Rassegna stampa 12 novembre

 

Giustizia: Istat; reati in aumento, il 79% dei delitti è impunito

 

Comunicato stampa, 12 novembre 2008

 

La giustizia penale italiana in cifre. Nel corso dell’anno 2006 quasi tutte le tipologie di ufficio giudiziario hanno preso in carico un numero di procedimenti maggiore di quanti siano stati in grado di definirne, con un conseguente aggravio delle pendenze residue. Per il complesso degli uffici di primo grado, di secondo grado e per la corte di cassazione si sono avuti, per ogni 100 procedimenti esauriti, rispettivamente 103, 119 e 111 procedimenti sopravvenuti.

Il complesso dei procedimenti giacenti in attesa di definizione, accumulatisi nel tempo, risulta proporzionalmente più elevato per le corti di appello (2,2 volte il numero dei procedimenti esauriti nell’anno), mentre per le procure presso i tribunali per i minorenni si registra la situazione meno gravosa, con un numero di procedimenti pendenti pari a circa la metà degli esauriti nell’anno. La statistica della criminalità esamina i delitti per i quali, essendo noto il presunto autore, l’autorità giudiziaria formula un’imputazione formale, nonché i delitti commessi da autori ignoti, all’atto della rubricazione del reato nell’apposito "registro ignoti".

Secondo tali risultanze - che risentono di alcune incompletezze legate al processo di informatizzazione degli archivi degli uffici giudiziari e ai suoi perfezionamenti successivi - nel corso dell’anno 2005 si è registrata una diminuzione del 7,3 per cento del totale dei delitti, rispetto all’anno precedente.

Tale diminuzione riguarda esclusivamente il numero di delitti ad opera di ignoti, che costituiscono il 79,0 per cento del totale dei delitti, e pertanto non ha avuto riflesso sul numero di persone denunciate, che si mantiene sostanzialmente invariato. Si è rilevato che una parte non trascurabile, se non la totalità, del decremento sarebbe dovuta più che ad un’effettiva diminuzione dei delitti alla incompletezza, per motivi operativi, dei dati relativi alla procura di Napoli.

Se si considerano i soli minorenni per i quali è stata iniziata l’azione penale, si osserva nel 2005 una diminuzione del 6,3 per cento (circa 1.300 unità) rispetto all’anno 2004 che era stato un anno di massimo relativo, e un riallineamento con i valori degli anni immediatamente precedenti. La statistica della delittuosità ha come oggetto i soli delitti denunciati dalle forze di polizia all’autorità giudiziaria, che sono risultati 2.771.490 nel corso dell’anno 2006, con un aumento del 7,5 per cento rispetto all’anno precedente. Analizzando le singole qualificazioni giuridiche di reato, si osserva un aumento contenuto del numero di omicidi volontari consumati (3,3 per cento) mentre diminuiscono leggermente quelli tentati (-1,3 per cento).

Le violenze sessuali denunciate nel 2006 sono 4.513, in forte aumento (12,3 per cento) rispetto all’anno precedente. Tra i delitti contro il patrimonio in decisa ascesa le truffe e frodi informatiche (20,5 per cento), le rapine e i furti (9,4 e 5,4 per cento rispettivamente), mentre le denunce per usura scendono, rispetto al 2005, del 10,2 per cento. I condannati per delitto nel corso dell’anno 2006 sono stati 198.263, il 10,4 per cento in meno rispetto all’anno precedente. A tale proposito è opportuno rammentare che i dati sono relativi alle iscrizioni effettuate, nel corso dell’anno di riferimento, nel Casellario giudiziale centrale e risentono di conseguenza del volume di attività svolto da tale ufficio giudiziario.

Si tratta nell’85,6 per cento dei casi di uomini, che risultano aver commesso delitti mediamente più gravi delle donne condannate. I condannati minorenni costituiscono l’1,4 per cento del totale dei condannati. Per il 67,0 per cento dei condannati la sentenza ha previsto la pena della reclusione, mentre nel rimanente 33,0 per cento dei casi è stata comminata solo una multa. Tra i condannati per delitto iscritti nell’anno 2006, il 59,2 per cento aveva precedenti penali.

I condannati per contravvenzione iscritti nel casellario nel 2006 sono stati 82.174, con un leggero aumento pari all’1,0 per cento rispetto al precedente anno. Tra i condannati per contravvenzione l’88,6 per cento è di sesso maschile, ma a riprova della gravità normalmente minore in materia penale delle contravvenzioni rispetto ai delitti (queste due voci costituiscono l’insieme dei reati), si sono avute condanne a pene detentive (arresto) solo nel 14,6 per cento dei casi, mentre per il rimanente 85,4 per cento dei condannati è stata disposta solo una pena pecuniaria (ammenda).

Il 45,1 per cento dei condannati per contravvenzione aveva precedenti penali. Il reato più comune, che ha riguardato il 46,0 per cento dei condannati, è stato quello di guida sotto l’influenza di alcool o droghe, previsto dal codice della strada. I casi di suicidio e tentativo di suicidio riportati all’autorità giudiziaria da polizia di Stato e arma dei carabinieri sono stati nel corso dell’anno 2006 rispettivamente 3.061 e 3.284. Oltre i tre quarti (76,9 per cento) dei suicidi sono commessi da maschi, e anche per quanto riguarda i tentativi di suicidio la componente maschile registra una leggera prevalenza (53,4 per cento) confermando l’andamento degli anni più recenti. I mezzi di esecuzione più frequentemente utilizzati sono l’impiccagione per i suicidi (37,2 per cento dei casi) e l’avvelenamento per i tentativi (26,1 per cento).

La statistica del movimento dei detenuti e degli internati in istituti di prevenzione e di pena per adulti mostra un leggero aumento delle entrate complessive dallo stato di libertà (0,9 per cento, ma per la componente femminile si osserva una diminuzione del 10,7 per cento). L’anomalo aumento delle uscite in libertà rispetto al 2005 (38,6 per cento) e la conseguente diminuzione dei presenti a fine anno (34,5 per cento) sono da ricondursi agli effetti dell’indulto intervenuto nell’anno considerato (legge 31 luglio 2006, n. 241).

Nella lettura dei dati è opportuno considerare che le entrate dalla libertà e le uscite in libertà (90.714 e 108.685 rispettivamente) possono non coincidere con gli individui entrati e usciti per la concreta possibilità di più entrate o uscite dello stesso individuo nel periodo di riferimento, e che le uscite in libertà sono solo una parte delle uscite in totale. Dei 39.005 adulti presenti negli istituti di pena il 4,3 per cento è di sesso femminile.

Il 21,4 per cento dei detenuti è tossicodipendente, mentre sono risultate sieropositive 18,2 persone su mille e affetti da Aids 2,4 detenuti su mille. Gli stranieri presenti in carcere costituiscono circa un terzo del totale dei detenuti, e tra loro si osserva una maggior presenza della componente femminile (5,9 donne per cento tra i detenuti stranieri, rispetto a 3,4 donne per cento tra quelli italiani). La capienza regolamentare, malgrado il citato provvedimento di indulto, risulta ampiamente superata in Emilia-Romagna e Lombardia (123 e 122 detenuti per 100 posti letto regolamentari).

