Rassegna stampa 17 gennaio

 

Giustizia: Mastella conferma dimissioni, l'interim a Prodi

 

Ansa, 17 gennaio 2008

 

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha firmato il decreto con il quale si accettano le dimissioni di Clemente Mastella da ministro della Giustizia e si affida l’interim del dicastero al presidente del Consiglio Romano Prodi. È quanto si legge in una nota del Quirinale.

"L’azione del governo deve proseguire senza interruzioni e senza perdite di velocità". Il premier Romano Prodi si è presentato nell’aula della Camera per illustrare la soluzione della crisi provocata dalle dimissioni di Mastella. L’interim del ministero della Giustizia, ha spiegato il presidente del Consiglio, ha il valore di "una scelta limitata nel tempo" ed è anche "il segnale di un’attesa". Prodi spera infatti che la vicenda che ha coinvolto Mastella, sua moglie e molti esponenti dell’Udeur campano, si sciolga "nei tempi più brevi possibili" con "un chiarimento forte che consenta al ministro della Giustizia di riprendere il suo posto con ritrovata e piena autorità".

Il presidente del Consiglio ha rinnovato la solidarietà "piena e affettuosa" a Mastella, una solidarietà data "come politico e come amico" e che Prodi ha esteso alla moglie e al partito dell’Udeur "sul cui appoggio il governo ha contato in passato e continuerà a contare nel futuro". Prodi non è entrato nel merito del duro attacco di Mastella ai giudici. Ma è sembrato considerarlo uno sfogo da scusare quando ha detto che l’ex ministro "non ha esitato a far prevalere le ragioni dell’onore e della dignità sua personale e della sua famiglia su tutte le altre motivazioni che avrebbero potuto, come politico, suggerirgli comportamenti diversi".

Mastella, ha detto Prodi, ha presentato le sue dimissioni in Parlamento "dimostrando una sensibilità istituzionale che si va facendo sempre più rara". La "sincerità dei suoi sentimenti", ha aggiunto, è stata riconosciuti da tutti e ha determinato la "coralità" della reazione dell’aula, al di là degli steccati politici. Prodi ha garantito che l’interim assicurerà al governo "un’intatta capacità di conduzione politica giudiziaria".

Ugualmente la soluzione della crisi innescata dalle dimissioni di Mastella assicurerà al governo "la solidità e la continuità dell’appoggio politico della propria maggioranza". Prodi ha concluso il suo breve intervento promettendo che come ministro della Giustizia proseguirà "la politica di trasparenza, di rispetto dell’indipendenza della magistratura e della tutela dei diritti delle persone, a partire dalla presunzione di innocenza del cittadino indagato che ha caratterizzato l’attività di questi primi venti mesi di governo". E il dibattito sulla Giustizia, che ieri avrebbe dovuto svolgersi in aula, si svolgerà a partire dalla relazione scritta consegnata ieri da Mastella alla Camera, suo ultimo atto da ministro.

 

La Russa: via Prodi, oggi persa chance per FI

 

"A Mastella ribadiamo la nostra solidarietà umana, ma guardiamo attoniti al film paracomico della sua conferenza stampa di oggi, e ci chiediamo come sia possibile che questa Aula esprima una solidarietà così forte, che Prodi venga qui a dire ghe pensi mi, ci penso io che risolverò tutto fino a quando Mastella non risolve i suoi affarucci e torna".

È uno dei passaggi del presidente dei deputati di Alleanza Nazionale Ignazio La Russa, nel dibattito che segue la informativa del premier Romano Prodi alla Camera dopo le dimissioni del Guardasigilli Clemente Mastella. "Noi ci battiamo perché in Italia finisca la politica dei partitini e partitelli familistici, che lavorano solo per restare in vita - va avanti La Russa -. E non chiediamo a Prodi di dimettersi perché tocca a noi liberare gli italiani dalla sua ingombrante presenza e dalla sua coalizione sbrindellata".

La Russa punta il dito sui colleghi di Forza Italia quando dice: "Oggi avremmo potuto dare un segnale importante al Senato e ci spiace che ci fossero delle assenze nel centrodestra che non sono quelle di An. Ma ci sarà modo e occasione". "Ma lei presidente Prodi - conclude - non venga in questa Aula a dirci che ‘tutto va bene madama la marchesa’, dopo aver cancellato dal suo vocabolario non solo la parola dimissioni ma anche la parola dignità. Questo non è consentito neppure ad un presidente del Consiglio abbarbicato al potere come i suoi ministri. Tornerà presto a parlare di giustizia: in quella occasione fatevi un bell’esame di coscienza che non avete saputo fare fino ad ora, sul caso del Papa alla Sapienza, sull’emergenza rifiuti, sul declino economico, sulla sicurezza, tutti casi di cui vi siete resi complici. Fate un esame di coscienza sui danni che voi, e non solo Mastella, state causando agli italiani".

 

Di Pietro: accettiamo con riserva interim a Prodi

 

"Per rispetto verso gli elettori del centrosinistra accettiamo con riserva le dichiarazioni del Presidente del Consiglio in merito all’interim che si è attribuito". È quanto afferma il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro. "La Giustizia - aggiunge - ha bisogno di un titolare subito e non uno che se ne possa occupare a giorni alterni in attesa che terminino le indagini su Mastella".

 

Maroni: Prodi a casa e subito al voto

 

"La vera emergenza del Paese non è solo la questione dei rifiuti a Napoli, è lei e il suo governo". Così Roberto Maroni, presidente dei deputati della Lega, rivolgendosi a Romano Prodi durante il dibattito sulle dimissioni di Mastella, ha chiesto che si vada "subito alle elezioni". "In questa drammatica situazione - ha aggiunto Maroni - non resta che una soluzione, ridare la parola al popolo sovrano con nuove elezioni politiche anticipate. Le elezioni sono il succo della democrazia".

"Dia retta a me - ha continuato l’esponente leghista rivolto al premier - se le rimane ancora un briciolo di dignità personale e di senso delle istituzioni, ascolti il grido di rabbia che sale dal Paese e dalla Padania, che cresce ogni giorno di più, che esce dalle bocche dei cittadini che non ne possono più delle sue bugie, della sua incapacità di affrontare e risolvere i problemi. Il grido che dice basta! Elezioni subito".

Maroni ha elencato tutte le emergenze che assillano il governo Prodi per osservare come questo esecutivo sia quello delle "emergenze non risolte": dal caso rifiuti a Napoli, alla immigrazione clandestina, alla "svendita" di Alitalia con il "danno alla Malpensa", lo "strapotere della magistratura e di certe procure", fino ad arrivare "ad un governo senza maggioranza".

"Il suo governo protegge gli interessi dei più forti - ha detto ancora Maroni nell’aula di Montecitorio - punisce le famiglie, chiude gli occhi di fronte alla violenza di chi inneggia a Nassiriya e agli assassini di Biagi. È dalla parte degli assassini che massacrano i cittadini colpevoli solo di stare a casa a dormire". "Il suo governo - ha concluso Maroni - è quello della Roma intollerante e violenta che toglie la parola perfino al Papa" e "che stringe il cappio attorno alla Padania colpevole solo di non avervi votato".

Clemente Mastella avrebbe confermato le sue dimissioni da ministro della Giustizia e il presidente del Consiglio Romano Prodi sarebbe pronto ad assumere l’Interim della Giustizia. È quanto avrebbe reso noto il capogruppo del Pd alla Camera, Antonello Soro, durante la conferenza dei capigruppo di maggioranza che si è tenuta a Montecitorio prima della riunione di tutti i capigruppo della Camera.

Giustizia: Mastella; dall’Udeur "appoggio esterno" a Prodi

 

Ansa, 17 gennaio 2008

 

Clemente Mastella ha confermato le dimissioni da ministro della Giustizia e il presidente del Consiglio Romano Prodi ha assunto l’Interim della Giustizia. "Ho sentito Prodi e confermo le dimissioni per la mia dignità, per la mia onorabilità", ha detto il ministro in una conferenza stampa a Benevento, dopo che mercoledì aveva già presentato le dimissioni in seguito al provvedimento di arresti domiciliari con l’accusa di tentata corruzione della moglie Sandra Lonardo e il ciclone giudiziario in Campania che vede fra gli indagati anche il leader dell’Udeur. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha firmato oggi il decreto con il quale si accettano le dimissioni Mastella e si affida l’interim del dicastero al presidente del Consiglio.

Appoggio esterno. "Noi - ha spiegato Mastella - non daremo l’apporto come prima, dove il compromesso era la condizione per tenere insieme la coalizione, ma ci staremo nelle condizioni date. Rispettosi della logica del programma, della discussione sulla legge elettorale ma con i nostri valori sulla Chiesa, sui dico, sulla politica estera". Nel governo, ha ribadito il capo dell’Udeur, "non ci siamo così come non ci siamo in Campania dove la situazione andrà ridiscussa". "È la crisi del sistema, non del governo", ha osservato poi il leader dell’Udeur, precisando che "non indicherò alcun nome a Prodi per la carica di ministro di Giustizia"..

Non sono della casta. "Non voglio sentirmi della "casta" - ha proseguito Mastella - non volevo dare l’idea che da ministro potessi ipotecare un giudizio benevolo. Voglio essere un cittadino comune davanti alla giustizia". "Non lascio la politica - ha però agiunto - perché non ho commesso fatti di cui debba vergognarmi". "La partita che io gioco non è politica, quella verrà dopo, ma prima io devo recuperare l’onorabilità della mia famiglia che mi è stata tolta ingiustamente". "Spero che il mio sacrificio serva a riconciliare la politica e la magistratura", ha affermato ancora Mastella. "Io - prosegue - non ho mai voluto fare la guerra alla magistratura, ho sempre operato per la riconciliazione. Però, se c’è un gruppo di magistrati che fa assalti, io dico no".

Mai preso un euro. "Sono fiero del mio partito: non c’è una sola intercettazione in cui si possa parlare di un soldo o un euro o una tangente presa", ha sottolineato Mastella. "Vorrei ricordare che il gruppo parlamentare dell’Udeur - ha aggiunto Mastella - non ha una sola persona inquisita. Credo che sia l’unico con questa singolare posizione".

"Non chiedo privilegi, né salvacondotti", perché "chi sbaglia deve pagare, continua Mastella, ma vedo che quelle prese sono misure ingiuste, che non si danno nemmeno per le persone con il 41 bis", cioè per i capi mafiosi. "Non ho fatto affari durante la prima Repubblica, dove era più facile farli, e li farei ora?". Mastella se la prende poi anche con chi non vuole che tra "magistratura e politica" si "arrivi alla pace". E a questo proposito cita anche i film western nei quali "c’erano delle tribù che non volevano fumare il calumet della pace". Lui invece, assicura, è a favore di questa riconciliazione tra politici e magistrati.

