Rassegna stampa 31 ottobre

 

Giustizia: contro mafia niente rito abbreviato e sconti di pena

 

Apcom, 31 ottobre 2008

 

"Il rito abbreviato, che è stato fatto per deflazionare i processi, in realtà è una delle cose più sciocche che si siano potute creare nell’ambito della lotta alla criminalità organizzata". Lo ha dichiarato il pm antimafia di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, intervenuto nella trasmissione "Viva Voce" su Radio 24.

Gratteri ha raccontato la sua esperienza di magistrato in prima linea contro la ‘ndrangheta: "Il sud - ha aggiunto - viene munto in periodo elettorale e poi chi fa promesse sparisce. Lo Stato, inteso come ministero della giustizia o degli Interni, si muove solo dopo che la criminalità organizzata è da tre quattro giorni sulle prime pagine dei giornali. Si dice che c’è il problema quando c’è il morto ammazzato per terra, mentre è esattamente il contrario. Le mafie ingrassano quando tutto sembra filare liscio. La gente così non crede più in noi, lo Stato, perché non siamo più credibili. Se un usurato denuncia un usuraio, seguirà una pena talmente ridicola e coi riti alternativi, come il rito abbreviato, l’usuraio starà in carcere un anno. Dove troviamo il commerciante che verrà a denunciare così? Non c’è un sistema giudiziario serio".

Gratteri ha poi lanciato la sua proposta: "Se si vuole arginare il fenomeno mafioso ci vogliono stomaco, milza e pancreas e bisogna cambiare il codice di procedura penale e l’ordinamento penitenziario, ovviamente nel rispetto della Costituzione.

Una persona condannata per 416 bis sta in carcere al netto 5 anni, questo sistema è ridicolo. Se si dimostra che Gratteri è il capomafia di un paese, gli si dà 30 anni, si riaprono le carceri di Gorgona, Pianosa e Favignana anziché fare l’indulto e lì si manda lì. Quando i giovani che hanno 12 e 13 anni, l’età in cui vengono battezzati nella ‘ndrangheta, non vedono tornare più i loro parenti, forse cominceranno a pensare che è meglio trovarsi un posto di lavoro".

Gratteri ha anche parlato delle collusioni tra Stato e criminalità e ha rievocato la vicenda di quando fu trovata una microspia in una stanza che lui usava in procura: "C’è un’inchiesta in corso - ha detto -. In ogni caso in una stanzetta di fronte al mio ufficio dove andavo a parlare con la polizia giudiziaria di cose molto riservate fu ritrovata, durante una bonifica, una microspia auto alimentata. Cercavano di trovare qualcosa su di me, probabilmente per delegittimarmi. Chissà cosa pensavano di trovare, avranno solo sentito parlare di indagini".

Nella trasmissione è intervenuto anche Raffaele Cantone, per anni magistrato in prima fila contro la camorra. "In alcune zone della Campania c’è un problema culturale - ha detto Cantone -: quando in una realtà il camorrista è rispettato più dell’operaio, quando il ragazzino che si atteggia da camorrista è rispettato da altri ragazzini, è difficile intervenire. Per questo la lotta alle mafie non si fa solo dal punto di vista militare. Se si agisce così, si tratta di idre. Gli si taglia una testa e ne crescono due".

Giustizia: Schifani; bene Dl Maroni per inasprimento del 41-bis

 

Agi, 31 ottobre 2008

 

Il decreto Maroni sulla criminalità organizzata, che oggi ha ottenuto il primo via libera dal Senato, contiene, sottolinea il presidente del Senato, Renato Schifani, "alcuni emendamenti che recano importanti novità". Schifani, che parla durante la presentazione del libro di Raffaele Lauro "Il vento nuovo", si riferisce in particolare "all’inasprimento ulteriore del carcere duro per i boss detenuti", e "all’introduzione di nuove norme per colpire più efficacemente il riciclaggio del denaro proveniente da attività illecite". Il presidente del Senato ha poi sottolineato l’importanza di "velocizzare il trasferimento agli enti locali dei beni confiscati alle organizzazioni mafiose", necessità che i relatori del decreto presso le commissioni riunite Affari Costituzionali e Giustizia hanno fatto loro inserendo tra gli emendamenti".

Giustizia: nel ddl sicurezza non c’è il "giro di vite" anti-writer

 

Il Corriere della Sera, 31 ottobre 2008

 

Non è stato approvato dal Consiglio di ministri il provvedimento contro i writers, che inizialmente doveva essere contenuto nel decreto sui rifiuti. Le misure, ha spiegato il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, saranno contenute in un emendamento al disegno di legge sulla sicurezza.

Reato abbandonare "frigoriferi" - Il consiglio dei ministri si è concentrato quindi sul problema rifiuti in Campania varando un decreto legge. I rifiuti ingombranti o pericolosi, "penso ai materassi o agli elettrodomestici", non possono essere abbandonati in strada o smaltiti non regolarmente. Pena, la reclusione fino a 3 anni o l’arresto in flagranza di reato. A spiegarlo, in conferenza stampa a Palazzo Chigi, è il sottosegretario Guido Bertolaso. "Finora chi abbandonava a piazza del Municipio un materasso o un elettrodomestico rischiava una multa di 25 euro. Con il decreto si prevede la condanna da sei mesi a 3 anni di reclusione, e con l’arresto in caso di flagranza. Questo però vale solo per la Campania o per regioni che siano commissariate".

Soldi ai cittadini che riciclano spazzatura - C’è poi la norma dell’articolo 1 del nuovo decreto legge approvato stamane dal Consiglio dei ministri. Bertolaso spiega che "l’articolo 1 del decreto consente ai cittadini della Campania di sviluppare in modo autonomo il riciclo" della spazzatura. Ogni cittadino, aggiunge Bertolaso, può andare con la spazzatura alla mano alla più vicina piattaforma Conai (Consorzio nazionale imballaggi) e ricevere un "compenso economico" per i rifiuti riciclabili. Si tratta di un incentivo, dice ancora Bertolaso, "estremamente importante, che agevolerà la raccolta differenziata".

I rifiuti speciali - Bertolaso ha poi illustrato un’altra norma, per prevenire alcune "polemiche: da quando il presidente del Consiglio ha detto che la Regione era stata ripulita, qualcuno si è divertito ad andare in giro a trovare cumuli di rifiuti. Come detto da alcuni ministri, si trattava di rifiuti speciali che non potevano essere presi dall’esercito o dalle altre organizzazioni che raccolgo quotidianamente la spazzatura perché potevano contenere materiale pericoloso e per il quale sono previste una serie di passaggi importanti, ma che possono ritardare il prelievo di questa spazzatura.

Con la norma che è stata prevista, il sottosegretario e le forze armate che stanno lavorando e tutti quelli che hanno un compito per la risoluzione del problema sono autorizzati a prendere questi rifiuti speciali, a portarli via da periferia e campagne, da sempre discariche a cielo aperto, a trasferirli in piazzole controllate a norma e lì selezionare, l’amianto dai copertoni e dagli oli residui, per poi mandarli allo smaltimento secondo le norme previste dalla legge". "Il problema dell’emergenza vera e propria è sotto controllo - ha concluso - si tratta ora di consolidare la situazione con una serie di misure per evitare di trovarsi in futuro di fronte a difficoltà creata da una cattiva gestione dell’attività ordinaria di smaltimento".

Giustizia: (Pd); contrari al carcere per chi abbandona i rifiuti

 

Asca, 31 ottobre 2008

 

"Mandare in carcere chi abbandona in strada rifiuti ingombranti, sembra più un’ammissione di resa che una reale azione di contrasto dell’illegalità". Sarebbe molto più efficace prevedere sanzioni amministrative e pecuniarie severe, piuttosto che ingolfare la giustizia e riempire le carceri. Come al solito il governo Berlusconi, con l’azione schizofrenica che lo contraddistingue, fa solo propaganda". Lo afferma Ermete Realacci, ministro dell’Ambiente del governo ombra del Pd, commentando il dl sui rifiuti in Campania varato oggi dal Consiglio dei Ministri.

"E mentre da una parte - prosegue Realacci - con il decreto intercettazioni indebolisce il contrasto ai camorristi che trafficano in rifiuti tossici oppure con il ‘salva-manager’ grazia i bancarottieri, dall’altra manda in galera chi lascia un materasso per strada. Insomma visto che di Campania si parla, sembra il "facite a faccia feroce" di borbonica memoria. Altro giudizio, invece, sul commissariamento previsto per i comuni inadempienti sulla raccolta differenziata - conclude Realacci - La piena responsabilizzazione delle amministrazioni locali nella gestione dei rifiuti è la strada prioritaria per uscire in modo definitivo dall’emergenza".

Giustizia: Ferrari; basta carcere per questo paese sofferente

 

Comunicato stampa, 31 ottobre 2008

 

Al Consiglio dei Ministri di venerdì prossimo sarà approvato il provvedimento che istituisce "il reato penale per gli imbrattatori dei muri". Lo ha riferito il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, prevedendo fino a due anni di carcere, una multa fino a 5mila euro e l’obbligo di ripulire a proprie spese i beni deturpati.

Siamo alle solite: "sempre e solo carcere"! L’art. 639 del codice penale prevede già sanzioni contro i vandali, non basterebbe aggiungere eventualmente solo l’obbligo di ripulire a proprie spese i beni deturpati?

È emblematico poi che queste proposte, qualcuno si ricorderà nel precedente Governo Berlusconi quella del carcere per chi abbandonava i cani, vengano sempre da persone che hanno fatto "l’impossibile" per non caderci dentro a questo famigerato carcere, con indagini bloccate da leggi ad personam e processi andati in prescrizione.

Diversi di questi personaggi ogni giorno contravvengono attraverso proclami pubblici e decreti legge al più comune senso di decenza del rispetto della dignità della vita degli essere umani, soprattutto quelli più in difficoltà! Forti con i più deboli e asserviti con i più forti, è il loro motto.

