Rassegna stampa 27 febbraio

 

Giustizia: con la riforma una speranza per salute in carcere

di Franco Corleone (Garante dei diritti dei detenuti di Firenze)

 

Il Manifesto, 27 febbraio 2008

 

Il Parlamento è stato sciolto anticipatamente, e i partiti e i commentatori si esercitano intorno ai nuovi programmi per le elezioni di aprile. A me interessa invece fare un bilancio della legislatura sulla questione del carcere. L’inizio era stato promettente. L’approvazione dell’indulto con una larghissima maggioranza poteva far pensare all’avvio di una stagione riformatrice.

Invece la campagna di criminalizzazione da parte dei media contro una misura giusta e doverosa, di riparazione per la violazione delle leggi dell’ordinamento penitenziario e per l’affermazione dei diritti dei detenuti, ha bloccato ogni sviluppo positivo. La riforma del Codice Penale si è fermata, e il lavoro della commissione Pisapia si aggiungerà a quello delle precedenti. Continueremo ad avere come "tavola della convivenza" il codice Rocco del 1930. Non parliamo dell’abrogazione della Fini Giovanardi, della Bossi Fini e della Cirielli.

Le leggi criminogene che rendono il carcere una vera e propria discarica sociale sono ormai a regime, e stanno dando i frutti perversi previsti. Oggi nelle galere si è superato il livello dei 50mila reclusi, e a fine anno si superanno le presenze pre-indulto. A Firenze nel carcere di Sollicciano ormai si sfiorano i novecento ristretti, e prima dell’estate si supererà allegramente il livello di guardia.

Il 2008 si prospetta veramente come l’anno del disincanto. In questo buio sconfortante emerge un piccolo miracolo: la legge Finanziaria ha previsto l’attuazione della riforma prevista dal decreto 230 del 1999 sul passaggio della sanità penitenziaria al servizio sanitario nazionale, e sono imminenti gli atti finali dei ministeri interessati. Questa unica riforma va valorizzata e utilizzata come leva per il cambiamento.

Il problema della salute dei detenuti va inteso come l’affermazione di uno dei diritti fondamentali, previsti dalla Costituzione, che devono essere esigibili. Dovrà essere chiaro a tutti gli operatori che la salute è il momento di discrimine netto, e non la sicurezza. Guai se qualcuno pensasse che la riforma si può risolvere in un cambio di responsabilità burocratica. Per il carcere la presenza del servizio pubblico deve costituire una iniezione di energie autonome che rompano la logica autoreferenziale dell’istituzione totale.

Le Regioni che avranno la competenza del trasferimento debbono mettere da parte la tentazione del risparmio. Soprattutto questa operazione assai delicata richiede il coinvolgimento del personale che ha una competenza dettata dall’esperienza attraverso una valorizzazione degli elementi validi e di nuove energie motivate per un lavoro in un luogo che crea malattia La galera è la trincea della sanità pubblica, e chi deciderà di lavorarci dovrà farlo con entusiasmo adeguatamente ricompensato.

Vi è una specificità che va riconosciuta. Non è il carcere che si deve adeguare alle regole della gestione ordinaria, ma sono le Asl che debbono riconoscere la sua specificità attraverso il riconoscimento di dipartimenti essenziali. Guai se si pensasse di risolvere tutto con una pseudo efficiente sanitarizzazione. Occorrono medici che non temano di affermare il diritto alla decarcerizzazione per chi si trova in situazioni di incompatibilità con la detenzione per gravi patologie. Venerdì se ne parlerà a Firenze, mi auguro che la Regione Toscana sia protagonista.

Giustizia: una giornata europea contro il sovraffollamento

 

Comunicato stampa, 27 febbraio 2008

 

Il prossimo 28 febbraio - in concomitanza con la riunione dei Ministri di Giustizia e degli Affari Interni dell’UE - la Fp Cgil parteciperà alla manifestazione organizzata a Bruxelles dalla Federazione sindacale europea dei servizi pubblici (Fsesp), per chiedere che la questione del sovraffollamento delle carceri sia inserita all’ordine del giorno dell’UE, e che venga garantito il diritto al miglioramento delle condizioni di lavoro degli operatori all’interno degli istituti penitenziari.