"Io mi chiedo, se per queste cose di cui mi accusano arriva la sentenza di proscioglimento, chi mi ripagherà?", si è chiesto Mastella. "Io mi sono dimesso per mia moglie - prosegue - ma poi a maggior ragione ho confermato le dimissioni perché sono stato accusato di essere il capo di un’affiliazione che spaccia cose di vario tipo, quindi non posso fare il ministro per la Giustizia".

Mia moglie, specchiata moralità. "La specchiata moralità di mia moglie è talmente alta che proprio in virtù di questo subì un attentato - ha aggiunto l’ex ministro -. Ed invece è stata arrestata per una espressione "Per me è morto" che nel gergo comune vuol dire "non ci voglio avere più nulla a che fare". Ma mia moglie dimostrerà la sua innocenza". Secondo Mastella verso la moglie Sandra Lonardo "ci vorrebbe un riguardo non per eventuali reati commessi ma perché, in quanto presidente del consiglio regionale eletta dai cittadini, ha una forma di ipoteca parlamentare ed invece è agli arresti domiciliari".

"Tra tante mogli che vanno avanti, perché solo a mia moglie si rivolge tanta attenzione?", si è domandato ancora l’ex ministro. "Tutta la mia famiglia - ha aggiunto il leader dell’Udeur - è stata messa sotto controllo. Quando divenni ministro della Giustizia, Cossiga mi disse: da ora te e la tua famiglia sarete intercettati; Cossiga aveva ragione". "Mi vedrete poco a Roma perché in questo momento devo essere più accanto a mia moglie e ai miei amici", ha quindi annunciato Mastella.

Fidatevi dei magistrati seri. "Vorrei dire agli italiani fidatevi della magistratura, della magistratura seria, ma non fidatevi di Gip particolari. Di quei Gip che per ragioni di incompetenza territoriale, prima arrestano, e poi dichiarano la propria incompetenza...", ha detto ancora l’ex ministro della Giustizia durante la conferenza stampa a Benevento nella quale ha confermato le proprie dimissioni dal governo.

Giustizia: Mastella; i Carabinieri nella redazione di Apcom

 

Apcom, 17 gennaio 2008

 

L’agenzia di stampa, che per prima ieri ha diffuso la notizia dell’arresto della moglie del ministro della giustizia, Sandra Lonardo, anticipando persino gli agenti della Polizia Giudiziaria, si è vista perquisire gli uffici della sede di Roma nella notte. Interrogati tutti i giornalisti coinvolti nel servizio, l’autore convocato in Procura a Santa Maria Capua Vetere. Intanto Clemente Mastella avrebbe confermato le dimissioni, il dicastero della Giustizia quasi sicuramente sarà retto ad interim da Romano Prodi, che riferirà alla Camera alle 14.30 e al Senato alle 17.

Perquisizione dei Carabinieri nella sede romana di Apcom, l’agenzia di stampa diretta da Giulio Giustiniani di proprietà di Telecom Italia Media News. Apcom è stato la prima agenzia a dare la notizia dell’arresto della moglie del dimissionario ministro della Giustizia Clemente Mastella, anticipando persino la notifica dell’atto da parte della polizia giudiziaria, e in pratica informando del provvedimento anche la stessa Sandra Lonardo Mastella, presidente del Consiglio Regionale della Campania, che ha così appreso dalla stampa di trovarsi agli arresti domiciliari.

Gli uomini dell’arma, indagando sulla fuga di notizie, hanno eseguito una perquisizione e interrogato i giornalisti che hanno partecipato alla realizzazione del servizio su mandato della procura di Santa Maria Capua Vetere, titolare dell’inchiesta sull’Udeur, che vede indagato, come si appreso poche ore dopo le prime notizie, anche lo stesso Clemente Mastella e coinvolge 23 esponenti di spicco del partito. I militari hanno notificato all’autore del lancio una convocazione per questa mattina negli uffici della procura campana. Dopo le ultime notizie intanto Mastella avrebbe confermato le dimissioni dal suo incarico, che potrebbe essere assunto ad interim dal Presidente del Consiglio Romano Prodi. Lo avrebbe reso noto Antonello Soro durante la conferenza dei capigruppo di maggioranza che si è tenuta questa mattina a Montecitorio. Il premier riferirà alla Camera alle 14.30 e al Senato alle 17.

Giustizia: caso Lonardo - Mastella, i dettagli dell’inchiesta

 

Affari Italiani, 17 gennaio 2008

 

C’é voluta mezza giornata, dalle 8.35 alle 14.30, perché la notizia degli arresti domiciliari per Sandra Lonardo Mastella arrivasse ufficialmente alla diretta interessata, cioè con una pattuglia di carabinieri che portava l’ordinanza firmata dal giudice di Santa Maria Capua Vetere. Nelle sei ore precedenti, che per la presidente del consiglio regionale della Campania e moglie del ministro della giustizia erano stati disposti gli arresti domiciliari era solo un’indiscrezione giornalistica.

Battuta dalle agenzie di stampa, ripresa da giornali radio e Tg, commentata da politici di primo piano, l’indiscrezione aveva già causato le dimissioni del ministro guardasigilli, respinte dal presidente del Consiglio. Il procuratore di Santa Maria Capua Vetere, Mariano Maffei, assediato dai cronisti, si era limitato a precisare che "nessun provvedimento è stato notificato", "se c’é violazione del segreto, l’autore sarà perseguito penalmente".

Per il ministro Mastella, stando alle persone che gli sono state vicine, si è trattato di un risveglio burrascoso. Subito dopo aver saputo la notizia degli arresti domiciliari alla moglie, il ministro ha convocato a casa sua i collaboratori più stretti. Accantonato il discorso sullo stato della Giustizia, che avrebbe dovuto leggere alla Camera dei Deputati (e nel pomeriggio al Senato) e che poi è stata solo depositata, Mastella ha scritto di getto a penna il duro intervento con il quale ha annunciato le sue dimissioni. Riversato su computer portatili, il discorso è stato poi stampato in alcune copie e solo in un secondo momento duplicato per i giornalisti di tutte le testate.

Il cambiamento di programma ha fatto saltare la presenza del Guardasigilli alle 9 nella sede del ministero per il giuramento delle agenti di polizia penitenziaria. Intanto nei palazzi della politica sono cominciate a circolare le voci di dimissioni. A parlare esplicitamente del’ipotesi, intorno alle 10, è stato al Senato il leghista Roberto Castelli, ex ministro della Giustizia. Mastella, atteso alla Camera alle 10.40, arriva con un po’ di ritardo poco prima delle 11 e anche alcuni deputati parlano di dimissioni. Pochi minuti dopo il ministro "getta la spugna".

A Ceppaloni, nel frattempo, Sandra Lonardo continua a rimanere all’oscuro del provvedimento che la riguarda. Poco dopo le 9.30, già attorniata dai cronisti, dice di non sapere nulla. Alle 11.30, con accanto il suo avvocato Titta Madia, ribadisce: "Sono ancora una donna libera". Passano meno di due ore e alle 13.30 il procuratore di Santa Maria Capua Vetere, Mariano Maffei, dice: "Nessun provvedimento é stato notificato alla Mastella. Anzi, vorrei sapere chi ha diffuso la notizia". Maffei, che dovrà lasciare l’incarico tra 11 giorni, viene chiamato in causa dal ministro per vicende "che lambiscono suoi stretti parenti": il riferimento rimanderebbe al nipote Sandro De Franciscis, presidente della Provincia di Caserta.

Un tempo dell’Udeur, De Franciscis è diventato Segretario Provinciale del Partito Democratico e nell’ottobre scorso aveva tentato senza successo di conquistare la segreteria regionale. Dopo gli interventi dell’Aula, Mastella si riunisce con i suoi colleghi di partito e di maggioranza. Poi, poco prima delle 14 va a Palazzo Chigi da Prodi. Il presidente respinge le sue dimissioni. Il ministro ringrazia il premier ma spiega: "Ora devo stare accanto a mia moglie. Ogni decisione verrà dopo".

Solo mezz’ora dopo, alle 14.30, tre uomini della polizia giudiziaria di Santa Maria Capua Vetere notificano a Sandra Lonardo Mastella gli arresti domiciliari. Una singolare circostanza contribuisce ad alimentare le voci sulla sospetta fuga di notizie sull’inchiesta. Uno dei provvedimenti di custodia cautelare in carcere emessi dal gip riguarda l’ingegner Carlo Camilleri, suocero di uno dei figli di Mastella, ma l’uomo da ieri sera è ricoverato per un improvviso malore nell’ospedale Rummo di Benevento. Da oggi è piantonato da agenti della polizia penitenziaria.

 

Sandra Mastella e l’inchiesta

 

I carabinieri di Caserta hanno eseguito 23 ordinanze di custodia, delle quali quattro di detenzione in carcere e 19 di arresti domiciliari, nonché tre ordinanze interdittive nei confronti di esponenti politici ed amministratori regionali.

Lo rende noto un comunicato diffuso dal procuratore di Santa Maria Capua Vetere Mariano Maffei. La misura della custodia in carcere è stata emessa per Carlo Camilleri, Vincenzo Lucariello, Antonello Scocca e Domenico Pianese. Gli arresti domiciliari sono stati disposti per Sandra Lonardo, Fausto Pepe, Carlo Bianco, Erminia Florenzano, Andrea Abbamonte, Luigi Nocera, Francesco Cardone, Ferdinando Errico, Vincenzo Liguori, Nicola Ferraro, Nino Lombardi, Angelo Padovano, Domenico Pietrocola, Francesco Zaccaro, Antonio Barbieri, Letizio Napoletano, Paolo Budetta, Cristiana Fevola e Ugo Ferrara. Interdizione dall’ufficio del giudice del Tar per Ugo De Maio. Interdizione dall’ufficio di vigile urbano per Luigi Treviso, interdizione dall’ufficio di prefetto della Repubblica per Giuseppe Urbano.

 

Dimissioni? Assolutamente no

 

"Dimettermi? Assolutamente no. Non ci penso proprio, saranno i cittadini a giudicare". Così il presidente del Consiglio regionale della Campania, Sandra Lonardo Mastella, ha risposto a una domanda dei giornalisti.

