Rassegna stampa 6 aprile

 

Giustizia: Veltroni; "no" a nuovo indulto, costruiamo carceri

 

Apcom, 6 aprile 2008

 

Walter Veltroni dice "no" ad un eventuale altro indulto e rilancia sulla necessità di costruire nuove carceri. "Non sono per un provvedimento come l’indulto - ha detto il leader del Pd a "Omnibus" - ma quella era una situazione di emergenza. Io sono per fare un’altra cosa: nuove carceri efficienti e moderne. Bisogna dare un segnale di rigore e responsabilità".

In futuro sarà meglio costruire nuove carceri, piuttosto che ricorrere nuovamente all’indulto. Il segretario del Pd Walter Veltroni lo dice durante la trasmissione "Omnibus" di La7, pur riconoscendo che l’indulto approvato durante il governo Prodi è servito a fronteggiare "una situazione di emergenza". Ma in generale, spiega, "Io sono per fare carceri moderne e accoglienti. Abbiamo carceri ottocentesche".

Giustizia: Fini; cambiare la legge Gozzini, "no" ai lavori forzati

 

Apcom, 6 aprile 2008

 

Lavoro per i carcerati ma "niente palla al piede, sceriffo con la stella e niente modello Alabama". Così, da Velletri, Gianfranco Fini ribadisce la sua proposta di modificare la legge Gozzini sui benefici ai detenuti. Riprendendo un concetto già espresso, Fini spiega "di non voler importare il modello Alabama" ma di trovare "necessario" che "chi sbaglia rifonda il danno". Per Fini, quindi, "chi per esempio commette un danno contro il patrimonio dovrà lavorare - spiega - tanti giorni quanti ne servono per risarcire il danno compiuto".

Secondo il presidente di An, è necessario "porre mano e cambiare alcune norme della legge Gozzini. Questa è una ricetta semplice ma doverosa perché non è possibile che a godere dei benefici carcerari siano i recidivi. Questa legge, in alcune parti, sembra fatta su misura per i delinquenti e non per i cittadini onesti ed è per questo che, contro i troppi delinquenti in giro, bisogna ridare autorità allo Stato".

Giustizia: la Polizia Penitenziaria… l’altra faccia del carcere

di Stefano Anastasia (Associazione Antigone)

 

Aprile on-line, 6 aprile 2008

 

Dopo i casi verificatisi negli ultimi mesi in varie città d’Italia, ancora un suicidio tra gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria. Il carcere è luogo di sofferenza, non solo per chi vi è costretto dall’autorità giudiziaria, ma spesso anche per chi sceglie, per vocazione o per necessità, di lavorarvi.

La notizia dei suicidi di due agenti di Polizia Penitenziaria in pochi giorni apre uno squarcio su una faccia del carcere frequentemente in ombra.

Non sappiamo, né chi scrive né le organizzazioni sindacali che hanno lanciato l’allarme sulla rapida successione di questi tragici eventi, quale ne sia stata la causa, cosa possa aver spinto queste due persone a togliersi la vita, l’uno a Biella, l’altro a Matera. Non sappiamo, soprattutto, se l’associazione a noi evidente - tra il suicidio e la divisa che portavano - possa essere stata causa, motivo, consapevole o inconscio della scelta di uccidersi.

O se non sia, piuttosto, una singolare coincidenza, questa ripetuta scelta di morte nei ranghi della polizia penitenziaria, le cui ragioni soggettive andrebbero viceversa cercate altrove, nell’intimo della sofferenza esistenziale di chi vi ha dato corso. Se possiamo dunque dire che si sono uccisi due agenti di polizia penitenziaria, non possiamo certo dire che si sono uccisi perché agenti di polizia penitenziaria.

Ma se quella associazione, fortuita o motivata che sia, tra la scelta suicidaria e la divisa del Corpo ci aiuta a guardare dove altrimenti il nostro sguardo non si poggerebbe, vale la pena di seguirla, per alzare il velo su un mestiere difficile e sulle frustrazioni e la sofferenza che può portare con sé.

Il Corpo della polizia penitenziaria è molto cambiato negli ultimi vent’anni. Ha assunto la dignità e la rilevanza di una delle cinque forze di polizia di questo Paese. I suoi appartenenti hanno acquisito la professionalità e le competenze di una polizia specializzata. Nulla a che vedere con la scalcinata e romantica figura dei vecchi agenti di custodia, i "secondini" di cui i poliziotti penitenziari non vorrebbero più sentir parlare.

Non mancano i dirigenti nel Corpo e molti tra loro sono ormai selezionati tra giovani laureati, anche con pratica delle professioni legali, formati e sensibili ai diritti delle persone detenute. Tante donne ormai, come ovunque la selezione pubblica sia basata sul merito, dirigono i reparti di polizia penitenziaria di stanza negli Istituti. Eppure, se quella associazione tra la divisa del Corpo e la tragica morte di due agenti è stata possibile, non tutto evidentemente va nel migliore dei modi.

