Rassegna stampa 12 gennaio

 

Giustizia: da Caserta ci aspettiamo un’agenda chiara

Franco Corleone (Garante detenuti di Firenze) e Patrizio Gonnella (Presidente Antigone)

 

Il Manifesto, 12 gennaio 2007

 

Il giorno del vertice dell’Unione, convocato nella Reggia di Caserta per la ricerca affannosa di un rilancio dell’azione di governo non intendiamo partecipare alla gara nominalistica tra riformisti e radicali. Non si tratta, infatti, di dire in modo banale se si è per le riforme o contro le riforme. Si tratta di indicare qual è l’obiettivo riformatore. Ci lascia dunque perplessi l’idea che le priorità siano le pensioni, gli ammortizzatori sociali e la pubblica amministrazione. Siamo invece convinti che l’obiettivo del centrosinistra debba essere quello di una rinnovata stagione dei diritti umani, dai diritti civili a quelli sociali. Occorre definire un’agenda che equivalga alle conquiste degli anni ‘70 che velocemente ricordiamo: divorzio, aborto, statuto dei lavoratori, voto ai diciottenni, obiezione di coscienza, diritto di famiglia, riforma sanitaria, legge Basaglia sui manicomi.

La vicenda della strage di Erba dovrebbe aiutare gli esponenti dell’Unione a riflettere sui guasti prodotti nel senso comune da un diffuso giustizialismo, presente anche a sinistra, nella politica e nell’informazione progressista. La ricerca del capro espiatorio, straniero e quindi delinquente, immigrato, uscito dal carcere grazie all’indulto, dovrebbe dire molto sulle responsabilità di una classe politica smarrita che, quasi nella totalità, prima fa delle scelte civili e doverose, poi non è in grado di spiegarle o difenderle e infine le rinnega.

I nemici veri in una società così incattivita sono invece i vicini di casa. Suggeriamo a tutti gli invitati di Caserta la visione di un film cult come I vicini di casa, con il mitico John Belushi. Ecco, si guardi quel film e quello che succede nelle nostre città dove la vera insicurezza è quella sociale.

I presidenti Bertinotti e Prodi, nonché il ministro Mastella, hanno difeso con dignità ripetutamente la decisione dell’indulto. Chiediamo a loro e a tutta l’Unione di scegliere come centro della politica la convivenza civile e la coesione sociale. Perché bisogna riposizionare la giustizia fuori dal terreno della sicurezza.

Diventa così facile declinare le urgenze riformiste: un nuovo codice penale con meno reati, minore durezza delle pene e meno carcere; un solo nuovo crimine da codificare: la tortura; la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari; una politica dell’immigrazione che non fomenti il razzismo; una politica sulle droghe non proibizionista e non punitiva verso i consumatori. Per quanto riguarda lo specifico carcerario: applicazione del regolamento penitenziario rimasto ineseguito; riconoscimento del diritto all’affettività in carcere; passaggio della medicina penitenziaria alle Asl; istituzione del garante dei diritti delle persone private o limitate nella libertà; diritto di voto per detenuti ed ex detenuti; nessun bambino detenuto. Sono alcuni degli obiettivi che potrebbero contribuire a ridurre il clima di imbarbarimento e di egoismo presente nel paese.

Il presidente Giorgio Napolitano all’indomani dell’approvazione dell’indulto ha detto che è arrivato il tempo delle riforme. Sono passati cinque mesi. I detenuti sono ancora in numero inferiore rispetto ai posti letto disponibili ma stanno pericolosamente aumentando. Tutto questo verrà vanificato se a breve non si metterà mano al pacchetto di riforme preannunciato nel programma dell’Unione. Altrimenti l’indulto da occasione storica diventerà occasione sprecata. Ci aspettiamo che da Caserta arrivi l’impulso per togliere immediatamente dal novero delle leggi in vigore quelle norme criminogene (droghe, recidiva e immigrazione) su cui la destra ha costruito il suo volto feroce. Ricordiamo agli invitati alla Reggia, però, che è probabilmente anche per questo che la destra ha perso le elezioni.

Giustizia: Mastella; accelerare processi e riformare prescrizioni

 

Ansa, 12 gennaio 2007

 

Prescrizioni: un’emergenza prioritaria, ha ricordato il Guardasigilli - è rappresentata dalle prescrizioni dei reati. Su questo punto occorre "un preciso impegno di programma, riguardante una profonda riforma della disciplina della prescrizione del reato introdotta dalla legge ex-Cirielli. Il cuore dell’intervento risiede nell’ancoraggio del termine finale della prescrizione alla sentenza di condanna in primo grado, scoraggiando così impugnazioni meramente dilatorie ed incentivando il ricorso ai riti alternativi. Tale intervento riequilibrerà il vigente sistema di inappellabilità della sentenza di assoluzione da parte del pubblico ministero, pure attualmente sottoposto a vaglio di costituzionalità (legge Pecorella)".

Nullità e competenza territoriale: "Deve essere rivisto il regime delle nullità - ha detto il Guardasigilli - che non incidono sulle garanzie di difesa, introducendo più rigide preclusioni temporali alla loro proponibilità. Ciò eviterà di far regredire il processo e di porre nel nulla, come oggi spesso avviene, attività complesse e costose".

"Nella stessa ottica - ha proseguito - ritengo necessario rivedere la disciplina della competenza, prevedendo rigide preclusioni temporali e l’immediata ricorribilità in Cassazione, in modo da garantire sul punto una decisione rapida e definitiva".

Preclusioni temporali al patteggiamento: un "patteggiamento ammesso in grado di appello comporta uno spreco di risorse non giustificato". E inoltre secondo il Guardasigilli occorre semplificare e rafforzare il "sistema delle notifiche, prevedendo l’impiego della posta elettronica certificata ed utilizzando gli ufficiali giudiziari anche per le necessarie attività di accertamento connesse all’atto della notifica. L’intervento normativo, che intendo proporre in uno dei prossimi Consigli dei Ministri ha detto Mastella - comporta altre importanti disposizioni, quali la riforma delle impugnazioni delle misure cautelari e l’archiviazione dei procedimenti relativi a fatti di particolare tenuità".

