Rassegna stampa 10 agosto

 

Giustizia: il potere "senza controllo", del Governo Berlusconi

di Stefano Rodotà

 

La Repubblica, 10 agosto 2009

 

Sì, è vero, nessun governo è riuscito a fare in quattordici mesi quel che ha fatto il Governo Berlusconi. Ma non nella dimensione fantastica dove un Supereroe insonne sforna un "colpo di genio" dietro l’altro, salva la Nato, evita una nuova Guerra Fredda, promette lenzuola cifrate ai terremotati.

Piuttosto nella concretissima dimensione istituzionale dove, invece, si è realizzato uno stravolgimento continuo del sistema delle garanzie al quale sono affidate le possibilità stesse di funzionamento della democrazia.

Consideriamo quel che è avvenuto solo nelle ultime settimane. Si è andati all’assalto della Banca d’Italia e della Corte dei Conti. Si è stravolto in forme sconcertanti l’uso del decreto legge. Si è inflitta l’ennesima mortificazione al Parlamento, con un ricorso al voto di fiducia che azzera l’autonomia di deputati e senatori e conferma l’ostilità mai nascosta di Berlusconi per l’istituzione parlamentare. Si è realizzata una nuova blindatura del sistema televisivo intorno agli interessi delle reti Mediaset, ai quali vengono subordinate le reti che dovrebbero essere pubbliche. Si è manifestata una volta di più l’ostilità per la libertà di informazione e di critica, con toni variamente intimidatori verso chi scrive cronache sportive o riferisce di vizi privati che annientano le virtù pubbliche. Un comune denominatore unisce queste diverse iniziative. Il bisogno di un potere sciolto da ogni controllo; l’insofferenza per una opinione pubblica critica e vitale, non ridotta a "carne da sondaggio"; il disprezzo per ogni "governo delle leggi" che dia la regola al "governo degli uomini".

Alcuni guai sono stati evitati, almeno per il momento. Grazie al provvido intervento del Presidente della Repubblica vengono salvaguardate l’autonomia della Banca d’Italia e la possibilità della Corte dei Conti di continuare a esercitare il controllo sul funzionamento delle amministrazioni pubbliche. Il Presidente della Camera, anche se inascoltato, non si stanca di ricordare quale sia il valore, davvero non negoziabile, della democrazia parlamentare. Ma più passa il tempo più la tenacia di Napolitano e Fini si rivela come il segno di difficoltà gravi del sistema istituzionale, la cui buona salute non può essere affidata ad una sorta di guerriglia istituzionale divenuta ormai quasi quotidiana.

Intendiamoci. La "custodia" della Costituzione garantita dal Presidente della Repubblica è preziosa, ma rivela pure come garanzie e controlli fondamentali non siano più patrimonio dell’intero sistema, ma vadano rifugiandosi in alcuni suoi luoghi soltanto, appunto la Presidenza della Repubblica e la Corte costituzionale, di cui cresce la responsabilità. I casi ricordati prima, infatti, non sono una eccezione o una emersione casuale di pulsioni autoritarie. Rappresentano la conferma di una linea avviata fin dall’inizio della legislatura: con il Lodo Alfano e gli attacchi ripetuti e le minacce rivolte a giudici costituzionali e ordinari; con la drastica riduzione dei poteri di controllo della magistratura e del sistema dell’informazione affidata al disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche; con la negazione della stessa separazione dei poteri, che ha avuto la sua manifestazione più clamorosa, ma non unica, in occasione del caso Englaro, quando si cercò di cancellare in via legislativa una sentenza già passata in giudicato.

Proprio questa vicenda consente di cogliere l’altra faccia della politica istituzionale di questo governo e della sua maggioranza. Mentre si opera tenacemente per affrancare il potere esecutivo da ogni forma di controllo, questo medesimo potere agisce anche con violenza per assumere il controllo della vita delle persone, cancellando diritti, negando l’idea stessa d’una moderna cittadinanza come patrimonio inalienabile e non comprimibile d’ogni persona. La logica dei controlli democratici è così capovolta.

Di nuovo vicende recentissime. Questi sono i giorni dell’entrata in vigore del pacchetto sicurezza e dell’attacco all’autorizzazione all’uso della pillola Ru486. I diritti delle donne e degli immigrati vengono esplicitamente messi in discussione, con un inquietante ritorno verso forme di discriminazione e stigmatizzazione sociale. Quale sia l’idea di dignità e libertà femminile coltivata da questa maggioranza lo ha rivelato la "cultura" messa in campo dai comportamenti del presidente del Consiglio e dalle difese apprestate dalla sua corte.

Una cultura, peraltro, che continua a fare un uso spudoratamente strumentale del riferimento alla tutela della privacy per assicurare coperture ad una figura pubblica per definizione, come il presidente del Consiglio, e per far passare norme autoritarie in materia di intercettazioni telefoniche, mentre si approva una più generale riduzione delle garanzie modificando, per asserite ragioni di efficienza, l’articolo 1 proprio del codice sulla privacy. Schizofrenia istituzionale o manifestazione ulteriore del doppio movimento in materia di controlli, inaccettabili per i potenti e costrittivi per le persone?

Un inquietante "efficientismo penale" percorre il testo sulla sicurezza appena entrato in vigore. Ne conosciamo le caratteristiche. Una pericolosa privatizzazione della sicurezza pubblica attraverso le ronde. La negazione della cittadinanza come insieme di diritti che accompagnano la persona in qualsiasi luogo del mondo in cui si trovi attraverso il reato di immigrazione clandestina che porta con sé la cancellazione di diritti fondamentali come quelli di sposarsi o di avere una abitazione, e rende precaria la possibilità del diritto alla salute, all’istruzione, al riconoscimento e alla educazione dei figli (dove sono gli scatenati difensori della famiglia?). Ce lo ha appena ricordato il Presidente della Repubblica, sottolineando che la piena integrazione degli immigrati e la sicurezza sui luoghi di lavoro "sono diritti fondamentali ed esigenze totali e civili", in un messaggio significativamente letto dal presidente della Camera in uno dei luoghi simbolo della tragedia dell’emigrazione italiana, Marcinelle.

La regressione culturale e civile incarnata dagli ultimi provvedimenti è evidentissima, e ha la sua origine e il suo fondamento soprattutto nella politica della Lega, la cui influenza è cresciuta a dismisura e sta producendo una curvatura del sistema istituzionale nel senso dell’accettazione della logica della diseguaglianza e della discriminazione come via per la legittimazione di identità separate e della costruzione di una cittadinanza a geometria variabile, non solo tra italiani e immigrati, ma tra gli stessi italiani in base alle appartenenze regionali. Non sono folclore i test di cultura regionale, già presi in considerazione dal ministro dell’Istruzione, o il "pluralismo delle bandiere" o il modo in cui si propongono le gabbie salariali.