È opportuno precisare che una situazione di 100 detenuti per 100 letti regolamentari può già presentare delle moderate criticità in quanto il dato medio non tiene conto di alcune esigenze organizzative, come ad esempio le distinte strutture carcerarie per maschi e femmine. Nell’anno 2006 sono transitati nei centri di prima accoglienza 3.505 minori, il 6,6 per cento in meno dell’anno precedente. Questa diminuzione è più sensibile se si considera la sola componente femminile (18,1 per cento). Il 57,8 per cento del totale è costituito da minori stranieri, mentre sono straniere la quasi totalità (88,1 per cento) delle ragazze.

Le imputazioni relative ai minori transitati nei centri di prima accoglienza riguardano reati contro il patrimonio nel 72,5 per cento dei casi, percentuale che sale al 91,9 se si considerano le sole femmine. Il 17,9 per cento delle imputazioni è per violazione delle leggi sugli stupefacenti e il 4,7 per cento per reati contro la persona. La statistica dei flussi di utenza degli istituti penali per i minorenni ha registrato, nell’anno 2006, 1.362 ingressi, l’88,0 per cento dei quali per custodia cautelare, e 1.459 uscite. I minori presenti a fine anno risultano 343, il 21,5 per cento in meno rispetto all’anno precedente. Anche in questo caso è opportuno ricordare l’avvenuta concessione dell’indulto nel corso dell’anno 2006.

I soggetti sottoposti a procedimento penale presi in carico nell’anno 2006 dagli uffici di servizio sociale per i minorenni sono stati 13.066, di cui 1.380 femmine. Di essi, il 76,3 per cento sono italiani, il 16,9 per cento stranieri e il restante 6,8 per cento nomadi, che non vengono distinti per cittadinanza.

Gli uffici di servizio sociale per i minorenni svolgono attività di tutela dei diritti dei minori sottoposti a procedimento penale e, tra gli altri compiti di rilievo, elaborano specifici progetti di intervento miranti al recupero del minore, del quale forniscono ulteriori elementi conoscitivi all’autorità giudiziaria minorile. I collocamenti in comunità hanno registrato nell’anno 2006 un decremento dell’1,4 per cento rispetto all’anno precedente. La diminuzione è stata più evidente (14,6 per cento) tra le ragazze.

Giustizia: ddl su sicurezza in aula al Senato, al via il confronto

 

Agi, 12 novembre 2008

 

Non si parli di ronde, invita il Presidente della Commissione Affari Costituzionali Carlo Vizzini. È un fatto però che tra le modifiche viene contemplata anche la possibilità da parte dei comuni di avvalersi della disponibilità delle associazioni di cittadini per presidiare il territorio. Alle associazioni sarà concesso, tuttavia, nient’altro che allertare le forze dell’ordine in caso di pericolo. "Altro che ronde", spiega Vizzini, "si tratta di scegliere tra il cittadino che collabora e l’omertà. Nessuno pensa alle ronde, ma ai cittadini che vogliono collaborare a cui diamo priorità e preferenza rispetto agli omertosi".

Giro di vite sui writers. Per chi imbratta monumenti, luoghi di interesse artistico, ma anche immobili e mezzi pubblici è previsto il carcere da uno a sei mesi e una multa da 300 a mille euro. Tolleranza zero anche per chi non ha a cuore il decoro urbano, con multe che vanno da 550 a mille euro per chi getta carte e altri rifiuti in strada.

Stretta sui boss detenuti. Il carcere duro, disciplinato dall’articolo 41 bis del codice penale, sarà portato a 4 anni grazie ad un emendamento bipartisan. I detenuti saranno sempre sottoposti a intercettazioni ambientali durante i colloqui con i famigliari e i colloqui con i difensori saranno limitati a un massimo di tre la settimana. Questo per evitare che i boss possano continuare a dare indicazioni ai loro sottoposti e a gestire i propri affari anche all’interno del carcere.

Giustizia: Governo bifronte; faccia feroce, ma meno sicurezza

di Massimo Solani

 

L’Unità, 12 novembre 2008

 

Reato di clandestinità, ronde di cittadini e registro perla "schedatura" dei clochard. Inizia oggi al Senato l’esame del decreto sicurezza e l’opposizione annuncia battaglia contro buona parte delle novità inserite nel testo dalla maggioranza. Quasi cento gli emendamenti già presentati dal Pd (ma il termine è stato prorogato fino a questa mattina alle 10) e poi pregiudiziali di costituzionalità: a partire proprio dalle norme approvate in commissione Giustizia a Palazzo Madama che di fatto aprono la strada alla creazione di associazione di cittadini che possano collaborare con le amministrazioni locali in materia di sicurezza.

Una norma contro cui l’opposizione si è schierata duramente e di cui, spiegava ieri l’ex magistrato e senatore del Pd Felice Casson, "contestiamo la legittimità costituzionale". Ma sarà battaglia anche sul registro, da istituirsi al ministero dell’Interno, per la schedatura dei "senza fissa dimora". "Bruciare viva una persona è una cosa gravissima - accusava ieri in aula il presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro - e credo che tutti dovremmo riflettere sulle conseguenze che un dibattito così può scatenare in menti non equilibrate". Molte le novità anche in materia di immigrazione, con la Lega che è riuscita

ad imporre praticamente su tutta la linea i propri diktat: si va dal permesso di soggiorno a punti all’introduzione del reato di clandestinità (prevista una multa da 5 a 10 mila euro) fino al test di lingua obbligatorio per chi richiede un permesso di soggiorno. Sembrerebbe invece fallito il blitz del Carroccio per l’introduzione dell’obbligo di una consultazione referendaria con gli abitanti delle zone in cui dovrebbero sorgere campi nomadi e moschee.

Su pressione del governo, infatti, la Lega ha ritirato l’emendamento ma il prolungamento dei tempi potrebbe di nuovo cambiare le carte in tavola, visto che anche ieri gli esponenti del Carroccio ribadivano di voler proseguire su questa strada. Ma il decreto sicurezza contiene anche una norma che ha messo in agitazione le associazioni antiracket e che potrebbe dare agli usurai la possibilità di rientrare in possesso dei beni a loro sequestrati.

Lo ha denunciato, chiedendone la modifica, "Sos Impresa" (l’associazione di Confesercenti) secondo cui l’abrogazione dell’articolo 14 della norma del pacchetto sicurezza sui soggetti destinatari di misure di prevenzione patrimoniale ha già dato vita ad una sentenza del tribunale di Palermo che ha reintegrato nel possesso dei beni un soggetto accusato di usura.

Giustizia: l’odio verso gli ultimi, nella nostra società in declino

di Michele Serra

 

La Repubblica, 12 novembre 2008

 

"Gli incendiarono il letto sulla strada di Trento", cantava Fabrizio De André nella splendida e spaventosa Domenica delle salme, rassegna degli orrori sociali in atto e in preparazione nei ruggenti Ottanta. Raccontava di un clochard bruciato vivo dai giovanotti di Ludwig, usciti dall’inferno e dunque innamorati delle fiamme. Da ieri anche una panchina di Rimini, dimora abituale di un senzatetto italiano che si chiama Andrea, è annerita dal fuoco. Anche a lui "incendiarono il letto". Ora è in ospedale a Padova, con il quaranta per cento del corpo coperto di ustioni, di piaghe e dolore.