 

7 i reati contestati a Mastella

 

Complessivamente nei confronti del ministro della Giustizia Clemente Mastella sono sette i reati contestati: concorso esterno in associazione per delinquere, due episodi di concorso in concussione e uno di tentata concussione, un concorso in abuso d’ufficio e due concorsi in falso. Mastella è indagato in primo luogo per concorso nell’associazione per delinquere della quale sono indicati come promotore e organizzatore Carlo Camilleri, promotore Antonello Scocca "socio e factotum" di Camilleri, nonché Domenico Pianese e Paolo Budetta, docenti universitari descritti dai giudici come uomini di fiducia di Camilleri, e Vincenzo Lucariello, ex segretario generale del Tar Campania "uomo di fiducia dell’Udeur". Il secondo capo di imputazione in cui si fa riferimento al ministro della Giustizia è il concorso in concussione ai danni del governatore della Campania Antonio Bassolino per la nomina del commissario Asi di Benevento. Secondo gli inquirenti, per compensare la mancata attribuzione al suo gruppo politico della carica di presidente Iacp di Benevento ("carica ritenuta a lui dovuta, ma assegnata dalla maggioranza politica della Regione ai Ds nella persona di Umberto Del Basso De Caro"), con l’accaparramento di altro ente pubblico e di postazione da lui indicata nell’ambito della sanità e dei trasporti, Mastella avrebbe deciso di "iniziare una strategia di pressione politica e governativa sul governatore della Campania".

Tutto ciò fornendo agli assessori regionali Udeur Luigi Nocera e Andrea Abbamonte e al consuocero Camilleri di dare attuazione alla "strategia nei confronti del governatore", una strategia consistita "nelle loro assenze nelle riunioni di Giunta regionale e nel mancato apporto ai provvedimenti di interesse del governatore".

Tale da "far ritenere imminente il venir meno della maggioranza politica regionale, sia attraverso una campagna di stampa nella quale Mastella strumentalmente attaccava il governatore in relazione alla gestione dei rifiuti". Così da indurre Bassolino "a far designare nella carica di commissario Asl di Benevento una persona di diretta e esclusiva indicazione di Mastella, Luigi Abbate, nominata previo strumentale commissariamento dell’ente, in tal modo peraltro assicurandosi il controllo sulle scelte e le attività dell’ente".

Mastella è indagato per concorso in tentativo di concussione con la moglie Sandra Lonardo, l’assessore Andrea Abbamonte e il consigliere regionale Udeur Nicola Ferrante per le presunte pressioni nei confronti del dirigente della Asl di Caserta per nominare determinati primari vicini all’Udeur e non designarne altri. In particolare tra le indicazioni che il dirigente non avrebbe recepito vi è la nomina, che non sarebbe stata "gradita" ai coniugi Mastella, di Sergio Izzo, fratello di Mino Izzo, parlamentare di Forza Italia.

Tutte le richieste sono state respinte "per la fermezza opposta da Annunziata", dirigente della Asl. Concorso in abuso di ufficio è l’ipotesi formulata nei confronti di Mastella, ritenuto istigatore del reato, e nei confronti del presidente della terza sezione del Tar Campania Ugo De Maio, di Vincenzo Lucariello e Franceco Tursio, indicati anch’essi come istigatori. La vicenda si riferisce al fatto che De Maio avrebbe ricevuto sollecitazioni per un ricorso e non si sarebbe astenuto dal partecipare al giudizio, facendo poi proprie in camera di consiglio le ragioni del ricorrente. L’illecito che non si sarebbe realizzato perché gli altri due giudici del collegio determinarono il rigetto del ricorso. Concorso in falso in atto pubblico sono i reati ipotizzati in due capi di imputazione per presunte false attestazioni a vantaggio della Comunità montana del Taburno.

Concussione in concorso con Carlo Camilleri e il capogruppo Udeur alla Regione Campania Ferdinando Errico: questi ultimi, insieme con il ministro, avrebbero costretto Antonio Barbieri, sindaco di Cerreto Sannita a nominare un esponente Udeur (Ciro Melotta) assessore ai lavori pubblici del comune sannitico. Mastella avrebbe esercitato "pressioni politiche e amministrative sul sindaco" fornendo direttive a Camilleri e Errico perché operassero un "congelamento" dei finanziamenti regionali destinati a insediamenti produttivi nel territorio del comune.

 

Mastella: "Frange estremiste nella magistratura"

 

"Non ho un conflitto con la magistratura. Io ritengo e confermo che ci sono frange estremiste nella magistratura, mentre c’é la stragrande maggioranza dei giudici che stimo". Lo ha detto il ministro della Giustizia Clemente Mastella in una telefonata in diretta a ‘Matrix’, aggiungendo che "é proprio per salvaguardare la dignità e la serietà di queste persone per bene che io ho combattuto e continuerò la mia battaglia". "Alla maggioranza dei giudici italiani va la mia stima, l’affetto e la dedizione - ha aggiunto - ma non a quelle frange che hanno lanciato questo assalto". Il Guardasigilli non ha poi risposto direttamente alla domanda di Enrico Mentana se confermerà, domani nel corso della conferenza stampa, le dimissioni date oggi a Prodi e respinte dal premier. Ma ha fatto capire che molto probabilmente non tornerà sui suoi passi.

"Chiederò al Csm, quando sarò più libero nei prossimi giorni, e chiederò a chi sarà a gestire il ministero della Giustizia, di acquisire la parte nascosta rispetto a quando dichiarato dal procuratore" ha infatti sottolineato. E poi ha aggiunto: "Sono decisioni personali e domani spiegherò le mie ragioni. Ho fatto e farò le mie scelte dopo essermi confrontato con la mia famiglia". Mastella ha concluso rivendicando le scelte fatte sulla giustizia - "non mi pento, ho tentato di comporre un equilibrio difficile per un tentativo di riconciliazione tra potere politico e magistratura di cui il paese ha bisogno" - e ha ringraziato il presidente della Campania Bassolino per la solidarietà espressa. "È stato molto corretto con me e lo ringrazio molto".

Giustizia: ora il Palazzo teme si rialzi l’onda delle Procure

di Stefano Cappellini

 

Il Riformista, 17 gennaio 2008

 

Il ciclone giudiziario che ha travolto Clemente Mastella, e che minaccia di travolgere altro ancora, è cominciato con ventiquattro ore di anticipo rispetto alla sua esplosione ufficiale, ovvero quando alle nove di ieri mattina le agenzie hanno battuto la notizia degli arresti domiciliari a Sandra Lonardo, moglie del ministro. Mastella sapeva dal giorno prima dei provvedimenti emessi dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere non solo contro la consorte, ma anche contro lui stesso e i vertici dell’Udeur campano. E la riunione dello Stato maggiore del Campanile dell’altro ieri, singolarmente convocata a casa Mastella, non era - come immaginato - un summit per preparare le mosse in vista della sentenza della Corte costituzionale sulla ammissibilità dei referendum. Né era un colloquio di routine quello che Mastella ha avuto la sera stessa con Giorgio Napolitano e che era stato spiegato in vista della relazione in Parlamento sullo stato della Giustizia che il ministro avrebbe dovuto tenere ieri.

Nei palazzi la bomba era già scoppiata e Mastella ha avuto una notte per buttare il discorso già pronto, riflettere sul da farsi e preparare la dura orazione pronunciata a Montecitorio contro "le frange estremiste" della magistratura. Ha avuto il tempo anche di informare Romano Prodi dell’entità dell’azione giudiziaria, che inizialmente pareva limitarsi alla signora Mastella, per concordare col Professore le mosse successive. Già nella prima telefonata tra i due, precedente al j’accuse del Guardasigilli alla Camera, il premier ha offerto al suo ministro totale solidarietà: "Se vuoi restare al tuo posto, hai il mio appoggio", ha garantito Prodi. Mastella ha incassato la sponda del Prof, ma ha deciso comunque di andare all’attacco e di annunciare le dimissioni, per testare le reazioni politiche. Che sono state - con l’eccezione di Antonio Di Pietro nella maggioranza e di Gianfranco Fini e Francesco Storace nell’opposizione - di solidarietà più o meno forte.

Nel frattempo anche i vertici del Pd si esponevano, con una dichiarazione di Walter Veltroni ("Mastella vada avanti") e il discorso in aula di Dario Franceschini (sebbene più tiepido di quello ipermastelliano pronunciato da Sandro Bondi). A quel punto anche Prodi - assente a Montecitorio perché impegnato in un faccia a faccia con Gianni De Gennaro - ha invitato pubblicamente il ministro a restare. Ma lentamente la situazione è sfuggita dal controllo di tutti, sia per l’imponderabilità della slavina giudiziaria che rischia di estendersi e contagiare altre Procure sia perché Mastella, dopo un nuovo incontro con Prodi, si è rifugiato a Ceppaloni senza sciogliere la riserva sulle sue intenzioni. "Rifletterò", le sue uniche parole.

Prodi si è chiuso a palazzo Chigi con i collaboratori più stretti per studiare tutte le possibili soluzioni al dossier. Ma il Prof, rassicurato dalla cogestione della crisi col diretto interessato, continua a considerare il reintegro di Mastella non solo il miglior esito della faccenda, ma anche una soluzione politicamente praticabile. "Non dimentichiamo che Mastella era già nella condizione di Guardasigilli indagato", ha spiegato il premier ai suoi interlocutori facendo riferimento all’inchiesta "Why not".

Di certo, il presidente del Consiglio è pronto a prendere in considerazione tutte le vie d’uscita pur di mettere alle spalle l’incidente, dallo scambio di pedine nella squadra di governo, per ricollocare altrove Mastella, a una sostituzione di area. Preferirebbe però evitare l’interim. A confortare Prodi c’è anche un altro filo diretto, quello con Massimo D’Alema, che a sua volta ha sentito Mastella e successivamente ha consigliato il Prof di tener duro sul rientro delle dimissioni. Secondo il vicepremier, se le imputazioni a carico del Guardasigilli sono quelle filtrate finora - e che riguardano in sostanza questioni di lottizzazione di enti pubblici - non sussiste la gravità necessaria a motivare un passo indietro del ministro.

Parallelamente, Veltroni si è chiuso nel loft con Franceschini e i due capigruppo Soro e Finocchiaro, preoccupato anche da quanto succedeva nel campo opposto. Gli incontri che Silvio Berlusconi ha accumulato in poche ore, tra cui quello con Pierferdinando Casini, hanno allarmato non poco il leader del Pd: "Si prepara alle elezioni", si è detto convinto Veltroni, che ha cercato di capire al telefono con palazzo Chigi quali margini sussistono per scongiurare il default. Il sindaco di Roma teme che Mastella, anche sull’onda del via libera della Consulta ai quesiti referendari, possa decidere di giocarsi la partita "con le mani libere" e favorire accelerazioni impreviste. Non che Veltroni abbia in animo di arrivare al 2011, ma questa è l’ultima finestra per elezioni anticipate in primavera e la precipitazione degli eventi verso questa soluzione coglierebbe il leader democratico del tutto impreparato, con troppi nemici in casa (cosa farebbe a quel punto Prodi?) e destinato alla sconfitta. In più, il Pd deve camminare sul filo: ufficialmente, rilancia l’invito a Mastella a tornare al suo posto, però non può sposarne le accuse alla magistratura, come Finocchiaro si è affrettata a precisare uscendo in serata dal loft.