Più si seguono le iniziative politiche della maggioranza, più si fa pesante il bilancio istituzionale di questi quattordici mesi. Siamo di fronte a una strisciante revisione costituzionale, ad un vero e proprio abbandono della logica della Costituzione repubblicana proprio nella sua parte più significativa e impegnativa, quella dei principi e dei diritti. Le istituzioni repubblicane si scompongono lungo strategie che parlano di dissoluzione, non di federalismo. Sono le dichiarazioni di esponenti politici con impegnative responsabilità pubbliche, e non aggressive interpretazioni "laiciste", a dare la prova di una crescente debolezza dello Stato, di una sua perdita di autonomia di fronte alle gerarchie vaticane, come sta accadendo con la pretesa di far intervenire Parlamento e governo per bloccare il ricorso alla pillola Ru486.

Per evitare di essere sempre più prigionieri di questa perversa "costituzione materiale", servono almeno due mosse. La prima riguarda la necessità di uscire da una forma di schizofrenia politico-istituzionale robustamente presente nel mondo del centrosinistra: si può continuare a fare analisi che rivelano i guasti di questi anni senza chiedersi se all’origine di tutto questo non vi sia pure quell’ingegneria costituzionale che ha secondato la personalizzazione del potere?

La seconda rimanda alle proposte di riforma indicate come le più urgenti, in primo luogo quella dei regolamenti parlamentari che, almeno in alcune proposte, assomiglia pericolosamente a una semplice razionalizzazione delle prassi che oggi vengono indicate come spoliazione delle prerogative delle Camere. Di tutto questo bisognerà discutere, liberi dalle malie che il presidente del Consiglio cerca di esercitare su una opinione pubblica sempre meno informata e, soprattutto, dalle arretratezze di cui sono ancora prigionieri troppi suoi oppositori.

Giustizia: sulle violenze in carcere… il "silenzio degli ipocriti"

di Adriano Sofri

 

Il Foglio, 10 agosto 2009

 

Lo stillicidio quotidiano di suicidi e tentati suicidi, autolesionismi e eterolesionismi, risse e aggressioni, fra detenuti e fra detenuti e agenti, va cedendo il passo, com’è inevitabile e forse premeditato, a vere e proprie rivolte. I mezzi di comunicazione non ne parlano. Tacere di cose grosse è una premessa sicura per farle diventare molto più grosse. Sia scritto a futura memoria, per quando il costo diventi troppo alto per tacerne ancora, e si alzeranno le voci scandalizzate degli ipocriti.

Giustizia: la dignità della persona (detenuta) e degli embrioni

 

Il Sole 24 Ore, 10 agosto 2009

 

L’Italia è stata condannata a risarcire un detenuto bosniaco per i danni morali subiti a causa del sovraffollamento della cella in cui è stato recluso nel carcere di Rebibbia. Nei primi cinque mesi dell’anno, da gennaio a maggio, nelle carceri italiane sono avvenuti 28 suicidi. Involontariamente lo Stato italiano condanna a una sorta di tortura la maggior parte dei detenuti, e alla pena di morte alcuni dei più deboli. Chissà perché nel nostro bel Paese la dignità della persona viene evocata solo quando si parla di embrioni.

 

Lettera firmata

Giustizia: il Dap emana Circolare, sul "Ferragosto in carcere"

 

Comunicato Osapp, 10 agosto 2009

 

Il fatto: moltissimi parlamentari andranno a visitare gli istituti il 15 agosto. Ebbene, con lettera Circolare n. 0291088 del 7 agosto del 2009 il Capo del Dipartimento ha emanato una direttiva per la "visita agli istituti di Parlamentari ed Europarlamentari art. 67 O.P."

Nel documento inoltrato ai Provveditori si legge: "com’è noto, nel corso delle prossime settimane ed in modo particolare in coincidenza con la giornata di Ferragosto, alcuni istituti penitenziari saranno oggetto di visite da parte di Parlamentari. In quelle occasioni, anche se ricadenti in giornate festive, soprattutto quando siano state preannunciate è necessario garantire adeguata accoglienza ed accompagnamento durante tutto il tempo di permanenza del Parlamentare nella sede… dovrà essere presente anche il comandante del reparto o, se assente, il vice comandante".

Commento: insomma, il Dap prescrive una serie di procedure, quali l’obbligo di accompagnamento, una relazione e implicitamente impone una accresciuta presenza di personale nella giornata. In pratica anche i Parlamentari che vanno a visitare gli istituti per manifestare vicinanza e solidarietà oltre che per accertare le condizioni delle carceri nell’attuale marasma organizzativo - gestionale, le cui cause profonde e i cui reali responsabili denunciamo da anni come Sindacato, vanno ad aggravare il lavoro della Polizia penitenziaria, tra l’altro offrendo una immagine non vera ai parlamentari che troveranno, in quei giorni, livelli di sicurezza nei posti di servizio, adeguati alla circostanza della preannunciata visita.

P.S. Ovviamente nessuna circolare o particolare prescrizione è stata emanata per quanto riguarda le preannunciate visite dei segretari sindacali tra cui quella dell’Osapp il 15 agosto a Napoli Secondigliano.

Giustizia: Sappe; aumentare le espulsioni dei detenuti stranieri

 

Asca, 10 agosto 2009

 

Il governo deve aumentare le espulsioni dei detenuti stranieri e definire presto trattative in questo senso con i Paesi di origine. Lo chiede il Sindacato Autonomo della Polizia Penitenziaria (Sappe) sottolineando che a oggi nelle carceri italiane i detenuti stranieri sono oltre 23mila (il 37% del totale), il 42 per cento dei quali condannati.

"Si deve incrementare il grado di attuazione della norma che prevede l’applicazione della misura alternativa dell’espulsione per i detenuti stranieri i quali debbano scontare una pena, anche residua, inferiore ai due anni; potere che la legge affida alla magistratura di sorveglianza" dice il segretario del Sappe, Donato Capece, osservando che le situazioni di disagio - e i gesti dimostrativi messi in atto per denunciarle - che riguardano i detenuti italiani si accentuano per gli immigrati.

Il Sappe chiede al Governo Berlusconi di avviare le trattative con i Paesi esteri da cui provengono i detenuti - a partire da Romania, Tunisia, Marocco, Algeria, Albania, Nigeria - affinché scontino la pena nei Paesi d’origine: "questo, oltre a mettere un freno ad una grave emergenza, potrebbe rivelarsi un buon affare anche per le casse dello Stato, con risparmi di centinaia di milioni di euro, visto che un detenuto costa in media oltre 250 euro al giorno".

Giustizia: dietro le sbarre per stalking... c'è "boom" di arresti

di Elena Lisa

 

La Stampa, 10 agosto 2009

 

Uomini comuni. Non necessariamente ex. Anche vicini di casa e colleghi d’ufficio. Nell’ultimo mese e mezzo sempre più donne: mogli, amanti, madri. Sono gli stalker, quelli che come un fiume in piena straripano nella vita della loro vittima e la invadono a ogni ora con sms e telefonate. Quelli che una, due, tre, anche quattro volte al giorno si trovano a passare "per caso" proprio dove l’oggetto delle loro attenzioni morbose vive e lavora. Che si appostano sotto casa, che lasciano messaggi sul cruscotto, che bruciano il campanello e che, poi, travalicati del tutto gli argini, diventano più diretti: se non fai cosa vogliono ti rovineranno la vita. E prima o poi verranno lì per ucciderti.