La panchina, vuota, campeggia in ogni pagina di carta o di pixel, e dopo il rogo ha lo stesso colore indefinito e scuro dei rifiuti. Accanto c’è una bottiglia vuota: conteneva la benzina che ha bruciato Andrea, all’una di notte, mentre dormiva.

Qualcuno dice di avere visto due adulti e un ragazzo allontanarsi nel buio mentre Andrea prendeva fuoco. Ma ancora non si sa chi abbia cosparso i piedi di Andrea di benzina e poi lo abbia acceso come una carta vecchia. Si sa, però, che queste cose ogni tanto succedono. Ultimamente pare che i deboli suscitino persino più odio dei potenti. Nessuno li invidia o li teme, ma c’è in giro una micidiale fregola di "normalità", di benessere obbligatorio, di bei vestiti e belle facce, che evidentemente rende osceno e insopportabile, agli occhi di qualcuno, l’esistenza dei barboni, dei miserabili, degli sfigati a vario titolo che ancora si ostinano (e come osano?) a viverci accanto.

Può essere stato un paranoico, un emulo di Ludwig (perché di nazisti, in giro, ultimamente ce ne sono un bel po’), un sadico, un gruppo di bulli, uno spacciatore disturbato dalla presenza di Andrea: gli spacciatori, si sa, contribuiscono anche loro al Pil e dunque si sentono infinitamente più rispettabili di uno sfaccendato. Si esclude solo, con certezza, l’ipotesi di una ritorsione o di una vendetta, perché Andrea era un emarginato del genere inoffensivo, mai litigato con nessuno, facilmente sopportato dal quartiere, aiutato dai benemeriti volontari cattolici di un’associazione che si chiama Casa di Betlemme (ora lo assistono in ospedale).

L’unico disturbo che Andrea poteva dare era quello del suo ingombro fisico. Della sua esistenza, per quanto minima e appartata, e dei due metri di panchina che gli facevano da domicilio. La panchina è, con lui, l’altra vittima di questo crimine scemo e ripugnante. Basta leggere certe zelanti ordinanze comunali che trattano panchine, scalinate e giardini pubblici come i potenziali nidi di bipedi infestanti, bivacchi di sfaccendati, mendicanti molesti, sedi d’elezione per quella intollerabile sedizione sociale che è la povertà in canna, la miseria vera, quella antica e derelitta che si strascica per terra, quella che non si lava e non sogna più decoro, quella che fruga tra i nostri rifiuti, quella che ancora balugina in certi underground urbani, dietro cespugli e cavalcavia, oppure osa emergere sulle panchine dei parchi guarnite di cartoni e coperte vecchie per la notte.

Non la fortuna di Andrea, ma la sua disgrazia gli ha attirato l’odio di alcuni sconosciuti. Se riusciranno a trovarli, sarebbe interessante, forse addirittura avvincente capire che cosa c’è dentro la testa di chi si accanisce contro l’ultimo degli ultimi. Nel governo c’è chi chiede (com’è ovvio la Lega) un censimento dei "barboni", non so dirvi se con o senza impronte digitali. Ma un bel censimento delle paranoie sociali, senza fare i nomi dei coinvolti ma almeno elencando i sintomi e azzardando qualche terapia, quando?

Giustizia: cercasi pm disperatamente… per le "sedi disagiate"

 

Il Riformista, 12 novembre 2008

 

Cercasi pubblico ministero disperatamente. Palermo: la procura è sotto organico, il Csm bandisce un concorso per dieci posti di pubblico ministero presso il capoluogo siciliano. Un solo magistrato presenta la domanda.

Palmi, Locri, Reggio Calabria, Messina, Barcellona Pozzo di Gotto, Sala Consilina, Acqui Terme, tutte sedi giudiziarie in cui si sono resi disponibili posti di rappresentate dell’accusa. Tutte sedi giudiziarie accomunate dal fatto che nessun magistrato ha chiesto di potere coprire i posti vacanti.

La spiegazione potrebbe essere nel fatto che si tratta di procure disagiate, procure che si occupano del fenomeno mafioso, procure che impongono talvolta una vita blindata. Una prospettiva di trasferimento poco allettante per chi ha una famiglia.

La spiegazione addotta però non convince se si considera che il fenomeno interessa anche procure del nord. Sedi giudiziarie caratterizzate da un ottimo livello di vita. Il dato emerge dai lavori della terza commissione del Csm, competente ad assegnare i magistrati, che ne fanno richiesta, in quelle sedi e a quelle funzioni dove c’è carenza di organico. A Biella e a Trento si sono resi disponibili quattro posti di pubblico ministero e ne sono stati coperti soltanto due. Scoperti per assenza di candidati sono rimasti anche i posti disponibili presso le procure di Alba, Aosta, Casale Monferrato, Gorizia, Verbania e Vercelli.

Dati questi ultimi che inducono a una conclusione obbligata: i magistrati preferiscono la funzione giudicante a quella requirente. Giudice e non pubblico ministero, questa ormai è la scelta privilegiata da parte degli appartenenti all’ordinamento giudiziario.

Il motivo è difficile da individuare. È possibile procedere formulando delle ipotesi. La realtà giudiziaria dimostra come solitamente il ruolo del pubblico ministero sia più gravoso di quello del giudice. L’ordinamento giudiziario riformato di recente rende difficoltoso passare da una funzione all’altra. Soprattutto una volta scelta la strada di rappresentare la pubblica accusa diventa oltremodo difficile cambiare per diventare giudice. Una difficoltà che potrebbe tramutarsi in una impossibilità qualora la più volte preannunciata separazione delle carriere dovesse essere realmente realizzata attraverso una modifica legislativa. La scelta di andare a coprire un posto di pubblico ministero pertanto non risulta più appetibile.

L’Anni, per risolvere l’emergenza, ha proposto di coprire i posti vacanti con i magistrati di prima nomina. La proposta non convince. Infatti se c’è una previsione sensata nel nuovo ordinamento giudiziario, è proprio quella che impone al giovane magistrato di ricoprire come primo incarico quello di giudice in un collegio di tribunale.

Il motivo: consentire la formazione di una cultura giurisdizionale. Cultura indispensabile per ricoprire in futuro la funzione dell’accusa. Peraltro paradossalmente una simile proposta farebbe venir meno uno degli argomenti preponderanti utilizzato da coloro che si oppongono alla separazione delle carriere: formare pubblici ministeri con la cultura della giurisdizione, pubblici ministeri-giudici e non pubblici ministeri-poliziotto, che non garantiscono un giusto processo.

Giustizia: Pisanu eletto Presidente della Commissione Antimafia

 

Asca, 12 novembre 2008

 

L’ex ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu (Pdl) è stato eletto, con 32 voti e 18 schede bianche, nuovo Presidente della Commissione parlamentare Antimafia. Commenti positivi da tutte le forze politiche.

Il senatore Pisanu è il nuovo presidente dell’Antimafia, l’organismo parlamentare che si occupata della criminalità organizzata. Rinviata invece la nomina dei vice-presidenti dopo la richiesta del Pd vista la concomitanza dei lavori in Camera e Senato.

