Rassegna stampa 1 giugno

 

Roma: rumeno suicida; colletta detenuti per rimpatrio del corpo

 

Ansa, 1 giugno 2007

 

Tornerà a casa, in Romania, la salma di Giorgiu, il detenuto di 31 anni suicidatosi il mese scorso a Rebibbia. I detenuti del carcere romano lanciano una colletta per tentare di esaudire il desiderio della mamma di Giorgiu, giunta in Italia per ritirare gli effetti del figlio.

Il Garante regionale dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni: "La popolazione del carcere di Rebibbia ha deciso di autotassarsi per consentire a questa madre di poter piangere in pace le spoglie di suo figlio. Un gesto di straordinaria sensibilità che dimostra che il carcere è anche luogo di umanità e di rispetto".

Il 29 aprile Giorgiu si era suicidato tagliandosi la carotide con una lametta. Era stato condannato in primo grado per tentato omicidio ed era in attesa dell’appello. Della morte era stato avvisato il consolato romeno che aveva tentato di rintracciare i parenti. In assenza di notizie, Giorgiu è stato poi sepolto con rito ortodosso al Cimitero di Prima Porta.

Ieri alla porta di Rebibbia ha bussato una donna di 55 anni, Veronica, chiedendo di poter riavere gli effetti personali del figlio. A chi l’ha accompagnata la donna ha raccontato di aver saputo della tragedia dalle lettere che spediva al figlio, tornate indietro con la dicitura "Deceduto." Per arrivare in Italia dal villaggio romeno di Suceava (al confine con la Moldavia) la donna ha sostenuto un viaggio in pullman di due giorni e due notti.

La donna ha raccontato anche un’altra tragica notizia: quella di essere rimasta vedova sei mesi fa. Per questo ha espresso il desiderio di vedere il figlio sepolto accanto al padre. Dopo aver ritirato gli effetti Veronica è stata accompagnata a Prima Porta, dove ha pregato sulla tomba del figlio portando via un pugno di terra. Ha quindi dormito in una Casa della Caritas e questa mattina è ripartita per la Romania. E proprio oggi i detenuti hanno deciso di tentare di accontentare la donna, lanciando una colletta cui sono coinvolti i circoli interni, gli agenti e le maestranze del carcere. "La morte di questo ragazzo ha colpito tutti perché figlia della solitudine - ha detto il Garante dei detenuti Angiolo Marroni - Un esempio emblematico di come vive la popolazione straniera in carcere, quasi sempre abbandonata anche dalle proprie istituzioni diplomatiche. Oggi la popolazione di Rebibbia ha deciso di autotassarsi per consentire a questa madre di poter piangere in pace le spoglie del figlio. Un gesto di straordinaria sensibilità, che dimostra che il carcere è anche luogo di umanità e di rispetto".

Polizia Penitenziaria negli Uepe: dissenso dall'Uepe di Novara

 

Blog di Solidarietà, 1 giugno 2007

 

Considerazioni in merito al progetto di inserimento della Polizia Penitenziaria nell’attività di Esecuzione Penale esterna.

Dall’Ufficio Esecuzione Penale Esterna di Novara vogliamo esprimere il nostro dissenso circa l’inserimento della Polizia Penitenziaria negli Uepe con funzioni di controllo sui soggetti sottoposti a misura alternativa ed, in particolare, all’Affidamento in Prova al Servizio Sociale.

Condividendo le perplessità e le riflessioni già espresse dai nostri colleghi da diverse parti d’Italia sottolineiamo come l’Ordinamento Penitenziario vigente - L. 354/75 e successive modificazioni - all’art. 47 indichi nel servizio sociale la funzione di aiuto-controllo e nello specifico reciti: "il Servizio Sociale controlla la condotta del soggetto e lo aiuta a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita".

La stessa terminologia usata dal legislatore per definire la misura alternativa alla detenzione per eccellenza, l’Affidamento in Prova al Servizio Sociale, dimostra chiaramente come il servizio sociale, con i propri strumenti professionali specifici, sia stato ritenuto soggetto ampiamente titolato nell’ambito dell’esecuzione penale.

Anche nel più recente regolamento di esecuzione dell’Ordinamento penitenziario (D.P.R. 30 giugno 2000 n. 230), all’art. 118 viene chiaramente ribadito come il controllo sui soggetti sottoposti alla misura dell’affidamento sia svolto dal servizio sociale con le proprie modalità professionali: il rispetto delle prescrizioni, che di per sé non garantisce circa la commissione di nuovi reati, è solo una parte del percorso proposto alla persona che è un percorso di sostegno e di responsabilizzazione all’interno del quale l’adeguamento alle prescrizioni è uno strumento e non l’unico obbiettivo.

