Rassegna stampa 2 maggio

 

Giustizia: Marroni; il "Progetto Microcredito" per i detenuti

 

Il Meridiano, 2 maggio 2007

 

La "Grameen Bank" dei detenuti accorda piccoli prestiti per ricostruire una vita. Il Lazio impara da Muhammad Yunus, il "banchiere dei poveri" premio Nobel per la Pace nel 2006, che vuole cancellare la povertà dalla faccia della Terra e che tanto ha da insegnare all’Italia dell’usura e dei correntisti finiti sul lastrico.

Il microcredito entra in carcere grazie ad un progetto promosso dal Garante dei Diritti dei Detenuti del Lazio, l’avvocato Angiolo Marroni che conosce bene la realtà penitenziaria e continua a lavorare anche e soprattutto sul fronte della formazione. La sua è una figura di istituzione relativamente recente e la Regione può essere considerata, da questo punto di vista, un modello per il resto del Paese.

 

Avvocato, cos’è il Fondo per il microcredito?

"Vi è uno stanziamento, che è stato istituito con legge regionale, di tre milioni e mezzo di euro, divisi in quattro fondi, di cui uno riguarda proprio l’attività rivolta ai detenuti, agli ex detenuti, e alle loro famiglie, perché possano mettere in piedi delle piccole imprese. In pratica, si tratta proprio di finanziamenti per creare imprese".

 

È un prestito?

"Proprio così, sono prestiti a tassi bassissimi e senza l’obbligo di garanzie reali, perché questo è il vero problema di un prestito. Sono prestiti facilmente acquisibili, perché non c’è il vincolo di avere delle proprietà".

 

A quanto ammontano questi finanziamenti?

"Possono essere dati fino a 10mila euro. Per questo è una cosa molto importante. Il mio ufficio fa parte del gruppo che gestisce questo fondo per i detenuti".

 

Da quando saranno accordati questi prestiti?

"Si deve aspettare ancora un po’ perché bisogna fare un regolamento. Quindi penso che passerà almeno un mese prima che questa cosa diventi effettiva. D’altra parte, già vi sono molte domande, molte telefonate che riceviamo da parte di chi spera di avere questo finanziamento e noi ovviamente ne prendiamo nota, salvo poi richiamarli quando tutto sarà esecutivo".

 

Sarete costretti a fare una graduatoria?

"Sì, ma finché ci saranno i soldi li daremo. Certo, il regolamento deve prevedere dei parametri, ma spero che non siano particolarmente severi".

 

Il suo ufficio è molto attento all’immigrazione e avete creato dei contatti importanti, come quello con la Moschea di Roma…

"È un’attività molto importante. D’altra parte gli immigrati sono una parte della popolazione detenuta e, come tale, meritano la nostra attenzione. È evidente che è un po’ più complicato rispetto ai detenuti italiani, perché ci sono problemi non solo e non tanto di lingua quanto di rapporti con le famiglie che non ci sono, o con le rispettive ambasciate, le loro religioni e le loro diete. È la popolazione che più soffre la condizione carceraria".

 

Siete impegnati anche con i minorenni del carcere di Casal del Marmo. Come vi comportate rispetto a questa realtà, per certi versi più difficile?

"È più difficile ma anche molto piccola, in realtà. La legislazione è molto più aperta e, spesso, è un modello per altri Paesi d’Europa. La nostra attività si svolge soprattutto nel tentativo di dare formazione. I ragazzini e le ragazzine detenuti sono quasi tutti di origine straniera e molti di loro sono nomadi".

 

Riassumendo un po’ quella che è la sua attività, quali sono indicativamente le sue competenze e come si comporta con il detenuto?

"Io ho una struttura piuttosto robusta, con tanti collaboratori, peraltro molto giovani, che vanno nelle carceri settimanalmente e incontrano i detenuti. Normalmente i casi che ci vengono sottoposti riguardano questioni familiari o di trasferimenti. Oltre a questo, facciamo tutta un’attività di promozione, oltre che per il lavoro, la cultura, la formazione, la scuola, anche di concerto con l’università. Tutto questo ai fini di rimanere vincolati al dettato costituzionale che dice che la pena deve tendere alla riabilitazione".

 

Lei conosce bene la realtà carceraria. Oggi si parla tanta dell’indulto che, a quanto pare, ha risolto il problema del sovraffollamento. È davvero così?

"Non c’è dubbio che sia così, ma se non si cambiano le norme fondamentali che producono detenzione questa ritorna. In ogni caso, allo stato attuale delle cose, da 60mila detenuti siamo passati a 41mila. La percentuale dei rientri dei detenuti indultati è tutto sommato bassa, siamo attorno al 12-13%, tenendo conto che la società esterna non si è dimostrata particolarmente generosa con loro".

 

Oggi, allora, quali sono le problematiche nelle carceri?

"Sono sempre le stesse, quelle che riguardano la salute, il lavoro, la formazione, anche se la soluzione al sovraffollamento ne ha ridotto la drammaticità. Poi ci sono carceri nelle quali si sviluppano molte attività ed altre in cui languono, anche perché, spesso, le stesse direzioni non sono particolarmente aperte all’esterno, oppure è la realtà esterna a non essere interessata al carcere".

 

Queste attività aiutano davvero a crescere e formare?

"Io penso di sì, è chiaro che in queste attività bisogna mettere in conto che ci possono essere anche dei fallimenti, ma i fallimenti fanno parte della vita. L’importante è che ci siano dei recuperi che di fatto ci sono, tant’è che ci sono delle cooperative stanno lavorando benissimo".