Nonostante il Ministero della Giustizia in questi anni abbia fatto il possibile, restano le carenze d’organico lamentate dalle organizzazioni sindacali e manca ancora la compiuta parificazione giuridica con le altre forze di polizia. I pesantissimi vincoli di bilancio che hanno condizionato l’azione del Governo Prodi (e che condizioneranno ancora i governi a venire) non hanno consentito di raggiungere quegli obiettivi di equità e di potenziamento del Corpo che sarebbero stati necessari. Anche la polizia penitenziaria, dunque, soffre delle difficili condizioni finanziarie del Paese.

Ma, è chiaro, nell’associazione da cui siamo partiti c’è anche altro, e l’altro è il carcere. Il carcere è luogo di sofferenza, non solo per chi vi è costretto dall’autorità giudiziaria, ma spesso anche per chi sceglie, per vocazione o per necessità, di lavorarvi. Il carcere non piace a chi vi è costretto, ma anche a chi ne sta fuori. Lo si vorrebbe lontano, con tutte le sue sofferenze e i suoi fantasmi. Chi vi lavora soffre di questa (scarsa) considerazione sociale dell’istituzione penitenziaria e, dunque, della propria professionalità.

Di fronte a questa frustrazione, c’è chi cerca una via di fuga, in un lavoro d’ufficio o in mansioni eterogenee, prive della qualificazione propria di un Corpo di polizia specializzato nel trattamento penitenziario. C’è anche chi, un po’ miseramente, si mette a fare confronti, tra le attenzioni prestate ai detenuti e quelle prestate ai poliziotti, come a rinverdire l’opposizione tra Totò e Aldo Fabrizi.

Al contrario, questa frustrazione potrà essere vinta (e gli operatori del penitenziario ottenere i giusti riconoscimenti giuridici ed economici) solo se l’intero mondo dell’esecuzione penale riuscirà a uscire dal cono d’ombra in cui è costretto e a conquistare la considerazione che questa delicatissima funzione sociale merita.

Giustizia: Scotti; per Polizia Penitenziaria situazione di stress

 

Ansa, 6 aprile 2008

 

"Abbiamo avuto purtroppo due disgrazie a distanza di due giorni: due suicidi da parte di rappresentanti di appartenenti di forze di polizia penitenziaria. Parteciperò all’incontro del 9 aprile per rendermi conto qual è la situazione complessiva del corpo, questa situazione di grosso stress, anche per la carenza di personale". Lo ha detto il Ministro della Giustizia, Luigi Scotti, a margine di un convegno sulla giustizia a Pescara.

L’incontro di mercoledì 9 aprile che il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha fissato con i sindacati è proprio per discutere del fenomeno dei suicidi di agenti di polizia penitenziaria. L’ incontro, inizialmente programmato per il 16 aprile, è stato anticipato oggi, di una settimana, dopo la notizia del suicidio a Matera di un agente, a nemmeno 24 ore di distanza da un caso analogo a Biella.

"Esamineremo la situazione - ha proseguito il ministro - per quelli che possono essere i rimedi. D’altra parte io stesso ho cercato di restituire alla funzione istituzionale alcuni agenti che erano distribuiti invece in altri settori, in modo tale da poter soddisfare le esigenze della istituzione penitenziaria in quanto tale ad evitare che alcuni fossero sacrificati e altri no. Però - ha concluso Scotti - c’è una situazione obiettiva di grosso sacrificio quindi esamineremo insieme questa problematica per poi offrirla al governo futuro".

Giustizia: Scotti; lentezza macchina giudiziaria è vero dramma

 

Ansa, 6 aprile 2008

 

"Questo della macchina giudiziaria che non dà una risposta nei termini dovuti all’art. 111 della Costituzione, ma più che altro per l’attesa che tutti i cittadini hanno rispetto alla domanda di giustizia, è il vero dramma della giustizia italiana". Lo ha detto il Ministro Luigi Scotti, rispondendo ad una domanda sui ritardi della macchina giudiziaria a margine di un convegno sulla giustizia a Pescara.

"Piuttosto che polemiche all’interno sullo statuto dei magistrati o su altre cose del genere - ha aggiunto il ministro - i cittadini vogliono una risposta giudiziaria rapida ed efficace. Ricordo che a un congresso dell’associazione nazionale magistrati in cui ero relatore sulle funzioni del pubblico ministero sulla cosiddetta separazione delle funzioni, un signore mi interruppe e disse "a noi questi fatti non importano affatto. Io sono un cittadino comune, ho una causa da dieci anni. Vorremmo invece che vi prodigaste e risolveste il problema della macchina giudiziaria che è così in ritardo". E questo - ha sottolineato Scotti - è il vero problema: se tutti i politici, di qualunque schieramento, si ponessero dal punto di vista del cittadino e si chiedessero che cosa vuole dall’apparato di giustizia, probabilmente sapremmo dare delle risposte più adeguate".

Giustizia: omicidio D’Antona, condannata Federica Saraceni

 

Reuters, 6 aprile 2008

 

Federica Saraceni, assolta in primo grado per l’omicidio del giuslavorista Massimo D’Antona, è stata condannata oggi in appello complessivamente a 21 anni e 6 mesi di reclusione. Accogliendo la richiesta di condanna a 20 anni per l’omicidio di D’Antona avanzata dal Pg di Roma Antonio Marini, la corte d’assise d’Appello ha deciso di accorpare una precedente sentenza che condannava Saraceni a 4 e otto mesi per reati associativi, comminando una pena totale di 21 anni e sei mesi.