 

Le norme

 

Da quando le norme sullo stalking sono entrate in vigore - il 25 febbraio scorso con un decreto legge -, i dati di denunce e arresti vengono definiti da chi si occupa del fenomeno "inquietanti" e il risultato di una "piaga sociale". Com’è accaduto di recente a Milano. A mostrare sbalordita ad Alessia Mosca, parlamentare Pd, cifre e motivi della pena dei detenuti, è stata Gloria Manzelli, direttore del carcere di San Vittore: dietro le sbarre sono in 40, su 1450 detenuti, quelli rinchiusi per aver molestato e perseguitato qualcuno.

 

Gli effetti

 

"È la prima volta che vedo nell’immediato gli effetti positivi di una legge che ha compiuto solo cinque mesi - dice la deputata -. Ma ciò che il numero rende evidente è che lo stalking è più diffuso di quanto pensassimo". La media nazionale è di uno, due denunce o arresti al giorno. Per l’80 per cento i molestatori sono uomini. Anche se le donne, in quanto a invadenze insidiose e pericolose, non scherzano. La percentuale che le riguarda dal 10 è passata al 20 nell’arco di pochi mesi. Non che siano aumentati i casi. Semplicemente gli uomini non si nascondono più e raccontano, senza vergogna, di essere anche loro dei perseguitati. Oltre il 50 per cento delle 8000 richieste d’aiuto arrivano dal Nord secondo i dati dell’Ons, l’osservatorio nazionale stalking. A Milano il fenomeno incide sul 21% della popolazione con telefonate (65%) o pedinamenti (30%). Per un 87% delle volte la vittima conosce l’autore, ma solo il 20% denuncia. Il 17% riesce a mostrare indifferenza, mentre il 30% vive stati di forte ansia, il 33% preoccupazione e il 20% soffre di disturbi del sonno.

 

La classifica

 

Tra le regioni in testa la Campania, dove, dice l’osservatorio, il 22% del campione ha dichiarato di essere, o essere stato, soggetto di attenzioni invadenti e soffocanti. Nel Lazio 21%, in Lombardia il 20. In Veneto e in Piemonte il 19%, in Puglia 13, in Umbria 9 e nelle Marche 7. In sintesi, un italiano su cinque è, o è stato, vittima di stalking e l’anno scorso ben 36 omicidi hanno avuto come prologo telefonate insistenti, appostamenti, minacce. La "piaga sociale", inquadrata da febbraio, è talmente in divenire che già segna cambiamenti: a luglio e nei primi giorni di agosto, secondo l’Ons, le denunce di recidivi sono aumentate più del 30%.

 

Le vittime

 

"Dati che ci danno ragione - dice il coordinatore dell’osservatorio, Massimo Lattanzi, psicologo e psicoterapeuta -, visto che una norma sullo stalking era necessaria, ma che mettono in luce delle lacune. La legge non è sufficientemente circostanziata. Chiunque può essere denunciato, anche sulla base di qualche telefonata. Non è facile districarsi per i giudici. Non capisco, poi, perché i legislatori non abbiano previsto fondi per le vittime, che spesso devono ricostruirsi una vita altrove, come accade per chi subisce violenza".

 

L’ossessione

 

Gli atti di stalking si assomigliano tutti: prima le telefonate, poi gli appostamenti più frequenti, sul posto di lavoro, sotto casa, ma anche davanti a quelle di amici e parenti. In caso di figli, gli stalker non risparmiano asili e scuole. I sintomi di quella che sarà un’escalation di follia, per psichiatri, criminologi, sono evidenti fin da subito. Praticamente impossibile tracciare un identikit del "persecutore tipo": "Ci ha chiesto aiuto un politico decisamente noto - dice Carmine Abbagnale, agente di polizia e segretario provinciale del Coisp, il sindacato di Polizia che collabora con l’Ons -, che è stato perseguitato durante la campagna elettorale. Aveva conosciuto un giovane avvocato donna ed era stato un po’galante. Lei sembrava gradire, ma poi ha cominciato a tempestarlo di telefonate e a chiedergli soldi: diecimila euro. Altrimenti, diceva, avrebbe fatto scoppiare uno scandalo".

Lettere: è vero, siamo detenuti, ma pur sempre esseri umani!

 

La Repubblica, 10 agosto 2009

 

Sono Pasquino del G11 del carcere di Rebibbia. Vorrei raccontarvi alcuni particolari sulla malasanità qui in carcere. Giorni fa, precisamente il 28 luglio 2009 alle 7 del mattino, il detenuto Marino Vincenzo che si trovava anch’egli nel mio stesso reparto (G11, piano terra, sezione B) ha iniziato a chiamare l’agente di sezione, comunicandogli che aveva difficoltà respiratorie e, per tutta risposta, si è sentito dire: "Alle ore 8 passerà l’infermiera per il controllo sanitario e la terapia".

Alle 7.45 il detenuto Marino Vincenzo è deceduto. Appena avvisati gli agenti sono subito accorsi, portando via i restanti detenuti della medesima cella, interrogandoli per eventuali informazioni sull’accaduto. Solo alle 12 il corpo senza vita del detenuto è stato portato via da una barella. Antecedentemente, per motivi di trasferimento non aveva più il "piantone" quindi per lui era diventata una vera e propria tragedia essere costretto, per problemi di salute, su una sedia a rotelle mal funzionante.

Questo è solo uno degli eventi più tragici della malasanità in cui ci troviamo, senza poi aggiungere tutti i vari episodi che quotidianamente tutti noi detenuti siamo costretti a vivere: tutte le volte che ci prescrivono una terapia siamo costretti a deglutire medicinali non sterilizzati, poiché ci vengono portati avvolti in piccoli pezzi di carta igienica, invece che in involucri di garze idrofile sterilizzate. I detenuti invalidi vivono le loro intere giornate su sedie a rotelle inutilizzabili.

Le visite mediche sono un optional, vengono effettuate solamente in giorni alterni, quando è il turno del proprio piano e sezione. E questi sono solo piccoli e brevi episodi. Confidiamo con questa lettera, a scopo informativo esterno, che vengano passate in futuro più visite e che magari per il prossimo inverno sia possibile avere il vaccino per l’influenza suina. Vorremmo essere considerati un po’di più anche a livello umano, visto che, anche se siamo qui, siamo esseri umani con i nostri diritti (che qui valgono veramente pochissimo). Con la speranza che qualcosa possa migliorare.

 

Pasquino, Reparto G11 Rebibbia, Roma

Lettere: messo in cella con altri 9 detenuti e devo ringraziarli

 

Il Piccolo, 10 agosto 2009

 

Lunedì 6 aprile vengo svegliato dalla polizia che mi ingiunge di seguirla in Questura a seguito di una denuncia. Da quel momento è cominciato il mio calvario. Vengo tradotto alle carceri del Coroneo che in quel momento scoppiano, non posso parlare o comunicare con nessuno, sto in isolamento per 24 ore, poi vengo messo in una cella con 4 albanesi, dormo, si fa per dire, su un materasso per terra. L’aria è dalle 9 alle 11 e dalle 13.30 alle 15.30.