 

La sua figura non è stata istituita, purtroppo, in tutte le Regioni…

"Ci vuole la volontà politica per farlo, la cultura, l’attenzione, la sensibilità. Se altri consigli regionali non hanno questa sensibilità non accade nulla. Quello del Lazio è un modello, a mio parere, tant’è che è stato seguito in alcune parti d’Italia come in Sicilia, in Campania, però in alcuni casi non hanno messo a disposizione fondi adeguati, non hanno dato strutture, e in altri ancora hanno approvato la legge e non hanno nominato il garante, e quindi è rimasto solo su carta".

 

Ci vuole anche un pool esperto ma senz’altro dedito a questo tipo di attività?

"Questo è sicuro. Le persone che lavorano con me le ho scelte io. D’altra parte, la regione Lazio generosamente non mi fa mancare niente perché io possa svolgere la mia attività. Questo è un lavoro che non si può fare come dipendente, bisogna farlo anche un po’ da volontari".

Giustizia: l’Istat realizza un'indagine sui detenuti stranieri

 

Padova News, 2 maggio 2007

 

Che la realtà carceraria in Italia non sia delle più rosee lo dimostra l’ultimo indulto. Processi interminabili, sovraffollamento, mancanza di iniziative che rendano costruttivo il periodo di detenzione sono solo alcuni dei problemi attuali. E per gli stranieri la situazione si fa ancora più drammatica.

Ma chi sono i detenuti stranieri in Italia? Un’indagine dell’Istat del 2006, dal titolo "Stranieri e carcere", ce ne offre uno scorcio. Anzitutto, la detenzione per gli stranieri diventa spesso l’unica soluzione possibile: gli stranieri che commettono reati sono in larga misura clandestini. Non disponendo di documenti, magari non hanno una fissa dimora, o sono stati più volte identificati con generalità diverse. Queste circostanze rendono a volte materialmente impossibile, a volte non opportuna (per il rischio di fuga) la concessione degli arresti domiciliari, cosa che avverrebbe invece se l’accusato fosse italiano.

Ecco perché mentre per gli italiani si registra una presenza dominante in carcere di condannati definitivi (62%) sugli imputati (35%), la situazione degli stranieri è all’opposto, essendo per la maggioranza imputati (59%) e per il 41% condannati definitivi.

Per quanto riguarda le pene, in quelle di durata inferiore a 6 mesi la percentuale degli stranieri è analoga a quella degli italiani, mentre per le pene più elevate (al di sopra dei 10 anni), gli stranieri sono assai meno numerosi. La media per gli stranieri è una detenzione di 3-5 anni, mentre per gli italiani si va dai 5 ai 10 anni.

I reati variano, anche se più della metà degli stranieri (55%) risulta avere a suo carico reati previsti dalla Legge sugli stupefacenti.

L’Istat analizza poi i cosiddetti "eventi critici", ossia "gli atti auto-aggressivi (suicidi, tentativi di suicidio e atti di autolesionismo), quelli etero-aggressivi (ferimenti, omicidi), i procurati incendi, le manifestazioni di protesta e le evasioni (dagli istituti o per mancato rientro), nonché i decessi per cause naturali."

Ne emerge che gli atti di autolesionismo sono, tra gli atti aggressivi, quelli che si presentano con maggiore frequenza nella popolazione carceraria adulta. Nel 2001 l’incidenza di tali eventi è stata del 114 per mille. Gli atti di autolesionismo in carcere hanno spesso la forma di gesti plateali, distinguibili dai tentativi di suicidio in quanto le modalità di esecuzione permettono ragionevolmente di escludere la reale determinazione di porre fine alla propria vita. Le motivazioni sono varie: esasperazione, disagio (che si acuisce in condizioni di sovraffollamento), impatto con la natura dura e spesso violenta del carcere, insofferenza per le lentezze burocratiche, convinzione che i propri diritti non siano rispettati, voglia di uscire anche per pochi giorni, anche solo per ricevere delle cure mediche.

Tra gli stranieri gli atti di autolesionismo risultano essere il doppio rispetto agli italiani, il che testimonia un maggior disagio del detenuto straniero: alle motivazioni di cui sopra se ne aggiungono infatti di nuove. In primis, l’assenza nella maggior parte dei casi di una famiglia o di amici che possano assistere il detenuto, sia dal punto di vista affettivo che da quello materiale. Altrettanto ovvia e rilevante è la maggiore difficoltà rispetto agli italiani, per motivi linguistici, di comprendere e adeguarsi ai meccanismi rigidi del carcere.

Si entra quindi in un circolo vizioso, che rende la detenzione per gli stranieri non solo l’unica soluzione possibile, anche in caso di reati che se compiuti da un italiano andrebbero risolti diversamente, ma addirittura ne danno un esito controproducente. Si è ben lontani infatti da un effetto "recupero" della pena, che dovrebbe tendere a "rieducare" il colpevole alla vita sociale. Il detenuto, ancor più se straniero, risulta emarginato e allontanato dalla società in maniera irreversibile. Fortunatamente esistono le eccezioni: enti e associazioni che si occupano dell’inserimento lavorativo degli ex detenuti, che danno loro la possibilità di fare formazione in carcere, o addirittura di dialogare con il mondo esterno, come fa per esempio l’associazione Granello di Senape attraverso la rivista Ristretti (www.ristretti.it).

Uepe: lettera di Anna Muschitiello, segretaria del Casg

 

Ristretti Orizzonti, 2 maggio 2007

 

Da quando abbiamo avviato questa iniziativa, oltre ai tanti documenti di condivisione, stanno arrivando richieste di chiarimenti sul perché di questa mobilitazione. Proverò a spiegare, focalizzandomi su due concetti fondamentali:

1) questa mobilitazione non è una pura e semplice difesa del proprio "territorio" da parte degli assistenti sociali, non si spiegherebbero altrimenti le adesioni di autorevoli associazioni del volontariato o di Magistrati, politici e giornalisti;

2) il sovraffollamento carcerario non è causato dalla mancata concessione delle misure alternative da parte di Magistrati, i quali non si fidano del controllo delle strutture oggi esistenti, o non solo da questo.