Ordinamento giudiziario: per Mastella "è necessario l’impegno del Governo sulla riforma dell’ordinamento giudiziario, consentita dalla legge di sospensione approvata dalla maggioranza. Il disegno di legge va, quindi, rapidamente approvato dal Consiglio dei Ministri - ha detto - e, soprattutto, deve essere assunto l’impegno di tutte le forze politiche della maggioranza di consentirne l’approvazione entro il 31 luglio 2007". Secondo il Guardasigilli, "i punti più direttamente connessi al tema dell’efficienza sono: una più efficace valutazione di professionalità dei magistrati; la formazione continua, orientata anche all’aumento delle capacità gestionali; regole più moderne in materia di nomina agli incarichi direttivi e di valutazione dei risultati della dirigenza".

Processo Civile: secondo Mastella per riformare e snellire i processi civili occorrerebbe semplificare: il "regime delle nullità; lo snellimento delle notifiche; aumentare le competenze "per valore del giudice di pace"; alleggerire il "peso delle questioni di competenza, con semplificazione delle relative decisioni"; istituire "un’udienza di programmazione dei tempi delle attività processuali da compiere"; valorizzare la "normativa del principio di lealtà processuale, mediante la predisposizione di sanzioni processuali per chi abbia agito o resistito in giudizio in malafede ed abbia determinato un ingiustificato allungamento della durata del processo"; introdurre "un procedimento sommario non cautelare".

Ridurre le spese per intercettazioni telefoniche: Una particolare attenzione, secondo Mastella va riservata poi "al tema della qualità delle professioni attraverso idonee misure che coinvolgano con un ruolo attivo gli Ordini e le Associazioni professionali. Tutto ciò nel quadro di uno sforzo che la mia amministrazione sta assicurando per il contenimento e la razionalizzazione delle spese. In particolare, sul tema delle intercettazioni telefoniche, appare ineludibile una concorde azione del Governo per modificare sostanzialmente le prestazioni obbligatorie dei gestori di telefonia e per correggere evidenti distorsioni nei meccanismi e nei risultati di spesa".

Il ministro della Giustizia ha poi elencato gli altri punti di riforma del sistema giudiziario. "Di particolare rilievo - ha detto - risulta la realizzazione dell’Ufficio per il processo, inteso come struttura amministrativa di supporto all’attività giudiziaria. Tale iniziativa renderà necessaria la riqualificazione e ricollocazione del personale. L’efficacia delle nuove norme processuali si confronterà però, come ogni riforma tentata in passato, con uno spaventoso arretrato (nel civile, ad esempio, a dicembre 2005 pendevano circa 5 milioni di cause).

È indispensabile, quindi, porre mano a interventi straordinari di abbattimento dell’arretrato. Per il civile è possibile procedere con meccanismi di stralcio per la rapida evasione di tutte quelle cause rimaste prive di sufficiente trattazione probatoria e che abbiano superato o stiano per superare gli standard di ragionevole durata determinati dalla Corte europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo. Questa misura straordinaria necessita, per raggiungere rapidamente gli obiettivi di azzeramento dell’arretrato, del reclutamento e della retribuzione di magistrati onorari in ragione di ogni sentenza prodotta. Soltanto così si può garantire che la retribuzione sia direttamente collegata al risultato, evitando al contempo future rivendicazioni di stabilizzazione".

Per i processi penali, ha proseguito il Guardasigilli, "l’unica misura allo stato possibile è una norma transitoria che consenta l’applicazione del patteggiamento per reati coperti da indulto, con una deroga agli attuali sbarramenti temporali".

Giustizia: 10 milioni di processi pendenti, tribunali al collasso

 

Redattore Sociale, 12 gennaio 2007

 

Le anticipazioni del rapporto Eurispes fotografano una "giustizia al collasso": la durata media dei processi è pari a 35 mesi per il giudizio di primo grado e a 65 mesi per quello d’Appello ed è possibile attendere anche 10 anni per emettere una sentenza definitiva. Sono 10 milioni i processi pendenti, dei quali circa 4 milioni civili e 6 milioni penali, mentre risultano 70mila condanne definitive non ancora eseguite. Nel periodo 2001-2004 le cause civili giacenti davanti ai giudici di pace sono aumentate del 64%, quelle in Corte d’Appello del 122% e quelle in Corte di Cassazione del 33%. Le cause penali sono aumentate del 16% in istruttoria, del 60% in prima istanza, del 24% in Appello e del 4% in Cassazione.

"La macchina della giustizia - sottolinea il rapporto - è gravemente indebitata ed i mezzi finanziari disponibili sono inadeguati al fabbisogno ordinario delle procure. I debiti accumulati nei confronti di aziende che si occupano per i tribunali di assistenza informatica, di verbalizzazione e di intercettazioni sono esorbitanti". Il debito complessivo del Ministero della Giustizia ammonta a circa 250 milioni di euro: negli ultimi 4 anni le risorse per la gestione ordinaria sono diminuite del 51,2%. Ora il sistema giudiziario italiano subisce gli effetti della nuova legge sull’indulto. "Nel 2005 oltre l’80% delle condanne inflitte risultano pari o inferiori a tre anni di pena detentiva o a 10.000 euro di pena pecuniari - sottolinea il rapporto - Ciò significa che 4/5 dei processi pendenti per reati commessi entro il 2 maggio 2006 si concluderanno, in caso di condanna, con la formula "pena interamente condonata". La soluzione resta l’amnistia, provvedimento invocato da subito "per evitare che possano essere aperti migliaia di processi destinati a chiudersi con condanne a pene estinte, quindi non eseguibili; con un enorme spreco di risorse umane e materiali".

Indulto: indagine Eurispes; favorevole solo il 14% degli italiani

 

Ansa, 12 gennaio 2007

 

Venerdì 26 gennaio 2007 l’Eurispes presenterà il Rapporto Italia 2007. La prima anticipazione dei dati contenuti all’interno del Rapporto di quest’anno riguarda i risultati emersi dall’indagine condotta, nel periodo tra dicembre 2006 e gennaio 2007, sul provvedimento di indulto approvato dal Parlamento nel 2006, l’impatto sul sistema giudiziario e penitenziario e, soprattutto, l’opinione dei cittadini sull’applicazione di questa misura.

