Rassegna stampa 18 aprile

 

Giustizia: Uil; interventi urgenti, o inevitabile nuovo indulto 

 

Dire, 18 aprile 2008

 

"Se il prossimo governo non inserirà nella propria agenda l’emergenza penitenziaria non potrà non ricorrere ad un altro atto di clemenza". È questa la preoccupazione di Eugenio Sarno, Segretario generale della Uil penitenziari, secondo il quale è oramai consolidato e costante il dato in crescita degli ingressi in carcere.

Di questo passo, aggiunge, "la border line di quota 62mila detenuti sarà toccata entro la fine di quest’anno. Ciò significherà l’implosione del sistema penitenziario, con le inevitabili tensioni, proteste e rivolte che ne deriveranno". Per la Uil, dunque, "se non si interviene in modo strutturale, è realistico immaginare che un nuovo indulto non appartenga alla fantascienza ma alle necessità possibili".

Sarno ringrazia Berlusconi "per aver voluto far cenno alle difficoltà del mondo penitenziario nella sua recente conferenza stampa", e indica "nel patrimonio immobiliare penitenziario una delle difficoltà da affrontare in via prioritaria". Non vogliamo alimentare facili allarmismi, conclude il sindacalista, ma porre per tempo una questione che investirà, a breve, il Paese, la sua coscienza e la sua civiltà. Per questo auspichiamo che il nuovo guardasigilli e l’intero Governo intendano adottare interventi straordinari e urgenti per gestire l’urgenze e prevenire la protesta".

Giustizia: l'indulto anche per chi in carcere non c’è mai stato

di Tiziano Scolari

 

Affari Italiani, 18 aprile 2008

 

 

Il 29 luglio 2006 il Parlamento ha approvato la legge che ha introdotto un provvedimento di indulto per i reati commessi fino al 2 maggio dello stesso anno. Di fatto, se hai commesso un reato prima del 2 maggio 2006 e la tua condanna non supera i 3 anni, non farai neppure un giorno di carcere.

Ora, visto che in Italia i processi durano anche 10 o 15 anni, fino a quando i processi verranno celebrati con grande spesa per lo stato, ma senza che i colpevoli finiscano poi in carcere? Qual è il senso di questo provvedimento ? Vi spiego i miei dubbi.

L’indulto fu approvato 2 anni fa in un momento in cui le carceri stavano scoppiando. Se il senso era alleviare l’affollamento allora posso capire (sottolineo, non approvare, ma capire) che si conceda uno sconto di pena ai detenuti già in carcere. Devi stare ancora in galera per tot anni ? Te ne sconto un po’. Facciamo il 10%? Ok. Se devi stare in galera ancora per 30 anni, esci 3 anni prima. Ma che senso ha scontare 3 anni di carcere a tutti a monte, prima che una persona vada in galera?

Il senso c’è, ed è quello che si supponeva quando l’indulto fu approvato. Il vero motivo era non tanto liberare le carceri, ma proteggere i reati dei colletti bianchi, depenalizzare di fatto le tangenti, i fallimenti e tutti quei reati non violenti che però non hanno conseguenze meno gravi sulla vita dei cittadini. Provate a dire a una persona che ha buttato i risparmi di una vita sui bond Cirio o Parmalat che Cragnotti e Tanzi non andranno mai in galera grazie all’indulto, non penso che sarebbero molto d’accordo.

Così succede che oggi, il 18 aprile 2008, l’ex ministro Sirchia venga condannato a 3 anni di carcere per tangenti, ben sapendo che in carcere non ci andrà mai e che ricorrendo in appello si arriverà velocemente alla prescrizione. Sarà un caso che i due partiti che di fatto hanno vinto le elezioni raddoppiando i voti siano Lega e Italia dei Valori, due partiti che non votarono l’indulto? Mi sa proprio di no.

Giustizia: passate le elezioni ecco il ritorno dei sindaci-sceriffi

di Michele Smargiassi

 

La Repubblica, 18 aprile 2008

 

 

Più poteri di pubblica sicurezza ai sindaci", "certezza della pena", "filtri alle frontiere": parole di destra o di sinistra? La risposta questa volta è: entrambi. Il grido di dolore che sale "dalle isole un tempo felici" porterà stasera la firma di dieci sindaci, tutti del nord, tutti capoluoghi di medie dimensioni, due Pdl, due Lega, due civici centristi, quattro Pd, tutti d’accordo sulle richieste al governo Berlusconi "per la sicurezza dei cittadini" in merito a "reati contro la persona e il patrimonio, immigrazione clandestina, droga, prostituzione, degrado urbano".

Arrivano a Parma i primi cittadini di Verona, Padova, La Spezia, Alessandria, Cremona, Pavia, Belluno, Novara, Asti. Li ha convocati Pietro Vignali, sindaco "civico", ed è una certa astuzia di calendario in questa rivolta bipartisan elaborata prima delle elezioni ma resa pubblica dopo che i brividi del nord sono diventati schede leghiste sonanti come campanelli d’allarme. "Noi non cavalchiamo, respiriamo la stessa aria", dice Vignali, "noi sindaci della provincia un tempo tranquilla viviamo gli stessi problemi delle metropoli, ma li soffriamo di più". Comincia tutto un mese fa, quando Vignali e il sindaco leghista di Verona, Flavio Tosi, si incontrano per una questione di fiere.

Tra due sindaci del nord il discorso casca sempre lì: insicurezza, degrado. Un cahier de doléances al prossimo governo? Sì, ma con i sindaci di sinistra se vogliamo che abbia forza. Molte porte s’aprono subito, solo un paio di sindaci di centro-sinistra si defilano in corso d’opera. Del resto "le mie ordinanze così clamorose in realtà erano già bipartisan", spiega Tosi, "quella sulla prostituzione l’ho presa in prestito dal collega Zanonato di Padova, quella sul degrado urbano da Cacciari di Venezia, entrambi centro-sinistra. Un sindaco i problemi li conosce, e se è bravo conosce anche le soluzioni. Il resto è propaganda".

