Rassegna stampa 14 febbraio

 

Giustizia: verso un’autorità di garanzia per le carceri?

di Patrizio Gonnella (Presidente Associazione Antigone)

 

Aprile on-line, 14 febbraio 2007

 

La nascita della Commissione nazionale sui diritti umani è suggerita dalle Nazioni Unite. La nascita del Garante delle persone private della libertà è imposta dal Protocollo addizionale alla Convenzione Onu contro la tortura. L’Italia lo ha firmato ma non lo ha ancora ratificato. Due proposte di legge, una sulla Commissione sui diritti umani e l’altra sul Garante nei luoghi detentivi, sono state unificate in un unico disegno di legge, probabilmente per ragioni tecniche di tipo parlamentare. Ora siamo giunti finalmente alla discussione in Aula a Montecitorio.

La proposta di legge in discussione alla Camera vuole porre rimedio a questa duplice lacuna che il nostro paese si porta dietro da molti anni. Sono passati 10 anni da quando in un Convegno a Padova noi di Antigone proponevamo una riflessione sul Prison Ombudsman.

Nel frattempo la destra ha vinto le elezioni, è arrivato a via Arenula il ministro leghista Castelli, c’è stata la mattanza di Genova nel 2001, le carceri sono cadute nell’oblio, Castelli è tornato in Padania, l’Unione ha inserito nel suo programma la nascita del Garante delle persone detenute, c’è stato l’indulto, le carceri sono tornate nella legalità numerica.

In questi 10 anni abbiamo pubblicato ben quattro rapporti sulle condizioni di detenzione. Siamo stati definiti nel 2002 anarco - insurrezionalisti. Abbiamo visitato tutte le carceri italiane. Abbiamo potuto constatare che la magistratura di sorveglianza non esercitava più il proprio ruolo di controllore della legalità interna. Abbiamo potuto verificare che era - ed è - necessario trovare forme innovative di tutela dei diritti nei contesti di reclusione.

L’autorità di garanzia prevista nella proposta di legge, se dovesse essere istituita, avrebbe il compito di monitorare il rispetto dei diritti umani negli istituti penitenziari, negli ospedali psichiatrici giudiziari, negli istituti penali, nei centri per minori, negli enti convenzionati con il Ministero della giustizia che ospitano persone sottoposte a misure alternative alla detenzione, nelle camere di sicurezza presso caserme dei carabinieri e della guardia di finanza, nei commissariati di pubblica sicurezza e nei centri di permanenza temporanea e assistenza per stranieri. In tutti questi luoghi, la Commissione avrebbe accesso senza obbligo di preavviso né restrizioni. In caso di inadempienza da parte delle amministrazioni interessate da sue raccomandazioni, il Garante potrebbe rivolgersi, a seconda dei casi, alla magistratura di sorveglianza, al questore o al comandante provinciale dei Carabinieri, al comandante provinciale della Guardia di finanza, all’autorità giudiziaria competente.

Si tratta di una legge dal grande significato simbolico che va di pari passo con un’altra proposta di legge - già approvata dalla Camera e in discussione ora a Palazzo Madama - che riguarda l’introduzione nel codice penale del reato di tortura. La legislatura 2001-2006 iniziò con i fatti di Genova. In questa legislatura c’è il dovere di porre rimedio al disastro culturale posto in essere dalle destre al governo, c’è la necessità di dare un messaggio al paese: i diritti umani sono universali e come tali vanno tutelati.

Giustizia: minacce a Garante detenuti, la solidarietà dei politici

 

Asca, 14 febbraio 2007

 

Veltroni: condannare atto inaccettabile verso Marroni

 

"Il tentativo intimidatorio di cui è stato oggetto Angiolo Marroni, rappresenta un atto inaccettabile che va condannato con fermezza". Lo ha detto il sindaco di Roma Walter Veltroni. "Un fatto già gravissimo di per sé ma reso ancora più inaccettabile se perpetrato contro chi, come Angiolo Marroni, da anni dedica il proprio lavoro al dialogo, alla comprensione reciproca e all’affermazione dei diritti dei detenuti - ha aggiunto Veltroni -: a lui vanno la mia solidarietà e il mio sostegno affinché atti insensati di questo tipo non impediscano di continuare a svolgere un lavoro così prezioso per l’intera società".

