Rassegna stampa 18 febbraio

 

Giustizia: la redazione di "Altrove" scrive all'On. Sergio Divina

 

Altrove, 18 febbraio 2007

 

Risposta della redazione di "Altrove", giornale dal carcere di Alessandria, al Senatore Sergio Divina (Lega Nord), autore di un’interrogazione parlamentare rivolta al ministro della giustizia Clemente Mastella, circa i privilegi goduti dai detenuti.

 

Egregio Senatore, la sua interrogazione in materia di giustizia penitenziaria ha fatto sorridere tutti noi. Le suggeriamo di rileggere la costituzione visto e considerato che la carta costituzionale Padana non è ancora in vigore, e mai lo sarà, fino a quando in quel parlamento dove oggi lei stesso siede vi saranno degli uomini che garantiranno quella carta tanto sofferta dai nostri padri costituenti. Tuttavia, comprendiamo quanto sia difficile riconoscere uno stato che a voi per alcuni motivi appare estraneo.

Ovviamente rispettiamo gli elettori che le hanno conferito il mandato, poiché anche questa sembra essere democrazia. In ogni modo, rileggerei l’ordinamento penitenziario e visiterei le carceri Italiane di persona e solo allora scoprirebbe che queste strutture non sono proprio degli alberghi a quattro stelle. La invitiamo, anche durante i suoi viaggi legati ad affari costituzionali, a soggiornare in uno di questi alberghi da Lei definiti tali.

Siamo certi che gli Italiani gradirebbero che, un Senatore della repubblica Italiana, non beneficiasse di hotel lussuosissimi, di viaggi altrettanto costosi e di innumerevoli altri benefici che tuttora ha la facoltà di ottenere. E non ci venga a raccontare che un deputato e/o senatore rappresenta lo stato, poiché se così fosse non darebbe adito ad una interrogazione di simile entità.

Non vogliamo certo elencare "i privilegi" da Lei descritti, poiché non basterebbe un intero foglio per smentirne la loro natura. Vogliamo invece dire una cosa più importante in merito alla sanità. Parlare di sanità in carcere è toccare un argomento scomodo, carcere e malattia è un binomio che proprio non può reggere.

Il sistema sanitario già fa acqua per chi è nello stato di libertà, nonostante ciò può muoversi per superare gli ostacoli che incontra. Il malato tra le sbarre è come impacchettato dalle esigenze giudiziarie e deve solo attendere. Ma l’attesa per il malato significa aggravamento, complicazione… e, qualche volta morte.

Non vogliamo fare il piagnisteo, ma sollecitare una presa di coscienza da parte di tutti su un tema così delicato. Il diritto alla salute non viene interrotto dal provvedimento restrittivo. Dinanzi alla malattia, non ci sono alibi. Ovunque il malato deve trovare risposte. Fuori e dentro il carcere. Per quanto riguarda le tasse, ogni detenuto ha il dovere di rendere allo stato i soldi per la sua detenzione, forse ha ragione egregio Senatore, perché un giorno lo stato ci presenterà il conto per le nostre spese di mantenimento mentre per chi lavora all’interno della struttura già gravano delle trattenute alla voce "quota di mantenimento", ma forse nemmeno di questo il senatore e ha conoscenza.

Gli altri benefici sono tutti richiamati dall’art 3, 32, e 27 della costituzione Italiana: le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso dell’umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Tirare quattro calci ad un pallone in un campo tutto spelacchiato non può certo convincere gli Italiani o gli stessi colleghi che possa essere un beneficio.

Sapere che in cella vi è solo acqua fredda e senza un bidè né una doccia non è certo un benefico. L’energia elettrica definita gratis dal Senatore Divina penso che sia il minimo per umanizzare una pena. Paradossalmente, allo stesso modo, rispondiamo al Senatore Sergio Divina di consigliare al pensionato di vivere in un mondo libero piuttosto che in un luogo dove la dignità, spesso viene calpestata.

