Rassegna stampa 25 marzo

 

Giustizia: Casini (Udc); misure alternative? dopo 2/3 di pena

 

Apcom, 25 marzo 2008

 

"Sfoltire le misure alternative al carcere, limitandole a casi tassativi dopo aver scontato effettivamente almeno due terzi della pena". Lo afferma Pier Ferdinando Casini nel suo intervento che verrà pubblicato domani sulla pagina di Radio Carcere del Riformista.

"La revisione delle misure alternative - spiega Casini - deve portare alla costruzione di un sistema penitenziario complesso, carcerario ed extracarcerario, dotato di strutture, competenze e professionalità adeguate. In tale ottica è urgente il riordino del Corpo di polizia penitenziaria e la revisione della geografia carceraria".

Altra soluzione proposta da Casini è la contestualità di giudizio tra libertà e colpevolezza: "Se lo puoi arrestare lo puoi giudicare - spiega Casini - Occorre l’incentivazione del giudizio con il rito immediato e per direttissima. Prevediamo, nell’immediato, un intervento sul potere di privare della libertà personale chi è in attesa di giudizio, attraverso una modifica della competenza sulle misure cautelari e un ripensamento del processo per direttissima o del rito abbreviato, affrontando in tal modo tre delle questioni più scottanti: garanzia dei diritti fondamentali della difesa, tutela della sicurezza dei cittadini, riduzione dell’enorme numero di detenuti in attesa di giudizio".

Giustizia: Pisapia; il Codice Penale è orfano della colpa grave

 

La Stampa, 25 marzo 2008

 

Professor Giuliano Pisapia, ancora un incidente mortale provocato da un ubriaco senza patente. Lei è presidente della Commissione per la riforma del codice penale, non ritiene inadeguata la legge che prevede solo l’omicidio colposo?

"Abbiamo inserito nel progetto del nuovo codice, presentato al ministro e al Parlamento, una figura di reato intermedia fra quella dolosa e quella colposa. È la colpa grave, si verifica quando, tenendo conto della concreta situazione anche psicologica della gente, sia particolarmente rilevante l’inosservanza delle regole o la pericolosità della condotta.

Solitamente la storia giudiziaria in casi come questi appare contraddittoria: in principio viene contestato l’omicidio volontario che poi viene derubricato in omicidio colposo, perché è molto difficile dimostrare la volontà di uccidere. D’altro canto le pene previste per l’omicidio colposo sono decisamente limitate rispetto alla gravita della condotta dell’imputato, e alle conseguenze che ne derivano".

 

Questo nuovo tipo di reato si applica solo a chi provoca un incidente stradale?

"No. Queste condotte presentano analogie con altri campi. Mi riferisco agli infortuni sul lavoro o ai casi in cui si evidenzia una colpa o un’imperizia rilevante nell’ambito dell’attività medico-chirurgica. Insomma, abbiamo ritenuto di risolvere il problema in modo generale".

 

Quali effetti determinerebbe l’introduzione di questo nuovo reato?

"Il primo: la colpa grave comporterebbe una pena maggiore di quella prevista per l’omicidio colposo, che varia da 1 a 5 anni di reclusione e spesso si risolve con un patteggiamento sotto i due anni. Il secondo: i tempi di prescrizione si allungherebbero. Oggi gli stessi Pm propongono spesso il patteggiamento perché temono che non si arrivi a una sentenza definitiva. Per esperienza professionale so che, senza un rito alternativo, il sessanta per cento di questi reati finisce con la prescrizione".

Giustizia: sanità penitenziaria; contenuti intesa Stato-Regioni

 

www.saluteeuropa.it, 25 marzo 2008

 

Sanità penitenziaria, siamo a meno sei. Il conto alla rovescia si fermerà lunedì 31 marzo, quando i circa 5.000 e tra medici e infermieri penitenziari (di cui 500 infermieri e tecnici di ruolo e 14 medici psichiatri direttori di Opg dovranno fare armi e bagagli e trasferirsi dalle carceri alle Asl. Sulla questione non si arrende la Ugl Ministeri che già nei giorni scorsi aveva inviato una nota ai Ministri competenti della Salute e della Giustizia chiedendo una serie di garanzie per questi lavoratori.

