Rassegna stampa 5 gennaio

 

Aversa: il direttore dell’Opg; siamo senza mezzi, al collasso

 

Il Mattino, 5 gennaio 2006

 

"Gli ospedali psichiatrici giudiziari vanno chiusi. Sono una tragedia silenziosa". Questa la conclusione alla quale sono giunti i componenti di una delegazione, guidata dal deputato di Prc Francesco Caruso e composta, altresì, da Roberta Moscarelli del forum Salute mentale e da Dario Stefano Dell’Aquila, presidente dell’associazione Antigone Napoli, in visita all’ospedale psichiatrico giudiziario "Filippo Saporito". "La delegazione - affermano i componenti della delegazione in una nota - ha visitato due sezioni, oltre al reparto detto la "Staccata".

E, proprio in relazione a quest’ultima struttura, Caruso ha affermato: "Siamo molto preoccupati delle condizioni in cui versano gli internati. Nella sezione "Staccata" abbiamo incontrato circa cinquanta persone, in condizioni di degrado fisico e psicologico". Per la cronaca, presso il "Saporito", uno dei sei ospedali giudiziari italiani, sono presenti attualmente circa 300 internati, custoditi da circa 100 agenti di polizia penitenziaria e con un solo educatore e sette psichiatri a contratto.

Una situazione che lo stesso direttore del nosocomio-carcere normanno Adolfo Ferraro non esita a definire "al collasso" e aggiunge: "La delegazione, allertata dalla missiva di un internato, si è trovata dinanzi a una situazione di degrado che stiamo evidenziando da tempo. La struttura di Aversa si è trovata a ospitare, nel giro di un mese, circa 120 pazienti in più, provenienti da Opg in ristrutturazione. Il tutto senza avere strumenti, mezzi, professionalità in più rispetto a prima".

Un altro aspetto che evidenzia Ferraro e che la delegazione ha fatto proprio è relativo allo stazionamento in Opg di molti malati che potrebbero essere curati in ordinari centri di igiene mentale. "Nella sezione "Staccata" - ha continuato Ferraro - ci sono, ormai, solo malati di questo tipo, che le Asl competenti territorialmente non intendono assolutamente prendere in carico per curarli, non avendo risorse economiche sufficienti.

Affermo senza alcun timore che per il cinquanta per cento dei nostri ricoverati, si tratta solo di persone malate di mente non più socialmente pericolose che andrebbero seguite dal servizio sanitario nazionale". Da parte sua, Caruso ha annunciato una interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia Mastella; "ma non basta - avverte - bisogna chiudere e superare queste strutture". "Una posizione - ha concluso, da parte sua Ferraro - che rispetto, ma vorrei anche evidenziare che certe decisioni non vanno prese sull’onda dell’emozione.

Il punto nodale è rappresentato dalla creazione di strutture alternative. Non possiamo fare come quando si sono chiusi i manicomi civili e si sono praticamente buttati in strada migliaia di pazienti bisognosi di cure".

Milano: Livia Pomodoro sarà nuova Presidente del Tribunale

 

Ansa, 5 gennaio 2006

 

Sarà una donna a guidare per la prima volta il tribunale di Milano: si tratta di Livia Pomodoro, attualmente presidente del tribunale per i minorenni. La sua nomina è stata proposta all’unanimità dalla Commissione per gli incarichi direttivi del Csm e forse gìà la prossima settimana il plenum di Palazzo dei marescialli darà il suo via libera definitivo. Originaria di Molfetta (Bari), 66 anni, in magistratura dal 1965, Pomodoro guida dal 1993 il tribunale dei minori, dopo essere stata a lungo procuratore nello stesso ufficio. Dal 1991 al 1993 è stata capo di gabinetto al ministero della Giustizia, con i Guardasigilli Claudio Martelli e Giovanni Conso.

Autrice di numerose pubblicazioni, ha fatto parte di numerose Commissioni governative: da quella per la riforma del codice di procedura penale per i minorenni a quella per le pari opportunità presso la presidenza del Consiglio, sino a quella per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberà fondamentali voluta dall’allora ministro Conso.