 

Rodano: solidarietà a Marroni, passato non deve ritornare

 

"Desidero esprimere la più sentita solidarietà ad Angiolo Marroni per le vili intimidazioni che gli sono state rivolte. Si tratta di un fatto gravissimo, che riporta alla nostra memoria uno dei passaggi storici più dolorosi della vita del nostro Paese". Lo dichiara, in una nota, l’assessore alla Cultura, Spettacolo e Sport della Regione Lazio, Giulia Rodano. "È dovere di tutti i soggetti della vita civile - aggiunge - vigilare affinché questo passato non ritorni e la vita politica sia estranea ad ogni forma di violenza. "Sono certa - conclude Rodano - che il collega Marroni porterà avanti come sempre ha fatto il proprio ruolo di garanzia dei diritti dei detenuti, un compito che sta svolgendo con grande impegno e senso di responsabilità".

 

Marrazzo: solidarietà a Garante detenuti Marroni

 

"La lettera intimidatoria inviata al Garante regionale per i diritti dei detenuti, Angiolo Marroni, rappresenta un atto vergognoso e inaccettabile. L’ennesimo tentativo di mettere sotto scacco le istituzioni e i loro rappresentanti". È quanto si legge in una dichiarazione del Presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo. "Ad Angiolo Marroni, uomo che gode di unanime stima per l’impegno di una vita al servizio dei diritti dei detenuti - aggiunge Marrazzo - va la mia più completa solidarietà e quella della Giunta regionale, convinto che non saranno certo le minacce di individui incapaci di comprendere i valori democratici ad impedire lo svolgimento del suo prezioso lavoro".

 

Giacchetti: solidarietà ad Angiolo Marroni

 

"È paradossale che proprio lui, che ha speso il suo impegno politico a difesa dei diritti all’interno delle carceri, possa essere oggetto delle minacce brigatiste. Sono certo che Marroni andrà avanti nel suo prezioso lavoro, sostenuto da tutte le forze democratiche della regione". Roberto Giachetti, coordinatore della Margherita di Roma, esprime solidarietà al Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni, raggiunto da una lettera intimidatoria del Partito Comunista Combattente. "L’unica risposta al vergognoso ricatto dei terroristi - conclude Giacchetti - non può essere che di ferma condanna. Tutti noi non abbasseremo la guardia".

 

Brunato: colpita autorevole espressione garanzia, siamo frustrati

 

Apprendiamo dai giornali di oggi, con sconcerto e sgomento, della lettera di minacce fatta recapitare al Garante dei diritti dei detenuti della Regione Lazio, Avv. Angiolo Marroni, firmata con la stella a cinque punte delle Br e siglata Brigate rosse-Partito comunista combattente nucleo Galesi. Non solo non si comprende la ratio di queste sedicenti espressioni eversive, ma ancor più si è colti da un profondo senso di frustrazione se si pensa che a essere colpita è la più autorevole espressione di garanzia dei diritti di quanti - indipendentemente dal reato commesso - sono tutelati pur nella restrizione o limitazione della propria libertà. A tal fine si esprime la massima e più sincera solidarietà all’Avv. Marroni e allo staff che ne permette il suo lavoro quotidiano. I migliori saluti e un caloroso augurio di buon lavoro.

 

Maria Pia Brunato

Garante dei diritti delle persone

private della libertà personale

Comune di Torino

Giustizia: pm Antimafia; i trucchi dei boss per dare ordini fuori

 

Apcom, 14 febbraio 2007

 

Il regime carcerario duro per i mafiosi, il cosiddetto 41 bis, viene aggirato in tanti modi: qualche esempio significativo del modo in cui i boss detenuti comunicano con l’esterno lo ha fatto il Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. Si tratta, ha spiegato il Procuratore, di risultanze di indagini svolte.