Tre le maggiori richieste. Basta con le rimesse in libertà facili. Maggior filtro anti- clandestini. Soprattutto: più poteri ai sindaci sull’ordine pubblico, vigili urbani con poteri di polizia sui reati minori, possibilità di ordinanze contro fenomeni come la prostituzione senza dover ricorrere al codice stradale. Troppo a destra? Non tanto, a sentire i firmatari di parte veltroniana.

Piera Capitelli, sindaco di Pavia ed ex deputata Ds, ha proposto emendamenti sulla questione delle pene, ma più che altro per rispetto al Parlamento: "Non possiamo essere troppo specifici, deciderà la commissione Giustizia quali norme correggere, quel che conta è rassicurare i cittadini che i processi si fanno e che i colpevoli pagano". Comunque è orientata a firmare, perché "quando sei sindaco impari a tue spese che parole come decoro e sicurezza non sono di destra, che devi avere un’altra sensibilità".

Questa frase sul taccuino, "È falso il legame tra criminalità e immigrazione, ma la clandestinità è fonte di insicurezza per tutti", l’avrà fletta il sindaco berlusconiano di Alessandria Riccardo Fabbio o quello prodiano di Padova, Flavio Zanonato? (La risposta, indovinato, è: entrambi). A Zanonato l’ha fatto capire il collega della gemellata Friburgo, città all’avanguardia nelle politiche di integrazione, "gli ho chiesto: e con i clandestini come fate? E lui: quello è un problema di polizia. Io non sono così estremista, per me è anche un problema sociale, ma è vero che livelli così alti di irregolarità non sono governabili da un sindaco, è come fermare un fiume con un cucchiaio".

Giustizia: Bruno Contrada ricoverato d’urgenza in ospedale

 

Panorama, 18 aprile 2008

 

 

Nel giorno in cui la sorella chiede per lui l’eutanasia, Bruno Contrada è di nuovo colto da malore e ricoverato d’urgenza nell’ospedale civile di Santa Maria Capua Vetere. I due fatti non sono collegati, perché l’ex funzionario del Sisde non sapeva dell’iniziativa di sua sorella Anna che ha sollecitato la "morte dolce" per il fratello spiegando che lui "vuole morire" perché "questa sembra l’unica strada percorribile per mettere fine alle sue infinite pene". Per questo Anna Contrada ha presentato al giudice tutelare del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere la "formale autorizzazione per uccidere legalmente" suo fratello.

Bruno Contrada è detenuto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere dove sta scontando una condanna a 10 anni per concorso esterno all’associazione mafiosa. La difesa ha presentato più volte richieste di differimento della pena motivandola con gravissimi motivi di salute, ma sono state tutte respinte perché la condizioni dell’ex funzionario del Sisde, per i giudici, sono compatibili con la detenzione.

Anna Contrada si rifiuta di "continuare a pensare che il proprio fratello Bruno sia ridotto a un dead man walking", l’espressione usata negli Stati Uniti per indicare il condannato a morte che sta per essere ucciso. "Del resto", osserva commossa, "ad un tramonto così amaro è sicuramente preferibile l’eutanasia, ovvero una dolce morte".

Ma mentre l’iniziativa giudiziaria, che il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnom), Amedeo Bianco, definisce una "provocazione" che "non ha fondamento dal punto di vista giuridico", perché "la legge italiana non prevede l’eutanasia", da Santa Maria Capua Vetere il legale di Contrada apprende che il suo assistito è stato trasferito in ospedale "per astenia e vertigini, su disposizione dei medici della prigione. Chi lo ha visto", aggiunge, "lo ha trovato peggiorato rispetto all’ultimo ricovero di due mesi fa. Gli hanno fatto la Tac e adesso attendiamo gli esiti degli altri esami".

Contrada non sarebbe in pericolo di vita e sarebbe cosciente. Il paziente si trova nel reparto di Medicina interna. I sanitari gli hanno proposto un trasferimento al Cardarelli di Napoli, ma l’ex funzionario del Sisde ha manifestato l’intenzione di rimanere nell’ospedale in cui si trova.

"Tutto questo avviene", sottolinea l’avvocato Lipera, "due giorni dopo che il Tribunale di sorveglianza di Napoli ha deciso il rigetto dell’istanza di liberazione o detenzione domiciliare, non condividendo il giudizio di incompatibilità reiteratamente espresso dalla direzione sanitaria del carcere militare, e da un’infinita schiera di medici specialisti pubblici e privati". Nei giorni Bruno Contrada ha dato intanto disposizione ai propri familiari di non portare più alle visite in carcere i suoi nipotini "per abituarli gradualmente all’idea di non vederlo più". L’ex funzionario del Sisde abitualmente incontrava i nipoti in una zona verde del carcere di Santa Maria Capua Vetere, dove i loro genitori gli spiegavano che "il nonno lavora come guardiano dei conigli" e che "per questo non può lasciare quel luogo". Adesso anche questi sporadici incontri, per volere di Contrada, si concluderanno.

Secondo il senatore uscente di Fi, Lino Jannuzzi, "ha ragione la sorella Anna: concedetegli l’eutanasia", dice. Ad avviso di Jannuzzi "non è la prima volta che il Tribunale di sorveglianza di Napoli condanna a morte un detenuto, negandogli il differimento della pena nonostante le disperate condizioni di salute. È già successo". E cita il caso di un commerciante calabrese, Francesco Racco, "detenuto nel carcere di Secondigliano e morto durante il trasporto all’ospedale Cardarelli dopo che i giudici della sorveglianza di Napoli gli avevano ripetutamente negato, nonostante le documentazioni cliniche e le inequivocabili perizie, persino gli arresti ospedalieri".