Ma il dubbio che assilla tutti e che aleggiava ieri su un Transatlantico spaurito è un altro. Le coincidenze con il 1992 sono sempre più forti - dall’antipolitica dilagante all’invocazione delle manette sui quotidiani, dal sistema istituzionale paralizzato e inefficiente ai capipopolo che affilano le armi (stavolta sui blog). Il timore generale è che un filo possa legare l’Asi di Benevento, teatro della presunta concussione operata da Mastella, al Pio Albergo Trivulzio di Mario Chiesa, primo focolaio di Tangentopoli. Ma questo è un altro film. E nessuno a Palazzo può prevederne la sceneggiatura.

Giustizia: sugli atti delle indagini preliminari e i mass media

 

www.radiocarcere.com, 17 gennaio 2008

 

La riflessione di Radio Carcere: "una sanzione amministrativa per chi viola il divieto".

La pubblicazione degli atti di un processo penale. Il dibattito parlamentare ha dedicato ultimamente ampia attenzione a questo argomento. Il Ministero della giustizia ha redatto un disegno di legge, approvato dalla Camera dei deputati, il quale da diversi mesi attende l’esame del Senato.

La legge vigente prevede dei divieti di pubblicazione sia degli atti del dibattimento sia degli atti delle indagini preliminari. Non è possibile pubblicare gli atti delle indagini preliminari coperti da segreto. Non è possibile pubblicare gli atti delle indagini preliminari non coperti da segreto sino a che non siano concluse le indagini, ovvero sino al termine dell’udienza preliminare. Non è possibile pubblicare gli atti del dibattimento (sia quelli del fascicolo del dibattimento sia quelli del fascicolo del pubblico ministero) sino a che non sia stata pronunciata la sentenza di primo grado.

La ragione dei divieti di pubblicazione risiede nel fatto di garantire alcuni diritti fondamentali quali: la presunzione di non colpevolezza, il diritto ad un giusto processo, il diritto di difesa, il diritto alla riservatezza delle comunicazioni e il diritto di privacy.

La presunzione di non colpevolezza peraltro deve essere intesa in concreto. La pubblicazione degli atti delle indagini preliminari, come dimostrato da recenti esperienze, quali per esempio il delitto di Garlasco, comporta inevitabilmente una condanna mediatica, emessa in assenza di difesa, attraverso la celebrazione di un "processo" selvaggio, lontano dalle aule di giustizia, in totale assenza di regole e garanzie. Una condanna che neanche un’assoluzione giudiziale cancella. Una condanna che inevitabilmente finisce per influire sul processo, incidendo proprio sul diritto ad essere presunti non colpevoli.

Il divieto di pubblicazione trova un ulteriore spiegazione nel fatto che gli atti compiuti durante le indagini preliminari sono formati dalla polizia giudiziaria e dal pubblico ministero. Atti alla formazione dei quali non ha partecipato la persona interessata. Atti che ai fini del processo penale proprio in ragione di quanto detto non hanno alcun valore. Sarebbe pertanto irragionevole istruire un processo mediatico su atti che non hanno valore probatorio.

La pubblicazione delle intercettazioni di comunicazioni tra persone. La riservatezza delle comunicazioni è riconosciuta dalla Costituzione. Il diritto alla riservatezza delle comunicazioni è limitato nel caso in cui si deve accertare la commissione di un reato. Limitazione disciplinata dal codice di procedura penale, che ne prevede tassativamente i presupposti. Limitazione che si estrinseca nell’intercettazione di conversazioni telefoniche. I risultati delle quali possono essere utilizzate come dato probatorio nel processo penale e non come fonte di notizie idonee a fare aumentare la tiratura o l’audience. Si deve peraltro considerare che oggetto di pubblicazione sono i così detti brogliacci. Trascrizioni informali, riassuntive, effettuate dalla polizia giudiziaria. Queste non solo non dovrebbero essere pubblicate, ma non dovrebbero essere utilizzate durante le indagine preliminari e, soprattutto, per disporre provvedimenti che limitano la libertà personale. Le intercettazioni infatti acquisiscono valore probatorio solo dopo la trascrizione da parte di un perito. L’annotazione operata dall’ufficiale di polizia giudiziaria, mentre ascolta la telefonata, non racchiude in se quelle garanzie necessarie per attribuirle un valore probatorio.

Personaggio pubblico e diritto alla privacy. Senza pregio è l’argomentazione posta a giustificare la pubblicazione dell’intercettazioni quando l’intercettato è un personaggio pubblico. Gli autori di questa argomentazione affermano che il personaggio pubblico non ha diritto alla privacy, perché i suoi comportamenti devono poter essere valutati dalla collettività. L’errore risiede nel fatto che non si considera che i diritti tutelati sono, come detto, quelli della riservatezza delle comunicazioni, di essere considerato non colpevole sino alla sentenza definitiva, di avere garantito un giusto processo. E peraltro, la privacy di un personaggio pubblico può sicuramente subire delle limitazioni, ma non utilizzando strumenti invasivi quali le intercettazioni.

Divieti inefficaci perché sono sprovvisti di una effettiva sanzione. Chi viola il divieto della pubblicazione può estinguere la contravvenzione pagando circa 180 euro. Cifra irrisoria per carta stampata e video. È necessario rendere effettivo il divieto prevedendo un’adeguata sanzione.

La proposta non è di aumentare la pena, ma anzi di depenalizzare questo reato e di prevedere sanzioni amministrative idonee. È inutile aumentare la pena. È errato assegnare al processo penale il compito di eliminare questi comportamenti illegittimi. Il risultato sarebbe solo quello di aggravare il carico giudiziale. Al numero esorbitante dei processi da celebrare se ne aggiungerebbero solamente altri, con esiti facilmente prevedibili: la prescrizione per gli uni e gli altri. L’aumento della sanzione penale non avrebbe efficacia deterrente se non nel caso in cui la pena fosse aumentata esponenzialmente, trasformando la contravvenzione in delitto, evitando così il rischio della prescrizione. Un tale aumento di pena però non sarebbe ragionevole se si considera la condotta incriminata. È logico pertanto auspicare una depenalizzazione, eliminando l’illecito penale e introducendo un illecito amministrativo, il cui accertamento e la relativa applicazione della sanzione può essere attribuita all’Autorità garante della privacy. La sanzione dovrebbe consistere in una idonea sanzione pecuniaria e nella possibilità, per le violazioni più gravi, di sospendere l’attività del mezzo mediatico che è incorso nella violazione.

Giustizia: cambiare i "giudici inutili" con dei "giudici utili"

di Fabio Lattanzi

 

www.radiocarcere.com, 17 gennaio 2008

 

Giudici: lavoratori socialmente inutili. Uomini che prestano la loro opera e vengono congruamente retribuiti del tutto inutilmente. Giudici che s’impegnano per punire l’autore di un reato, ma che spesso producono solo un nulla di fatto. Giudici che realizzano processi senza sanzione: colpevoli senza carcere. I processi penali hanno ad oggetto imputati virtuali: stranieri mai identificati, che sono rimasti dei fantasmi. I processi penali hanno ad oggetto imputati irreperibili, ignari di giudizi in contumacia, che peraltro la Corte europea ritiene contrari al giusto processo. I processi penali, causa indulto e prescrizione, hanno ad oggetto processi che terminano senza sanzione.

Il quadro delineato è contenuto in un documento realizzato dai giudici del foro ambrosiano. Un quadro realista, che dipinge perfettamente lo stato del processo penale. Un processo che sempre più spesso termina senza riuscire a punire chi ha commesso un reato. Una dato incontestabile che però contrasta con un altro dato: le carceri sono sovraffollate.

Difficile capire: al processo non segue la sanzione, non segue il carcere, però il numero dei detenuti aumenta. La spiegazione in due parole: custodia cautelare. I numeri sono eloquenti: su 49.442 detenuti, 16.525 sono in attesa di un primo giudizio, 9.642 sono in attesa di un appello, 3.199 sono in attesa del giudizio di cassazione, 18.589 sono in carcere perché condannati in via definitiva e 1.487 sono sottoposti a misura di sicurezza definitiva.

Gli istituti di pena del nostro paese sono occupati per un numero superiore alla metà da persone non condannate in via definitiva e per un numero superiore al trenta per cento da persone mai condannate e mai processate. Persone la cui libertà viene privata in ragione di un provvedimento cosiddetto cautelare: la custodia in carcere. Persone ritenute probabilmente colpevoli e di cui si dovrebbe temere la fuga, l’inquinamento delle prove o la commissione di altri fatti delittuosi.

Numeri inquietanti, numeri che testimoniano una forte utilizzazione di uno strumento il cui uso dovrebbe essere eccezionale. Uno strumento adottato spesso per finalità diverse da quelle che le norme gli assegnano. Uno strumento utilizzato per calmierare l’incapacità del processo penale di comminare la sanzione. La persona sottoposta alle indagini, ritenuta probabilmente colpevole, è talvolta soggetta ad un provvedimento di custodia cautelare a prescindere dalla presenza del pericolo di fuga, d’inquinamento delle prove o di nuovi comportamenti illeciti. Un esempio: Raffaele Sollecito.

Staziona nel carcere di Capanne, perché ritenuto probabile autore dell’omicidio della studentessa inglese. Difficile capire quali siano i pericoli che giustificano tale misura. La fuga: appare improbabile. L’inquinamento delle prove: altrettanto improbabile, avendo la polizia scientifica acquisito ogni singolo elemento. La commissione di un nuovo omicidio: nessun commento. Raffaele Sollecito avrebbe diritto ad un processo e avrebbe diritto ad essere processato da libero. Capanne dovrebbe attendere il suo ingresso sino al pronunciamento di una sentenza definitiva che lo ritenesse colpevole. Sentenza di condanna definitiva il cui sopraggiungere non è determinabile. I tempi del processo costituiscono una variante indeterminata e la sentenza definitiva diventa un evento remoto.

La conseguenza: un giudizio di probabile colpevolezza giustifica una parziale anticipazione dei suoi effetti, il carcere. Il luogo comune: il colpevole deve essere punito. La punizione giunge, quando giunge, dopo anni, troppi, dalla commissione del reato. La punizione allora l’anticipa il giudice delle indagini preliminari. Giudici inutili ai quali si affiancano giudici che non rispettano la regola di diritto. Giudici che richiedendo e disponendo la custodia in carcere, quando mancano i presupposti di legge, si pongono in contrasto con questa. Giudici che assumono un rischio altissimo: il rischio dell’errore giudiziario, del carcere per la persona non colpevole.

