Rassegna stampa 8 settembre

 

Giustizia: nei primi 8 mesi dell’anno 29 i suicidi in carcere

 

Redattore Sociale, 8 settembre 2007

 

Il Centro Studi di Ristretti Orizzonti risponde al Sappe precisando che i numeri non sono la parte essenziale, ma servono alla completezza del Dossier. "Azzardando una previsione, a fine dicembre potremmo contare 43 o 44 suicidi".

Il Centro Studi di Ristretti Orizzonti interviene con una nota in risposta al Sappe che, basandosi sul suo Dossier "Morire di carcere", nei giorni scorsi ha criticato pesantemente il sottosegretario alla Giustizia Luigi Manconi. "Il nostro Dossier - si legge nella nota - viene pubblicato ormai da 5 anni, ma senza pretendere con questo di sostituirsi alle fonti ufficiali. Infatti la premessa di ogni nostro comunicato è che elaboriamo soltanto le notizie raccolte attraverso gli articoli giornalistici, oppure le segnalazioni delle associazioni di volontariato, di parenti e amici dei detenuti.

Questo vale - naturalmente - anche per il fenomeno del suicidio tra i detenuti, che monitoriamo mese per mese con l’intento prioritario di restituire un’identità e una storia a queste persone, perché riteniamo che ridurre la loro morte a semplice evento statistico vorrebbe dire privarle anche della dignità di essere ricordate.

Il Dossier "Morire di carcere", quindi, è fatto di centinaia di pagine che raccolgono tutto quello che sappiamo sui detenuti morti, sulla loro vita precedente all’arresto, sui motivi del suicidio, e così via. I "numeri" servono alla completezza del Dossier, ma non sono la sua parte essenziale.

Detto questo, oggi abbiamo deciso di "dare i numeri" in maniera più dettagliata, anche per rispondere al Sindacato di Polizia Penitenziaria Sappe. Ora, è da sempre evidente che i dati possono essere usati in tanti modi, a noi sembra che il modo più corretto sia di dire che, dopo la concessione dell’indulto, si è naturalmente "alleggerita" la situazione all’interno delle carceri, e di conseguenza, probabilmente (parola chiave quando si parla di sucidi, perché non ci sono certezze di nessun tipo), si è attenuato il disagio che può portare anche ad atti estremi, ed è effettivamente diminuito il numero dei suicidi.

Adesso è finito l’effetto indulto, e i numeri della politica non sono incoraggianti per far pensare a quei significativi cambiamenti, che il sottosegretario Manconi, e anche noi e tanti altri che si occupano di carceri vorremmo, come l’abrogazione della legge ex Cirielli e altri analoghi provvedimenti. E la situazione, dentro le galere, nel frattempo ristagna, non ci sono più le grandi aspettative pre-indulto e si fatica a smuovere una situazione che risente pesantemente del clima che si è creato nella società: un clima fatto di una continua e insensata invocazione a punire qualsiasi reato con la galera, e quindi, in prospettiva, a riempire ancora di più le carceri.

In realtà, ai "numeri" ripresi dalle agenzie e anche dal Sappe (27 suicidi, fino al 24 agosto) vanno aggiunti altri due detenuti che si sono tolti la vita: Giuseppe Spera, di 69 anni, che il 28 agosto si è impiccato nel carcere di Opera (Mi), e Biagio Rotondo, che il 30 agosto si è ucciso nel carcere di Lucca, dopo soltanto 5 giorni dall’arresto.

In totale, quindi, nei primi 8 mesi del 2007 abbiamo raccolto informazioni su 29 detenuti suicidi. Azzardando una previsione, possiamo dire che a fine dicembre potremmo contare 43 o 44 suicidi nei 12 mesi.

Lo scorso anno i detenuti che si sono tolti la vita sono stati 50 (37 da gennaio ad agosto); nel 2005 sono stati 57 (36 da gennaio ad agosto) e nel 2004 sono stati 52 (33 da gennaio ad agosto). Nei primi 8 mesi del 2007, quindi, c’è stato un numero sensibilmente inferiore di suicidi rispetto agli stessi periodi degli scorsi anni.

Anche tenendo conto della diminuzione del numero complessivo dei detenuti nel 2007 (per effetto dell’indulto) il tasso di suicidio tra i detenuti è inferiore a quello registrato nel 2006 (10,11/10.000 contro 10,16/10.000), mentre è leggermente superiore a quello degli anni 2005 e 2004: rispettivamente 9,87/10.000 e 9,33/10.000.