"Le mafie - queste le prime parole del presidente Pisanu - costituiscono la più grave minaccia che oggi incombe sulle attività economiche e sociali dell’Italia e sul corretto funzionamento delle istituzioni democratiche", e bisogna cercare di far fronte alla grave emergenza che le tre grandi organizzazioni mafiose hanno creato nel nostro Paese. Infine Pisanu ha sottolineato l’intenzione di sostenere la magistratura e le forze dell’ordine con un appoggio totale nella loro azione perché la mafia va contrastata in lungo e in largo: "dal controllo del territorio alla caccia ai boss latitanti in Italia e all’estero, dall’individuazione dei patrimoni illeciti alle procedure per il loro sequestro e confisca, dall’individuazione dei flussi anomali di capitali agli intrecci societari che servono a veicolare questo fiume di denaro".

Unanime infine il commento delle forze politiche. Il presidente della Camera Gianfranco Fini ha espresso il suo apprezzamento telefonando al neo presidente: la sua grande esperienza contribuirà certamente alla lotta alla mafia e "e al parallelo rafforzamento della cultura della legalità, presidio di ogni società democratica".

Per il ministro della giustizia Alfano "la sua elezione non poteva ricadere in un momento più straordinario di quello attuale sul fronte della lotta alla criminalità organizzata. Con Pisanu al timone della Commissione antimafia, è stato posto un ulteriore tassello nella strategia di aggressione dell’anti-sistema mafia. A lui invio i più sinceri auguri di buon lavoro".

Per il Partito Democratico parla la capogruppo al Senato Anna Finocchiaro rivolgendo "molti auguri di buon lavoro per l’incarico che riceve oggi" a commentato positivamente l’elezione del senatore del Pdl dicendosi "certa che sarà un ottimo presidente della Commissione Bicamerale Antimafia, di grande competenza, affidabilità, sensibilità istituzionale; la sua esperienza e il suo equilibrio costituiscono una garanzia per il lavoro della Commissione".

Giustizia: Idv; 55 mln di euro in meno per edilizia penitenziaria

 

Agi, 12 novembre 2008

 

"Il governo continua a danzare sulla nave che affonda. Lo fa anche sul nuovo sovraffollamento delle carceri, che entro l’anno registreranno un numero di detenuti vicino a quello precedente all’indulto". A dichiararlo è Federico Palomba, esponente dell’Idv e vicepresidente della commissione giustizia.

"Su questo provvedimento - aggiunge Palomba - anche il ministro Alfano si è aggiunto alla lunga lista dei pentiti. Noi dell’Italia dei Valori da subito ne avevamo denunciato l’inutilità senza una seria riforma della giustizia, di cui il governo ancora dimostra di disinteressarsi. Infatti preferisce finanziare la legge Mancia, che disperde risorse in elargizioni clientelari, piuttosto che l’edilizia penitenziaria.

Con il decreto legge 112 di giugno la maggioranza ha tolto 55 milioni di euro destinati all’edilizia carceraria dall’allora ministro Di Pietro, per finanziare la legge clientelare sulla soppressione dell’Ici per la case dei ricchi. Idv ha proposto un emendamento per il ripristino dei fondi per l’edilizia carceraria, togliendoli proprio alla legge Mancia. La maggioranza l’ha bocciato: ne pagherà presto le conseguenze, ma le farà pagare anche all’intera comunità italiana".

Giustizia: Anm; no a riforma Csm, funziona bene così com’è

 

Apcom, 12 novembre 2008

 

Il Csm non si tocca. Su questo, la magistratura ha le idee chiare. L’organo di autogoverno della Magistratura avrà anche 50 anni fra poco, sarà "soggetto a critiche e attacchi", ma di fatto è "un modello che funziona" se non altro "non meglio e non peggio" di altri suoi simili europei (vedasi quello francese). Proprio per parlare di questo Magistratura Democratica, la corrente che riunisce le cosiddette "toghe rosse", si è riunita al residence di Ripetta.

Per Md, nelle parole dell’ex segretario dell’Anm Nello Rossi, il Csm "funziona e, anzi, anche meglio di altre istituzioni. Ci sono state manchevolezze ma questo Csm sta lavorando su professionalità più serie e la Sezione disciplinare lavora di più sui ritardi nel deposito delle sentenze". Rossi ha infatti sottolineato che i programmi di riforma del Csm sono "fantasiosi, ma secondo noi il modello funziona".

Dello stesso avviso di Rossi anche altri esponenti di Md. Anche Edmondo Bruti Liberati si è detto d’accordo e ha mostrato la sua contrarietà al distacco della sezione disciplinare dal Csm. "Oggi i processi disciplinari - ha sottolineato - sono dieci volte in più di quelli in Francia. Occorrerebbe puntare su un sistema di valutazione diverso e ridurre i precetti disciplinari. Staccare la disciplinare sarebbe un’impunità per molti".

Della partita anche il presidente dell’Anm Luca Palamara. Per lui, la magistratura "non ha bisogno di riforme che limitino l’autonomia e l’indipendenza". "Difendiamo la Costituzione - afferma Palamara, a proposito dell’ipotesi di una riforma del Csm - nel senso che l’autonomia e l’indipendenza della magistratura presuppongono un Csm che realizzi il governo autonomo della magistratura". Palamara, poi, replica anche all’accusa di un Csm politicizzato: "la soluzione - dice - non può essere l’aumento della componente politica: si avrebbe un sistema per cui il procuratore di un ufficio sarebbe nominato dalla politica".

La magistratura, invece, "deve puntare su un modello di Csm che ora valorizza il merito a scapito dell’anzianità, sia nella progressione in carriera sia per gli incarichi direttivi. Così - osserva Palamara - si superano le logiche di appartenenza e vi è un rinnovamento epocale della magistratura". Infine, il presidente dell’Anm, nel bocciare l’idea di una disciplinare esterna al Csm, auspica che "venga sfatato il tabù di essere una categoria che salva tutti: difendere l’autonomia e l’indipendenza - conclude Palamara - non vuol dire difendere tutti quanti".

Torino: morte di Hamid Driss, forse un omicidio per vendetta

 

www.cronacaqui.it, 12 novembre 2008

 

Gli agenti della polizia penitenziaria hanno trovato Hamid Driss riverso a terra sul pavimento di una cella del Lorusso e Cotugno. Morto. Ucciso da una dose letale di gas butano che aveva saturato un sacchetto trovato accanto al cadavere. Il giovane marocchino, che aveva compiuto 20 anni il giorno prima di ferragosto, non ha lasciato biglietti d’addio.

Niente che possa aiutare a capire cosa sia successo all’interno di quella stanza di tre metri per uno e ottanta collocata in un blocco - il B della quarta sezione - in cui l’altro ieri erano ospitati 520 detenuti, il doppio della capienza prevista. Sul caso la magistratura ha aperto un’inchiesta, e le ipotesi privilegiate, per il momento, parlano di suicidio o di overdose.