La colpevolezza dichiarata a seguito del processo ha in se la probabilità che determini un errore giudiziario, probabilità che aumenta esponenzialmente se la colpevolezza è dichiarata durante le indagini preliminari. Errore giudiziario che trasforma il giudice in dannoso. Una reazione a catena che deve essere interrotta. È necessario intervenire riequilibrando il processo penale, in modo tale che al numero di coloro che sono in carcere in attesa di giudizio si sostituisca il numero di chi è invece recluso per una condanna definitiva. È necessario trasformare i giudici inutili, i giudici non rispettosi delle regole, i giudici dannosi, in giudici utili.

Giustizia: vendete Regina Colei, è costosa e degradata…

di Riccardo Arena

 

www.radiocarcere.com, 17 gennaio 2008

 

Carcere di Regina Colei. Via della Lungara, 29. Data di costruzione 1654. Prima destinazione: monastero. Nel 1900, viene trasformato in istituto di pena. Nel 1931, Eugenio Fuselli, discutendo del piano regolatore della capitale, ne propone l’abbattimento. Da allora sono passati più di settant’anni e oggi il carcere di Regina Colei è ancora lì. Dentro ci sono rinchiuse 880 persone detenute, suddivise in 8 sezioni e in un centro clinico.

I più "fortunati" occupano la prima e la seconda sezione, le uniche zone del carcere ristrutturate di recente. Gli altri vivono in celle degradate, vecchie e sporche. L’umidità e la muffa corrodono i muri, tanto che i detenuti sono costretti ad attaccare fogli di giornale sulle pareti per proteggersi. Le celle sono buie a causa di lastroni di vetro e ferro messi alle finestre (c.d. bocche di lupo). All’ultimo piano del carcere spesso non arriva l’acqua corrente. In altre parti, è quotidiana la rottura di tubazioni di acqua con conseguente allagamento.

In diverse celle manca il pavimento, in altre i muri sono scrostati. Quasi beffati i detenuti della terza sezione. Una sezione che ha subito un restauro conservativo. Hanno rifatto le celle come erano quando in carcere ci stavano Pertini, Gramsci e Ernesto Rossi. In tutte le celle non ristrutturate, i bagni sono vere e proprie latrine.

C’è sovraffollamento a Regina Colei. Ogni cella è occupata da una media che va dai 4 ai 6 detenuti. Nei periodi di più grave sovraffollamento, e non sono rari, i detenuti in più dormono per terra nella sala del biliardino. Attualmente tre sezioni del carcere sono chiuse per lavori di ristrutturazione. Lavori difficili vista la vetustà della struttura. Così, per esempio, è accaduto che nella quinta sezione, dove stavano mettendo l’impianto di riscaldamento, sono comparse delle profonde crepe sui muri e i lavori si sono fermati.

Anche la manutenzione ordinaria è impresa ardua. Ogni giorno c’è un muro ammuffito da riverniciare o impianti elettrici da rimettere a posto. Insomma, mantenere Regina Coeli come carcere equivale a pagare un tizio per svuotare una piscina con un colabrodo. Tempo e soldi sprecati.

Per questo Regina Colei deve essere chiusa. Non solo perché costringe la maggior parte delle persone detenute a una carcerazione indegna, ma anche perché Regina Coeli è un carcere antieconomico. Non conviene. È un carcere degradato che costa molti soldi.

Queste le cifre. 14 milioni e mezzo di euro è il costo annuo di Regina Coeli. Si tratta di spese ordinarie, come mantenimento dei detenuti, bollette, stipendi, spesa sanitaria, mezzi di trasporto della polizia penitenziaria e manutenzione ordinaria. A questi 14 milioni e mezzo di euro vanno aggiunti i soldi spesi per le ristrutturazioni straordinarie. Leggendo le leggi finanziarie approvate dal 1999 al 2003, si scopre che per i lavori di ristrutturazione di Regina Coeli sono stati spesi ben 21 milioni di euro. Così divisi: nel 1999 lo Stato ha stanziato circa un miliardo di lire per l’impianto elettrico di Regina Coeli.

Nel 2000, 15 miliardi di lire per la ristrutturazione della prima sezione e della caserma degli agenti. Nel 2001, 10 miliardi di lire. Nel 2002, 5 milioni di euro. Nel 2003, 3 milioni e 600 mila euro. Totale: 21 milioni di euro. Una cifra enorme, a cui vanno aggiunti 450 mila euro dati nel 2006 dalla Regione Lazio per mettere l’impianto di riscaldamento nella quinta sezione. Quella, per intenderci, rimasta chiusa a causa delle crepe!

Si tratta di cifre che lasciano riflettere. Milioni e milioni di euro spesi per un carcere antico che non potrà mai adeguarsi ai parametri legislativi previsti oggi per la detenzione. Occorre evitare di buttare ancora milioni di euro. Occorre togliere da quelle celle degradate le persone detenute. La soluzione è semplice e, soprattutto, economica. Vendere Regina Coeli e con quanto realizzato, costruire due strutture penitenziarie alle porte di Roma.

Il complesso di Regina Colei, è enorme e si trova in una delle zone più esclusive della capitale. Trastevere. Il suo valore sul mercato immobiliare può superare i cento milioni di euro. Una cifra più che sufficiente per realizzare due strutture penitenziarie da 500 posti.

Due strutture diverse per la finalità e il luogo. La prima da destinare alle persone sottoposte a misura cautelare e da realizzarsi in periferia, ma lungo una delle strade che portano in Tribunale. Una struttura detentiva per presunti non colpevoli che come tale dovrà essere costruita pensando a un trattamento detentivo il meno afflittivo possibile. La seconda struttura, che potrebbe crearsi al sud di Roma, dovrebbe essere destinata alle persone condannate in via definitiva. È possibile dunque trovare un’alternativa giusta ed economica a Regina Coeli. Basta volerlo.

Giustizia: Sappe; sperimentazione braccialetto elettronico

 

Sappe Informa, 17 gennaio 2008

 

Braccialetto elettronico: riparte la sperimentazione! Il Ministero della Giustizia ha recepito le nostre richieste per una nuova politica della pena, che ponga al centro il ruolo della Polizia penitenziaria e per un maggiore ricorso alle misure alternative alla detenzione Apprendiamo, con particolare soddisfazione, che il Ministero della Giustizia ha recepito integralmente le nostre richieste per una nuova politica della pena che ponga al centro il ruolo del Corpo di Polizia Penitenziaria e per un maggiore ricorso alle misure alternative alla detenzione, avvalendosi anche di dispositivi tecnici come il braccialetto elettronico.

A giorni infatti partirà su tutto il territorio nazionale la sperimentazione di 400 braccialetti elettronici, che assicureranno continuativamente la localizzazione della persona interessata sul luogo di detenzione e renderanno impossibili i comportamenti elusivi. Da diverso tempo, dalle settimane immediatamente successive all’approvazione dell’indulto, sollecitammo Governo, Parlamento e Ministero della Giustizia ad aprire una riflessione per una nuova politica della pena, necessaria e indifferibile, che prevedesse un ripensamento organico del carcere e dell’Istituzione penitenziaria, prevedendo un maggiore ricorso alla misure alternative alla detenzione e l’adozione di procedure di controllo mediante strumenti elettronici o altri dispositivi tecnici, come il braccialetto elettronico.

Dalla lettura della Relazione sullo stato della Giustizia in Italia, a cura del Ministero della Giustizia e depositata ieri in Parlamento, sulle politiche penitenziarie leggiamo tra l’altro: "… stiamo attrezzando la nostra Polizia Penitenziaria per gestire in proprio le fasi dell’esecuzione penale esterna, consistente in tutte quelle forme di trattamento alternative al carcere che obbligano il condannato all’osservanza di divieti o di comportamenti prescrittivi, e che quindi presuppongono la presenza di un’autorità vigilante, e controlli stringenti sul rispetto dell’esecuzione.

In materia di custodia domiciliare, sia a titolo cautelare che di espiazione di pena, sta partendo in questi giorni la sperimentazione di 400 braccialetti elettronici, che assicureranno continuativamente la localizzazione della persona interessata sul luogo di detenzione e renderanno impossibili i comportamenti elusivi. La garanzia di efficacia derivante da questo controllo permanente consentirà alla magistratura di utilizzare con maggiore fiducia, e migliore profitto per le esigenze di tutela della collettività, le misure alternative alla detenzione in carcere…". E per noi è una grande soddisfazione apprendere che il Ministero della Giustizia ha valutato positivamente la nostra reiterata proposta.

Catanzaro: corsi di aggiornamento per operatori carcerari

 

Giornale di Calabria, 17 gennaio 2008

 

Il Provveditorato regionale calabrese dell’Amministrazione penitenziaria avvia un’iniziativa di formazione continua degli operatori sanitari e dei "laici" operanti negli istituti di pena della regione, finalizzata all’addestramento alle manovre di rianimazione ed all’utilizzo dei defibrillatori, in un ambiente complesso, è scritto in una nota, "dove quotidianamente sono presenti, oltre una popolazione detenuta di quasi 2.000 unità, operatori dei vari ruoli, familiari ed avvocati dei reclusi, magistrati, forze dell’ordine ed altre figure".

"Un microcosmo complesso - prosegue la nota - nel quale ogni iniziativa di tutela della salute è sempre di grande importanza e significato, in particolare per la gestione delle emergenze. Il rinnovato interesse per le metodologie di prevenzione degli eventi cardiaci acuti, e soprattutto la defibrillazione precoce, prevista nelle norme dalla recente legge Monteleone, a seguire le esperienze del biennio 2005-07 nel quale è stata creata la rete delle apparecchiature e la prima formazione con retraining del personale sanitario, ha suggerito l’opportunità di costituire una rete interna di formatori per le attività di addestramento e formazione continua del personale sanitario e dei "laici" (operatori di polizia penitenziaria, personale dei ruoli amministrativi) alle manovre di rianimazione precoce ed all’utilizzo dei defibrillatori semiautomatici".

"Già negli anni scorsi - si afferma nella nota - era stata realizzata la rete delle apparecchiature, ormai presenti in tutti gli istituti penitenziari della regione, e formato il personale sanitario (medici, tecnici sanitari ed infermieri); inoltre di particolare significato è apparsa la giornata di formazione rivolta alla polizia penitenziaria nello scorso 2007 nel carcere di Catanzaro "Siano" a cura dell’Amco (Associazione medici cardiologi ospedalieri)".

