potabile, provvedendo con tempestività, nei casi di eventuale carenza idrica … ai necessari approvvigionamenti integrativi";

"Sarà accordato particolare favore alle richieste di acquisto di ghiaccio, in specie in quegli istituti dove non siano in funzione frigoriferi di sezione o nelle camere detentive";

"Sarà particolarmente curato e potenziato il servizio di fruizione dell’aria, facendo presente al riguardo che nessuna asserita esigenza del personale potrà giustificare e comportare una eventuale contrazione del tempo destinato a detto servizio …";

"Dovrà essere operato ogni sforzo al fine di aumentare… il tempo di permanenza dei detenuti… nelle aree e nei luoghi destinati ad attività sportive e ricreative";

"Saranno adottati tutti i provvedimenti che di volta in volta si renderanno indispensabili per evitare l’eccessivo riscaldamento delle celle (ad esempio l’apertura dei blindati, se necessario anche oltre l’orario normalmente consentito)";

"Sarà evitata ogni eventuale riduzione dei giorni destinati ai colloqui settimanali con i familiari ed in generale ogni contrazione dei tempi complessivi del servizio colloqui";

"… poiché i mesi estivi sono … più esposti a deterioramenti dei generi alimentari… particolare attenzione dovrà essere dedicata ai controlli sulla qualità e sull’igiene del vitto e del sopravvitto… allo scopo di prevenire l’innescarsi di situazioni critiche";

"In chiave strategica, massimo dovrà essere l’impegno degli Istituti al fine di non comprimere quegli "spazi vitali" (attività di intrattenimento, percorsi formativi, colloqui con gli assistenti volontari, ecc.) che concorrono ad alleviare le tensione dei mesi più caldi";

"Specie nella fascia giornaliera pomeridiano-serale che risente della tendenziale flessione dei turni lavorativi della Polizia Penitenziaria, … laddove non sia possibile prolungare i momenti trattamentali oltre un certo orario (ad esempio oltre le 16.00), saranno fissati limiti temporali per l’inizio e la cessazione delle attività, ma senza mai ricorrere, se non in casi straordinari giustificati da eccezionali e comprovati motivi, alla loro sistematica interruzione";

Sarebbe già qualcosa avere entro il mese di Settembre dal Dap dettagliate relazioni predisposte dai Provveditorati regionali, dalle singole Direzioni degli Istituti, da eventuali Ispettori-monitori sul recepimento (o sulla eventuale mancata attuazione nei "soli casi straordinari giustificati da eccezionali e comprovati motivi") di quanto auspicato e/o richiesto, previsto, imposto dalla Circolare in questione: insomma un monitoraggio completo sui mesi estivi messo a disposizione di tutti in nome dei principi di trasparenza, di responsabilità, nonché di legalità puntualmente verificata. Sarebbe almeno… qualcosina!

 

Giorgio Bertazzini

Garante dei diritti delle persone limitate nella libertà

Provincia di Milano

Giustizia: la denuncia della Uil, in 15 mesi 780 agenti aggrediti

 

Ansa, 4 agosto 2009

 

Con il ferimento di sette poliziotti penitenziari avvenuto in meno di 48 ore nelle carceri di Cuneo e di Napoli Poggioreale sale a quota 780 il numero di agenti che hanno dovuto ricorrere alle cure sanitarie e ai ricoveri ospedalieri a causa di aggressioni subite da parte di detenuti negli ultimi 15 mesi. A denunciarlo è Eugenio Sarno, segretario generale del sindacato Uil Pa, che esprime "forte preoccupazione" per l’escalation di aggressioni nei penitenziari la cui causa principale è il sovraffollamento.

Rafforzare gli organici della polizia carceraria. È la richiesta avanzata dalla Uil Pa Penitenziari, dopo i recenti episodi di violenza, a Napoli e a Cuneo, in cui sono rimaste ferite quattro guardie. "Con i recenti ferimenti di quattro agenti penitenziari - scrive Eugenio Sarno, segretario generale dell’organizzazione sindacale - verificatisi a Napoli Poggioreale e a Cuneo, sono circa 780 le unità di polizia penitenziaria che hanno dovuto ricorrere a cure sanitarie e ricoveri ospedalieri a seguito di aggressioni subite da parte di detenuti negli ultimi 15 mesi. Quello delle aggressioni è un fenomeno che fa registrare preoccupanti incrementi statistici". "La situazione nelle carceri italiane - prosegue Sarno - non può non generare tensioni e violenze.

Il degrado, l’abbandono, la mancanza di spazi, la scarsità di risorse affermano condizioni di assoluta inciviltà che rappresentano un vilipendio quotidiano alla dignità umana. D’altro canto nell’ultima settimana si sono registrati molti eventi critici: dal suicidio di Livorno, alle aggressioni di Prato, Napoli, Cuneo, Benevento, Torino, ecc. A Firenze Sollicciano un detenuto ha appiccato fuoco alla propria cella. Insomma - sottolinea il segretario della UIL Pa Penitenziari - un quadro di emergenza totale dove il personale penitenziario è stato lasciato solo e abbandonato.

Per chiedere una maggiore attenzione sul problema i sindacati, annuncia la Uil, hanno organizzato una manifestazione a Palermo e una a Cagliari, per il 7 e il 16 settembre. Mentre per il 22 annunciano un appuntamento nazionale davanti a Montecitorio. Per Sarno "occorre agire sul fronte degli organici della polizia penitenziaria per assicurare maggior sicurezza e implementare le dotazioni di psicologi, assistenti sociali ed educatori perché il trattamento finalizzato al reinserimento non sia solo un’enunciazione di principio. Anche una riforma del sistema sanzionatorio appare necessaria e ineludibile".

Giustizia: Sappe; "punire i violenti", appello al ministro Alfano

 

Il Velino, 4 agosto 2009

 

"La situazione penitenziaria è ogni giorno di più sempre più critica. Ogni giorno ci sono aggressioni ad agenti, risse, momenti di tensione e ogni giorno registriamo il colpevole silenzio dell’Amministrazione penitenziaria", denuncia Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe), commentando l’ultimo episodio di aggressione ai danni di un agente di Polizia penitenziaria, l’altro ieri sera nel carcere di Ariano Irpino.

"In una situazione di emergenza, come è quella attuale", il sindacalista chiede "provvedimenti straordinari", appellandosi direttamente al Ministro della Giustizia, Angelino Alfano. "Servono risposte certe e rapide. Servono provvedimenti deflativi che potenzino il ricorso alle misure alternative alla detenzioni con contestuale impiego nei lavori socialmente utili dei detenuti con pene brevi.

Servono assunzioni per un Corpo di polizia carente di ben 5mila unità. E servono provvedimenti veramente punitivi per i detenuti che in carcere aggrediscono gli agenti o provocano risse. E sarebbe anche l’ora che in Italia - aggiunge - in analogia a quanto avviene ad esempio in America, i detenuti indossassero in carcere tutti una divisa e si potesse eventualmente contenerli anche nelle sezioni detentive con manette e catene".

Capece auspica che il prossimo 15 di agosto la "classe istituzionale e politica del Paese (in particolare i quasi mille parlamentari italiani di Senato, Camera e Parlamento europeo)" voglia portare la propria "solidarietà alle donne e agli uomini della Polizia penitenziaria per il duro e difficile lavoro che quotidianamente svolgono in uno qualsiasi degli oltre 200 carceri italiani". Il 15 agosto, conclude, "vorremmo un parlamentare in ogni carcere. Per una volta, però, dalla parte degli agenti, non dei detenuti".