Innanzitutto il riconoscimento dell’anzianità di servizio svolto nell’amministrazione penitenziaria per l’assegnazione del competente livello retributivo, la possibilità di scegliere l’Asl di assegnazione per consentire l’avvicinamento al nucleo familiare e l’istituzione di un ruolo dei medici inserito nell’organico del personale civile del Dap.

La frenesia di riformare non può e non deve danneggiare il personale - spiega il segretario nazionale di comparto Ugl, Paola Saraceni - altrimenti si corre il rischio di doversi confrontare solo con una riforma ideologica che niente ha a che vedere con l’efficienza, l’efficacia e l’economicità del provvedimento. Senza contare - conclude la Saraceni - che dall’altra parte della medaglia ci sono dei lavoratori con le loro aspettative economiche e professionali; e dei detenuti con i loro problemi sociali e la loro già triste quotidianità.

 

Le intese principali raggiunte dalla Conferenza Stato-Regioni

 

La Conferenza Unificata e la Conferenza Stato-Regioni hanno approvato diverse intese e accordi in materia di assistenza sanitaria. Tra questi un’intesa per la sanità penitenziaria, un’intesa per la gestione del rischio clinico e per la sicurezza dei pazienti e delle cure e un’intesa per migliorare l’assistenza nel campo della salute mentale. Ma sono state approvate anche altre misure più specifiche, come quella che consente l’erogazione di farmaci urgenti da parte del farmacista anche se il paziente è in quel momento sprovvisto della necessaria ricetta del medico.

L’intesa sulla riforma della sanità penitenziaria prevede l’equiparazione sotto il profilo della tutela del diritto alla salute tra i cittadini in stato di detenzione e tutti gli altri utenti del Ssn. L’obiettivo è quello di una più efficace assistenza sanitaria, migliorando la qualità delle prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione negli istituti penitenziari. La riforma contiene anche specifiche linee di indirizzo per gli interventi da adottare negli Ospedali psichiatrici e giudiziari con l’obiettivo di svolgere un programma in tre fasi al fine di garantire una corretta armonizzazione fra le misure sanitarie specifiche di queste realtà e le esigenze di sicurezza che devono comunque essere mantenute.

Più sicurezza e qualità delle cure e dell’assistenza è invece l’obiettivo di un’altra intesa Stato Regioni. A tal fine sarà attivata un’apposita funzione aziendale dedicata alla gestione del rischio clinico e alla sicurezza dei pazienti e delle cure presso ogni Asl pubblica ma anche presso le strutture private accreditate. Un forte impegno anche per l’utilizzo sicuro dei dispositivi medici, degli apparecchi e degli impianti che dovranno essere sottoposti a più ferrei collaudi e a protocolli specifici di manutenzione preventiva e correttiva e a costanti verifiche periodiche di sicurezza e qualità.

Queste misure dovranno essere adottate in tutte le strutture del Ssn. Nuove disposizioni anche per la responsabilità civile per danni a persone causati dal personale sanitario che dovrà essere comunque posta a carico della struttura sanitaria. Sarà inoltre favorita la definizione "stragiudiziale" delle vertenze. Con funzioni di indirizzo sulla sicurezza sarà poi costituita, con decreto del Ministro della Salute, la "Consulta nazionale per la sicurezza del paziente" a coordinamento della "Rete nazionale per la Sicurezza" che riunisce tutti i rappresentanti istituzionali nazionali e locali preposti alla gestione del rischio clinico.

Per la salute mentale ci si è posti l’obiettivo di dare nuovo impulso alle politiche di promozione della salute, di rafforzare gli interventi nell’ambito dell’età evolutiva e di favorire la precocità degli interventi e la collaborazione fra tutti i servizi che si occupano di salute mentale per una migliore presa in carico dei pazienti.