Attualmente sono pochissime le donne a capo di un ufficio giudiziario: secondo un’inchiesta di qualche tempo fa del Csm sono solo il 5%, mentre il 95% di procure e tribunali è guidato da uomini. Tutto questo nonostante le donne, che sono entrate in magistratura quarant’anni fa, oggi rappresentino il 40% dei giudici e Pm. La proposta di nominare la Pomodoro alla carica di presidente del tribunale è stata accolta con soddisfazione a Palazzo di giustizia.

La considera "estremamente positiva" Erminia La Bruna, presidente della seconda sezione della corte d’appello, tra le prime donne in Italia a entrare in magistratura, nel 1970. "Non esistono differenze, in magistratura, tra uomini e donne - ha commentato il magistrato - ma, forse, la donna ha un bagaglio di esperienze diverse che possono essere utili anche sul piano professionale". Per La Bruna, Livia Pomodoro "sarà certamente all’altezza" del compito per il quale è stata designata.

Foggia: musica in carcere fa sentire la "vicinanza" della città

 

Il Meridiano, 5 gennaio 2006

 

Portano il tempo della musica battendo le mani. La "Tarantella Internazionale" cantata in dialetto napoletano rallegra il loro pomeriggio. Lo movimenta. Lo diversifica. Per alcuni detenuti dell’istituto Penitenziario di Foggia quella di ieri è stata una fine di giornata alternativa.

Di "libertà", di evasione con la mente e con i pensieri. Nel piccolo teatro del carcere, infatti, il gruppo musicale "Napoli Incanta" si esibisce in una serie di classiche canzoni napoletane che caratterizzano la produzione artistica dell’ottocento e d’inizio novecento. Sul palco - presentati da Tonio Toma - Antonio Raspatelli, Giorgia Donnini e tutti i musicisti provano a spezzare la monotonia che attanaglia le lunghe giornate che i detenuti trascorrono dietro le mura.

Oltre alle melodie particolarmente apprezzate dagli spettatori, si dà spazio anche alla poesia partenopea attraverso la recitazione dei testi da parte di Ausilia Pinozzo. Seduti nelle poltroncine in legno del teatro, quindi, ci sono una sessantina di ospiti del Penitenziario. Le prime a prendere posto sono state le donne; poi è toccato al gruppo dei maschi, formato prevalentemente da giovani. A salutare tutti ed a rompere il ghiaccio ci pensa Michele Del Carmine, assessore comunale alla Sicurezza: "Preferirei vedervi fuori piuttosto che dentro, ma di certo continueremo ad organizzare eventi come questo".

Perché per l’Amministrazione comunale, che promuove l’iniziativa nell’ambito delle attività natalizie di "Foggia porta fortuna", "il carcere è parte integrante della città". E Del Carmine fa una riflessione sull’indulto, su come è stato attuato e conferma ai presenti che "al Comune di Foggia non è arrivato neanche un euro per finanziare progetti di reinserimento per chi ha beneficiato del provvedimento. Tutti possono sbagliare, - ricorda l’assessore - ma a tutti deve anche essere concessa l’opportunità di poter riemergere. Applicando in questo modo l’indulto, invece, non si ottengono miglioramenti". Poi lo spettacolo inizia. Musicisti e cantanti cominciano a suonare.

La tarantella napoletana prende il sopravvento sui disagi, sugli interrogativi dei detenuti-spettatori che cercano di guardare al di là delle mura per capire che ne sarà del loro futuro. E sulle note di "Canzone appassionata" battono le mani. Portano il tempo con la speranza che il loro, nel carcere, possa scorrere più velocemente del solito per potere avere un’altra opportunità, un’altra occasione.

Mamone (Nu): evade da colonia penale, arrestato dopo 2 ore

 

Adnkronos, 5 gennaio 2006

 

È evaso dalla colonia penale di Mamone ma dopo poche ore i carabinieri della stazione di Bitti lo hanno arrestato mentre beveva in un bar di Onanì (Nuoro). L’uomo, Giulio Stara, 36enne di Sassari, scontava un cumulo di pene per vari reati. È riuscito a evadere dalla colonia penale attraversando una scarpata a bordo di un trattore, comunemente utilizzato dai detenuti per svolgere piccoli lavori. Ora il 36enne si trova nel carcere di Badu e Carros a Nuoro a disposizione dell’autorità giudiziaria.