Giustizia: Osapp; siamo stanchi dei proclami, vogliamo dei fatti

 

Ansa, 4 agosto 2009

 

"Il ministro della Giustizia Angelino Alfano si è "smaterializzato" rispetto all’emergenza sovraffollamento carcerario, diventato sempre più drammatico dopo le ultime aggressioni, due giorni fa, a Cuneo e a Napoli, ai danni di quattro agenti di polizia penitenziaria. Ad affermarlo è l’Organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria (Osapp) che annuncia, per il giorno di Ferragosto, una manifestazione davanti al carcere napoletano di Poggioreale. "Di piani e di proclami siamo ormai stufi. I fatti, ministro, vogliamo i fatti", scrive il segretario generale dell’Osapp che al Guardasigilli Alfano chiede di dare conto dei progetti annunciati ad inizio legislatura.

"Il capo del Dap Franco Ionta - spiega Beneduci - ha chiesto più volte nuovi uomini per arginare la carenza di organico, ha presentato un piano strutturale che prevede la realizzazione di nuove carceri, ha chiesto la presenza dell’esercito per il servizio di sentinella, ha studiato un progetto per evitare possibili problemi estivi". Invece - aggiunge l’Osapp - "per nessuna di queste proposte" Alfano "ha mostrato il benché minimo interessamento". Il sindacato lamenta infine "il mancato pagamento degli straordinari o la mancata fruizione dei riposi settimanali e delle ferie estive"‘.

 

Manifestazione davanti a Poggioreale a ferragosto

 

Una manifestazione davanti al carcere napoletano di Poggioreale il giorno di ferragosto. Ad annunciarla è l’Osapp (Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria), per protestare contro la mancanza di risorse nei penitenziari italiani. Solo qualche giorno fa, ricorda il segretario generale dell’organizzazione, Leo Beneduci, quattro agenti sono finiti all’ospedale a causa delle violenze all’interno dei penitenziari di Napoli e di Cuneo.

Il capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, dice Beneduci, "ha chiesto più volte nuovi uomini per arginare la carenza di organico, ha presentato un piano strutturale che prevede la realizzazione di nuove carceri, ha chiesto la presenza dell’esercito per il servizio di sentinella, ha studiato un progetto per evitare possibili problemi estivi.

Lei invece - prosegue rivolgendosi al ministro della Giustizia, Angelino Alfano - per nessuna di queste proposte ha mostrato il benché minimo interessamento. Il personale - continua - ha testimoniato più volte tutto il malcontento per il forte ed imbarazzante disagio lavorativo a cui è sottoposto ogni giorno. Come se non bastasse quegli stessi agenti che manifestavano insieme sono stati anche costretti a prendere atto del mancato pagamento degli straordinari o della mancata fruizione dei riposi settimanali e delle ferie estive".

Giustizia: Ministero dell'Interno; reati sono in calo in tutta Italia

 

Il Sole 24 Ore, 4 agosto 2009

 

Inversione di marcia per i reati in Italia: nel 2008, secondo le prime rilevazioni del ministero dell’Interno, si è registrato un calo dell’8,1% e il totale dovrebbe attestarsi sui 2,7 milioni di casi, contro i 3 milioni sfiorati nel 2007.

La diminuzione ha interessato le principali categorie di reato e tutte le aree del territorio, anche le aree metropolitane che restano tuttavia le più esposte: Milano, Roma, Torino, Napoli hanno i più elevati valori assoluti e da sole contribuiscono a un terzo dei crimini denunciati in Italia.

Rimini spicca invece per un doppio record, uno negativo e uno positivo: registra il maggior numero di crimini in rapporto agli abitanti, ma anche il calo più forte (- 17%). Quanto alle tipologie, i furti in casa restano la casistica più frequente, mentre i borseggi e gli scippi registrano riduzioni rispettivamente del 23% e del 19%. In calo anche gli omicidi: solo 605 nel 2008, un terzo rispetto agli anni 90.

Nelle tabelle elaborate dal Sole 24 Ore sulla base dei dati del Viminale, per i reati totali e per le tipologie più diffuse (borseggi, scippi, furti d’auto, furti in casa, rapine, truffe e frodi informatiche e omicidi) le classifiche provinciali, con il numero assoluto, il numero in rapporto alla popolazione (ogni 100mila abitanti) e la variazione nel 2008 rispetto al 2007.

Giustizia: strage di Bologna, Valerio Fioravanti è uomo libero

di Giovanni Bianconi

 

Corriere della Sera, 4 agosto 2009

 

A ventinove anni dalla strage di Bologna il colpevole ufficiale dell’eccidio - uno dei tre individuati dai processi - è un uomo libero. L’ex terrorista "nero" e pluriergastolano Valerio Fioravanti, condannato al carcere a vita anche per la bomba del 2 agosto 1980 - della quale s’è sempre proclamato innocente, a differenza che per gli altri omicidi, ma è un particolare che non incide sulla vicenda giudiziaria - è uscito definitivamente di prigione e non ha più alcun obbligo da rispettare. Ha chiuso i conti con la giustizia italiana, e ora avvierà le pratiche per ottenere la patria potestà sulla figlia e per riavere il passaporto.

Valerio Fioravanti, 51 anni compiuti nel marzo scorso, è un uomo libero nonostante il "fine pena mai" stampato sui suoi fascicoli perché così prevede la legge. Senza gli sconti concessi a "pentiti" o "dissociati " della lotta armata ma grazie ai benefici previsti per tutti i detenuti. Ergastolani compresi. Dopo ventisei anni trascorsi in cella (che in realtà sono un po’ meno grazie all’abbuono di tre mesi per ogni anno, altra regola generale), se hanno tenuto "un comportamento tale da farne ritenere sicuro il ravvedimento", hanno anch’essi diritto alla liberazione condizionale: cinque anni di prova senza rientrare in carcere nemmeno la notte, durante i quali restano il divieto di allontanarsi dal Comune di residenza e altri obblighi. Fioravanti, arrestato nel 1981, l’ottenne a primavera del 2004, e quindi adesso la sua pena è "estinta", come recita il codice.

È successo a decine di ex-terroristi di sinistra e di destra, e pure gli altri due condannati per la strage di Bologna sono su quella strada. Francesca Mambro, moglie di Fioravanti, è in "condizionale " da quasi un anno; Luigi Ciavardini, per il quale la sentenza definitiva è arrivata solo nel 2007, è "semilibero" dal mese di marzo: la sera deve tornare in carcere, ma di giorno può uscire. Forse anche per questo lo slogan scelto dall’Associazione "2 agosto 1980" per il ventinovesimo anniversario grida: "La certezza della pena in questo Paese è riservata esclusivamente alle vittime e ai loro familiari".

Slogan amaro, ma la certezza della pena in Italia prevede proprio che - secondo la lettera della Costituzione e i criteri stabiliti dai codici - un giorno possa avere un termine anche per gli ergastolani "ravveduti". Le vittime e i loro parenti possono legittimamente rammaricarsene, però questi sono i principi fissati dalla legge. Ma nel caso della strage di Bologna c’è qualcos’altro che agita le celebrazioni: la volontà di difendere una sentenza di condanna che, seppure molto sfrondata rispetto al numero di imputati iniziali, ha raggiunto una "verità giudiziaria". Soprattutto dopo che le perplessità sulla reale colpevolezza dei tre allora giovanissimi neofascisti (uno addirittura minorenne) si sono estesi a molti. Perfino negli ambienti politici di sinistra.