Giustizia: date la grazia a Bruno Contrada... non l’eutanasia

di Beppino Caldarola

 

Il Riformista, 18 aprile 2008

 

 

Anna Contrada, sorella di Bruno Contrada, ha chiesto al Tribunale di sorveglianza di Napoli che per il fratello sia autorizzata l’eutanasia. La richiesta, mandata per conoscenza agli ex presidenti della Repubblica, Ciampi e Cossiga, viene dopo che lo stesso Tribunale di sorveglianza, presieduta da Angelica Di Giovanni, aveva rigettato la richiesta di differimento della pena per il prefetto Contrada. "È meglio morire", è questa la volontà dell’ex super-poliziotto, condannato a dieci anni per concorso esterno in associazione mafiosa, condanna ottenuta sulla base solo di dichiarazioni di pentiti. Qualche mese fa Bruno Contrada aveva chiesto la grazia al capo dello Stato e numerose firme si erano aggiunte all’appello perché Contrada venisse liberato. Anche il Riformista aveva sposato la via umanitaria. Contrada è molto malato, più volte è stato trasportato dal carcere in strutture sanitarie esterne in pericolo di vita: l’ultima volta proprio ieri pomeriggio, quando è stato trasferito nell’ospedale di Santa Maria Capua Vetere perché colpito da un’ischemia cerebrale. II suo avvocato ha detto: "Spero solo che nessuno ce l’avrà sulla coscienza". Finora, malgrado le sofferenze, è stato sempre riportato in galera malgrado le sofferenze. Queste le notizie. Dolorose e terribili.

La richiesta di eutanasia è inaccettabile. La disperazione di Contrada e dei suoi famigliari è comprensibile ma non si può chiedere né dare la morte in un paese che rifiuta la pena di morte. Tuttavia la "provocazione" della sorella di Contrada non può essere ignorata. Qualunque cosa si pensi dell’altissimo funzionario del Sismi è documentato che le sue condizioni di salute sono incompatibili con il carcere. Uno Stato democratico non uccide né direttamente né indirettamente. Non uccide nessuno. Non uccide il carcerato anonimo. Non uccide un proprio servitore su cui è stata lanciata una accusa terribile venuta al culmine di una vita intera spesa per difendere la società dalla mafia. La strada è quella della grazia. In attesa della grazia il differimento della pena è un provvedimento adeguato.

Vogliamo dirla tutta. Perché tutto questo silenzio su Contrada? C’è una sola risposta. Perché un provvedimento di clemenza per Contrada irrita tutta una antimafia giudiziaria che ha regolato i suoi conti con altri settori dello Stato. E perché Contrada è difeso dalla destra politica italiana. Faccio una proposta al dottor Caselli, in nome di una antica amicizia: sia lui, da cattolico generoso, a chiedere clemenza per Contrada. Sia l’ex capo della procura di Palermo, così mediaticamente forte e così ascoltato da giustizialisti di ogni tipo, a chiedere di garantire al prefetto Contrada il diritto alla vita.

 

Mantovano (Pdl): sta chiedendo un aiuto

 

Alfredo Mantovano, senatore del Pdl, che ne pensa della richiesta di eutanasia per Bruno Contrada?

"La lettura e il commento tecnico formale è molto semplice: è una richiesta di autorizzazione all’omicidio. Un reato punito nel nostro Paese con pene molto severe".

 

E fuori dalla formalità e dai tecnicismi?

"È evidente che quello di Contrada è un gesto di disperazione".

 

In quali termini?

"Non entro nel merito dello stato di salute di Contrada: non ho elementi per valutarlo".

 

E allora?

"Quando parlo di disperazione mi riferisco a quella di un servitore dello Stato che ritiene di essere stato condannato ingiustamente. Di più, Contrada si porta dietro il peso di una condanna infamante: essere servitore della mafia, il suo è stato un grido di disperazione, di aiuto. Ma non solo".

 

Cos’altro?

"Contrada viene tenuto dentro al carcere e non è soltanto molto malato, ma ha anche un’età tale che lo renderebbe incompatibile con la prigione. E questo nonostante sia dentro per un reato di mafia".

 

Oltre che al giudice tutelare Contrada ha fatto avere la sua richiesta di eutanasia a Francesco Cossiga e a Carlo Azeglio Ciampi. Come mai, secondo lei?

"Penso perché Ciampi era Presidente della Repubblica quando la sua condanna è diventata definitiva. Cossiga, invece, viene sempre chiamato in causa quando si ha a che fare con servizi segreti e di sicurezza".

 

Come mai non si è rivolto all’attuale presidente della Repubblica?

"Non ho tutte le chiavi di lettura".

Giustizia: nessuna tutela per le vittime dei pirati della strada

di Lilia Gaviani Dellamore (Presidente Associazione Europea Vittime della Strada)

 

Il Tempo, 18 aprile 2008

 

Roberta, 15 anni, parte col suo scooter, col casco e con l’educazione a guidare in sicurezza per sé e per gli altri. A 180 metri da casa, un anziano di 72 anni, Socrate Cacchi, un mese prima colpito da ictus, attraversa la strada, sale in macchina, una golf da 110 cv, parcheggiata nella stessa direzione di Roberta e improvvisamente fa un’inversione ad U.

A mò di cancello, schiaffeggia mia figlia che cade sul cofano, lo scooter a terra. Roberta è ancora viva. Cacchi fa marcia indietro, scarica Roberta a terra e riprende la corsa in avanti. Centra lo scooter e Roberta. Continua ad accelerare, mentre la gente grida di frenare. Lo scooter è infilato sulla ruota a sinistra, Roberta al centro del muso.