Ma il passato di Hamid Driss - finito dentro per un caso in qualche modo legato al mondo degli stupefacenti - e soprattutto un’indiscrezione trapelata da ambienti investigativi - "il giovane aveva iniziato a cantare" - non permette di escludere una terza, sconcertante pista. Quella che porta agli ambienti in cui si orchestra il grande traffico di droga. Ambienti di alto livello, fatti di boss che, appena fiutano un pericolo, risolvono il problema eliminandolo alla radice. E individuato il "canarino", fanno sì che smetta di cantare. Facendolo uccidere. O facendo in modo che, attraverso minacce in grado di incidere su una mente indebolita dalla galera, si uccida.

Hamid Driss era entrato in carcere nell’ottobre 2006. Accusato, insieme con due complici, di aver denudato, massacrato di botte, derubato e abbandonato in aperta campagna un uomo di Casale Monferrato. Una sorta di spedizione punitiva, forse dovuta ad uno sgarro commesso dalla vittima. Tra i capi d’accusa mossi nei suoi confronti per quell’episodio - sequestro di persona, rapina, lesioni personali - c’era anche lo spaccio di stupefacenti. Perché dietro quell’aggressione molto particolare, i carabinieri sospettavano ci fosse un giro di droga di un certo spessore.

Nel corso del processo emerse che il movente di quella barbara aggressione era un altro. Che Driss e i suoi complici avevano agito per vendicarsi di un furto messo a segno dal casalese a casa della fidanzata di uno di loro. Il marocchino Abdonbri Darnakh che, emerse sempre durante il processo, aveva venduto in alcune occasioni cocaina alla vittima.

Darnakh, riconosciuto colpevole anche della cessione di droga, è stato condannato a 4 anni e 4 mesi. Hamid Driss, invece, ha patteggiato 3 anni e 4 mesi che avrebbe finito di scontare il 24 gennaio 2010. Condannato per sequestro di persona, lesioni personali e rapina. Non per spaccio.

Il fatto che il giudice non abbia ritenuto che sussistessero gli estremi per attribuirgli anche la cessione di stupefacenti, non significa però che Driss non sapesse qualcosa dei traffici in cui l’amico era coinvolto. Nomi, cognomi, particolari in grado di dare una svolta ad indagini complesse condotte da uomini delle forze dell’ordine che in lui pare avessero trovato un confidente davvero prezioso. Driss, si mormora in certi corridoi, "aveva iniziato a cantare".

A fornire informazioni utili. Forse, i nomi e cognomi di qualcuno che, dopo averlo scoperto, l’aveva marchiato come spia. Un marchio indelebile, dietro le sbarre. Là dove una confidenza, o la paura di essere puniti per aver dato un indizio di troppo, può costare anche la vita.

Livorno: morte di Alessandro Mascaro, indagato altro detenuto

 

Il Tirreno, 12 novembre 2008

 

Detenuto albanese indagato per omicidio colposo per la morte di Alessandro Mascaro, il calabrese di 31 anni deceduto in cella domenica pomeriggio, dopo aver inalato gas da una bomboletta per cucinare. Lo straniero, un giovane detenuto nella stessa sezione della vittima, secondo quanto ipotizzato dalla Procura, avrebbe ceduto clandestinamente la sostanza al compagno, già più volte richiamato dalla polizia penitenziaria per l’uso improprio del gas.

La vittima, infatti, aveva l’abitudine di inalare la sostanza nociva dall’interno di una busta. Per questo motivo la polizia penitenziaria gli aveva proibito di usufruire della bomboletta, in dotazione ai detenuti per fare il caffè e per cucinare. Oltre al calabrese, anche i suoi compagni di cella, due livornesi di 23 e 27 anni, erano stati colpiti dal medesimo divieto. Come accertato dal personale delle Sughere, infatti, anche uno dei ragazzi che condividevano la stanza con la vittima aveva la stessa abitudine di "sniffare".

Una tendenza molto diffusa tra i detenuti con problemi di tossicodipendenza, che sono soliti utilizzare il gas per raggiungere lo stordimento. Proprio per questo, un mesetto fa, alle finestre delle celle della sezione dove era detenuto Alessandro Mascaro erano state messe delle grate per evitare il passaggio clandestino di bombole di gas dal piano superiore. Un provvedimento molto duro quello di chiudere l’accesso alle finestre, dovuto al fatto che più volte la polizia penitenziaria aveva sorpreso dei detenuti cedere "clandestinamente" le bombolette a compagni tossicodipendenti in cambio di altri favori.

Una specie di "mercato nero" in cui alcuni reclusi vendono ad altri il gas, in cambio di qualcosa. Per combattere questa pericolosa tendenza, dal carcere hanno deciso di utilizzare una linea rigida, cercando di neutralizzare le occasioni dei pericolosi scambi. Tuttavia, è molto difficile tenere sotto controllo in questo senso i detenuti: numerosi sono i momenti di incontro. Non è escluso dunque che qualcuno abbia dato alla vittima la bomboletta durante un momento ricreativo oppure approfittando di un faccia a faccia per il corridoio della sezione. Procura e polizia penitenziaria stanno lavorando per ricostruire le fasi della vicenda.

Domenica e ieri il giovane albanese indagato è stato interrogato dal pm che coordina le indagini, Gianfranco Petralia, insieme ai due compagni di cella e ad alcuni agenti della penitenziaria. La morte di Alessandro Mascaro appare dunque il tragico risultato di un incidente. Chi conosce il giovane esclude il suicidio. "Era contento, stava per uscire dal carcere, a giorni sarebbe tornato a casa sua, in Calabria, per essere curato in una comunità di recupero", dicono dei conoscenti.

Il giovane era nato a Catanzaro Lido, dove vivono tutti i suoi parenti, che domenica sera hanno appreso dal carcere la terribile notizia. Dopo un periodo trascorso in Calabria, dove nel’99 era stato arrestato e poi assolto per droga, il trentunenne aveva girato un po’ l’Italia, visitando vari posti tra cui Bologna. Poi era finito in città, dove era stato arrestato per spaccio di stupefacenti.

Torino: Osapp; agenti sbigottiti, in un degrado insopportabile

 

Agi, 12 novembre 2008

 

Trentacinque detenuti nelle carceri torinesi di Le Vallette dormono ogni sera per terra. A denunciarlo è Leo Beneduci, segretario generale dell’Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria (Osapp) che, lamentando il continuo stato di abbandono degli istituti piemontesi, si chiede che cosa aspetti il ministro della Giustizia a intervenire.

"Anche perché allo stato attuale, in Italia, ci sono 57.860 reclusi (dato aggiornato al 10 novembre) che attendono risposte concrete sulla salvaguardia della propria dignità violata e 44mila agenti della polizia penitenziaria che partecipano sbigottiti a questa realtà". "Degrado, abbandono, scadimento, degenerazione del vivere quotidiano, condizione disumana: qualsiasi espressione - riflette Beneduci - è indicativa per segnalare ciò che nessun altro riferisce all’opinione pubblica, nemmeno le altre associazione di categoria". E ancora:

"La conta di oggi a Torino Lorusso e Cotugno, ex Vallette, è di 1.508 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 920 detenuti circa (naturalmente il 920 indica già il doppio della sopportabilità delle celle, attrezzate con letti a castello). E due notti fa erano 35 i detenuti: si tratta di nuovi arrivi, quindi di nuovi arrestati che in realtà dovrebbero essere tradotti per le udienze di convalida per la direttissima.