Giova a nostro avviso richiamare il testo stesso dell’articolo in quanto ben rappresenta la complessa attività di servizio sociale riconosciuta ed attesa dal legislatore:

- art. 118, D.P.R. n. 230/2000, comma 8. In particolare, gli interventi di servizio sociale per adulti, nel corso del trattamento in ambiente esterno, sono diretti ad aiutare i soggetti che ne beneficiano ad adempiere responsabilmente gli impegni che derivano dalla misura cui sono sottoposti. Tali interventi, articolati in un processo unitario e personalizzato, sono prioritariamente caratterizzati:

dall’offerta al soggetto di sperimentare un rapporto con l’autorità basato sulla fiducia nella capacità della persona di recuperare il controllo del proprio comportamento senza interventi di carattere repressivo;

da un aiuto che porti il soggetto ad utilizzare meglio le risorse nella realtà familiare e sociale;

da un controllo, ove previsto dalla misura in esecuzione, sul comportamento del soggetto che costituisca al tempo stesso un aiuto rivolto ad assicurare il rispetto degli obblighi e delle prescrizioni dettate dalla magistratura di sorveglianza;

da una sollecitazione a una valutazione critica adeguata, da parte della persona, degli atteggiamenti che sono stati alla base della condotta penalmente sanzionata, nella prospettiva di un reinserimento sociale compiuto e duraturo.

L’enunciato della normativa, pertanto, appare ben chiaro, e, soprattutto, va ricordato che è frutto di attenta valutazione sia delle esperienze di altri paesi, sia del nostro stesso paese, esperienza che ha visto, negli oltre trent’anni di vita dell’ordinamento penitenziario, rafforzarsi in termini quantitativi e qualitativi le misure alternative, con i risultati che da più parti ed in numerosissime occasioni sono stati pubblicizzati.

Oggi vediamo prospettarsi un nuovo scenario.

Il Decreto Ministeriale di cui abbiamo visto la bozza, si inserisce in forte contrasto con quanto l’attuale normativa prevede: una contraddizione che pensiamo non possa essere facilmente rimossa.

Riprendiamo qui, in proposito, l’intervento di Alessandro Margara del 28 aprile scorso, intervento che condividiamo totalmente: "L’introduzione della Polizia penitenziaria negli Uepe con funzioni operative nell’ambito degli Uffici è estranea alle previsioni normative. L’art.72 dell’Ordinamento penitenziario descrive sinteticamente l’attività degli uffici e prevede inoltre che la organizzazione degli stessi è disciplinata dal regolamento di esecuzione alla legge. È l’art.118 del regolamento che descrive analiticamente organizzazione ed attività degli uffici. Sembra superfluo ricordare che il regolamento adottato dal Ministro e previsto dal comma 1 del nuovo testo dell’art.72 è norma di livello inferiore al regolamento di esecuzione citato.

Circa l’organizzazione, mentre nel regolamento vi è la previsione esplicita di personale non di servizio sociale per attività amministrativa e contabile e la possibile ed eventuale collaborazione di esperti dell’osservazione alla attività specifica di servizio sociale, non solo manca qualsiasi previsione di una possibile attività di controllo di polizia, ma l’attività di controllo è prevista tra quelle proprie del servizio sociale e nel quadro delle specifiche modalità proprie di tale servizio."

A noi non pare si possa essere più chiari di così e ci pare inoltre che un tema di tale portata, che mette in discussione "teoria e prassi" di oltre trent’anni, non possa essere affrontato frettolosamente senza una approfondita discussione e senza una complessiva e seria analisi dell’intero sistema dell’esecuzione penale esterna. E un D.M. non ci sembra lo strumento più idoneo in tal senso, non essendo giustificato da necessità di qualsivoglia urgenza.

Se, come alcuni autori sostengono, la funzione di controllo si dipana lungo un continuum che va dal controllo sulle persone al controllo sui programmi - processi, possiamo facilmente riconoscere che il controllo sulle persone rappresenti la peculiarità del sistema carcere. L’aver consentito invece l’espiazione della pena in un luogo "sociale" anziché in carcere e l’aver istituzionalizzato il servizio sociale all’interno della sfera penale, ha il significato di considerare certi atti delittuosi dei sintomi di malessere personale - sociale e significa che la sfera giurisdizionale penale cede una parte del suo potere di controllo forte sulle persone, restituendo titolarità ad altri soggetti - istituzionali e non - di un potere di controllo diffuso che sarà allora più un controllo sui programmi/processi - personali, sociali, istituzionali - che hanno contribuito a costruire la devianza in un’ottica di possibile cambiamento.