Contestualmente, in almeno 10 Stati membri dell’Unione Europea, i rappresentanti sindacali del settore avvieranno ulteriore iniziative di sostegno alla manifestazione e, in particolare, per quanto riguarda l’Italia, si terrà a Roma alle ore 12.00 - presso la sala stampa della Camera dei Deputati - la conferenza stampa sulla condizione carceraria italiana.

Solo nell’ultimo decennio la popolazione carceraria nell’UE, dati del Consiglio d’Europa, è costantemente aumentata sino a superare le attuali 600.000 persone ristrette, e in media il numero dei detenuti supera il 125 per cento della capienza massima regolamentare delle strutture.

In Italia, anche per la mancata adozione da parte del Parlamento delle misure strutturali di sostegno al sistema, con l’attuale presenza di circa 51.000 detenuti, a cui invero non corrisponde l’assunzione di un adeguato numero di operatori, della Polizia penitenziaria come delle altre professionalità, il sistema penitenziario è di nuovo precipitato alle soglie dell’emergenza ante indulto.

Per ridurre il numero delle persone ristrette negli istituti penitenziari e migliorare le condizioni di lavoro degli operatori nelle carceri, categoria soggetta a forte stress professionale e stabilmente esposta a continue aggressioni, servono provvedimenti strutturali seri e non più ulteriormente rinviabili; c’è bisogno di investire nella prevenzione e nella riabilitazione, occorre implementare il ricorso alle misure alternative alla detenzione, dotare il sistema delle risorse essenziali, economiche e umane.

L’emergenza carcere, e la pronta risoluzione delle criticità che la affliggono, dovrà essere considerata punto essenziale e qualificante nell’attività politica europea e italiana, soprattutto di chi si candida al governo del Paese.

Al Ministro della Giustizia, Luigi Scotti, che presumibilmente rappresenterà l’Italia in quel consesso, chiediamo di adoperarsi per favorire l’inserimento del tema avanzato all’ordine del giorno dell’UE, e di propiziare l’accoglienza presso quella sede di una delegazione degli organizzatori della manifestazione.

 

Francesco Quinti

Responsabile Nazionale Fp Cgil

Comparto Sicurezza

 

Lettera al Ministro della Giustizia

 

Egregio Ministro, come Le sarà certamente noto, per il prossimo 28 Febbraio è stata proclamata una giornata europea contro il sovraffollamento delle carceri. L’iniziativa dei sindacati del settore penitenziario che aderiscono alla Federazione sindacale europea dei servizi pubblici (Fsesp), avviata in concomitanza con la riunione dei ministri della Giustizia e degli Affari Interni dell’UE, è stata decisa per sollecitare l’inserimento della questione del sovraffollamento delle carceri, e del miglioramento delle condizioni di lavoro all’interno degli istituti penitenziari, all’ordine del giorno dell’UE, e si concretizzerà in una manifestazione che sarà tenuta davanti all’edificio Justus Lipsius, alla quale parteciperanno circa 400 delegati del settore penitenziario di tutta Europa. Tra questi, signor Ministro, sarà presente anche una delegazione della Fp Cgil Nazionale, che in quel contesto renderà nota l’attuale grave condizione del sistema penitenziario italiano, di fatto ricondotto in situazione di piena emergenza anche per la mancata adozione, da parte del Parlamento, delle invocate misure strutturali di sostegno al sistema.

La presenza accertata di circa 51.000 detenuti negli istituti di pena, infatti, cui peraltro non corrisponde un adeguato numero di operatori in servizio, della Polizia penitenziaria come delle altre professionalità, sta inesorabilmente riportando il sistema penitenziario nella situazione ante indulto. Noi riteniamo che per ridurre il numero delle persone ristrette negli istituti penitenziari e migliorare le condizioni di lavoro degli operatori, categoria soggetta a forte stress professionale e stabilmente esposta a continue aggressioni, servano provvedimenti strutturali seri e non più ulteriormente rinviabili.

C’è bisogno di investire nella prevenzione e nella riabilitazione, signor Ministro, occorre implementare il ricorso alle misure alternative alla detenzione, dotare il sistema delle risorse essenziali, economiche e umane. Per questo, l’emergenza carcere, e la pronta risoluzione delle criticità che la affliggono, dovrà essere considerata punto essenziale e qualificante nell’attività politica europea e italiana, di quella attuale come di quella che si candida al governo del Paese.