 

Due italiani su tre contrari

 

Due italiani su tre (66%) si dichiarano contrari al provvedimento di clemenza. Soltanto il 14% condivide l’indulto nella forma in cui è stato realizzato, mentre un italiano su cinque ignora completamente l’argomento.

Tra i contrari, quasi la metà, il 46,9%, dichiara la propria avversione verso ogni provvedimento di clemenza, indipendentemente dalle ragioni che lo motivano. L’altra metà (45,8%) si dimostra possibilista ma critica l’elevato numero di reati inclusi nel condono attuato nel 2006 oppure considera eccessivo lo sconto di pena di tre anni (6,8%).

Ma questo provvedimento era necessario per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri? Più della metà dei cittadini considera l’indulto per niente (43,6%) o poco indispensabile (14%), mentre solo il 5,6% lo condivide pienamente e il 16,9% lo fa con qualche riserva.

 

Cala la fiducia, aumenta il senso di insicurezza

 

Il 59,7% del campione ritiene che il provvedimento abbia influito negativamente sulla fiducia che i cittadini ripongono nella giustizia. Sul piano personale, una percentuale significativa di intervistati, il 37,3%, afferma che dopo l’indulto la propria fiducia nella giustizia è diminuita, anche se prevale la quota di chi la definisce invariata (40%); solo l’1,6% si dice più fiducioso nella giustizia.

Il 59,2% degli intervistati ritiene inoltre che l’indulto, mettendo in libertà un alto numero di detenuti, anche autori di reati gravi, abbia generato seri problemi di sicurezza per i cittadini italiani. Ben il 60,5% degli intervistati non considera l’indulto un atto di umanità nei confronti dei detenuti: il 39,9% non è per niente d’accordo con questa affermazione, il 20,6% lo è poco, il 15,8% abbastanza e solo il 3,8% molto.

 

Di chi la colpa?

 

Per quanto riguarda invece l’attribuzione della responsabilità politica del condono, il 41,5% degli italiani riconosce correttamente il contributo di maggioranza e opposizione all’approvazione della legge. Il resto del campione si divide equamente tra coloro che imputano la decisione al Ministro Mastella (18,3%), coloro che la considerano il frutto dell’operato delle sole forze di Governo (18,9%) e coloro che non sanno o non vogliono rispondere (19,9%); solo l’1,4% attribuisce la responsabilità all’opposizione.

La stragrande maggioranza degli elettori di destra e centro-destra (78,9%) esprime una netta contrarietà al provvedimento. Tuttavia l’avversione riguarda anche gli elettori di centro (69,5%). Ed il 60% di coloro che si collocano nell’area di sinistra o di centro-sinistra: tra questi, il 60% avrebbe preferito che l’indulto fosse applicato solo ad alcune tipologie di reato. Da segnalare ancora la contrarietà a qualsiasi forma di clemenza da parte della metà degli italiani che rifiutano la collocazione in qualsivoglia schieramento. Un’avversione assoluta che riguarda oltre la metà degli elettori di centro e di destra e circa un terzo di chi si schiera a sinistra.

 

Cresce la sfiducia nella giustizia

 

La sfiducia nella giustizia ed il crescente senso di insicurezza che ne deriva riguardano gli elettori di tutti gli schieramenti politici, con percentuali che oscillano tra l’80% degli elettori di destra e di centro ed il 60% di quelli di sinistra.

La questione del sovraffollamento delle carceri sembra interessare soltanto il 30% degli elettori di centro e poco più del 40% degli elettori di sinistra.

Prendendo in considerazione le differenze di genere, il 18% degli uomini esprime gradimento per l’indulto, contro il 10% delle donne. Queste ultime dichiarano di non conoscere l’argomento nel 23% dei casi, a fronte del 16,4% degli uomini. Sono invece pressoché identiche le percentuali maschili e femminili che esprimono la propria contrarietà verso il provvedimento. Tra i contrari, sono gli uomini ad affermare più spesso la propria avversione verso qualsiasi sconto di pena (57,4%), rispetto al 38,5% della componente femminile.

Inoltre, il 16,9% delle intervistate attribuisce la responsabilità del provvedimento ai soli partiti di maggioranza; percentuale che raddoppia nella considerazione degli uomini (30,9%). Il 44% degli uomini ed il 59% delle donne lo giudica il risultato di un accordo di ambedue gli schieramenti.

 

Giovani contrari allo sconto di pena

 

Più della metà dei giovani fino a 34 anni dichiara di essere contrario a qualsiasi sconto di pena (52,3% nella fascia d’età tra i 18 e i 24 anni; 62,4% tra i 25-34 anni). All’aumentare dell’età si riduce sensibilmente la quota degli "intransigenti". Infine, il condono ha riscosso più consensi nel Centro Italia (20,3%) e nelle Isole (17,4%), piuttosto che al Sud (9,5%) e al Nord (13%).

Il senso d’insicurezza e di sfiducia nella giustizia invece sembrano accomunare gli abitanti dell’intero territorio nazionale (78% a Nord-Ovest; 76,7% al Sud; 75,5% nelle Isole; 72,2% a Nord-Est; 70,9% al Centro).

 

Una giustizia al collasso

 

La fotografia della condizione del sistema giustizia in Italia mostra un quadro sconcertante. La durata media dei processi è pari a 35 mesi per il giudizio di primo grado e a 65 mesi per quello d’Appello. È possibile attendere anche dieci anni per emettere una sentenza definitiva. Nel periodo 2001-2004 le cause civili giacenti davanti ai giudici di pace sono aumentate del 64%, quelle in Corte d’Appello del 122% e quelle in Corte di Cassazione del 33%. Le cause penali sono aumentate del 16% in istruttoria, del 60% in prima istanza, del 24% in Appello e del 4% in Cassazione. Ammontano a dieci milioni i processi pendenti, dei quali circa 4 milioni civili e 6 milioni penali. Mentre risultano 70mila condanne definitive non ancora eseguite.