In quest’ultima forma di controllo, propria del servizio sociale, si compenetrano sia il controllo sugli obiettivi di cambiamento/reinserimento che quello sugli adempimenti rappresentati in specie dalle prescrizioni imposte dalla Magistratura di Sorveglianza.

Nello specifico dell’Amministrazione Penitenziaria il servizio sociale, nei suoi interventi in rapporto all’utenza, è fortemente connotato dalla funzione di accompagnamento sociale. L’accento è posto sulle risorse, per quanto limitate possano essere, della persona, della sua famiglia, del contesto sociale, per promuovere spazi e competenze che favoriscano il ristabilirsi di legami sociali incrinati dal reato.

Si procede pertanto in un’ottica di empowerment sociale a riconoscere e potenziare le risorse del condannato e, nel contempo, a promuovere e sostenere nella comunità la capacità di educare, riparare, generare solidarietà sociale.

Al frequente riemergere di richieste forti da parte dell’opinione pubblica di intereventi polizieschi, più repressivi, più rassicuranti, si rischia ora di far corrispondere la tendenza a trasformare le misure alternative in un sistema di carcerizzazione del territorio, esportando all’esterno degli istituti carcerari una logica meramente punitiva, rischiando tra l’altro di vanificare il delicato lavoro del servizio sociale di recupero e attivazione di rapporti basati sulla condivisione e sulla maturazione sociale degli stessi soggetti sottoposti a misure alternative e degli altri attori sociali.

In più: siamo veramente certi che quello che ci interessa, quello che interessa ai cittadini in termini di garanzia di sicurezza, sia il controllo "fiscale" circa l’ottemperanza alle prescrizioni ? O non interessa invece, in termini maggiormente significativi, sapere se è in atto un processo di cambiamento nella persona, se le condizioni all’origine della commissione del reato sono mutate, se vi è qualche probabilità che quella stessa persona non incorra in altro reato?

In questi anni, nella nostra pratica professionale, ci siamo spesso scontrati proprio con questo "binomio" e ci siamo sempre più convinti che per conoscere veramente come si sviluppa il percorso di reinserimento della persona (che vuol dire: come sta andando la misura alternativa?), non è tanto importante sapere se quella stessa persona è in casa dalle 22.00 alle 6.00 del mattino successivo, o se è uscita dai confini della provincia, ma è invece importante conoscere il suo rapporto con i propri impegni di vita, di lavoro, familiari, relazionali, le sue effettive rielaborazioni dei comportamenti che lo hanno portato al reato, la sua revisione di orientamenti valoriali e culturali pregressi.

E per conoscere questi elementi la Magistratura di Sorveglianza si continua ad avvalere della consulenza del Servizio Sociale, che continua ad essere l’unico soggetto che ha la titolarità per farlo, come disposto dalla normativa, ed ha inoltre la professionalità per addentrarsi nel complesso intersecarsi delle relazioni interpersonali nelle quali si articola l’ambiente vitale delle persone.

A chi obbietta che comunque anche il controllo fiscale ha una sua funzione (e chi lo fa, permetteteci di dirlo, lo fa soprattutto in nome di una sorta di "giustizialismo" che chiede solo che chi commette reato sia punito e subisca necessariamente una qualche afflizione), ricordiamo che le Forze di Polizia operanti sul territorio si sono già ampiamente attivate in questo senso ed effettuano già da ora regolari controlli sui sottoposti a misura alternativa. Tali Forze, presenti e radicate sul territorio, sono tuttora un referente particolarmente significativo per il servizio sociale nell’ambito dell’esecuzione penale esterna, proprio perché hanno un punto di vista complessivo sulla situazione delle persone, legato al contesto ambientale che essi presidiano, e possono fornire utili elementi di valutazione alla Magistratura ed al servizio sociale, avendo spesso lunga conoscenza dei soggetti e delle loro vicende.

Ci risulta difficile pensare che lo stesso tipo di funzione possa essere svolto dalla Polizia Penitenziaria che si inserisce invece come elemento del tutto estraneo al territorio: in questo caso sì che i controlli che questa nuova Forza effettuerà finiranno con l’essere esclusivamente controlli di tipo fiscale, vuoti di contenuto, di significato ma, soprattutto, di utilità, proprio perché limitati a verificare l’osservanza delle prescrizioni e non inseriti in un disegno più ampio.