Venezia: oggi il Patriarca Scola ha visitato il carcere femminile

 

Il Gazzettino, 5 gennaio 2006

 

Oggi, invece, vigilia dell’Epifania, il Patriarca Scola prosegue la visita alle carceri veneziane, in occasione del Natale e come segno di particolare vicinanza della Chiesa di Venezia alle persone che vivono questo tempo di detenzione e ripresa. Come ogni anno e come già avvenuto al carcere maschile di S. Maria Maggiore (lo scorso 23 dicembre), il Patriarca alle 17.00 ha raggiunto il carcere femminile della Giudecca dove celebrerà la messa - alla presenza delle donne ospitate in tale struttura penitenziaria, della direttrice Gabriella Straffi, degli operatori e dei volontari - e subito dopo si intratterrà per un momento di dialogo con le detenute.

"Per loro ricevere una visita è sempre un momento molto bello, atteso e gradito - afferma don Mauro Haglich, cappellano del carcere femminile veneziano - e lo è ancor di più per la particolare figura religiosa che viene ad incontrarle e a cui attribuiscono davvero molta importanza. Questo appuntamento rappresenta un grande segno di attenzione e di cura nei loro confronti".

Verona: le parrocchie possono fare di più per gli ex detenuti

 

L’Arena di Verona, 5 gennaio 2006

 

"Avete commesso degli errori, ma questo non significa che avete perso la vostra dignità. Rimanete figli di Dio e fratelli nostri". Con queste parole, ieri mattina, il vescovo, padre Flavio Roberto Carraro, ha salutato i detenuti nel carcere di Montorio. Un incontro, a tratti di intensa commozione.

Padre Flavio, accompagnato dal nuovo cappellano, don Maurizio Saccoman e dal gruppo della Cappellania (don Paolo Dal Fior, il diacono Carlo Bernardi, fra Beppe Prioli e don Ruggero Favalli), ha iniziato la visita dai detenuti in stato di isolamento: una trentina di persone hanno affollato la piccola cappella per dargli il benvenuto.

"Siamo originari di 12 nazioni", ha ricordato uno di loro che ha lamentato "la mancanza di prospettive" una volta usciti dal carcere. "Anche con le migliori intenzioni di cambiare vita e di reinserirsi nella società", ha aggiunto il giovane detenuto che ha letto un messaggio di saluto a nome di tutti i suoi compagni, "se non si ha un punto di riferimento va a finire che si ricade negli errori del passato. Le parrocchie dovrebbero aprirci le porte, ma nella maggior parte delle volte non è così e spesso incontriamo ostilità e diffidenza persino in famiglia". Al vescovo i detenuti hanno consegnato una busta con un’offerta a favore dei bambini del Brasile.

"La voglia di riscatto che dimostrate è importante", ha detto loro il vescovo, "ma purtroppo a Verona manca una casa di accoglienza per chi esce dal carcere, sull’esempio di quanto è stato realizzato a Venezia. Anche le parrocchie potrebbero fare di più", ha sottolineato, "ma questo dipende dalla sensibilità della gente". Padre Flavio si è intrattenuto a lungo con i detenuti, che ha voluto salutare uno per uno. "Questa visita è come un giorno di primavera, che ci dà forza e che non ci fa sentire più soli", ha esclamato uno di loro. A fianco dell’altare c’è un piccolo presepio, realizzato durante le ore d’aria, in polistirolo e plastilina, ambientato nel cortile del carcere. Sullo sfondo, il castello di Montorio circondato dai Lessini. A rendere omaggio al bambin Gesù ci sono i detenuti e una serie di personaggi, fra i quali suor Fernandina e fra Beppe, il cappellano don Maurizio, alcuni volontari, alcuni agenti della polizia penitenziaria, il comandante Luca Bontempo, il direttore Salvatore Erminio.