 

La redazione di Altrove

Napoli: la mamma imputata va nella gabbia con i figlioletti

 

La Repubblica, 18 febbraio 2007

 

Il più piccolo sta in braccio alla madre, la sorellina è in piedi, con le mani che stringono le sbarre. Sono tutti in gabbia, nell’aula della Corte d’Appello di Napoli dove la donna, una nomade slava, deve essere giudicata per evasione dagli arresti domiciliari. Un’immagine scioccante che Luca Troncone, uno degli avvocati presenti al momento del fatto, racconta così: "La madre e i due figli sono stati trasferiti dal carcere femminile come un normale detenuto.

Non si trattava di una mia assistita, da quel che mi hanno detto rispondeva di una semplice evasione ed era detenuta per furto. Dopo circa venti minuti, altri colleghi ed io ci siamo alzati e abbiamo chiesto al presidente di farli uscire dalla gabbia". Ma come è possibile che due bambini così piccoli possano essere stati rinchiusi dietro le sbarre insieme alla madre?

L’udienza si è celebrata giovedì scorso davanti all’ottava sezione penale della Corte d’Appello. Uno dei giudici a latere era Luigi Riello, esponente di primo piano della corrente di Unicost, fino al maggio scorso componente del Consiglio superiore della magistratura, che spiega: "La scena fa scalpore, non c’è dubbio.

Ma posso garantire che la permanenza in quella condizione della donna e dei bambini è durata lo spazio di qualche minuto, non certo venti. La traduzione degli imputati detenuti - sottolinea il magistrato - avviene dalle camere di sicurezza direttamente nella gabbia situata nell’aula e la Corte non era a conoscenza della presenza dei figli accanto alla madre.

La situazione ha lasciato profondamente sgomenti anche noi, infatti appena l’abbiamo vista è stata data disposizione dal presidente di aprire immediatamente la porta della gabbia e di farli accomodare sulla panca con l’assistenza di due poliziotte penitenziarie accanto al difensore". Quando una donna è detenuta insieme al figlio minore di 3 anni - spiegano gli addetti ai lavori - può chiedere di non essere separata dal bambino in occasione delle udienze.

Di norma questo non succede, i bimbi restano affidati alle vigilatrici d’infanzia che ne hanno cura durante la permanenza in carcere. Ciò nonostante la madre, se ritiene, può esercitare questo diritto e ottenere di non essere allontanata neanche per un attimo dal figlio. In questo caso, il detenuto va trasferito nel rispetto delle regole ordinarie di sicurezza. Ma certo, quell’immagine colpisce al cuore anche due magistrati di consumata esperienza come il procuratore generale di Napoli Vincenzo Galgano e il presidente del tribunale per i minorenni Stefano Trapani.

"In 46 anni di mestiere - commenta Galgano - è forse la prima volta in cui mi è capitato di vedere bambini rinchiusi in un ambiente con le sbarre. Anche al tempo in cui i trasferimenti si facevano ricorrendo a mezzi come le catenelle con i moschettoni, se veniva portata in aula una mamma con figli, si faceva in modo da non mettere in mostra la sua qualità di imputata priva della libertà".

A giudizio del procuratore generale, "verosimilmente si è trattato di una distrazione nella quale è incorso qualcuno, non mi sembra che possa essere collegata all’attività di chi presiedeva il dibattimento, infatti i giudici appena se ne sono resi conto hanno agito di conseguenza". Trapani commenta: "Sono in magistratura da decenni ma non ricordo di aver mai assistito a una scena simile, trovo che si tratti proprio di una situazione fuori dall’ordinario. Al di là delle norme, la tutela dei minori deve avere sempre il sopravvento".

Verona: il ministro Mastella in visita al carcere di Montorio

 

L’Arena di Verona, 18 febbraio 2007

 

La visita ufficiale del ministro della Giustizia Clemente Mastella ha fatto tappa ieri pomeriggio alla Casa circondariale di Montorio, che lo ha ricevuto con il picchetto d’onore degli agenti in alta uniforme, i mezzi d’ordinanza schierati nel cortile e due cani antidroga della polizia penitenziaria. Ad accompagnare il ministro all’interno della struttura, Oreste Velleca del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per il Triveneto, Fabrizio Cacciabue, direttore della casa circondariale di Rovigo e il nuovo commissario del carcere di Montorio, Paolo Presti.