Vorremmo poter vedere un impegno più serio nell’affrontare il tema dell’esecuzione penale esterna, non fermandosi ad una sommaria ed arbitraria sperimentazione ma aprendo un dibattito sereno ed allargato con tutta la base operativa che in questi anni ha concretamente sostenuto l’esecuzione penale esterna. Vorremmo che di fronte al dispendio di risorse economiche che richiederà la realizzazione del progetto di utilizzazione della polizia penitenziaria nell’ambito dell’esecuzione penale esterna (sia all’interno degli Uepe, sia con i commissariati di polizia penitenziaria), ci si ponga qualche domanda sull’opportunità e sulla legittimità di questa destinazione, a fronte di un possibile potenziamento della "squadra vincente" che ha segnato in questi anni un così significativo risultato (come ben rappresentato dalle recenti ricerche). Vorremmo che tali risorse siano indirizzate a sostenere concretamente progetti di ben altro respiro.

Vorremmo che almeno per una volta si dia voce a chi in questi anni, con ben poche risorse e scarsissimi mezzi, è riuscito a costruire un sistema che funziona, che può essere sicuramente migliorato ma che si basa su principi validi, i cui risultati sono stati ampiamente riconosciuti. Vorremmo che non andasse disperso un patrimonio di tale significato!

Il rischio ci pare serio e riportiamo ancora una volta le parole di Alessandro Margara che, sempre nell’intervento citato, al momento delle conclusioni, dopo aver illustrato i risultati positivi ottenuti nella misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, secondo una ricerca della Dgepe, in termini di revoca e di recidiva, descrive quanto è stato rilevato negli Usa a seguito del viraggio della funzione di accompagnamento in quella di mero controllo.

Egli riporta infatti come spinta la professionalità più sul fronte criminologico e l’attività centrata sul controllo nella esecuzione delle misure alternative, si è rilevato un enorme incremento dei fallimenti e delle revoche delle misure stesse. Egli conclude sottolineando come, anche in Italia, proseguendo con questo disegno snaturante la sostanza delle misure alternative, ci si debba attendere un aumento del tasso di recidiva proporzionalmente al progressivo abbandono della gestione delle misure alternative da parte del servizio sociale.

Riteniamo pertanto che il servizio sociale non possa restare silente, non debba rinunciare a segnalare con forza la necessità di una apertura della riflessione che, se da un lato non debba dimenticare le esigenze specifiche di sicurezza e di controllo in aree di particolare emergenza, quanto altrettanto delimitate, non trascuri di riconoscere le caratteristiche specifiche del lavoro e della professionalità fin qui esperita, ricercando modalità di evoluzione del sistema in senso qualitativamente migliorative e non distruttive di un risultato che è sotto gli occhi di chiunque voglia guardarlo con onestà intellettuale.

Forlì: devianza e criminalità, è possibile fare prevenzione?

 

Comunicato stampa, 1 giugno 2007

 

Il percorso didattico del laboratorio "Voci di dentro" gestito da Techne. "Mondo giovanile: devianza e criminalità, è possibile prevenire?" I volontari del carcere hanno incontrato gli studenti delle scuole superiori e gli scout

Il gruppo Scout Fo 12 e gli studenti delle classi IV C e IV D dell’Istituto Ruffilli e delle classi IV e V E del Liceo Scientifico, circa cento ragazzi, hanno incontrato i volontari impegnati nella Casa Circondariale di Forlì. Gli incontri sono stati organizzati nell’ambito del laboratorio di comunicazione "Voci di dentro" che rientra nel progetto Equal Pegaso, gestito dall’ente di formazione Techne, e che ha tra gli obiettivi principali quello di creare un ponte tra cittadini e detenuti.

L’incontro con gli scout è avvenuto nei locali della parrocchia "San Giovanni Apostolo ed Evangelista", mentre gli appuntamenti con gli studenti si sono svolti durante le ore scolastiche. La discussione con i ragazzi era incentrata sul tema: "Mondo giovanile: devianza e criminalità. È possibile prevenire?". La conversazione ha preso spunto dalla visione del film "La 25° ora" del regista Spike Lee e dall’analisi del libro "Gomorra" di Roberto Saviano, esperienze precedentemente sottoposte all’attenzione sia dei ragazzi sia dei detenuti.

I volontari hanno avuto modo di rispondere alle domande dei giovani raccontando la loro esperienza: dal primo ingresso nell’istituto di pena, alle ragioni che li hanno spinti a quel tipo di volontariato, condividendo con i gruppi sia le aspettative sia i timori legati all’insolito incontro con chi è detenuto. Ad esempio, gli operatori hanno sottolineato la sorpresa nel non avere trovato detenuti in divisa, ma persone vestite ognuno in modo diverso dall’altro.