Avendo già scontato la prima pena, Saraceni sarà teoricamente detenuta per poco meno di 17 anni per aver ucciso il giuslavorista a Roma il 20 maggio 1999. Contrariamente alla richiesta del Pg, la corte d’Appello ha ridotto a sette anni la pena per Diana Blefari Melazzi, che era stata condannata in primo grado a nove anni per reati associativi.

I giudici di secondo grado hanno confermato l’assoluzione per omicidio già stabilita in primo grado per Paolo Brocatelli, che deve però ancora scontare parte dei nove anni ricevuti in primo grado per reati associativi. E hanno confermato l’assoluzione per reati associativi di Alessandro Costa e Roberto Badel. Nei confronti di Marco Mezzasalma, già condannato all’ergastolo per aver partecipato all’omicidio D’Antona, è stata invece confermata l’assoluzione per il reato di strage legata ad altri attentati che era stata sancita dalla corte di primo grado. I brigatisti avevano inizialmente beneficiato della legge Pecorella, poi decaduta, che sanciva la non processabilità dopo l’assoluzione di primo grado.

Giustizia: caso Contrada; condizioni incompatibili col carcere

 

Ansa, 6 aprile 2008

 

Le condizioni cliniche di Bruno Contrada, l’ex funzionario del Sisde condannato a dieci anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, sono incompatibili con il regime carcerario. È quanto afferma l’ultima relazione sanitaria emessa dall’infermeria speciale dell’organizzazione penitenziaria militare su richiesta del Tribunale di Sorveglianza di Napoli. In un documento lungo nove pagine viene analizzata la situazione sanitaria dell’ex 007. "Alcune delle patologie emerse - si legge nella relazione - hanno un elevata percentuale di mortalità e sono, tra l’altro, correlate funzionalmente tanto da indurre un fenomeno a catena quando si verifica lo scompenso di una di esse. In definitiva il complesso nosologico che affligge il detenuto consente di affermare che quest’ultimo è incompatibile con il regime di restrizione".

"Il precario equilibrio delle varie patologie - continua il documento - comporta uno stretto controllo medico specialistico ed un continuo ricorso a strutture ambulatoriali ed ospedaliere esterne, sia per interventi maggiormente approfonditi che per esami di routine, atteso che la struttura sanitaria del carcere militare non è dotata di attrezzature atte a svolgere esami estemporanei, né è idonea a fronteggiare le emergenze in ambito neurologico, così come per quelle cardiovascolari".

Il Tribunale di Sorveglianza di Napoli nell’udienza di giovedì scorso si è riservato di decidere sulle sorti di Bruno Contrada. L’ex funzionario del Sisde è stato ascoltato dai giudici, ai quali ha ribadito di voler tornare a casa "non per stare in spiaggia ma per trascorrere gli ultimi giorni di vita accanto alla moglie".

Lettere: se i detenuti non votano non interessano a nessuno

di Carmelo Musumeci (detenuto nel carcere di Spoleto)

 

Liberazione, 6 aprile 2008

 

In Italia il carcere interessa a pochi, e non interessa perché i detenuti non votano e non pesano sul piano elettorale. Ma perché queste critiche se i detenuti indirizzano i voti dei loro familiari ai partiti che sono per il rispetto dei diritti umani, per la legalità non solo fuori ma anche in carcere, per l’applicazione del principio costituzionale rieducativo della pena?

Perché dobbiamo stare zitti o fare votare per quel partito che vuole ripristinare i lavori forzati (Fini) o quel partito che vuole far castrare (Veltroni) alcuni detenuti? Perché alcuni vedono nei detenuti sempre dei mostri (anche dopo 20 anni di carcere) da strumentalizzare e da distruggere sotto le votazioni anche quando la pena ha svolto su di loro il compito rieducativo? Perché è criticabile che mia figlia voti quel partito che è per l’abolizione dell’ergastolo: una pena perpetua dichiarata costituzionalmente legittima nella misura in cui è in realtà non perpetua?

Ricordo che la pena dell’ergastolo non uccide il corpo ma uccide l’anima di una persona. Basti pensare che il codice penale francese del 28 settembre 1791, pur prevedendo la pena di morte, aveva abolito l’ergastolo, ritenendolo più disumano della pena capitale. Il nostro desiderio che vengano rispettati i principi costituzionali e le leggi in carcere è una richiesta semplicemente e probabilmente è la sua semplicità che fa paura.

Ricordo che la Corte europea dei diritti dell’uomo, con la sentenza 6 ottobre 2005 sul ricorso n. 74025/01 - Pres. Wildhaber, Hirst (n. 2)/Regno Unito di un ergastolano, conferma il diritto di voto anche per i detenuti.