La incastra con una gamba tagliandola nella carne e spezzandola. Attraversa tutta la carreggiata e va a schiacciare Roberta contro il palo della luce. Li si spegno il motore. L’auto viene spostata indietro, all’arrivo dell’ambulanza. I soccorsi sono inutili. Roberta non riprende conoscenza, è morta. Il ritiro della patente e la condanna dell’automobilista a due anni e due mesi sono il risultato di un processo abbreviato,’ nel quale i testimoni non sono stati ascoltati e molte verità sono rimaste nascoste. Da quel 29 aprile ‘98 siamo entrati in un vortice giudiziario accidentato C’è incidente e incidente. C’è modo e modo di uccidere. L’indifferenza dell’omicida (che ripete essersi trattato solo di un incidente di cui non è responsabile) ci ha impedito di rapportarci con la morte come si dovrebbe.

Il risarcimento per la vita di Roberta è valso 80 milioni di lire, compresi i danni allo scooter, la tomba e il funerale. La vita di chi muore com’è morta lei, secondo le assicurazioni d’accordo con i governi, vale zero. L’assassino è libero. Mi sono adattata a questa vita, forse dimentica di com’è la vera vita, memore del dolore sofferto, ora chiuso dentro il petto nel quale scorrono perpetuamente le lacrime in fiume, che, turbolente, consumano in ogni momento della giornata senza passato e futuro. Prima del 29 aprile 1998 la vita, la vera vita. Dopo... resta l’impegno perché qualcosa cambi.

Mi aspetto che il governo Berlusconi metta mano alla giustizia istituendo una corsia preferenziale: processi civili e penali veloci e pene certe per chi causa incidenti stradali. È poi necessario tabelle che quantificano i danni in caso di morte e che i rimborsi delle Assicurazioni siano immediati con il riconoscimento del 100 per cento del danno biologico anche nel caso di morte immediata (oggi il danno è calcolata nella distanza che passa fra l’incidente e il decesso con il risultato che chi muore subito vale zero).

La vita ha un valore unico e assoluto, che deve esser riconosciuto come accade in America. Non dimentico qui l’importanza dell’educazione stradale, che deve essere effettivamente insegnata a scuola, ne i controlli telematici su tutte le strade per colpire severamente chi infrange il codice, della strada con aggravio di pena in caso di appello ai giudici di pace per cavilli burocratici. Un aiuto può venire infine dalla installazione di strumenti informatici sulle vetture per regolare la velocità in relazione alla strada che si percorre e per avvisare della presenza di pedoni. Nuove regole e più severe in nome della giustizia se di giustizia si può parlare di fronte a un omicidio.

Giustizia: guardare una donna è molestia, giovane condannato

 

Il Secolo XIX, 18 aprile 2008

 

Condannato a dieci giorni di arresto e 40 euro di multa per aver guardato con troppa insistenza una donna che si trovava nello stesso scompartimento del treno. Stando alla denuncia della diretta interessata, una donna di 55 anni, quegli sguardi sarebbero stati così insistenti e impertinenti da costituire una molestia. L’imputato, un trentenne di Mandello del Lario (Lecco), si è difeso sostenendo di non aver potuto fare a meno di guardarla, per la posizione in cui si trovava.

Il giudice alla fine ha deciso per una condanna, quasi simbolica, in quanto la pena rientra nell’indulto, ma l’imputato è apparso deciso a insistere per vedere riconosciuta la sua buona fede e la sua difesa ha annunciato appello. "Rispetto il giudice, ma questa sentenza è ingiusta". Queste le parole dell’avvocato Richard Martini, il legale che assiste il trentenne.

"In questi casi vanno valutate le circostanze dell’accaduto. La ressa della stazione, la quantità di persone sul treno - ha commentato ancora l’avvocato Martini -. Il mio assistito non poteva comportarsi diversamente e lungi da lui l’intenzione di molestare la signora. Il mio assistito peraltro ha sempre mantenuto una condotta rispettabilissima ed è assolutamente incensurato".

Secondo l’accusa l’uomo aveva guardato con troppa insistenza la donna che era seduta davanti a lui in uno scompartimento del treno regionale Sondrio-Lecco-Milano. Il giorno prima, aveva raccontato la signora, il trentenne si era seduto vicino a lei, dopo averle fatto spostare il cappotto. Un po’ troppo vicino, secondo la donna. E il giorno dopo, ancora, l’aveva guardata a lungo durante il tragitto. Tra i due non ci sarebbe stato alcuno scambio di parole, non ci sarebbero stati complimenti o tentativi di corteggiamento.

Bologna: il Garante dei detenuti potrà agire anche all’estero?

 

Dire, 18 aprile 2008

 

Il Garante delle persone private della libertà, istituito dal Comune di Bologna (che ha affidato l’incarico all’avvocato Desi Bruno), potrebbe estendere la propria attività oltre frontiera. Lo propone l’assessore comunale agli Affari istituzionali Libero Mancuso, intervenendo in commissione a Palazzo D’Accursio nel corso di un’udienza conoscitiva con l’associazione "Prigionieri del silenzio". Il Comune, ha aggiunto Mancuso, è inoltre in contatto con la Regione Emilia-Romagna perché la figura del Garante venga adottata anche in viale Aldo Moro.

Al centro dell’udienza di oggi c’è stato soprattutto il caso di Simone Righi, il 36enne bolognese arrestato in Spagna nel corso di una manifestazione animalista. La sorella, Fedra Righi, spiega che "l’unica cosa che c’è contro mio fratello è una presunzione di colpevolezza, non c’è nessun luogo a procedere". Nonostante questo, Righi, malato di cancro, ha passato diversi mesi in carcere ed oggi ha l’obbligo di firma, dunque non può lasciare la Spagna.

È accusato di attentato alle istituzioni, resistenza a pubblico ufficiale e disordine pubblico. Ma, secondo amici e familiari, diversi video delle tv spagnole lo scagionerebbero. Lo stesso Consiglio comunale di Bologna, lo scorso novembre, approvò all’unanimità un ordine del giorno che invitava l’amministrazione ad attivarsi con il ministero degli Esteri per far tornare Righi in Italia. Di questo e di altri casi simili, spiega Mancuso, "bisogna investire formalmente il Garante" perché possa prendere in carico anche casi di cittadini bolognesi all’estero.