Il dialogo con gli studenti ha quindi evidenziato come, all’esterno, l’immagine del carcerato tipo sia quella offerta dall’immaginario comune, alimentata dalla cinematografia, perlopiù americana, piuttosto che da una conoscenza specifica. I volontari hanno poi colmato le curiosità raccontando la giornata tipo di un detenuto, le attività proposte all’interno del carcere che vanno dai corsi scolastici fino all’offerta di un lavoro, sia dentro sia fuori l’istituto, fino alle usuali norme di sicurezza che costringono i detenuti a disfarsi degli oggetti di valore, ma anche di lacci e cinture, per la loro potenziale pericolosità. Infine, gli studenti hanno potuto capire come è organizzata la Casa Circondariale di Forlì e quali sono i comportamenti devianti più frequenti sul nostro territorio. Al termine degli incontri è stato lasciato ai ragazzi l’indirizzo e-mail vocididentro@equalpegaso.net come canale aperto a curiosità e osservazioni, in attesa dei prossimi incontri previsti dal progetto.

Enna: un corso di educazione ambientale per i detenuti

 

La Sicilia, 1 giugno 2007

 

Ha interessato anche i detenuti della Casa circondariale di Piazza Armerina il progetto sull’educazione ambientale avviato dal corpo forestale ennese che in questo ultimo mese ha svolto una serie di lezioni nelle scuole.

A prender parte a questa particolare esperienza sono stati il maresciallo Giuseppe Di Luca, comandante del distaccamento forestale di Pietraperzia e le guardie scelte Riccardo Mancuso del distaccamento di Enna, Vincenzo Filetti e Gerardo Barbagallo del distaccamento di Piazza Armerina, ricevuti dal direttore della casa circondariale Letizia Bellelli e dal responsabile del dipartimento educazione del carcere Concetta Rampello.

Ai detenuti sono stati mostrati dei video riguardanti tutti i boschi della Sicilia, le piante particolari presenti nella nostra regione e il tipo di ambiente che caratterizza questa terra; il maresciallo Di Luca ha poi parlato dell’importanza che riveste il rispetto dell’ambiente specialmente nel periodo estivo esposto agli incendi; per quanto riguarda la zona ennese Di Luca ha spiegato le particolarità dell’Altesina e del Parco Ronza.

Alla fine della lezione si è aperto un dibattito che ha visto i detenuti assoluti protagonisti, mostrando grande interesse all’argomento ambientale, un detenuto tunisino, in particolare, ha chiesto quali sono le differenze di vegetazione tra il suo paese e l’Italia mentre un detenuto di Gela si è soffermato sull’inquinamento del mare gelese dovuto in parte al poco interesse delle istituzioni. Per completare il calendario di incontri il corpo forestale incontrerà i detenuti di Nicosia e infine terrà una lezione nella facoltà di Giurisprudenza.

Mantova: aperta scuola di criminologia ed investigazione

 

Comunicato stampa, 1 giugno 2007

 

Sarà l’Istituto Studi Formazione d’Eccellenza a dare avvio per la prima volta a Mantova, al primo Anno Accademico di corso della "Scuola di Specializzazione Internazionale in Scienze Criminologiche e Investigative". Questo progetto potrà dare finalmente al panorama mantovano e a tutti coloro che sono interessati, un’opportunità unica e veramente importante di esplorare e studiare il mondo della criminologia e dell’investigazione.

Un particolare invito è rivolto alle Forze dell’Ordine e agli Ordini Professionali delle figure che pubblicamente o privatamente svolgono funzioni legate alla Legge e all’evolversi delle dinamiche socio-criminologiche. La Scuola, di durata triennale, è aperta a tutti coloro i quali sono in possesso di un diploma di scuola media superiore o di un titolo di laurea, siano essi studenti o lavoratori. Il calendario di due sabati al mese dà la possibilità di non perdere frequenza delle lezioni. Altro compito della Scuola sarà quello di rendere l’iscrizione economicamente accessibile a tutti, con possibilità di convenzionare strutture interessate a questa particolare formazione. Tra le materie trattate nel primo anno di corso spiccano Criminologia generale e minorile, Sicurezza e difesa civile, elementi di Psicologia Giuridica, Minori vittime di reato ed Elementi di Diritto Penale e Processuale. Vari potranno essere gli sbocchi professionali, tra i quali possibili incarichi nell’amministrazione penitenziaria, nell’Università e nella Ricerca, nella libera professione o nella consulenza. La frequenza agli insegnamenti permette l’acquisizione di un documento legale rilasciato dalla Camera di Commercio di Londra e l’accesso all’esame finale da svolgersi presso la Sede Internazionale della Camera di Commercio di Londra (naturalmente in lingua italiana).