Poi l’incontro con gli altri ospiti nella grande chiesa al piano terra. A porgere il saluto al vescovo è Vanni Lonardi, il broker di Cavaion accusato dell’uccisione di Leonardo Vincenzotto. "La cosa che più ci fa soffrire", ha affermato il giovane a nome dei presenti, "è l’indifferenza della società e per chi esce", ha ribadito, "la libertà rappresenta l’inizio dei problemi più grossi. Chiediamo aiuto alle istituzioni, alla chiesa, alle aziende: dateci l’opportunità di poter cambiare. Ma servono luoghi di accoglienza e imprenditori che ci diano lavoro".

Anche a loro il vescovo ha assicurato di portarsi nel cuore "la sofferenza per non essere riuscito a realizzare una struttura per le persone che escono dal carcere", ma ha invitato tutti alla speranza: "Questo sia per voi un tempo di riflessione e di cambiamento". Nell’occasione i presenti hanno salutato don Sergio Pighi, che ha svolto le funzioni di cappellano negli ultimi mesi. "Se vi ho dato dieci, voi mi avete donato novanta, grazie a voi ho potuto esercitare la mia paternità spirituale", ha detto il sacerdote. In tanti si sono avvicinati al vescovo per una benedizione o per chiedergli una preghiera per i familiari. Fra loro anche dei musulmani. "Credenti nell’unico Dio" ha sottolineato uno di loro. La visita termina nella sezione femminile. È il momento più caloroso. Un gruppo di africane improvvisa una canto di benvenuto, battendo le mani e muovendo il corpo a ritmo di danza. Tutte poi intonano "Santa Maria del cammino" e molte hanno le lacrime agli occhi quando la strofa recita "cammineremo insieme a te verso la libertà".

Droghe: Kriptòs, un approccio soft per combattere la cocaina

 

Progetto Uomo, 5 gennaio 2006

 

Il fenomeno della tossicodipendenza sta cambiando radicalmente. Dalla persona in forte disagio sociale e in stato di emarginazione, con un rapporto di dipendenza da una sostanza, per cui tutte le sue energie e attività erano finalizzate alla ricerca e all’assunzione della dose, si sta passando a un modo diverso di assumere sostanze lecite (alcool e psicofarmaci) e illecite: dall’uso episodico a quello nei week-end, negli spazi e nei tempi del divertimento, a quello regolare ma in dose moderate, da non pregiudicare, almeno inizialmente lo svolgimento della vita quotidiana.

I consumatori di questo tipo non si considerano drogati, sia che si tratti dell’adulto professionista-manager che del giovane che usa diverse sostanze, ma nemmeno chi sta loro intorno, familiari o colleghi, percepisce un problema di droga. È per questo che con il progetto Kriptòs (termine greco che significa nascosto) si è cercato un metodo nuovo di aggancio e approccio terapeutico per questo consumatori.

Da qui la scelta di investire su un progetto sperimentale, offrendo un approccio "soft", ma capace di coinvolgere tutta la rete fatta di servizi pubblici e privati , di gruppi, associazioni, enti e istituzioni del territorio che da sempre è la risorsa più importante del nostro lavoro.

L’iniziativa nasce infatti per volontà della Regione del Veneto, dell’Azienda Ulss n. 9 di Treviso e del Ceis di Treviso, attraverso un finanziamento a valere sul Fondo Regionale di Intervento per la Lotta alla Droga rientrante nel Piano Triennale di Intervento dell’area dipendenze 2006/2008.

Il progetto prevede forme di contatto anonime come un numero verde e un sito web, ma anche una sede non connotata come centro di recupero per le tossicodipendenze. Questo per favorire al massimo l’approccio con queste persone, che tengono molto alla loro immagine sociale, e proporre un trattamento. Sarà creato anche un gruppo tecnico di consulenza e accompagnamento formato da un medico, da un infermiere, da educatori e da psicoterapeuti.