L’associazione "Prigionieri del silenzio" è nata recentemente, proprio sulla spinta di situazioni come quella di Righi. La presidente, Katia Anedda, denuncia "pochissima informazione e pochissima tutela, gli italiani detenuti all’estero sono abbandonati dal nostro Stato". Tra i compiti dei consolati, ad esempio, "non è prevista alcuna assistenza legale". L’associazione, quindi, si propone di aiutare "persone che magari vanno all’estero per una vacanza e non tornano più a casa, spesso per situazioni paradossali come quella di Simone Righi".

Torino: Dgm; false le notizie sugli episodi di violenza nell’Ipm

 

Comunicato Stampa, 18 aprile 2008

 

Alle Redazioni delle testate giornalistiche

Ansa

La Repubblica

La Stampa

Torino Cronaca

 

Oggetto: Comunicato stampa del Centro Giustizia Minorile del Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria ai sensi della vigente normativa sul diritto di rettifica.

Con riferimento agli articoli pubblicati tra il 16 e il 17 aprile dalle testate in indirizzo, ai sensi della vigente normativa sul diritto di rettifica, in nome e per conto dell’Amministrazione che rappresento, Vi invito a pubblicare il seguente comunicato stampa: Una fonte "anonima" continua a diffondere notizie false e tendenziose sull’Amministrazione della Giustizia Minorile e di chi la rappresenta sul territorio regionale.

Nell’evidenziare un’evidente scorrettezza, da parte di codeste testate, per non aver sentito sui fatti anche la versione ufficiale dell’Amministrazione, fatti gli opportuni riscontri in data odierna, sono in grado di precisare quanto segue: In data 11 aprile non si è verificato alcun tentativo di suicidio: la notizia è falsa. Neanche nelle giornate seguenti si è verificato alcun atto di autolesionismo né tentativo di suicidio.

In data 14 aprile, nel corso di un intervento di unità di polizia penitenziaria per sedare un litigio tra ragazzi detenuti, uno di questi, particolarmente esagitato in quel momento, scagliava alcuni oggetti e suppellettili contro il compagno di stanza e uno di questi oggetti colpiva accidentalmente un’unità di personale. L’insufficiente organico effettivo di polizia penitenziaria ha comportato nei giorni scorsi, in via del tutto eccezionale e per adempiere a mandato istituzionale, che un’unità di personale svolgesse consecutivamente un numero di ore non consentito.

Nulla dei fatti sopra riportati è direttamente riconducibile all’ingestibile e ingovernabile situazione che si era venuta a creare nell’ultimo periodo della gestione dell’ex direttore Planta (che non si capisce a che titolo abbia "trovato il sostegno dell’Osapp, un sindacato di polizia penitenziaria" - Ansa 16.4.2008 -).

Nel ringraziare l’organizzazione sindacale Osapp per la continua attenzione che pone in essere verso questa Amministrazione, si ricorda che l’Amministrazione ha la responsabilità del corretto funzionamento dei Servizi che amministra, così come alle organizzazioni sindacali compete vigilare a che l’Amministrazione, nell’esercizio delle sue funzioni, non violi i diritti dei lavoratori, normativamente e contrattualmente sanciti. Non sarà ulteriormente tollerata la diffusione di notizie false e tendenziose che mirano unicamente a danneggiare l’immagine dell’Amministrazione e di chi la rappresenta su territorio regionale. Immagine che sarà legittimamente tutelata in ogni sede.

 

Dipartimento Giustizia Minorile

Centro Giustizia Minorile del Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria

Il Dirigente, Dott. Antonio Pappalardo

Verona: errore e rimedio... convegno sulla giustizia riparativa

 

Vita, 18 aprile 2008

 

Verona per tre giorni sarà la capitale della giustizia riparativa. Dal domani e fino a sabato, infatti, è in programma la quinta edizione dell’European Forum for Restorative Justice (Forum Europeo sulla giustizia riparativa) a cui parteciperanno circa 350 esperti di giustizia tra avvocati, giudici, psicologi, studiosi universitari, addetti ai servizi penitenziari, organi di polizia, provenienti da tutte le parti del mondo, dall’ Europa alla Nuova Zelanda dagli Usa all’Australia. La giustizia riparativa è un modello di giustizia che va oltre il concetto di castigo e si fonda su un meccanismo volontario di riconciliazione e riparazione tra le parti di un reato: vittima e autore, sia nell’ambito minorile che degli adulti.

Questo percorso si fonda sulla cooperazione e collaborazione tra diversi esperti del settore e delle istituzioni che supportano e accompagno gli attori del processo riparativo.

Il convegno è organizzato dall’Istituto don Calabria - Comunità di San Benedetto - con il supporto e il patrocinio del Comune di Verona, assessorato alle Politiche Giovanili e del Dipartimento per la Giustizia Minorile, ministero della Giustizia. La conferenza, presentata oggi a Verona, si terrà in lingua inglese, ed è organizzata in sessioni plenarie per affrontare le tematiche del convegno, workshop e caffè - conferenze per presentare esperienze differenti in Europa e offrire la possibilità ai partecipanti di interagire al dibattito.

"Con il termine giustizia riparativa - ha spiegato Silvio Masi, responsabile area progetti dell’Istituto don Calabria, Comunità S. Benedetto - si fa riferimento a un nuovo e diverso modo di fare giustizia che si pone come obiettivo primario quello di ristabilire il diritto attraverso la rappacificazione sociale delle parti in contrasto. Si applica con modalità che coinvolgono attivamente vittima, reo e comunità nella ricerca di soluzioni al conflitto generato da comportamenti ed azioni che possono anche configurarsi come illeciti e reati. La giustizia riparativa si applica anche in contesti più allargati degli ambiti penali, per esempio nelle scuole dove ci sono episodi di bullismo. L’elemento fondamentale di questo tipo di giustizia è il dialogo e la volontà ritrovare un accordo tra le parti".