Per informazioni visita il sito www.istitutofde.it alla sezione dedicata alla "Scuola di Criminologia", oppure contatta la segreteria studenti dal lunedì al venerdì in orario d’ufficio allo 0376.415683 - info@istitutofde.it.

Pescara: ex detenuto di 42anni diventa Testimone di Geova

 

Il Messaggero, 1 giugno 2007

 

Un ex detenuto quarantaduenne di Pescara si è battezzato in una recente assemblea dei Testimoni di Geova tenuta a Roseto degli Abruzzi. Era stato condannato a circa sette anni di prigione per rapina a mano armata. Mentre era nell’istituto di pena, ha iniziato a studiare la Bibbia con i ministri di culto dei Testimoni di Geova che operano da più di vent’anni nelle prigioni per assistere i detenuti che desiderano avvicinarsi a Dio.

Grazie a questo programma di istruzione biblica, spiega Daniele Valeriani, Testimone di Geova, l’uomo ha acquistato il giusto modo di pensare e ha abbandonato lo stile di vita precedente, cosa che è accaduto a migliaia di detenuti in tutto il mondo che un tempo erano rapinatori, strozzini, assassini, spacciatori e truffatori e che sono stati del tutto recuperati dopo l’aiuto ricevuto dai Testimoni di Geova. Per la sua buona condotta l’uomo è stato scarcerato dopo solo tre anni di prigione. Si è reinserito bene nella società e svolge un lavoro che gli permette di condurre una vita dignitosa insieme alla sua famiglia.

Attualmente nei penitenziari di Pescara, Teramo, L’Aquila, Sulmona, Chieti, Lanciano e Vasto, ci sono diversi detenuti che si stanno interessando a questa religione, ricevendo regolari visite da parte di un ministro di culto dei Testimoni. In Abruzzo ci sono attualmente 18 ministri di culto (15 uomini e 3 donne) che svolgono assistenza spirituale a beneficio dei detenuti interessati. In Italia operano in totale 453 ministri di culto dei testimoni di Geova (385 uomini e 68 donne), che sono autorizzati dallo Stato a prestare assistenza spirituale in tutti i 200 istituti penitenziari presenti sul territorio nazionale.

Immigrazione: ritrovati in mare 21 cadaveri di extracomunitari

 

La Repubblica, 1 giugno 2007

 

Tragedia dell’immigrazione: i cadaveri di 21 extracomunitari sono stati recuperati da una nave militare francese 120 miglia a sud di Malta, ma sulla destinazione dei corpi è scoppiato un caso diplomatico: Malta ha vietato l’approdo della nave eccependo che i cadaveri dovrebbero essere indirizzati a Tripoli perché il naufragio è avvenuto in acqua di competenza libica. Mente Francia, Malta e Libia cercano una soluzione diplomatica, la nave militare resta ferma al limite delle acque di competenza maltese. Il ritrovamento dei corpi è avvenuto intorno alle 17. Secondo i primi accertamenti i corpi non sarebbero rimasti in acqua per molto tempo.

Due settimane fa, un peschereccio maltese soccorse in acqua, a circa 75 miglia a Sud di Malta, un clandestino che disse di essere l’unico superstite di un barcone naufragato la notte precedente con a bordo una trentina di connazionali. Secondo il racconto del naufrago, il barcone, in mare da due giorni, era partito dalla Libia diretto verso le coste della Sicilia.

E nella stessa zona dove sono stati rinvenuti i cadaveri, il 21 maggio scorso fu avvistato un barcone "fantasma" di cui poi si persero le tracce. Proprio ieri un sito gestito da rifugiati eritrei, sulla base di alcune segnalazioni ricevute da loro connazionali, ha reso noto che i 57 immigrati che erano a bordo della carretta sarebbero tutti salvi, anche se detenuti in condizioni disumane in una prigione libica.

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) esprime "grande preoccupazione per la mancanza di un impegno forte ed uniforme da parte degli Stati rivieraschi del Mediterraneo nell’ambito della ricerca e soccorso in mare". A causa di ciò, afferma l’Unhcr in un comunicato reso noto prima dell’arrivo delle prime notizie sul ritrovamento dei cadaveri di immigrati nel mare a sud di Malta, "nelle ultime settimane molte imbarcazioni precarie o alla deriva con a bordo un numero elevato di persone che tentavano di raggiungere l’Europa sono state ignorate o lasciate in balia delle onde".