È possibile continuare a restarsene a guardare inermi lo sciacallaggio che ogni giorno viene fatto della Costituzione, delle regole e dei diritti civili e penali, frutto di decenni di lotte e conquiste sociali, che tutto il mondo ci invidiava. Si fanno scudo di una democrazia che non esiste più, di un regime strisciante che ogni giorno mette un tassello per un puzzle a tinte sempre più nere. Questo è un atteggiamento vergognoso e irrispettoso nei confronti del popolo italiano, e di chiunque vive nei nostri territori, che ha come obiettivo quello di innalzare sempre di più il livello dello scontro, che non potrà che essere cruento e lascerà sul terreno delle vittime, come la storia ci insegna, anche se poi come è già accaduto chi distrugge non ha coscienza né prima né dopo.

È ora che il volontariato della giustizia, il mondo della cooperazione sociale, i sindacati e i movimenti politici, tutti insieme, si confrontino per scelte urgenti di iniziative di pace che contrastino quelle di morte e di conflitto poste giornalmente in atto da chi siede sugli scranni del potere.

 

Livio Ferrari

direttore del Centro Francescano di Ascolto di Rovigo

Giustizia: ddl per foto delle carceri su muri perimetrali di istituti

 

Apcom, 31 ottobre 2008

 

Un disegno di legge per rendere possibile "l’installazione di grandi stampe fotografiche (circa 2 x 3 metri) lungo i muri perimetrali degli istituti penitenziari" è stato presentato dalla senatrice della maggioranza Simona Vicari. "Le pareti esterne delle strutture carcerarie italiane - spiega - potrebbero raccontare spaccati di vita quotidiana degli stessi istituti". "Queste strutture - afferma Vicari - non sono una non società al proprio interno racchiudono una realtà fatta di luoghi, persone, regole, tensioni emotive, spazi, spesso dimenticati da chi sta fuori.

La chiave di questo ddl - aggiunge la parlamentare - è quella di aprire delle finestre virtuali sulle carceri annullando quel confine fisico/visivo e psicologico su uno spaccato della nostra società. Il distacco delle pareti porta a pensare che chi è in stato di detenzione non rappresenta più un problema per chi non lo è. Un limite che va superato". Il senatore Vicari nel ddl sottolinea anche che "L’amministrazione penitenziaria sta già portando avanti un progetto sperimentale di questo tipo e questo ddl - conclude Vicari - regolamenterebbe l’intera attività, e lo renderebbe realizzabile prioritariamente in comuni con oltre 300 mila abitanti".

Sicilia: Garante; in quasi tutti istituti i diritti umani sono negati

 

Agi, 31 ottobre 2008

 

"La situazione del Petrusa è sicuramente paradossale, la capienza tollerata è stata abbondantemente superata costringendo i ristretti a condizioni di vita in cui i diritti umani sono negati e la Polizia penitenziaria non può fare altro che sobbarcarsi stressanti turnazioni". Lo afferma il garante dei detenuti Salvo Fleres, secondo cui quello del carcere di Agrigento "non è un caso isolato. Quasi nessuno dei 27 istituti penitenziari che hanno sede in Sicilia - spiega Fleres - vive situazioni diverse.

Al sovraffollamento si accompagnano carenze strutturali e di personale che non sono degne di un Paese civile. Ho già sollecitato, gli organi competenti e continuerò a farlo, affinché si proceda alla chiusura di alcune fatiscenti strutture e si provveda con la massima tempestività alla consegna di quelle già ultimate ma mai utilizzate. Mi auguro - conclude Fleres - che quanto dichiarato dal ministro della Giustizia circa la consegna dei nuovi istituti e l’ampliamento di altri, possa essere effettivamente attuato con la massima urgenza, al fine di garantire il rispetto del dettato costituzionale in materia di detenzione".

Umbria: in Regione 1 quinto dei detenuti in 41-bis di tutta Italia

 

Ansa, 31 ottobre 2008

 

Le carceri di Spoleto e di Terni ospitano quasi un quinto dei detenuti che in Italia sono sottoposti al 41bis, il cosiddetto ‘carcere durò. Lo ha detto stamani il provveditore regionale del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Ilse Rusteni, in occasione della celebrazione a Perugia dell’annuale del Corpo di polizia penitenziaria.

Complessivamente nelle carceri umbre - Perugia, Spoleto, Terni e Orvieto - sono ospitati 800 detenuti. Quelli sottoposti al 41-bis, oltre un centinaio, si trovano a Spoleto, soprattutto, e a Terni. Per il loro controllo sono impegnati 750 tra uomini e donne della polizia penitenziaria.

Il direttore del carcere di Perugia, Antonio Fullone, ha spiegato che per la struttura quello attuale "è un momento di grande integrazione con l’esterno, in particolare con le principali manifestazioni che si svolgono in città". "Penso - ha aggiunto - a Umbria Libri e a Umbria Jazz, ma anche a tutti gli altri grandi appuntamenti perugini".

Il direttore ha comunque rilevato la situazione di disagio della sezione maschile che ospita 200 detenuti. "Ben oltre - ha detto - la normale capienza. Diversa la situazione del femminile dove sono recluse circa la metà delle donne che potrebbero essere normalmente ospitate".

Liguria: Prap; inchiesta in corso, su morte Manuel Eliantonio

 

Ansa, 31 ottobre 2008

 

Il Provveditorato regionale per la Liguria del Dipartimento della Giustizia respinge con forza "qualsiasi illazione che si volesse adombrare, da parte di chiunque, in ordine a comportamenti meno che professionali da parte del personale penitenziario in relazione al decesso di Manuel Eliantonio avvenuto nella casa circondariale di Marassi il 25 luglio scorso".

Il Provveditorato, a questo proposito, cita la notizia di un’iniziativa, assunta all’unanimità dal Consiglio regionale della Liguria, "tendente a proporre la costituzione di una Commissione d’inchiesta parlamentare per accertare le cause della morte del giovane".

"L’amministrazione penitenziaria - afferma il Provveditorato - che da subito ha avviato, secondo prassi, una propria inchiesta amministrativa e che fornisce la propria collaborazione all’autorità giudiziaria, ne prende atto poiché corrisponde all’interesse pubblico affinché sulla triste vicenda non vi sia alcun dubbio da parte di alcuno e che siano accertate le effettive cause dell’evento".

Il Provveditorato regionale, inoltre, intende riaffermare che "ogni energia viene spesa per assicurare a ciascuno le condizioni di vita migliori, pur nelle attuali gravi condizioni operative che comporta l’elevato numero di persone detenute".

Firenze: dalla Provincia, formazione per i detenuti e gli agenti

 

Adnkronos, 31 ottobre 2008

 

La Provincia di Firenze è all’avanguardia nel rapporto tra istituzioni e strutture carcerarie con l’obiettivo ambizioso di trasformare la detenzione in un periodo di rieducazione effettiva. In questa prospettiva sono stati organizzati corsi pilota all’interno delle strutture penitenziarie di Sollicciano e Mario Gozzini. L’iniziativa si è articolata in tre step: progetto On-line, rivolto alla formazione informatica dei detenuti del carcere di Sollicciano; progetto Forno On-line, per insegnare ai detenuti del carcere Mario Gozzini l’arte del fare la pizza; progetto Aginform, per la riqualificazione professionale del personale di Polizia Penitenziaria che opera all’interno delle strutture carcerarie fiorentine.

Con questo tipo di programma la Provincia di Firenze investe sulla professionalizzazione di categorie deboli e spesso emarginate, quali i carcerati, e sulle risorse umane che svolgono il delicato compito di lavorare a fianco dei detenuti. I tre progetti hanno coinvolto 60 partecipanti, di cui 30 detenuti e 30 agenti di Polizia Penitenziaria.

Ieri, alla Casa Circondariale di Sollicciano, alla presenza del presidente della Provincia di Firenze, Matteo Renzi, si è tenuta la manifestazione conclusiva del progetto formativo Aginform che ha permesso la riqualificazione professionale di un gruppo di agenti della Polizia Penitenziaria attraverso un percorso formativo per la gestione dei detenuti rispetto alle nuove realtà multietniche presenti nelle strutture.

Il corso ha previsto moduli di insegnamento su temi specifici quali comunicazione, psicologia e criminologia, psicologia della personalità e strumenti tecnologici per la gestione delle informazioni. "Un grazie a tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione del progetto - ha detto il presidente Renzi -. Come istituzione siamo vicini a chi indossa una divisa, il vostro lavoro è determinante per promuovere i valori della Costituzione".

Il progetto è nato dalla collaborazione tra: Uil, Cisl, Cgil; Corpo della Polizia Penitenziaria; direzioni degli Istituti penitenziari Sollicciano e Mario Gozzini; Provincia di Firenze e Agenzia Formativa AP Software Informatica. La Provincia di Firenze aveva già dimostrato sensibilità al tema delle carceri e della popolazione carceraria con precedenti iniziative, quali, ad esempio, la creazione del brand "La Gabbie", marchio di oggetti moda e design per il tempo libero.

L’iniziativa era nata dalla collaborazione tra l’Amministrazione provinciale e i laboratori didattici della Casa Circondariale di Sollicciano-Firenze, oltre che di alcune importanti aziende del sistema moda dell’area fiorentina. Il marchio "La Gabbie" va nella direzione di veicolare sul mercato i valori positivi di libertà, voglia di ricominciare, oltre a tutte quelle emozioni che nascono all’interno dei laboratori moda della prigione.

Treviso: 270 detenuti per 134 posti, il carcere ormai al collasso

 

La Tribuna di Treviso, 31 ottobre 2008

 

Oltre 270 detenuti, più del doppio rispetto a quanto consentito dalla capienza che è di 134. Il carcere di Santa Bona scoppia. Lo conferma il direttore Francesco Massimo, protagonista ieri alla festa della polizia penitenziaria svolta nella sala Marton della Provincia. La casa circondariale Santa Bona già in sofferenza, vive quotidianamente anche un’altra carenza: quella degli agenti. Attualmente sono 130, ma dovrebbero essere almeno 190.