"Riescono a comunicare - ha raccontato ai parlamentari della commissione antimafia durante la sua audizione - a voce facendo passare qualcuno sotto le finestre delle celle, attraverso biglietti passati con una cordicella tra una cella e l’altra, o lasciati dietro il termosifone delle docce. E ancora attraverso l’occultamento del messaggio in un panino al quale il detenuto dà un solo morso e che viene abbandonato nella gabbia degli imputati, dove poi viene ritirato da una persona di sua fiducia, oppure affidando le comunicazioni a personale sanitario o carcerario corrotto".

Un altro metodo classico citato da Grasso è "la simulazione di un grave stato di salute, da parte del detenuto, per ottenere il trasferimento in un centro clinico nel quale sia più facile comunicare con l’esterno". Infine, "i messaggi vengono scritti su un solo velo dei fazzolettini di carta, che viene poi cucito all’i9nterno dei vestiti ma è così sottile che non può essere individuato dai controlli, e viene spedito in pacchi a casa dei familiari del detenuto". Insomma, ha sottolineato il Procuratore antimafia, "nonostante le attenzioni che abbiamo i boss continuano a comunicare con l’esterno".

Giustizia: Previti; tribunale si riserva su affido a servizi sociali

 

Apcom, 14 febbraio 2007

 

Il tribunale di sorveglianza di Roma si è riservato sull’affidamento ai servizi sociali di Cesare Previti, così come richiesto dagli avvocati dell’ex ministro della difesa del primo governo di Silvio Berlusconi. Il procuratore generale Castaldo ha dato parere favorevole. Il giudice Laura Longo, che già concesse i domiciliari a Previti, ha 10 giorni di tempo per decidere, anche se l’ordinanza potrebbe essere già depositata entro la fine di questa settimana. Previti, che è stato condannato in via definitiva, nel maggio scorso, a 6 anni per la vicenda Imi-Sir, deve ancora scontare (grazie anche all’indulto) circa un anno e 7 mesi.

Roma: tentarono evasione da Regina Coeli, condannati in due

 

Apcom, 14 febbraio 2007

 

Finì a cinque centimetri dalla libertà il progetto di fuga di tre albanesi e un kosovaro, detenuti nel carcere di Regina Coeli. Oggi il giudice monocratico Anna Maria Pazienza ha emesso la sentenza su quel tentativo di evasione avvenuto nel carcere romano il 13 aprile del 2005. Due condanne, un’ assoluzione "perché il fatto non sussiste", ed uno stralcio nei confronti degli imputati.

Besnik Ibrahimi, kosovaro, è stato condannato a 9 mesi. Miran Gaka, albanese, a 6 mesi; cadute le accuse per Lucon Isufi, suo connazionale, difeso dall’avvocato Giovanni Cipollone. L’uomo si ruppe un ginocchio nel tentativo di sfuggire ad un arresto ed era, al momento dell’evasione, in infermeria. "Era completamente estraneo ai fatti", ha detto il legale. Processo "stralciato", infine, per Fatmir Qakai, albanese, che è detenuto per omicidio nel carcere francese di Aix en Provence.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti e dagli agenti della polizia penitenziaria, l’evasione doveva avvenire tramite un piccolo tunnel. Dopo aver scavato un cunicolo di 35 centimetri di altezza e 40 di profondità, sollevando un pietrone di oltre 70 centimetri di diametro, che faceva parte della vecchia struttura, il gruppo sarebbe potuta uscire dalla cella, nella sesta sezione del carcere, al secondo piano dell’edificio di via della Lungara. Per sollevare la pietra e scavare, i detenuti utilizzarono i fermi metallici delle finestre.

Il piccolo tunnel fu scoperto sotto uno dei due letti a castello, all’interno della cella. Lo scavo era stato nascosto sotto un cartone, incollato sul pavimento. In base a quanto verificato dagli investigatori mancava ancora poco per far cadere l’ultimo diaframma. Probabilmente, l’intenzione era quella di calarsi nei cortili interni e, da lì, tentare la fuga. Ma i controlli, avviati dopo una fuga dal carcere milanese di San Vittore, mandarono all’aria il progetto di libertà.