Per quanto riguarda infine l’erogazione di farmaci in assenza di prescrizione medica si intende garantire la non interruzione del trattamento in corso per i casi di patologie croniche ed acute o in occasione di dismissione ospedaliera consentendo al farmacista di dispensare il medicinale anche in assenza di ricetta. Il provvedimento, adottata dalla Stato regioni è frutto di un ampio lavoro condiviso con i farmacisti e i medici italiani al fine di una maggiore tutela della salute dei cittadini nei casi di emergenza.

"Con queste nuove intese la sanità italiana ha sottolineato il Ministro Livia Turco - esce rafforzata e si dimostra capace di rispondere ai nuovi bisogni di salute in ambiti di intervento delicati e importanti come quelli della salute mentale e dell’assistenza sanitaria nelle carceri e negli Opg. Ma siamo intervenuti anche sulla sicurezza delle cure assicurando criteri di maggior rigore nei controlli delle attività cliniche e delle apparecchiature destinate agli interventi e alle prestazioni erogate dalle strutture del Ssn, a garanzia della sicurezza dei pazienti e per ridurre il margine degli errori e degli eventi avversi che possono manifestarsi nel corso di procedure cliniche. Le intese e gli accordi approvati ieri rappresentano la prova che la condivisione delle scelte e degli indirizzi di governo tra Stato e Regioni è la via giusta per migliorare la sanità italiana garantendo a tutti i cittadini pari livelli di assistenza e più qualità e appropriatezza nelle cure."

L’esame definitivo dei Lea è stato invece rinviato ad una nuova seduta della Conferenza Stato Regioni che si terrà la prossima settimana previa ulteriore verifica dei contenuti dell’intesa.

Come previsto dalla legge Finanziaria 2008, la Conferenza Stato - Regioni ha approvato lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che pone finalmente in essere la riforma della medicina penitenziaria prevista dal decreto legislativo 230 del 1999 e quasi completamente disattesa per circa un decennio.

La riforma posta in essere con le citate disposizioni è, essenzialmente, mirata all’intendimento di realizzare una più efficace assistenza sanitaria, migliorando la qualità delle prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione negli istituti penitenziari, negli istituti penali per minori, nei centri di prima accoglienza, nelle comunità e negli ospedali psichiatrici giudiziari.

In tal modo, si caratterizza come un passaggio fondamentale per la compiuta soddisfazione delle esigenze di salute della popolazione detenuta, operando l’equiparazione, sotto il profilo della tutela del diritto alla salute, della condizione dei cittadini ristretti negli istituti di detenzione a quella degli altri utenti del Ssn.

Il Decreto, predisposto dal Ministero della Salute di concerto con il Ministero della Giustizia, dell’Economia e della Funzione Pubblica, disciplina le modalità, i criteri e le procedure per consentire il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, delle risorse finanziarie, umane e strumentali relative alla sanità penitenziaria, attualmente afferenti al Ministero della Giustizia.

In particolare, si rileva che tutti i rapporti di lavoro attualmente in essere nell’ambito della medicina penitenziaria, nelle varie e complesse tipologie in cui si esplicano, vengono salvaguardati e trasferiti al Servizio Sanitario Nazionale.

Il Decreto in argomento è integrato, quale parte essenziale, dalle "Linee di indirizzo per gli interventi del Servizio sanitario nazionale a tutela della salute dei detenuti e degli internati negli istituti penitenziari, e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale", che individuano percorsi ottimali di prevenzione e cura e modelli organizzativi per la ristrutturazione dei servizi, al fine di adeguare le prestazioni in ambito penitenziario a quei livelli essenziali ed uniformi di assistenza che costituiscono postulato imprescindibile del sistema sanitario del nostro Paese.

Il documento che descrive le linee guida per gli interventi a tutela della salute dei detenuti, oltre a richiamare tra i suoi principi di riferimento "la piena parità di trattamento, in tema di assistenza sanitaria, degli individui liberi ed degli individui detenuti ed internati e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale" e la piena e leale collaborazione interistituzionale per integrare " la tutela della salute e il recupero sociale dei detenuti", sottolinea che "la continuità terapeutica si pone quale principio fondante per l’efficacia degli interventi di cura e deve essere garantita dal momento dell’ingresso in carcere e/o in una struttura minorile, durante gli eventuali spostamenti dei detenuti tra diversi Istituti penitenziari e strutture minorili, e dopo la scarcerazione e immissione in libertà".