Reggio Calabria: appello di "Diritti Civili" per detenuto malato

 

www.telereggiocalabria.it, 6 aprile 2008

 

Il leader del movimento Diritti civili, Franco Corbelli, ha reso noto il testo della lettera inviatagli da un detenuto calabrese, A.G., di 47 anni, gravemente malato, per la liberazione del quale lo stesso Corbelli ha chiesto l’intervento del Ministro della Giustizia, Luigi Scotti. "Non le scrivo per il mio reato - afferma A.G. nella lettera a Corbelli - ma per la malattia di cui sono affetto. In tanti istituti dove mi trasferivano stavo poco perché nessuno si assumeva la responsabilità. Nella Casa Circondariale di Padova mi è stato diagnosticato un adenoma surrenale al rene sinistro, soffro di ipertensione, asmatico, diabete mellito II e tante altre malattie che non sto ad elencare. Nel carcere di Padova non ero compatibile con la carcerazione per il mio quadro clinico ad altissimo, elevato rischio di infarto e ictus. Sto diventando completamente cieco". "Mi hanno concesso la detenzione domiciliare per due anni - prosegue il detenuto - ma il 13 marzo 2006 hanno sospeso la pena.

Finché il Tribunale di Reggio Calabria il 16 gennaio 2008 ha rigettato il tutto per cui sarei dovuto andare in un C.D.T. Penitenziario adeguato alla mia patologia e invece mi ritrovo in un carcere dove non mi fanno nulla, mi danno solo pastiglie, circa 15 al giorno. Sto male. Non so a chi rivolgermi". "Mi aiuti a vincere questa mia sofferenza - scrive il detenuto a Corbelli - e questa grande ingiustizia. Lo faccia prima che sia troppo tardi. Penso che anche un detenuto ha i suoi diritti, il diritto di vivere e ritornare un giorno nella sua famiglia, il diritto di potersi curare e non morire in galera".

Torino: tentati suicidi all’Ipm, protesta la Polizia Penitenziaria

di Niccolò Zancan

 

L’Espresso, 6 aprile 2008

 

Il primo è stato Rachid, 15 anni, si è appeso a un cappio ricavato con alcune coperte. Gli agenti della polizia penitenziaria di guardia al Ferrante Aporti l’hanno tirato giù che era cianotico. Un attimo dopo sarebbe stato troppo tardi. Il secondo invece si chiama Karim, 16 anni, marocchino, si è tagliato le vene del polso con un coccio di bottiglia. "Voglio morire" urlava, mentre lo portavano via in autoambulanza verso le Molinette.

Nessuno è morto, ma quello che è successo nella notte fra mercoledì e giovedì racconta la situazione difficile in cui si trova il carcere minorile di corso Unione Sovietica. Doppio tentato suicidio in sequenza. Sono state scene drammatiche: proteste, grida, tensioni fra gli altri detenuti. I due ragazzi sono stati entrambi ricoverati e già dimessi. Ieri notte hanno dormito di nuovo in cella. Quattro giorni fa erano stati aggrediti due agenti della polizia penitenziaria, tuttora in mutua per le lesioni riportate. Da mesi i sindacati denunciano una situazione che definiscono "esplosiva".

In particolare, la segreteria regionale dell’organizzazione sindacale autonoma della Polizia Penitenziaria aveva scritto una lettera datata 8 febbraio 2008 e indirizzata al direttore del Ferrante Aporti e al dirigente del Centro Giustizia Minorile. Toni drammatici: "Il personale di Polizia Penitenziaria ci ha comunicato di aver esaurito le scorte di pazienza. Quotidianamente gli agenti vengono sottoposti a invettive gratuite, frutto di una sorta di autogestione della popolazione detenuta che ci corre l’obbligo di condannare con assoluta fermezza".

Una denuncia in qualche modo profetica: "Ci viene quasi fatto ritenere che il Ferrante Aporti sarebbe una terra di nessuno. Fra la popolazione si registra una crescente intolleranza. Il personale subisce gli esiti di una disorganizzazione che non ha precedenti. Non esiste il benché minimo spettro di sicurezza. La tensione è altissima, regna il caos, tanto che si teme possa accadere qualcosa di irreparabile".

Ieri l’irreparabile è stato evitato. Rachid è stato tirato giù dall’inferriata a cui si era impiccato. Anche per lui, anche per i due agenti feriti, questa sera davanti al carcere Lorusso e Cotugno delle Valette ci sarà una veglia di protesta: "Per la sicurezza del carcere e della gente". Gli agenti della Polizia Penitenziaria manifesteranno con le loro famiglie. "Ma l’invito è esteso a tutti i cittadini - dice il segretario regionale del sindacato autonomo Gerardo Romano - questa protesta riguarda tutti quelli che ritengono il tema della sicurezza un pilastro fondamentale della democrazia".

Verona: oggi si conclude la settimana dedicata ai carcerati…

 

L’Arena di Verona, 6 aprile 2008

 

Vite recluse escono dal carcere, in permesso, per farci capire la realtà che sta dietro le sbarre.

Si chiude stamane "Settimana di conoscenza e sensibilizzazione sul tema del carcere", organizzata dalla parrocchia di Costermano e dal circolo culturale "Convegno dei dieci" in collaborazione con il Comune, le associazioni di volontariato locali e il forte apporto dell’associazione veronese "La Fraternità", fondata nel 1968 da fra Beppe Prioli, che opera alla parrocchia di San Bernardino.