Detenuti che qui si ritrovano ammassati o nella piccola cella del Casellario (priva di bagno e finestra, in pratica quattro mura di cemento) o nelle due della matricola di due metri per due, sempre senza bagno e finestra. Oppure se va bene, nelle celle dell’infermeria più grandi, di quattro metri per quattro, con una finestra, ma sempre senza bagno: qui l’altra notte si contavano 15 detenuti. Ma quello che scandalizza - prosegue Beneduci - è che tutti hanno dormito per terra, ad alcuni è stata data una coperta (anche queste sono terminate) e tutti hanno mangiato nelle celle, in piedi, con piatti e forchette usa e getta, bevendo acqua di recupero, ovvero scambiata da una bottiglia all’altra ricavata anche da bottiglie lasciate da altri e senza bicchieri".

Tutta questa realtà, per l’Osapp, non fa che determinare "carichi di lavoro devastanti e disumani per la polizia penitenziaria, con grave danno per la sicurezza e la salvaguardia del lavoratore. Il personale dei Nuclei Traduzioni e dei Reparti detentivi è allo stremo delle forze, la malattia è in aumento e le condizioni igieniche aggravano di fatto uno stato insopportabile anche per l’ordinario vivere del personale di polizia". "Tutto questo - è la conclusione - mentre il provveditore del Piemonte Fabozzi e il ministro Alfano continuano a dormire sonni tranquilli, o almeno non su un materasso buttato sul pavimento".

Reggio Calabria: interrogazione sul carcere finito e inutilizzato

 

Agi, 12 novembre 2008

 

"Giusto costruire nuove carceri, ma il Governo chiarisca innanzitutto se e quando entreranno in funzione quelle già realizzate ma ancora inspiegabilmente chiuse. Pur essendo terminati i lavori dal 2005, con una spesa di 90 milioni di euro, l’istituto penitenziario di Arghillà (Rc) non è infatti ancora operativo, mentre nel resto d’Italia le carceri sono sul punto di esplodere per il sovraffollamento. La mancata apertura della struttura è anche causa di pesanti ricadute sul piano occupazionale. Nonostante la nomina di un commissario straordinario, mancano i fondi per realizzare il collegamento del penitenziario alla tangenziale e allo svincolo della Salerno - Reggio Calabria". Lo afferma il deputato dell’Unione di Centro Roberto Occhiuto, che in proposito ha presentato un’interrogazione ai ministri della Giustizia e delle Infrastrutture e Trasporti sottoscritta anche dai deputati Mario Tassone, Michele Vietti e Roberto Rao.

Ascoli: progetto per migliorare rapporto dei detenuti con i figli

 

Agi, 12 novembre 2008

 

È di fondamentale importanza per le persone detenute il rafforzamento del ruolo genitoriale ma come vivono i loro bambini l’esperienza della visita in carcere al genitore?

L’Ordinamento penitenziario prevede che i detenuti possano generalmente usufruire di 6 colloqui mensili, della durata di un’ora, con i familiari e che tali colloqui si svolgano in locali privi di mezzi divisori. Ma si tratta, comunque, di ambienti certo non a misura di bambino. Da qui, con l’obiettivo di ridurre il disagio a questi bambini e permettere loro di vivere in maniera meno traumatica l’esperienza della visita al genitore in carcere, è nato il progetto "Un’ora d’aria a colori" che vede insieme, per il quarto anno consecutivo, il Comune, il mondo della scuola e la Casa Circondariale. Grazie alla disponibilità della direttrice, la dott.ssa Di Feliciantonio, si cercherà di favorire, per quanto possibile, un clima più sereno ed accogliente in cui i figli e i genitori detenuti potranno svolgere i colloqui. Nella Casa Circondariale sarà quindi allestito uno spazio apposito in cui i figli minori e i genitori potranno incontrarsi in un contesto più confortevole.

"Con questo progetto - ha commentato l’assessore alla Pubblica Istruzione, Gianni Silvestri - si cerca di favorire, per quanto possibile, un ambiente più sereno, dove i figli minori e i genitori detenuti potranno colloquiare, facilitando così l’instaurarsi di relazioni positive tra il minore, i genitori, l’agente preposto ai controlli (quale rappresentante delle Istituzioni) e volontari eventualmente coinvolti. Abbiamo voluto questo incontro con le scuole che hanno aderito al progetto, nel periodo natalizio - conclude l’assessore Gianni Silvestri - per testimoniare, con spirito di solidarietà, la vicinanza dei bambini, coetanei, insegnanti e famiglie verso situazioni di svantaggio". Le scuole sono state quindi invitate a fornire libri, quaderni, giocattoli (tutti in buono stato). In questo modo i bambini riflettono, aiutando i loro coetanei meno fortunati.

Sassari: ricoverati in ospedale due detenuti riescono a evadere

 

Ansa, 12 novembre 2008

 

Erano stati ricoverati nel reparto di Radiologia dell’azienda sanitaria cittadina per alcuni controlli. Ma due detenuti del carcere di San Sebastiano, sono scappati eludendo i poliziotti Due detenuti del carcere di San Sebastiano, di cui non sono state rese note le generalità, sono fuggiti dal Reparto di Radiologia dell’Azienda mista di Sassari. Durante la fuga avrebbero anche investito un vigile urbano. Il fatto è avvenuto, mentre i due si trovavano nella clinica per essere sottoposti ad alcuni controlli. Sarebbero riusciti ad eludere i poliziotti ed a scappare.

Roma: al Med Film Festival vanno in scena i "corti dal carcere"

 

Adnkronos, 12 novembre 2008

 

Quello fra cinema e carcere è un incontro possibile: gli istituti di pena, infatti, non sono solo lo scenario di tante pellicole, ma possono diventare un laboratorio di ricerca, come spiega ad Ginella Vocca, presidente del MedFilm Festival, in corso a Roma. La Vocca sottolinea il valore "del contributo dei reclusi che da qualche anno contribuiscono alla nostra rassegna con una loro selezione e fanno parte di una giuria mista che premia il miglior cortometraggio". La sezione si chiama "Corti dalle carceri" ed è una vetrina di corto e medio-metraggi realizzati e prodotti direttamente negli Istituti di Pena dai detenuti.

Quest’esperienza, nata nel corso dell’edizione 2005, ha raccolto l’entusiastica adesione di numerosi Istituti e ha dimostrato l’esistenza di un linguaggio universale del cinema. La Vocca non nasconde il desiderio di "tenere corsi di scrittura cinematografica negli istituti di pena, che però devono fare i conti con lo scoglio dei permessi e delle risorse". La presidente del MedFilm sottolinea poi le peculiarità del confronto fra studenti e detenuti: "Quando si vedono le chiavi girare nelle serrature del carcere, cala sempre un grande silenzio fra gli studenti, ma poi bastano pochi minuti per superare l’imbarazzo e avviare il confronto con i reclusi".