A Lei chiediamo, signor Ministro, in qualità di membro dell’attuale Governo, se ovviamente riterrà di poter condividere le nostre riflessioni, di adoperarsi sin da subito per raggiungere quegli obiettivi, di civiltà innanzitutto, di favorire l’inserimento del tema proposto all’ordine del giorno dell’UE e, in ultimo, di farsi carico di propiziare l’accoglienza presso quella sede, e in quel giorno, di una delegazione degli organizzatori della manifestazione. Nel ringraziarla per l’attenzione dedicataci, l’occasione è propizia per inviarle cordiali saluti.

 

I Coordinatori Nazionali Fp Cgil

Francesco Quinti

Lina Lamonica

Giustizia: Osapp; il silenzio dei partiti sui problemi del carcere

 

Comunicato stampa, 27 febbraio 2008

 

L’organizzazione invita 44mila agenti penitenziari a non votare. L’Organizzazione sindacale Autonoma Della Polizia Penitenziaria, Osapp, torna all’attacco e denuncia il grave dissesto delle carceri italiane che colpisce sia i detenuti che gli agenti di polizia penitenziaria, e di fronte al silenzio sulla questione da parte degli schieramenti politici in corsa per le elezioni, il sindacato invita a disertare le urne i 44mila agenti carcerari.

Il segretario generale dell’Osapp, Leo Beneduci, condanna "il silenzio degli attuali schieramenti sui problemi che stanno mettendo in crisi il sistema carcerario e il corpo di polizia penitenziaria", e annuncia: "È ora che si decida per un’iniziativa clamorosa come la completa astensione dal voto dei nostri 44mila agenti".

L’Osapp mette in allerta di fronte alle conseguenze disastrose che potrebbero scaturire anche dalle consultazioni del 13 aprile, con il rischio che possa nascere un "governo zoppo", tanto che si paventano nuove elezioni nel 2010. "A questo noi diciamo basta, il destino di 51.000 detenuti e 44.000 agenti di polizia penitenziaria non può essere legato alle alchimie di quanti pensano che il Paese possa essere governato attraverso i proclami o slogan", sottolinea il segretario generale, denunciando che sia il governo di centrodestra, che quello di centrosinistra, che si sono succeduti "hanno solo contribuito ad aggravare una situazione senza alcun spiraglio per il futuro".

"Questa organizzazione - conclude Beneduci - metterà in campo qualunque energia per convincere i propri iscritti, e non solo, che un voto così espresso, senza alcuna garanzia per le soluzioni in campo, sarà un voto inutile. Con questo rispondiamo a Berlusconi e a Veltroni: il voto utile non è quello espresso per l’uno o l’altro schieramento, ma è quello che noi non manifesteremo e per il quale faremo anche noi la nostra campagna.

Giustizia: pedofilia; Veltroni "apre" alla castrazione chimica

di Alessandra Arachi

 

Il Corriere della Sera, 27 febbraio 2008

 

Questa volta Walter Veltroni si lancia: "La castrazione chimica per i pedofili? Non si può escludere a priori". E il suo lancio spalanca la porta alle polemiche. Da parte della destra, certo, la Lega in testa. Ma la critica più diretta arriva proprio da una costola del suo Pd. Arriva da Rosy Bindi, Ministro per la Famiglia: "Sono contraria alla castrazione chimica: è anticostituzionale e forse persino pericolosa".

Era in una conferenza stampa Veltroni ieri mattina, quella per la presentazione della proposta di legge del Pd contro i pedofili che ha presentato insieme a Marcella Lucidi e ad Anna Serafini: prevede che il reato di pedofilia venga equiparato al reato per mafia.

Quella sulla castrazione chimica è una domanda che arriva dalla sala. Veltroni risponde deciso: "Non ci sono certezze scientifiche sul funzionamento della castrazione chimica. Ma se la scienza le trovasse non vedo perché non ricorrervi". Una settimana fa era stato lo stesso segretario del Pd a prendere le distanze dalla proposta di castrazione chimica fatta da Gianfranco Fini, presidente di An.

"Veltroni deve smetterla di rincorrere la destra", ha protestato Angelo Bonelli della Sinistra arcobaleno. E la sua compagna di partito, Titti Di Salvo, gli ha fatto subito eco: "Ci chiediamo se Veltroni abbia dimenticato Cesare Beccaria e tutte le battaglie di civiltà che hanno portato l’Europa a diventare quello che è oggi".