In Italia la giustizia riparativa sta muovendo i primi passi, anche se nel Veneto è attiva dal 1996 con una sperimentazione di mediazione penale minorile. "Il processo penale rimane attivo per tutelare la vittima - ha evidenziato Paolo Attardo, direttore del Centro per la Giustizia Minorile per il Veneto e il Friuli Venezia Giulia - ma all’interno di questo c’è l’occasione per un confronto tra gli attori di un reato. Quando c’è la volontà di affrontare questa mediazione, in due casi su tre c’è una ricomposizione del conflitto". Ecco gli ambiti di intervento affrontati durante la conferenza e illustrati da Siri Keméni, capo dell’European Forum per la Giustizia riparativa.

 

Il coinvolgimento degli enti istituzionali

 

Uno dei punti chiave per la diffusione ed implementazione della giustizia riparativa è il coinvolgimento degli enti istituzionali preposti a designare le linee politiche da attuare in questo settore e lo sviluppo di una regolare collaborazione tra questi ultimi e gli enti erogatori di servizi. Ciò richiede una visione comune delle aspettative e delle responsabilità di ciascuno. Le modalità di sviluppo di tale cooperazione, tenendo conto dei continui cambiamenti in corso all’interno dello scenario politico, saranno oggetto di dibattito.

 

La cooperazione tra ricercatori e operatori

 

La cooperazione tra ricercatori ed operatori, come l’impatto delle ricerche sulle istituzioni politiche, costituisce un ulteriore fattore da considerare per l’implementazione e diffusione della giustizia riparativa nei paesi europei. A questo riguardo, le basi per una collaborazione proficua e duratura risiedono in un approccio di tipo dialogico che tenga in considerazione sia i bisogni di ricercatori, sia quelli degli operatori del settore.

 

Coinvolgimento e sensibilizzazione del territorio

 

Il processo di coinvolgimento e sensibilizzazione del territorio implica l’individuazione di un percorso che consenta di raggiungere la comunità e assicurare la partecipazione attiva dei cittadini. La giustizia riparativa deve trovare una sua legittimazione e riconoscimento come "nuovo approccio giudiziario" e perché ciò avvenga è necessario un dialogo costante con la società civile tenendo in considerazione le aspettative e la voce della cittadinanza.

 

Lo sviluppo della giustizia riparativa in sud Europa (Progetto Agis)

 

Una parte sostanziale della conferenza riguarderà il progetto Agis "Restorative Justice, an agenda for Europe". La conferenza rappresenta, infatti, anche il seminario conclusivo di tale progetto che è orientato allo sviluppo della giustizia riparativa e al rafforzamento del ruolo dell’Unione Europea nello sviluppo di un modello di giustizia riparativa in Europa. Dopo aver analizzato e identificato le problematiche e le difficoltà incontrate nel consolidare e implementare esperienze di giustizia riparativa nel sud Europa, saranno proposte dagli esperti e dagli operatori coinvolti nel progetto alcune esperienze e le strategie attivate per superare gli ostacoli sopraccitati. Verrà inoltre affrontata la necessità e la possibilità di introdurre nuove leggi e azioni in questo campo.

L’European Forum, nato nel 2001, è l’unica organizzazione europea che lavora nell’ambito della giustizia riparativa. Ha circa 200 associati, comprese istituzioni pubbliche e dipartimenti pubblici di differenti paesi. La sua finalità è favorire l’implementazione della giustizia riparativa nei paesi dell’est Europa e promuovere una riflessione europea sui modelli di contrasto e prevenzione ai reati sia nell’ambito minorile che adulti.

La Comunità San Benedetto, Istituto don Calabria, nasce nel 1974 destinata all’accoglienza di molti ragazzi della città di Verona. La Comunità svolge un ruolo di coordinamento e di supporto alle altre sedi dell’Istituto (Milano, Ferrara, Palermo) che operano nell’area della tutela minorile.

Le attività della Comunità San Benedetto riguardano essenzialmente due aree di intervento: l’area della tutela minorile e quella della progettazione/realizzazione di iniziative a carattere regionale, nazionale ed internazionale. La Comunità San Benedetto è inoltre sede autorizzata per lo svolgimento del Servizio Civile Nazionale ed Internazionale e socia di Forum e Fondazioni internazionali inerenti i minori e la giustizia.

Bologna: e al "Pratello" adesso scoppia la guerra degli alloggi

 

Il Resto del Carlino, 18 aprile 2008

 

Al centro dello scontro la foresteria concessa a un funzionario del Cpa secondo la Cgil arbitrariamente. L’accusa: "Per il trasporto dei mobili sono stati utilizzati i piccoli detenuti".

Al carcere minorile del Pratello è scoppiata la guerra degli alloggi. Da una parte, il sindacato Cgil di polizia penitenziaria, che accusa il dirigente del Centro giustizia minorile, Giuseppe Centomani, di aver arbitrariamente concesso la foresteria come fosse un alloggio, a un funzionario che non ne aveva diritto. Il tutto mentre una quindicina di agenti sono stati "sfrattati" da un’ala della caserma chiusa per lavori di ristrutturazione. Dall’altra parte, lo stesso Centomani, che replica di aver fatto tutto sotto la luce del sole e nel rispetto delle regole, accusando gli interlocutori di usare il sindacato per battaglie personali.

E, nel pieno dello scontro, spunta anche l’accusa, rivolta al funzionario occupante la foresteria (e, di conseguenza, anche a Centomani) di aver utilizzato ragazzini minorenni detenuti nella comunità all’interno del Pratello per trasportare i mobili durante il trasloco nella foresteria.