La visita, colpa forse dei tempi ristretti a causa del ritardo accumulato durante la giornata, è stata breve, ma il bilancio fruttuoso e positivo. Al termine del giro, infatti, il ministro Mastella ha dichiarato che il ministero della Giustizia si farà carico di coprire le spese rimanenti per la realizzazione di un laboratorio di radiologia all’interno delle mura del penitenziario. "La Fondazione Cariverona ha già stanziato alcuni fondi per il progetto", ha affermato Mastella ieri pomeriggio, "ma il ministero coprirà le spese rimanenti per ultimare il reparto".

Molto soddisfatta per le dichiarazioni del ministro si è detta la responsabile dell’area sanitaria della casa penitenziaria, Gabriella Trenchi. "Gli spazi sono già predisposti e l’azienda ospedaliera ha dato la disponibilità a mandare un tecnico di laboratorio quando serve. Ogni mese sono almeno 20 i detenuti che devono essere accompagnati in ospedale per esami radiologici banali. Avere un reparto in grado di renderci autonomi in questo settore sarà un enorme risparmio di tempo, personale e risorse, oltre che una maggior garanzia di sicurezza", ha affermato la dottoressa Trenchi.

Sulla situazione generale della casa circondariale, che ospita oltre 500 detenuti, il ministro si è dichiarato complessivamente soddisfatto, anche se ha precisato che "la struttura va riaggiustata in alcuni settori e parzialmente rimodernata. Tra le prime modifiche da atturare, rendere a norma i bagni e le docce".

A salutare il ministro, nel cortile esterno della casa circondariale, non sono accorsi solo agenti in divisa, ma anche personalità che partecipano attivamente alla società interna del penitenziario, come il cappellano del carcere fra Beppe e Maurizio Ruzzenenti, presidente dell’associazione Carcere 663, che si occupa di intraprendere, con la collaborazione dei poliziotti, percorsi rieducativi e di recupero per i detenuti. Inoltre, di organizzare progetti di sensibilizzazione alla legalità con i giovani e gli studenti come il progetto Giovani e carcere.

Protagonista dei commenti dei poliziotti, durante l’attesa per l’arrivo del ministro che è slittato di oltre un’ora rispetto al programma, è stata la possibilità della sede autonoma della Corte d’appello al Campone. "Sarebbe una scelta opportuna e positiva. Snellirebbe il lavoro non solo nostro ma anche della Procura", ha spiegato l’ispettore capo della polizia penitenziaria Tonino Loi. "Verona geograficamente, inoltre, è in una posizione estremamente comoda e facilmente raggiungibile dalle altre province. Accompagnare a processo a Venezia i detenuti è disagevole, oltre che pericoloso, perché bisogna continuamente salire e scendere da mezzi diversi, non ultimi i vaporetti".

E del Campone ha parlato anche il ministro stesso che ha confermato l’intenzione di valutare seriamente la questione anche se, ha aggiunto, "la sede di Venezia va sicuramente riconfermata".

È saltata invece, a causa dei tempi ristretti, la visita al vicino asilo aziendale "Il castello delle fiabe", la struttura per l’infanzia aperta ai figli dei dipendenti del tribunale, della polizia penitenziaria e della caserma Duca, inaugurata lo scorso 5 febbraio.

Catanzaro: procuratore parla a studenti su tema della legalità

 

Quotidiano di Calabria, 18 febbraio 2007

 

Come spiegare ad un ragazzo di 13 anni qual è la via della legalità? Come indicare il miglior modo possibile per percorrerla? Torna, per la seconda volta, alla scuola media "Manzoni" (la prima vista risale a circa un anno fa) il sostituto procuratore della Repubblica, Luigi de Magistris. E ad accoglierlo, nell’aula teatro al primo piano del plesso di Pontegrande, una delegazione di studenti frequentanti la classe seconda e terza media del circolo didattico nonché la preside Antonietta Panzarella e un nutrito gruppo di docenti.