Roberto Calderoli, coordinatore delle segreterie della Lega, non ha usato mezzi termini: "I politici sono veramente dei pagliacci: quando cinque anni fa fui io a proporre la castrazione chimica fui crocifisso e indicato come il più sadico dei sadici". Gli fa il verso Isabella Bertolini, Forza Italia: "Veltroni continua a copiare le proposte dei Pdl. Quella della castrazione chimica è vecchia di qualche anno e fu bocciata dalla sinistra come barbara e incivile".

 

I farmaci e la legge

 

La "castrazione chimica" avviene utilizzando farmaci di due tipi, che inibiscono la produzione di testosterone: i primi si assumono per via orale, i secondi con iniezioni intramuscolari. In Italia la castrazione chimica non può essere utilizzata, anche se tutti i farmaci sono disponibili. Per la nostra Costituzione nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario se non por disposizione di un giudice

 

Lucidi: reato di pedofilia equiparato alla mafia

 

"Abbiamo previsto le stesse misure dei reati di mafia". Sintetizza così Marcella Lucidi, sottosegretaria al ministero dell’Interno, la proposta di legge contro la pedofilia del partito Democratico, presentata oggi pomeriggio al loft del Pd. "Sono quattro le principali direttrici di intervento della proposta- spiega Lucidi- ossia la certezza dell’inasprimento delle pene, la prevenzione della recidiva, il criterio di isolamento sociale del pedofilo e la tutela dell’infanzia e delle giovani vittime". Per la sottosegretaria è fondamentale che "la difesa dell’infanzia sia un valore che orienta le scelte politiche, al centro ci deve essere la persona-bambino". Bambino che dopo aver subito violenza "si spegne e perde la sua età, il suo tempo, il suo spazio dedicato al gioco, cresce improvvisamente e i danni sono permanenti". La nuova proposta di legge, che dota il Partito democratico di un serio piano di intervento contro la pedofilia risponde, conclude Lucidi "ad una esigenza di giustizia e di sicurezza" molto sentita dalla collettività.

 

Bindi: reato raccapricciante, il Pd nel solco del governo Prodi

 

"Le proposte del Pd sulla pedofilia si muovono nel solco delle iniziative intraprese dal governo Prodi. La violenza sui bambini è sempre raccapricciante ma lo è ancora di più quando si associa all’abuso sessuale consumato spesso da conoscenti, nella cerchia familiare in cui i piccoli si sentono più sicuri e perciò sono anche più indifesi".

A sostenerlo è Rosy Bindi, ministro della Famiglia, secondo cui "su questo difficile e delicato fronte, abbiamo investito molte energie e nuove risorse, abbiamo dato un forte contributo alla definizione della nuova Convenzione europea, con un approccio consapevole della nuova dimensione internazionale del fenomeno, l’istituzione della Banca dati e la riorganizzazione dell’Osservatorio".

"Anche sul fronte legislativo - aggiunge Bindi - è stato fatto un buon lavoro per adeguare le norme alla nuova realtà, penso al reato di grooming che avevamo inserito nel decreto sicurezza e alla previsione di percorsi di presa in cura e riabilitazione previsti dal ddl contro la violenza in famiglia. Inasprire le pene, però, non basta. Occorre - prosegue il ministro - farsi carico della complessità di questo fenomeno e soprattutto pensare al recupero delle vittime, per ricucire le ferite psicologiche e morali e restituire fiducia nella vita e nel futuro, e puntare alla prevenzione con un impegno di tutte le istituzioni e agenzie educative del paese, per promuovere una cultura che bandisca ogni forma di abuso e violenza e rispetti fino in fondo la persona bambino".

"Sono sempre stata contraria all’ipotesi della castrazione chimica contro i pedofili - conclude Bindi - . Il fatto che non ci siano certezze scientifiche dimostra la sua inefficacia, inoltre ritengo questa soluzione anticostituzionale e forse persino pericolosa".

 

Pollastrini: giusto intervenire con la massima fermezza

 

"Apprezzo moltissimo questa scelta. È giusto intervenire con la massima fermezza contro un reato del genere". Così la ministra per i Diritti e le Pari Opportunità, Barbara Pollastrini, commenta la proposta di legge del Pd contro la pedofilia che il segretario Walter Veltroni ha presentato oggi a Roma. "La violenza ai bambini, insieme a quella alle donne- sottolinea- è la vergogna più grande, è la negazione di ogni civiltà".