"Conviviamo da vent’anni anni con questa emergenza, e abituarsi è certamente faticoso" ha spiegato Francesco Massimo, direttore della casa circondariale. Il corpo di polizia penitenziaria ha tirato le somme dell’ultimo anno, premiando alcuni i dipendenti. Oltre a Massimo, presenti il comandante Giovanni Ministeri, il direttore dell’istituto minorile, Alfonso Paggiarino e il comandante Edoardo Civolani. Nel 2008 sono state eseguite 4.500 perquisizioni e 1.246 traduzioni. Gli agenti di polizia penitenziaria hanno contribuito a 21 indagini, mentre sono stati identificate 8 persone che hanno tentato di introdurre droga. Tra i 270 detenuti solo 3 hanno usufruito dell’indulto. L’80% è di origine straniera.

Sassari: 160 i detenuti, mancano agenti e soldi per le riparazioni

 

La Nuova Sardegna, 31 ottobre 2008

 

A San Sebastiano non c’era abbastanza spazio, così, per la festa annuale del corpo, la polizia penitenziaria ha dovuto chiedere ospitalità alla Camera di commercio. Ieri mattina, si è svolta la cerimonia, con la consegna di riconoscimenti agli agenti. All’appuntamento, che è stato aperto con la lettura di un messaggio del ministro della Giustizia Angelino Alfano, erano presenti i comandanti delle Case Circondariali di Sassari e Alghero, e la nuova direttrice di San Sebastiano, Elisa Milanesi.

Quello dello spazio, a San Sebastiano, è un problema di non poco conto. Soprattutto se si tiene conto che un intero piano, di recente, è stato chiuso perché non più agibile. La capacità della casa circondariale di via Roma si è ridotta così di cento unità. Nonostante i trasferimenti in altre strutture carcerarie dell’isola, però, c’è sempre sovraffollamento.

"Attualmente in carcere ci sono 66 detenuti in attesa di giudizio - ha spiegato ieri il comandante Elio Roccomare, durante il suo intervento -, 23 appellanti, 7 ricorrenti e 45 definitivi. Gli ospiti superano di un quinto la capienza tollerabile della casa circondariale e raddoppiano quella regolamentare". La nuova direttrice del carcere, Elisa Milanesi, arrivata da tre giorni a Sassari, ha già 15 anni di esperienza alle spalle, con numerosi incarichi nel sud della Sardegna. "Conosco bene le problematiche di San Sebastiano - ha detto la direttrice, che sostituisce Patrizia Incollu, chiamata a dirigere il carcere di Nuoro -.

Il limite principale di San Sebastiano, è la struttura. Da meno di un mese è stato chiuso un intero piano. Non abbiamo più una cappella e una biblioteca. La riduzione della manutenzione è legata ai tagli delle spese a livello nazionale. A Sassari, con 160 detenuti siamo tornati ai livelli precedenti all’indulto. Tutto questo, con una graduale e costante riduzione del personale di polizia penitenziaria.

Nell’isola, in un anno abbiamo "perso" cinquanta agenti e non sono previsti nuovi concorsi. Questo ci demoralizza, perché ci sono segnali di difficoltà, ma non ci sono risposte". Quando i lavori per il nuovo carcere di Bancali saranno conclusi, la nuova direttrice avrà il delicato compito di guidare lo storico "trasferimento".

Bologna: oltre 1.000 detenuti, lavori in corso e protesta agenti

 

La Nuova Ferrara, 31 ottobre 2008

 

È sempre in una situazione di emergenza per il sovraffollamento il carcere bolognese della Dozza, dove ci sono 1.050 detenuti a fronte di un massimo tollerabile di 760. I dati sono stati diffusi in occasione della festa della polizia penitenziaria, svoltasi dentro il carcere, resi ancora più gravi dalla carenza di organico: 367 agenti a fronte di 567 previsti. La situazione non è molto migliore nel resto dell’Emilia-Romagna, dove ci sono progetti per far salire da 3.970 a 4.500 i posti nelle carceri.

Lo ha annunciato il provveditore delle carceri Nello Cesari. "Nonostante questa situazione - ha spiegato Roberto Di Caterino, comandante della Polizia penitenziaria della Dozza - l’impegno quotidiano e oscuro degli agenti permette di far andare avanti sia i servizi di sicurezza sia le attività del carcere". Nel carcere di Bologna sono in corso anche i lavori di ristrutturazione previsti dall’Ausl, e prescritti dal Comune.

Lavori che creano qualche problema alla gestione della struttura. "Se si abbattono le barriere architettoniche - ha detto Cesari - e si applicano le prescrizioni della 626 (sicurezza sul lavoro, ndr) è difficile poi garantire la sicurezza della struttura". Durante la cerimonia la vice direttrice Palma Di Mercurio ha letto l’intervento del neodirettore Roberto Festa, colpito da un leggero malore. E mentre i lavoratori della polizia protestavano davanti alla prefettura, anche l’Ugl ha contestato la festa, denunciando la scarsa attenzione per i lavoratori. "È una festa più per i detenuti che per i servitori dello Stato - ha detto Flavio Menna - il carcere è stato ridipinto, mentre la nostra mensa versa ancora in condizioni fatiscenti".

Busto Arsizio: presentati risultati del laboratorio di pasticceria

 

Varese News, 31 ottobre 2008

 

"Grazie davvero a tutti per averci dato questa occasione di lavoro". Sono queste le parole di sincero ringraziamento di Orazio Caci e Adalto Severiano Fei Tosa, due dei detenuti del carcere di Busto Arsizio che hanno partecipato al corso di pasticceria. L’occasione è stata la presentazione dei risultati ottenuti della prima edizione del progetto "Dolce in carcere", organizzata nella casa circondariale di Busto fra giugno e ottobre 2008.

Giovedì 30 ottobre, Villa Cagnola ha infatti ospitato tutte le persone coinvolte nel progetto a partire dai suoi ideatori i membri dell’Associazione assistenza carcerati e famiglie di Gallarate guidata da Pietro Roncari che ha parlato di un "vero successo del progetto", fino ai veri protagonisti ovvero alcuni "detenuti-allievi" e i cinque i "pasticceri-insegnanti" della provincia di Varese: Mario Bacilieri (Marchirolo), Denis Buosi (Varese), Mariano Massara (Morazzone), Massimo Pagani (Gallarate) e Luca Riccardi (Gavirate).

Presenti anche il direttore del carcere Salvatore Nastasia, la responsabile dell’area trattamentale Rita Gaeta, il comandante degli agenti di Polizia Penitenziaria Michela Cangiano e il magistrato di sorveglianza Rossella Ferrazzi. Tutti loro all’unanimità hanno voluto esprimere la loro soddisfazione per il successo ottenuto che, secondo Nastasia, "non ha precedenti per entusiasmo e risultati tangibili ottenuti".

Ancora, i relatori hanno posto l’accento sul ruolo fondamentale del lavoro all’interno dell’istituto che è "non solo un modo per recuperare dignità e libertà, ma anche una valvola di sfogo per queste persone. Purtroppo in media solo il 10 per cento dei detenuti di un carcere ha questa occasione. Invece il lavoro e lo studio sono fondamentali per permettere un reinserimento positivo nella società". Fra il pubblico anche tanti operatori e volontari della casa circondariale bustocca, primo fra tutti Virginio Ambrosini che da anni presta la sua opera nelle cucine del carcere e ha avuto in questi mesi un ruolo di primo piano.

Quella di ieri sera è stata quindi la degna coronazione di un processo durato alcuni mesi, senza contare tutta la fase di preparazione curata da Pierluigi Brun. Le lezioni sono infatti iniziate in giugno e sono proseguite fino a ottobre. In cattedra i cinque maestri pasticceri e dietro i fornelli nove detenuti scelti dall’amministrazione del carcere fra una lista più lunga di aspiranti pasticceri. Sono quattro le creazioni uscite dal laboratorio di pasticceria: Sbarrette di cioccolato, Dolce evasione, Quei matocch dei carcerati e Brutti e cattivi.

"È stata un’esperienza forte, che ci ha stimolato - concordano i cinque pasticceri -. Eravamo partiti con l’idea di insegnare noi qualcosa, ma ne siamo usciti arricchiti a nostra volta. Siamo orgogliosi di questo lavoro e speriamo di poterlo portare avanti". Oltre infatti all’obiettivo già realizzato di vendere i prodotti realizzati in modo da autofinanziare il progetto (saranno disponibili nei negozi degli stessi pasticceri, ndr), c’è l’idea di creare una laboratorio fisso all’interno della casa circondariale. Speranza del tutto condivisa anche dagli stessi "allievi" che hanno ricevuto un diploma che attesta le loro competenze.

Adalto Severiano Fei Tosa, brasiliano, pensa già di esportare le sue nuove abilità nel paese di origine. "Ho imparato tanto, non solo a fare i dolci, ma anche a stare in gruppo e a convivere le esperienze. Ringrazio tutti, i pasticceri, la direzione, gli agenti, il magistrato, i volontari per avermi fatto conoscere il buono di questo paese. Da quando sono qui ho capito che posso aiutare altre persone a non fare lo stesso sbaglio".

Orazio Caci, un po’ più avanti con gli anni, non ha seguito il corso di pasticceria, ma quello di panificazione e spera di poter cucinare in futuro per i suoi nipotini. "In carcere ho avuto tante occasioni di studio e di lavoro. Oggi sono qui anche per dirvi grazie a nome di tutti i nostri compagni. A loro, soprattutto ai più giovani, dico sempre di accettare qualsiasi attività che l’amministrazione gli offre sia per sopravvivere dentro, ma soprattutto per il futuro".

Cremona: da Cri visite oculistiche gratuite per detenuti e agenti

 

www.welfarecremona.it, 31 ottobre 2008

 

Tutti i detenuti, ma anche il personale addetto alla sicurezza e all’amministrazione della Casa Circondariale di Cremona, potranno se lo vorranno, sottoporsi gratuitamente a una visita oculistica e ortottica, nella quale verrà effettuata un’anamnesi del soggetto e verranno dati consigli medici e comportamentali utili per prevenire patologie della vista.