Nel Paese delle stragi impunite, Bologna si tiene strette le condanne ottenute dopo ben cinque processi, ne rivendica la legittimità contro chi vorrebbe togliere l’aggettivo "fascista" dalla lapide che ricorda gli 85 morti nella sala d’aspetto della stazione. È naturale che sia così, anche se i dubbi cresciuti nel tempo derivano da diverse "stranezze" emerse dalle indagini e dai dibattimenti; a cominciare dalle dichiarazioni del super-testimone che accusò Fioravanti e Mambro, ambigua figura la cui attendibilità si può definire quanto meno opinabile. Tuttavia c’è una sentenza definitiva, criticabile finché si vuole, da rispettare come tutte le altre.

I condannati si proclamano innocenti, ma non è questo che conta. Conta piuttosto che, anche a volerla prendere per buona, quella sentenza non racconta tutta la verità. Ne manca comunque un pezzo. Se pure quei tre "ragazzini " avessero messo la bomba (e non si capisce con quale movente), non ci sono i mandanti né gli intermediari che avrebbero reclutato la manovalanza. Quelli ipotizzati nelle inchieste sono stati assolti nei processi che, sentenza dopo sentenza, perdevano ogni volta un pezzo; e le condanne dei depistatori non spiegano tutti i buchi rimasti vuoti.

Le sentenze definitive, insomma, non possono accontentare chi pretende giustizia per i morti del 2 agosto e continua a chiedere che tutti i veli vengano sollevati. Difficilmente la sempre invocata caduta dei segreti di Stato - peraltro mai comparsi in questa vicenda - potrà aggiungere nuovi tasselli; così come, sull’altro fronte, sembra complicato che la pista "medio-orientale", alternativa a quella neofascista, possa arrivare a riaprire il caso di fronte a nuovi giudici. Eppure servono conclusioni più complete. O più convincenti. Anche se il tempo passa, e nel frattempo i colpevoli ufficiali chiudono i conti con la giustizia. Alla prossima celebrazione saranno passati trent’anni, ma la verità sulla strage di Bologna ancora non c’è.

Veneto: Ferrari; situazione carceri è "fuori dalla grazia di Dio"

 

Redattore Sociale - Dire, 4 agosto 2009

 

Livio Ferrari, presidente del Centro Francescano d’ascolto, ha incontrato l’assessore regionale Valdegamberi per sollecitare l’istituzione del Garante dei detenuti. Situazione "dura’anche per gli agenti penitenziari.

Fuori, temperature che superano da giorni - se non settimane - i 30 gradi. Dentro, celle strapiene e sopra il limite tollerabile della capienza. La calda estate dei detenuti veneti - e non solo veneti - è sotto il segno del sovraffollamento e del disagio: in celle da una persona tradizionalmente condivise da due detenuti ormai si dorme, se va bene, in tre e in alcuni casi anche in quattro. "La situazione è fuori da ogni grazia di Dio", è il commento di Livio Ferrari, presidente del Centro Francescano d’ascolto, garante dei detenuti del comune di Rovigo e in passato presidente del Seac (Coordinamento del volontariato che opera nelle carceri).

 

Ferrari, lei pochi giorni fa ha incontrato l"assessore regionale alle Politiche sociali Stefano Valdegamberi per sollecitare l’istituzione del Garante regionale. Com’è andato l’incontro?

Ci sono voluti cinque o sei mesi per poter incontrare l’assessore che, comunque, si è detto sensibile ai temi del carcere. Sull’istituzione del Garante - ipotesi che ha raccolto il suo consenso - pesa però una questione legata ai tempi: in primavera infatti ci saranno le elezioni regionali, pertanto verso febbraio il consiglio verrà sciolto. Di conseguenza, i tempi per l’approvazione della legge istitutiva sono troppo stretti. Rimane l’ipotesi che sia la giunta a portare direttamente in consiglio la proposta di legge, ma si dovrà vedere se ci sarà la volontà politica di farlo.

 

Sul problema del sovraffollamento lei usa sempre toni molto duri. Quanto è grave la situazione veneta?

È fuori da ogni grazia di Dio! C’è un disastro dappertutto. A Rovigo i detenuti sono stipati nella vecchia sede, mentre quella nuova deve ancora essere finita. Dormono in quattro o cinque in celle da due. Ma la situazione è oltre il tollerabile in tutte le carceri. L’istituto maschile di Santa Maria Maggiore a Venezia, poi, è il peggio del peggio e doveva essere chiuso vent’anni fa: è una struttura vecchia, fatiscente, che si allaga con l’acqua alta… E in tutto questo c’è un immobilismo politico che lascia senza parole: in Parlamento si fanno le leggi su misura ma non pensano a chi avrebbe bisogno davvero di interventi.

 

Proprio a Rovigo nei giorni scorsi è stata divulgata una lettera dei detenuti, che dicono di sentirsi come in un "deposito merci"…

Sì, è stato un modo per portare all’attenzione dell’opinione pubblica cittadina un tema spesso dimenticato. Ma è bene ricordare che i problemi non riguardano solo i detenuti: anche gli agenti di polizia penitenziaria si trovano in difficoltà. La situazione è davvero dura.

 

Ci sono iniziative per rimettere al centro la questione carceraria?

Sì, aderiremo all’iniziativa dei Radicali e passeremo in carcere il giorno di Ferragosto. A Rovigo ci sarà anche la presidente della provincia Tiziana Virgili e insieme distribuiremo generi di prima necessità ma anche gelati, magliette, per alleviare un po’ il caldo e il disagio. Personalmente invito tutti i garanti ad aderire all’iniziativa e condividere il Ferragosto con i reclusi.

Campania: affollamento e caldo; emergenza sanitaria in cella

 

Redattore Sociale - Dire, 4 agosto 2009

 

La denuncia di Antigone: "Problemi di approvvigionamento dei farmaci e per esami medici semplici, come una radiografia". Circa il 60% dei detenuti composto da tossicodipendenti e migranti. Poggioreale, il più sovraffollato dell’Ue.

Le condizioni di vita dei detenuti nelle carceri campane è sempre più drammatica. Oltre alle cause "strutturali", come lo stato di sovraffollamento - nei 17 istituti penitenziari campani si trovano circa 7.400 detenuti su una capienza regolamentare di 5.300, di cui 4.300 sono in attesa di giudizio - in queste ore, ci si mettono anche l’afa e il caldo a rendere la vita dei reclusi ancora più difficile. A denunciarlo sono le associazioni napoletane, prima tra tutte Antigone Campania, il cui portavoce Dario Stefano Dell'Aquila si dice "particolarmente preoccupato soprattutto per l’emergenza sanitaria". "Infatti - aggiunge - l’incertezza che riguarda in questo momento l’intero settore sanitario regionale si riflette anche sulle possibilità di cura dei detenuti, determinando problemi di approvvigionamento dei farmaci o per esami medici in teoria semplici, come una radiografia".