Conviene chiarire meglio il secondo punto e cioè: tutti sanno che le carceri erano sovraffollate prima dell’indulto e lo sono tutt’ora, per la presenza maggioritaria di una popolazione marginale (extracomunitari, tossicodipendenti, malati psichici ecc.) quella che è stata definita appropriatamente detenzione sociale.

Questa popolazione affolla prevalentemente le nostre carceri perché ci sono leggi che "penalizzano" il disagio sociale e negli ultimi anni è diminuito in modo considerevole l’investimento in servizi sociali; pertanto, una volta entrati in carcere, queste stesse persone fanno fatica ad uscire anche in misura alternativa per mancanza di risorse, ancora una volta sociali(casa, lavoro, servizi di sostegno e di cura etc.).

Quindi se le politiche penitenziarie e le poche risorse economiche vengono utilizzate non per aumentare i servizi e le risorse sociali, utili a far aumentare i soggetti in misura alternativa, ma per attuare maggior controllo e repressione dei pochi che riescono ad usufruirne, il risultato non potrà essere che: più sovraffollamento carcerario, non il contrario. Questo è ancora più vero se consideriamo che la misura alternativa è solo l’inizio di un percorso di reinserimento e inclusione e non punto di arrivo. Per concludere: investire in servizi sociali e in servizio sociale non vuol dire fare una politica buonista ma realista.

 

Anna Muschitiello

Coordinamento Nazionale Assistenti Sociali Giustizia

Toscana: "Immintegra", un progetto per i detenuti stranieri

 

Toscana In, 2 maggio 2007

 

Nell’ottobre del 2006 si è concluso la prima fase annuale del progetto regionale "Immintegra" con la sperimentazione di interventi di mediazione socio - linguistico - culturale per i detenuti stranieri in 10 istituti penitenziari della Toscana.

Il progetto, nato dall’esigenza di migliorare la qualità della vita dei soggetti stranieri reclusi o in area penale esterna, ha consentito un più adeguato percorso di risocializzazione, che ha tenuto conto delle differenze culturali riuscendo a trasformarle in risorse ed opportunità per i territori e per gli utenti.

Il progetto, di scala regionale, è stato realizzato grazie ad un finanziamento della Cassa per le Ammende di 120.000 euro. Il finanziamento ha reso possibili ben 7500 ore di attività, attribuite a seconda del flusso e delle specifiche problematiche dei detenuti stranieri negli istituti prescelti. Gli utenti raggiunti sono stati migliaia con interventi individuali e di gruppo, ripetuti nel tempo e che si sono concretizzati in servizi di interpretariato e di facilitazione della comunicazione, di traduzione di documenti e informazione sulle problematiche inerenti la detenzione.

La presenza dei mediatori ha consentito il consolidamento e il miglioramento delle relazioni fra utenti ed operatori interni ed esterni, nonché fra detenuti e detenuti. L’intervento di operatori ha facilitato le relazioni con le famiglie degli utenti e ha consentito un sostegno costante ai detenuti più fragili, onde prevenire gesti autolesivi e ridurre momenti di emarginazione.

I servizi sono stati espletati da associazioni od organismi del terzo settore, attraverso la stipula di convenzioni con le direzioni degli istituti, In totale sono stati accreditati una dozzina di enti, che hanno potuto offrire mediazione sociale e linguistico - culturale per il gruppo arabo, albanese, rumeno, cinese, spagnolo e altre lingue europee per i gruppi di area anglofona e francofona provenienti dall’Asia e dall’Africa.

Il progetto ha visto la collaborazione ed integrazione con altri enti territoriali, che operano in favore dei detenuti stranieri con progettazioni e finanziamenti propri. Gli Enti che hanno confermato i loro contributi fino a tutto il 2006 sono i Comuni di Firenze e Livorno e l’istituzione "Centro Nord-Sud" della Provincia di Pisa, operante anche nell’istituto penale di Volterra, non compreso in "Immintegra".

Tutte le esperienze, sono state importante e determinanti per la valutazione e l’analisi e la risposta ai bisogni degli utenti stranieri. Un lavoro capillare degli operatori, che ha permesso una comprensione mirata delle problematiche degli utenti. Si spiega così la generale richiesta di dare continuità al progetto, ormai considerato assolutamente necessario sul piano istituzionale. Per queste ragioni il Prap toscano ha inoltrato alla Cassa per le Ammende la richiesta di prosecuzione della sperimentazione per il biennio 2007/2008.

Va infine sottolineato che parallelamente alle azioni di mediazione socio - linguistico -culturale, è stato attuata anche un’importante convenzione tra Prap e Associazione "L’Altro Diritto", diretto dal Prof. Emilio Santoro dell’Università di Firenze, per l’assistenza extragiudiziale dei detenuti, che in relazione agli stranieri completa il quadro degli interventi strategici.

Toscana: nuovo accordo sul diritto alla salute dei detenuti

 

Prima Pagina, 2 maggio 2007

 

Il protocollo di intesa siglato oggi dall’assessore per il diritto alla salute Enrico Rossi con il Provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria Maria Pia Giuffrida e il direttore del Centro giustizia minorile Toscane e Umbria Giuseppe Centomani rappresenta il primo passo per l’attuazione della Legge regionale 64/2005: "Con quella legge, prima e tuttora unica nel panorama nazionale - afferma l’assessore Rossi - abbiamo affermato che tutti i cittadini, liberi o detenuti, sono uguali davanti alla malattia e hanno diritto ad avere le stesse opportunità e prestazioni sanitarie assicurare dal Servizi Sanitario Regionale. Da allora abbiamo lavorato per rendere tutto questo concreto nella realtà quotidiana del carcere e il protocollo firmato oggi ci fa compiere un ulteriore passo avanti per assicurare alle persone detenute l’esercizio vero del diritto alla salute".