Infine vengo portato in un’altra cella di circa 4-5 m in coabitazione con altri 9 detenuti, 7 triestini, 1 siciliano, 1 marocchino. Fortunatamente mi hanno permesso di inserirmi nella loro comunità in maniera civile e in un clima di solidarietà dividendo confidenze e le poche cose che ricevevamo da parenti durante le visite, con dignità e rispetto reciproco, soprattutto con il detenuto marocchino di fede islamica, che era lasciato pregare in pace.

Voglio citarli e ringraziarli per quanto mi hanno dato moralmente in questa mia terribile esperienza, senza dimenticare i vigilanti, cortesi e professionali, mai arroganti o aggressivi. Grazie a: Alex, Davide, Stefano, Sergio, Paolo, Adil, Roberto, Luca, Silvestro.

P.S.: siete stati come dei fratelli, vi porterò sempre nel mio cuore. Grazie. Ora sono a casa e aspetto fiducioso la conclusione di questa brutta avventura. Anche nei momenti più bui, trovare solidarietà è di grande conforto.

 

Lorenzo Gentile

Liguria: emergenza carceri; Sappe chiede l'utilizzo dei militari

 

Ansa, 10 agosto 2009

 

"Mi auguro che l’Amministrazione penitenziaria, e quella genovese e ligure in particolare, si attivi presso la Prefettura di Genova affinché tra i servizi di sorveglianza del territorio assegnati ai militari recentemente assegnati nel capoluogo ligure venga inserito anche il carcere di Marassi".

Lo afferma Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe), sull’impiego dei 40 alpini recentemente assegnati a Genova per i servizi di controllo del territorio. "Ben vengano i militari impiegati nella sorveglianza esterna dei maggiori penitenziari italiani, tra i quali ovviamente il carcere genovese di Marassi, nelle more dell’assunzione straordinaria di nuovi Agenti per la Polizia penitenziaria", aggiunge Capece.

"Considerata la grave carenza di personale di Polizia penitenziaria in Liguria, sarebbe un’ottima soluzione quella di impiegare i militari anche per i servizi di vigilanza esterna degli istituti penitenziari", ribadisce Capece che ricorda poi: "Abbiamo denunciato nei giorni scorsi come le maggiori carenze di organico nel Corpo di Polizia penitenziaria si registri proprio in Liguria: in servizio negli istituti penitenziari della Regione ci sono 857 poliziotti, pari al 67,80% dei 1.264 poliziotti previsti (i dati riferiti all’organico sono di luglio 2009). Intanto però le persone detenute in Liguria hanno superato del 140% la capienza regolamentare".

"Ci auguriamo che si inizi da Genova a destinare i militari a presidio delle strutture penitenziari più grandi del Paese: è una soluzione certamente provvisoria e tampone, ma utile e necessaria a tutela delle donne e degli uomini della Polizia penitenziaria impiegati nella prima linea delle sezioni detentive oggi sovraffollate da 64mila detenuti presenti a fronte di 42mila posti letto e con 5mila Agenti di Polizia penitenziaria in meno. I militari davanti alle carceri e sulle mura di cinta delle carceri, dunque possono essere - conclude Capece - una delle soluzioni d’emergenza possibili nell’attuale critica situazione penitenziaria".

Aversa (Ce): internato dell’Opg tenta il suicidio dandosi fuoco

 

Ristretti Orizzonti, 10 agosto 2009

 

Un internato dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa ha tentato il suicidio dandosi fuoco. Ne da notizia l’Associazione Antigone Campania - Osservatorio sulle condizioni di detenzione. L’uomo, G.F. queste le iniziali, immigrato, 30 anni di età, ha dato fuoco ai suoi vestiti con un accendino. I fatti sono avvenuti la notte scorsa. Non si conoscono le cause del gesto. E’stato ricoverato nel reparto ustionati dell’Ospedale Cardarelli di Napoli.

Lucca: terminata protesta detenuti, ma il carcere cade a pezzi

 

Il Tirreno, 10 agosto 2009

 

L’assessore al sociale Angelo Monticelli è stato in visita al carcere di S. Giorgio. La direttrice ha annunciato che lo sciopero dei detenuti, in atto da qualche giorno, era stato sospeso. Sono state rilevate situazioni critiche: tante ali sono chiuse e gli spazi vivibili sono ridotti; la sala colloqui, luogo di incontro tra i detenuti e le famiglie, interdetta perché inagibile, è oggi riaperta solo grazie a puntellature di sicurezza.

Altre carenze strutturali si rilevano nelle zone destinate al servizio sanitario, e in particolare l’ambulatorio è privo dei servizi igienici essenziali e manca un locale da riservare alle degenze per malattie infettive e non. A questo si aggiungono le carenze igieniche dei reparti detentivi, delle camere, dei corridoi, dei luoghi di incontro, i ridotti spazi a verde inagibili. Con l’assessore Monticelli è stato inoltre affrontato il tema del lavoro.

La direzione del carcere ha chiesto la predisposizione di corsi di formazione interni e la riattivazione di progetti di impegno di forza lavoro attraverso le borse-lavoro o i tirocini formativi. Al Comune è stato chiesto di farsi portavoce con gli altri enti locali affinché attivino progetti finalizzati al tema del lavoro e a tutte le problematiche vecchie e nuove che interagiscono nel carcere. L’assessore Monticelli ha recepito le varie istanze e ha assicurato l’impegno del Comune anche negli organismi specifici esistenti, come l’Osservatorio del carcere e il protocollo d’intesa, affinché tutti si facciano carico delle priorità e delle emergenze esistenti nel carcere.

Ha anche preso l’impegno di proporre iniziative artistiche, messe in atto dal settore sociale, da ospitarsi all’interno del carcere, per cercare di ridurre la distanza tra detenuti e cittadini. Si è infine ripromesso di fare ogni sforzo, in occasione del Settembre Lucchese, per far sì che anche i carcerati possano vivere lo spirito che anima le festività settembrine.

Intanto Governare Lucca dice che è inutile illudersi: "È sbagliato pensare che il problema possa essere risolto velocemente, con la costruzione del nuovo carcere, come hanno sostenuto alcuni politici locali, che evidentemente non sanno che il Piano delle carceri, nonostante gli annunci (sette volte, quest’anno) di una sua rapida approvazione in consiglio dei ministri non è stato ancora varato perché mancano i soldi che si cerca di reperire col coinvolgimento di privati".

Governare Lucca ricorda che a suo tempo era stata respinta soprattutto l’idea che si potesse realizzare un carcere di massima sicurezza, con rischio di insediamenti malavitosi. Ora però il Comune e gli altri enti locali potrebbero fare qualcosa di più: "Forzando le resistenze burocratiche, l’assessore al sociale del Comune, insieme al suo omologo della Provincia, potrebbero dare il loro contributo, operativo e finanziario, sulla base del principio di sussidiarietà, per risolvere i problemi dell’emergenza igienica".

L’Aquila: i Sindacati protestano per ipotesi trasferimento Ipm

 

Il Centro, 10 agosto 2009

 

Levata di scudi dei sindacati contro il trasferimento dell’Istituto penale per i minorenni e dei servizi annessi, i centri per la giustizia minorile e di prima accoglienza e l’ufficio di servizio sociale. Fp-Cigil, Fp-Cisl, Uil-Pa e Sag Unsa hanno proclamato lo stato di agitazione, dopo un’infuocata assemblea con i lavoratori.