È questo, in sintesi, il progetto "Sguardi preziosi 2008", promosso dalla sezione provinciale dell’Unione italiana ciechi e dal comitato provinciale della Croce Rossa Italiana con la collaborazione dell’Azienda ospedaliera di Cremona e il sostegno economico della Provincia e del Comune.

Il progetto, che si svolgerà dal 3 al 7 novembre nel carcere di Cremona, è stato presentato nella sede della Provincia dal presidente Giuseppe Torchio, dall’assessore comunale Maura Ruggeri, dal presidente provinciale dell’Unione italiana ciechi Genuino Iuzzolino, da Eleonora Ducoli Parisi del Comitato provinciale della Croce Rossa, dalla direttrice della Casa circondariale Ornella Bellezza e dal direttore generale dell’Azienda ospedaliera Piergiorgio Spaggiari.

Proprio sull’importanza della prevenzione, e quindi sulla positività dell’iniziativa, ha insistito Torchio nel suo saluto iniziale. "Questo progetto è un modo concreto - ha detto - per rendere effettivo il diritto alla salute sancito dall’art. 32 della Costituzione, ma anche per rendere effettivo l’impegno alla prevenzione contenuto nella legge di riforma sanitaria del 1978. D’altra parte, ha concluso Torchio, solo attraverso sinergie come quella messa in campo per "Sguardi preziosi" si riescono a fare cose egregie come questa, garantendo un diritto che è uguale per tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, razza, condizione sociale.

Iuzzolino ha ricordato come il progetto nasca dalla ormai lunga collaborazione fra Unione Italiana Ciechi e Croce Rossa Italiana. Riguardo all’iniziativa, la cultura scientifica viene dall’Iapb, una Ong legata all’Unione ciechi che, fra l’altro, fornisce il laboratorio oftalmico mobile montato su un camper.

Perché nel carcere? Perché, ha detto Iuzzolino, siamo contrari a ogni barriera, sia fisica che virtuale. E il carcere è il luogo dove affermare, anche attraverso questa iniziativa, tale principio. Ha poi ringraziato Provincia, Comune e Ospedale "che sono gli enti con cui collaboriamo da anni e che hanno sempre mostrato sensibilità alle nostre proposte".

È poi toccato alla direttrice della Casa circondariale descrivere le modalità di svolgimento delle visite, non prima di avere detto delle titubanze iniziali, vista la particolarità del luogo. Ma il momento della visita può anche essere un importante momento di riflessione, nel quale ci si ferma un attimo per pensare a se stessi, per volersi un po’ bene, e questo va anche al di là del puro valore sanitario. Nei confronti dei detenuti è stata fatta una campagna di informazione e di sensibilizzazione. Le visite ai detenuti verranno effettuate nell’ambulatorio interno al carcere, mentre per il personale sarà a disposizione il camper con l’ambulatorio mobile.

La rappresentante della Croce Rossa ha sottolineato come Cremona sia una delle poche province in cui la Cri ha aderito subito alla convenzione con l’Unione ciechi per svolgere attività e progetti in comune. "E continueremo su questa strada", ha assicurato. Infine la parola al direttore generale dell’Azienda ospedaliera, che metterà a disposizione gli oculisti e gli ortottici.

Il prof. Spaggiari ha ricordato il recente potenziamento dell’unità operativa di oculistica nell’ospedale cittadino, con personale giovane e altamente qualificato, proveniente anche da esperienze all’estero. Nella sanità, ha aggiunto, è meglio, anche e tanto più in periodi difficili come l’attuale, investire nella prevenzione piuttosto che dover spendere moltissimo per intervenire sulle patologie. Ma se la sanità pubblica non avesse il supporto del volontariato, sarebbe più isolata dalla società, una società che nella sua organizzazione tende a emarginare chi è affetto da malattie invalidanti come quelle della vista. Dunque, ha concluso, grazie alle due associazioni che sono gli attori di questo progetto, che noi supportiamo mettendo a disposizione la nostra professionalità.

Milano: detenuto romeno primo in test ammissione a ingegneria

di Luigi Ferrarella

 

Corriere della Sera, 31 ottobre 2008

 

Si può vincere all’Enalotto in tanti modi: rubando in banca su Internet i soldi che la ruota della fortuna ha appena regalato a qualcun altro, oppure afferrando dal carcere l’opportunità dell’unica vera lotteria costituita dall’auto realizzarsi in una vita nuova e onesta.

Appena più che ventenne, Gabriel Bogdan Ionescu incarna già entrambe le identità: "pirata" informatico romeno e studente modello italiano. Cacciatore di frodo di depositi bancari, e genio (autentico, non per frustro modo di dire) del computer. Dipende dal punto di vista - precedenti penali o futuro curriculum - dal quale lo si guarda: condannato a 3 anni e un mese del Tribunale di Milano in primavera, ma adesso anche primo classificato al test di ingresso alla facoltà di Ingegneria Informatica del Politecnico di Milano.

Li ha stracciati tutti, fra i candidati non c’è stato giovane "cervello" italiano capace di competere con lui nel test d’ingresso che il romeno ha potuto svolgere grazie alle tre ore di permesso concessegli dal Tribunale di Sorveglianza, che ne ha autorizzato la trasferta - lampo dal carcere del Bassone a Como (dove sta scontando la pena) al Politecnico milanese.

Non si può dire sia stata una sorpresa per chi (i baschi verdi della Gdf in una indagine della Procura di Milano) aveva già avuto modo di saggiarne le qualità informatiche: quando la magistratura italiana l’aveva fatto arrestare con un mandato di cattura internazionale eseguito in Romania, subito si era tramandata la voce delle sue gesta piratesche, così eclatanti da suscitare persino qualche dubbio d’implausibilità, e da far temere che si trattasse di una di quelle improbabili leggende metropolitane che puntualmente accreditano ad esempio il solito cane lupo della solita eredità di immense fortune e di storiche squadre di calcio. Ma ora il gol universitario messo a segno al Politecnico di Milano conferma la striscia di "successi" (vincitore delle olimpiadi della matematica, campione dei Balcani di informatica, miglior studente della materia a Bucarest) già vantati in patria dal giovane "capocannoniere" di una "squadra" di pirati informatici arrestati mesi fa.

L’indagine del pm Francesco Cajani ha riguardato infatti un gruppo di ingegnosi romeni che, spedendo migliaia di finte mail apparentemente provenienti dai siti ufficiali delle banche o delle Poste, si impadroniva delle credenziali informatiche dei malcapitati che cadevano nel tranello e rispondevano alle mail (phishing).

A quel punto la banda passava a verificare cosa fosse depositato sui conti in questione, e quasi sempre vi prelevava qualche centinaia di euro per volta, versando il denaro su carte di credito prepagate con le quali i soldi venivano ritirati al bancomat. Sennonché, quando la banda si era imbattuta in un colpo di fortuna insperato, e cioè nel deposito sul quale l’incauto proprietario delle password soffiategli dai "pirati" aveva parcheggiato 100.000 euro appena vinti all’Enalotto, il capo del gruppo aveva ordinato che il conto fosse svuotato non poco a poco, ma di colpo.

E di fronte al fallimento dei gregari, che pur smanettando come matti non riuscivano a fare il miracolo di dirottare in un’unica soluzione grosse quote del denaro senza nel contempo allertare i sistemi di controllo e far scattare il blocco del conto, alla banda l’unica soluzione era apparsa chiamare l’arma finale: il ragazzo-prodigio, "il campione". E, per paradosso, proprio alcuni riferimenti alle performance del genietto romeno avevano consentito agli inquirenti di identificarlo.

Ora, però, quelle stesse qualità tornano a regalargli almeno tre chance. Lo studio, con il Politecnico da frequentare. Il lavoro, con il posto offertogli da una azienda che l’ha già "opzionato". E la richiesta di grazia, che il suo l’avvocato Pierpaolo Livio sta inoltrando al Presidente della Repubblica.

Reggio Emilia: agenti sono pochi, detenuto evade da ospedale

 

Il Resto del Carlino, 31 ottobre 2008

 

Non hanno potuto garantire il "piantone" all’ospedale: un rumeno è saltato dalla finestra ed è volato da cinque metri. L’evaso era nel reparto infettivi dove non c’erano le inferriate. La polizia non è riuscita a fermarlo

Ranghi ridotti, turni massacranti, poche ferie e poi succede che i detenuti evadono. Ecco il risultato della carenza di personale della polizia penitenziaria. Proprio ieri, durante la festa del corpo celebrata in sala del Tricolore, è emerso un inquietante episodio. Durante un ricovero nel reparto infettivo dell’ospedale Santa Maria Nuova un detenuto rumeno è riuscito a fuggire dalla finestra.

Le cause? L’impossibilità della polizia penitenziaria di garantire il numero minimo di agenti a presidiare la camera di degenza, "ma anche una struttura inadeguata dell’ospedale", come sottolinea Michele Malorni, rappresentante del Sappe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria). Malorni, il 2 agosto di quest’anno un detenuto è evaso durante una degenza in ospedale.

Com’è potuto accadere? "Purtroppo durante un piantonamento in reparto un detenuto è riuscito a scappare dalla camera e a far perdere le tracce". Ma come ha fatto a fuggire?

"Il detenuto era stato trasportato al reparto infettivo del Santa Maria. Ma lì non esistono le strutture necessarie per garantire la minima sicurezza. Solitamente i detenuti vengono trasportati nel reparto geriatrico, dove invece abbiamo delle camere detentive con inferriate alle finestre e controlli elettronici d’allarme. Ma è chiaro che se un detenuto è infettivo non lo si può mettere lì...".

Quindi, da dove è scappato? "Dalla finestra. Ha fatto un salto di 4-5 metri d’altezza". Gli è andata bene... "Eh sì. Ha rischiato di fratturarsi con quel salto. Comunque abbiamo immediatamente contattato la direzione dell’ospedale per prendere provvedimenti". E cosa avete deciso di fare?"Abbiamo chiesto di mettere urgentemente in sicurezza anche il reparto infettivo. Nei giorni successivi sono subito intervenuti gli ingegneri dell’ospedale per modificare la struttura".