La distanza - anche culturale - fra i due mondi, assicura, non si percepisce: "Da una parte abbiamo studenti molto motivati, dall’altra reclusi che mostrano una sorprendente capacità interpretativa del linguaggio cinematografico". Quest’anno la sezione Corti dal Carcere propone cinque pellicole: "Anima di Celluloide", realizzato da Pino Cacace della Casa Circondariale di Altamura, "Il viaggio per la pace" di Eleonora Santoro e Luca Cruciani (Bellizzi Irpino), "Sfogo di libertà" dei detenuti di Prato, "Evasioni!" di Rita Maffei (Udine) e "Storie Sottochiave" (Terni).

Roma: interventi della Giunta Alemanno in materia di sicurezza

di Francesco Di Majo

 

Il Sole 24 ore, 12 novembre 2008

 

È stato il cavallo di battaglia in campagna elettorale. In questi primi sei mesi di vita, la giunta Alemanno ha affrontato il tema della sicurezza con ordinanze, sgomberi e riorganizzazione dell’amministrazione.

Dopo aver siglato il 29 luglio un nuovo Patto per Roma sicura, insieme a Provincia, Regione, Prefettura e ministero dell’Interno, il sindaco Gianni Alemanno ha emesso l’ordinanza anti-prostituzione per combattere il fenomeno sulle strade, quella anti-bivacco che vieta tra l’altro di mangiare e bere nelle piazze e sulle scalinate delle zone di particolare pregio, l’ordinanza anti-borsoni, per colpire il commercio abusivo in centro e in zona Prati-San Pietro.

Si è effettuato il censimento dei rom, di concerto con la Prefettura, e si sta procedendo agli sgomberi degli insediamenti abusivi. Mentre ad agosto è stato effettuato il dispiegamento in città di un migliaio di militari, impegnati in attività di controllo. Una decisione, quest’ultima, presa dal governo centrale e definita dal sindaco "una svolta che ci ha consentito di avere il minor numero di reati degli ultimi anni".

Dal punto di vista burocratico, subito dopo la sua entrata al Palazzo Senatorio, Alemanno ha realizzato un’articolata suddivisione delle competenze, con la designazione di Samuele Piccolo come suo consigliere delegato alla sicurezza, l’istituzione di una Commissione speciale ad hoc, presieduta dal consigliere delPdl Fabrizio Santori e la creazione di un extra Dipartimento per la sicurezza urbana, diretto dal generale dei carabinieri Mario Mori, che non ha ancora impegnato nessuna risorsa.

In attesa che questo nuovo ufficio, direttamente legato al Gabinetto del sindaco, inizi a operare, proprio oggi in giunta sarà discusso il Dpf triennale del Comune. All’interno del documento, che indica le linee generali della distribuzione delle risorse nei vari comparti della macchina capitolina, c’è anche la parte relativa alle politiche per la sicurezza e la legalità. Si capirà meglio come saranno ripartiti, nel triennio di riferimento 2009-2011, i dieci milioni stanziati dal Campidoglio nel nuovo Patto per la Sicurezza di Roma. Proprio questi soldi dovrebbero confluire, insieme a parte dei fondi del XVIII dipartimento (Politiche per la sicurezza e per i giovani), nella cassa a disposizione di Mori.

Intanto si fa un bilancio di ciò che è stato fatto, ricorrendo alla politica della razionalizzazione e dell’utilizzo dei fondi ordinari. Il Campidoglio ha deciso di prorogare al 30 gennaio 2009 (data in cui scade anche l’ordinanza antiprostituzione) l’ordinanza antiborsoni firmata ilio luglio scorso, dopo aver riscontrato i risultati positivi dell’applicazione del provvedimento. In base ai dati forniti dall’assessorato al commercio, nei 112 giorni di attuazione, sono stati effettuati 2.062 sequestri, 1.482 a carattere amministrativo e 580 con rilevanza penale. E sono stati requisiti dalla polizia municipale 113.379 articoli contraffatti il Campidoglio ha anche avviato la procedura per dotare i vigili di pistole, con una delibera di giunta che prevede non solo l’acquisto delle Beretta calibro 9, ma anche l’istituzione di corsi per ottenere il porto d’armi a chi non lo avesse. Anche questo comporterà un esborso non da poco per l’amministrazione, calcolando le armerie, con relativo personale di guardia giorno e notte, e un’indennità a chi presterà servizio con le armi

I problemi più grandi sono sorti sul fronte della bonifica, il censimento e l’eventuale sgombero dei campi nomadi della capitale, Soprattutto per il diverso approccio del sindaco e del prefetto di Roma e commissario governativo straordinario per l’emergenza dei senza fissa dimora, Carlo Mosca.

Differenza di vedute che riguarderebbero sia la tempistica che l’opportunità di smantellare alcuni insediamenti Casilino 900, uno su tutti. Mosca sostiene infatti che prima di sgomberare il campo occorra trovare un posto alternativo e dotarlo, nel frattempo, dei servizi minimi come acqua, luce e gas, mentre Alemanno spinge perché si proceda il prima possibile alla bonifica del terreno.

Nelle ultime settimane si è andata facendo poi sempre più insistente la voce che Mosca potrebbe abbandonare il suo posto a Palazzo Valentini, per andare a ricoprire un incarico al Consiglio di Stato, lasciando così la prefettura a una nuova nomina.

Immigrazione: un ddl per… rendere dura la vita agli stranieri

di Massimo Livi Bacci

 

La Repubblica, 12 novembre 2008

 

Con il disegno di legge (A.S. 733) in discussione al Senato, si completa il cosiddetto "pacchetto sicurezza" e si definisce il disegno del governo in materia di immigrazione. Sotto il falso pretesto di frenare l’irregolarità - un principio su cui, in astratto, tutti sono d’accordo - passa invece una sola logica: rendere difficile la vita agli immigrati, Europei e non Europei, regolari e irregolari e, in qualche caso, anche agli italiani.

Già il decreto legge approvato in luglio conteneva un chiaro annuncio: l’aggravante della pena pari a un terzo per i reati compiuti dall’immigrato irregolare (anche per colui, per intendersi, cui fosse scaduto il permesso di soggiorno il giorno prima). Una norma iniqua, che considera l’irregolarità come un’aggravante comune - come l’avere agito per abbietti motivi, o con crudeltà. Sotto pressione della Comunità Europea, poi, il ministro dell’Interno ha dovuto ritirare un decreto legislativo che imponeva forti restrizioni alla libera circolazione dei cittadini europei mediante l’allontanamento di chi fosse sprovvisto di adeguati requisiti di reddito. Sulla questione dei Rom e della loro schedatura-censimento - purtroppo avvenuta all’ombra della Croce Rossa - solo alcune acrobazie hanno impedito le censure comunitarie, ma non certo quelle dell’opinione pubblica internazionale.

Con il disegno di legge 733, la maggioranza - ostaggio della Lega - sta facendo di peggio. Non illuda che il governo abbia fatto macchina indietro sul reato di immigrazione clandestina, che avrebbe comportato l’arresto, il processo e l’espulsione di tutti gli irregolari (comprese le centinaia di migliaia di collaboratrici familiari). Una norma tanto proterva quanto inattuabile e ritirata più per la sua manifesta dannosità e impraticabilità (il sistema carcerario che scoppia, i tribunali intasati, il costo delle espulsioni) che per le diffuse proteste dell’opinione pubblica, laica e religiosa.