Roma: manifestazione dell'Associazione Vittime della violenza

 

La Padania, 14 febbraio 2007

 

Nella sala stampa di Montecitorio - i capigruppo della Lega Nord di Camera Roberto Maroni, del Senato Roberto Castelli, assieme all’onorevole Carolina Lussana - durante una conferenza stampa che ha seguito una manifestazione di piazza, si sono fatti portavoce delle richieste espresse dell’Associazione delle vittime della violenza, anche dando seguito a una direttiva comunitaria.

I parlamentari della Lega Nord hanno presentato e illustrato il testo di una mozione in cui si chiede, che "l’Italia, tra i pochissimi Paesi europei che non l’ha ancora fatto, dia piena attuazione alla direttiva, che è stata si ratificata, ma mai attuata". "Siamo di fronte a uno squilibrio che penalizza le vittime e i suoi parenti rispetto ai responsabili di questi gravissimi reati", ha detto Roberto Maroni.

"La direttiva risale al 2004, l’Italia ha contribuito a istituirla in ambito Ue quando eravamo al Governo. L’abbiamo recepita, ma adesso il Parlamento non si dota degli strumenti necessari per attuarla", ha detto Maroni. I cittadini, ha spiegato Roberto Castelli, "hanno sete di giustizia uguale per tutti e non di vendetta. È noto che noi della Lega siamo sempre stati dalla parte di Abele.

Anche l’indulto - ha lamentato l’ex Guardasigilli - ha fatto in modo che nel nostro sistema giudiziario non sia garantita la certezza della pena. Questa mozione punta a metter fine a una situazione al milite della incostituzionalità". Non si capisce, infatti, ha proseguito il senatore leghista, "la ragione per cui chi è vittima di reati di mafia percepisce un risarcimento e chi subisce un reato comune no. È necessario porre fine a queste differenze e imporre al Governo di impegnarsi a ratificare la convenzione europea che stabilisce il risarcimento anche alle vittime di reati di violenza".

Carolina Lussana ha ricordato che la procedura penale, anche in seguito al provvedimento dell’indulto appena approvato, "e che la Lega ha fortemente contrastato", riduce di molto le pene di chi si è macchiato di reati di sangue. "A furia di dimezzamenti di pena e riduzioni successive - ha commentato la parlamentare del Carroccio - finisce che in Italia un assassino torni libero dopo 10-12 anni di carcere". Non è escluso, ha aggiunto la Lussana, "che la Lega Nord decida di prendere l’iniziativa di promuovere un referendum con l’obiettivo di abolire l’indulto".

Castelli, rispondendo a una domanda sugli arresti dei nuovi esponenti delle Brigate rosse, ha sottolineato che "tenuto conto che li tenevano d’occhio da due anni e li hanno arrestati solo pochi giorni dalla manifestazione di Vicenza, un po’ di dietrologia è necessaria".

Secondo Castelli, infatti, esiste un "legame" tra l’arresto dei brigatisti e la manifestazione contro l’ampliamento della base americana di Vicenza. "Questa operazione contro le Br - ha sottolineato l’ex Guardasigilli - rappresenta un segnale forte e preciso alla sinistra. Un segnale che ora dovrebbe indurla a stare calma su Vicenza, a non forzare mano e a non creare problemi a un Governo che è in affanno sul piano interno e internazionale".

Per quanto riguarda la manifestazione che si è svolta in piazza Montecitorio, familiari e amici delle vittime della violenza e semplici cittadini hanno chiesto che i colpevoli di omicidio restino in carcere e che sia fatta giustizia, almeno non concedendo sconti di pena.