Quindi un problema solo architettonico? "Non solo, anzi. Noi stavamo procedendo all’avvicendamento del personale per garantire la cena in mensa (erano circa le 18). Ma siamo stati costretti a sostituire due agenti con solo una persona. La carenza di personale è il problema in assoluto più grosso". Quanti agenti avete in servizio? "Attualmente sono ventidue. Pochi. E infatti ci siamo trovati in situazioni molto rischiose. Si pensi che a volte ci troviamo con un solo agente a gestire 70 detenuti. E basta poco per fare scattare la scintilla e scatenare una rissa. Soprattutto ora che ci sono tantissimi stranieri nelle carceri. Abbiamo reali problemi di mediazione culturale".

Attualmente è chiuso il reparto femminile per carenza di personale. Ma dovrebbe riaprire fra breve. Come farete a gestire anche quello? "Pochi minuti fa (l’intervista è di ieri alle 17, ndr) è stato deciso di prorogare la chiusura del reparto. Per fortuna. Noi eravamo già pronti a manifestare nel caso in cui avessero riaperto il reparto. Abbiamo solo cinque donne in servizio. E loro si sono trovate nelle condizioni di lavoro peggiori".

Ci spieghi. "Sono talmente in poche che spesso sono state costrette a rinunciare alle ferie. Addirittura certe volte è difficile concedere i periodi di maternità per garantire la sicurezza dell’istituto. E questi sono diritti inviolabili del cittadino...".

E succede anche agli agenti maschi? "Accade a volte che non concedano la paternità. Ma il problema più grosso in assoluto è l’orario dei turni. Invece di dividere, come da contratto, la giornata in 4 quadranti da 6 ore siamo costretti a fare due ore di straordinari tutti i giorni e arrivare fino a 8 ore di lavoro. Il problema si risolverebbe velocemente decongestionando le carceri del nord Italia".

Un altro indulto? "No, assolutamente. Non è servito a nulla quel provvedimento, tant’è che il numero di detenuti nel giro di due anni è nuovamente aumentato e a livello nazionale rischia di superare a breve le 60mila unità".

Nuoro: Badu ‘e Carros sarà ampliato, creando 80 nuovi posti

 

Ansa, 31 ottobre 2008

 

Il carcere di Nuoro sarà ampliato per ospitare una nuova sezione di almeno 80 detenuti. Sulla tipologia di questi ultimi dovrà decidere il Dipartimento centrale, che potrebbe inviare a Badu 'e Carros detenuti particolarmente pericolosi oppure comuni.

Questo è emerso stamani durante la celebrazione della festa provinciale (erano presenti anche i direttori di Macomer, Isili e Mamone) del Corpo di Polizia penitenziaria svoltasi nell’istituto nuorese alla presenza del prefetto Vincenzo D’Antuono, delle massime autorità civili e militari, e del provveditore regionale degli Istituti di pena Francesco Massida.

"Attualmente in Sardegna ci sono 2.050 detenuti - ha detto il dirigente delle carceri sarde - il 40% sono tossicodipendenti ed altrettanti stranieri. Milletrecento di loro hanno commesso il reato nell’Isola. Oltre alla realizzazione della nuova sezione a Badu ‘e Carros verrà effettuata una serie di interventi che in questi anni sono mancati. Secondo i nostri dati la Sardegna - ha detto ancora Massidda - nonostante i detenuti abbiano superato la soglia del pre indulto, può riceverne ancora dalla Penisola".

Patrizia Incollu, che dal 15 ottobre scorso ricopre l’incarico di direttore, nel suo intervento ha chiesto la collaborazione di tutte le componenti esistenti nel carcere, consapevole di lavorare con operatori con alta qualità professionale ed umana.

Reggio Calabria: i detenuti incontrano figlia vittima della mafia

 

Comunicato stampa, 31 ottobre 2008

 

È stato un incontro speciale quello che si è tenuto dentro il carcere di Reggio Calabria. Per la prima volta dei detenuti hanno avuto la possibilità di ascoltare direttamente da un familiare di una vittima cosa significa ndrangheta, quali sofferenze provoca, quali ferite profonde lascia in chi resta.

È stata Deborah Cartisano, la figlia del fotografo Lollo Cartisano sequestrato ed ucciso negli anni 90 a Bovalino, a scuotere le coscienze dei detenuti, degli operatori e dei volontari presenti all’incontro conclusivo del laboratorio "Se Caino aiuta Abele"

"Io non sapevo cosa significa ndrangheta, per me era un concetto astruso perché non lo avevo mai toccato con mano. La ndrangheta l’ ho conosciuta nel momento in cui mio padre ha rifiutato di pagare il pizzo. Lui mi ha insegnato che la via giusta non è quella del silenzio, dell’accettazione della prepotenza, ma che bisogna invece alzare la testa. Questa scelta l’ha pagata con il sequestro e con la morte.

Per anni abbiamo scritto ai sequestratori per cercare un dialogo, per fare capire loro la sofferenza che avevano creato in noi ma anche a loro stessi. Fino a quando, nel cuore duro di uno dei carcerieri, si è aperta una breccia. Ha inviato una lettera con la quale chiedeva perdono per quello che aveva fatto ed ha indicato la località dell’Aspromonte dove era stato sepolto. Oggi ho imparato che le persone cambiano.

La tragedia che abbiamo vissuto come famiglia ci ha trasformato ma abbiamo cercato di reagire facendo rivivere papà attraverso il nostro impegno sociale. In particolare lo abbiamo fatto accogliendo nella sua casa dei minori a rischio, un modo per renderlo presente attraverso le loro vite e le loro difficoltà.

Deborah Cartisano attraverso il racconto della propria esperienza, non solo di vittima ma anche di chi ha voluto avviare un processo di cambiamento nella coscienza collettiva della Locride, ha suscitato una profonda commozione che ha attraversato tutti coloro che erano presenti nella sala teatro del carcere di Reggio.

La partecipazione dei detenuti è stata corale ed sentita tanto., tanto che uno di loro come segno tangibile di ringraziamento ha voluto donare un manufatto floreale realizzato dai detenuti e chiedendo che fosse posto sulla tomba del padre.

L’incontro con la Cartisano è stato il momento conclusivo del progetto Se "Caino aiuta Abele" promosso dal Centro di Servizio al Volontariato dei Due Mari di Reggio, e realizzato dall’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna in collaborazione con la casa circondariale di Reggio Calabria. Il laboratorio, che ha coinvolto 20 detenuti si è sviluppato su sei incontro durante i quali i partecipanti, con la guida di un gruppo di assistenti sociali e di una psicologa dell’Uepe di Reggio Calabria, hanno potuto fare una sorta di "viaggio dentro sé stessi" , di avviare una revisione critica del proprio vissuto, di pensare a forme di riparazione del danno commesso verso la società con il loro reato.

Luciano Squillaci, a nome del Csv Dei Due Mari che da diversi anni sostiene il progetto di giustizia riparativa ha espresso la volontà del mondo del volontariato di svolgere una funzione di ponte tra il mondo carcerario e quello esterno, guardando ai detenuti non come un problema ma come una risorsa per la società.

Ha ricordato che in questi ultimi anni sono stati circa 150 i soggetti in misura alternativa che hanno svolto un servizio di volontariato presso le associazioni del Csv operanti nella provincia.

Il Magistrato di Sorveglianza Lucia Minauro ha espresso la sua soddisfazione per il lavoro che anche in questo settore ha potuto fare con l’Uepe e con l’Istituto Penitenziario. Ha rassicurato i detenuti sul fatto che i progressi da loro realizzati durante l’esperienza detentiva saranno attentamente valutati dal Tribunale di sorveglianza comprese le attività di giustizia riparativa.

La Direttrice del carcere Maria Carmela Longo ritiene il laboratorio sulla giustizia riparativa un altro tassello che permette di fare entrare nel carcere la comunità esterna con i suoi valori ed i suoi stimoli.

Concludendo l’incontro il Direttore dell’Uepe, Mario Nasone, ha messo l’accento sull’importanza di offrire come operatori penitenziari occasioni ai detenuti per riflettere sui valori autentici della vita in alternativa alla cultura mafiosa dell’arricchimento, del potere, della sopraffazione degli altri.

Attraverso lezioni di vita come quella fatta da Deborah Cartisano il detenuto riceve un messaggio di speranza e uno stimolo a dare una svolta alla propria vita.

 

Mario Nasone Direttore Uepe Rc

 

La testimonianza di uno dei detenuti partecipanti

 

Mi chiamo Vincenzo ed ho partecipato al laboratorio "Se Caino aiuta Abele" nel corso del quale mi è stato chiesto di scrivere una Lettera ad una persona significativa. Questa lettera lo l’avevo già scritta ma non sapevo a chi indirizzarla, solo ora sono riuscito ad individuare un destinatario.

"Un uomo fragile e turbato, un uomo distrutto, un uomo che si Trova chiuso in tre metri quadri, in un ambiente che non riconosci:, dove vigono regole. Io non ho mai avuto un amico, una persona su cui poter contare, con cui potermi sfogare. Era maggio, appena entrato in carcere credevo di sognare e speravo di svegliarmi, ma non era un sogno e. quando si e chiuso alle mie spalle l’ultimo cancello, quello della mia cella, ho capito che era finita, che la mia vita era finita. Era maggio, faceva caldo ma io tremavo dal freddo, freddo che per due giorni e due notti non mi ha mai lasciato, e da quel giorno una sola domanda: perché, perche sono qui?, perché questo a me?, perché tanto odio?

Pensieri, solo pensieri fino ad implorare Dio, se esiste, a farmi trovare la forza di farla finita) di aiutarmi in questo. Come può una persona vendicarsi a tal punto? Pensi e ripensi, poi quasi a trovare una spiegazione, pensi forse che non sapeva quello che faceva. L’unico desiderio che ho è di morire fisicamente, perché moralmente sono già morto.