"Il progetto, fortemente voluto dal dirigente generale, Paolino Quattrone - conclude la nota - si articola in due fasi, la prima delle quali prevede, appunto, la formazione degli istruttori; è articolata quale corso residenziale ed integra una presentazione, anche sotto il profilo medico-legale e relazionale, dell’attività di BLS-D ad una formazione tecnico-scientifica frontale e pratica sui manichini e sui simulatori".

Torino: Scienze Politiche e Giurisprudenza per i detenuti

 

La Stampa, 17 gennaio 2008

 

Un corso di latino nel carcere "Lo Russo e Cutugno" di Torino: è stato attivato su richiesta dei detenuti iscritti al polo universitario, di cui è stato inaugurato il decimo anno accademico, alla presenza del Procuratore Generale Giancarlo Caselli e del rettore Ezio Pelizzetti.

Quella del latino è una delle tante esigenze di conoscenza che la popolazione carceraria esprime così come emerge da un’esperienza lunga 25 anni - ha ricordato il procuratore generale - quando sono iniziate le prime lezioni di docenti all’interno della casa circondariale. Dal 1998 a Torino il Polo Universitario vede coinvolte le facoltà di Scienze Politiche e Giurisprudenza. La sezione è composta da 22 celle singole, aperte dalle 7 alle 21, più un’aula di 20 metri quadrati, due aule colloqui, un’altra con tre computer.

Direttamente in carcere insegnanti e ricercatori svolgono in media 7/8 lezioni, ognuna da due a tre ore e in carcere si tengono le sessioni di laurea. Finora i laureati sono stati 10, di cui 8 in Scienze Politiche e 2 in Giurisprudenza, con voti in media molto alti, tra 106 e 110. Uno di loro ha ottenuto 110 con lode e il Premio Optime dell’Unione Industriale. Tra gli argomenti di tesi quelli legati alla vita carceraria, la Palestina, il diritto musulmano, la filosofia politica di Nietzsche, la riforma protestante e Lutero.

Quest’anno gli iscritti sono 16 (5 in Giurisprudenza, 11 in Scienze Politiche), ma in passato il loro numero è arrivato a 30-35. La necessità di fare informazione su questa opportunità è stata sottolineata da Maria Teresa Pichetto, docente delegata dal rettore per il Polo Universitario. Il bando è nazionale e tutti i detenuti che hanno i requisiti possono fare richiesta per studiare presso il polo universitario.

Genova: perché leggere fa bene, anche nella detenzione

di Giorgio Boratto

 

www.mentelocale.it, 17 gennaio 2008

 

Martedì 15 gennaio alla Biblioteca dell’Università di via Balbi 3 si è svolto l’incontro "Galeotto fu... il libro. Un convegno sulla realtà bibliotecaria all’interno delle carceri".

A parlarci di questo argomento i direttori delle carceri di Marassi, Pontedecimo e Chiavari, i funzionari delle biblioteche cittadine ed un rappresentante della biblioteca del carcere di Munster. C’erano anche due ex detenuti che hanno raccontato la loro esperienza come bibliotecari.

Il primo intervento è stato quello di Giovanni Salamone, Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria, che ha spiegato come l’offerta di lettura all’interno del carcere sia legata a diversi fattori: l’investimento e il ripensamento - con il conseguente cambiamento - di un modello di giustizia diverso da quello che stiamo vivendo oggi. "Dobbiamo anche ripensare la pena e nelle biblioteche è possibile riflettere su cosa può essere e diventare il carcere. I libri ci aiutano a guardare il futuro con idee e fantasia".

Francesco Langella, Presidente AIB Sezione Liguria, partendo dall’esperienza del concorso sulle fiabe svolto dentro il carcere, ha ricordato i vari passaggi di collaborazione tra le biblioteche e il carcere. Langella, citando Roland Barthes per cui non c’è amore senza un libro, ha proseguito dicendo che la biblioteca deve essere un luogo accessibile a tutti, un servizio pubblico che, va da sé, offrendo maggiori opportunità di lettura offre una qualità migliore.

Salvatore Mazzeo, direttore del carcere di Marassi, volge il primo pensiero ai volontari, che sono il veicolo più importante per l’apertura del carcere alla comunità: grazie a loro cresce l’umanità dentro la casa circondariale. Il secondo pensiero è sulla lettura come strumento per tenere viva l’intelligenza aiutando la riflessione. "In un ambiente di dolore come il carcere, dove tutto è scelto da altri, la scelta di un libro da leggere è un elemento importante, diventa l’unica scelta individuale. Molti carcerati poi si sono scoperti scrittori e poeti dopo che si sono avvicinati al libro".

Giuseppe Comparone, direttore del carcere di Pontedecimo, racconta la nascita della biblioteca carceraria: i libri donati dalla Croce Rossa della biblioteca Palasciano; insieme i tanti volumi portati dentro sacchetti di plastica da privati cittadini: tutto è ben accetto. Nell’ozio del carcere la lettura aiuta a pensare. Con la lettura molti detenuti iniziano a scrivere. "Oggi abbiamo bisogno di libri stranieri e anche noi, grazie ai volontari, abbiamo aumentato l’offerta". Anche l’esperienza teatrale ha una valenza analoga alla lettura per aiutare i detenuti.

Altra testimonianza letta da Francesco Guido della Biblioteca Universitaria è quella di Angela Barlotti, assente suo malgrado, che si definisce biblioterapeuta. Per lei le biblioteche sono cresciute, ma molto resta da fare. La sua idea è una biblioteca come centro di cultura e anche luogo per fornire indirizzi esterni d’appoggio. Il bibliotecario dovrebbe essere un esterno che insegni questa professione; porti all’interno del carcere la sua capacità di catalogazione.

Gerhard Peschers, presidente della Società Biblioteche Carcerarie tedesche, ha parlato della realtà delle biblioteche all’interno delle carceri in Germania. Lui ha soprattutto raccontato la storia della prigione di Munster, cittadina della zona Nord Reno-Westfalia, e della sua biblioteca collegata al carcere. È rimasto favorevolmente impressionato della realtà delle biblioteche liguri e di quella delle carceri. In Germania non esiste. C’è l’idea che il rigore della pena mal si coniughi con l’amenità della lettura, il libro come fonte di piacere; ma il libro non è solo evasione, è anche istruzione. In Germania esistono allo stato attuale solo tre biblioteche carcerarie. Bisognerà fare un lungo lavoro, che è iniziato anche promosso anche da regolamenti e principi europei. Pescher, contento di essere a Genova su invito del Goethe Institute, che ha contribuito alla riuscita della manifestazione, ha ricordato Eugenio Montale: come la poesia dà la musica ai tamburi delle tribù, così le parole aggiungono il suono, danno la libertà.

Emanuele Canepa, della Biblioteca Berio, si è soffermato sul valore dell’offerta bibliotecaria: valore non monetizzabile ma volatile, eppure ricco di qualità: un valore di servizio dal grande valore, seppure operi solo da un anno all’interno delle carceri. Le biblioteche comunali - la Berio in particolare - offrono molti servizi: possibilità di rendere udibili i libri con schermate video per i ciechi; per i sordi ci sono degli operatori che hanno imparato il linguaggio dei segni per trasmettere i testi; laboratori multiculturali e multimediali, collaborazioni con l’ospedale Gaslini attraverso la De Amicis.

Canepa ricorda che il contatto con il carcere è iniziato con il volontariato della dottoressa Tagliaferro nel 2001, per arrivare all’attuale protocollo d’intesa di collaborazione con il carcere di Marassi. Nel 2002, con la richiesta di libri in albanese. La mission prosegue ancora con l’obiettivo di raggiungere chi ha difficoltà a consultare e leggere i libri. Ci sono tanti problemi. I bibliotecari vorrebbero maggiore accessibilità, e se la porta del carcere ci deve essere questa deve essere un ponte.

Interessanti anche gli altri interventi di Felicia Firpo, bibliotecaria, Maria Milano, direttrice del carcere di Chiavari, Livia Botto, del Ministero di Giustizia. Hanno concluso gli incontri le testimonianze di due ex carcerati divenuti bibliotecari: Marcello Balocchi ed Elena Benetello. Due esperienze positive, grazie all’incontro con i libri. Due testimonianze di come le biblioteche, centri di aggregazione e insieme luogo per ritrovare spazi per sé, possano fornire momenti per elaborare un nuovo senso della vita.

Parma: domani ci sarà concerto nel carcere di via Burla

 

www.lungoparma.it, 17 gennaio 2008

 

Nell’ambito delle iniziative finalizzate a migliorare la qualità della vita dei detenuti e in occasione delle celebrazioni dedicate al Patrono Sant’Ilario, l’assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Parma ha organizzato, in collaborazione con la direzione degli Istituti Penitenziari di Parma, un concerto che si terrà domani venerdì 18 gennaio alle13 nella sala teatro del carcere, in via Burla 59.

"La Memoria in attesa" è il titolo del recital che vede come interpreti Mara Mazzieri e Rossella Volta con Luca Lanza alle chitarre e arrangiamenti, Emiliano Vernizzi al sax, Stefano e Gianluca Gatti alla sezione ritmica, per la regia di Robi Bonardi, già direttore artistico del progetto "Come Quando Fuori Sogno". Il recital vuole essere appunto una occasione per presentare il Cd realizzato nell’abito di una attività laboratoriale promossa in collaborazione con l’équipe de Progetto Carcere del Ser.T. dell’Ausl di Parma. Nel Cd, che contiene brani di quindici artisti del panorama nazionale (tra cui Andrea Salvini, Jenny B., Aida Cooper, Stefania Rava, Raffaele Fiume, P.G. Barigazzi e la stessa Mara Mazzieri), sono inseriti brani scritti dai detenuti tra cui una poesia eseguita in stile rap dagli RH Positivo ed altri brani interpretati da Bonardi, Franca Tragni e Mrs Kate, presenti per l’occasione.

Bari: onlus truffa la Regione e lo Stato per milioni di euro

 

Gazzetta del Mezzogiorno, 17 gennaio 2007

 

Arrestate due persone e denunciate altre 17, appartenenti all’Ente Morale "Operatori Emergenza Radio", che gestiva il servizio di 118 nel barese. Sequestrati 12 immobili, 70 autoambulanze e conti correnti per un totale di 3 milioni e mezzo di euro.