Il debito complessivo del Ministero della Giustizia ammonta a circa 250 milioni di euro. Negli ultimi 4 anni le risorse per la gestione ordinaria sono diminuite del 51,2%. La macchina della giustizia è gravemente indebitata ed i mezzi finanziari disponibili sono inadeguati al fabbisogno ordinario delle procure. I debiti accumulati nei confronti di aziende che si occupano per i tribunali di assistenza informatica, di verbalizzazione e di intercettazioni sono esorbitanti. Un’altra anomalia tutta italiana si rintraccia nel numero spropositato di avvocati: quasi 200.000 (il Giappone con 120 milioni di abitanti ne ha 20.000 circa).

 

L’impatto sul sistema penitenziario

 

L’Italia ha il secondo più alto tasso di affollamento carcerario dell’Unione europea. L’ultimo significativo indulto risale al 1990 e consentì la scarcerazione di circa 13.000 detenuti. Nel giugno del 1991 il numero di detenuti si era ridotto a 31.053, ma dal 1991 al 2005 è cresciuto in media di 2.000 unità , con picchi di 9.000 persone nel 1992. L’introduzione di nuove tipologie di reato ha certamente dato un contributo rilevante a tale crescita. Le norme contenute nella legge Fini-Giovanardi hanno esteso l’area penale per consumatori e possessori di sostanze stupefacenti. Le disposizioni della legge Bossi-Fini hanno stabilito l’arresto per extracomunitari che non ottemperano all’ordine di espulsione. Nel 2005 sono entrate in carcere con quest’accusa 11.300 persone, poi scarcerate in un arco di tempo massimo di 90 giorni.

 

L’incremento della popolazione carceraria tra il 1996 e il 2006 è stato del 25,3%.

 

Al 31 luglio 2006, il giorno prima dell’entrata in vigore dell’indulto, la popolazione carceraria registrava 60.710 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 43.213 unità. Un esubero, quindi, di oltre 17mila persone; anche se il 40% dei detenuti risulta in attesa di giudizio. Gli stranieri erano 20.088, pari al 33,1% del totale. I tossicodipendenti 16.135 pari al 27,1%, gli alcool dipendenti 1.334.

 

Effetti positivi o semplici palliativi?

 

Se la legge sull’indulto ha aumentato le difficoltà del sistema giudiziario, ha tuttavia alleggerito la pressione sull’apparato carcerario, riportando il numero di presenze in carcere entro la capienza regolamentare. La capienza, che era di 36.000 posti nel 2001, è passata a 42.000 nel 2003. Nell’anno in corso è fissata in 43.213 unità. Alla data del 15 novembre risultano 39.176 i detenuti ancora in carcere, circa 4 mila persone al di sotto del limite consentito.

Bisogna anche considerare gli effetti positivi dell’indulto sui costi di mantenimento della popolazione carceraria: ogni detenuto costa allo Stato mediamente 120 euro al giorno. Si profila inoltre la possibilità di riequilibrare il numero dei detenuti in rapporto al personale di polizia penitenziaria. Purtroppo il limite maggiore di tali benefici è costituito dal fatto che potrebbero rivelarsi di breve durata.

Indulto: Bulgarelli (Verdi); su opinioni pesa l'offensiva mediatica

 

Apcom, 12 gennaio 2007

 

"I dati diffusi dall’Eurispes andrebbero letti fino in fondo, ci si accorgerebbe che l’indulto non ha comportato alcun aumento della criminalità". Commenta così in una nota il senatore dei Verdi-Pdci Mauro Bulgarelli i dati dell’indagine condotta dall’istituto statistico, secondo la quale due italiani su tre sarebbero contrari all’indulto.

"Il fatto che esista una maggioranza di italiani contraria all’indulto - aggiunge - non stupisce, considerata la forsennata offensiva dei mezzi di informazione di questi mesi, talmente invasiva da trasformarsi spesso in gogna mediatica inflitta preventivamente a degli innocenti, come nel caso della strage di Erba. A ciò si aggiunge il fatto che parte di quella stessa classe politica che, a grande maggioranza, aveva approvato il provvedimento, ha preferito poi far marcia indietro, sposando il facile giustizialismo e amplificandone gli effetti presso l’opinione pubblica".

"Detto questo - continua il senatore dei Verdi - lo stesso rapporto dell’Eurispes riporta dati incontrovertibili sull’opportunità dell’indulto che, oltre ad avere riportato nella legalità la disastrosa situazione di sovraffollamento nelle carceri, non ha comportato alcun aumento della criminalità rispetto agli anni passati, neppure per quanto riguarda i delitti più gravi, come gli omicidi, la cui media nazionale rimane stabile, mentre bassissima risulta essere la percentuale di recidivi tra coloro che ne hanno beneficiato. Semmai, per rendere pienamente efficace l’indulto e proseguire nella riforma del sistema giudiziario, bisognerebbe varare un’amnistia".

"Ma evidentemente a pochi oggi preme mettere in risalto quest’ultimi dati, nel timore di inimicarsi un’opinione pubblica presso la quale - conclude Bulgarelli - occorrerebbe invece fare una corretta opera di informazione e non assecondarne i sentimenti di insicurezza e di paura".

Indulto: Donadi (Idv); i cittadini sono più avanti della politica

 

Apcom, 12 gennaio 2007

 

"Con tutto il rispetto per l’oggettiva e puntuale accuratezza dei dati diffusi dall’Istituto Eurispes, è proprio il caso di dire che si è scoperta l’acqua calda". Lo afferma Massimo Donadi, capogruppo di Idv alla Camera commentando i risultati di un sondaggio sull’indulto. "L’unica che con pervicacia non solo non l’ha capito prima, ma ha pure insistito dopo - aggiunge Donadi - nel cercare di motivare e giustificare con le ragioni di clemenza un provvedimento che, per le sue caratteristiche, è profondamente ingiusto, è stata la classe politica".