"Il principio dell’assistenza alle persone in pericolo in mare - ribadisce l’Alto commissariato dell’ Onu - dovrebbe sempre essere prioritario". Il comunicato fa, in particolare, riferimento alla vicenda dei 27 africani, aggrappati per tre giorni ad una gabbia per tonni trainata da un rimorchiatore maltese e soccorsi infine lo scorso 26 maggio da una nave della Marina Militare.

Droghe: questo Governo è ostile alla "riduzione del danno"

di Pietro Yates Moretti (Presidente Associazione Utenti e Consumatori)

 

Notiziario Aduc, 1 giugno 2007

 

È ormai il caso di dire che l’attuale Governo rischia di passare alla storia come il più proibizionista degli ultimi due decenni. Ecco le proposte in materia di droga che il Governo ha fatto o accolto con interesse:

Arbitraria sospensione patente per 10 giorni per chi è sospettato di guidare sotto l’effetto di alcool, in attesa di esami più scientifici;

Proibizione della vendita di bevande alcoliche negli autogrill;

Proibizione della pubblicità di bevande alcoliche;

Cani antidroga e carabinieri nelle scuole superiori;

Proibizione della vendita di sigarette agli under 18;

Lavori di pubblica utilità (forzati) per i consumatori di droghe.

Di queste proposte, alcune sono già legge, altre sono al vaglio del Parlamento, altre ancora sono allo stato embrionale, ventilate più che altro dal ministro della Salute. Tutti provvedimenti che, già adottati e sperimentati altrove (in particolare negli Usa), sono dimostrabilmente inefficaci, come spiegano numerosi studi scientifici.

Infatti, invitiamo il Governo ed i suoi sostenitori a citare un singolo articolo scientifico pubblicato su riviste scientifiche serie (peer-reviewed) a sostegno dell’efficacia di questi provvedimenti. Tutto questo nonostante l’attuale compagine governativa si fosse presentata alle elezioni con un programma elettorale improntato alla riduzione del danno e non alla repressione.

Per coloro che sostengono politiche di riduzione del danno è tempo di prendere atto di ciò che è in gioco oggi. Il proibizionismo è la fonte di una delle maggiori catastrofi sanitarie e di ordine pubblico che da tempo affligge il Paese. Esso alimenta le organizzazioni criminali, spinge a delinquere i tossicodipendenti, abbandonandoli a sostanze non controllate vendute in ogni angolo di strada, riempie le carceri di persone che necessitano semmai di assistenza sanitaria, disinforma sulla reale pericolosità delle sostanze. Se provvedimenti come questi fossero stati proposti dal Governo precedente, vi sarebbe stata una sollevazione di popolo al grido di "fascisti". Forse è il caso di cominciare a convincersi che questo Governo è capace di fare ciò a cui neanche il suo predecessore aveva il coraggio di pensare.

Gran Bretagna: insegnanti costretti a perquisire i loro studenti

 

Il Corriere della Sera, 1 giugno 2007

 

Fra i giovanissimi aspiranti "gangsta rappers" inglesi, il porto di armi illegali è un fenomeno allarmante e sempre più frequente nelle scuole, dove da oggi il governo Blair ha introdotto una legge-choc che permette la perquisizione di qualsiasi alunno, ai cancelli della scuola, con o senza il suo consenso.

La nuova legge, dura ed estremamente controversa, stabilisce che a perquisire gli studenti sospetti possono essere sia gli insegnanti (che però non hanno la minima intenzione di farlo) sia degli agenti di sicurezza professionali, reclutati dalle scuole più a rischio. La legge permette anche l’installazione di metal detector all’entrata degli atenei considerati più pericolosi, piuttosto che la perquisizione dei giovani con bacchette elettroniche, uguali a quelle che si vedono negli aeroporti, con le quali possono venire individuate anche armi nascoste sotto la biancheria.

Il segretario per l’istruzione britannico, Alan Johnson, ha cercato di tranquillizzare l’opinione pubblica affermando che il problema non è poi così diffuso e che la legge serve per contenere una piccola, ma pericolosa, minoranza di casi seri, ma un dato emerso oggi ha fatto capire quanto l’Inghilterra assomigli sempre di più all’America per quanto concerne il clima da guerriglia nelle scuole.