La situazione è allarmante soprattutto in considerazione dell’alta percentuale (circa il 60%) di tossicodipendenti e migranti che si trovano nelle celle degli istituti di pena della Campania. "Si tratta molto spesso di celle piccolissime - spiega Dell’Aquila - Prendiamo Poggioreale, l’istituto più sovraffollato d’Europa con i suoi 2.500 detenuti su una capienza ufficiale di 1.385, in cui in una sola cella, che può essere grande anche 18 metri, possono trovarsi a convivere dieci persone, così tante che non ci si sta in piedi tutti insieme". "Il regolamento penitenziario prevede la possibilità della doccia in cella - prosegue il responsabile campano dell’associazione Antigone - ma solo alcuni padiglioni sono strutturati a norma, per cui, per molti la doccia resta un evento".

Poggioreale è anche al centro del nuovo progetto messo in campo dalla Chiesa di Napoli, su proposta dell’Ufficio della pastorale carceraria dell’arcidiocesi. Si chiama "Non più legami", è rivolto ai circa 400 reclusi del padiglione Firenze del carcere napoletano - per la maggior parte, giovani alla prima esperienza carceraria o finiti dentro per reati minori - e prevede per le parrocchie di Napoli la possibilità di "adottare" un detenuto. Lo scopo è quello di sottrarlo alla camorra che continua a prendersi cura di lui, anche una volta entrato in carcere. Un modo per instaurare un rapporto di amicizia con chi ha sbagliato, spiegano i responsabili del progetto, e offrirgli una possibilità di riscatto cercando di spezzare vecchi legami e crearne di nuovi. (Maria Nocerino)

Lazio: interrogazione; quando aprirà il nuovo carcere a Rieti?

 

Asca, 4 agosto 2009

 

Anche la struttura di Velletri al centro del dibattito: "Speriamo che prima o poi vengano attivati sia l’Istituto Penitenziario di Rieti che i nuovi padiglioni dell’Istituto veliterno".

"Quali contromisure le istituzioni intendono assumere per aumentare la dotazione organica degli Istituti Penitenziari del Lazio?" Lo chiede Vladimiro Rinaldi, capogruppo della Lista Storace alla Regione Lazio, nell’interrogazione presentata oggi al Presidente della Giunta Piero Marrazzo.

"In questi mesi abbiamo rilanciato a più riprese le istanze dei Direttori degli Istituti raccolte dal mio collaboratore Daniele Belli". "La dotazione organica di agenti di polizia penitenziaria nella maggior parte delle carceri del Lazio è carente nella percentuale del 30% rispetto al Dm - afferma Belli -, senza contare che il numero dei detenuti è in continuo aumento, che il personale è spesso impegnato per visite e ricoveri esterni di detenuti o comandato per altri compiti in uffici esterni alle strutture carcerarie".

"Speriamo - aggiunge Rinaldi - che prima o poi vengano attivati sia l’Istituto Penitenziario di Rieti che i nuovi padiglioni dell’Istituto di Velletri ma, anche per questi dovrà essere previsto l’impiego di ulteriori numerose unità operative. Ad oggi - conclude Rinaldi - le istituzioni non sono andate oltre le dichiarazioni di intenti, lasciando i Direttori dei Penitenziari a fare da cuscinetto tra le diverse istanze e le fiamme azzurre a sostenere un sovraccarico di lavoro in condizioni impossibili senza una prospettiva di miglioramento. A questo punto ci attendiamo che la Giunta possa fornirci a breve un riscontro positivo concreto".

Perugia: Prefetto; criticità del carcere all’attenzione Ministero

 

Asca, 4 agosto 2009

 

È servito a ribadire l’imprescindibilità del dialogo leale tra tutte le parti interessate l’incontro di stamani tra il Prefetto di Perugia, Enrico Laudanna ed i rappresentati delle Organizzazioni sindacali della Polizia Penitenziaria, sia confederali che autonome. A richiedere il confronto con il Prefetto erano stati gli stessi sindacati che volevano rappresentare le proprie preoccupazioni in vista degli incrementi della popolazione carceraria previsti nella provincia.

L’incontro, spiega una nota della Prefettura, è servito ad un utile scambio di valutazioni sulla situazione della provincia, tenuto conto della limitatezza degli organici assegnati. Il Prefetto ha assicurato che le criticità rappresentate saranno tempestivamente portate all’attenzione del Ministero competente come contributo alle valutazioni che, in questa materia, sono in corso a livello nazionale.

Perugia: da 250 a 500; detenuti raddoppiati in un solo giorno

 

Il Messaggero, 4 agosto 2009

 

Raddoppiano a Perugia i detenuti, ora sono 500. Sovraffollamento e condizione ai limiti: quattro tentativi di suicidio nelle ultime settimane.

L’arrivo di un numero consistente di detenuti pericolosi nel carcere perugino di Capanne, senza un aumento di personale di sorveglianza, può portare a pericolo di rivolte, sommosse, mentre il trasferimento dei familiari degli stessi detenuti nelle nostre città rappresenta un sovraccarico di problematiche inerenti la sicurezza, che forse non siamo pronti ad affrontare.

Lo afferma Stefano Vinti, presidente di Rifondazione Comunista a Palazzo Cesaroni, che chiede alle istituzioni di intervenire per ottenere dal ministero di Grazia e Giustizia tutte le possibili rassicurazioni e gli interventi adeguati - a cominciare dall’aumento del personale di sorveglianza - per garantire la sicurezza della struttura penitenziaria perugina e dell’intero territorio urbano".

Vinti cita il dossier dell’associazione Antigone, che da anni produce un lavoro importante di ricognizione sulle condizioni delle strutture penali e detentive del nostro Paese, che ha lanciato un serio allarme proprio sulla situazione del carcere di Perugia.

"Dopo un recente sopralluogo - ricorda Vinti - i membri dell’associazione hanno evidenziato una insostenibile condizione di sovraffollamento nella sezione femminile, il preoccupante raddoppio, in un solo giorno, della popolazione carceraria, da 250 a 500 detenuti e la collocazione di duecento detenuti in un nuovo padiglione, tra l’altro ancora in costruzione".

Il grido di allarme lanciato da Antigone si va ad aggiungere alle preoccupazioni manifestate dalla Cgil e dal personale della struttura penitenziaria. Gli agenti di polizia penitenziaria sono pochi a fronte dei 200 nuovi detenuti, tutti sotto regime di massima sicurezza, provenienti da una zona calda della criminalità, la Campania.

Perugia: se arrivano altre detenute dovranno dormire a terra

di Stefania Zeppieri

 

Il Messaggero, 4 agosto 2009

 

1 agosto 2009: l’Osservatorio sulle condizioni di detenzione in Italia dell’Associazione Antigone visita la Casa Circondariale "Capanne" di Perugia.

Una distesa di cemento isolata, con spazi "all’aperto" di fatto impraticabili per il sole cocente, dove non esiste un pezzetto d’ombra ma solo erba e asfalto arsi dal sole. Il 20 luglio è stato aperto in fretta e furia il nuovo padiglione dell’istituto per ospitare detenuti giunti per sfollamento da altre carceri italiane.

Così oggi il carcere di Capanne ospita circa 500 detenuti, il numero dei detenuti è raddoppiato in un sol giorno, riempiendo un padiglione ancora da ultimare, dove le sale dedicate al personale sanitario per visitare i detenuti sono ancora da attrezzare, dove le sale che dovrebbero essere dedicate alla socialità sono praticamente vuote. Se nel maschile, a pochi giorni dall’apertura del nuovo padiglione siamo già al limite della capienza tollerabile, la sezione femminile invece è in una situazione di vero sovraffollamento.