Una lezione "sui generis", di quelle che difficilmente i ragazzi dimenticheranno proprio per la sua fluidità, per il suo uscire fuori dalla didattica. Un botta e risposta tra i ragazzi e l’uomo di legge. Un dialogo che si è snodato in circa due ore, al quale i ragazzi hanno partecipato attivamente e senza mai mostrare alcun cenno di stanchezza.

Si parte con la violenza, vista in tutte le sue espressioni a cominciare dai fatti di Catania, per finire alla violenza sui minori condannata fermamente dal magistrato. E poi, come non parlare di bullismo a scuola? "Con i compagni bisognerebbe pensare solo a divertirsi" ha spiegato Luigi de Magistris non dimenticando di analizzare il problema in un contesto più generale e richiamandosi all’episodio di bullismo che ha visto protagonista un portatore di handicap - pensare a divertirsi.

Omertà, pene per chi va contro le regole, carcere e strutture riabilitative per minori, mafia, indulto, memoria storica e razzismo, disoccupazione, tra i temi trattati dal magistrato. Ed è proprio a proposito di lavoro che de Magistris ha spiegato che "compito dello Stato è quello di garantire un’occupazione a tutti". Perché, forse, si assisterebbe a meno violenza. Perché forse, se ci fosse più lavoro la gente sarebbe più contenta, appagata e viaggerebbe di più sui binari della legalità.

"Ciò che deve determinare il vostro percorso - ha sottolineato il magistrato - è la giustizia e la legalità ma anche ciò che è giusto secondo la vostra coscienza". Perché guardarsi allo specchio ogni mattina ed essere fieri di se stessi non è cosa di poco conto. Una lezione di legalità, ma anche una gran bella lezione di vita per chi alla vita si affaccia. Indicazioni su come affrontare i loro problemi, quelli dettati dall’età e non solo, come non cadere nelle tentazioni, quelle senza via d’uscita, con un occhio proiettato al futuro. Perché i giovani si sa, rappresentano il domani.

Napoli: lotta a criminalità; progetti di riforma e prospettive

 

Comunicato stampa, 18 febbraio 2007

 

Polizia Penitenziaria e Polizia di Stato -

Napoli, Maschio Angioino, Sala Carlo V -

 

Un nuovo progetto per la Sicurezza dei Cittadini non può prescindere dalla più ampia collaborazione tra le Forze di Polizia dello Stato direttamente o meno operanti sul territorio, in sinergia tra loro ed evitando nel contempo duplicazioni e sovrapposizioni che distolgono strumenti, uomini e mezzi essenziali al mantenimento della civile convivenza.

Soprattutto ai giorni nostri in cui le forme tradizionali dell’esecuzione penitenziaria tendono, necessariamente tenderanno, ad assumere la veste di sanzione penale di lunga durata esclusivamente per particolari tipologie di reato, e più numerosi saranno coloro che scontano una pena secondo strumenti latu sensu alternativi, diventa essenziale ridefinire, ovvero ristabilire secondo norma, il ruolo della Polizia Penitenziaria in stretta collaborazione ed in supporto alla Polizia di Stato, nelle fasi legate al controllo delle restrizioni esterne al carcere e nel produttivo reinserimento del condannato all’interno della società civile nonché nelle azioni di carattere preventivo-repressivo, soprattutto nelle Aree Metropolitane a maggior rischio quale quella Napoletana e, in generale, in tutte le realtà sul territorio nazionale in cui è indispensabile la conoscenza, per esperienza e per indagine, del tessuto criminale.

Una collaborazione ed un supporto oltremodo necessari per sciogliere i legami tra le associazioni facenti capo alla criminalità organizzata e/o all’eversione e le manovalanze dedite a piccoli reati per emarginazione e povertà e per spezzarne il circolo vizioso e senza termine strada - reato - carcere.