Grande accusato è l’indulto, definito con decisione una legge "vergognosa", un insulto per chi ha già sofferto e ha perso un proprio caro e poi vede uscire dopo pochi anni gli assassini dal carcere . I familiari delle vittime di atti violenti, costituitisi in associazione, hanno chiesto che lo Stato italiano non li lasci ancora soli, mortificati dal dolore e spesso dall’indigenza. E che dia finalmente attuazione alla direttiva europea che prevede la costituzione di un fondo nazionali per il risarcimento dei danni a favore di tutte le vittime che abbiano subito gravi atti di violenza.

Erano presenti, tra i familiari delle vittime di atti di violenza, la sorella di Rosaria Lopez, uccisa nella strage del Circeo; Loretta Micheloni, avvocato veronese di Paola Caio, madre di Monica da Boit, uccisa a calci e pugni, secondo l’accusa, dal convivente; Filomena Di Gennaro, ex maresciallo dei carabinieri che a soli 28 anni è stata ridotta a vivere su una sedia a rotelle dall’ex fidanzato che le ha sparato quattro colpi di pistola e che non ha mai ricevuto alcun risarcimento.

Tutti questi famigliari di vittime della criminalità hanno chiesto che almeno i colpevoli restino in carcere, altrimenti chiunque si sente legittimato a uccidere perché viene meno l’elemento deterrente della certezza della pena. Molti dei presenti alla manifestazione hanno preso la parola per rappresentare il proprio dolore non lenito e la rabbia per essere stati mortificati dal riconquistato stato di piena libertà dei carnefici.

Dai presenti sono state rivolte pesanti critiche verso il Guardasigilli Clemente Mastella, invitato a fornire spiegazioni sulla sua linea politica. L’ex ministro della Giustizia Castelli e il capogruppo alla Camera del Carroccio Maroni, oltre a Carolina Lussana e a Roberto Cota, hanno colloquiato a lungo con i manifestanti, fornendo delucidazioni e garantendo il proprio impegno per far sì che il Parlamento recepisca al più presto la direttiva comunitaria.

Pedofilia: dossier; nel 2006 abusi sessuali aumentati del 30%

 

Adnkronos, 14 febbraio 2007

 

Aumentati del 30% i casi di abusi sessuali nei confronti dei minori; è la denuncia dell’Associazione "Prometeo onlus" che lamenta, a fronte di un aumento esponenziale del reato, una scarsa punibilità dei pedofili. "Più bambini abusati. Più pedofili in liberta"‘, sostiene Massimiliano Frassi, presidente dell’associazione presentando un dettagliato report ricco di dati ufficiali che traccia un quadro negativo della tutela dell’infanzia nel nostro paese.

"In tutte le Procure d’Italia nei giorni scorsi - spiega l’associazione in una nota - si sono tenute le giornate per l’apertura dell’anno giudiziario, durante le quali sono stati dati i numeri reali, sui crimini commessi durante l’anno appena trascorso".

"Da una analisi degli stessi, comparata con i dati forniti dal ministero di Giustizia e dal Dipartimento anticrimine emerge che in Italia c’è stato un aumento esponenziale di atti di violenza nei confronti delle donne e che si sono registrati ben il 30% dei casi di abuso sessuali sui bambini in più, rispetto agli anni precedenti. Al pari di questo -prosegue Prometeo- si è mantenuta drammaticamente bassa l’età media delle vittime di abuso, che va così dagli zero ai cinque anni. Tra le Regioni più colpite la Lombardia, il Veneto, il Lazio e la Campania".

"Altri dati agghiaccianti - denuncia ancora il dossier - se pensiamo essere riferiti a dei bambini sono quelli riferiti ai bambini scomparsi, il 20% dei quali non viene più ritrovato e si sospetta possa essere finito nei giri delle reti pedopornografiche. Lo scorso anno sono state aperte circa 3.000 pratiche legate a minori scomparsi. Solo nel primo semestre del 2006 i siti, collettivi o individuali, pro-pedofilia hanno avuto un incremento del 300%".

"Un altro dato a dir poco agghiacciante - ha detto Massimiliano Frassi, presidente dell’Associazione Prometeo commentando i dati - è quello che emerge da uno studio fatto sui pedofili: su un campione scelto di ben 443 pedofili accertati, allo stato delle cose pare che il 67% pari quindi a 299 abusanti, sia rimasto in stato di libertà con l’aggravante di continuare a rimanere nella maggior parte dei casi a contatto diretto con i bambini".