Giustizia: una lettera dal Presidente del Tribunale di Torino

di Mario Barbuto (Presidente del Tribunale di Torino)

 

La Stampa, 27 febbraio 2008

 

Gentile direttore, ho il dovere istituzionale di intervenire sull’articolo del giornalista Zanotti di domenica 24 febbraio: "I Pm tessono la tela, i giudici la disfano", con il richiamo di prima pagina "Torino, la Procura sferza i giudici".

Gli impegni connessi all’ispezione ordinaria in corso (una ispezione di routine, sia chiaro) mi hanno impedito di assumere questa iniziativa con la necessaria tempestività. I titoli e l’impostazione dell’articolo sono fuorvianti e oggettivamente offensivi i per tutti i giudici penali e per l’intero Tribunale.

Soprattutto per l’incipit "Torino, a detta di tutti uno dei più efficienti tribunali d’Italia" (analogo ad altro incipit dello stesso giornalista nell’articolo del 29 gennaio, pag. 53 dove si parla di "medaglia opaca"), che ha il sapore del sarcasmo in presenza di quei titoli "strillati".

Il Procuratore Maddalena ha precisato che la sua lettera dell’8 maggio 2007 è un documento fortemente datato, ormai superato dagli eventi. Ho il dovere di aggiungere che nella primavera del 2007 si riferiva a una situazione eccezionale, che il sottoscritto conosceva, esistente in una sola sezione (peraltro fortemente oberata di lavoro) dei Tribunale.

Quel momento di crisi è stato superato il mese successivo come attesta Io stesso Maddalena con l’espressione "totale azzeramento dell’arretrato occulto". Ho avuto modo dì spiegare la situazione di Torino in diverse sedi istituzionali e Le assicuro di avere ricevuto attestazioni di compiacimento e di stima.

Proprio lunedì ho ricevuto una lettera, indirizzata anche ai sindacati, dal Capo Dipartimento del ministero della Giustizia (dott. Claudio Castelli). Cito testualmente: "Mi sono state segnalate difficoltà derivanti dall’ispezione in corso presso il Tribunale di Torino, stante l’inevitabile aumento dei carichi di lavoro che la stessa comporta.

Non intendo in alcun modo ingerirmi nell’ispezione, del resto prevista dalla legge, e con inevitabili appesantimenti, ma vorrei dare la mia testimonianza circa gli eccezionali risultati raggiunti da detto Tribunale... grazie alle idee e alla tenacia del Presidente del Tribunale e della direzione dell’ufficio, ma anche godendo di una collaborazione forte e convinta di tutto il personale, cui va esteso il ringraziamento e il profondo apprezzamento. Vorrei sfatare il luogo comune secondo cui raggiungere risultati positivi porta ad essere destinatari di minori attenzioni e risorse da parte dell’Amministrazione: lo sforzo che sinora si è avuto va in direzione esattamente contraria e cerca di premiare l’impegno e la capacità di raggiungere gli obiettivi e non le lamentazioni e l’inerzia".

La situazione della giustizia a Torino è apprezzata in ogni sede. Nel Dossier "Qualità della vita 2007" del Sole 24 Ore la nostra città è al primo posto per il "servizio giustizia" (unico settore in cui primeggia). Tutto ciò è dovuto allo spirito di servizio e all’abnegazione di tutti i giudici e di tutto il personale amministrativo. A Torino si lavora molto, si lavora sodo, si lavora con impegno e soprattutto con serietà e scrupolo. Ho il dovere morale di manifestare in questa sede il mio ringraziamento a tutti, magistrati, collaboratori, personale amministrativo.

Spiace che il quotidiano cittadino ritenga di porre l’accento su aspetti marginali (scavando perfino nel passato) per svilire tali risultati. Ho il dubbio che gli ispiratori dell’articolo (che, mi risulta, torneranno alla carica) siano proprio quei soggetti che ritengono di ottenere maggiori risorse dal ministero con la tecnica delle "lamentazioni" e con il grido d’allarme della "disfatta", una tecnica infruttuosa secondo il Capo Dipartimento del ministero della Giustizia. O forse l’articolo risponde alla logica del "nemo propheta in patria"? In tal caso mi rassegno all’idea che il Tribunale debba essere periodicamente maltrattato dal giornale cittadino.

Ai "miei giudici", che stimo con vero affetto, non posso che rivolgere un pubblico ringraziamento, dicendo che sono fiero di loro. Devo però invitarli a non dar peso ai "titoli strillati" che durano lo spazio di un mattino (seppure amaro).