Il tasso più elevato lo si è registrato nel 2001, con il 12,52/10.000 (69 suicidi). In 18 anni (dal 1990 al 2007) i detenuti morti per suicidio sono stati 907 (con un tasso medio di 10,11/10.000).

Per concludere un cenno alle dimensioni del fenomeno in Europa. Gli ultimi dati disponibili sono relativi al 2004: in Italia il tasso di suicidio tra i detenuti è meno della metà rispetto a quello della Francia (9,3/10.000 contro 20,04/10.000, mentre in Danimarca è del 18,6/10.000, in Portogallo del 16,2/10.000, in Germania del 10,2/10.000, e in Spagna dell’8,1/10.000".

Giustizia: Pecoraro Scanio; l’indulto doveva essere meno ampio

 

Asca, 8 settembre 2007

 

"L’indulto avrebbe dovuto essere meno ampio di come è diventato. Ora dobbiamo verificare se l’applicazione è stata rigorosa". Così il ministro per l’ambiente Alfonso Pecoraro Scanio a margine del Forum di Sbilanciamoci a Marghera. "Una parte del Centrosinistra accettò quello che era un ricatto di Forza Italia di avere alcune estensioni e pur di dare una risposta di clemenza si è andati su una posizione molto larga", ha ricordato Pecoraro Scanio. Dopo aver ricordato che le sue perplessità i Verdi le hanno espresse quando è stato votato l’indulto, il ministro ha sottolineato che si è andati verso "una clemenza per i più deboli, con dei rischi che sono stati maggiori". "Ora dovremo verificare se l’applicazione è stata rigorosa, perché in alcuni casi è stata troppo larga. Alcune misure di prevenzione andavano adottate comunque anche dalla magistratura".

Giustizia: Fabris (Udeur); il dibattito è condizionato dalla Cdl

 

Il Campanile, 8 settembre 2007

 

Il pacchetto contro la criminalità preparato dal governo continua a scuotere l’Unione. La sinistra radicale non abbassa i toni, definendolo "indecoroso". Romano Prodi difende le norme, mentre il centrodestra non perde occasione per cavalcare una nuova polemica da usare contro l’Unione, tirando in ballo anche l’indulto. Insomma, il caos.

Ma il punto, spiega il capogruppo al Senato dei Popolari-Udeur, Mauro Fabris, "è che questo dibattito è condizionato dalla strumentalizzazione della Cdl. Il centrosinistra viene accusato di mancanze in materia di ordine pubblico, immigrazione, diritto civile e penale, quando in vigore ci sono ancora le leggi fatte dal centrodestra. Questo è un paradosso".

 

Il pacchetto sicurezza continua a fomentare la polemica nell’Unione con la sinistra radicale, e serve alla Cdl l’occasione per denigrare l’operato del governo. Che succede?

"L’opposizione sta facendo demagogia. Il centrosinistra viene accusato di essere responsabile di ciò che crea insicurezza nei cittadini senza considerare che in vigore ci sono le leggi fatte proprio dal precedente governo. Noi stiamo cercando di risolvere un problema, che c’è sempre stato, provando a conciliare l’esistenza di uno stato di diritto con la richiesta di sicurezza che viene da parte dei cittadini".

 

Quando parla di strumentalizzazione si riferisce all’indulto?

"Nell’omicidio di Treviso l’indulto non c’entra niente. Artur Leshi, il presunto indultato, in realtà aveva già espiato tutta la pena per cui era stato condannato. È stato consegnato all’ufficio immigrazione di Palermo per l’espulsione verso l’Albania. E poi vorrei ricordare che l’indulto è stato votato dai due terzi del Parlamento, compresa Forza Italia e l’Udc. Farlo passare come un provvedimento del governo è strumentalizzazione. Invece le cose stanno diversamente, ma il nostro limite è che non riusciamo a comunicarle".

 

Vale a dire?

"Penso, ad esempio, alla legge Simeone (deputato di An, ndr), che prevede che tutte le pene inferiori ai tre anni vengano scontate non in carcere, ma con misure di detenzione alternativa. Questa è una legge della precedente legislatura che non viene ricordata mai. In questo senso il centrosinistra è autolesionista perché subisce la strumentalizzazione della Cdl".

 

Intanto, c’è la sensazione che si sia aperta nella sinistra una battaglia culturale più che politica. È così?

"È in corso un dibattito serio, che divide tutti gli schieramenti. Ma in materia di garanzie, se abbiamo problemi aperti, è perché nessuno gli ha chiusi in passato".

 

Non c’è il rischio di rincorrere la destra su temi come "tolleranza zero" che è uno dei cavalli di battaglia della Lega?