"C’è poco da comunicare bene o male, come anche di recente ha ribadito il presidente del Consiglio, Prodi: qui si tratta semplicemente di prendere atto di quello che la gente ha fin troppo bene inteso - sostiene l’esponente dell’Idv -. Ovvero che l’indulto in generale e quindi tanto più un indulto di dimensioni inaudite come quello da poco approvato in Parlamento, che ha portato alla scarcerazione di quasi il 40 per cento dei detenuti, è un provvedimento che mina la fiducia nella giustizia, indebolisce lo Stato e le istituzioni e crea per i cittadini un situazione di incertezza e di oggettiva insicurezza". "Sarà bene che le forze politiche riflettano bene e a lungo - conclude Donadi - su questo e che per il futuro imparino che la politica non è solo comunicazione ma anche rispetto delle esigenze e sensibilità più profonde dei cittadini".

Indulto: Consolo (An); dati Eurispes dimostrano nostra ragione

 

Apcom, 12 gennaio 2007

 

"I dati forniti dall’Eurispes e i commenti del Presidente Gian Maria Fara parlano chiaro e dimostrano come Alleanza Nazionale sia stata tra i pochi schieramenti politici che, con concrete motivazioni e non per partito preso, ha votato contro il provvedimento di indulto, fortemente voluto dall’attuale maggioranza parlamentare. Il misero 14 % che si è dichiarato favorevole all’indulto dimostra inequivocabilmente come la maggioranza prodiana non rappresenti in Parlamento la volontà dei cittadini italiani". Lo dichiara il deputato di An Giuseppe Consolo, capogruppo del partito in Commissione Giustizia di Montecitorio.

"So bene - aggiunge - che anche altri settori di centrodestra si sono espressi a favore del provvedimento, ma questo non diminuisce la responsabilità della maggioranza che lo ha votato. So anche bene che il mandato imperativo non esiste, ma sono curioso di sapere come gli esponenti del centrosinistra giustificheranno il loro si davanti agli italiani già alle prossime elezioni amministrative".

Erba: così titolarono molti giornali il giorno dopo la strage...

 

Ristretti Orizzonti, 12 gennaio 2007

 

Strage in famiglia: "Era fuori per indulto". Como, accoltellate e bruciate 4 persone, sotto accusa un immigrato. Vittime la convivente, la madre di lei, il figlio di due anni e la vicina. La caccia nella notte. (Corriere della Sera, 12 dicembre 2006).

 

Strage in famiglia, uccide e brucia tre donne e un bimbo. La tragedia a Erba, in Brianza: si cerca il convivente, un tunisino scarcerato con l’indulto. Ammazzati a coltellate la compagna, il figlio di tre anni, la madre e una vicina. (La Repubblica, 12 dicembre 2006).

 

Strage nel Comasco, si cerca un tunisino liberato dall’indulto. Uccise tre donne e un bimbo. (Libero, 12 dicembre 2006).

 

Strage Erba: Castelli, tragici effetti di un indulto sciagurato. (Repubblica.it, 12 dicembre 2006).

 

Tragedia ad Erba, uccise tre donne ed un bambino - Abdel Fami Marzouk, pregiudicato tunisino, rilasciato a seguito della legge sull’indulto, è ricercato dalle forze di polizia. (Ansa, 12 dicembre 2006)

Erba: Azouz; voglio le scuse di chi mi ha dato del mostro

 

Affari Italiani, 12 gennaio 2007

 

Dopo i giorni del sospetto e dell’angoscia oggi è il tempo del dolore e della rabbia per Azouz Marzouk, il giovane di origine tunisina che nella strage di Erba, messa in atto con lucida follia dai due vicini di casa, ha perso la moglie Raffaella e il figlio Youssef. Da quando sono finiti in manette Olindo Romano e la moglie Rosa Bazzi, Azouz non si da pace e tira fuori tutta la sua rabbia contro i due coniugi ("Nessun perdono") ma anche contro chi ha sospettato di lui all’inizio di questa triste vicenda. "Nessuno mi ha chiesto scusa, neanche i politici, quelli della Lega Nord e di Alleanza nazionale", ha detto il giovane sul quale erano calati i primi sospetti degli inquirenti.

A chi si riferisce? Chi sono i politici che lo hanno "condannato" semplicemente perché extracomunitario o perché ex detenuto e beneficiario della legge sull’indulto, ancor prima che l’inchiesta facesse il suo corso portando alla scoperta dei due italianissimi coniugi-killer?

Tra i primi a rilasciare una dichiarazione sulla strage di Erba, lo scorso 12 dicembre, c’è il deputato Maurizio Gasparri di Alleanza Nazionale. "Chi ha votato l’indulto ha contribuito a questo eccidio. Complimenti!", dice alle agenzie di stampa l’esponente di An in riferimento al fatto che Marzouk (di cui verrà quasi subito accertata l’estraneità) aveva usufruito dell’indulto. Sempre il 12 dicembre, Gasparri sempre a proposito della strage di Erba afferma che è "un ulteriore conseguenza drammatica di una scelta sciagurata. Bisognerebbe perseguire come favoreggiatori di questa autentica strage quanti dissennatamente hanno votato l’indulto. Un’autentica vergogna".

Lo stesso giorno, in una nota ancora più dura nei toni, l’eurodeputato della Lega Nord, Mario Borghezio afferma: "la spaventosa mattanza cui ha dato luogo a Erba un delinquente spacciatore tunisino, ci prospetta quello che sarà, molte altre volte, uno scenario cui dobbiamo abituarci". "Al di là dell’effetto indulto - continua Borghezio - che qui come in altri casi da la libertà a che certo non la merita (riferimento sempre a Marzouk, ndr) vi è, e resta in tutta la sua spaventosa pericolosità una situazione determinata da modi di agire e di reagire spazialmente lontani dalla nostra cultura e dalla nostra civiltà". E poi, aggiunge: "Quel che è successo ad Erba può succedere, in ogni momento, dovunque personaggi non integrati semplicemente perchè non integrabili, hanno trovato nel nostro territorio e, purtroppo, anche in Padania facile accoglienza, ottusa tolleranza, favoritismi politico-sociali d’ogni genere. È ora di finirla".