Il protocollo consente di intensificare l’impegno su problemi e progetti da tempo avviati: disagio psichico, assistenza farmaceutica, introduzione della cartella clinica informatizzata, realizzazione di aree di degenza dedicate negli ospedali del Servizio regionale, interventi sulla popolazione minorile detenuta. Vengono individuati i reciproci impegni per migliorare lo stato di salute della popolazione carceraria e tracciate le procedure di collaborazione. In particolare vengono sottolineati il principio di continuità dei percorsi terapeutici, al momento di ingresso in carcere e anche durante gli eventuali spostamenti dei detenuti tra i diversi istituti penitenziari della regione, e il principio di partecipazione diretta dei detenuti alle attività di prevenzione, cura e riabilitazione, con interventi orientati al recupero del ruolo di cittadinanza e con il coinvolgimento delle associazioni del terzo settore. Particolare attenzione viene posta alla garanzia dell’assistenza sanitaria negli istituti penitenziari e nell’istituto penale per i minori.

Tra le aree di intervento prioritarie sono individuate quella del Servizio per la tutela della salute mentale, le iniziative di sostegno all’assistenza sanitaria all’interno dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino e della Casa di Cura e Custodia Femminile di Sollicciano, iniziative per incrementare l’assistenza tecnico-infermieristica, il potenziamento del servizio medico di base, della continuità assistenziale e della specialistica, interventi per favorire la fornitura di protesi dentarie.

Per quando riguarda l’introduzione della cartella clinica informatizzata, dopo una fase sperimentale che ha coinvolti 5 degli istituti toscani, il sistema verrà esteso in tempi brevi a tutta la rete regionale, mentre sono in dirittura di arrivo anche le aree di degenza riservate negli ospedali di Careggi (Firenze) Prato e Livorno.

Si prevedono inoltre l’istituzione di un Osservatorio regionale sulla sanità penitenziaria e la riorganizzazione degli interventi in tema di prevenzione e assistenza ai tossicodipendenti. Un Progetto Obiettivo consentirà la costruzione di un sistema definitivo di presa in carico regionale dell’assistenza sanitaria in carcere, che si potrà pienamente concretizzare però solo con il trasferimento alla Regione delle risorse necessarie e del personale attualmente in carico allo Stato. Ad oggi nei 19 istituti toscani sono presenti 3022 detenuti.

Palermo: l’equo e solidale nasce in un magazzino confiscato

 

Redattore Sociale, 2 maggio 2007

 

Abbandonato e ridotto a discarica, è stato risistemato e messo a disposizione dei cittadini dai ragazzi del centro sociale Ask 191. I responsabili: "Ora è uno spazio realmente sociale".

Nel magazzino di viale Strasburgo a Palermo, confiscato alla mafia nel 1983 e da quel momento abbandonato e ridotto a discarica, i ragazzi del centro sociale Ask 191 hanno avviato un piccolo mercato equo e solidale. La decisione di ricominciare è avvenuta dopo circa due mesi da un attentato incendiario in cui era stata devastata la loro sede, saccheggiando materiali d"informazione e libri. Hanno, quindi, restituito alla cittadinanza il giardino che circonda l’immobile che per vent’anni veniva utilizzato come discarica. Lo hanno chiamato Gap 191, acronimo di "giardino autogestito pubblico" e già da qualche giorno ospita un mercatino palermitano di commercio equo e solidale. Nello spazio, infatti si possono acquistare prodotti agricoli, biologici e non, mentre, a breve ci sarà pure un mercatino dell’usato e dell’artigianato con prodotti provenienti dal riutilizzo degli scarti del consumo e un mercatino dei libri editi da piccole case editrici. Ogni angolo è affiancato da banchetti informativi su varie tematiche come la raccolta differenziata, il mercato equo e solidale e la Riciclofficina, uno spazio in cui si terranno dei corsi gratuiti rivolti ai bambini, per insegnare la costruzione di oggetti e giocattoli da materiale completamente riciclato.

Il centro sociale Ask 191 oggi è collegato con diverse associazioni, gruppi musicali, artisti e liberi professionisti. Un gruppo di intellettuali ha donato ai ragazzi più di 300 libri che incrementeranno la biblioteca, dimezzata, inseguito all’attentato incendiario. Un architetto, riutilizzando vecchi copertoni ha ricostruito l’angolo bar e il palco per i concerti. Ogni martedì, invece, due consulenti dei Cobas presteranno un servizio di assistenza fiscale gratuita per le fasce più deboli della popolazione. L’associazione Malafemmine aprirà, invece, nei prossimi giorni un piccolo consultorio per le donne vittime di violenza. "La solidarietà che si è messa in moto dopo l’attentato ha stupito anche noi. Grazie a questo lavoro corale - ha detto Danilo Mariscalco, uno dei responsabili del Centro - siamo riusciti a trasformare un luogo simbolo del potere mafioso in uno spazio realmente sociale".

Porto Azzurro: i detenuti realizzano dei libri per non vedenti

 

Toscana In, 2 maggio 2007

 

Una piccola stamperia Braille sarà aperta presso la Casa di Reclusione di Porto Azzurro, grazie ad un progetto approvato e finanziato per € 60.000,00 dalla Cassa delle Ammende dell’Amministrazione Penitenziaria.