"La battaglia sulla legalità, l’abbiamo sempre fatta. E in ogni caso, se da parte del centrosinistra si condividono delle battaglie comuni anche al centrodestra, non vedo perché la Cdl debba insorgere. Possiamo fare leggi condivise, no?"

 

Sembra però che in questo modo si vogliano sottolineare le distanze con la sinistra radicale, che potrebbe ripiegare ma anche rompere...

"La sinistra radicale rischia di pagare il prezzo di un retaggio culturale pesante. Evitiamo che prevalgano le posizioni più dure, ma cerchiamo di mantenere l’equilibrio tra stato di diritto ed esigenze del cittadino, come dovrebbe essere in ogni democrazia"

Lazio: i reparti ospedalieri per detenuti rischiano la chiusura

 

Comunicato stampa, 8 settembre 2007

 

A rischio chiusura, per mancanze di finanziamenti, i reparti per detenuti degli ospedali "Pertini" di Roma e "Belcolle" di Viterbo. L’allarme in una lettera dell’assessore regionale alla sanità Augusto Battaglia al Ministro della Giustizia Clemente Mastella.

A poco più di un anno dall’inaugurazione rischiano già la chiusura, per mancanza di fondi, i due reparti per detenuti degli ospedali "Sandro Pertini" di Roma e "Belcolle" di Viterbo.

L’allarme è contenuto in una lettera inviata dall’assessore Regionale alla Sanità Augusto Battaglia al ministro della Giustizia Clemente Mastella e, fra gli altri, al Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti Angiolo Marroni.

Nella lettera l’assessore Battaglia ricorda che "il costo di tali strutture, di cui il Servizio Sanitario Regionale si è fatto carico, ammonta complessivamente a sei milioni di euro. Al costo non corrisponde un adeguato rimborso da parte delle autorità competenti".

Alla luce del piano del rientro dal deficit stipulato tra Regione Lazio, Ministero del Tesoro e delle Finanze e Ministero della Salute, "che impone misure impegnative per l’azzeramento del disavanzo entro il 2009. La Regione non è più nelle condizioni di far fronte a costi straordinari non coperti da corrispettive congrue entrate.

Per questo - scrive ancora Battaglia - sono a chiederle un autorevole intervento che ci consenta di disporre della copertura del costo dei servizi ospedalieri in oggetto dal 2006. Ciò al fine di poter evitare decisioni che potrebbero privare il sistema penitenziario di strutture indubbiamente funzionali a garantire il diritto e la tutela della salute alle persone detenute."

"Questa lettera, inviata il 31 luglio, ancora non ha avuto riscontri - ha detto il Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti Angiolo Marroni - Si sta creando una situazione preoccupante, dal momento che quello alla salute è uno dei diritti più discriminati in carcere. Ci siamo impegnati a lungo in una battaglia di civiltà per favorire l’apertura di questi reparti. Oggi chiedo al Governo di trovare una soluzione per evitare, a un solo anno di distanza dalla inaugurazione delle due strutture, di trovarsi di nuovo al punto di partenza, come in un tragico gioco dell’oca giocato sulla pelle dei più deboli".

Catanzaro: Corbelli (Diritti Civili) denuncia suicidio di un detenuto

 

Il Giornale di Calabria, 8 settembre 2007

 

Il leader del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli, in una nota, ha denunciato il suicidio di un detenuto in un carcere calabrese. "Ad informarmi di questo suicidio, ignorato e tenuto nascosto all’opinione pubblica - ha sostenuto Corbelli - sono stati, con una lettera, i detenuti della casa circondariale dove questo recluso si trovava.

L’uomo era stato condannato per un piccolo reato: contraffazione di cd. Nonostante il reato non grave, gli era stata comminata, per un cumulo pena, una condanna severissima: 13 anni di reclusione. Aveva chiesto di poter usufruire dei benefici di legge che non gli sono stati concessi. Disperato ha scelto di morire. Lascia la moglie e due figli".

"Dov’é il Ministro della Giustizia, Mastella? - si è chiesto Corbelli - Perché continua ad essere silente e latitante rispetto ai drammi, agli appelli e alle ingiustizie di tanta povera gente, finita in carcere per piccoli reati, in alcuni casi per sopravvivere?

Perché lo stesso Guardasigilli interviene invece tempestivamente con indagini e ispezioni in quei Tribunali che indagano su personaggi famosi, alcuni amici dello stesso Ministro Mastella?". "Quel detenuto morto suicida - ha concluso il leader di Diritti civili - era solo un senza volto, un senza diritto, un sepolto vivo delle prigioni che non interessa a nessuno e che non vale nemmeno la pena far sapere che si è tolto la vita in cella perché si è visto negare i benefici che aveva chiesto, perché si è sentito crollare il mondo addosso e si è visto cancellare la speranza di potersi ricostruire una vita".