Anche Piergiorgio Stiffoni ed Ettore Pirovano della Lega il 12 dicembre intervengono sul caso Erba. Anche i due esponenti leghisti danno la colpa a chi ha votato l’indulto e parlano di "mani sporche di sangue di una classe politica incosciente e pressappochista di fronte alle conseguenze prodotte dell’indulto".

Erba: don Gino Rigoldi; quando il male è nelle nostre famiglie

 

Affari Italiani, 12 gennaio 2007

 

"È il segno che il male c’è ed è in casa nostra. Va sottolineato che è nelle famiglie italiane". Così don Gino Rigoldi commenta con Affari la strage di Erba. E sul perdono di Carlo Castagna, papà di Raffaella, dice: "Questa cosa non l’ho proprio capita. Il perdono è qualcosa che non sta sulla punta della lingua, ma viene fuori dal profondo del cuore. O questa persona è proprio un santo, o ha avuto una folgorazione dello spirito santo. Una persona ha bisogno di metabolizzare, di rivedere le facce insanguinate dei parenti. Il perdono è un processo lungo e molto consapevole. Nel perdono di Carlo Castagna mi lascia perplesso non la sincerità, quanto l’autenticità".

 

La strage di Erba non ha precedenti. È il segno che il male trionfa sul bene nella nostra società? Che spiegazione dà di questa tragedia?

"È il segno che il male c’è. Va sottolineato che è nelle famiglie italiane. Nei nostri paesi si attribuisce automaticamente la cattiveria agli stranieri, come insegna il caso dei rom di Opera. Ma il male è in casa nostra. Però...".

 

Dica...

"Il male ultimamente non è aumentato in maniera così significativa. Ci sono delle persone che imboccano il percorso sterile e squallido dell’odio. Questi sono casi eccezionali, non viviamo in una giungla. Ma c’è una cosa che mi fa un po’ impressione...".

 

Quale?

"È ovvio condannare queste persone. Ma nessuno riflette sulla vita nelle nostre città, ai messaggi che arrivano ai giovani dai media. L’aggressione ai soggetti deboli avviene per più del 90% nelle nostre famiglie. Abbiamo bisogno di sostegno, di una cura e di un’etica della famiglia".

 

Cosa fare dunque?

"Dobbiamo guardare gli altri come persone con le quali possiamo allearci e costruire una comunità e non come dei potenziali nemici. La solitudine crea questi indotti che si avvolgono su se stessi e che fanno venire fuori queste mostruosità".

 

Non le sembra che manchi il senso di colpa nella nostra società?

"Sì. Nelle carceri minorili in cui lavoriamo reinseriamo i ragazzi cercando di far prendere loro coscienza del danno che hanno commesso. Ma facciamo fatica perché difficilmente dicono di aver sbagliato a meno che non abbiano commesso delitti efferati come l’omicidio o la violenza sessuale. Siamo in presenza di un ispessimento delle coscienze".

 

Come mai questa deriva?

"C’è una diffusione di individualismo molto duro e opportunista dove il resto del mondo è nemico".

 

Come valuta il perdono di Carlo Castagna, papà di Raffaella?

"Questa cosa non l’ho proprio capita. Il perdono è qualcosa che non sta sulla punta della lingua, ma viene fuori dal profondo del cuore. O questa persona è proprio un santo, o ha avuto una folgorazione dello Spirito Santo. Una persona ha bisogno di metabolizzare, di rivedere le facce insanguinate dei parenti. Il perdono è un processo lungo che deve essere molto consapevole. Mi lascia perplesso non tanto la sincerità di Carlo Castagna quanto l’autenticità".

Erba: Duccio Scatolero; state attenti a quei piccoli conflitti

 

Redattore Sociale, 12 gennaio 2007

 

La tragedia di Erba non è frutto della pazzia. Potrebbe essere un banale conflitto condominiale che, non gestito adeguatamente, è poi sfociato in una violenza cieca. "Ho letto solo i giornali, non conosco le persone coinvolte ma per spiegare quanto è successo non dobbiamo scomodare la psicopatologia - afferma Duccio Scatolero, criminologo all’Università di Torino -.

Il problema è che i conflitti condominiali vengono sottovalutati. Di fronte ai grandi problemi della vita ci sembrano sciocchezze. Ma è uno sbaglio perché la cronaca riporta spesso notizie di violenze fra vicini". Le liti per i panni stesi, per i rumori causati dai bambini, per i vasi dei fiori che gocciolano, potrebbero quindi diventare davvero pericolose. "Se il conflitto non viene gestito pian piano degenera, si gonfia di rancore, fino a quando sfocia in violenza -spiega il criminologo-. Viene il momento in cui le persone non hanno più limiti, il nemico non è più una persona ma una cosa da eliminare". E allora, anche la violenza più efferata diventa possibile: "Solo in questo modo si può spiegare perché una donna finisca per tagliare la gola ad un bambino: in quel momento vedeva in lui solo un oggetto da annientare perché gli dava fastidio".

Il condominio può quindi diventare un campo di battaglia. "I conflitti fra persone, come possono essere quello condominiale, o sul lavoro, o a scuola o in famiglia, hanno le stesse caratteristiche delle guerre fra nazioni. Partono in sordina e arrivano fino al punto che le parti non vedono altra uscita che l’uso della violenza", continua Scatolero. La differenza è che in caso di guerre intervengono le Nazioni Unite e le diplomazie degli Stati per cercare una soluzione, mentre nel caso di un conflitto condominiale non c’è luogo o persona che possa aiutare a gestirlo. "Anche quando le parti si rivolgono ad un giudice, il conflitto non viene risolto -dice il criminologo-. Il giudice dà ragione ad una delle due parti, ma non per questo riescono a pacificarsi. Anzi, la sentenza del giudice finisce per esasperare le persone".