Iniziata sabato scorso, questa iniziativa culturale si è svolta interamente al teatro parrocchiale, dove l’appuntamento è anche per domenica. Alle 10.15 il parroco don Giorgio Scala e don Sergio Pighi, già cappellano alla Casa Circondariale di Montorio, celebreranno la messa che sarà animata dalla corale polifonica di Costemano. Parteciperanno anche alcuni detenuti in arrivo dal Montorio e Padova che porteranno le loro testimonianze rendendo particolarmente coinvolgente l’incontro. Seguirà un pranzo comunitario.

È atteso anche Fra Beppe, il quale ha animato l’iniziativa: "Ho più di 60 anni e, da quaranta, frequento gli istituti di pena", rammenta. "Ho scoperto il carcere molti anni fa ormai, attraverso "Famiglia Cristiana",. nel 1963, quando vi lessi di un ventenne condannato all’ergastolo. A quel tempo anch’io ero ventenne. La notizia mi colpì e contribuì molto alla mia scelta di divenire frate".

Vicenza: sportello-lavoro in carcere, occupati 19 ex detenuti

 

Giornale di Vicenza, 6 aprile 2008

 

Trovare lavoro dopo il carcere. Per alcuni è impossibile, per altri è una chimera. Eppure qualcuno ci riesce, magari imboccando la strada del reinserimento ancora prima, all’interno della struttura penitenziaria di via Della Scola. Ed è proprio questa la strada che ha voluto imboccare il Consorzio Prisma: colloqui individuali, verifica delle disponibilità occupazionali delle cooperative associate, accompagnamento dei detenuti al momento dell’avvio al lavoro e durante il periodo dell’occupazione. Sono queste le tappe principali del servizio a cui aderiscono più di sessanta cooperative sociali della provincia di Vicenza.

Un servizio svolto settimanalmente grazie ad uno sportello informativo all’interno del carcere, attraverso il quale l’operatore incontra i detenuti. Il progetto ha consentito, dal 2006 ad oggi, di effettuare 48 colloqui (metà con detenuti italiani e l’altra metà con stranieri), dei quali 19 hanno avuto un lieto fine o meglio un lavoro. Il progetto si è sviluppato in questi ultimi anni grazie ad un finanziamento della Fondazione Cariverona.

"L’agenzia inserimento lavorativo del Prisma - spiega il responsabile dott. Daniele Grimaldi - continua a considerare il lavoro uno strumento di riabilitazione e occasione per re-integrarsi a pieno nel tessuto del territorio e questo concetto vale naturalmente anche per i carcerati".

L’educatore dello Sportello informativo è a disposizione tutti i giovedì mattina dei detenuti che fanno richiesta di colloquio. Già dal ‘96 il Consorzio opera per l’inserimento lavorativo dei detenuti: un insieme di attività fatto di contatti, ascolto e ricerca fatto con l’amministrazione penitenziaria. L’attività si rivolge ai detenuti che, per le caratteristiche della pena, possono beneficiare di misure alternative, oppure a quelli già nella fase finale del periodo di detenzione e quindi in grado di iniziare a progettare un futuro "normale".

Fossombrone: i detenuti lavorano alla manutenzione stradale

 

Corriere Adriatico, 6 aprile 2008

 

Tre i detenuti del carcere di Fossombrone che attualmente sono impegnati a ripulire mille 400 caditoie stradali, i chiusini della rete fognante. Si tratta di un’iniziativa di grande utilità. "Il Comune ha stipulato la convenzione con la direzione della casa di reclusione per avviare l’esperimento - ricorda l’assessore Michele Chiarabilli - e i tre detenuti coinvolti nell’iniziativa stanno svolgendo l’esperienza di stage per un periodo di sei mesi con borsa lavoro finanziata dalla Cassa delle Ammende dell’Amministrazione Penitenziaria". L’intervento di manutenzione che viene portato avanti è eseguito secondo un calendario delle priorità redatto dall’ufficio tecnico comunale e seguendo le indicazioni che vengono dallo stesso ufficio. Va sottolineato l’impegno e l’entusiasmo dimostrato dai tre detenuti nello svolgere i compiti loro assegnati. Per poter continuare l’esperienza, è stato presentato un ulteriore progetto tramite l’Ambito Territoriale Sociale n. 7 che prevede lavori di pubblica utilità da effettuare anche per il futuro.

Piacenza: giovedì città e carcere più vicini grazie alla scuola

 

Libertà, 6 aprile 2008

 

"Piacenza e il carcere" è il tema della giornata che si terrà giovedì prossimo 10 aprile. L’appuntamento costituisce l’azione cardine di un progetto cofinanziato dal Centro di Servizio per il Volontariato di Piacenza - Svep, dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano, dal Comune di Piacenza e da altri partner.

Il progetto, di cui è capofila l’Associazione di Volontariato Penitenziario "Oltre il muro", coinvolge nella rete organizzativa un gruppo di importanti realtà no profit di Piacenza. La casa circondariale di Piacenza è partner dell’iniziativa. Durante la mattinata sono previsti otto eventi in contemporanea. Al liceo classico Gioia l’incontro condotto da Brunello Buonocore responsabile delle relazioni tra il carcere e l’amministrazione comunale di Piacenza con la partecipazione di Grazia Grena volontaria nel carcere di Lodi.