Celle di 26 metri quadri ospitano già 5 detenute. La sezione con il nido, al piano terra del padiglione femminile ospita due mamme con i bambini, che escono solo qualche ora di mattina fuori dalle mura di cinta del carcere solo grazie alle suore. Ridotte al minimo le attività culturali, chiusa la biblioteca, poco il volontariato, a parte il cappellano, che visita il carcere tutti i giorni.

A fronte del raddoppio della popolazione penitenziaria di Capanne gli agenti di polizia penitenziaria hanno visto rafforzare il proprio organico soltanto di 40 unità e per di più provvisoriamente, fino al 15 ottobre. L’organico invece del personale sanitario non è stato affatto integrato e lavora ai limiti del possibile per riuscire a garantire almeno la somministrazione delle terapie ai detenuti. Tanti gli atti di autolesionismo, 4 tentativi di suicidio solo negli ultimi giorni, uso massiccio di psicofarmaci. Se arriveranno nuove persone detenute, come è facile prevedere, dovranno dormire a terra.

Napoli: a Poggioreale, fino a 10 detenuti nelle celle di 18 metri

 

La Repubblica, 4 agosto 2009

 

Il carcere di Poggioreale ospita circa 2.500 detenuti, ma la sua capienza ufficiale è di 1.385 posti. Ci sono oltre 1.150 persone in più. Un po’ come salire su un autobus di linea affollato oltre misura, che a ogni fermata imbarca ancora nuovi passeggeri. Nelle celle ci si stringe, si recuperano spazi con artistiche costruzioni di letti a castello, impilati per tre. Nelle celle, alcune non saranno più grandi di 18 metri quadri, si arriva a essere anche in 10, così tanti che non ci si sta in piedi tutti insieme. A turno qualcuno si stende, qualcuno si siede e qualcuno sta in piedi.

Con il caldo di questi giorni e i blindati chiusi, si fa fatica a respirare. Anche per chi, come me, attraversa i padiglioni solo per qualche ora il caldo è difficile da sopportare. I passeggi, quadrati di cortile in cemento armato, sono resi incandescenti dal sole. Anche a fronte della disponibilità e della professionalità dei 700 agenti e 12 educatori che operano nel carcere, è difficile non essere preoccupati per le condizioni di detenzione di questa struttura. Preoccupati perché l’incertezza che vive il sistema sanitario regionale si riflette anche sulle possibilità di cura, con problemi per l’approvvigionamento dei farmaci o per esami medici in teoria semplici, come una radiografia.

In queste condizioni, non smarrire il senso di umanità è difficile. Una per tutte. Il regolamento penitenziario prevede la possibilità della doccia in cella. Ma solo alcuni padiglioni sono ristrutturati a norma, altri no. E così per chi è recluso in una cella a norma, la doccia è una possibilità quotidiana, per gli altri è possibile solo due o tre volte a settimana.

La situazione cui assistiamo è una sconfitta, che non dovrebbe interessare solo le centinaia di migliaia di persone che a diverso titolo vivono la realtà penitenziaria. I dati sulla povertà, diffusi dall’Istat, sono significativi. A incrociare i dati con attenzione, tra carcere e povertà c’è un filo diretto. Residente nelle periferie, famiglia numerosa, bassa scolarizzazione, disoccupato è il profilo di chi vive in famiglie in condizioni di povertà relativa o assoluta. Se si leggono i dati del ministero della Giustizia (resi disponibili dall’amministrazione penitenziaria) la condizione sociale di chi entra in carcere è esattamente questa. Vanno aggiunte, forse, solo altre due variabili, la condizione di tossicodipendente e quella di migrante. Circa il 60 per cento della popolazione detenuta è costituito infatti da queste due categorie.

Da ciò, sia chiaro, non vogliamo trarre conclusioni strutturaliste e di generica condanna al sistema sociale. Ma possiamo sostenere con sicurezza che lo smantellamento del sistema di welfare, l’impoverimento del tessuto produttivo, l’assenza di un ampio sistema di ammortizzatori sociali, è una concausa di questo progressivo aumento di numero di detenuti. In Italia siamo vicini a quota 64.000, su una capienza di 48.000. In Campania ce ne sono 7.494, su una capienza di 5.362.

Questa dinamica, in perpetua crescita, non è frutto solo della condizione di marginalità, ma anche di come le leggi penali puniscono con una severità al di fuori del diritto, interi gruppi sociali. E quando chi sconta una pena, vive sul proprio corpo la differenza tra il diritto formale e quello sostanziale, quando trascorre metà della sua giornata in un caldo infernale con altre 9 persone e un solo water da dividere per tutti, quando la doccia è un evento e non un’abitudine, quella persona vivrà, non proprio a torto, il carcere come un sopruso. Il sopruso di uno Stato implacabile con le colpe altrui, ma sempre pronto a dimenticare le proprie responsabilità.

Pisa: al "Don Bosco" i letti a tre piani, per guadagnare spazio

 

La Nazione, 4 agosto 2009

 

In Toscana ci sono al momento più di 4mila detenuti. Mentre i letti disponibili sono soltanto 3mila. Si torna a parlare di emergenza sovraffollamento nelle carceri. Un’emergenza che riesplode ogni anno in estate, quando il caldo rende la situazione nelle celle - abitate anche da due o tre persone contemporaneamente - insostenibile. La realtà pisana non è diversa.

Al Don Bosco ci sono attualmente circa 400 detenuti. La capienza, da regolamento, sarebbe di 226 unità tra uomini e donne, mentre quella tollerabile è considerata di 305. Dunque sono almeno cento in più i reclusi. Un trend che è andato peggiorando nel 2009. A settembre 2008, era stato lo stesso direttore, il dottor Vittorio Cerri, a presentare i dati. In quella data i detenuti erano 309, per la maggioranza stranieri, 167: 266 uomini (109 italiani e 157 stranieri), e 43 donne (33 italiane e 10 straniere).

Poco prima dell’indulto del 2006, la popolazione carceraria aveva già toccato livelli di massima allerta. Il record di presenze nella casa circondariale pisana era stato toccato il giorno di Natale del 2005, quando dietro alle sbarre del Don Bosco c’erano ben 398 persone. Allora ad essere scarcerati, furono 105 detenuti, gran parte dei quali di origine extracomunitaria, molti dei quali arrestati per reati legati alla microcriminalità.

 

Il Garante: letti a tre piani per guadagnare spazio

 

Una convivenza forzata, una situazione di estremo disagio per detenuti e tutti gli operatori del penitenziario. Con più reclusi nella stessa cella. È la conseguenza del sovraffollamento. A denunciarlo è l’avvocato Andrea Callaioli, garante del Comune di Pisa per i diritti delle persone private della libertà personale. Ad ogni nuovo arrivo, lo spazio si riduce ulteriormente.

Tanto che la settimana passata, per cercare una sistemazione, all’interno delle celle sono stati allestiti letti a castello a tre piani. "Una detenuta è caduta dall’alto e si è lussata un piede", spiega l’avvocato Callaioli. "Esistono celle singole, da due, da tre o da quattro detenuti.