Un recente sondaggio ha infatti confermato che addirittura 33 mila giovani fra gli 11 e i 16 anni hanno ammesso di aver portato un’arma a scuola (coltelli soprattutto, ma anche qualche arma da fuoco) nell’ultimo anno. Nel 2004 poi (ultimo dato disponibile), ci sono state 170 condanne di minorenni sotto i 16 anni per uso improprio di armi considerate violente e, in molti casi, i giovani arrestati erano andati armati a scuola.

Secondo alcuni esperti di cultura giovanile, l’andare a spasso con coltelli o pistole farebbe molto macho nella cultura "gangsta" del momento, ma si tratterebbe solo di scena, e la maggior parte di giovani porterebbe le armi senza l’intenzione di usarle. Sta di fatto che, con il beneplacito dei genitori, che preferiscono la perquisizione quotidiana dei propri pargoli piuttosto che incidenti come Columbine e via dicendo, arrivare armati a scuola per fare i duri in stile "Pulp Fiction" potrebbe ora diventare una cosa del passato.

Svizzera: il Canton Ticino dice sì al "braccialetto elettronico"

 

Ansa, 1 giugno 2007

 

I cantoni sono divisi in due campi opposti sull’impiego del braccialetto elettronico come modalità di esecuzione delle pene. Quelli che lo hanno testato, fra cui figura anche il Ticino, sono favorevoli a una introduzione definitiva. Ad opporsi sono in particolare quelli della Svizzera orientale. "Abbiamo rinunciato a emettere una raccomandazione perché i pareri sono troppo divergenti", ha detto oggi all’ATS Roger Schneeberger, segretario generale della Conferenza dei direttori cantonali di giustizia e polizia, esprimendosi sui risultati di un’inchiesta condotta dal Dipartimento federale di giustizia e polizia presso i cantoni.

"La Conferenza ne ha discusso all’assemblea plenaria di fine marzo", ha precisato: "I cantoni favorevoli evocano i risparmi in termini di personale. Per gli altri la revisione del Codice penale entrata in vigore il primo gennaio rende inutile la sorveglianza elettronica". Questa revisione permette di tramutare le pene brevi di privazione della libertà in un lavoro d’interesse generale o in una multa.

La Conferenza latina dei capi dei dipartimenti di giustizia e polizia (Cldgp) è favorevole alla sorveglianza elettronica, ha indicato il suo segretario Henri Nuoffer, aggiungendo che il Concordato per l’esecuzione delle pene della Svizzera centale e nordoccidentale è dello stesso avviso. Per contro, il Concordato della Svizzera orientale rifiuta una introduzione definitiva, afferma il suo segretario Florian Funk.

Secondo Nuoffer, il braccialetto è "un successo". Nel 2005, ha consentito 32’150 giornate di sorveglianza elettronica fuori dal carcere. Un buon risultato, considerato il sovraffollamento dei penitenziari. Ciò nonostante, la Cldgp si oppone all’iscrizione del sistema nel Codice penale. Sarebbe "inopportuno" apportare una nuova modifica a un testo appena riveduto e posto in vigore lo scorso gennaio, ritiene Henri Nuoffer. I cantoni che non vogliono il braccialetto avranno così la possibilità di rinunciarvi.

Il nuovo sistema di sorveglianza è attualmente testato da sette cantoni: Berna, Basilea Città e Campagna, Vaud, Ginevra, Vaud e Ticino. Invece di incarcerare il condannato, gli si applica un braccialetto elettronico che permette di sapere in ogni momento dove si trova. Questo metodo alternativo al carcere è utilizzato in primo luogo per le pene di breve durata. A volte è pure applicato a persone che hanno già scontato una lunga pena e che beneficeranno presto di una liberazione condizionata, come pure a persone il cui periodo di semilibertà è quasi giunto al termine. I rapporti di valutazione redatti nel 2003 e 2004 danno un bilancio positivo dei test. Lo scorso dicembre, il Consiglio federale ha accettato di prolungare di un anno l’esperimento nei sette cantoni pilota. Sulla base dell’indagine conclusasi oggi il governo prenderà una decisione definitiva sulla generalizzazione dei braccialetti.

Emirati Arabi: graziato regista italiano condannato per droga

 

Adnkronos, 1 giugno 2007

 

Lo sceicco del Dubai (Emirati Arabi Uniti) ha concesso la grazia al regista italiano Lorenzo Bassano, arrestato nel marzo scorso all’aeroporto di Dubai City per il possesso di 0,8 grammi di hashish e condannato il 20 maggio a 4 anni di carcere dal Tribunale di Dubai City. A riferire della concessione della grazia è il blog "tutticonlorenzo", curato da partenti e amici del 40enne cesenate regista di spot pubblicitari, che ha seguito tutti i passaggi della vicenda.

 

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