Giustizia: G8 di Genova; Bolzaneto era come Guantanamo

di Alessandra Fava

 

Il Manifesto, 27 febbraio 2008

 

Insulti a un disabile, minacce di sodomia, botte e inni fascisti. I pm descrivono la caserma genovese come un luogo di torture fisiche e psicologiche. Protagonisti non solo i poliziotti ma anche i medici. Così la democrazia fu sospesa.

Schiaffi, botte, minacce di sodomizzazione, piercing levati da parti intime nella sala infermeria davanti ad altre quattro persone che non c’entrano niente, teste sbattute nei gabinetti, inni a Mussolini e altri canti fascisti o spruzzate con gas urticante: ieri per quattro ore e mezza Bolzaneto e le sue torture sono tornate ad essere materia da non archiviare, anche se siamo a quasi sette anni dai fatti. Ieri il pm Vittorio Ranieri Miniati che ha condotto l’inchiesta con Paola Petruzziello, ha incentrato la seconda delle sei udienze previste per la requisitoria sull’attendibilità delle parti offese, oltre 200 persone di diverse nazionalità.

Come la memoria consegnata dai pm Miniati e Petruzziello all’inizio del processo rimarcava che fonti diverse, in nessun collegamento tra di loro, avevano dato versioni univoche su diversi episodi di violenza e sull’organizzazione della caserma, così ieri si è tornati a valutare l’attendibilità partendo proprio dalle testimonianze degli arrestati che a Bolzaneto avrebbero dovuto solo essere identificati. Il pm ha scelto di raccontare sommariamente quel che è avvenuto da venerdì a domenica a quindici arrestati, cinque per giorno, ricostruendo così un quadro completo delle violazioni dei diritti umani avvenute a Bolzaneto, a partire dalle vessazioni del "Comitato d’accoglienza" che nel piazzale appellava molte ragazze con frasi come "entro stasera vi facciamo tutte" o "bisogna fare come in Kosovo", e marchiava la gente come fossero bestie col pennarello (ricordo indelebile per quelli della Diaz).

Nelle celle c’è chi viene tenuto in punta di piedi, chi con le braccia alzate anche per varie ore e spesso picchiato con "manganelli, schiaffi, pugni, pugni guantati, calci, colpo sulla nuca per far sbattere la fronte contro il muro, tanto è vero che parecchi testimoni hanno ricordato di avere visto macchie di sangue sui muri della cella più o meno all’altezza delle teste", ha detto il pm. Intanto i "colleghi" cantavano filastrocche a Pinochet, Hitler o Mussolini augurandosi i forni per i reclusi. Una donna ricorda che per costringerla a firmare un modulo le fu mostrata la foto dei suoi figli con la minaccia che se non firmava non li avrebbe visti tanto presto.

Poi si passa all’infermeria dove agiva il medico Giacomo Toccafondi insieme ad Aldo Amenta, accusati a vario titolo di abuso d’ufficio, lesioni personali in concorso, minacce e omissione di referto. Il pm non ha risparmiato in aula nessun particolare e, a proposito dei "piercing giustamente rimossi ma in maniera brutale e con minacce, oppure davanti ad altre persone", ha ricordato "il caso della ragazza con il piercing vaginale, obbligata a rimuoverlo con le mestruazioni davanti a 4-5 persone" oppure uomini minacciati di sodomizzazione ("carino il comunista, ce lo facciamo?").

La carrellata dei "ricordi" ha reso la crudezza delle sequenze come in un film. B.M., arrestato il 20 luglio, che ricorda teste sbatttute contro il muro, saluto romano, ustioni con sigaretta e accendino. Un’altra le minacce mentre le forbici tagliavano ciocche di capelli. Sabato, lo spray urticante spruzzato sulla faccia degli arrestati e la "visita" in cella del medico Toccafondi munito di mascherina o un ragazzo che ricorda che il medico aveva un manganello e glielo avvicinò alla bocca dicendo "manganelli manganelli", facendo ridere tutti. Domenica un cittadino italiano si sente rispondere da un agente alla presenza del medico "stai zitto non sei un cittadino, ma una merda". Infine il pm ha rimarcato come tutte le testimonianze appaiano genuine, precise e dettagliate e di come ci siano anche numerosi riscontri esterni come i referti medici e le note scritte dal gip.