La sanità pugliese non versa davvero in buone acque e non solo per i problemi amministrativi di bilancio. È di stamattina la notizia di una truffa per un ammontare di circa 3 milioni e mezzo di euro ai danni del servizio sanitario nazionale scoperta a Bari dai militari della Guardia di finanza. L’operazione, denominata "Cross Out" e che ha impegnato la compagnia di Monopoli, ha portato all’arresto di due persone e 17 denunciate, tutte impiegate in un’associazione di volontariato che gestisce il servizio di emergenza del 118. Sono accusati di truffa aggravata ai danni dello Stato e di riciclaggio.

Di questo dovranno rispondere il presidente e il vicepresidente della Onlus incriminata, ente morale senza fini di lucro che dovrebbe reinvestire tutti gli utili prodotti e che serviva da copertura per i reati messi in opera dai truffanti. I militari hanno inoltre posto sotto sequestro 12 immobili, 70 autoambulanze e conti correnti per un valore stimato di circa tre milioni e mezzo di euro.

La onlus che presentava bilanci falsi e utilizzava personale e mezzi di altre cooperative per il trasporto di pazienti, si sarebbe appropriata negli ultimi anni una gran quantità di fondi pubblici versati dalla Regione Puglia e dal ministero del Lavoro: il denaro - secondo gli investigatori - veniva poi dirottato sui conti privati degli indagati. Le indagini hanno portato al sequestro di almeno una sessantina di conti correnti nel registro degli indagati e di numerosi immobili e mobili. La magistratura ha comunque disposto la gestione commissariale della Onlus che gestisce un servizio di pubblica utilità importantissimo per la cittadinanza.

Al diffondersi della notizia non sono mancate le prime dichiarazioni a caldo sulla particolarità della vicenda. "È inammissibile che proprio un ente morale si colori di tanta immoralità - afferma Luigi Russo dell’Osservatorio Regionale del Volontariato. Verrebbe da pensare piuttosto che l’ente sia stato creato ad hoc, allo scopo di delinquere, per accaparrare con la frode il denaro pubblico. Da tempo sosteniamo che sia necessario sul nostro territorio un monitoraggio delle realtà, quelle concrete, che si spendono in favore degli ultimi, quelle che con l’impegno civile di ogni giorno, connotano di valori la vita del volontariato. Come osservatorio regionale riteniamo fondamentale ripartire da queste basi, per affermare l’identità vera del volontariato, che è poi la sua grande forza: la gratuità".

Immigrazione: neo-comunitari, resta reato di clandestinità

di Alessandro Galimberti

 

Il Sole 24 Ore, 17 gennaio 2007

 

Le norme che hanno modificato lo status dei rumeni, facendoli diventare cittadini dell’Unione europea, non possono considerarsi integratrici della norma penale, e non sono neppure retroattive. Il processo a un neo-comunitario di 39 anni, assolto nel settembre del 2006 dal tribunale di Genova per la violazione della Turco-Napolitano in quanto clandestino e inosservante all’allontanamento del questore, dovrà quindi essere rifatto in appello, anche se nel frattempo l’uomo è diventato cittadino Ue.

Le Sezioni Unite della Cassazione (2451/08) hanno così risolto la questione dell’estensibilità del principio dell’articolo 2 del Codice penale (successioni di leggi penali nel tempo) alle norme extrapenali, nel caso specifico integrative della legge sugli stranieri. Secondo i giudici "la situazione di fatto e di diritto antecedente all’adesione (della Romania, ndr) e quella successiva sono diverse e richiedono quindi logicamente trattamenti, anche penali, diversi". La sentenza, comunque, rimette ordine a una questione ventennale e riprende, confermandolo, l’orientamento espresso da ultimo della stesse Sezioni Unite nel caso Giordano (25887/2003).

Il criterio di valutazione, scrivevano i giudici, non può essere se il fatto punito in base alla legge anteriore sia punito anche in base a quella posteriore: non può escludersi, in sostanza, che un fatto non più punibile oggi rimanga punibile in forza della legge vigente all’atto della commissione dei fatti/reato. Ciò che conta, scrivono le Sezioni Unite, non è il fatto concreto ma la struttura della fattispecie: la norma extrapenale cambiata (nel caso specifico: l’adesione della Romania alla Ue) determina una abolitio criminis anche parziale, oppure "comporta solo una nuova e diversa situazione di fatto"?

L’allargamento della Ue del 1° gennaio 2007, chiosano i giudici, non ha inciso sulla fattispecie dell’articolo 14 del Dlg 286/98, ma ha solamente reso lecita la permanenza in Italia di rumeni da quel momento in poi. Diverso sarebbe se a cambiare fosse stata invece la definizione di "straniero" nella Turco-Napolitano, escludendo i cittadini di Stati in attesa di adesione.

Droghe: torna l’eroina, boom nei sequestri di anfetamine

 

Adnkronos, 17 gennaio 2007

 

I dati della relazione annuale dei Servizi Antidroga. Nel 2007 aumento del 6% per clienti anfetamine ed ecstasy. Numero crescente di stranieri segnalati. A Malpensa sbarcano tre chili di droga al giorno.

Le droghe sintetiche invadono il mercato italiano. A indicarlo è il boom di sequestri: +500%. Una crescita a tre cifre che segna un nuovo record: più di 30mila chili di droga e oltre 3,4 milioni di dosi sottratti al mercato negli ultimi dodici mesi. È questo, a quanto l’Adnkronos è in grado di anticipare, il quadro 2007 del mercato italiano che emerge dalla relazione annuale della Direzione Centrale Servizi Antidroga del ministero dell’Interno.

Anfetamine ed ecstasy le droghe chimiche preferite. Tra i consumatori nuovi o nostalgici l’eroina torna protagonista, mentre la cocaina mette d’accordo tutti e mantiene il suo primato. A incentivare il mercato ci pensano i prezzi stracciati: Napoli è la città più conveniente con 20 euro per una dose di polvere bianca o eroina. Tra gli effetti collaterali una sempre maggiore spregiudicatezza nell’uso di sostanze da taglio, che sono spesso la causa delle morti per droga. Se hashish e marijuana perdono clienti, la globalizzazione incrementa il consumo delle sostanze etniche: khat, ketamina e shaboo.

Trend positivo anche per il recupero di eroina che in dieci anni ha visto quadruplicare i risultati. Nel 1997 erano 476 i chili sottratti alle organizzazioni criminali oggi, invece, si sfiora quota 1.900. Un indice di attenzione da parte delle forze dell’ordine, ma anche un segnale: il surplus di oppiacei prodotto in Afghanistan si sta riversando sul mercato italiano ed europeo. Un traffico illegale gestito da diversi cartelli: dalle mafie nostrane alle organizzazioni albanesi o maghrebine. Il tutto senza escludere i produttori.

Il mercato nazionale è alimentato quasi totalmente dalla cocaina colombiana: Ecuador, Spagna, Olanda e Argentina le rotte d’ingresso. Turchia e Albania, invece, il passepartout per l’eroina afgana. L’hashish arriva attraverso la Spagna o l’Olanda, quest’ultima pronta a garantire rifornimenti anche di marijuana e droghe sintetiche.

Nel 2007 anfetamine ed ecstasy hanno acquisito nuovi clienti, oltre il 6% secondo le ultime stime, e raggiunto quota 388mila dosi. Quasi 5.300 quelle invece di Lsd. Un mercato con alcune novità e qualche ritorno: più di un milione di compresse di diazepam, 1.478 chili di khat e oltre 2 chili di metadone sequestrati. In un solo colpo 123mila le pasticche finite nella rete dei controlli a Valico Brogeda, in provincia di Como, nel maggio scorso. Carichi di droghe sintetiche intercettati che si sottolinea nella relazione della Dcsa "registrano incrementi consistenti. Si ritiene peraltro che l’offerta di queste sostanze sia maggiore di quanto non dicano i sequestri. Si tratta di un traffico molto frammentato, spesso gestito da soggetti al di fuori dei circuiti macrocriminali, che mutano frequentemente e che rendono per questo più difficile l’individuazione dei flussi".

Allucinogeni da laboratorio e stimolanti anfetaminici distribuiti da ‘trafficanti fai da tè. La conferma arriva da Sebastiano Vitali, dirigente superiore della Polizia di Stato, a capo del Servizio operazioni della Direzione centrale antidroga. "Difficile negare che chiunque possa andare in Olanda a comprare della droga con una probabilità molto alta di farla franca". Incensurati insospettabili che si trasformano in corrieri o in consumatori-pusher, gruppi stranieri sempre più interessati a entrare in un mercato che promette guadagni facili.

A testimoniarlo il numero crescente di stranieri segnalati e l’attività di contrasto: 21.645 operazioni contro le 20.580 del 2006. "La fetta più importante e lucrosa del mercato è legato, però - spiega Vitali - alle sostanze tradizionali". Aumenta la domanda di cocaina, ma i sequestri perdono terreno: 3.875 chili circa nel 2007, quasi mille chili in meno rispetto allo scorso anno. I derivati della cannabis, hashish e marijuana soprattutto, restano nel complesso le droghe più richieste dal mercato. A testimoniarlo l’alta percentuale di sequestri: oltre 18.250 chili di hashish e 4.500 chili di marijuana. Un vero tracollo per quest’ultima se si considera che solo dieci anni fa la quantità sottratta al mercato illecito era di oltre 45mila chili.

Trend negativi che, però, "possono nascondere - sottolinea Vitali che coordina le investigazioni antidroga in Italia e all’estero - nuove strategie: una fase di attesa per studiare rotte più sicure per lo spaccio". Il mercato illecito attraversa così tutta l’Italia. Tappa obbligata Milano e province: quasi un chilo di droga su tre passa da qui, se si leggono tabelle e statistiche. La Lombardia si conferma la regione dei sequestri con 9.480 chili: quasi il 32% della droga complessiva recuperata lo scorso anno. Seguono la Liguria (2.908 chili), la Sicilia (2.366) e la Campania (1.919). Fanalino di coda il Molise, la Valle d’Aosta e la Basilicata, rispettivamente con poco più di 6, 26 e 28 chili.

È boom di cocaina, eroina e droghe sintetiche in Lombardia, mentre Liguria e Sicilia si dividono il traffico di marijuana, hashish e cannabis. Sono 213.158 le pasticche di ecstasy sequestrate a Milano e province, a cui vanno aggiunte 24 dosi di anfetamine e 565 di Lsd, il potente allucinogene che impazza in Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, rispettivamente con 2.293 e 1.626 dosi sequestrate in dodici mesi. A guidare la classifica dei sequestri di eroina e cocaina è ancora la Lombardia con 868 e 1.220 chili sottratti alle mani dei trafficanti. In Liguria l’hashish spadroneggia, con 2.610 chili recuperati, mentre in Sicilia spopolano marijuana e cannabis: 1331 chili e quasi 1.434.500 di piante sequestrate.