Al liceo scientifico incontro tra studenti e volontari in carcere con la partecipazione di un operatore della Caritas, Massimo Magnaschi. Al liceo artistico incontro fra tre classi e Ornella Favero, direttore del giornale e del sito "Ristretti Orizzonti" accompagnata da Graziano Scialpi detenuto in regime di semi-libertà che presenterà il suo libro di vignette sul carcere. Al liceo pedagogico Colombini incontro tra studenti e Paola Cigarini, responsabile Conferenza Volontariato Giustizia Emilia-Romagna e Valeria Viganò Parietti presidente associazione "Oltre il muro".

All’istituto Romagnosi incontro tra studenti e Paolo Cifariello volontario di Amnesty autore del libro "Muoio assassinato questa notte" dedicato a Gary Graham un condannato a morte giustiziato diversi anni fa. All’istituto Agrario Raineri Marcora incontro con la mediatrice culturale impegnata in carcere Ljerka Davidovic e Aurelia Barbieri dell’Associazione "La Ricerca".

Al liceo della comunicazione San Benedetto incontro con la giornalista Carla Chiappini direttore responsabile di "Sosta Forzata" - foglio realizzato dai detenuti del carcere carcere di Piacenza sul tema "Comunicare la detenzione". All’Iti Leonardo da Vinci discutono con gli studenti sul tema "reato/pena" Ivana Galione laureata in "diritto penale" all’Università Cattolica e suor Claretta della Caritas volontaria nel carcere di Piacenza.

L’evento pubblico alle ore 17 all’auditorium della Cattolica, con la tavola rotonda "Pensar non nuoce, le attività culturali in carcere". Ospiti: Michelina Capato Sartore attrice e regista teatrale, Davide Ferrario regista, Luciana Scarcia, esperta in scritture autobiografiche. Saranno poi proclamati i vincitori del premio "Parole oltre il muro - Stefania Manfroni". Dal 10 al 17 aprile nella biblioteca "Passerini Landi" sarà allestita la mostra di Davide Ferrario "Foto da Galera": capolavori di inconsapevoli artisti del XX Secolo.

Viterbo: il carcere presenta iniziative per la tutela ambientale

 

www.tusciaweb.it, 6 aprile 2008

 

La direzione del carcere di "Mammagialla" il 18 aprile organizzerà, all’interno della Casa Circondariale, una cerimonia di inaugurazione di alcuni siti interessati a progetti trattamentali che riguardano l’attività agricola e la tutela ambientale. In particolare, è in via di installazione, nel tenimento agricolo intramurario, una seconda serra che verrà immediatamente avviata a produzione biologica a cura della Cooperativa Sociale "Zaffa", la quale, in esecuzione di apposita convenzione stipulata nel 2007, gestisce tutte le attività floro-vivaistiche, orto-frutticole, apiarie e cunicole che danno lavoro a detenuti in esecuzione penale interna ed esterna.

Inoltre, sono stati ultimati gli interventi tecnici necessari a dare avvio al progetto "Viterbo fa la differenza" che si propone, dopo un’attività informativa e formativa già espletata nei riguardi dell’utenza, la raccolta differenziata dei rifiuti prodotti dalla Casa Circondariale, nonché il loro stoccaggio e pressatura attraverso un macchinario sistemato in un locale adiacente all’Istituto ai fini della successiva consegna a ditte specializzate per il recupero di tali materiali.

Tale progetto, finanziato dagli Enti locali, vede protagonista la Cooperativa Sociale "Zaffa" che conta di assumere ulteriore manodopera detenuta. Dopo i canonici tagli dei nastri presso la seconda serra e presso il sito per lo stoccaggio e la pressatura dei rifiuti differenziati, la manifestazione sarà conclusa da una visita al tenimento agricolo esterno della "Palanzanella", sede principale delle attività della Cooperativa Sociale "Zaffa", dove è attivo, fra l’altro, un allevamento biologico di conigli di razza cosiddetta leprina in esecuzione di un progetto che ha interessato l’Amministrazione comunale e l’Università della Tuscia.

La cerimonia, che intende far conoscere e promuovere la molteplicità di progetti trattamentali ispirati ai fini della Legge "Smuraglia" per un serio recupero e reinserimento sociale dei soggetti reclusi, la scrivente auspica che la stessa possa avere ampia risonanza attraverso il contributo divulgativo dei canali mediatici locali e nazionali.

Firenze: teatro e concerto, Pupo con i detenuti di Sollicciano

 

Asca, 6 aprile 2008

 

Concerto di Pupo all’interno del carcere fiorentino di Sollicciano. Ieri pomeriggio i consiglieri regionali del Partito Democratico Enzo Brogi e Severino Saccardi, si sono recati in visita all’Istituto penale insieme al cantante e presentatore Enzo Ghinazzi. I consiglieri del Pd hanno assistito insieme con Pupo, nel teatro della struttura Casa Circondariale fiorentina, allo spettacolo "Pretty Woman - Sollicciano Micro Musical".