L’esigenza di promuovere e sviluppare attività lavorative per le persone detenute, sia all’interno che all’esterno del carcere, ma con gli occhi rivolti ad una delle maggiori difficoltà che incontrano le persone non vedenti, ha dato il via ad un particolare progetto che vedrà da un lato lavorare alcuni reclusi di Porto Azzurro, e dall’altro aprire le porte per una maggiore e qualificata conoscenza da parte di chi, in maniera più o meno totale, è privo di un bene prezioso come è la vista.

L’iniziativa è frutto della collaborazione tra la Direzione della Casa di Reclusione di Porto Azzurro, la Stamperia Braille di Firenze e la Cooperativa San Giacomo di Porto Azzurro e nasce dal bisogno rilevato dai tecnici di settore di una delle maggiori difficoltà che incontrano le persone non vedenti o ipovedenti quando si trovano a dover affrontare la lettura e la consultazione dei libri scolastici, perciò "lo studio in generale".

Il sistema alfabetico tattile "Braille" formato da una combinazione di puntini a rilievo, rappresenta tuttora lo strumento indispensabile per la comunicazione e lo studio, ma come qualsiasi altro metodo o sistema ha i suoi limiti dovuti sia dalla macchinosità del suo impiego, ma anche al fatto che consente di comunicare solo tra persone addestrate oltre che dall’ ingombro generato dalla dilatazione dei testi e dallo spessore delle pagine.

Anche se numerosissimi sono i libri già disponibili in braille, esigenze particolari e di studio devono essere soddisfatte dalle stamperie braille su richiesta ed in questo caso bisogna fare i conti con i tempi ed anche con i costi.

Per avere quindi un libro o una rivista su floppy o Cd, oppure stampato in caratteri ingranditi, è necessario acquisirne i testi, pagina per pagina, mediante uno scanner collegato ad un PC, rivedere e ripulire manualmente i testi da eventuali errori di lettura dei simboli grafici, prima di trasferire il contenuto finale sul supporto prescelto.

La piccola stamperia Braille del carcere di Porto Azzurro, e con questa i detenuti che vi lavoreranno, diventerà parte fondante in questo progetto che ha incontrato un interesse comune, tanto da risultare il primo approvato dalla Cassa Ammende (in sede locale) tra le realtà penitenziarie della Toscana.

Per lo sviluppo del progetto, è prevista la trasformazione di alcuni locali che la Direzione ha concesso in comodato per la creazione di un laboratorio informatico, dove attualmente sono occupate 5 persone, di cui 4 persone in detenzione e un operatore esterno per il coordinamento delle attività dopodiché si aprirà la piccola stamperia Braille.

L’avvio delle attività produttive potrà offrire opportunità lavorative "professionalmente qualificate nel settore informatico" alle persone recluse della Casa di Reclusione di Porto Azzurro le quali saranno impegnate nella realizzazione di libri in formato digitale per mettere a disposizione degli ipovedenti - con particolare riguardo agli studenti delle scuole secondarie, superiori ed università - stampe di testi a caratteri ingranditi, supporti informatici per la lettura e lo studio mediante barra braille e sintesi vocale collegate al personal computer; oppure di svolgere un servizio di trascrizione ed elaborazione di testi in formato digitale e pronti per la stampa braille, o per altri utilizzi informatici ad uso dei non vedenti come il caricamento, trattamento ed archiviazione dati ed altri utili ausili.

Determinante, per la completezza del progetto solidale, è stato il finanziamento di € 20.000,00 euro della la Regione Toscana - partner dell’azione - e quello di € 15.000,00 della Cooperativa San Giacomo responsabile della gestione e della formazione dei detenuti oltre che della preziosa collaborazione dell’Unione Italiana Ciechi - Sezione Provinciale di Grosseto, Società di San Vincenzo De Paoli - Consiglio Centrale Piombino e Follonica, Associazione Dialogo e Caritas Diocesana.

L’azione che vede coinvolti la popolazione detenuta di Porto Azzurro, permette attraverso la formazione, l’ammodernamento delle strutture e delle attrezzature, il potenziamento dell’offerta di servizi più professionali ed integrati di settore e nell’ottica di innovazione dei servizi di editing per non vedenti e ipovedenti a beneficio di un’articolata, sempre nuova domanda, dettata dal miglioramento della qualità della vita di questi soggetti che deve essere supportata da nuove tecnologie.

"Infolibro" con i prodotti innovativi ed integrati previsti dal progetto, persegue lo scopo e costituisce una concreta risposta che mette in evidenza come e quanto il ruolo di centralità che la persona detenuta riveste nel sistema penitenziario possa, in questo contesto, diventare non solo opportunità di inserimento lavorativo, già importante, bensì una sorta di interscambio di forze, di dialogo e confronto con "altri" che si arricchisce di significativi contenuti sociali, sia per l’aspetto di risocializzazione ma anche come occasione di giustizia riparativa.

Teatro: disabili e carcere, uno spettacolo a Rebibbia

 

Comunicato stampa, 2 maggio 2007

 

Hamlet - Frammenti da e per William Shakespeare. Uno spettacolo di Maria Sandrelli con i ragazzi del gruppo teatrale integrato EtaBeta.

I giovani diversamente abili dell’Associazione EtaBeta di Viterbo rappresentano Amleto per la popolazione detenuta della Casa Circondariale femminile di Rebibbia. "Hamlet" per la regia di Maria Sandrelli, dopo il debutto a Viterbo, il 13 aprile nella Chiesa della Pace, è stato replicato presso la Casa Circondariale "Mammagialla" di Viterbo il 16 aprile e il 3 maggio p.v. alle ore 16,00 andrà in scena presso il carcere femminile di Rebibbia.