Un rischio reale, quello del trasferimento a Pescara del carcere per minorenni come ha ammesso il dirigente locale del centro per la giustizia minorile. Nei locali che ospitano l’istituto dovrebbe essere trasferita la facoltà di lettere dell’Università. "I lavoratori del settore giustizia minorile dell’Aquila", scrivono i sindacati, "sono preoccupati per il trasferimento dell’istituto penale per minori e di tutti i servizi annessi, che abbracciano una vasta area di intervento, che va dall’accoglienza, all’assistenza e al recupero finale dei minorenni incorsi in un reato".

Il carcere minorile dell’Aquila è dotato di 15 posti di accoglienza, ma vi transitano decine di giovani incappati in guai con la giustizia. Il servizio sociale lavora sulla pronta accoglienza dei minori arrestati, sui ragazzi detenuti, le denunce a piede libero e le misure cautelari in carcere e in casa. Soddisfa più di mille richieste l’anno dell’autorità giudiziaria.

"Il dirigente locale del Centro per la giustizia minorile", dicono Fp-Cgil, Fp-Cisl, Uil Pa e Sag Unsa, "ha confermato la possibilità che i locali del carcere minorile vengano occupati dalla facoltà di lettere. Alcuni servizi della giustizia minorile hanno continuato a funzionare regolarmente dopo il 6 aprile, altri sono stati quasi completamente occupati da uffici della giustizia ordinaria, che hanno avuto le sedi danneggiate, altri come l’istituto penale sono stati evacuati per motivi di sicurezza. Sull’edificio, tra l’altro, dovrebbero iniziare i lavori già appaltati di ristrutturazione per un importo di 2 milioni di euro".

I lavoratori, riuniti in assemblea, hanno proclamato lo stato di agitazione e inviato una lettere alle autorità competenti: sindaco, presidenti di Provincia e Regione per chiedere un interessamento ed evitare il trasferimento del carcere per minorenni a Pescara. "La permanenza degli uffici pubblici all’Aquila è fondamentale per la rinascita della città, come hanno sottolineato più volte i politici", concludono i sindacati, "ma alle parole gli amministratori non fanno seguire i fatti".

Aosta: Sinappe; il carcere di Brissogne a "rischio implosione"

 

Ansa, 10 agosto 2009

 

Tra le 11 regioni a maggior sovraffollamento non fa eccezione l’istituto penitenziario della Valle d’Aosta, sovraffollato e a rischio d’implosione. A lanciare il grido d’allarme è Mauro Mondolivo di Trani, segretario regionale del Sindacato nazionale autonomo di polizia penitenziaria (Sinappe): Quello di Brissogne - aggiunge in una nota - è un penitenziario piccolo che teoricamente dovrebbe ospitare un centinaio di detenuti e invece adesso ne contiene più del doppio, costringendo il personale di polizia penitenziaria a turni massacranti di otto e più ore di servizio e a sacrificare la giornata di riposo, diventata ormai una chimera.

Secondo il Sinappe, i penitenziari sparsi su tutto il territorio nazionale sono come delle pentole a vapore che rischiano di esplodere da un momento all’altro se non si interviene con mezzi adeguati e garantendo a detenuti e agenti quello che la legge prevede. Alla fine dell’anno - conclude Mondolivo di Trani - sarà raggiunta quota 70.000 detenuti a fronte di poco più di 62.000 posti disponibili nelle carceri, ben oltre la tolleranza prevista.

Ancona: sovraffollamento; sale di tono la protesta di detenuti

 

Il Messaggero, 10 agosto 2009

 

Sale di tono la protesta, iniziata giovedì, contro l’affollamento a Montacuto. Nella giornata di venerdì alcuni detenuti, oltre a battere suppellettili contro le sbarre, hanno bruciato delle magliette in cella. Un comportamento che ha preoccupato non poco gli addetti alla sicurezza della Casa Circondariale, per i pericoli d’incendio in una struttura in cui le celle sono stipate oltre ogni limite.

I detenuti hanno iniziato a manifestare il loro disagio quando la popolazione carceraria è salita a 391 unità, contro una capienza massima di 172. Per ospitare tutti, la direzione è stata costretta a mettere fino a tre letti nelle celle, tutte singole.

Così giovedì, all’improvviso, è esplosa la contestazione. Verso le 19,45 i detenuti hanno iniziato a battere, con posate ed altri oggetti, contro le sbarre. Poi venerdì sì è passati alle magliette bruciate. Commenta il segretario regionale del Sappe (agenti di polizia penitenziaria) Aldo Di Giacomo: "La situazione di Montacuto si sta aggravando, e ora rischia di sfuggire di mano. L’affollamento è assolutamente preoccupante: non è possibile ammassare detenuti in questo modo, con possibili conseguenze per loro e per chi li deve controllare. Il Provveditorato regionale è disponibile ad affrontare la situazione, poi non risolve il problema. Il Dipartimento penitenziario, a Roma, nemmeno ci prende in considerazione".

Viterbo: il carcere scoppia, la Uil-Pa chiede l'aiuto del prefetto

 

Il Messaggero, 10 agosto 2009

 

Oltre 650 detenuti e 50 appena arrivati. Per gli ultimi si è dovuta perfino riaprire una sezione chiusa per lavori, mentre gli agenti penitenziari sono insufficienti. Carcere di Mammagialla, una situazione già insostenibile che si sta ulteriormente aggravando: adesso si invoca l’intervento del prefetto Alessandro Giacchetti. A chiederlo è il coordinatore regionale della Uilpa penitenziari, Daniele Nicastrini.

"Il carcere di Mammagialla - dice - deve essere ritenuto esaurito nei posti e nell’organico della polizia penitenziaria. In queste ore la direzione del carcere viterbese è stata costretta a riaprire una sezione chiusa per lavori di ristrutturazione così da permettere l’ubicazione di alcuni detenuti di alta sicurezza che supera le 50 presenze, in una popolazione detenuta che va oltre le 680 unità". E il problema per gli agenti si acuisce. "La situazione dell’organico - continua - è già in sofferenza per la carenza di oltre 150 unità: devono garantire altri 3 turni di servizio nel momento più difficile, quando c’è la necessità di concedere qualche giorno di ferie al personale che ormai da qualche anno fa fronte alle difficoltà del sovraffollamento".

Da qui la richiesta di interessamento al prefetto. "Chiederemo che intervenga per Mammagialla con il ministro, come ha fatto il suo omologo di Frosinone - conclude Nicastrini - ricordando che la Uilpa penitenziari manifesterà il prossimo 22 settembre a Montecitorio proprio perché la dignità dei poliziotti penitenziari non sia calpestata, a causa delle grandi difficoltà in cui versa il sistema a livello nazionale e in questo caso anche di Viterbo".