Il musical, che ha visto impegnati detenuti, donne e uomini eccezionalmente insieme, di diverse nazionalità, è stato realizzato con mesi di lavoro grazie alla collaborazione del maestro Massimo Altomare. Prima e dopo il musical Pupo ha cantato con i detenuti interpretando alcune canzoni del suo repertorio e una di Fabrizio De Andrè. Saccardi e Brogi hanno infine visitato il "Giardino degli Incontri", insieme con il Garante dei detenuti a Firenze Franco Corleone, e hanno lanciato l’idea di inserire la struttura come possibile location per alcuni eventi culturali della prossima "Estate Fiorentina".

Diritti: Associazione Psichiatri; attenzione alla salute mentale

 

www.aipsimed.org, 6 aprile 2008

 

Chiediamo attenzione per il problema Salute Mentale in Italia in quanto nessuno dei 15 candidati premier ha parlato di questo problema, tranne qualcuno in termini di riforma/non riforma della legge 180. Ma le leggi da sole non risolvono i problemi e c’è urgente bisogno, a livello nazionale, di migliori servizi per gli utenti e per le loro famiglie, di migliorare la qualità delle cure per i disturbi psichici e di investimenti economici.

Questi i problemi da risolvere:

1. Pazienti assistiti poco: il 69% di loro viene visitato in media 9 volte all’anno

2. Pazienti curati male: circa il 70% dei pazienti con un esordio psicotico sono curati senza l’ausilio di personale e senza seguire le linee guida

3. Familiari abbandonati: nel 62% dei casi i familiari vengono assistiti meno di 5 volte l’anno

4. Il recente passaggio della gestione della sanità carceraria e quello futuro degli Opg al Ssn. Servono risorse affinché i Csm, già in affanno, riescano ad erogare le cure anche ai detenuti in carcere. Infatti circa il 30% dei detenuti soffre di disturbi psichici.

5. Residenzialità: mai più malati soli e abbandonati o cliniche psichiatriche private stracolme come manicomi. Bisogna fornire ai pazienti una vera casa, gruppi appartamento e assistenza domiciliare.

6. Inserimento lavorativo per i disabili e ex-detenuti, per un reale re-inserimento nella Società.

7. Una pensione di invalidità dignitosa per i pazienti che non possono più lavorare: oggi i disabili sono costretti a vivere con una misera pensione di invalidità di 230 euro al mese.

8. Sostegno economico ai familiari che hanno un figlio invalido

9. Prevenzione e Neuropsichiatria Infantile: scarsa o nulla assistenza a bambini e adolescenti per carenza di organizzazione e risorse

10. Una legge sanitaria, la 180, fondata su principi in totale contraddizione con quelli che ispirano i Codici Civile e Penale. Se da una parte, secondo il codice penale lo psichiatra deve tutelare i pazienti da condotte nocive a loro stessi e dai reati commessi contro terze persone, dall’altra parte, secondo la legge 180, lo psichiatra ha solo compiti terapeutici. Un caos legislativo, unico al mondo, che mette gli psichiatri tra l’incudine e il martello e lascia i pazienti gravi in stato di abbandono.

11. Unico caso al mondo, in Italia viene affidato ai medici l’ingrato compito di limitare la libertà personale dei pazienti, in caso di Tso. La limitazione della libertà personale, ivi compresa la contenzione, non sono procedure mediche. Lo stesso Basaglia era in disaccordo con gli articoli della 180 sul Tso. Noi psichiatri rifiutiamo il ruolo di psico-poliziotti.

12. Personale: manca il 25% del personale previsto per legge, ovvero ben 10.000 operatori, tra psichiatri, psicologi, infermieri, riabilitatori, assistenti sociali (dati del Ministero della Salute)

13. Risorse economiche: l’Italia spende in media solo il 2% delle risorse per l’assistenza psichiatrica, in assoluto uno dei budget più bassi al mondo, uguale o di poco superiore a quello dei paesi in via di sviluppo. L’Europa spende, invece, il 7.25% in media, con punte del 13% (dati Oms)

14. Carenza di assistenza psicoterapica: in Italia ci sono solo 3 psicologi per 100.000 abitanti contro i 23 dell’Europa (dati Oms).

Droghe: cannabis terapeutica, le polemiche sono strumentali

 

Apcom, 6 aprile 2008

 

"Mi spaventa la strumentalizzazione che è stata fatta su una delibera ordinaria di giunta, adottata senza che da parte nostra vi fosse alcuna velleità". Così il governatore delle Marche Gian Mario Spacca è intervenuto oggi sulle polemiche scaturite dalla decisione della Regione di autorizzare la somministrazione gratuita di farmaci a base di cannabis. Spacca è intervenuto proprio oggi all’inaugurazione, a Fabriano (Ancona), del terzo centro regionale - sugli otto previsti - denominato Hospice, una struttura dedicata alle cure palliative e destinata a fornire assistenza alle famiglie dei pazienti.

"È incredibile che venga presentata come un’operazione di liberalizzazione delle droghe leggere. Non è accettabile questo tipo di speculazione. Noi siamo intenzionati a intervenire verso i malati terminali e sulle terapie del dolore, e nelle possibilità che ci sono date di investimenti proseguiremo su questa strada senza incertezze, senza se e senza ma".