L’interazione con il singolo è strutturata per fasi graduali e successive: dalle informazioni rinvenibili sul sito web, al questionario on-line che fornisce una valutazione di massima sul grado di coinvolgimento, alla consulenza anonima via numero verde fino ad arrivare ad una eventuale presa in carico nelle tre aree della singola persona soggetto ed eventualmente del "sistema" che gli gravita attorno (come ad esempio il nucleo familiare)

Lo schema d’intervento programmato è scomponibile dunque nelle seguenti azioni:

Creazione di un gruppo tecnico di counseling: composto da un medico, un infermiere, educatori e psicologi, che sia in grado di fornire risposte individualizzate su tre differenti aree: area medico-sanitaria; area psico-educazionale; area psico-terapica.

Predisposizione di "canali anonimi" per il primo contatto e per il counseling, per consentire all’utente di fruire del servizio in maniera riservata e anonima.

Predisposizione del "Centro di counseling", inteso come struttura visibile e accessibile, che offra un aiuto non stigmatizzato, non tradizionale in un contesto non connotato né connotabile supportata da una rete di soggetti pubblico / privato (Ser.T., Ceis, gruppi formali e informali, volontariato, realtà specialistiche, etc...).

Diffusione capillare dell’iniziativa per garantire una piena conoscenza e facilitare il primo contatto con i beneficiari finali individuati

Analisi dei casi riscontrati e possibilità di effettuare indagini statistiche per mettere in atto interventi correttivi e di microprogettazione per le annualità seguenti.

Pena di morte: una moratoria a nome di tutta l’Unione Europea

 

Quotidiano Nazionale, 5 gennaio 2006

 

L’Italia riprova a cancellare la follia della pena di morte. Dopo i tentativi del 1994 e del 1999 il nostro paese ha ieri ha annunciato alla presidenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite l’intenzione di muoversi affinché la proposta italiana di una moratoria universale della pena di morte, formalizzata il 19 dicembre a nome dell’Ue, sia discussa all’Assemblea generale.

Un’iniziativa "difficile", ma Romano Prodi non dispera che l’azione italiana, appoggiata dall’Unione europea, possa alla fine "davvero avere efficacia". Il premier individua le maggiori difficoltà nel fatto che "grandi paesi" non hanno ancora preso una posizione favorevole alla moratoria, ma riprendere un discorso di questo tipo all’Onu, secondo il Professore, "oggi sembra avere più possibilità". Prodi ha anche detto di aver parlato con Pannella, che incontrerà presto, e di averlo invitato a sospendere lo sciopero della fame.

"È un bel biglietto da visita per l’Italia nel Consiglio di sicurezza": il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, commenta così la risoluzione per la moratoria sulla pena di morte che il Paese presenterà entrando nel Consiglio di sicurezza dell’Onu. "È un gesto molto significativo, una scelta coerente con la tradizione italiana, che affonda le sue radici nella Costituzione. Coerente anche con un comune impegno europeo: tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, senza nessuna eccezione, di fronte all’esecuzione di Saddam Hussein, ovviamente indipendentemente dal giudizio sul personaggio, hanno ribadito la contrarietà rispetto all’esecuzione capitale".

 

Pannella ferma lo sciopero della sete

 

Il leader radicale Marco Pannella, all’ottavo giorno di sciopero della fame e della sete, ha deciso di riprendere a bere, ma non di mangiare. Lo ha annunciato a Radio Radicale nel corso di un collegamento. Pannella, riferisce Radio Radicale, ha spiegato che la sua iniziativa non violenta prosegue insieme a tutti coloro che hanno raccolto l’appello lanciato ieri sera da Radio Carcere. "Ho da darvi delle ultime novità, che non sono ultime volontà".

Esordisce così, ironizzando, Pannella. "Come avevo in qualche modo preannunciato ieri sera, convocando nelle carceri e fuori quella staffetta non violenta alla quale in tanti stanno aderendo, poco fa ho ingurgitato di già, in attesa di vedere i dottori, dell’acqua. Ho deciso - ha detto - di sospendere lo sciopero della sete per riprenderlo tra 24 o 48 ore.