Cuneo: l’Osapp contesta la gestione del carcere di "Cerialdo"

 

Ansa, 10 agosto 2009

 

Dopo l’aggressione di sabato scorso in cui, in seguito ad una perquisizione in una cella nel carcere di Cerialdo, due agenti di polizia penitenziaria rimasero feriti dalla violenta reazione di un detenuto extracomunitario, la segreteria cuneese dell’Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria scrive al direttore della Casa circondariale rivolgendo forti critiche alla sua gestione. La sigla di categoria non usa mezze parole per definire il carcere un "colabrodo privo di una elementare forma di organizzazione con una gestione pessima che trascura i problemi del personale oramai sfiduciato e privo di punti di riferimento.

Allo stato - prosegue l’Osapp - il contesto si è fatto pericoloso e incandescente. Il personale di Polizia Penitenziaria ha comunicato alla O.S. scrivente di aver esaurito le scorte di pazienza, posto che quotidianamente viene sottoposto ad invettive del tutto gratuite, frutto di una sorta di autogestione provocata dalla popolazione detenuta che ci corre obbligo condannare con assoluta determinazione e fermezza". L’Osapp conclude la missiva annunciando iniziative di protesta nel caso in cui la situazione denunciata non venisse risolta.

Firenze: violenze contro un detenuto, agenti sono sotto accusa

 

Il Tirreno, 10 agosto 2009

 

Poche settimane fa è stato un sessantenne italiano a togliersi la vita nel carcere. Oggi l’episodio riportato dalla stampa sulle presunte violenze delle guardie carcerarie contro un detenuto immigrato. Alla notizia si potrebbe aggiungere il caso di Niki Aprile Gatti, morto il 24 giugno 2008. Il Carcere di Sollicciano dal 1983 è il principale istituto di detenzione di Firenze, e si trova in via Girolamo Minervini 2/r. Ma dentro questo carcere i detenuti muoiono. Le cause?

"È purtroppo un’altra pagina negativa delle realtà carceraria di Sollicciano. Spero che il garante dei detenuti intervenga e ci faccia conoscere dettagliatamente come sono andate le cose. Non è possibile che chi è privato della libertà debba subire ulteriori violenze, violenze che ultimamente abbiamo constatato sono rivolte in particolare contro i cittadini stranieri".

È quanto afferma il capogruppo di Sinistra per Firenze Eros Cruccolini. "La prossima settimana - annuncia Cruccolini - andrò a Sollicciano per incontrare il detenuto e rendermi conto delle sue condizioni di salute. Confido che la magistratura possa fare chiarezza al più presto". Cruccolini fa poi notare come "nei mass media l’immagine che viene percepita della situazione carceraria toscana è ambigua: da un lato c’è la felice situazione di Gorgona, con l’esperienza dei detenuti impiegati nell’agricoltura; dall’altro c’è il tema del sovraffollamento e della violenza".

"Come Sinistra per Firenze - continua - vogliamo impegnarci perché possa svilupparsi un processo concreto per dare continuità al lavoro positivo svolto in questi anni con le amministrazioni locali e la Regione e anche con l’associazionismo e il volontariato, superando così tutta una serie di problemi che ci portiamo dietro da tempo e che non ci danno speranza di un reale reinserimento di donne e uomini della vita quotidiana". "Il Governo - conclude Cruccolini - invece del consueto ritornello della necessità di nuove carceri farebbe meglio a implementare risorse per il personale della polizia penitenziaria e degli educatori".

Milano: pulizia del fiume Gura per i detenuti di Opera e Bollate

 

Ansa, 10 agosto 2009

 

Puliranno le sponde del fiume Gura nei comuni di Masate e Basiano (Milano) per tutta la giornata di Ferragosto. A partecipare all’iniziativa dell’assessorato alla Protezione civile della regione Lombardia e del Provveditorato generale dell’amministrazione penitenziaria saranno 72 detenuti dei carceri di Opera e Bollate.

Dalla mattina i volontari (68 uomini e quattro donne), quasi tutti in regime di lavoro all’esterno, si dedicheranno alla pulizia delle rive, mentre per le famiglie dei detenuti sono previste esercitazioni e simulazioni di soccorso organizzate dalla Protezione civile. Fra le altre iniziative ci sarà il trasporto via teleferica da una parte all’altra del torrente, il disboscamento del parco e una prova di intervento in caso di incendio.

Cagliari: per un bambino il primo compleanno sarà in carcere

 

La Nuova Sardegna, 10 agosto 2009

 

"Trascorrerà Ferragosto dietro le sbarre e subito dopo, il giorno 25 del mese, vivrà il suo primo compleanno nella cella-nido di Buoncammino. Un destino amaro per un piccolo innocente nigeriano. Una situazione ancora più critica in un penitenziario dove la sezione femminile conta trenta detenute, sei in più rispetto alla capienza regolamentare, e dove i carcerati aumentano quotidianamente avendo raggiunto ormai quota cinquecento": è quanto rende noto Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione Socialismo Diritti Riforme, sottolineando che nelle carceri della Sardegna "attualmente ci sono tre piccoli innocenti che non hanno alcuna possibilità di usufruire, come invece accade in situazioni analoghe a Milano, di una struttura alternativa al penitenziario".

"È inaccettabile - afferma Caligaris - che nella nostra isola non si sia ancora in grado di garantire ai minori di madri detenute una condizione di vita accettabile in un ambiente sicuro sotto il profilo sanitario e adeguato alle esigenze di un bimbo. Non è difficile verificare che le dichiarazioni di principio del ministro Angelino Alfano con le quali aveva garantito la soluzione del problema dei minori di tre anni negli istituti di pena sono rimaste senza seguito".

I problemi sono quelli di sempre: "Le oggettive condizioni in cui versano gli istituti di pena sardi di impianto ottocentesco - ha spiegato ancora l’esponente socialista - non sono compatibili con la presenza di molti adulti, figuriamoci di bambini. Lo Stato inoltre non può continuare a ignorare che esistono situazioni privilegiate anche tra i più piccoli innocenti detenuti per cui una donna con un minore arrestata a Milano potrà accedere a una struttura protetta e il piccolo non subire traumi mentre ciò non accade nella nostra isola dove la responsabilità grava sui direttori e sulle agenti di polizia penitenziaria".

Il tempo sembra passare invano, quando si parla di carceri: "Sono trascorsi ormai diversi anni da quando si parla di questo problema ma nessun atto concreto è stato compiuto - ha concluso Caligaris - un’ulteriore vergogna per chi applicando la legge non la rispetta proprio nei confronti dei più deboli, che avrebbero necessità di un trattamento diverso". I dati diffusi di recente hanno peraltro dimostrato che il problema del sovraffollamento carcerario in questo momento colpisce la Sardegna meno che le altre regioni.

Porto Azzurro: è "scomparso" detenuto semilibero di 67 anni 

 

Agi, 10 agosto 2009

 

Un detenuto in semilibertà, che lavora in un ristorante di Capoliveri, all’Isola d’Elba, è scomparso da martedì scorso, quando non ha fatto rientro al carcere di Porto Azzurro. L’uomo è Michele Daddiego, 67 anni, barese. Il detenuto sta scontando una pena che dovrebbe finire nel 2016 per vari reati, tra cui furti e rapine. Martedì scorso, al termine della giornata di lavoro, non è rientrato nella casa di reclusione elbana.