Bologna: i "ragazzi del Pratello" fanno volontariato per l’Ant

 

Redattore Sociale, 27 febbraio 2008

 

Rinnovata per il quinto anno consecutivo la collaborazione tra la Comunità pubblica per minori che fa parte del Dipartimento di giustizia minorile e l’Associazione nazionale tumori. Il loro compito è portare medicinali a casa dei pazienti.

Ronny, Faouzi e Nicola sono i tre ragazzini della comunità del Pratello che attualmente stanno facendo i volontari per l’Ant (l’Associazione Nazionale Tumori). Portano a casa dei pazienti medicinali, ausili e tutto quello che possa aiutare una persona a vivere meglio le fasi più difficili della malattia. È stata rinnovata anche per il 2008, e per il quinto anno consecutivo, la collaborazione tra la Comunità pubblica per minori di Bologna (che fa parte del Dipartimento di giustizia minorile) e la Fondazione Ant Italia Onlus: una collaborazione con il mondo del volontariato per permettere ai ragazzi fuoriusciti dal carcere di trascorrere in comunità il resto della pena o che stanno scontando misure cautelari (una cinquantina in tutto finora, tra italiani e stranieri) di "sentirsi utili agli altri e imparare nuove cose avendo la possibilità di riscattarsi, almeno in parte, dagli errori del passato", dice Lorenzo Roccaro, direttore della Comunità pubblica per minori di Bologna, presente oggi in conferenza stampa insieme al direttore scientifico dell’Ant Roberto Giardino. "E tornano sempre entusiasti" da questa esperienza. "Un connubio che è utile sia a noi come associazione sia ai ragazzi ­ aggiunge la dottoressa Raffaella Pannuti -, perché la solidarietà è trasversale".

A confermare la positività dell’iniziativa è anche uno dei ragazzi: "Ti fa stare bene aiutare la gente che sta male - commenta - . Prima per me una carrozzina non voleva dire nulla, mentre ora ho visto che può migliorare la vita di una persona". Quest’anno poi ci sarà un nuovo piano per il monitoraggio e la valutazione di quest’esperienza: i ragazzi faranno volontariato in Ant per un periodo abbastanza lungo (qualche mese); all’inizio saranno affiancati da un tutor che, all’interno dell’Istituto di scienze oncologiche di via Jacopo di Paolo, farà conoscere loro le attività dell’associazione e, successivamente, saranno inseriti nel Servizio famiglia domiciliare per la consegna di farmaci e altro materiale sanitario.

"I ragazzi mettono in gioco la propria emotività e il proprio carattere avendo a che fare con dei malati gravi: e ciò non è scontato, perché possono sempre rifiutarsi di farlo", precisa Roberto Cesari, coordinatore del Servizio domiciliare. Ai ragazzi viene dato sempre un cartellino con foto, "un segno distintivo che li fa sentire, spesso per la prima volta, parte di un’équipe, e che per loro rappresenta un riconoscimento da parte del mondo degli adulti", si legge nel contributo arrivato dall’area educativa del Dipartimento di giustizia minorile di Bologna.

Verona: un libro su carceri e pene nella storia della città

 

Comunicato Stampa, 27 febbraio 2008

 

Com’era il carcere in passato? Quale il ruolo che doveva svolgere? Come sono state attuate le sanzioni punitive nel corso dei secoli? In Carceri e pene nella storia di Verona si è cercata una risposta a tali interrogativi. Un libro di Erika Speri e Francesca Viviani, che verrà presentato al pubblico venerdì 29 febbraio alle 18, nella sede del Centro Turistico Giovanile di via Santa Maria in Chiavica.

Incentivato dall’associazione di volontariato La Fraternità e realizzato con la collaborazione del Centro Turistico Giovanile, il lavoro di ricerca è stato introdotto alla stampa mercoledì 27 febbraio, con l’auspicio dell’assessore alle Politiche per l’Istruzione Maria Luisa Tezza che "possa offrire, in particolare ai più giovani, lo spunto per vivere e riscoprire il proprio territorio da un punto di vista nuovo, che porti a interrogarsi sull’efficacia delle sanzioni punitive attuali". Ripercorre la storia della città scaligera per guardare ai temi attuali della sicurezza e della giustizia da una prospettiva ampia e per "pensare ad attivarsi in maniera diversa nei confronti di chi ha commesso un reato" spiega una delle due autrici del testo, Francesca Viviani.