Per mediare questo tipo di contrasti le forze dell’ordine potrebbero essere le persone giuste: "A Torino si stanno svolgendo corsi di formazione per i vigili urbani, che spesso vengono chiamati in causa dai condòmini. Ci vuole però preparazione, altrimenti non si risolve niente. Capita anche che i due vicini si stringono la mano di fronte al vigile, ma poi dopo pochi giorni tornano ad azzuffarsi. Per questo stiamo lavorando con la vigilanza urbana, perché sia in grado di affrontare anche queste situazioni, senza sottovalutarle". Secondo il criminologo, inoltre, mancano luoghi in cui gestire i conflitti. "Se ho un problema col mio vicino da chi posso andare per chiedere un aiuto? Dal giudice non serve, perché se mi dà ragione, il mio vicino mi odierà ancora di più -prosegue Scatolero, che conclude-: ci vuole invece un luogo in cui ci sia un operatore esperto che sappia ascoltare e coinvolgere entrambe le parti nel cercare una soluzione, oppure a tenere a bada le tensioni".

Erba: detenuti di Como protestano e minacciano i coniugi

 

Apcom, 12 gennaio 2007

 

Insulti, minacce, improperi contro Olindo Romano e Angela Rosa Bazzi. Clima teso quest’oggi nel carcere del Bassone dove sono detenuti i due coniugi autori della strage di Erba. Gli altri detenuti, infatti, non appena saputo della loro confessione hanno inscenato una protesta inveendo contro i due nuovi ‘inquilini’ che, per ragioni di sicurezza, vengono sorvegliati a vista e si vedranno servire separatamente il vitto nel timore di avvelenamenti. I detenuti hanno poi cominciato a picchiare oggetti contro le inferriate delle celle. Veementemente vogliono dimostrare la loro solidarietà nei confronti di Azouz Marzouk che nell’eccidio di via Diaz ha perso in un solo colpo moglie, figlioletto, suocera. "Infami", "Bastardi", gli epiteti più ‘gentili’ nei confronti dei due coniugi. "dateceli in mano, ci pensiamo noi a far fare loro la stessa fine di Youssuf". Alcuni dei detenuti conoscono bene Azouz, incontrato durante la sua recente detenzione fino a quando, il due agosto scorso, ha lasciato il carcere grazie all’indulto.

Bologna: per i detenuti lenzuola sporche e niente sapone

 

Dire, 12 gennaio 2007

 

Nel carcere della Dozza mancano sapone, vestiti e lenzuola pulite per i detenuti. Ma il Comune non si interessa abbastanza di questi problemi. Anzi, non lo fa affatto, almeno secondo l’allarme lanciato da Desi Bruno, Garante comunale dei diritti delle persone private di libertà. "Non è tollerabile che i detenuti della Dozza non abbiano il sapone per lavarsi e le lenzuola pulite dove dormire" ha affermato Bruno ieri mattina, davanti a una Commissione conoscitiva in Comune senza però esponenti della giunta.

Solo un piccolo contributo, prosegue il Garante, è arrivato dall’assessorato di Giuseppe Paruolo (Sanità): "Mille euro per l’acquisto di biancheria intima, quindi parliamo di niente". Ma se la situazione dei carcerati è poco decorosa, non va certo meglio per chi ha finito di scontare la pena. "Bisogna pensare a un kit da consegnare al detenuto in uscita - propone Bruno - composto da abiti, buoni pasto e biglietto dell’autobus: sono minime condizioni di civiltà che nel 2007 non si possono ignorare".

Udine: Strassoldo (Provincia); diamo lavoro agli ex detenuti

 

Il Gazzettino, 12 gennaio 2007

 

"È necessario favorire in Friuli Venezia Giulia formazione e lavoro per i detenuti al fine di garantire alla società il loro recupero e un corretto reinserimento": è quanto affermato dal presidente della Provincia di Udine, Marzio Strassoldo, commentando i dati resi noti dall’Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (Dap) del Ministero della Giustizia. "Secondo questi dati - prosegue Strassoldo - la nostra regione è al 14. posto nella percentuale dei detenuti occupati sul totale della popolazione carceraria regionale con il 23,1% mentre la media nazionale è del 26,2". Per la cronaca la prima regione è la Toscana (38,8) mentre l’ultima è la Valle d’Aosta (12,1). Il numero di detenuti occupati in Friuli Venezia Giulia è pari a 192. Ciò stando ai dati disponibili al 31 dicembre del 2005, ovvero prima dell’indulto, unici dati al momento disponibili.

Secondo Strassoldo, il quale sostiene che "secondo quanto mi viene riferito da chi ha contatti frequenti con le carceri del Friuli Venezia Giulia - come i volontari - l’impegno per favorire situazioni positive ai detenuti è massimo", quanto emerge dalla graduatoria ministeriale "induce a pensare che tutti noi dobbiamo adoperarci per garantire maggiori opportunità formative e di lavoro ai detenuti".

Milano: riapre il teatro del carcere minorile "Beccaria"

 

Vita, 12 gennaio 2007

 

La compagnia teatrale Puntozero, (fondata dagli attori e registi Giuseppe Scutellà e Lisa Manzoni), da oltre dieci anni lavora all’interno del carcere minorile Cesare Beccaria di Milano, insegnando ai giovani detenuti i mestieri del teatro: macchinista teatrale, tecnico luce, sartoria, fonico, operatore di ripresa, trucco, recitazione. Grazie al sostegno della Direzione dell’Istituto Penitenziario Cesare Beccaria, della Polizia Penitenziaria e ai fondi concessi dall’Equal "Ipm di scena", Puntozero ha ottenuto i fondi necessari per recuperare il teatro interno al carcere, chiuso ormai da dieci anni, ridando ai ragazzi uno spazio dove sarà possibile seguire i corsi e mettere in scena gli spettacoli.

Sempre grazie al lavoro della Compagnia teatrale Puntozero, lo sforzo di recupero e reintegrazione dei minori avverrà anche con reali possibilità lavorative esterne al carcere. Alcuni ragazzi del penitenziario, infatti, godranno di periodi di lavoro presso Fabbricateatro, sede teatrale di Puntozero (via Bellaggio 1, Milano), dove potranno partecipare attivamente alla normale programmazione del teatro. Da febbraio 2007, inoltre, Fabbricateatro ospiterà una rassegna teatrale coinvolgendo i minori intervenuti al work experience nella gestione tecnica della rassegna. Questi gli spettacoli in cartellone presso Fabbricateatro: "Made in Italy" spettacolo sull’emigrazione italiana del secolo scorso; "Io presunto terrorista" spettacolo tratto dall’omonimo libro del penalista Luca Bauccio che si interroga su cosa vuol dire essere un fondamentalista islamico.