Verona: per i volontari un corso sulle tecniche di relazione

 

Comunicato stampa, 8 settembre 2007

 

L’associazione La Fraternità organizza, col contributo del Centro Servizio per il Volontariato di Verona e la collaborazione delle associazioni Don Tonino Bello, Ripresa Responsabile, Il Samaritano ed Emmaus Villafranca un corso rivolto a volontari (o aspiranti tali) che desiderano acquistare capacità di relazione con altre persone a diverso titolo coinvolte nei problemi della giustizia. I partecipanti potranno poi proseguire nell’esperienza presso il Centro d’ascolto nella sede della Fraternità o presso le altre associazioni.

Il corso è intitolato: "Ascoltare, orientare (nel mondo della pena, tra domande e risorse)" e prevede un totale di 32 ore, ripartite tra attività d’assieme con relatori (20 ore) e lavori di gruppo tra i partecipanti con tutor (12 ore). Relatori saranno la psicologa e psicoterapeuta Lucia Di Palma, l’Assistente sociale Ernesto Guerriero e altri operatori.

Argomenti: l’atteggiamento di ascolto efficace, i bisogni prevalenti che emergono nell’ambito della giustizia penale, esperienze di accoglienza ed accompagnamento, il sistema di servizi che offre il nostro territorio e la capacità di utilizzarli in una rete di aiuto, le attività e progetti delle associazioni. Al termine i partecipanti dovrebbero essere in grado di interpretare le domande di chi si rivolge al centro d’ascolto (ex detenuti in reinserimento, familiari, persone in difficoltà, cittadini che chiedono informazioni) e di dare orientamenti sui servizi e le risorse cui rivolgersi.

L’inizio è previsto per sabato 6 ottobre nella sede della Fraternità in Via Provolo 27 (esattamente di fronte al Don Bosco) dalle ore 8.30 alle 12.30. Il corso proseguirà con lo stesso orario a sabati alternati (20 ottobre, 3 novembre, 17 novembre e 1 dicembre), mentre i gruppi di lavoro potranno incontrarsi nei sabati liberi o autodeterminarsi una diversa data. Le iscrizioni vanno comunicate alla Fraternità con messaggio in segreteria telefonica o fax allo 045.591520 o mail: info@lafraternita.it. È previsto il successivo versamento di 15 €.

Lazio: Mariani (Verdi); una carovana nella città degli invisibili

 

Ags Media, 8 settembre 2007

 

"In questi giorni il dibattito politico è monopolizzato dalla questione della sicurezza delle nostre città. Ad ascoltare le parole delle maggiori personalità politiche di questo paese, saremmo letteralmente assediati da un esercito di criminali travestiti da poveri che, con le loro insistenti prepotenze, ci toglierebbero quella tranquillità che meriterebbe ogni onesto lavoratore". Lo dichiara il consigliere della Regione Lazio Peppe Mariani (Verdi), che aggiunge: "La metafora bellica in questo caso non è affatto azzardata: quella a cui stiamo assistendo in questi giorni è una vera e propria campagna per difendere il paese da una minaccia letale, i toni emergenziali uniscono per una volta entrambi gli schieramenti, le dichiarazioni più altisonanti sembrano essere sostenute da consensi plebiscitari: insomma, un vero affare per un sistema politico in piena crisi di legittimità. Che il bersaglio in questione sul quale costruire questa politica di difesa nazionale sia il lavavetri, mostra chiaramente il senso di questa operazione.

La ricetta tuttavia è vincente: di fronte a un senso di radicale sfiducia nei confronti della classe politica, quest’ultima pensa bene di concentrare l’attenzione nonché la rabbia diffusa di ampi strati della popolazione verso chi occupa i gradini più bassi della scala sociale. Si assiste così a un ribaltamento di visuale che mette nel mirino uomini e donne che condividono con il resto della società l’insicurezza del vivere, ma che a differenza degli altri, non hanno né la cittadinanza né diritto di parola. Al Ministro Amato, che per giustificare i provvedimenti parla di rischio di una reazione fascista, rispondiamo che è proprio sulla scorta di azioni di governo come queste che si può preparare una svolta reazionaria. Provvedimenti che equiparano le grandi e le piccole illegalità in un unico calderone, che rappresentano l’essere criminale come uno stato di natura che apparterrebbe di diritto agli esclusi e ai diversi da noi, nei fatti ha come effetto quello di trasformare la frustrazione delle persone in una logica di guerra, di rancore e risentimento verso chi è senza diritti. È proprio su questi temi che si dovrebbe misurare la differenza della sinistra dalla destra. Sarebbe miope però non vedere che al fondo di questa campagna c’è effettivamente una domanda di sicurezza che proviene dalla società. Pensare che l’origine vada ricercata nei soprusi dei lavavetri o dei writers è irrazionale. Questa domanda di sicurezza affonda le proprie radici nello smantellamento di quel sistema di garanzie e tutele sociali, nella precarizzazione della vita. Ma il problema forse riguarda anche le nostre città prive di luoghi di incontro in cui mettere le basi e sviluppare un senso di comunità e appartenenza.