Con "Hamlet", si ripete e si amplia la fortunata esperienza dello scorso anno, quando per la prima volta il gruppo di teatro integrato EtaBeta, fu ospite del carcere viterbese per la rappresentazione di "Romeo e Giulietta" curata sempre da Maria Sandrelli.

Lo spettacolo è frutto di un laboratorio durato sei mesi che si colloca al centro di una importante esperienza di pratica teatrale come cura del sé, in cui attraverso l’espressività artistica si tende ad un sistema di relazioni forti e profonde, ad uno scambio che può aiutare a rifondare nuovi rapporti ed evitare il distacco con l’altro. In questo senso, l’esperienza del lavoro laboratoriale di "Hamlet" e la sua rappresentazione negli Istituti di pena, diventano un punto di incontro fondante e necessario tra due realtà "a margine" come quella dell’handicap e quella del carcere. L’iniziativa, promossa dall’associazione King Kong Studios con EtaBeta, l’Unità Operativa Complessa di Neuropsichiatria Infantile della ASL di Viterbo, la Casa Circondariale di Viterbo e di Rebibbia femminile, è sostenuta dalla Direzione regionale Servizi Sociali della Regione Lazio.

Hamlet. 3 maggio 2007 ore 16.00. Casa Circondariale Femminile di Rebibbia. Roma, Via Bartolo Longo, 92. Info: King Kong Studios 347.1662081; kingkongstudios@libero.it

Bologna: in una mostra fotografica nove anni di attività all’Ipm

 

Redattore Sociale, 2 maggio 2007

 

La rassegna presenta una retrospettiva di immagini che due fotografi hanno realizzato dal 1999 al 2006, documentando le attività di laboratorio e gli spettacoli allestiti dalla compagnia teatrale dell’Istituto

Un ragazzo in bilico sopra un corrimano, alcuni giovani con indosso delle maschere, ombre inquietanti proiettate su fondali bianchi, ma anche semplici oggetti di scena, momenti di lavoro e di stanchezza, un polveroso campetto da calcio: sono solo alcune delle immagini che compongono la mostra fotografica "I ragazzi della Compagnia del Pratello - Sguardi su nove anni e spettacoli nell’Istituto penale minorile di Bologna".

La rassegna, inaugurata oggi nel Quadriloggiato della Biblioteca comunale dell’Archiginnasio (piazza Galvani 1) e in programma fino al 18 maggio, presenta una retrospettiva delle immagini che due fotografi, Marco Caselli e Alessandro Zanini, hanno realizzato dal 1999 al 2006, documentando le attività di laboratorio e gli spettacoli allestiti dalla compagnia teatrale dell’Istituto penale minorile di Bologna. Le fotografie raccontano nove anni di rappresentazioni portate in scena all’interno del carcere, concentrandosi sulla fisicità dei giovani attori, sugli spazi scenici realizzati, seguendo le prove degli spettacoli e mostrando i diversi elaborati in cui si sono cimentati i ragazzi.

"Fino ad oggi abbiamo realizzato nove spettacoli, uno all’anno - racconta Paolo Billi, il regista responsabile del progetto teatrale all’interno del carcere minorile -. Sono state rappresentazioni tra loro molto diverse, che hanno visto l’adesione di numerosi ragazzi, alcuni dei quali hanno anche scelto di continuare a partecipare una volta finito il loro percorso di recupero". "I due fotografi hanno agito in modo molto diverso - spiega Valentina Fulginiti, giovane drammaturga che, oltre a dirigere alcuni laboratori all’interno del penitenziario, ha curato la mostra -: Marco Caselli è stato più attento alla scena e alla fisicità degli attori documentando gli spettacoli, mentre Alessandro Zanini ha preferito concentrarsi sulla quotidianità del lavoro fatto dai ragazzi per l’allestimento delle scene, un impegno che è costato fatica ma anche gioia e soddisfazione. Questa mostra nasce semplicemente dalla volontà di dare uno sguardo retrospettivo su quanto fatto finora".

La "Compagnia del Pratello" è un gruppo d’arte drammatica costituitosi all’interno dell’Istituto penale minorile di Bologna. Si tratta di una compagnia aperta, formata annualmente da circa dieci ragazzi ospiti del penitenziario e stabilmente da tre giovani attrici, che hanno partecipato da esterne alla realizzazione degli ultimi spettacoli, e da due ragazzi che hanno deciso di continuare l’esperienza teatrale iniziata all’interno dell’Istituto. "I ragazzi possono quindi mettersi in gioco in diversi laboratori, dando ciascuno il proprio contributo, dall’allestimento vero e proprio alla falegnameria e sartoria", dice Cristina Renzetti, una delle coordinatrici. "Per noi è importante che gli spettacoli siano il più possibile professionali - prosegue Valentina Fulginiti -. Richiediamo quindi a chi partecipa impegno, serietà, precisione e senso di responsabilità; tutti valori comunque importanti all’interno del percorso educativo e riabilitativo degli ospiti."