 

Il documento individua, inoltre, otto aree cruciali di intervento, indicando per ciascuna obblighi e competenze delle strutture del Servizio Sanitario Nazionale:

1. la medicina generale e la valutazione dello stato di salute dei nuovi ingressi: sono i presidi all’interno delle carceri a dover assicurare le prestazioni di medicina generale, dall’assistenza farmaceutica alla diagnosi precoce, ai vaccini;

2. le prestazione specialistiche: devono essere assicurate da Aziende Usl e ospedali, secondo standard uniformi;

3. le risposte alle urgenze: devono essere assicurate sia all’interno delle carceri, sia nelle strutture ospedaliere del territorio;

4. le patologie infettive: oltre ad attuare un’efficace informazione per i detenuti, è previsto lo sviluppo di protocolli per la gestione e l’isolamento;

5. prevenzione, cura e riabilitazione per le dipendenze patologiche: l’assistenza ai tossicodipendenti, il 30% del totale dei detenuti nel 2006, è assicurata dai Sert in collaborazione della Usl del territorio e con la rete dei servizi sanitari e sociali impegnati nella lotta alla droga;

6. prevenzione, cura e riabilitazione nel campo della salute mentale: è previsto un sistema di sorveglianza epidemiologica e di diagnosi precoce accanto alla garanzia di cure pari a quelle fornite dai servizi del territorio. Va comunque assicurato un intervento dello specialista in psichiatria o psicologia clinica;

7. la tutela della salute delle detenute e delle minorenni sottoposte a misure penali e della loro prole: attenzione agli aspetti psico-emotivi della nascita, monitoraggio e assistenza ostetrico-ginecologica e prevenzione e profilassi delle malattie a trasmissione sessuale e dei tumori dell’apparato genitale femminile;

8. la tutela della salute delle persone immigrate: rinvia a uno specifico programma incentrato sulla mediazione culturale, in cui devono essere impegnati servizi sanitari, istituti di pena, Enti locali e Volontariato, per la piena fruizione delle opportunità di cura.

Infine, il decreto reca in allegato, quale parte integrante ed essenziale, anche le "Linee di indirizzo per gli interventi negli Ospedali psichiatrici e giudiziari e nelle case di cura e custodia".

Le azioni puntano a svolgere un programma in tre fasi al fine di garantire una corretta armonizzazione fra le misure sanitarie e le esigenze di sicurezza. Nel documento si sottolinea che l’attuazione del programma per gli Opg è strettamente connesso con la realizzazione di tutte le misure indicate per la tutela della Salute mentale negli istituti di pena.

Linee di indirizzo nazionali per la salute mentale. Più attenzione a detenuti, immigrati e all’età evolutiva.

Il tema della salute mentale è sempre più al centro delle politiche di salute pubblica, in Europa e nel mondo. Tanto l’Organizzazione Mondiale della Sanità con la "Declaration" di Helsinki quanto l’Unione Europea con il suo "Green Paper", hanno formulato piani d’azione che promuovono quella filosofia che il nostro Paese ha sposato a partire dalla Legge di Riforma sanitaria 833/78 e dalla Legge 180/78.

Le linee di indirizzo approvate nascono da un lavoro svolto in stretta collaborazione con le Regioni e da percorsi di confronto condivisi che hanno visto l’ampio coinvolgimento sia dei soggetti portatori dei bisogni che di quelli responsabili delle politiche per soddisfarli.

Gli aspetti fondamentali del documento riguardano la necessità di dare nuovo impulso alle politiche di promozione della salute, di rafforzare gli interventi nell’ambito dell’età evolutiva e, in generale, di favorire la precocità degli interventi e la collaborazione fra tutti i servizi che si occupano di salute mentale.