In aumento anche i crimini legati alla pedofilia in internet, dove un sito pedopornografico se ritenuto "di buona qualità" produce un introito giornaliero di almeno 90mila euro, secondo una cifra fornita durante un recente convegno tenutosi a Cuneo presso l’ordine dei medici, dal Tommaso Pastore, dirigente responsabile della Squadra Mobile di Cuneo. Il costo medio di una foto pedopornografica spazia invece tra i 30 e i 100 euro. "Oggi i pedofili -continua Frassi- cercano fotografie sempre più raccapriccianti, chiedendo ai produttori di tale materiale un aumento delle violenze ed un abbassamento delle età delle vittime. Per questo non è più raro che si trovino anche dei neonati, tra le giovani vittime".

Un altro grave pericolo è rappresentato poi dalla navigazione in internet da parte dei più piccoli che iniziano ad utilizzare la rete fin dall’età di 7 anni. Sette bambini su dieci, denuncia ancora l’Associazione, navigano da soli senza alcun controllo da parte di adulti ed il 70% degli "agganci" da parte di pedofili avviene nelle Chat. Spesso dopo i primi messaggi segue anche un contatto diretto da parte del pedofilo che riesce a risalire all’abitazione del giovane, ad ottenere un incontro ed a far scattare l’abuso.

A proposito di nuove tecnologie, il rapporto dell’associazione denuncia anche un incremento, negli ultimi mesi, della vendita di video games con contenuti non adatti ai più piccoli, dove "l’empatia nei confronti del prossimo viene spazzata via a favore di un pericoloso nichilismo". Videogiochi, sottolinea Frassi, dove si invita a "uccidere i poliziotti, pestare i compagni di classe, far violenza agli animali, seviziare le ragazzine" sono normalmente acquistabili anche nel nostro paese. E ancora, ricorda Prometeo, nel mondo, secondo un report dell’Onu ogni anno si stima essere violentate 150 milioni di bambine.

Particolarmente shockante il fatto che in molti paesi l’abuso "sia socialmente accetto o persino legale". Per questo il segretario generale Kofi Annan ha suggerito ad ogni paese di adottare "drastiche misure di contrasto a tale turpe fenomeno". A tal riguardo l’Italia persiste ad essere uno dei paesi a "massima esportazione" di turisti sessuali. Al fianco delle mete oramai consolidate in tal senso, in primis Romania e Thailandia, oggi si presentano nuovi territori dove andare a "caccia di bambini". Tra questi l’Ungheria, che ha nel 2006 ha visto triplicati i reati di abusi a danno di minori o il Kenya dove esistono circa 15mila bimbi di strada vittima di violenza.

L’elenco delle violenze cui sono sottoposti i minori non si ferma. "Nell’Europa orientale -prosegue il documento dell’associazione Prometeo - ancora oggi ci sono 1.500.000 bambini che vivono fuori dalla famiglia, 900mila dei quali sono rinchiusi in istituti, spesso in condizioni ai limiti della sopravvivenza. Solamente lo scorso anno in Romania sono stati abbandonati in strada circa 9.000 bambini. Molti sono stati poi arrestati dalla polizia e rinchiusi in manicomi, facendo loro condividere gli spazi insieme a malati di mente adulti".

Quando il reato non è consumato all’estero, dall’estero vengono portate le vittime. Solo a Milano sono, in una zona tristemente nota, almeno 500 i baby prostituti della Romania, sfruttati a tale fine. Restando in Italia, sono oramai ridotti ad una percentuale bassissima i casi di cosiddetti "falsi abusi", che oggi si avvicinano intorno allo 0,5 %. Percentuale riferita specialmente a quei casi in cui adolescenti, o pre-adolescenti affermano di aver subito attenzione da parte di adulti, salvo poi in sede di colloquio venire smentite dai fatti.