Quando sono arrivato qua dentro non avevo niente con me, un cambio, il necessario per lavarmi o asciugarmi, allora dopo un po’ avevo il necessario per farmi la doccia, qualcuno mi ha preparato il letto, preparato il caffè e la cena. Io non ero abituato a questo. Ho sempre fatto tutto da solo. Vengo accettato dagli altri detenuti, vengo rassicurato e tranquillizzato e penso si tratti delle solite cose convenevoli che si usano.

Con il passare dei giorni capisco che tra noi detenuti "morti viventi" esiste questa solidarietà, questa forma di servire gli altri che fuori di qua, per me non è mai esistita. Comincio a pensare, riflettere. Capisco che è tutto è spontaneo che non è falso il loro atteggiamento, le loro azioni e che qui ci si aiuta veramente. Ho scoperto un mondo diverso da quello che c’è fuori da questo posto, io sono stato accolto con Amore, amore sincero, e pensare che quando passavo da fuori e guardavo verso il carcere mi chiedevo sempre che razza di delinquenti ci potessero essere là dentro e che era bene che stessero dentro. Sono stato aiutato moralmente e materialmente mi sono chiesto perché? Fuori da qua c’è un perché mentre qui è naturale.

Oggi vedo le cose diversamente dallo scorso maggio, anzi ho deciso di dedicare la mia vita al servizio di chi ha bisogno. Uscito da qua dentro dedicherò quel che mi resta da vivere solo e soltanto alle persone che avranno bisogno di essere aiutate. Quel giorno del mese di maggio e entrato in carcere un certo Vincenzo, quando uscirà sarà l’uomo Vincenzo,un’altra persona, il carcere mi ha fortificato interiormente, e dopo questa esperienza ho scoperto di avere un cuore.

Quando uscirò da qua io non avrò più niente, niente casa, niente attività niente soldi, avrò solo e soltanto l’amore, l’amore che potrò offrire. Ho mandato una lettera ad una persona cara, per ringraziarla di avermi fatto conoscere questo mondo, per avermi fallo conoscere me stesso, per avermi aperto il cuore anzi per avermi fatto scoprire di avere un cuore, allora Grazie, perché col tuo "vendicarti" mi hai salvato , io ti ho perdonato del male che mi hai fatto .

Nel carcere, questo luogo di desolazione e tristezza, verso cui tutti puntano il dito ma non allungano la mano, ci sono persone, persone che guardano al futuro con ottimismo, gente capace di credere ai valori, ma che hanno bisogno di sostegno e che può dare aiuto, perciò perché non cominciare da qua?

Lecce: nuova aggressione a un agente, sono 41 da inizio anno

 

Ansa, 31 ottobre 2008

 

Ieri 30 ottobre 2008 alle ore 9.20 presso il reparto infermeria della Casa Circondariale di Lecce, nella sezione tossicodipendenti si è consumata una nuova aggressione, la 41esima, ad un agente di polizia penitenziaria in attività di servizio. L’assistente capo preposto al reparto infermeria, nella mattinata nel mentre si distribuiva la terapia quotidiana ad opera del medico del Ser.T., la terapia a scalare metadonica, nel tentativo di sedare una precedente aggressione verbale tra due detenuti e l’agente addetto alla sezione, l’assistente capo ha ricevuto un violento pugno in pieno volto.

I detenuti si trovavano in infermeria in attesa del metadone. L’assistente capo dopo le prime cure del medico di guardia in servizio presso l’istituto penitenziario si è recato al locale pronto soccorso dell’Ospedale Vito Fazzi di Lecce, dove è i sanitari gli hanno certificato l’infortunio sul lavoro con la rottura del labbro superiore ed una prognosi di gg. 5 s.c.. A seguito dell’aggressione la polizia penitenziaria ha effettuato un accurata perquisizione delle stanze dove sono ubicati i tre detenuti in questione rinvenendo considerevoli quantitativi di pasticche probabilmente di qualità "subtex".

Napoli: a Secondigliano agente arrestato per traffico di droga

 

Ansa, 31 ottobre 2008

 

In cambio di denaro portava all’interno del carcere di Secondigliano (Napoli), droga, telefoni cellulari, ma anche bevande e profumi. Al termine di sette mesi di indagine, un agente della polizia penitenziaria, in servizio nello stesso istituto, è stato arrestato all’alba di oggi dai suoi colleghi. Con l’uomo è finita in manette anche una donna. Altre tre ordinanze di custodia cautelare sono state invece notificate ad altrettanti detenuti già reclusi a Secondigliano. L’inchiesta ha preso il via otto mesi fa quando, all’interno di una torta gelato, furono scoperte alcune dosi di stupefacenti. Gli agenti della polizia penitenziaria misero sotto controllo il telefono del loro collega, scoprendo il traffico.

 

Comunicato stampa del Provveditorato Regionale

 

Con l’esecuzione di alcune ordinanze di custodia cautelare avvenute alle prime luci dell’alba, su disposizione dell’Ufficio Gip di Napoli, il comando di Polizia Penitenziaria del Centro Penitenziario di Napoli - Secondigliano ha concluso un’intensa attività d’indagine, avuta inizio circa un anno fa, coordinata dalla Dda di Napoli ed eseguita in tutte le sue fasi dagli uomini diretti dal Comandante del Reparto Comm. Gaetano Diglio.

Nell’ambito delle indagini volte alla prevenzione e repressione del traffico di sostanze stupefacenti e d’introduzione nel penitenziario di telefonini ed altri oggetti sono emersi gravi indizi di colpevolezza a carico di un appartenente al Corpo. Tra gli arrestati infatti spicca il nome di un Assistente Capo della Polizia Penitenziaria in servizio presso la stessa struttura.

"Abbiamo fatto pulizia a casa nostra" questo è stato il commento dei colleghi che hanno operato l’arresto non senza imbarazzo, ma con la consapevolezza di aver fatto quello che si doveva fare nel perseguimento degli ideali di legalità e sicurezza, che contraddistinguono il lavoro quotidiano di tutti i poliziotti penitenziari.

Gli arresti sono stati coordinati sul territorio dai Vice Commissari Antimo Cicala e Michele Fioretti che hanno effettuato anche perquisizioni domiciliari. Al termine delle operazioni, monitorate dagli organi dipartimentali e provveditoriali, gli arrestati sono stati condotti in carcere. A tale operazione ha fatto seguito, sempre a cura dello stesso Comando, una ulteriore attività di notifica in carcere dello stesso provvedimento a carico di altre tre persone, già detenute per altra causa in altri Istituti.

L’attività ha avuto vasta eco sugli organi di stampa ed è stata oggetto di servizi giornalistici su Network nazionali. Note di plauso sono pervenute dal Dipartimento per tutto lo staff operante.

Palermo: al Pagliarelli creata la ludoteca per i figli dei detenuti

 

La Sicilia, 31 ottobre 2008

 

Un’area colorata, spaziosa, luminosa, arricchita dai dipinti realizzati da un detenuto che ha messo anima e grande cuore per rendere più bella e accogliente, quell’isola di allegria all’interno del carcere dei Pagliarelli di Palermo.

Un’idea semplice, quanto mai incisiva, della direttrice Laura Brancato ha reso possibile, grazie alla collaborazione di Telefono Azzurro e dell’Aido, la nascita della prima ludoteca in Sicilia all’interno di un carcere. Un luogo dovei bimbi dei detenuti possono attendere i parenti. Un modo per annullare l’attesa e rendere più sereni i bambini, dopo le prime traumatiche, ma necessarie fasi di perquisizione, per potere accedere all’ interno della struttura carceraria.

"Non è un nuovo servizio - dice la direttrice del carcere Laura Brancato - è una nuova sensibilità che il carcere mostra verso i bambini e verso i detenuti che meritano la massima attenzione soprattutto nei rapporti con le famiglie. La ludoteca inaugurata è uno spazio attrezzato nel quale i bambini potranno incontrare il proprio familiare recluso. L’iniziativa è stata sostenuta con entusiasmo e tenacia dallo staff degli educatori insieme agli agenti di polizia penitenziaria e ai volontari del Comitato Telefono Azzurro di Palermo".

Al momento è stata allestita, con numerosi giochi, mobili e pareti coloratissime la sala interna. Ma il progetto definitivo prevede una zona esterna verde, dove i bambini potranno incontrare i propri parenti reclusi trascorrendo delle ore in piena serenità. Quest’area è quasi pronta, mancano gli ultimi ritocchi. Soprattutto le pareti affrescate dal detenuto che ha già dato dimostrazione di eccezionale abilità. Un uomo con capelli e barba bianca, segno di lunga detenzione, che non ha perso la voglia di fare e di riscatto e che ha impiegato interi giorni per dipingere quelle stanze con i colori del cielo e dell’arcobaleno, arricchite dei personaggi dei cartoni animati.

All’inaugurazione sono intervenuti la responsabile nazionale del progetto di Telefono Azzurro, Paola Papi Barbato, Orazio Faramo provveditore regionale, Alberto Bellet presidente del Tribunale di Sorveglianza, il comandante della Divisione Anticrimine di Palermo, Carmelo Vinci e il condirettore del Giornale di Sicilia Giovanni Pepi.

"Il carcere dimostra con queste iniziative di essere un luogo di reinserimento sociale - dice Alberto Bellet presidente del Tribunale di Sorveglianza -. Con queste nuove realtà si tende a rendere la struttura più vicina alle esigenze dei carcerati". Soddisfazione anche da parte di Orazio Faramo provveditore in Sicilia. "È la prima struttura di questo genere nelle strutture carcerarie dell’isola. Segno di un’attenzione nei confronti dei detenuti - dice Faramo - e nei confronti dei loro figli che saranno gli uomini di domani, per dimostrare il rispetto delta legalità".