Grande attenzione va rivolta al miglioramento della qualità dei programmi di cura che debbono essere mirati allo sviluppo della persona e all’esercizio dei diritti di cittadinanza, valorizzando gli strumenti legislativi vigenti (Legge 68/381 e 68/328). Un’attenzione particolare è data alla salute mentale in carcere e agli Ospedali Psichiatrici giudiziari, ai temi legati alla multiculturalità e alla salute mentale delle popolazioni migranti. La parte conclusiva del documento mette in luce la necessità, per un miglioramento continuo della qualità dei servizi, di rafforzare lo sviluppo della ricerca nel campo della salute mentale e la qualità della formazione sia a livello universitario che a livello dei servizi sanitari.

 

Le aree affrontate nelle Linee di indirizzo sono:

1. linee di sviluppo dei dipartimenti di salute mentale,

2. infanzia e adolescenza,

3. carcere e Ospedale Psichiatrico Giudiziario (Opg),

4. multiculturalità,

5. formazione e ricerca.

Per ciascuna vengono specificate le strategie che le supportano, gli indirizzi operativi per la loro implementazione ed i criteri di valutazione per monitorarne nel tempo l’efficacia.

Alla luce di alcune criticità che sono emerse nel corso degli anni, legate soprattutto al rapido mutare della struttura della società, ma anche alla diversa applicazione sul territorio nazionale delle disposizioni normative, si è inteso dare, in ciascuna delle aree individuate, una indicazione forte di maggiore vicinanza ai bisogni reali delle persone e di tempestività e completezza della risposta.

Messina: gruppo scout tra gli internati dell’Opg di Barcellona

 

www.radiortm.it, 25 marzo 2008

 

Quattro giorni tra i detenuti dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. È l’esperienza forte vissuta dal Clan Kerigma del gruppo scout Modica 1. Lo scopo era quello di conoscere le problematiche della struttura e dei malati in essa reclusi. I 9 ragazzi modicani, guidati da Marisa Scivoletto, hanno convissuto con alcuni dei malati di mente nella casa di accoglienza e solidarietà, che funge da cuscinetto fra il carcere e il reinserimento in società, gestita da Don Giuseppe Insana, dove hanno avuto la possibilità di ascoltare le testimonianze degli operatori e degli stessi reclusi, rendendosi fra l’altro conto che una struttura come l’OPG non è in grado di assolvere alle necessità dei malati, e che il sistema giudiziario italiano in questo ambito ha molte carenze.

"Abbiamo appreso - dicono di ritorno gli scout modicani - che, oltre ai condannati per crimini gravi, in una struttura del genere si possono trovare anche persone che hanno commesso piccoli reati ma che non sono rilasciate, nemmeno dopo essere state assolte, perché considerate pericolose. I servizi all’interno della casa circondariale sono scadenti, il problema del sovraffollamento grava sulle già precarie condizioni di vita, tossicodipendenti e alcolisti affetti da lievi disturbi della personalità sono curati come veri e propri malati di mente senza che sia approntata un’adeguata terapia per risolvere la loro dipendenza".

Don Giuseppe e gli altri volontari, che vivono da molti anni la realtà dell’Opg, sono convinti che questa struttura serva più alla società per sentirsi al sicuro dai malati di mente, che non ai malati per curarsi davvero. "L’unico nota positiva è costituita dalla casa di accoglienza e solidarietà, che eliminando l’aspetto della reclusione e dando l’opportunità agli ospiti di gestire la loro giornata in autonomia e libertà, restituisce loro la dignità e li aiuta davvero a convivere con il loro problema e a non costituire pericolo per la società.

Siamo rimasti profondamente colpiti da questa realtà così controversa e poco conosciuta, e stanno progettando di tornare lì nei prossimi mesi per realizzare uno spettacolo musicale che possa allietare, anche se per poco, le interminabili ore che i reclusi trascorrono nelle monotonia più assoluta, spesso rimanendo a letto per giorni e giorni. Il gruppo si impegnerà attivamente a sensibilizzare l’opinione pubblica contro strutture come l’Opg, al fine di favorire la nascita di altre case di accoglienza in cui gli individui possano riappropriarsi della loro dignità".