Cocaina nascosta in blocchi di marmo o intrisa negli abiti, eroina inserita all’interno di computer, shaboo nascosto in oggetti di legno artigianali, cornici di quadri o nelle suole delle scarpe. Senza dimenticare i metodi più classici: doppifondi di valige, palle da tennis, vani dell’auto creati ad ‘hoc’, piccole imbarcazioni e bagagli a mano: solo a Malpensa ogni giorno sbarcano oltre tre chili di droga. Porti, aeroporti e strade: i corrieri non hanno mezzi di preferenza. Nel porto di Salerno sono stati recuperati in un solo colpo, nel febbraio scorso, 378,90 chili di cocaina.

Nel porto di Trieste è stato intercettato uno dei maggiori carichi di eroina (176 chili), mentre a Genova è stata bloccata una partita di hashish di 546 chili. Ben 490 chili di marijuana sono stati sequestrati a Vittoria, in provincia di Ragusa. L’aeroporto di Malpensa si conferma leader, con 600 chili di droga, soprattutto cocaina, sequestrati nei primi sei mesi del 2007. Seguono il Leonardo da Vinci a Roma (189) e il Marconi a Bologna (kg. 40). Un traffico illecito che viaggia anche sulle strade: nel valico autostradale di Vipiteno sono stati sequestrati carichi di hashish e cocaina (oltre 415 chili solo nel primo semestre), in quello di Passo Resia nella rete dei controlli sono finiti 116 chili di marijuana, mentre lungo l’Autofiori sono stati recuperati in pochi mesi quasi 65 chili di sostanza illecite.

Crescono i sequestri, ma aumentano i consumatori. Nel 2007 le persone segnalate sono state 34.570, con un aumento, rispetto allo scorso anno del 10,5%. Trend positivo anche per stranieri e minori. Le denunce hanno riguardato in 10.360 casi cittadini stranieri rispetto ai 9.544 del 2006 segnando un + 10,8%. Solo nel primo semestre gli stranieri segnalati in Italia, di cui 4.466 in stato di arresto, sono stati 5.382: il 31,1% del totale nazionale delle denunce per droga con un incremento del 20,8% rispetto allo stesso periodo del 2006.

Più denunce per il reato di traffico illecito in 4.877 casi (18,8% in più rispetto al primo semestre del 2006) e di associazione finalizzata al traffico in 505 casi (+44,7%). Un dato indicativo di quanto gli stranieri siano sempre più coinvolti nel reato più grave di associazione, conservando allo stesso tempo un ruolo primario in quello dello spaccio.

Fra gli extracomunitari coinvolti soprattutto marocchini, oltre il 30% del totale degli stranieri denunciati a livello nazionale, seguiti da tunisini, albanesi e nigeriani. Sono la Lombardia, l’Emilia Romagna e il Lazio le regioni che hanno raccolto le maggiori denunce a carico di stranieri. Sono 1.018 i minori denunciati, secondo i dati non ancora consolidati. A macchiare la fedina penale soprattutto cocaina, seguita da hashish ed eroina, ma anche pronti sperimentatori: butirrolactone o Gbl, psilocibina, metilamfetamina cloridrata sono le sostanze pronte a sbancare. Senza dimenticare lo sniffing: sostanze volatili presenti in colle, gas, carburanti, diluenti e lacche per i capelli facili da inalare.

Droghe: Torino; voto su narco-sale, ecco come è andata

di Maria Teresa Silvestrini

 

www.fuoriluogo.it, 17 gennaio 2007

 

Messaggio inviato da Maria Teresa Silvestrini, Presidente della Commissione Sanità e Servizi Sociali, ai promotori della mozione sulle narco-sale, che ricostruisce il voto in Consiglio Comunale a Torino.

Invio questa mail per aggiornare sull’esito in consiglio comunale della mozione sulle droghe che proponeva l’istituzione a Torino di stanze del consumo iniettivo. In questa iniziativa, come sapete, la sinistra si è molto impegnata nell’arco di quasi un anno in collaborazione con i molteplici soggetti che sul territorio si occupano di dipendenze e di bassa soglia, ma è stata osteggiata in primo luogo dalla componente cattolico-conservatrice del Partito Democratico (Marco Calgaro, Domenica Genisio, Stefano Lo Russo, Gavino Olmeo, Stefano Gallo). Tale opposizione si è concretizzata nell’abbandono della sala consiliare per numerose volte consecutive, in modo da far cadere il numero legale e impedire la discussione e il voto. Ieri la mozione, originariamente firmata da 20 consiglieri, è stata respinta con 20 voti contrari, 13 favorevoli e 3 astenuti.

Si è arrivati a questo risultato dopo che il Pd, per mantenere un’unità interna, ha presentato una propria mozione, molto breve, nella quale si limita a sollecitare il Ministero della Sanità ad accertare le condizioni di fattibilità della somministrazione controllata di eroina, che è cosa assai diversa dalla stanza del consumo e la cui efficacia del tutto residuale (possono accedervi solo coloro che non hanno ottenuti risultati con altre terapie e presuppone il riconoscimento legislativo dell’eroina come farmaco).

I consiglieri del Pd favorevoli alla creazione di narco-sale, e firmatari della originaria mozione-droghe, sono stati convinti a togliere la propria firma o ad astenersi, in modo da bocciare la creazione delle narco-sale.

Sei consiglieri del Partito Democratico e uno dell’Italia dei Valori non hanno votato a favore della mozione, pur avendola firmata al momento della presentazione. Se gli orientamenti iniziali fossero stati mantenuti la mozione sarebbe passata. La discussione in aula si è tenuta in tarda serata, dopo l’interpellanza sugli incidenti di lavoro e le comunicazioni del sindaco sui rifiuti campani.

Personalmente mi sono limitata a ricordare che le stanze del consumo, adottate a partire dal 1986 in numerose grandi città occidentali e la cui validità è comprovata da evidenze scientifiche, rappresentano una evoluzione dei servizi di bassa soglia, creati in Piemonte nel 1995, poi diversificati e articolati attraverso una sperimentazione condotta da operatori sociosanitari di elevatissima competenza e professionalità (es. Drop in e Cango).

La creazione di stanze del consumo a Torino è uno strumento fortemente richiesto da questi operatori, e il compito della politica deve essere proprio, a mio modo di vedere, quello di ascoltare e assecondare i percorsi di coloro che si impegnano sul territorio e nei servizi. Inoltre le stanze del consumo sono strumenti di salute e inclusione a favore dell’area più marginale e socialmente deprivata dei tossicodipendenti, quelli che non hanno una casa dove poter consumare, e che pertanto dovrebbero essere protetti da politiche pubbliche. Ma ieri sera la politica ha assunto come priorità i propri equilibri interni piuttosto che le istanze significative che emergono dalla realtà sociale. Ringraziando tutti coloro che hanno lavorato con noi in questo percorso, sicuramente interessante e forse non inutile, saluto caramente".

Droghe: Padova; sono in progetto nuovi muri anti-spaccio

 

Notiziario Aduc, 17 gennaio 2007

 

Dove ancora non ci sono muri e cancelli i cittadini di Padova di una delle zone più "calde" tentano di tenere lontani spacciatori e prostitute bersagliandoli con arance lanciate dalle finestre e dai balconi.

La "guerra delle arance" è scoppiata alcune sere fa nella zona di via Manara, non lontana da via Anelli, una strada battuta da pusher, prostitute e dai loro clienti. Come tutte le guerre che si rispettino anche questa ha le sue battaglie notturne le cui tracce si vedono al mattino: spiaccicati sul selciato restano i "proiettili" che hanno mancato i loro bersagli. Esasperati dal caos notturno che impedisce loro di dormire, i residenti di via Manara dicono di essere "davvero... alla frutta".

La strada è nel quartiere Stanga, limitrofa a via Anelli, dove l’amministrazione comunale aveva realizzato un anno fa il ‘murò per tenere lontani gli spacciatori. Pochi giorni fa in un’altra area adiacente sono stati montati due cancelli in acciaio per limitare l’accesso nella strada privata che porta ad un parcheggio, diventato nuovo centro di spaccio di droga.

Soddisfatti i residenti, che restano pero in attesa che anche proprio via Manara, quella della battaglia delle arance, venga chiusa, visto che due palazzine starebbero mostrando gli stessi segni di degrado che portarono alla decisione di sgomberare il complesso "Serenissima" di via Anelli che era diventato rifugio di spacciatori. Ma chiudere via Anelli senza fare altrettanto con la vicina via Manara, "è stato come soffiare sui coriandoli", dice il presidente del Comitato Stanga, Paolo Manfrin: in pratica, spiega, le attività si sono trasferite poco distante. Anche per questo, ha assicurato l’assessore comunale alla sicurezza Marco Carrai, ci sarà una nuova recinzione per dare una risposta immediata all’esasperazione dei residenti di via Manara. Agli abitanti che hanno impugnato gli agrumi pronti per il lancio, Carrai chiede solo di avere ancora un po’ di pazienza, poiché prima di poter procedere con gli interventi c’è la necessità di mettere d’accordo i proprietari dei due complessi che si affacciano sul cortile che è ritrovo soprattutto di extracomunitari.

Gran Bretagna: raccolta fondi per dare chitarre ai detenuti

 

www.rockol.it, 17 gennaio 2007

 

A fianco dei minatori, tanti anni fa. Fu poi la volta del suo supporto all’antirazzismo, quindi alla perestrojka di Gorbaciov quando il comunismo russo stava iniziando a sgretolarsi. Ora Billy Bragg si sta occupando di un altro progetto con un ideale. Convinto che la musica possa offrire realmente un aiuto a certe categorie, il menestrello di Barking ha lanciato l’iniziativa "Jail Guitar Doors": Billy raccoglie soldi che diventano strumenti musicali da offrire ai detenuti. "Jail Guitar Doors" era peraltro il titolo del "lato B" di "Clash City Rockers" dei Clash. Bragg ha messo assieme 10.000 sterline, circa 14.000 euro, e pochi giorni fa la Gibson si è associata al progetto.

Dopo aver eseguito delle sessioni in un carcere del Dorset lo scorso anno, Billy ha ora in mano una statistica forse un po’ empirica ma significativa: i detenuti che hanno collaborato con lui, una volta rimessi in libertà, sono tornati a commettere reati in una percentuale che va dal 10 al 15%. La media nazionale britannica è invece del 61%. "Ecco la prova: funziona", ha riferito il musicista all’Independent. Lo sforzo di Bragg non è passato sotto silenzio. Se ne è infatti accorto David Hanson, il ministro il cui dicastero controlla le prigioni di Sua Maestà: ora Hanson vuole portare l’iniziativa di Billy in più istituti di pena.

 

 

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