In realtà, denuncia ancora Frassi, il più delle volte il pedofilo tende a farla franca in Tribunale per insufficienza di prove ed a far così passare la vittima per quello che non è. Soffermandoci su questo aspetto è interessante notare come, secondo dati nazionali, il 50% degli adulti che hanno problemi di disturbi alimentari, soprattutto di anoressia, hanno subito abusi sessuali durante l’infanzia senza ricevere il necessario aiuto.

Ultimo dato, in questo quadro, prosegue il dossier dell’Associazione, l’aumento di sette pseudo religiose o di tipo satanico, che rivolgono sempre di più la propria attenzione ai giovani.

Giovani come partecipanti delle stesse, o giovanissimi come vittime per i propri rituali. Un’indagine svolta dall’Asl di Varese, insieme alla Provincia, su un campione di 561 studenti ha rilevato che il 12,5% degli stessi aveva subito abusi sessuali durante l’infanzia, facendo così parlare di "epidemia silenziosa": tali dati potrebbero essere in difetto dato che il 3% dei ragazzi intervistati tramite questionari anonimi, a tale domanda ha siglato la risposta "preferisco non rispondere".

Davanti a questi casi di "infanzia violata" conclude l’Associazione Prometeo, emerge la necessità di un intervento sempre più coordinato tra le varie forze in campo, col fine di tutelare, di più e meglio, i bambini, in una società che pare aver oramai abdicato a tale ruolo.

Immigrazione: Bologna; servizio di consulenza legale nel Cpt

 

Apcom, 14 febbraio 2007

 

Il Comune di Bologna potenzia lo sportello informativo e di consulenza legale all’interno del Cpt. Allo stesso tempo fa pressione al Governo affinché si arrivi in tempi brevi all’abrogazione della legge Bossi-Fini sull’immigrazione, che consentirebbe la chiusura o almeno il superamento dei Centri di permanenza degli stranieri non regolari.

Questa mattina, nel corso della presentazione dei nuovi servizi già presenti nella struttura di via Mattei (all’interno della quale sono presenti al momento 44 uomini e 16 donne), il vicesindaco Adriana Scaramuzzino prende le distanze da chi, anche all’interno della stessa maggioranza di centrosinistra, vorrebbe la chiusura immediata dei Cpt.

"Il Comune - spiega - non si può sostituire allo Stato, nonostante abbia la possibilità di fare regolamenti proprio a livello locale. Sarei prudente nel dire che l’amministrazione possa decidere di smantellare il Cpt. Al tempo stesso credo che ci si debba avviare verso il superamento delle strutture così come sono state interpretate dalla legge Bossi-Fini".

Per il vicesindaco non è sufficiente chiudere le porte del Cpt: "Il cambiamento normativo che si è ormai reso necessario - insiste - deve essere preparato da diverse organizzazioni locali. All’interno dei Cpt sono presenti diverse persone con problematiche differenti, dalle ragazze sottratte alla tratta della prostituzione a chi non è in regola con il permesso di soggiorno. Dobbiamo potenziare i servizi sociali del nostro Comune, e creare le opportunità per ospitare le persone che verranno rilasciate". Grazie ad un investimento dell’amministrazione comunale, a partire dai prossimi giorni verrà potenziato lo sportello informativo all’interno del Centro di via Mattei, in collaborazione con la Prefettura di Bologna, anche grazie alla presenza di operatori qualificati, dai mediatori culturali ai volontari, dai consulenti legali ai sindacalisti.

Droghe: Burani (Fi); non dimentichiamoci dell’emergenza eroina

 

Notiziario Aduc, 14 febbraio 2007

 

"Dai tossicodipendenti morti a Cosenza alla signora di Milano uccisa dal figlio per una dose, l’eroina continua a mietere morti nell’indifferenza, mentre il dibattito sembra troppo bloccato fra la cocaina borghese e la marijuana proletaria". Lo afferma in una nota Maria Burani Procaccini, responsabile nazionale del dipartimento famiglia e minori di Forza Italia. Burani sottolinea come "sembra di essere agli inizi degli anni ottanta, con un’avanzata forte della dipendenza da eroina e con nuovi e pericolosi tagli". La Burani chiede "una riflessione seria che parta dalla consapevolezza di dover verificare i reali servizi esistenti sul territorio, la loro agibilità, la capacità di recupero".