Dallo scorso dicembre, i minori del Beccaria sono impegnati nella duplice veste di attori e tecnici nella realizzazione dello spettacolo "Antigone. Sul fine della legge" per la regia di Giuseppe Scutellà, il cui debutto è previsto nella primavera 2007 in concomitanza con l’inaugurazione del teatro del carcere. "Antigone. Sul fine della legge" diventerà poi un lungometraggio che esplorerà il sistema penitenziario minorile partendo dalla tragedia di Sofocle. I laboratori teatrali godono solo per il 2007 di un finanziamento del fondo sociale europeo Equal "Ipm di scena".

Roma: al Teatro Eliseo si racconta la giornata di 9 detenuti

 

Magazine 7, 12 gennaio 2007

 

E mentre fiumi d’inchiostro vengono quotidianamente versati per dire che la Giustizia fa acqua da tutte le parti, sarebbe opportuno ogni tanto fare un viaggio all’interno di questo universo per scoprire che qualcosa di buono c’è.

Diversi progetti coinvolgono il Ministero della Giustizia e numerosi enti culturali come ad esempio il Teatro Eliseo di Roma che dal 10 gennaio al 14 gennaio ospiterà al Piccolo Eliseo Patroni Griffi lo spettacolo Via Tarquinia 20. Biografie di un sogno. Scritto da sette detenuti del carcere di Civitavecchia con la regia di Emanuela Giordano, vincitore del premio Annalisa Scafi 2006. Il progetto sostenuto oltre che dal Ministero della Giustizia dall’ETI e da RAI2 racconta la giornata di 9 detenuti e un canarino ospiti in una cella della Casa di reclusione di Civitavecchia sita appunto in via Tarquinia 20. Per trascorrere ogni giorno in maniera diversa il tempo, i protagonisti iniziano a raccontare episodi di vita vissuta, soprattutto "viaggi" quelli intrapresi in passato e quelli che vorrebbero fare una volta usciti dalla prigione. Il gruppo è vivacemente assortito, Zazà un dispotico francese che spesso assume un atteggiamento di superiorità nei confronti dei suoi compagni, ritenendo la sua vita, le sue esperienze migliori delle altre, si scontra vivacemente con Pepè e Rachid. I due per provocare Zazà intraprendono un viaggio immaginario a Las Vegas riuscendo a coinvolgere il resto del gruppo, e cercando ognuno di loro di realizzare il proprio sogno, Roberto che sogna un’esperienza erotica a bordo di una barca da lui costruita, Alì per sfuggire alla malinconia che lo attanaglia e Pietro, il più fragile fra tutti che riesce a vivere la restrizione della galera riversando tutte le sue attenzioni su un canarino. Le esperienze immaginarie dei ragazzi sono colorite dall’accesa "napoletanità" di Antonio e Alfonso che improvvisano una visita all’interno delle piramidi, nelle tombe di Tutankamon e Nerfertari alla ricerca dell’oro che abbellisce gli splendidi sarcofaghi. Infine c’è "basso" il più giovane che con il suo strumento accompagna le avventure dei compagni. Emozionante entrare in un mondo tanto particolare, nell’intimità dei protagonisti che lottano ogni giorno contro il tempo, contro il passato per gli sbagli commessi e contro il futuro nell’attesa che arrivi il giorno in cui tutto avrà una luce diversa.

Taranto: studente 17enne accoltella due compagni in classe

 

Gazzetta del Sud, 12 gennaio 2007

 

Da qualche giorno due suoi compagni di classe lo deridevano per il suo scarso rendimento scolastico; lui oggi si è vendicato accoltellandoli in aula al cambio dell’ora di lezione. Il ragazzo, che ha 17 anni, è stato arrestato dai Carabinieri e dovrà rispondere di duplice tentativo di omicidio. I due compagni di classe guariranno ciascuno in 15 giorni. L’episodio è accaduto in un istituto superiore ad indirizzo industriale di Castellaneta. Intorno alle 13.15, approfittando del cambio dell’insegnante, Daniele ha aggredito i due compagni di classe colpendoli alle braccia e al volto con un coltello acquistato alcuni giorni fa in un negozio di prodotti per caccia e pesca del paese. Il giovane aggressore ha poi tentato di fuggire dalla scuola, ma è stato bloccato da una pattuglia di Carabinieri, avvisati da alcuni docenti.

I due studenti feriti sono ricoverati nell’ospedale di Castellaneta, mentre il loro feritore è stato arrestato e trasferito nel Centro di prima accoglienza di Taranto. Secondo una prima ricostruzione fatta dai Carabinieri, da alcuni giorni il ragazzo avrebbe accumulato un disagio crescente a causa del fatto che i suoi due compagni di classe lo sbeffeggiavano per lo scarso rendimento scolastico riportato nelle ultime verifiche. Il diciassettenne avrebbe quindi maturato la "vendetta", acquistando giorni fa il coltello in un negozio e oggi aggredendo i due compagni di classe.

Brasile: la polizia di Rio uccide un sospetto ogni 16 fermati

 

Peace Reporter, 12 gennaio 2007

 

La polizia di Rio de Janeiro uccide un sospetto ogni 16 detenuti ed è una delle più violente del Brasile. Lo rivela un’inchiesta giornalistica. Il rischio che un abitante di Rio venga ucciso in uno scontro con le forze dell’ordine "è uno dei più elevati del paese". Subito dopo viene San Paolo. Qui, nonostante le tre ondate di violenza scatenate nel 2006 dal Primero Comando della Capitale, Pcc, associazione criminale che comanda traffico di droga e di armi, il rapporto è uno su ogni 151 detenuto. Gli specialisti relazionano questa disparità alla cultura militarizzata della polizia carioca.

 

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