Brescia: "Vivicittà"... comincia sabato nel carcere di Verziano

 

Comunicato Uisp, 25 marzo 2008

 

Entra nel vivo la fase preparatoria della manifestazione podistica internazionale dell’Uisp "Vivicittà", che quest’anno festeggerà il 25° anno di attività col momento clou domenica 6 Aprile con la corsa agonistica e non competitiva (partenza ed arrivo in Parco Ducos 2 - San Polo-Brescia). Confermata anche la tappa in Bosnia a Zavidovici (domenica 27 aprile) con l’11°edizione e con diversificate iniziative collaterali di solidarietà.

Com’è tradizione, il prologo è costituito da dodici anni a questa parte dal "Vivicittà Porte-Aperte", la corsa agonistica riservata ai detenuti/detenute,agenti di Polizia Penitenziaria e con la partecipazione ormai consolidata di circa 150 atleti esterni, in prevalenza studenti e studentesse degli Istituti Superiori che è prevista per Sabato 29 marzo alle ore 10.30 nella Sezione di Reclusione di Verziano.

Anche quest’anno, grazie alla insostituibile collaborazione fornita dalla Direzione degli Istituti Penali bresciani, circa una cinquantina di detenuti delle Sezioni Maschili e Femminile, si contenderanno il podio ed un posto onorevole nella classifica nazionale di "Porte - Aperte", che vede coinvolti in tutta Italia una ventina di istituti penitenziari, minorili e per adulti, di cui ben 5 nella nostra Regione, che sostiene il "Progetto-Carcere" assieme alla Provincia di Brescia,tramite l’Associazione " Carcere e Territorio".

Saranno accompagnati nella loro gara da una nutrita schiera di studenti degli Istituti Superiori cittadini "Abba - Ballini", "Liceo Scientifico Leonardo" e della Provincia :"Lorenzo Gigli" di Rovato e "Don Milani" di Montichiari.

Il Vivicittà in carcere del 29 marzo aprirà il ciclo delle manifestazioni Uisp 2008 della "Primavera dello sport per tutti e della solidarietà" che prevede il Vivicittà per Libera il 6 aprile, il Giocagin per l’Unicef il 27 aprile, Vivicittà a Zavidovici il 27 aprile, Diamoci una Mossa per Emergency il 4 maggio e Bicincittà per l’Aism il 18 maggio.

 

Uisp Comitato provinciale di Brescia

Droghe: Vienna, di scena il fallimento dell’Onu proibizionista

di Valerio Di Paola

 

www.rivistaonline.com, 25 marzo 2008

 

Cinquantatre delegati da tutto il mondo lasciano Vienna, la Commissione internazionale sugli stupefacenti si chiude. Dovevano celebrare il successo di dieci anni di politiche repressive, inaugurate nel 1998 dall’assemblea generale dell’Onu: hanno rimandato ogni verifica all’anno prossimo. Dieci anni fa gli Stati Uniti imposero alle Nazioni Unite traguardi ambiziosi: "Eliminazione, o riduzione significativa, della coltivazione illecita della pianta di coca, della canapa e del papavero da oppio". Oggi, mentre per le strade di Vienna sfila il colorato corteo antiproibizionista, i delegati fanno i conti, settanta miliardi d’euro pubblici spesi in strategie repressive, e computano i dati del drugs report 2007: aumento della produzione di tutti gli stupefacenti, boom dell’eroina afgana con la caduta dei Talebani, l’Europa che si classifica seconda nel consumo di cocaina, con l’Italia sul podio dopo Gran Bretagna e Spagna.