Dipende dal braccio in cui ci si trova. Anche la grandezza delle stanze varia: alcune sono grandi 2 metri per due, altre tre per quattro. I letti a più piani sono stati messi in quelle piccole", prosegue. La mappa degli altri spazi: "Quelli comuni esterni sono abbastanza sufficienti. Quelli interni, invece, non lo sono". Un appello quello del garante, lanciato già un mese e mezzo fa per risolvere "l’insostenibile situazione dell’area colloqui" dove bisognerebbe "garantire condizioni minime di intimità e riservatezza, in special modo nelle visite dei familiari e dei bambini".

Di interventi ne servirebbero tanti in una struttura sovraccaricata. Anche se, come racconta ancora l’avvocato Callaioli, "una circolare del Dipartimento amministrazione penitenziaria, ha chiesto di bloccare i lavori di manutenzione ordinaria, proprio per salvaguardare l’incolumità dei detenuti. Ma così facendo i problemi strutturali si acuiranno nel tempo". Qualche novità potrebbe essere contenuta nel piano Alfano, che a Pisa destinerebbe un finanziamento per realizzare 200 nuovi posti. "Sulla questione, però - precisa l’avvocato - non ci sono novità. Non si conosce ancora il progetto. Si prevede, entro dicembre 2012, una spesa di 10 milioni di euro, senza, tuttavia, che vi sia una riflessione se intervenire sulla struttura del Don Bosco, vecchia e figlia di una superata concezione degli spazi carcerari e oggi al limite del collasso, oppure procedere ex novo. Ho chiesto che l’Amministrazione comunale si interessi al progetto e si faccia portavoce del disagio".

Lucca: caldo e sovraffollamento e in carcere scoppia la rivolta

 

La Nazione, 4 agosto 2009

 

Rivolta in piena notte nel carcere di "S. Giorgio". Bisogna andare molto indietro con la memoria, probabilmente senza nemmeno riuscirci, per ritrovare un episodio analogo a quello avvenuto ieri notte all’interno della Casa Circondariale.

Infatti, una rivolta di detenuti per protestare contro il sovraffollamento, il caldo torrido e le scarse condizioni igieniche non è una cosa che succede tutti i giorni. Se ne sono accorti anche gli abitanti delle case della zona, che, nel cuore della notte, sostanzialmente dalle 22 all’1,30, hanno udito fischi, colpi, grida, un corri e fuggi accompagnato da tutta una serie di imprecazioni. Ma che cosa, realmente, è accaduto? Secondo una prima, sommaria ricostruzione, 78 detenuti improvvisamente hanno cominciato a lanciare di tutto - dalla frutta alle bottiglie, dai fornellini ad altre suppellettili contenute nelle celle - contro gli agenti di custodia intervenuti per cercare di calmare gli animi. Come se non bastasse, gli stessi detenuti hanno anche appiccato il fuoco alle lenzuola e ai materassi con l’obiettivo di accendere focolai che impedissero l’avvicinarsi della polizia penitenziaria e, soprattutto, causassero più danni possibili.

Ci sono stati momenti di tensione anche perché alcuni agenti sono stati centrati e sei di loro hanno dovuto farsi medicare al pronto soccorso. Infatti, l’auto medica del 118 è dovuta intervenire con l’ausilio di tre medici e altrettanti infermieri sia a causa delle ferite, sia pure lievi, ma, in particolare, per alcuni che hanno riportato principi di intossicazione, dovuti all’uso, per spegnere il fuoco, degli estintori da parte del personale del carcere. Le autorità, ovviamente, tendono a minimizzare, ma la protesta ha dato il via a una sorta di battaglia che soltanto dopo una lunga ed estenuante trattativa è stata sedata. Con quali garanzie, da una parte e dall’altra, non si sa. L’episodio non fa altro che portare acqua al mulino di coloro che, da tempo, sostengono l’inadeguatezza logistica e urbanistica di un carcere all’interno delle mura, con un affollamento decisamente alto rispetto alla bisogna. Da ricordare anche che l’anno scorso fu chiusa, ma non solo a Lucca, una sezione dell’edificio con conseguente riduzione dello spazio disponibile. Sono anni che si parla di una nuovo localizzazione per il carcere, ma ancora non si è visto alcunché di concreto. C’è, purtroppo, anche un aumento esponenziale della microcriminalità, legata, soprattutto, alla sempre più numerosa presenza di detenuti extracomunitari che, ormai, costituiscono la maggioranza e con l’incremento dei reati contro il patrimonio e lo spaccio di sostanze stupefacenti, quest’ultimo in mano ad albanesi e maghrebini.

Napoli: la Procura indaga sul mancato ricovero di un detenuto

 

Comunicato stampa, 4 agosto 2009

 

La Procura della Repubblica di Napoli indaga sul mancato ricovero di un detenuto dichiarato incompatibile con il regime carcerario.

Il caso già segnalato da "Il Carcere Possibile Onlus" è stato anche indicato nella delibera di astensione dalle udienze proclamata dalla Camera Penale di Napoli per i giorni 16, 17, 18 e 21 settembre 2009, per protestare contro l’emergenza carceri. I familiari di un detenuto di Poggioreale hanno depositato una denuncia alla Procura della Repubblica di Napoli, affinché indaghi sulle responsabilità in merito all’inottemperanza di un provvedimento del Tribunale di Napoli.

Il fascicolo è stato assegnato al Procuratore Dott. Giancarlo Novelli. Nell’atto, che il difensore della famiglia ci ha fatto avere affinché l’Associazione possa intervenire, si legge: "Dopo essere stato in imminente pericolo di vita L. veniva trasferito al carcere di Poggioreale ove un medico, nominato dal Tribunale, il Prof. C. R., con perizia, ne certificava l’almeno temporanea incompatibilità con il regime carcerario e la necessità d’interventi chirurgici per la riduzione ed il contenimento delle plurime fratture subìte, alcune delle quali già con formazioni di callo osseo.

Si badi che la situazione di immobilità del giovane è tale che lo stesso, adagiato su una sedia a rotelle, ha necessità di far ricorso all’intervento di terzi anche per le più elementari attività quotidiane (mangiare, bere, lavarsi ed esigenze fisiologiche). Nonostante, però, la drammaticità della situazione attestata dal perito di ufficio, a tutt’oggi, non è ancora stato trasferito in ospedale ed a nulla sono serviti i numerosissimi solleciti effettuati da noi e dal nostro avvocato affinché fosse data esecuzione all’ordinanza emessa dai Giudici.

Abbiamo assistito, purtroppo, unicamente ad uno scambio di responsabilità tra i due uffici (carcere-ospedale), ma il risultato è stato solo quello di vedere nostro figlio in condizioni ancora più drammatiche di quelle accertate dal perito. Di fronte a questa insostenibile situazione, dopo aver atteso circa due mesi e nel timore che il mancato trasferimento cominci a causare nel giovane anche problemi di natura psicologica, non ci rimane che far ricorso alla S.V. affinché siano accertatele cause di una così grave omissione ed eventualmente perseguite le responsabilità di coloro che le hanno determinate".

"Il Carcere Possibile Onlus" si era già interessato della vicenda, scrivendo al Direttore della Casa Circondariale di Poggioreale ed apprendendo successivamente che vi era un problema relativo alla traduzione del detenuto all’Ospedale, dovuto alla mancanza di uomini e mezzi.