Sarà l’avvocato Guariente Guarienti a coordinare i relatori che interverranno alla serata di venerdì (Maurizio Delibori del Ctg, Glauco Pretto della Fraternità e le due coautrici Erika Speri e Francesca Viviani) per condurre i presenti in un viaggio nella storia che prende origine nell’età romana e arriva ai nostri giorni - passando per le varie dominazioni e la dittatura nazifascista. Un centinaio di pagine che attraversano la storia di Verona fotografandola da un’angolatura originale, scoprendo aneddoti su persone, vicende, modi di infliggere o subire le pene. Dal Torrazzo di Piazza Erbe, ritratto in copertina, fino agli Scalzi e alle carceri del secondo dopoguerra (il Campone e Montorio) per ritrovare aspetti insospettati e dettagli curiosi che stimolino a recarsi anche fisicamente nei molti luoghi impiegati come carceri, accostando alla curiosità turistica una consapevolezza storico-sociale.

"Oggi il carcere è qualcosa da tenere ai margini, qualcosa di semisconosciuto" spiega Gianmarco Lazzarin della presidenza provinciale del Ctg, per questo La Fraternità da quarant’anni si dedica a diffondere una presa di coscienza su tale realtà. Anche perché - conclude il volontario dell’associazione Arrigo Cavallina - "il lavoro del volontariato in carcere ha raggiunto il suo tetto. Dopo l’indulto e le mancate riforme legislative, la popolazione carceraria è in continuo aumento e le carceri stanno andando verso il collasso. A noi, come associazione, non resta che cercare di spostare l’attenzione sulla gente, agire sull’opinione pubblica ponendola di fronte a nuovi interrogativi per ragionare insieme sulle possibili alternative alla reclusione".

Il libro, del costo di 10 €, è reperibile nella sede dell’associazione La Fraternità di Via Provolo (provvisoriamente al n° 27), tel. e fax 045.8004960, mail info@lafraternita.it. Orari di apertura: lunedì e giovedì dalle 16 alle 18, o su appuntamento.

 

Associazione "La Fraternità"

Cuba: Bertone chiede a Raul Castro un impegno sui detenuti

 

Agi, 27 febbraio 2008

 

Il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarciso Bertone, ha richiamato al presidente cubano, Raul Castro, il problema dei detenuti nelle carceri e delle loro famiglie. Nel colloquio al Palazzo della Rivoluzione che ha concluso una visita di sei giorni nell’isola, il numero due della Santa Sede ha ribadito l’impegno vaticano "per promuovere un riavvicinamento del mondo con Cuba". "Con il massimo rispetto per la sovranità del Paese e dei suoi cittadini - ha dichiarato Bertone - ho espresso al presidente le preoccupazioni della Chiesa per i detenuti e le loro famiglie".

Il cardinale non ha specificato se si riferisse a tutti detenuti delle sovraffollate carceri cubane o solo a quei 320 che secondo i dissidenti sono stati condannati per motivi politici. Ma a una precedente domanda aveva risposto che apprezzava il rilascio di quattro detenuti politici, pur non avendo chiesto alle autorità cubane un’amnistia per i dissidenti.

La tv cubana ha dato notizia dell’incontro, diffondendo le immagini dei sorrisi e delle strette di mano iniziali e riferendo che si è parlato "dello status delle relazioni tra Cuba e la Chiesa cattolica cubana e si sono discusse questioni di interesse multilaterale e internazionale". Nel colloquio, il primo con un dignitario straniero da quando domenica scorsa è succeduto dopo 49 anni al fratello Fidel, Raul non indossava la solita divisa militare, ma era in giacca e cravatta. Erano presenti anche il ministro degli Esteri, Felipe Perez Roque, e i due vicepresidenti, Esteban Lazo e Carlos Lage.

La visita del Segretario di Stato vaticano si è chiusa anche con la speranza che il nuovo corso garantisca più libertà ai media. "Le autorità mi hanno promesso una maggiore apertura nella stampa e nella radio e, in casi eccezionali, anche nella tv", ha riferito Bertone. E un primo segnale concreto è arrivato dalla pubblicazione per la prima volta su Granma, il giornale ufficiale del regime, di un comunicato della Chiesa cattolica cubana sull’elezione di Raul Castro in cui si invita il nuovo presidente a farsi carico dei gravi problemi di Cuba.

 

 

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