L’O.s.a.p.p. - Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria, il Li.Si.Po - Libero Sindacato Polizia di Stato, l’A.n.f.a.p. - Associazione Nazionale Funzionari Amministrazione Penitenziaria affronteranno tali tematiche in conferenza stampa il 19 febbraio 2007, alle ore 12.00 presso l’Antisala dei Baroni del Maschio Angioino in Napoli.

Teramo: spettacolo teatrale nel carcere per il carnevale

 

Il Messaggero, 18 febbraio 2007

 

Nell’ambito degli appuntamenti per il Carnevale 2007, una manifestazione assume particolare significato sociale. Si tratta di una rappresentazione teatrale che verrà proposta all’interno delle Carceri di Castrogno. Organizzato dalla Event Management, in collaborazione con il Comune di Teramo, lo spettacolo verrà rappresentato martedì 20 Febbraio, nel teatro delle carceri teramane; ne sarà protagonista "Vittorio il fenomeno", artista e comico reduce da una tournèe in Sudamerica e già ospite più volte delle trasmissioni televisive Buona Domenica e Le Jene.

Lo spettacolo avrà inizio alle 9.30 e probabilmente verrà replicato altre volte durante la mattinata; durante la giornata, inoltre, la Foodinvest, offrirà ai detenuti dolci e salati, anche qui grazie all’interessamento del Comune di Teramo e segnatamente del consigliere comunale Guido Campana.

Immigrazione: Fini; è folle chiudere i Cpt, si rischia l'invasione

 

Agi, 18 febbraio 2007

 

In un teatro gremito di pubblico Gianfranco Fini domenica 11 febbraio ha aperto la campagna elettorale a sostegno del sindaco uscente Giuseppe Emili. Tanti i temi toccati: dalle difficoltà della politica internazionale "all’insegna di una doppiezza che il governo di centrodestra aveva abbandonato" al problema della legalità: "in un Paese il cui governo sta in piedi con i voti di Caruso - ha spiegato - l’indulto suona come un insulto alle vittime della legalità. Il governo si caratterizza per l’aumento delle tasse e per l’aumento del consumo di droga. Ribadisco il mio fermo no alla libertà di drogarsi, sì invece alle sanzioni amministrative".

Per quanto riguarda l’immigrazione "non è possibile - ha continuato Fini - separare la solidarietà dalla legalità, due facce della stessa medaglia". Quanto all’ipotesi di chiusura dei centri di permanenza temporanei, Fini ha sottolineato che "è assolutamente folle, perché se l’Italia indebolisce il contrasto all’immigrazione, rischia una vera e propria invasione". "È necessario - ha detto ancora il leader di An - accettare i valori della nostra società, del nostro Paese, coniugare in una parola diritti e doveri. Infine l’invito agli elettori a sostenere Giuseppe Emili: "essere governati dalla sinistra è un lusso che gli italiani non si possono permettere. Le elezioni amministrative eleggono i sindaci ma se la maggioranza di governo riceve un messaggio negativo allora suona il campanello dell’ultimo giro per Prodi".

Droghe: seminario "Il proibizionismo continua a fare pena!"

 

Comunicato stampa, 18 febbraio 2007

 

Roma 23 - 24 febbraio 2007: Seminario e Assemblea Nazionale, un doppio appuntamento antiproibizionista ad un anno dall’entrata in vigore della legge Fini-Giovanardi.

 

Uno sguardo ai dati sull’attività dell’Autorità Giudiziaria dopo l’approvazione della legge Fini-Giovanardi. I dati forniti dal Ministero dell’Interno circa l’applicazione della legge 49 (legge Fini-Giovanardi) indicano un rilevante aumento delle segnalazioni all’Autorità Giudiziaria e degli arresti per detenzione di cannabis nel periodo maggio-ottobre 2006 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

La lettura comparata dei dati disponibili riferiti sia al periodo gennaio-ottobre 2005/2006 (andamento annuale) sia al periodo maggio-ottobre 2006 (nel quale è stata applicata la nuova normativa) evidenzia un incremento nel numero sia delle persone segnalate per possesso di cannabis e derivati sia di quelle arrestate.