Oggi pubblichiamo la notizia, augurandoci che altri lo facciano, per sensibilizzare pubblicamente coloro che devono intervenire. Sin da questo momento garantiamo il nostro sostegno alla famiglia, anche nel procedimento penale in corso.

 

Il Carcere Possibile Onlus

Bologna: Leonardo… piccola vita, dietro le sbarre della Dozza

 

La Repubblica, 4 agosto 2009

 

C’è un bambino che abita in una "casa" di tre metri per quattro con le sbarre alla finestra e la porta di metallo pesante, chiusa a chiave all’esterno, da cui esce quattro ore al giorno, tre al mattino e una pomeriggio, senza mai incontrare altri bambini. Sempre così da un anno in qua, una vita che più regolare non si può. Una vita che Leonardo (non è il suo vero nome), che di anni ne compie due il mese prossimo, potrebbe vivere ancora per altri 12 mesi, come consente la legge, accanto alla mamma, detenuta alla Dozza nella sezione di alta sicurezza per associazione a delinquere.

Con quali danni non si sa: il bambino cresce e fa progressi, ma, malgrado gli sforzi della madre, sta sviluppando un carattere scontroso, sempre più chiuso e sospettoso. Il rischio comunque rappresenta il male minore perché stando in cella con lei e solo con lei da tanto tempo, Leonardo ha con la donna un rapporto simbiotico che assomiglia a quello prenatale. Le è attaccato in modo totale, tanto che è stato accantonato il progetto messo in piedi dal Comune e dalla Garante dei detenuti Desi Bruno di mandarlo in un asilo nido del quartiere Navile accompagnato dai volontari della Dozza.

Ora il bambino dovrebbe operarsi di adenoidi. Lo consigliano i pediatri del Gozzadini che hanno visitato Leonardo arrivato in ambulanza qualche settimana fa con la mamma e la scorta della Polizia penitenziaria. La donna però ha già annunciato che se non avrà il permesso di stargli accanto durante la degenza in ospedale, vieterà l’intervento sotto la sua responsabilità.

La direttrice della Dozza Ione Toccafondi sta facendo di tutto per aiutare mamma e figlio. Ci vorrebbe un carcere diverso dalla Dozza dove c’è solo la ludoteca e nessun bambino nella sezione di alta sicurezza. Un carcere con l’asilo nido, come Rebibbia, per esempio, dove i piccoli rinchiusi possono contare anche sullo psicologo, sul pediatra e sull’aiuto di operatori che si dedicano a loro. La mamma di Leonardo ha chiesto il trasferimento, ma non l’ha ancora ottenuto, per ora non c’è posto.

"E' una situazione di grande sofferenza - dice l’avvocato Bruno. - Il ministro Alfano qualche giorni fa ha detto mai più bimbi in carcere, ma purtroppo non è così. Eppure basterebbero risorse modeste per istituire case famiglia in cui figure professionali specifiche aiutassero le donne detenute ad accudire i loro figli piccoli mentre scontano la condanna".

Milano: la Provincia; più attenzione per la Polizia penitenziaria

 

Ansa, 4 agosto 2009

 

Il Presidente della Commissione di Garanzia e Controllo di Palazzo Isimbardi, Enrico Marcora, unico esponente dell’amministrazione provinciale in visita istituzionale al carcere di San Vittore, ha incontrato gli agenti di polizia penitenziaria.

"Occorre subito un piano strategico di sostegno economico e di servizi per gli agenti della polizia penitenziaria, soprattutto per le loro famiglie" - così Marcora durante l’incontro - "viste le particolari funzioni di questa polizia è necessario agire su due livelli contemporaneamente: la costruzione di nuovi alloggi per gli agenti e le loro famiglie a prezzi calmierati e gli asili per i bambini da realizzare in prossimità degli istituti di San Vittore e di Opera Bollate da un lato, mentre dall’altro favorire l’inserimento sociale a fine turno.

La maggior parte degli agenti è del Mezzogiorno e, a causa dei costi elevati per un appartamento a Milano, vivono una condizione di disagio affettivo avendo i cari lontani. Per questo occorre anche che le istituzioni locali, a partire dalla Provincia, realizzino degli interventi mirati" - conclude Marcora, dopo aver constatato le condizioni particolari in cui operano gli agenti -.

"Non basta il volontariato a favore dei detenuti. Dobbiamo maggiore rispetto agli agenti, per la loro attività di solidarietà e di legalità poco nota all’opinione pubblica. Soprattutto oggi con la politica distratta dalle "ronde" populiste, si tende a dimenticare il sacrificio e la professionalità delle uniche forze repubblicane preposte a far rispettare le leggi. Serve un nuovo patto sociale per la sicurezza: non basta sorvegliare e punire, è necessario educare e prevenire".

Bologna: Garante; visita al Cie e dati del primo semestre 2009

 

Ristretti Orizzonti, 4 agosto 2009

 

Visita al Centro d’Identificazione ed Espulsione (Cie) di via Mattei e comunicazione dei dati della movimentazione degli ospiti (presenze ospiti, loro provenienza, e presenze operatori) per il periodo dal 1° gennaio 2009 al 30 giugno 2009: nota del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Bologna Avv. Desi Bruno.

"La capacità ricettiva ordinaria del Cie è di 95 posti letto di cui 50 per i maschi e 45 per le femmine. Gli ingressi sono stati 515, di cui 258 femmine e 257 maschi. A gennaio, entrati 100 e usciti 98; a febbraio, entrati 84 e usciti 74; a marzo, entrati 68 e usciti 87; ad aprile, entrati 93 e usciti 89; a maggio, entrati 83 e usciti 80; a giugno, entrati 77 e usciti 75. La presenza mensile media si è attestata a 84 persone. Il tempo di permanenza medio è stato di 22 giorni. Si è verificato un caso di persona trattenuta oltre il sessantesimo giorno, in quanto richiedente asilo. Le persone attualmente trattenute che svolgevano attività di badante o collaborazione familiare sono 3.

Le persone entrate nel periodo appartengono alle seguenti nazionalità: Albania, 11; Algeria, 16; Bangladesh, 3; Bielorussia, 1; Bolivia, 1; Bosnia Erzegovina, 3; Brasile, 8; Burkina Faso, 1; Cina, 37; Colombia, 4; Croazia, 3; Cuba, 1; Ecuador, 3; Egitto, 3; Eritrea, 1; Ghana, 10; Honduras, 1; India, 1; Jugoslavia, 6; Kenia, 1; Kossovo, 1; Liberia, 3; Macedonia, 3; Marocco, 90; Moldavia, 37; Nigeria, 134; Pakistan, 4; Palestina, 2; Peru, 2; Romania, 6; Russia, 10; Senegal, 14; Serbia, 5; Sierra Leone, 1; Siria, 3; Somalia, 1; Usa, 1; Sudan, 1; Thailandia, 1; Tunisia, 59; Ucraina, 21; Uruguay, 1. Le persone uscite nel periodo sono state 514, di cui 251 donne e 263 uomini. I motivi sono: arresto, 3; espulsione, 154; fuga, 1; non accettato, 11; non convalidato, 68; rilascio per scadenza dei termini, 208; trasferimento, 69. L’organico degli operatori all’interno del Cie è il seguente: 26 operatori assistenziali; 10 mediatori culturali; 10 medici; 8 infermieri; 1 psicologo.