Insieme alla mostra fotografica è stato inaugurato anche, nella Galleria Accursio di via Rizzoli, "Il taglio del bosco", che conclude "Dialoghi, memorie e teatro in comunità", attività e laboratori nati dalla collaborazione fra Teatro del Pratello, vari istituti scolastici bolognesi e alcune comunità d’accoglienza per minori (in programma fino al 5 maggio). "Si tratta di un’esposizione animata da performance - conclude Fulginiti -; un percorso che si snoda tra azioni teatrali, immagini, scritti e video dietro cui sta un’unica filosofia: quella di far incontrare adolescenze diverse". La Regione Emilia-Romagna, il Comune di Bologna, il Centro giustizia minorile per l’Emilia-Romagna, l’Istituzione Gianfranco Minguzzi e l’associazione "Bloom-culture teatrali" sono tra i partner delle due manifestazioni. Per informazioni: tel. 051.551211 o consultare il sito web www.teatrodelpratello.it

Torino: indultato ad agosto, da otto mesi dorme in strada

 

L’Eco del Chisone, 2 maggio 2007

 

Da una decina di giorni Mario (lo chiamiamo così, con un nome di fantasia) è tornato a Piossasco, un piccolo centro in Provincia di Torino. Sfortunato, emarginato come lo era nell’agosto scorso quando, in seguito all’indulto, aveva riottenuto la libertà ma non una casa né un lavoro. Con lui c’è la sua ragazza, malata, con la carrozzina perché ha difficoltà a camminare. Prima dormivano sulla piazzetta antistante l’ex-chiesa del Carmine in un sacco a pelo sulle pietre nude del selciato. Anche le due sere del Consiglio comunale. Come a Porta Nuova. Poi la mostra per il 25 aprile con i francesi di Cran Gevrier li ha costretti a spostare le loro piccole e povere cose sotto l’ala del mercato in piazza Diaz. Adesso dormono sulla pietra di Luserna, il bar vicino fornisce loro una minestra, qualcuno porta un tavernello o lascia qualche euro. I servizi sociali del Comune si stanno interessando e hanno trovato ad entrambi un posto per dormire la notte ma loro vogliono restare assieme e non si sono mossi. Su una panchina dell’ala preparano tavola a mezzogiorno e sera e stendono un po’ di biancheria al sole.

Immigrazione: in due mesi 51 nuove "vittime delle frontiere"

 

Redattore Sociale, 2 maggio 2007

 

Il rapporto di Fortress Europe. 51 le vittime dell’immigrazione clandestina tra marzo e aprile: 21 in Grecia, 1 in Sicilia, 2 in Algeria, 2 sulla costa di Malaga, in Spagna, e 25 sulla via delle Canarie.

Dimezzano gli sbarchi, aumentano i pattugliamenti congiunti e vanno avanti le deportazioni, ma intanto, lungo le rotte per l’Europa, si continua a morire. 51 le vittime dell’immigrazione clandestina tra marzo e aprile 2007, 21 in Grecia, una in Sicilia, due in Algeria, due sulla costa di Malaga, in Spagna, e 25 sulla via delle Canarie, dove però nei primi tre mesi del 2007 gli arrivi sono diminuiti del 57% rispetto al 2006. Lo sostiene il rapporto mensile di Fortress Europe, che dal 1988 ha documentato sulla stampa internazionale 8.212 vittime dell’immigrazione clandestina.

Spagna, Italia, Malta e Grecia potranno presto contare sull’appoggio di squadre specializzate di intervento rapido. 450 uomini messi a disposizione dai 27 Stati membri, pronti ad essere mobilitati sui punti caldi della frontiera sud. Lo ha deciso in via definitiva il Parlamento europeo, che ha anche aggiunto 10 milioni di euro ai 34 del bilancio Frontex, l’agenzia per il controllo delle frontiere esterne dell’Unione. Ad oggi Frontex conta su 116 navi, 27 elicotteri, 21 aerei e 400 veicoli radar. Messi a disposizione dagli Stati volenterosi, serviranno a sigillare la frontiera, con 30 operazioni pronte a partire con la bella stagione. Nel Canale di Sicilia tutto dipende dalla volontà della Libia di partecipare o meno ad operazioni congiunte, visto il suo rifiuto lo scorso anno. Intanto Malta e Grecia hanno chiesto a Frontex un finanziamento per Nautilus 2, il prosieguo dell’omonima operazione dell’ottobre 2006, costata 1,2 milioni di euro in 15 giorni.

Nel frattempo alle Canarie, in Spagna, è stato installato il Sive (Sistema integrato di vigilanza esterna) sull’isola di Lanzarote. Nel giro di due anni tutto l’arcipelago ne sarà dotato. Il sistema - già montato nel 2003 lungo lo stretto di Gibilterra per una spesa di 120 milioni di euro - intercetta una barca fino a 30 miglia dalla costa. L’installazione del Sive porterà 6 milioni di euro nelle casse della Tecosa, azienda controllata dal gruppo Siemens, specializzata in tecnologie del controllo delle frontiere.

Chi sbarca alle Canarie racconta di viaggi sempre più lunghi per evitare i pattugliamenti di Frontex, che in due mesi di attività hanno respinto in mare 1.167 giovani migranti. Dei 25 morti tra marzo ed aprile sulle rotte per l’arcipelago spagnolo, nessuno è annegato. Sono tutti morti di ipotermia e disidratazione, dopo viaggi lunghi 8-10 giorni, in un caso 28, su rotte sermpre più lunghe e rischiose, rotte che ormai, lo dice la Guardia costiera italiana, passano a 300 miglia dalla costa africana. Su una piroga soccorsa il 23 aprile al largo della Mauritania, viaggiavano anche 13 passeggeri in gravi condizioni di salute. Per essere ricoverati hanno dovuto invertire rotta, 600 km a sud, fino a Dakar, in Senegal. La Mauritania non autorizzava lo sbarco. E in Mauritania, a Nouadhibou, sono ancora detenuti 23 dei 400 passeggeri asiatici del Marine I arrestati a febbraio sulla via per le Canarie. I clandestini non li vuole nessuno, nemmeno in Africa.