Un fatto, quest’ultimo, giudicato gravissimo dallo stesso sindacato, che nei giorni scorsi, sulla questione alloggi, ha scritto due lettere allarmate a tutte le istituzioni interessate: Prefettura, Comune, Provincia e Regione, oltre naturalmente al Dipartimento della giustizia minorile di Roma. Per capire i termini esatti della vicenda occorre fare un passo indietro. Al Pratello ci sono l’istituto penale, ossia il vero e proprio carcere (16 detenuti), il Centro di permanenza temporanea (Cpa), dove stanno per qualche giorno i minori in attesa delle decisioni del giudice e i servizi sociali. Ognuna di queste tre strutture ha i propri direttori. Il dirigente che le coordina è appunto Centomani, direttore del Centro di giustizia dei minori, con competenza regionale, anche se l’unico carcere minorile dell’Emilia Romagna è quello di Bologna.

Ebbene, a metà marzo, durante un incontro, Centomani ha comunicato agli agenti di polizia penitenziaria che vivevano in un’ala del carcere (ce ne sono due in tutto), che avrebbero dovuto liberare gli alloggi entro pochi giorni a causa dei lavori di ristrutturazione. Si tratta di sette agenti fissi e altri sette che usano la caserma come appoggio, visto che fanno i pendolari con altre città della regione. Quando gli interessati hanno chiesto dove dovevano andare a vivere nel frattempo, Centomani avrebbe risposto, denunciano i sindacati, prima di andare in un residence a loro spese, poi di sistemarsi nei container della ditta che esegue i lavori. Alla fine, è stata trovata un’altra soluzione, grazie all’intervento del Dipartimento di Roma: i fissi sono stati sistemati in parte alla caserma Mameli (creando malcontento perché in caso di emergenza non saranno in loco), in parte nell’altra ala del carcere. Mentre i pendolari, a tutt’oggi, ancora non sanno dove (e se) saranno sistemati.

E proprio nell’incontro di metà marzo, Centomani ha comunicato di aver concesso la foresteria, che si trova dentro la struttura del Pratello, al direttore del Cpa, che, pur essendo un dirigente, per legge non ha diritto all’alloggio gratuito. I sindacati avevano chiesto di usare la foresteria per tamponare l’emergenza, assegnandola temporaneamente agli agenti, ma Centomani ha deciso diversamente.

E così, nei giorni scorsi, l’interessato ha preso possesso della foresteria, che per regolamento deve servire a ospitare persone di passaggio per periodi limitati di tempo. Il funzionario ha fatto il trasloco, portando i propri mobili e per trasportarli avrebbe utilizzato, come detto, i minorenni (si tratta di 3-4 ragazzini stranieri) affidati alla comunità che si trova nel Cpa. Un uso, secondo il sindacato, assolutamente arbitrario dei minori sottoposti a una misura cautelare, seppure attenuata. Sulla vicenda, la Cgil ha scritto chiedendo secondo quali criteri sia stata assegnata la foresteria ed è tuttora in attesa di una risposta.

Ma quello che più sconcerta e fa arrabbiare il personale è che, in piena emergenza alloggi, si sia privilegiato (almeno secondo gli agenti) un funzionario (che pure alloggiava in caserma, nell’ala non interessata dai lavori) a scapito degli agenti che già lavorano "in condizioni sempre più difficili".

Bologna: un nuovo direttore e sedici agenti, l’impegno del Dap

 

Corriere di Bologna, 18 aprile 2008

 

Un nuovo direttore e 16 agenti in più, entro maggio, per la Dozza: lo ha annunciato ieri il Dap (dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) ai sindacati. È stato anche confermato lo stanziamento di 700 mila euro per la ristrutturazione e la sicurezza del carcere bolognese, dove le guardie saranno dotate di dispositivi anti aggressione. Per raffreddare le tensioni, poi, il provveditorato regionale verrà dotato di un ufficio per le relazioni sindacali.

Bologna: l’Osapp abbandona il tavolo di confronto con il Dap

 

Il Velino, 18 aprile 2008

 

Nella riunione odierna tenutasi al dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria con le Organizzazioni sindacali della Polizia Penitenziaria dell’Emilia Romagna, convocata dopo i gravi fatti avvenuti nella Casa Circondariale di Bologna, sullo stato di agitazione regionale del personale, l’Osapp ha abbandonato il tavolo riscontrando la mancanza di alcun riscontro positivo da parte dell’Amministrazione".

Lo afferma Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp. "A fronte delle pressanti lamentele e delle concrete richieste delle rappresentanze presenti - spiega l’Osapp - si è ancora una volta costatata l’incapacità materiale dei vertici centrali dell’Amministrazione penitenziaria di individuare soluzioni concrete ai problemi di una regione in cui, si rammenta, la capienza regolamentare degli Istituti già eccede del 67 per cento quella regolamentare.

A parte la conferma di provvedimenti tampone - aggiunge Beneduci -, quali il rientro in regione di poche unità distaccate in altre sedi e l’assegnazione di qualche residuale risorsa economica per le infrastrutture, l’invito dell’attuale capo del Dap Ettore Ferrara al sindacato, e quindi indirettamente al personale di Polizia penitenziaria della Regione Emilia Romagna, è stato di comprendere la portata e l’ineluttabilità dei problemi in corso e la necessità di compiere ulteriori sacrifici.

Nessun riferimento, invece, alle responsabilità di una gestione incapace del personale che da tempo si sente abbandonato a se stesso, dell’assenza relazioni Sindacali costruttive e sulla completa disfunzione degli Istituti e dei servizi penitenziari della regione da parte dei direttori-dirigenti dell’Amministrazione, e in particolar modo da parte del provveditore regionale Nello Cesari.