Bisogna segnalare - sottolinea la Garante - come verificato nell’ultima visita del 27 luglio scorso, un aumento della conflittualità, soprattutto in termini di crescita dei gesti di autolesionismo, come era già avvenuto nel periodo di entrata in vigore del decreto-legge 23 febbraio 2009 n. 11, che aveva già introdotto la possibilità di trattenimento al Cie sino a 6 mesi, normativa poi non convertita con riferimento a questo specifico punto e oggetto di un separato iter legislativo, conclusosi con la recente approvazione della stessa modifica.

La Garante esprime preoccupazione per la prossima entrata in vigore della modifica normativa che estende il periodo di trattenimento presso il Cie sino a 6 mesi, nei casi in cui la procedura di espulsione non si realizza per la mancata cooperazione del paese di rimpatrio o per il ritardo nell’ottenimento dei documenti richiesti al paese di provenienza, e quindi a prescindere dalla condotta delle persone trattenute. Nei mesi a venire bisognerà valutare la portata degli effetti, ma già si possono intuire le criticità legate ad un periodo di trattenimento protratto per un periodo così lungo, che costituisce vera e propria detenzione senza che sia stata prevista l’organizzazione propria del regime detentivo.

Va sottolineato come siano ancora persone provenienti dal carcere, rispetto alle quali con tutta evidenza è fallita la procedura di predisposizione dell’espulsione in corso di detenzione. I concreti miglioramenti che nel corso degli ultimi due anni sono stati apportati alle condizioni di vita dei trattenuti, attraverso una serie di servizi offerti dal Centro (Ente gestore La Misericordia) con la collaborazione degli enti locali e dell’associazionismo (sportelli informativi, presenza di psicologi, mediatori, ecc.) rischiano di essere vanificati dalla conflittualità conseguente ad un tempo di permanenza così elevato rispetto a quello attuale, che non può superare i 60 giorni".

Eboli: i detenuti dell’Icatt partecipano alla "Rockarìa for peace"

 

Asca, 4 agosto 2009

 

Si rinnova anche quest’anno l’appuntamento con Rockarìa che per il sesto anno consecutivo sceglie i territori della piana del Sele per dar vita ad un evento musicale unico nel suo genere. Lasciando spazio alla creatività di gruppi musicali emergenti, la rassegna ha ospitato negli anni rock band provenienti da tutta Italia per stimolare una commistione di stili e di sonorità capaci di dar vita ad atmosfere uniche. Quest’anno però la manifestazione, organizzata dall’associazione Nikita, presieduta dal patron di casa Dario Amaltea, fa di più scegliendo come tema dominante "la pace".

"Rockarìa for peace" è, infatti, ciò che gli organizzatori hanno previsto ad Eboli per il prossimo 9 agosto 2009, quando piazza della Repubblica si risveglierà per "la notte dei tamburi". Prima edizione di un evento che già si preannuncia duraturo anche per la scelta dei gruppi ospiti all’inaugurazione. Non è casuale la partecipazione di Tony Cercola, con la sue sonorità partenopee, o degli Afro drum con ritmi avvolgenti e suggestivi, che regalano all’edizione 2009 il loro tratto caratterizzante. Dal Mediterraneo alle coste d’oltre oceano con Unidos do batacoto l’atmosfera si riscalderà poi a ritmo di samba. Il messaggio è uno: pace.

"In un mondo dilaniato dal dolore, la speranza della pace non deve svanire. Con la musica questo è possibile, perché con lei si è capaci di arrivare dove spesso le parole falliscono". E così che Amaltea sintetizza ciò che lo ha spinto ad organizzare la rassegna e, affiancato dai soci di "Suoni in Libertà", a sposare il progetto di "dare voce a chi non ce l’ha" avviato dell’associazione "Eboli Insieme" presso l’istituto di custodia attenuata per tossicodipendenti ad Eboli. Rockarìa 2009 offrirà il palco a "Uommene & Tambure", per la prima volta i giovani dell’Icatt si esibiranno in pubblico.

Nel carcere ebolitano, infatti, da tempo si lavora alla realizzazione di uno spettacolo con gruppo di detenuti che hanno aderito al programma "arte per la salute". Un colloquio diretto con se stessi, in un viaggio introspettivo che conduce ad una sorta di catarsi, è questo il lavoro condotto sugli ospiti dell’Icatt e che oggi si materializza nella libera interpretazione delle emozioni e nella creazione artistica. I giovani, guidati dal musicista Pino Turco, vicepresidente dell’associazione e responsabile del programma, sono riusciti in breve tempo a mettere su uno spettacolo complesso, non certo consueto. Raccontando la tragedia ferroviaria del ‘44, le centinaia di morti a Balvano in provincia di Salerno dove a perdere la vita furono gli umili della provincia napoletana, Uommene & Tambure presentano storie, descrivono il quotidiano in ‘O Cunto d’o Quatto ‘e Coppe". Una metafora del vivere moderno: una carta, il quattro, che nel mazzo non ha nessun valore, ma di cui non si può fare a meno. Uommene & Tambure non è, quindi, una compagnia teatrale in senso tradizionale, ma un gruppo di persone unite da un’esperienza artistica. Attraverso la recitazione e l’accompagnamento di tamburi, usati come estensione delle emozioni, gli ospiti dell’Icatt che hanno aderito al progetto sono riusciti ad esprimere se stessi e ad emozionare il pubblico.

La ritmica ed il canto, dunque, fili conduttori della grande festa in programma per domenica 9 agosto, in cui esordiranno i giovani ospiti del Centro, grazie alla piena collaborazione del Provveditore regionale A.P. Tommaso Contestabile e del direttore della C.R. di Eboli, Rita Romano, nonché dell’equipe di osservazione e trattamento e della polizia penitenziaria dell’Icatt. L’evento, con il contributo della Camera di Commercio di Salerno, e patrocinato dal comune di Eboli, dalla pro loco, dalla Confesercenti-Eboli, è pronto a sbalordire e a conquistare. Tutti pronti, quindi, a scendere in piazza con "Rockarìa for peace".

Iran: tre uomini condannati a morte, per traffico stupefacenti

 

Notiziario Aduc, 4 agosto 2009

 

Tre uomini condannati a morte per traffico di stupefacenti e omicidio sono stati impiccati nel carcere di Isfahan, nell’Iran centrale. Lo riferisce oggi il quotidiano ufficiale Iran.

L’esecuzione è avvenuta ieri. I condannati sono identificati come Babak, riconosciuto colpevole di omicidio nel 2203, Ghorbanali, di 22 anni, accusato di aver pugnalato a morte un altro giovane e Hassan, di 33 anni, riconosciuto colpevole di aver venduto 303 grammi di eroina. Queste ultime esecuzioni portano a 192 il numero di persone impiccate in Iran dall’inizio dell’anno, secondo un conteggio della France Presse in base a informazioni diffuse dalla stampa locale.

Belgio: tre detenuti evadono dal Palazzo Giustizia di Bruxelles

 

Ansa, 4 agosto 2009

 

Tre detenuti sono fuggiti dal Palazzo di Giustizia di Bruxelles grazie all’aiuto di alcuni complici. I tre dovevano comparire davanti ai giudici con l’accusa di rapina. Una volta nell’aula, due uomini armati e mascherati hanno minacciato il personale addetto alla sicurezza, fuggendo subito dopo insieme ai tre detenuti. La polizia ha subito avviato le ricerche. In Belgio questa è la terza evasione in pochi giorni.

 

 

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