Come ogni giorno era uscito alle 9 e sarebbe dovuto rientrare entro le 21. Le forze dell’ordine non escludono nessuna ipotesi, ma sembra improbabile che Daddiego sia fuggito: da tre anni lavorava fuori dal carcere. Il suo datore di lavoro era contento del rendimento e del comportamento del detenuto. Daddiego aveva chiesto e ottenuto anche autorizzazioni per visitare i parenti.

Niente farebbe pensare all’allontanamento volontario. Le forze di polizia che lo stanno cercando sospettano che possa essere rimasto coinvolto in un incidente. Gli accertamenti sono partiti dal suo posto di lavoro, mentre in queste ore si sta cercando la Fiat Punto amaranto con la quale Daddiego era solito spostarsi.

Verona: Sindaco; ronde servono per evitare giustizia "fai da te"

 

Asca, 10 agosto 2009

 

"Nessuna preoccupazione per le ronde istituzionali. Anzi". Il sindaco di Verona, Flavio Tosi, reduce dall’esperienza degli "assistenti civici", ormai dall’autunno scorso, rassicura sull’avvio delle ronde (ma lui non vuole assolutamente chiamarle così), quelle del ministro Maroni, per intendersi, che prendono esempio proprio dal modello scaligero.

"Le cosiddette ronde sono tutto fuorché giustizia fai da te - afferma il sindaco - Anzi, lo considero un provvidenziale antidoto per evitare che i cittadini, esasperati, si facciano giustizia da loro stessi". È quanto, a suo dire, è accaduto a Verona, dove il presidio del territorio da parte degli "assistenti civici" ha dato un "ottimo risultato".

Immigrazione: Cie sovraffollati, già liberi i clandestini fermati 

di Alberto Custodero e Maurizio Bologni

 

La Repubblica, 10 agosto 2009

 

Sono tornati tutti liberi i primi sette stranieri irregolari denunciati sabato a Firenze per clandestinità. In Toscana manca un Centro di identificazione e espulsione, la struttura nella quale gli stranieri avrebbero dovuto essere ospitati in attesa dell’espulsione firmata dal giudice di pace. Nell’unico con posti liberi nel quale avrebbero dovuto essere portati, a Bari, a quasi mille chilometri, non sono stati accompagnati in quanto non è stato possibile garantire l’alloggiamento in trasferta ai poliziotti di scorta. E così gli otto clandestini sono stati rilasciati per forza di cose, e invitati a comparire prossimamente e spontaneamente - cosa alquanto improbabile - davanti al giudice di pace per vedersi condannare a 5 mila euro di multa. E all’espulsione immediata.

Inizia fra mille difficoltà a causa di carenze strutturali e organizzative l’applicazione della legge-Maroni, mentre s’infiamma il dibattito politico per la frase-shock del ministro Umberto Bossi contro gli stranieri ("Noi andavamo a lavorare, non ad ammazzare"). Il presidente della Camera Gianfranco Fini, che invitava il leader della Lega a "rispettare gli immigrati" da Marcinelle, dove morirono nel 1956 molti immigrati "che provenivano dal Nord", è attaccato dal leghista Borghezio: "Fini sembra ispirarsi all’umanitarismo socialista più che a un sano patriottismo".

Al di là della schermaglia fra politici, resta il problema della carenza dei Cie in Italia che rischia di rendere di difficile attuazione la nuova normativa sulla clandestinità. Quelli esistenti - appena sette - sono tutti stracolmi. Il disegno del ministro dell’Interno Maroni di incrementarli fino ad averne uno per regione, è rimasto ancora inattuato.

A Napoli, ad esempio, dov’è molto diffuso il fenomeno dei clandestini che affittano in nero i letti nelle case del centro storico (spesso sfruttati dagli stessi connazionali regolari, come avviene per la comunità cinese), non c’è neppure un Cie. Dalla Campania gli irregolari vengono tradotti a Roma dove, però, il Cie di Ponte Galeria è tutto occupato da 188 donne e 176 uomini. A Genova s’è parlato di costruirne uno, ma il progetto è tramontato per l’opposizione dei cittadini e lo scarso entusiasmo dell’amministrazione.

Ma nelle 7 città dove ci sono, i centri di detenzione creano tensione sociale. È il caso di Milano. Dopo la manifestazione conclusasi ieri con ingenti danni alla struttura dei 100 "detenuti" di Gradisca d’Isonzo, saliti sui tetti dei Cie sabato notte, i 104 ospiti del capoluogo lombardo sono in sciopero della fame e della sete. Rifiutano pasti e acqua, per protesta, dicono, "contro una legge che ci tratta come criminali e come animali".

E contro le condizioni igieniche disumane: "Siamo in 104 di cui 20 sono donne - denuncia un clandestino - . Una delle sezioni maschili è chiusa, non ce la facciamo più e veniamo trattati come bestie dalle guardie". Anche a Torino c’è tensione attorno al centro che, trattenendo 60 uomini e 30 donne, è a pieno regime. Il Cie torinese è da tempo una delle battaglie degli anarchici torinesi, che, spesso, lanciano palline da tennis dentro il "recinto" con attaccati bigliettini in diverse lingue che incitano alla rivolta. Gli anarchici hanno preso di mira anche il centro di Bologna, nel quale sono state erette barriere altissime foderate di plexiglass per evitare fughe e rivolte, numerose negli ultimi mesi.

Immigrazione: Roma; situazione-limite nel Cie Ponte Galeria

 

Ristretti Orizzonti, 10 agosto 2009

 

Il Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria (Roma) è al limite del collasso al punto che alcuni immigrati fermati dalle forze dell’ordine sono stati trasferiti, per mancanza di posti, direttamente in carcere. La denuncia è del Garante dei Diritti dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni secondo cui " nei giorni scorsi, ad esempio, un immigrato marocchino trovato senza documenti è stato portato a Regina Coeli perché a Ponte Galeria non c’era posto. La realtà è che la stretta del governo sull’immigrazione, il sovraffollamento e la concomitanza del periodo estivo con il caldo insopportabile e le ferie degli operatori stanno creano una miscela potenzialmente esplosiva".

Negli ultimi venti giorni, praticamente con l’annuncio dell’inasprimento delle norme in tema di immigrazione, la popolazione del Cie di Ponte Galeria, il più grande d’Italia, è salita di circa 80 unità, da 246 a 319 ospiti (175 uomini e 143 donne) a fronte di una capienza tollerabile di 330 posti. Per la maggior parte si tratta di cittadini nordafricani in attesa di essere rimpatriati.

Il caldo di queste settimane, i lunghi tempi di attesa per ottenere i colloqui con le ambasciate di origine, il fisiologico calo degli operatori legato al periodo feriale, il sovraffollamento, il fatto che, ad esempio, i nuclei familiari al momento dell’arrivo nei Centri vengano divisi nei settori maschile e femminile con evidenti problemi di convivenza , sono tutti motivi che stanno creando una situazione difficile nonostante il prodigarsi degli operatori che lavorano nel Cie.