Abbiamo abbandonato il tavolo di un confronto - conclude l’Osapp - assolutamente sterile e il cui mancato esito favorevole, purtroppo e non per responsabilità del Sindacato, non mancherà di trovare spazi nelle cronache giornalistiche per i nuovi e assai probabili gravi episodi nelle carceri dell’Emilia Romagna. Nei confronti del nuovo esecutivo, ripetiamo la richiesta di completo rinnovamento dell’Amministrazione penitenziaria a partire dagli attuali vertici e dai dirigenti generali a capo delle regioni

Torino: il 21 presentazione linee collaborazione Servizi Minorili

 

Comunicato stampa, 18 aprile 2008

 

Il 21 aprile 2008 dalle ore 9 alle 13, presso il Centro Incontri della Regione Piemonte - Corso Stati Uniti 23 - Torino, si terrà un incontro di presentazione sulle "Linee Guida sulla collaborazione tra i Servizi Minorili dell’Amministrazione della Giustizia, i Servizi dell’Ente Locale e l’Autorità Giudiziaria Minorile nell’applicazione del D.P.R. 448 / 88 - Disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni" approvate con D.G.R. n. 12-7984 del 7 gennaio 2008; i relatori per la Giustizia Minorile saranno Antonio Pappalardo, Dirigente del C.G.M. di Torino e Paola Castigliò, Direttore dell’U.S.S.M. di Torino.

Genova: i detenuti di Marassi in scena con "Sono felice per te"

 

www.localport.it, 18 aprile 2008

 

Si intitola "Sono felice per te" e la particolarità di questo spettacolo, che sbarca al Teatro Nuovo da martedì 22 a giovedì 24 aprile, è quella di essere nato dalla collaborazione fra la compagnia genovese Paperplane e i detenuti della Casa Circondariale di Genova Marassi.

Più di un anno di laboratorio ha portato a questa messinscena dalla struttura musicale, come già era avvenuto per la prima esperienza collaborativa intitolata "S-catenati". È consigliata la prenotazione allo 011.6500205.

Diritti: D’Elia; problema è l'anacronismo della pena di morte

 

Notiziario Aduc, 18 aprile 2008

 

17 aprile 2008: sulla sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti sulla costituzionalità dell’iniezione letale, il Segretario di Nessuno tocchi Caino, Sergio D’Elia, ha dichiarato:

"La Corte Suprema degli Stati Uniti non era chiamata a decidere sulla pena di morte in sé ma sulla crudeltà e inusualità del metodo di esecuzione. Ma il problema di fondo non è la umanità o meno, la civiltà o meno del modo di eseguire una sentenza capitale, ma l’anacronismo della pena di morte nel terzo millennio in cui ormai siamo.

Ragion per cui la sentenza della Corte Suprema non può essere considerata uno stop al processo abolizionista tanto meno una controindicazione rispetto al valore politico e di indirizzo della risoluzione Onu, peraltro non vincolante giuridicamente, sulla moratoria universale delle esecuzioni capitali.

La recente abolizione della pena di morte nel New Jersey e le moratorie legali o di fatto in atto in Illinois, Maryland, California, New York, North Carolina sono prova di un processo irreversibile in atto anche negli Stati Uniti, dove le abolizioni e le moratorie possono essere decise solo dal Congresso oppure, dato il sistema federale, dalle assemblee legislative o dai Governatori dei singoli Stati federati."

Droghe: domani a Firenze l'Assemblea "Forum Droghe 2008"

 

Notiziario Aduc, 18 aprile 2008

 

Assemblea di Forum Droghe 2008. Sabato 19 aprile, a Firenze, ore 10-16 c/o Arci Piazza Dei Ciompi 11. Aperta a soci, sostenitori, compagni di strada di Forum Droghe, ai lettori di Fuoriluogo.

2008: cambia il governo. Non è cambiata la legge Fini Giovanardi. Le droghe sono sparite dal dibattito elettorale e dai programmi politici. Le carceri si riempiono di nuovo. I consumatori rischiano e pagano il prezzo della riforma mancata. I consumi crescono e si differenziano. Le politiche balbettano e non innovano. Le risorse vanno massicciamente nelle casse della repressione. I kit circolano e i cani annusano. E l’Onu dice di aver vinto la battaglia. Ci troviamo subito dopo le elezioni politiche per poter discutere conoscendo il nuovo scenario politico.

Ma qualche idea già ce l’abbiamo e l’assemblea di Forum è un’occasione di discussione aperta. Vogliamo ragionare - ancora e di più - su politiche, pratiche e culture di respiro. Di innovazione dal basso, di ricerca alternativa e critica, di lavoro culturale e sociale di prospettiva. Di nuove alleanze, aperte e non settoriali. Di pratiche sociali trasformative. Di iniziative legislative popolari, attive. Lo faremo con altre e con altri, attivi in campi e settori del sociale, dei movimenti, dei diritti.

Insieme, discuteremo e faremo un bilancio delle diverse iniziative che Forum ha portato avanti nell’ultimo anno sul piano dei progetti di ricerca, delle iniziative politiche e culturali, della presenza internazionale nella rete delle associazioni mondiali che sta discutendo le politiche Onu nel decennale della Convenzione del 1998, nella comunicazione sociale e nell’informazione su droghe, dipendenze, diritti.

 

Susanna Ronconi, Forum Droghe

 

Hanno assicurato sinora la partecipazione: Franco Corleone, Susanna Ronconi, Grazia Zuffa, Leonardo Fiorentini, Marina Impallomeni, Franco Marcomini, Sergio Segio, Maurizio Baruffi, Rosario Boschi, Maria Pia Scarciglia, Henri Margaron, Donatella Poretti, Stefano Vecchio, Paolo Crocchiolo, Sandro Libianchi, Nunzio Santalucia, Giorgio Bignami, Marco Solimano, Fabio Scaltritti, Marco Perduca, Patrizia Meringolo, Francesco Petri, Maria Stagnitta, Pierugo Bertolino e Ottavia Brunetti, Patti Cirino, Mariella Orsi, Andrea e Alessandro Calamai, Stefano Anastasia, Carla Rossi,Claudio Cippitelli, Osservatorio Antiproibizionista di Pisa, Gualtiero Michelucci, Domenico Chionetti, Paola Rivaris, Nanni Pepino, Beatrice Bassini, Sandro Margara.

 

 

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