In particolare nel periodo tra maggio - ottobre 2006 gli arresti per possesso di hashish, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente l’entrata in vigore della legge, sono aumentati del 10,1% , mentre quelli per possesso di marijuana addirittura del 63,9%, e quelli per possesso di piante intere di cannabis del 17,85%."

Questi dati sono diffusi dal Ministero della Salute insieme alla relazione a sostegno del decreto Turco che modifica la tabella quantitativa delle sostanze. Come era facile prevedere la situazione volge al peggio, interessando un numero sempre più vasto di consumatori, in particolare quelli più giovani. A fronte di quella lasciata intendere dalla legge, la vera emergenza sociale si sta rivelando, quindi, l’impatto della stessa sulla società, come antiproibizionisti, operatori del settore e commentatori più avveduti avevano denunciato.

A questo punto e in relazione ai propositi programmatici del governo Prodi, ci saremmo aspettati un’immediata abrogazione (promessa entro i primi 100 giorni dall’insediamento). Ma ad un anno dall’approvazione della legge siamo costretti a constatare non solo l’immobilità del nuovo governo ma anche la sostanziale continuità con quello precedente. Parti importanti della maggioranza danno la chiara impressione di condividere la logica ideologica e punitiva della Fini-Giovanardi al punto di cercare di far saltare anche quel timido abbozzo di riforma che era il decreto Turco sul raddoppio delle dose massima consentita di cannabis.

Come movimento antiproibizionista, abbiamo cercato in questi anni di estendere l’area di consenso contro il proibizionismo, anche attraverso la costituzione di cartelli di azione comune con soggetti istituzionali quali l’esperimento di ConFiniZero. Quell’esperienza ci sembra entrata in crisi almeno nella relazione con una parte dei nostri interlocutori ora al governo.

Diverso il discorso con quell’area più vasta che ha dimostrato la sua forza nella street di un anno fa e che vorremmo ancora con noi. Crediamo sia giunto il momento di ridare visibilità ed evidenza all’opposizione sociale diffusa, quell’opposizione reale fatta di milioni di persone, consumatori e non, che rivendicano il proprio diritto alla libertà di scelta contro l’ assurdità repressiva in atto.

Ogni giorno sono decine i più o meno giovani consumatori costretti ad avere a che fare con la repressione poliziesca; è urgente riaffermare la necessità di una politica ed una pratica antiproibizionista, e rilanciare una nuova stagione di lotte contro la legge Fini-Giovanardi e contro il governo Prodi che ne è, di fatto, l’esecutore.

Ci rendiamo conto di come l’abrogazione immediata di questa odiosa legge non sia l’unica rivendicazione disattesa da questi primi 6 mesi di governo di centro-sinistra, ma al pari di altri temi come i P.A.C.S, la chiusura dei CPT, un reddito garantito contro la precarietà, la mancanza di risposte da parte di questo governo denuncia un preoccupante arretramento politico e culturale sul piano dei diritti e delle libertà di scelta.

Vogliamo essere parte di un dissenso radicato in tutto il paese, sempre più evidente anche su altre questioni al centro di importanti mobilitazioni che ci vedranno impegnati per tutto il mese di marzo; riteniamo l’abrogazione della Bossi-Fini e la fine della precarietà momenti fondamentali di reintroduzione di elementi di giustizia nella società. Nella nostra battaglia antiproibizionista siamo però coscienti che l’uso di sostanze comporta spesso, anche se non necessariamente e non sempre, oltre ad un uso ludico anche aspetti problematici.

Per questo il nostro essere antiproibizionisti non può prescindere da un discorso di uso consapevole, di attenzione alle modalità del consumo, di informazione e prevenzione dei comportamenti a rischio nei luoghi del nostro agire sociale. Banchetti informativi, sportelli di assistenza legale e medica, pill testing, riduzione del danno sono diventate presenze e pratiche consuete negli spazi dell’aggregazione, nelle iniziative dei centri sociali e nelle feste illegali, grazie anche alla collaborazione costruita insieme a quella parte degli operatori sociali più sensibile a logiche antirepressive.