A questo punto dovevo decidermi a schiattare, cosa che in questo momento proprio non mi pareva necessaria", ha aggiunto Pannella, ricordando i risultati delle ultime analisi e le ripetute raccomandazioni dei medici". "Aggiungo anche - ha proseguito il radicale - che spero che mai più sarà portata ferita e colpita la lotta nonviolenta come ieri è stato fatto in un modo massacrante e intollerabile, usando la parola protesta come è stata usata in queste ore nei Tg e nei Gr per parlare di questa iniziativa". "Non ci è mai appartenuto il mondo della protesta, ne siamo sempre stati estranei, e abbiamo potuto fare in modo che coloro che si limitavano a protestare - ha concluso Pannella su Radio Radicale - potessero divenire patrimonio di quelli che proponevano, come noi".

 

La situazione irachena

 

Si ripete in Iraq il copione di voci e smentite che hanno preceduto la settimana scorsa l’impiccagione di Saddam Hussein. Due televisioni hanno preannunciato per domani l’impiccagione di Barzan al Tikriti, il fratellastro di Saddam Hussein ex capo dei servizi segreti, e dell’ex presidente del tribunale rivoluzionario Awad al Bander.L’indiscrezione è stata confermata da una fonte vicina al premier Nouri al Maliki, che è voluta rimanere anonima. Un altro collaboratore del primo ministro ha invece smentito: "Molto probabilmente saranno giustiziati la settimana prossima, dopo le festività", ha assicurato Sami al Askari.

Oggi termina Eid al Adha (la Festa del sacrificio), ma il governo iracheno ha prolungato la vacanza fino a sabato. L’esecuzione di Saddam continua a dividere gli iracheni, dopo le terribili immagini riprese con un telefonino. Le autorità irachene oggi hanno arrestato una guardia presente nella sala del patibolo; potrebbe essere l’autore del filmato.

Il premier iracheno Nouri al Maliki è intenzionato a punire il responsabile della diffusione del video integrale sull’impiccagione. Ieri ha affidato a tre funzionari il compito di scoprire chi abbia girato le immagini sgranate in cui si vedono le guardie inneggiare al leader sciita Moqtada al Sadr e insultare l’ex presidente iracheno.

Oggi il comando americano in Iraq ha preso le distanze da quanto accaduto. "Noi avremmo fatto le cose diversamente", ha detto il generale William Caldwell, portavoce del contingente. Caldwell ha poi rivelato che Saddam è stato fino all’ultimo momento molto cortese con la polizia militare statunitense che lo aveva in custodia.Sempre oggi si è appreso che alla vigilia dell’esecuzione la figlia maggiore di Saddam, Raghad, chiese di poter parlare al telefono un’ultima volta con il padre per dirgli addio ma non le fu permesso.

Francia: uccide il compagno di cella e ne mangia un pezzo

 

Adnkronos, 5 gennaio 2006

 

Lo ha ucciso e poi ne ha mangiato un pezzo. Teatro dell’episodio di cannibalismo, un carcere di Rouen nel sudovest della Francia. Un detenuto ha ucciso un compagno di cella e poi si è cibato di parte di un polmone e del torace della vittima.

Il detenuto - un 35enne identificato dal giornale Le Parisien come Nicolas Cocaigne - ha confessato la terribile azione compiuta mercoledì sera e confermata anche dall’autopsia, ha precisato il magistrato Joseph Schmit.

"Mi è stato detto che due sezioni del muscolo erano state asportate dal torace e che mancava la metà superiore del polmone sinistro" ha spiegato il procuratore della repubblica di Rouen. "L’assenza di queste parti, che non sono state trovate sul luogo del delitto, accredita la confessione di cannibalismo" ha aggiunto Schmit in un comunicato.

La vittima si chiamava Thierry Baundry e aveva 31 anni. Secondo gli inquirenti, l’omicida l’ha pestata a sangue, l’ha colpita più volte con forbici e un rasoio e poi l’ha strangolata dopo averle infilato una busta di plastica sulla testa.

Il crimine è avvenuto nella notte fra martedì e mercoledì. Le guardie carcerarie si sono accorte dell’accaduto soltanto ieri mattina, durante il giro ordinario di controllo delle celle.