La Burani chiede inoltre ai ministri "Turco ed Amato di voler predisporre un piano di interventi in emergenza ed in programmazione, che parta anche dalla modifica dei Ser.T. e dal loro potenziamento preventivo e di recupero. Siamo veramente in uno stato drammatico e dobbiamo rendercene conto prima che ci sia una nuova avanzata di morti".

Droghe: Barra (Cri); operatori dipendenze senza stipendio

 

Notiziario Aduc, 14 febbraio 2007

 

"Voglio fare un appello alle Istituzioni: facciamo funzionare bene i centri antidroga". E quanto ha detto il Presidente Nazionale della CRI, Massimo Barra, intervenendo oggi alla trasmissione di Raitre. "Le istituzioni operano continui tagli ai bilanci destinati a tali problematiche. Gli operatori di Villa Maraini, ad esempio, non hanno preso lo stipendio a gennaio e molto probabilmente non lo riceveranno neanche a febbraio. Il problema è che ai politici i tossicodipendenti non interessano. Il drogato è un vuoto a perdere: non porta voti, non porta soldi, porta solo disperazione e malessere. La verità è che la droga non interessa a nessuno, solo a chi questi problemi li ha in casa".

Belgio: parte la distribuzione controllata di "eroina medica"

 

Notiziario Aduc, 14 febbraio 2007

 

Dopo la Germania, la Spagna e la Svizzera anche il Belgio tenta la strada della distribuzione controllata di eroina, per cercare di aiutare i tossicomani ad uscire dalla spirale della droga e curarli. A Liegi infatti il prossimo autunno partirà un progetto pilota, destinato a 100 tossicodipendenti (a cui sarà affiancato come campione di controllo un gruppo di 100 persone trattate con metadone) cui sarà distribuita gratuitamente eroina "medica", la diacetilmorfina. Un modo, anzitutto, per rompere la terribile routine quotidiana della caccia al denaro per comprarsi la polvere bianca e poi ricominciare daccapo non appena consumata la dose.

In cambio, però, i tossicomani coinvolti nel test dovranno accettare condizioni ben precise: dovranno accettare tre visite al giorno, sette giorni su sette, con valutazioni sociali, fisiche e psicologiche regolari. Il test durerà tre anni, se i risultati saranno incoraggianti sarà esteso ad altre città belghe. Il sindaco di Liegi Willy Demeyer ha difeso a spada tratta l’esperimento. "Il test è frutto di matura riflessione - ha detto, riferendosi al fatto che della questione si discute da 10 anni - il suo obiettivo primo è la sanità pubblica. Se ciò risolverà anche problemi di sicurezza, sarà un effetto benefico collaterale".

Dal canto suo, il ministro della Sanità Rudy Demotte ha respinto al mittente le accuse di quanti parlano di permissivismo. "Ma per carità, al contrario il progetto moltiplica i controlli e gli obblighi e consente di affrontare il nocciolo duro" della tossicodipendenza.

"L’obiettivo - gli ha fatto eco il ministro della Giustizia Laurette Onkelinx - non è di mantenere la tossicodipendenza, ma che alla fine i candidati si orientino verso l’astinenza o il trattamento con un prodotto sostitutivo". Il costo complessivo dell’esperimento è di 3,3 milioni di euro finanziati in massima parte dal ministero della Sanità di Bruxelles.

 

Per invio materiali e informazioni sul notiziario
Ufficio Stampa - Centro Studi di Ristretti Orizzonti
Via Citolo da Perugia n° 35 - 35138 - Padova
Tel. e fax 049.8712059 - Cell: 3490788637
E-mail: redazione@ristretti.it
 

 

 

 

 

Precedente Home Su Successiva