Piacenza: il 7 novembre sindaco visiterà il carcere delle Novate

 

Ansa, 31 ottobre 2008

 

Il sindaco di Piacenza Roberto Reggi ha confermato la propria visita al carcere di via delle Novate il 7 novembre. Si tratta - spiega una nota dell’Amministrazione comunale - di un incontro concordato con la direttrice Caterina Zurlo ‘al fine di condividere con la direzione, con tutti gli agenti di Polizia penitenziaria e con i detenuti, le preoccupazioni derivanti dal sovraffollamento della struttura, nonché dalle forti tensioni dovute alla riduzione del personale".

Reggi dichiara il proprio impegno a individuare, insieme alla direzione e a tutte le organizzazioni sindacali rappresentate all’interno del carcere, "eventuali soluzioni da sottoporre al più presto al Governò. Inoltre il sindaco - che farà visita alla struttura carceraria insieme all’assessore alle Politiche sociali, Giovanna Palladini - sottolinea che sono in corso progetti elaborati dal Comune insieme con la direzione, "per favorire una migliore qualità di vita e un concreto percorso di recupero per i detenuti".

La visita di Reggi - sottolinea il Comune - ha lo scopo di affrontare con tutte le rappresentanze del carcere "una situazione molto pesante, per individuare le risposte possibili in tempi brevi". In un’occasione da definire il sindaco incontrerà poi le rappresentanze delle sigle sindacali nella loro completezza.

Brescia: spettacolo del Teatro Telaio per i detenuti di Verziano

 

Giornale di Brescia, 31 ottobre 2008

 

Si stringe ancora anche in quest’edizione la collaborazione del Teatro Telaio con l’Associazione Carcere e Territorio nata lo scorso anno. La prima replica della stagione sarà riservata alle famiglie dei detenuti del carcere di Verziano, e dedicato a loro sarà il debutto dell’ultima produzione del Telaio, "Abbaiare alle nuvole".

Un’operazione davvero importante - ha detto la neo-direttrice del carcere Francesca Lucrezi - e il mio sogno sarebbe quello di costituire una compagnia stabile all’interno del carcere". Infine Carlo Alberto Romano, direttore di "Carcere e territorio": Abbiamo bisogno che la società esterna non ci isoli". Per informazioni c’è il sito www.teatrotelaio.it.

Larino: "Libera" premia progetto-legalità di studenti-detenuti

 

Comunicato stampa, 31 ottobre 2008

 

Il Dirigente scolastico dell’Itis "E. Majorana", prof. Stefano Giuliani si è particolarmente complimentato con gli alunni della Sede Carceraria di Larino: Michele A., Alessandro C., Francesco C., Salvatore D.L., Luigi D.G., Luigi D.M.,Vincenzo D.M. Jakson G., Andrea G., Fabio L., Giovanni P., Marco R., Salvatore S., Sante Z. che hanno ricevuto una menzione speciale da "Libera Associazioni, nomi e numeri contro le mafie" e ha ribadito che si può parlare anche con soggetti in esecuzione di pena di Stato e di norme dello Stato, intraprendendo percorsi di educazione alla convivenza democratica, intessuti di nuovi modelli valoriali fondati sull’agire legale.

Il testo della motivazione speciale: "Se la finalità della pena è per la Costituzione il recupero della persona che ha commesso il reato, anche i progetti educativi che si affiancano alla classica attività didattica possono servire a ragionare sul senso dei diritti e dei doveri". Proprio per lo spirito che ha animato il lavoro della scuola, la menzione va a questi studenti, che purtroppo non hanno potuto condividere con noi il momento della premiazione.

Il lavoro, che è stato preceduto da un confronto dialetticamente vibrante, ha coinvolto l’intera scolaresca e ha consentito ai discenti di partecipare in modo costruttivo alle discussioni di gruppo, riconoscendo l’importanza della libera espressione di opinioni. "Gutta cavat lapidem", questo il titolo del progetto presentato dagli alunni, ha risposto pienamente alle finalità del Concorso Nazionale "Regoliamoci" nell’ambito delle attività di formazione e educazione di Libera e in collaborazione con il Ministero della Pubblica Istruzione, riservato agli alunni delle Scuole Primarie, Scuole secondarie di primo e secondo grado (statali e non statali) e alle agenzie formative per la realizzazione di un percorso finalizzato all’educazione alla responsabilità, alle regole condivise, alla legalità.

Il Direttore della Casa Circondariale di Larino, Dott.ssa Rosa La Ginestra ha molto apprezzato il lavoro svolto dagli studenti e ha commentato "L’obiettivo istituzionale del carcere è quello di restituire alla società la persona nell’interezza della sua dignità, conquistata attraverso la riscoperta di valori e l’ampliamento degli orizzonti culturali. In particolare proprio la scuola all’interno del carcere è veicolo primario di trasmissione di valori, promuovendo percorsi educativi finalizzati alla crescita civile".

Il concorso prevedeva per le scuole secondarie di primo e secondo grado la creazione di un nuovo dizionario della cittadinanza, richiedendo agli alunni di elaborare il significato di alcune espressioni di cittadinanza (riportate in un lemmario consegnato ai partecipanti) attraverso un testo esplicativo con un numero indicativo di battute. Gli studenti dell’Itis si sono impegnati nell’elaborazione di alcune espressioni di cittadinanza, tra cui: Giudizio e Giustizia, corredandole di immagini, storia, disegni, radici etimologiche, contrari, canzoni, sinonimi, proverbi ecc.

Raggiante la coordinatrice del lavoro, Prof.ssa Italia Martusciello "Sono molto soddisfatta di quest’ennesimo riconoscimento che hanno ottenuto gli studenti con i quali si riesce a discutere, talvolta anche in modo vivace, di tematiche scottanti che potrebbero apparire, in questo particolare contesto, dei tabù. Sono convinta che la scuola anche e soprattutto all’interno di una struttura carceraria, può e deve essere protagonista nella diffusione della cultura della legalità e della democrazia, per una migliore convivenza tra diversi, nel rispetto delle regole e per una società più giusta." La scuola è il luogo in cui ci si confronta in maniera forte e evidente con altri, dove rispettare alcune norme ed avere una precisa condotta sono elementi sostanziali per una buona convivenza.

Roma: sordomuta multata perché parla al cellulare guidando

 

Ansa, 31 ottobre 2008

 

Il giudice di pace di Roma Saverio Del Gaizo ha annullato la multa di 68 euro, con decurtazione di cinque punti della patente, notificata ad una sordomuta perché - stando al verbale di contestazione - sorpresa dai vigili urbani in via Tuscolana al volante del suo veicolo mentre parlava con il telefono cellulare. Il Comune di Roma è stato condannato al pagamento delle spese di giudizio. Il grottesco verbale di contravvenzione emesso nei confronti di Maria Bartoccini era finito al vaglio del giudice in seguito al ricorso presentato dall’avvocato Diego Perugini. Del Gaizo non ha potuto fare altro che prendere atto della svista dei vigili urbani, anche in considerazione del fatto che è sordomuto anche il marito della signora Bartoccini, abituale, conducente dell’auto di famiglia.

La violazione al codice della strada, come spesso accade, non era stata contestata al trasgressore nella immediatezza. "Di fronte all’evidenza della ragione - ha commentato l’avvocato Perugini - è caduto l’assioma dell’infallibilità dei vigili urbani. Tutti possono sbagliare, anche loro".

Libri: "Immigrazione e sicurezza in Italia", di Marzio Barbagli

 

Il Trentino, 31 ottobre 2008

 

Marzio Barbagli è un sociologo di lungo corso che ha puntato ormai da tempo la sua lente da entomologo sul rapporto tra immigrazione e sicurezza. Una sua ricerca degli scorsi anni aveva creato polemiche, specialmente a sinistra, la sua area politica di riferimento.

Il sociologo bolognese - che è stato docente anche all’università di Trento tra il 1975 e il 1980 e che da anni insegna nell’ateneo felsineo - ha dato da poco alle stampe "Immigrazione e sicurezza in Italia" (Il Mulino, 15 euro, pagine 236). È un saggio denso di numeri, tabelle e grafici. Dati che arrivano dagli archivi dell’Istat, da ministero dell’interno, carabinieri, polizia, guardia di finanza.

Lo studio di Barbagli ha poi un’altra caratteristica: è problematico, non certo demagogicamente semplificatorio come invece troppa politica è abituata a fare. Ebbene, tirando le fila di tanto materiale Barbagli afferma: in Italia, "nell’ultimo ventennio la quota degli stranieri sui denunciati e condannati è aumentata fortemente per tutti i reati".

Ma anche: "A parità di reato commesso, la custodia cautelare è imposta più spesso agli stranieri che agli autoctoni. In secondo luogo, a parità di pena, gli stranieri godono meno degli italiani delle misure alternative e di pene sostitutive alla detenzione". Ed è, in pratica, il motivo per cui le carceri sono affollate più che altro di immigrati.

Più il là, il sociologo affronta il tema dei clandestini: "A commettere reati (tra gli stranieri, ndr) sono soprattutto coloro che non hanno il permesso di soggiorno. Per quanto riguarda invece gli immigrati regolari, i dati potrebbero anche mostrare che la relazione diretta fra immigrazione e criminalità scompare. Se così fosse, potremmo dire che, a parità di condizione economica e di integrazione familiare, gli immigrati regolari violano le norme penali con la stessa frequenza degli autoctoni".

Sulla "questione rumena", scoppiata in seguito all’omicidio Reggiani, Barbagli annota: "Non si ricavano prove certe a favore dell’ipotesi che l’ingresso della Romania nella Ue abbia provocato, nel 2007, un aumento del numero di reati commessi in Italia dai rumeni. (Piuttosto) nel nostro Paese vi è stata un’ondata di panico morale".

Più avanti, un’altra conclusione "sorprendente": "Non sono gli autoctoni, ma gli immigrati, a subire più frequentemente molti dei reati presi in considerazione: borseggi, scippi, rapine, lesioni dolose, violenze sessuali, omicidi. Gli italiani subiscono più spesso di tutti gli altri i furti d’auto e quelli in appartamento e in negozio".