È questo stato di cose che sta al fondo delle preoccupazioni delle persone e alle quali la politica ufficiale, neanche quella di sinistra, ha saputo dare la benché minima risposta. Quello stesso senso di sradicamento e precarietà è tra l’altro quello che vivono i protagonisti di questa emergenza. Gli immigrati e in generale gli esclusi. Chi sono? Dove vivono? Sono degli sfruttatori o sono vittime di una spirale di violenza, ricatto e sfruttamento. La "guerra contro i poveri" di questi giorni, parte dall’idea che questi ultimi non siano in nessun caso soggetti di diritto, perché esclusi e senza cittadinanza. Noi crediamo invece che tutti coloro i quali abitano le nostre città debbano poter ambire a una vita migliore e dignitosa.

Ma per far ciò occorre innanzitutto illuminare quella parte della città che rimane invisibile agli occhi dei media e alla percezione dei cittadini. Per questo proponiamo al Ministro Amato, al Sindaco Veltroni, al Presidente della Regione Marrazzo e ai politici in generale, al mondo dell’associazionismo e ai singoli cittadini di partecipare ad una "Carovana" per attraversare insieme i luoghi degli invisibili, per toccare con mano le zone dimenticate dove i "cittadini senza cittadinanza" vivono.

Una non-stop di 24 ore per attraversare i cunicoli di Roma dove queste persone dormono, nelle strade della prostituzione e del caporalato dove lavorano o cercano un’occupazione, nelle carceri dove spesso vengono detenuti. Lo faremo in un giorno della prossima settimana prendendo a pretesto la Notte Bianca organizzata dal Comune di Roma, per mostrare quello che le luci della ribalta lasciano in ombra. Questo vuole essere un contributo alla città che non ha la pretesa di rappresentare nessuno ma che ha l’ambizione di dire un pezzo di verità che nessuno sembra voglia ascoltare.

Norvegia: la storia di Bastoey, una prigione senza sbarre

 

Panorama, 8 settembre 2007

 

Dire che si tratta di detenuti che amano la prigione in cui scontano la propria pena è forse eccessivo ma insomma… Chi "abita" a Bastoey, infatti, è ben contento e a dirlo sono le cifre: la maggior parte dei detenuti che avrebbero potuto ottenere una riduzione della pena non l’ha fatto. L’isola felice è davvero un’isola e si trova in Norvegia, in un fiordo a circa 75 chilometri a sud di Oslo. Bastoey è diventata negli anni un esempio internazionale di rieducazione ma aspira anche a diventare un modello di "prigione ecosostenibile": ha dato il via all’installazione di pannelli solari, il riciclo è una priorità e il cibo, per lo più coltivato direttamente dai detenuti e rigorosamente biologico, è anche venduto ad altre prigioni. Il bestiame, cioè pecore, mucche e galline, è guardato a vista dai detenuti. Ci sono anche cavalli a Bastoey ma servono soltanto per fare sport o come supporto nei lavori pesanti. La prigione senza sbarre è insomma autosufficiente e mantenuta quasi esclusivamente dai detenuti stessi, tant’è vero che le guardie sono poche e alla sera se ne contano solo quattro per tutti i 115 detenuti…e non portano con sé armi. Un bel traguardo, celebrato a fine agosto dal ministro della giustizia norvegese, Knut Storberget.

Ora non si pensi che a Bastoey arrivino persone colpevoli di reati minori. Tutt’altro: ci sono soprattutto assassini, stupratori e trafficanti di droga. Eppure ognuno di loro, una volta entrato a Bastoey, sembra cambiare, come contagiato dagli influssi positivi di un mondo diverso. Sarà che la pena per chi tenta la fuga e poi viene trovato funge da ottimo deterrente: si viene trasferiti in un carcere molto meno bucolico.

 

 

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