E allora a Vienna si rivede il lessico: nel nuovo documento, che suggerisce agli stati membri la strategia da seguire, la "significativa riduzione" diventa "contenimento". L’Unodc, l’Ufficio delle Nazioni Unite per le droghe e il crimine, ridimensiona i suoi obbiettivi e allenta la pressione su Colombia, Bolivia e Perù, dove l’eradicazione forzata delle piantagioni ha ridotto in miseria migliaia di contadini e favorito l’ascesa dei più spregiudicati tra i narcotrafficanti e di pericolosi paramilitari. "L’eradicazione - spiega il delegato italiano, il ministro Paolo Ferrero - dovrebbe essere sostituita da interventi tesi a separare gli interessi dei contadini da quelli dei trafficanti". Ma tra dire e fare c’è di mezzo la volontà nazionale: il proclama insolitamente "morbido" di Vienna giunge mentre la Cina annuncia la prossima deportazione di un milione e mezzo di consumatori in centri di disintossicazione coatta per ripulire le strade delle olimpiadi e la Thailandia riprende la guerra contro la droga che nel 2003 ha fatto oltre tremila vittime, perlopiù senza processo. E da Vienna, alla fine, non arriva alcuna condanna seria per i paesi che applicano la pena di morte e violano i diritti umani dei tossicodipendenti. In compenso c’è l’ennesimo monito alla Bolivia che non stronca la coltivazione tradizionale della coca.

Sul carcere per il consumo di droga, caldeggiato dieci anni fa dalle Nazioni Unite, Vienna incassa un clamoroso autogol: è dell’Unione Europea a guida slovena il documento che invoca il principio di proporzionalità tra reato e pene e ammonisce i molti paesi membri che ne restano lontani. Tra le righe del debole documento finale viennese, oltre alla richiesta alla magistratura di maggiore severità verso le star "pizzicate" con stupefacenti, si vede la pressione antiproibizionista europea, con la Germania e i paesi del nord in prima fila e la Gran Bretagna più defilata. Il carcere del resto, ha ripetuto per l’ennesima volta il ministro Ferrero, non ha arginato domanda e offerta. Peccato che tra i paesi bacchettati dalla Ue l’Italia sia sempre in prima fila.

Droghe: altro che feste, i rave party sono mercati dello sballo

di Maria Lombardi

 

Il Messaggero, 25 marzo 2008

 

Gatti, esperto di tossicodipendenze: "Fenomeno inquietante, ignorarlo è una grave colpa. I rave sono mercati a cielo aperto della droga, fiere campionarie di stupefacenti che producono grandi redditi e vengono organizzati a questo scopo".

Tutti lo sanno, eppure si fa finta di niente. Come è possibile? "È questo che mi sorprende e mi allarma. Non esiste nessun contrasto culturale di fronte a un fenomeno così inquietante". Riccardo Gatti, direttore del Dipartimento Dipendenze della Asl città di Milano, è indignato. "C’è l’adesione di chi partecipa da una parte e quella di chi non dice nulla dall’altra. Se ne paria solo dopo, e solo quando ci scappa il morto. Altrimenti i rave non fanno notizia, passano inosservati, si svolgono nell’indifferenza totale di tutti. Ci siamo assuefatti e lo scandalo è proprio questo: che non se ne parli, che si tolleri che migliaia di ragazzi si ritrovano in uno spazio dismesso e pericolante per rischiare di spappolarsi il cervello, col solo scopo di stravolgersi la testa, di alterare il loro stato mentale".

 

I ragazzi dei rave dicono: vogliamo solo divertirci, non criminalizzateci…

"Per loro la cosa finisce lì, dopo due giorni di sballo tornano alla normalità. Non pensano di essere finiti in mano a commercianti senza scrupoli che si arricchiscono mettendo a rischio la loro vita, vivono in maniera acritica lo sdoppiamento - dopo le notti di follia si torna al lavoro. Non riflettono su questo perché nessuno li fa riflettere, perché tutto questo passa sotto silenzio, perché appunto è ormai questa la normalità".

 

Quali sostanze circolano nei rave? E quali sono le più pericolose?

"Si trova di tutto. Al rave ci si va per sballarsi. Dietro c’è un’organizzazione in grado di offrire qualsiasi sostanza in grande quantità, droghe di ogni genere. Tutti gli psicostimolanti della famiglia della metanfetamine, per esempio: sono più di 170 sostanze e hanno gli effetti più diversi. Ci sono quelle ad effetto empatogeno, che favoriscono il contatto con gli altri, allucinogeno, che alterano la percezione della realtà, o anfetaminico, che rendono più aggressivi. In questi raduni circola anche la chetamina, un anestetico usato in veterinaria che provoca profonde alterazioni, assunta con un particolare dosaggio da una sensazione di distacco dal corpo, di pre-morte".