Un terzo detenuto di 34 anni che si trovava nella stessa cella, ha inizialmente detto di non essersi accorto di niente perché dormiva, poi ha confessato ed è stato anche lui incriminato di complicità nell’omicidio. La direzione del carcere ha riferito che erano stati i tre a chiedere alcuni giorni prima di dividere la stessa cella. Per il momento non c’è chiarezza sul movente. I due sospetti si sono presentati stamattina di fronte al giudice istruttore, e saranno incriminati di "omicidio premeditato e preterintenzionale".

Il caso farà sicuramente discutere e alimenterà un nuovo dibattito sulle difficili condizioni dei detenuti nelle carceri d’Oltralpe, più volte denunciate dalle ong internazionali e dal Consiglio d’Europa. Secondo stime ufficiali, il primo novembre scorso nelle 188 prigioni francesi erano detenute 57mila 612 persone, rispetto ai 51mila 200 posti disponibili.

Anche le cronache italiane ricordano un fatto analogo a quello di Rouen. Il camorrista Pasquale Barra, detto "o animale", il 17 agosto del 1981 uccise Francis Turatello, il boss della malavita milanese, nel carcere di Nuoro, poi gli strappò il cuore e ne mangiò una parte.

Stati Uniti: alla California il "record" dei condannati a morte

 

Avvenire, 5 gennaio 2006

 

Tra gli Stati Usa che mantengono la pena capitale, la California, con 657 detenuti, mantiene il primato per il numero dei condannati; la Florida ha però per la prima volta superato il Texas nel numero dei detenuti nel braccio della morte. Sebbene in America il numero dei destinati al patibolo sia sceso per il quinto anno consecutivo, calando nel 2006 a 3.344 - dai 3.415 dell’anno precedente - nello Stato governato da Jeb Bush, rimangono infatti in attesa del boia 398 individui, sei in più di quelli che potrebbero essere messi a morte dal Texas.

È però proprio nel Texas che si dovrebbe portare a termine la prima esecuzione per il 2007 quando, il 25 gennaio prossimo sarà messo a morte Ronald Chambers, in attesa del boia dal 1976. I dati raccolti dal Centro americano di informazione sulla pena di morte fanno però sperare.

Le sentenze di morte sono infatti ai livelli minimi degli ultimi 30 anni e anche il numero delle esecuzioni sta calando. Nel 2006, sono stati messi a morte 53 condannati, contro i 60 uccisi nel 2005 e i 98 carcerati che hanno incontrato il boia nel 1999. Quest’anno, poi, ben cinque casi verranno esaminati dalla Corte suprema, facendo sperare nella risoluzione del dibattito sull’incostituzionalità dell’iniezione letale.

Gran Bretagna: posta elettronica? per i detenuti sarà un diritto

 

Punto Informatico, 5 gennaio 2006

 

Il ministero dell’Interno britannico lo ha ventilato nelle ultime settimane ed ora una proposta di legge in questo senso è stata formalizzata: presto molti detenuti delle carceri del Regno Unito potranno ottenere l’accesso alla posta elettronica. Un portavoce dell’Home Office ha fatto sapere che il protocollo individua diversi step di controllo sull’e-mail per i detenuti. I messaggi potranno essere inviati esclusivamente a indirizzi e-mail verificati e noti alle autorità carcerarie e i contenuti dovranno essere sottoposti a scansione elettronica e ad analisi del personale di vigilanza: qualsiasi abuso sarà punito con la sospensione del servizio.

Perché l’e-mail per i detenuti britannici divenga realtà bisognerà attendere il via libera del consiglio dei ministri, dopodiché è previsto l’avvio di un periodo di sperimentazione. Si partirà, a quanto pare, con la Wandsworth Prison a sud di Londra.

Va detto che in UK le sperimentazioni di nuove tecnologie in carcere non sono una novità. È solo di qualche mese fa la decisione del direttore del carcere di Nottingham di sperimentare l’uso del cellulare tra le mura del proprio istituto. Ma ci sono carceri, questa volta negli Usa, che ai detenuti propongono persino console e videogiochi.

 

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