La cultura, la conoscenza, la corretta informazione ci sembrano come sempre la strada da percorrere; la repressione, il proibizionismo l’unico vero serial killer. Da anni ci battiamo contro le narcomafie e contro quel moltiplicatore dei loro affari che è il proibizionismo. Siamo sempre più convinti che le une perderebbero tutta la loro forza con la fine dell’altro. Ne siamo talmente convinti da ritenere che il non considerare questo nesso stringente sia una forma di connivenza della politica verso la criminalità. Tante sono le questioni su cui pensiamo si debba tornare a discutere: proponiamo un momento di confronto collettivo su questi temi, per un allargamento di questo movimento che si vuole di massa (M.D.M.A.) e verso la riapertura di una nuova fase del conflitto.

 

Università stupefacente

 

Da diversi anni pratichiamo all’interno delle nostre università la riappropriazione dei nostri diritti, che comincia anche e soprattutto sperimentando nuove forme di socialità; la socialità, e questo da sempre, porta con se stili e scelte di vita che devono essere liberi e autogestiti dal singolo.

Autoformazione, autogestione di seminari, riappropriazione di spazi e di tempi: è attraverso questi momenti sottratti alla frenesia dei ritmi di studio che cerchiamo di restituire agli studenti il diritto di abitare i propri luoghi, di viverli appieno. È tramite queste pratiche che tentiamo di scardinare il processo introdotto dalle ultime riforme (Berlinguer-Zecchino prima e Moratti poi) che segmenta i saperi assoggettandoli alle logiche del mercato, che precarizza la vita e attraverso il meccanismo dei crediti cerca di rendere quantificabile e produttivo il lavoro di studio e di ricerca.

Dalle rovine dell’università italiane c’è il bisogno di ripartire per sviluppare un nuovo modo di intendere la conoscenza ed il rapporto tra le discipline. La crisi dell’attuale modello universitario è anche nella separazione tra sapere legale e sapere illegale, tra ciò che può avere cittadinanza e quello che invece deve essere bandito, allontanato. La questione delle sostanze stupefacenti ci segnala con grande chiarezza come l’università impone limiti alla circolazione del sapere, chiudendo gli occhi di fronte ad un fenomeno che coinvolge in maniera sempre maggiore studenti e giovani.

Le accademie italiane prestano il fianco alle politiche proibizioniste di questo o quel governo di turno: dai laboratori chimici messi a disposizione delle forze dell’ordine per l’analisi delle sostanze sequestrate alla repressione all’interno degli spazi occupati nelle facoltà, dalla sperimentazione di nuovi dispositivi di controllo alla continua vigilanza esercitata dai commissariati delle università su chi, tra una lezione e l’altra, si ricava momenti di relax e socializzazione spesso accompagnati da una canna.

È proprio dalle accademie, in quanto luogo privilegiato di ricerca e sperimentazione, di produzione di conoscenza e di circolazione dei saperi, che si dovrebbe ripartire per sviluppare ragionamenti sul consumo di sostanze, soprattutto in relazione alla sua enorme e mutevole diffusione nella società globale e post-fordista.

Per questo, insieme a MDMA Roma, abbiamo deciso di organizzare per il 23 febbraio all’università una giornata di discussione sugli effetti del proibizionismo, e scegliamo di farlo proprio adesso perché la situazione nelle facoltà come nella metropoli si sta facendo sempre più pesante. Come dimostrato dai dati ministeriali la legge Fini sulle droghe continua a "fare effetto": migliaia di studenti, precari e consumatori vengono perseguitati penalmente per le loro scelte e questo appare ancora più preoccupante di fronte all’ottusità del governo Prodi che si ostina a praticare una politica proibizionista in piena continuità con il governo precedente.

Il giorno 24 febbraio, a seguito di questa giornata di approfondimento, abbiamo convocato un’assemblea pubblica e di movimento in cui le diverse realtà che praticano antiproibizionismo possano confrontarsi. Un momento da cui ripartire per opporci a questo governo con forza e determinazione, un momento per aprire una nuova fase di conflitto e per rilanciare la costruzione di una grande street antiproibizionista determinata e radicale.

 

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