 

C’è chi propone di legalizzare l’analisi chimica delle pasticche per consentire al consumatore di conoscere la sostanza che assume…

"Sono tutte sostanze intrinsecamente pericolose, il problema non è sapere esattamente cosa contengono. Se una persona beve della vodka, poi fuma alcune canne, prende l’ecstasy e anche la coca va incontro a morte sicura anche se ciascuna sostanza è purissima. I mix sono micidiali, moltiplicano l’effetto tossico di droga e alcol. Purtroppo vengono fatti regolarmente e anche se si organizzasse, per assurdo, un rave a duecento metri da un ospedale i rischi sarebbero identici".

 

Questi ragazzi sono consapevoli dei rischi che corrono mischiando alcol e droga?

"Il rischio fa parte del gioco. Non si tratta di tossicodipendenti, ma di persone che saltuariamente e in determinate occasioni, come i rave, assumono droga e fanno pericolosissimi mix per alterarsi. Sono persone anche evolute che si informano su quello che prendono. E rispetto ai tossici rischiano anche di più perché hanno una minore tolleranza rispetto a molte di queste sostanze non assumendole regolarmente".

Moldova: appello per Giovanni, un italiano detenuto da 5 anni

 

www.moldweb.eu, 25 marzo 2008

 

Una lettera inviata da don Cesare Lodeserto, della Fondazione Regina Pacis, al Ministro degli Esteri italiano Massimo D’Alema. Una drammatica richiesta di intervento in favore del cittadino italiano Giovanni Giuliani detenuto in Repubblica Moldova da ben cinque anni. Il sessantacinquenne italiano si ritrova solo alla ricerca della verità sostenuto unicamente dai suoi connazionali.

 

On.le Massimo D’Alema

Ministro degli Affari Esteri

 

Ho da poco terminato una visita presso il carcere di Chisinau (Moldova) al cittadino italiano Giovanni Giuliani, detenuto ormai da cinque anni nelle strutture penitenziarie di questo paese. Ho incontrato un uomo logorato dalla difficile detenzione, ormai al sessantacinquesimo anno di età, fortemente malato, stanco di lottare alla ricerca della verità, soprattutto solo e sostenuto unicamente dalla solidarietà dei connazionali.

È stato un incontro difficile e sofferto, per questi motivi ho ritenuto opportuno scrivere alla Sua cortese attenzione questa lettera, perché possa essere valutata ogni possibilità, anche quella di chiedere la concessione della grazia al Presidente della Repubblica di Moldova Signor Vladimir Varonin.

Non entro nel merito delle vicende giudiziarie che hanno indotto le Autorità di questo Paese a stabilire tale misura cautelare, come non è giusto da parte di nessuno giudicare, ed a me per primo, come insegna il Vangelo in cui credo. Però lo stesso Vangelo mi propone l’immagine della povera vedova che bussa con insistenza alla porta del giudice, ed anche di notte, per chiedere giustizia e per la sua insistenza otterrà quanto richiesto.

Signor Ministro, io chiedo e mi appello alla Sua nota sensibilità perché sia Lei a bussare alla porta delle Autorità moldave e quindi chiedere tale beneficio, chiedere un gesto di comprensione ed attenzione ad un uomo che soffre. In breve tempo si aprirà in Moldova la Rappresentanza diplomatica italiana, per cui quale occasione migliore di questa per chiedere un gesto di umana considerazione. Nel corso del mandato governativo Lei ha spesso svolto difficili ruoli di mediazione, e con grandi risultati dal punto di vista umano.

Le chiedo, anche se allo scadere del mandato governativo, di prendere in considerazione questa mia lettera, ma non per me, ma per Giovanni Giuliani, un uomo come tanti, che avrà anche commesso degli errori, però la sua sofferenza è oggi tale da dover essere valutata nel giusto modo. La ringrazio per quanto potrà fare e con me La ringrazia la Comunità degli italiani in Moldova, che mi auguro vogliano condividere questa richiesta, perché diventi "grazia". Cordialmente.

 

Mons. Cesare Lodeserto

 

 

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