Con la nuova formulazione proposta dal governo, l’irregolarità continua ad essere un reato, derubricato da delitto a contravvenzione, ed è punibile con un’ammenda. La denuncia comporta l’espulsione; se questa è eseguita, il giudice dichiara non esservi luogo a procedere (e non si applica l’ammenda). Questa formulazione più blanda - che ha aspetti giuridici assai controversi ? non eviterà l’intasamento degli uffici giudiziari né le difficoltà logistiche per decine o centinaia di migliaia di espulsioni. Essa poi non tiene conto delle indicazioni di una direttiva europea in corso di approvazione che prevede che all’immigrato irregolare - se non è un pericolo per la sicurezza e l’ordine pubblico - debba essere concesso un periodo compreso tra i sette e i trenta giorni per ottemperare volontariamente all’ordine di rimpatrio. Periodo prorogabile in circostanze particolari, quali l’esistenza di figli a scuola o la durata del soggiorno.

Il florilegio delle misure che restringono diritti e disseminano difficoltà nella vita degli immigrati, come in quella degli italiani, è ampio e variato. Non è passato l’emendamento della Lega che tendeva a limitare l’accesso alle cure sanitarie degli irregolari, con gravi pericoli per la sanità pubblica. Ma è passata la norma che autorizza gli enti locali ad avvalersi di "ronde" di cittadini per "cooperare... nell’attività di presidio del territorio", con un’inaccettabile intrusione del privato nel mantenimento dell’ordine pubblico. Si istituisce presso il ministero dell’Interno un registro dei "senza fissa dimora" italiani e stranieri le cui finalità non sono precisate, ma che suona minaccioso come le ronde.

Col rischio di cadere nel ridicolo: si può essere senza fissa dimora oggi e non domani; si può esserlo in un comune e non in un altro: chi e come curerà l’iscrizione e la cancellazione dal registro? Si burocratizza la spedizione di denaro all’estero mediante "money transfer", veicolo semplice e poco costoso per trasferire le rimesse, col rischio di deviarle verso canali illegali e più rischiosi. Si subordina l’iscrizione anagrafica (vuoi per lo straniero regolare, vuoi per l’italiano) alla verifica dell’idoneità sanitaria dell’abitazione: norma devastante per la tenuta delle anagrafi e che, in linea di principio, potrebbe portare alla cancellazione da queste di milioni di famiglie che vivono in abitazioni degradate e antigieniche.

Si impedisce il matrimonio (diritto umano fondamentale) all’irregolare (così come facevano alcuni padroni di schiavi nelle piantagioni); al regolare si preclude la carta di "lungo-soggiornante" (si badi: non il diritto di voto o la cittadinanza) se non viene superato un esame d’italiano. Si propone un "permesso di soggiorno" a punti legato all’integrazione, revocabile, con espulsione, in caso di bocciatura.

Il messaggio - articolato in disposizioni inattuabili, con formulazioni pasticciate, e condito dal disprezzo dei diritti umani - porta con se un chiaro avvertimento: la vita dell’immigrato sia difficile, la sua cacciata facile.

Immigrazione: punizione per vigili che pestarono Emmanuel

 

La Repubblica, 12 novembre 2008

 

Prime ammissioni dirette da parte del sindaco Pietro Vignali. In consiglio comunale espone la seconda parte della relazione interna e dice: "Li abbiamo trasferiti, sanzioni in arrivo, comportamenti e condotte da perseguire".

Sanzioni disciplinari, censure, e trasferimenti per i vigili coinvolti nel caso Bonsu. E questa volta ad ammettere le responsabilità di quel pestaggio ai danni di Emmanuel Bonsu è direttamente il sindaco di Parma, Pietro Vignali. Il giovane studente ghanese fu aggredito e insultato con frasi razziste da sei vigili lo scorso 29 settembre ma da allora l’amministrazione ha sempre aspetto a sbilanciarsi prima di conoscere gli esiti delle indagini interne. Durante il consiglio comunale il primo cittadino ha però spiegato che il comandante dei vigili Giovanni Maria Jacobazzi gli ha consegnato la seconda parte della relazione dell’indagine amministrativa interna. Dalla sala del municipio il sindaco ha letto parte della stessa relazione: "Sono state rilevate condotte e comportamenti da parte degli agenti coinvolti che possono determinare censure a fini disciplinari secondo quanto riferito da Jacobazzi. I vigili in questione sono stati trasferiti e si potrebbe procedere con sanzioni disciplinari a loro carico".

Il sindaco ha risposto ad una richiesta di chiarezza da parte del capogruppo consigliare del Pd Giorgio Pagliari e ha precisato che sono in arrivo provvedimenti disciplinari per i vigili già trasferiti ad altro incarico. L’indagine, dice Vignali, "esula da aspetti penali e la relazione è stata fatta per accertare lacune nell’organizzazione del servizio. Una indagine interna per salvaguardare l’immagine dell’intero corpo di polizia municipale". Infine ha spiegato che Jacobazzi sta proseguendo con la riorganizzazione del corpo, compito che gli è stato assegnato dalla giunta, una riorganizzazione prevista già prima del caso Emmanuel.

Grecia: protesta detenuti dilaga, convocato Ministro di Giustizia

 

Ansa, 12 novembre 2008

 

Il presidente greco Karolos Papoulias ha convocato oggi il ministro della giustizia per essere informato sulla situazione nelle carceri, dove migliaia di detenuti sono da giorni in sciopero della fame per chiedere miglior trattamento e diritti. Una ventina di detenuti si sono cuciti la bocca in segno di protesta per le condizioni detentive e le loro immagini hanno suscitato grandi polemiche in tutto il Paese.

Il presidente riceverà oggi il ministro Sotiris Hatzigakis prima che quest’ultimo incontri, sempre oggi, rappresentanti dell’Iniziativa per i diritti dei prigionieri, apparentemente per annunciare loro l’accoglimento di almeno una parte delle richieste dei detenuti. Questi domandano la fine delle pesanti pene disciplinari, la chiusura dei riformatori giovanili, una revisione delle detenzioni per droga, la riduzione dei periodi di attesa per i processi, migliore igiene e assistenza medica e più visite. Ieri il Consiglio speciale per le prigioni ha presentato al ministro una serie di raccomandazioni per migliorare le condizioni e sfoltire le carceri greche tra le più affollate d’Europa, con 13mila detenuti dove dovrebbero esservene meno di 8mila. Le proposte, se accolte, potrebbero condurre alla liberazione di 1500 reclusi.

Birmania. 23 dissidenti condannati... a 1.500 anni di carcere!

 

Ansa, 12 novembre 2008

 

Giro di vite della giunta militare al potere in Birmania: quasi 1.500 gli anni di carcere comminati nel complesso a 23 dissidenti - tra cui diverse donne - arrestati durante le manifestazioni anti-governative dello scorso anno e condannati a 65 anni di reclusione ciascuno. La sentenza - riferiscono le famiglie dei condannati - è stata emessa nel corso di un’udienza speciale a porte chiuse nella prigione di Insein, alla periferia nord di Rangoon.

 

 

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