Droghe: dopo morte bimbo, controlli più rigidi per il metadone

di Paola Coppola

 

La Repubblica, 31 ottobre 2008

 

"C’è un problema serio di distribuzione fuori controllo del metadone. Il caso del bambino morto a Sutri lo dimostra. Servono criteri più rigorosi: il governo interverrà". Dopo la morte del figlio di una coppia di tossicodipendenti causata dall’ingestione accidentale del farmaco destinato al padre, il sottosegretario con delega alla droga, Carlo Giovanardi annuncia un giro di vite sull’affidamento a casa del metadone come terapia sostitutiva per i tossicodipendenti. Il governo si impegnerà a rivedere le linee guida che lo regolano.

"È stato creato un tavolo tecnico scientifico per stendere delle buone prassi cliniche per l’uso della terapia con il metadone", conferma Giovanni Serpelloni, direttore del Dipartimento nazionale per le politiche antidroga e medico che ha lavorato diversi anni nei Sert. L’obiettivo è fare in modo che la possibilità di affidare questo farmaco a domicilio sia subordinata a un’assunzione di responsabilità da parte del paziente e alla sua buona condotta.

Oggi le assegnazioni di farmaci come il metadone sono diverse e dipendono da Regioni, Asl e dipartimenti delle dipendenze. "Bisogna chiarire la strategia di fondo dell’affidamento a casa del metadone, sancire che si tratta di una terapia sotto condizione, che può essere revocata, ed evitare il mercato grigio di chi rivende il farmaco", continua Serpelloni. "Dare il metadone da portare a casa non può essere usato come un metodo decongestionante per tenere lontani dai servizi i tossicodipendenti". Precisa Giovanardi: "La nostra visione è quella di una terapia a scalare". "Il passaggio all’affidamento a casa dovrebbe essere percepito come una conquista di autonomia: esami periodici delle urine dovranno dimostrare che chi ne usufruisce non faccia uso di altre sostanze, né di alcol e, contemporaneamente, assuma il metadone nelle dosi appropriate", continua il tecnico del governo.

"L’affidamento del metadone per la terapia domiciliare dovrebbe aiutare il reinserimento del paziente e quindi lo stesso dovrebbe dimostrare l’impegno a trovare un nuovo lavoro". Criteri di qualità e sicurezza dovranno essere introdotti nella gestione clinica. Allo studio l’esclusione dall’affidamento a casa del metadone per le categorie di persone che non ne abbiano reale e assoluta necessità dovuta a malattia o a orari di lavoro. Si ipotizza anche di evitare la possibilità di portare a casa il farmaco per chi vive con i minori. "Bisognerebbe verificare la capacità e l’abilità da parte dei pazienti di creare le condizioni ambientali per proteggere un minore. Un certificato medico dovrebbe garantire la loro affidabilità", aggiunge Serpelloni.

E ancora: il metadone dovrebbe uscire dai Sert in confezioni "child proof", cioè impossibili da aprire per i bambini. "Nei Sert - prosegue il medico - esistono flaconi molto grandi di metadone e con i tappi non a norma. Anche le dosi che vengono affidate a domicilio dovrebbero essere riviste nell’ambito di un sistema che abbia come obiettivo la cura dei tossicodipendenti, mentre oggi c’è chi per la terapia di un mese porta a casa fino a 6 litri di metadone".

Droghe: Giovanardi; grande rigore contro le "attività illecite"

 

Ansa, 31 ottobre 2008

 

Sì alle strategie di prevenzione per il contrasto delle tossicodipendenze, fermo restando, però, il rigore con chi "commette illeciti". È questo il senso dell’intervento del sottosegretario con delega ai temi della droga, Carlo Giovanardi che stamattina ha presentato in Cdm, su invito del presidente Silvio Berlusconi, una relazione sulle strategie di sensibilizzazione contro gli effetti negativi dell’uso di sostanze psicoattive messe a punto dal governo. Iniziative che proseguiranno in collaborazione con le Regioni e i servizi sociali pubblici e privati, ma con la ferma indicazione da parte del governo che non può essere rivendicato il "diritto a drogarsi" e con un atteggiamento di grande rigore nei confronti delle "attività illecite", ovvero della propaganda e dello smercio di tutte le sostanze stupefacenti, senza confondere, sotto il profilo sanzionatorio, la figura del consumatore con quella dello spacciatore di droga.

Droghe: Mussolini; test antidroga per le donne in gravidanza

 

Ansa, 31 ottobre 2008

 

"Occorre sancire il principio di una genitorialità consapevole e responsabile. Non si può e non si deve più assistere a morti di bambini innocenti a causa dell’assunzione di droghe da parte dei genitori. È necessario prevedere esami di laboratorio per rilevare l’uso di droghe per le donne in stato di gravidanza ed in caso di positività, l’obbligatorietà di affidarsi a centri di recupero". Lo affermano, in una nota congiunta, Alessandra Mussolini, presidente della Commissione Bicamerale per l’Infanzia e segretario nazionale di Azione Sociale-Pdl, e Domenico Di Virgilio, deputato del Pdl, commentano la drammatica vicenda del bimbo di un anno morto a Sutri, in provincia di Viterbo.

Francia: ministro Dati; suicidi in carcere per "effetto mediatico"

 

Ansa, 31 ottobre 2008

 

Non si arrende il Ministro della giustizia Rachida Dati, nonostante tutte le voci che parlano di lei come "ex protetta" del presidente Nicolas Sarkozy e che annunciano una sua sostituzione da Guardasigilli in un prossimo rimpasto governativo. Continua a lavorare, e di fronte all’ impressionante epidemia di suicidi in carcere, annuncia che le celle verranno dotate di citofoni per allertare e prevenire.

Già al centro delle critiche del mondo della giustizia per la tanto contestata riforma della carta giudiziaria e per il suo rapporto autoritario con i magistrati, ora la Dati si trova di fronte ad una grave situazione delle prigioni, che presentano gravi problemi di sovraffollamento - 63.185 detenuti, a fronte di una disponibilità inferiore ai 51 mila posti - e dove i suicidi e i tentativi di suicidio si susseguono.

Quattro detenuti si sono tolti la vita dall’inizio di ottobre in carcere. In totale 90 detenuti si sono suicidati dall’inizio di quest’anno, con un aumento del 18% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, secondo l’Osservatorio internazionale delle carceri (Oip).

"L’amministrazione penitenziaria ha conosciuto di peggio in materia di suicidi rispetto all’ondata attuale in particolare nel 1999", ha commentato la Dati, sottolineato che tra le cause c’è anche "l’aspetto mediatico che non è da sottovalutare".

Per esempio, ha osservato, durante il processo super mediatizzato del serial killer Michel Fourniret si erano suicidati 16 detenuti "tutti accusati per violenza sessuale".

"Tutte le prigioni saranno dotate di citofoni", ha detto il ministro che ha scoperto questo sistema, inaugurando un nuova ala del carcere di Fleury-Merogis, nell’Essonne. È un mezzo "estremamente importante affinché i compagni di cella possano chiamare in caso di difficoltà". Questa misura si aggiungerà a quelle recentemente annunciate come "le ronde speciali" dei sorveglianti e la formazione professionale dei detenuti. Fra gli obiettivi del ministro - per rispondere al sovraffollamento nelle prigioni - c’è, entro il 2012, la creazione di 13.200 nuovi posti nelle carceri, 12.000 braccialetti elettronici (oggi sono 3.000).

Contro la filosofia e l’ atteggiamento della Dati i magistrati - ricevuti lunedì scorso dal presidente Sarkozy all’Eliseo - sono scesi in piazza a difesa della loro indipendenza con al loro fianco avvocati e personale dei tribunali mentre le guardie penitenziarie hanno minacciato il blocco delle prigioni.

Senza voler minimizzare i movimenti di protesta avvenuti riguardo alla sua politica definita accentratrice, la Dati ha ricordato che altri ministri in passato hanno subito contestazioni ben più violente. Ma, una volta i settimanali le dedicavano la copertina presentandola - lei di origini maghrebine - come l’immagine del "governo arcobaleno" francese, ora - è il caso de Le Nouvel Observateur - titolano sulla "caduta di un’icona".

Iraq: deputato denuncia; migliaia torturati carceri clandestine

 

Associated Press, 31 ottobre 2008

 

Migliaia di iracheni sono torturati in carceri clandestine gestite dal governo e dai gruppi paramilitari. Lo ha denunciato Mohammed al Daini, esponente sunnita dell’Assemblea nazionale. Al Daini ha indicato che l’esecutivo di Baghdad ha una rete di 420 centri di detenzione che non appartengono al sistema penitenziario ufficiale. Ha aggiunto che le carceri sono usate per trattenere persone sono motivazioni legali ufficiali.

Il parlamentare è arrivato a Ginevra, dove resterà oggi e domani, per pressare le Nazioni Unite e la Croce rossa a indagare gli abusi di diritti umani in Iraq. L’ufficio Onu in Iraq ha diffuso un rapporto lo scorso anno che esprime preoccupazione sulla tortura e sul sovraffollamento nel sistema penitenziario nazionale.

Gran Bretagna: inchiesta su torture a detenuto Guantanamo

 

Apcom, 31 ottobre 2008

 

La Gran Bretagna potrebbe mettere sotto processo alti funzionari della Cia dopo che la Procura generale ha deciso di aprire un’inchiesta sui presunti maltrattamenti inflitti a un cittadino britannico detenuto nel carcere militare di Guantanamo, Binyam Mohamed.

Come riporta il quotidiano britannico The Independent, le torture sarebbero avvenute in Marocco ed in Afghanistan: l’uomo - di origine etiope e che aveva ottenuto l’asilo nel Regno Unito nel 1994 - ha accusato i servizi segreti britannici di aver collaborato alla sua estradizione illegale. Arrestato nel 2002 in Pakistan, era stato interrogato da agenti del’Mi5 prima di essere trasferito dalla Cia in Marocco e successivamente in un carcere clandestino in Afghanistan. Mohamed è l’ultimo cittadino del Regno Unito ad essere ancora detenuto a Guantanamo, dove si trova dal settembre del 2004 e attende di sapere se dovrà essere giudicato per reati di terrorismo.

 

 

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