Dalla Libia continuano le deportazioni. Più di 11.000 stranieri espulsi dal settembre 2006. Gli ultimi 500, nigeriani, tra cui molte donne e bambini, sono atterrati a Lagos la notte del 5 aprile. Intervistati dalla stampa locale, hanno denunciato il trattamento disumano riservato loro dalle autorità libiche. Un deportato dice di essere stato torturato dalle guardie libiche in carcere. E un uomo dichiara di aver passato quattro anni in carcere prima di essere deportato. I loro beni sono stati confiscati dagli agenti al momento dell’arresto e nessuno ha avuto modo di difendersi legalmente contro la deportazione. Da marzo 2007 per entrare in Libia serve un visto d’ingresso anche per i cittadini africani. Qaddafi aveva dato un ultimatum agli stranieri irregolari presenti sul territorio. Fortress Europe teme che possa scattare una vera e propria caccia all’uomo. Le cifre degli arresti non sono rassicuranti, specie alla luce delle condizioni delle carceri libiche, già denunciate dall’Ue, da Human Rights Watch e da Afvic. Secondo un rapporto dell’Ue, tre di quelle carceri, a Kufrah, Sebha e Gharyan, sono state finanziate dall’Italia tra il 2003 e il 2005.

Droghe: decreto su importazione farmaci cannabis-derivati

 

Notiziario Aduc, 2 maggio 2007

 

Il ministro della Salute Livia Turco ha firmato un decreto ministeriale che inserisce ufficialmente i medicinali derivati dalla cannabis nell’elenco nella Tabella II, sezione B del Testo unico stupefacenti. In questo modo, i farmaci come il Sativex (usati nella terapia del dolore e della sclerosi multipla) potranno essere importati su tutto il territorio nazionale, come già a Bolzano. Dovrà essere il medico a prescrivere il farmaco ed inoltrare al ministero una richiesta di importazione del farmaco, in quanto medicinali non ancora commercializzabili in Italia.

Per la verità, un provvedimento simile è contenuto in un disegno di legge dello stesso ministro (approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 19 ottobre 2007) in materia "di semplificazione degli adempimenti amministrativi connessi alla tutela della salute e altri interventi in materia sanitaria". Ma il testo di legge, nonostante i ripetuti appelli del ministro Turco, è ancora bloccato in commissione Igiene e Salute del Senato. Il presente decreto bypassa quindi il Parlamento, permettendo da subito l’uso di questi farmaci.

Droghe: Usa; test antidroga "fai-da-te" per controllare i figli

 

Notiziario Aduc, 2 maggio 2007

 

Ragazzi attenti: nelle case italiane arriva il tampone che rivela la presenza nella salive o nelle urine di anfetamine, cocaina, ecstasy e marijuana. Ed è già un successo commerciale ad un prezzo stracciato che va dai 12 ai 36 euro. Jacqueline Battistacci, direttore marketing del gruppo Comifar, che distribuisce in farmacia il prodotto made in Usa, è soddisfatta. "I test, che possono essere condotti solo su un singolo stupefacente o su più droghe simultaneamente, sono in vendita da dicembre del 2006 e i dati che ho a disposizione dicono che l’esame antidroga fai-da-te sta incontrando il favore delle famiglie".

Il test sulle urine può riguardare una sola droga (anfetamina, benzodiazepina, cocaina, ecstasy, marijuana, oppiacei) oppure può essere multiscreen, cioè in grado di analizzare contemporaneamente con un solo tampone, che cambia colore a seconda degli stupefacenti, la presenza di 5 droghe: anfetamine, cocaina, marijuana, metamfetamina, oppiacei. L’esame sulla saliva è invece solo multiscreen e riguarda 6 droghe: anfetamine, cocaina, feniciclidina, marijuana, metamfetamina, oppiacei.

Comifar, che porta questi prodotti a Cosmofarma 2007 in programma a Bolognafiere dall’11 al 13 maggio, non sa immaginare precisamente come i campioni incriminati possano essere prelevati all’interno delle quattro mura domestiche ma si può ipotizzare che genitori ‘Sherlock Holmes’ si muniscano del tampone alla ricerca di impronte d’urina lasciate sbadatamente nei bagni. I test però potrebbero uscire dall’alveo familiare e trovare nuovi acquirenti. Sembra, infatti, che la polizia li stia testando per poi utilizzarli nei controlli lungo le strade e che una circoscrizione milanese stia pensando di regalarli a tutte le famiglie con figli fra i 13 e i 18 anni. I genitori riceverebbero un buono da presentare in farmacia per ottenere il test.

Gran Bretagna: prove legame tra cannabis e malattie mentali

 

Notiziario Aduc, 2 maggio 2007

 

Saranno presentate alla conferenza internazionale che si tiene a Londra ulteriori prove sull’incidenza della cannabis sul cervello. Scienziati e ricercatori si incontreranno all’Istituto di Psichiatria di Londra per discutere sulla pericolosità delle droghe e della loro connessione con le psicosi e schizofrenia. "Siamo vicini a trovare la connessione tra la cannabis e le malattie mentali. Tutte le prove sono in quella direzione", ha dichiarato la dottoressa Zerrin Atakan, una degli organizzatori della conferenza, che partecipò anche al primo studio sugli effetti della cannabis sul cervello. Nuove immagini delle risonanze magnetiche rivelano che il Thc riduce significativamente le attività del lobo frontale, la parte del cervello responsabile della coordinazione e delle emozioni. Philip McGuire, professore di psichiatria e neuroscienze cognitive dell’Istituto, ha dichiarato: "Non sappiamo ancora come il Thc produca i sintomi psicotici. I nostri studi sono diretti in questa direzione".

Per la comunità medica è difficile conoscere in anticipo con certezza quali persone diventeranno psicotiche o schizofreniche. È più semplice saperlo nei consumatori che abbiano già qualche caso in famiglia.

 

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