"Ieri - ha raccontato Marroni - si sono a lungo rincorse voci di un decesso all’interno del Centro. Per fortuna non è stato così, ma eventi drammatici all’interno del Cie ce ne sono già stati nei mesi giorni. Il vero equivoco di fondo è che i Cie sembrano sempre di più centri di reclusione che, con la possibilità di protrarre la permanenza degli immigrati fino a 180 giorni, sono peggiori delle carceri. A Ponte Galeria, ad esempio, non c’è un grande appoggio esterno del volontariato che è una delle cose buone che si ritrovano in carcere. In queste condizioni è assai facile che possa prendere il sopravvento la disperazione. Per questo auspico che le istituzioni si adoperino per disinnescare al più presto questa situazione potenzialmente esplosiva".

Immigrazione: Colmegna; "basta trattare tutti come criminali"

 

La Repubblica, 10 agosto 2009

 

"Far diventare la clandestinità un reato segna un arretramento culturale pericoloso. Nella casistica della clandestinità rientrano molte categorie di persone diverse. Generalizzare, criminalizzare indistintamente tutti, allo stesso modo, non solo è sbagliato, ma non ha nemmeno senso".

 

Perché, don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità di Milano?

"Si parla di carcere, di espulsioni, poi si banalizza tutto con la storia dell’ammenda. Questa legge è inapplicabile".

 

La richiesta di legalità è però molto sentita.

"Clandestine sono anche le badanti che curano i nostri anziani, le baby sitter. Persone che sostengono l’economia reale, oltre che l’economia sociale. Vogliamo metterli tutti in galera?".

 

Il ministro Bossi contrappone gli immigrati agli italiani che andavano all’estero "per lavorare e non per uccidere".

"Non vorrei commentare discorsi di questo genere. Altre importanti cariche dello Stato hanno parlato diversamente, come anche il mondo ecclesiale".

 

È sbagliato fare l’equazione clandestini uguale a criminali?

"Ci sono reati legati alla clandestinità, ma basta con le provocazioni. Bisogna essere inflessibili per assicurare la legalità, ma non bisogna rassicurare l’opinione pubblica lanciando slogan che aumentano la tensione. La violenza non ha etnia".

 

Che cosa serve per garantire la legalità?

"Bisogna restituire dignità alle persone, riconoscere diritti di cittadinanza paralleli all’assunzione di doveri. Punire chi non è in regola, come se questo fosse in ogni caso un reato penale, consegna le persone a una condizione di lacerazione sociale compiuta, che non può produrre altro che danni".

Belgio: chiusa la vicenda degli evasi, catturato ultimo detenuto

 

Ansa, 10 agosto 2009

 

Preso in Marocco l’ultimo dei tre evasi da una prigione belga: Ashraf Sekkaki è stato arrestato nell’est del Paese dove era arrivato dalla Spagna sotto falsa identità. Considerato uno dei criminali più pericolosi del Belgio, Sekkaki è stato catturato nella stessa regione dove tre giorni fa era stato arrestato il compagno di fuga Mohammed Johry. Sekkaki e Johry, di nazionalità marocchina, non saranno estradati in Belgio. La legge marocchina lo vieta.

Il primo ad essere catturato era stato Melloul Khayari, fermato una settimana fa a Bruxelles. Gli altri due saranno giudicati in Marocco per l’evasione dal carcere di massima sicurezza di Bruges e il sequestro del pilota dell’elicottero, parcheggiato nel cortile della prigione, con cui sono evasi. I tre sono anche sospettati di aver rapinato delle banche in Belgio durante la fuga. È la terza evasione in meno di due settimane nel Paese.

Iran: speciale commissione parlamentare, incontrerà detenuti

 

Ansa, 10 agosto 2009

 

Una speciale commissione parlamentare che investiga in Iran sulle condizioni dei detenuti dell’opposizione arrestati in seguito alle manifestazioni post-elettorali, incontrerà tutte le persone incarcerate. Lo ha reso noto oggi Farhad Tajari, vicepresidente della commissione, all’emittente iraniana in lingua inglese Press Tv. Inoltre, il procuratore di Teheran, Saeed Mortazavi, si è detto favorevole a cooperare nelle indagini sulla morte durante la detenzione di alcuni prigionieri, ha aggiunto Tajari.

 

Arrestato il responsabile di un carcere, accusato di torture

 

Ha il sapore della purga l’arresto, questa mattina, del responsabile della prigione di Kahrizak, in Iran. "È stato arrestato. Le manette sono scattate anche per tre poliziotti che picchiavano i detenuti" ha fatto sapere l’agenzia Irna citando il capo della polizia Esmail Ahmadi-Moghaddam, che ha anche confermato quanto detto dal procuratore generale Ghorbanali Dorri-Najafabadi. E cioè che nel carcere alcune persone arrestate negli scontri seguiti alle elezioni sono state torturate. Non gli sono invece addebitate le morti di tre detenuti, ufficialmente deceduti per un virus, e non per le violenze subite.

Il 28 luglio l’ayatollah Ali Khamenei ha ordinato la chiusura dell’intera struttura di Kahrizak: tutti i detenuti sono stati già trasferiti nel penitenziario di Evan. La decisione è stata presa proprio dopo la scoperta degli abusi, fatta durante un’ispezione. Per l’opposizione questa vicenda, che si inserisce in un momento drammatico per il paese, "rappresenta una macchia indelebile nella storia giudiziaria della Repubblica Islamica", anche alla luce del fatto che alcuni ex detenuti hanno indicato fra i torturatori il generale Radan, capo della polizia di Teheran. A pesare poi è anche la scoperta di un giudizio, risalente al 2007, fatto dalle stesse autorità, che avevano ritenuto la struttura "illegale" e non conforme agli standard: tanto che all’epoca non figurava nell’elenco dei penitenziari iraniani.

Stati Uniti: rissa tra bande etniche di detenuti, oltre 200 i feriti

 

Ansa, 10 agosto 2009

 

I detenuti di un carcere non lontano da Los Angeles sono venuti alle mani, e la prigione in cui erano incarcerati è rimasta per undici ore in stato di assedio per la maxi-rissa scatenatasi tra gang di neri e di "latinos". Al termine degli scontri il bilancio è stato di 250 feriti tra i prigionieri, e tra questi 55 sono stati trasportati in ospedale. Gravi anche i danni alla struttura. Secondo quanto hanno raccontato i siti Web del "Los Angeles Times" e del "New York Times", infatti, durante la rissa sono stati anche incendiati e sfasciati vari locali del carcere.

I membri delle gang rivali si sono affrontati a mani nude, e gli scontri sono andati avanti per ore nella notte tra sabato e domenica al California Institution for Men a Chino, una località a un centinaio di chilometri ad est di Los Angeles. Pesanti i danneggiamenti procurati al carcere, denominato di media sicurezza, in cui sono ospitate 1.300 persone. Un portavoce, il tenente Mark Hargrove, ha infatti spiegato che i danni sono "estesi e significativi".

Sono rimasti coinvolti soltanto i carcerati, mentre nessun addetto alla sicurezza ha riportato ferite. Secondo le dichiarazioni delle autorità carcerarie risulta che nessun detenuto sia evaso durante la rivolta.

 

 

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