"Il cittadino che sta male, il paziente sanitario, è la persona più sensibile all’informazione e alla disinformazione". Ha tenuto a precisarlo l’assessore regionale alla sanità Almerino Mezzolani all’indomani delle polemiche sulla delibera di giunta per la somministrazione gratuita dei farmaci cannabinoidi. "Non possono circolare con leggerezza - ha dichiarato Mezzolani, a margine dell’inaugurazione all’Inrca dei servizi stroke unit e pronto intervento - illazioni che parlano di autorizzazioni alla circolazione di sostanze come la cannabis se sono impiegate come antidolorifiche, quando invece si è cercato di rendere un servizio in più al cittadino sofferente sulla base dell’utilizzo di farmaci a base medico-scientifica controllata".

Droghe: i "kit" di Milano, ritirate solo due confezioni su dieci

 

La Repubblica, 6 aprile 2008

 

Il kit anti-droga gratuito del Comune piace poco. Sono 35mila le famiglie con figli fra i 13 e i 16 anni che hanno già ricevuto il tagliando che consente di ritirare in 387 farmacie il test per scoprire se i loro figli fanno uso di stupefacenti. Ma in un’indagine a campione condotta ieri su 38 farmacie (un decimo del totale) risulta che in media ognuna ha distribuito solo due kit dei dieci che il Comune ha fornito (il 20%). Un dato inferiore a quello pur modesto della prima prova di distribuzione del maggio 2007 in 40 farmacie della sola zona 6.

Allora, dopo due settimane dal via, erano stati richiesti 140 kit dei 430 distribuiti dal Comune alle farmacie: il 32%. Nel settembre scorso, considerata conclusa la sperimentazione, sono rimasti sugli scaffali delle farmacie 181 confezioni. Scatolette bianche che in parte l’amministrazione ha ritirato, e ora vengono distribuite altrove in città, e in parte riposano in scatole negli uffici del Consiglio di zona 6 in via Legioni Romane 54. Il kit antidroga ieri è stato al centro di una manifestazione cui ha partecipato una cinquantina di ragazzi delle scuole superiori. Si sono riuniti, con tanto di megafoni e striscioni, sotto gli uffici dell’assessore alla Salute Giampaolo Landi Di Chiavenna per chiedere di interromperne la distribuzione in farmacia. Per i ragazzi, che l’assessore ha incontrato in strada cercando di spiegare loro i rischi della droga, l’iniziativa è "soltanto proibizionista e inutile".

Landi di Chiavenna contesta il fallimento dell’iniziativa: "Dire adesso che la distribuzione del kit non funziona è prematuro e poco onesto - dichiara - , sono passati solo 15 giorni dalla partenza della sperimentazione. È ovvio poi che a maggio, in zona 6, le cose andassero meglio: allora erano stati distribuiti 430 soli kit, adesso ne abbiamo dati 3.870. Comunque, in alcune farmacie di Milano sono già esauriti e abbiamo dovuto rifornirli nuovamente, soprattutto in periferia, segno di un progetto che funziona".

Un ottimismo confermato anche da Annarosa Racca, presidente dell’associazione dei farmacisti Federfarma Milano. La sua farmacia, in via Rombon, ha già distribuito 8 dei 10 kit: "Non solo la sperimentazione non va male - commenta Racca - ma noi stessi ne percepiamo l’utilità sociale". Meno entusiastici i commenti dei tanti colleghi, in centro come in periferia, che si ritrovano ancora quasi tutte le scatolette in negozio. Vincenzo Agnesi, farmacista in via Vitruvio, non ne ha consegnato neanche uno. Per lui, "la trovata è assurda e la gente ce lo dice. Non si può costringere i genitori a un ruolo poliziesco. Lo dico anche come padre, ho un figlio di 23 anni e so cosa vuol dire: il rapporto si deve basare sulla fiducia, non sulle indagini scientifiche".

Quanto alle proteste di ieri dei ragazzi, l’assessore taglia corto: "Sono venuti sotto il mio ufficio solo per fare polemica e verbalmente violenta, la loro voglia di ragionare in maniera pacata è pari a zero. Ogni ragionamento dovrebbe partire dalla situazione reale della nostra città che è drammatica". Una realtà che sta nei numeri: l’Istituto Mario Negri di Milano stima che quotidianamente in città si consumano 34.400 dosi di cannabis, 10.555 di cocaina, 2.800 di eroina, 411 di amfetamine. Il 4% degli abitanti tra i 15 e i 34 anni consumerebbe abitualmente cocaina.

Droghe: Fini; chi fuma "canne" non è un figo… ma è un fesso

 

Apcom, 6 aprile 2008

 

Drogarsi non è un diritto. Per Gianfranco Fini questo slogan è e resta un must. E ancor di più, dice il presidente di An a Velletri per un comizio elettorale, va rifiutata l’idea che drogarsi "sia figo". "La droga è e resta una delle nostre più grandi tragedie - dice - e soprattutto dobbiamo insegnare ai nostri figli che chi si fa una canna non è più figo di un altro ma è soltanto un fesso". Fini quindi punta l’indice contro i Comune che concedono aree dismesse per l’organizzazione di rave-party e che spesso passano agli onori della cronaca per morti legate all’abuso di sostanze stupefacenti. "Alcune amministrazioni che autorizzano questi rave - dice Fini - dovrebbero passarsi una mano sulla coscienza".

 

 

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