Rassegna stampa 30 aprile

 

Quali cambiamenti nel servizio sociale della giustizia

Intervista ad Anna Muschitiello, Segretaria Nazionale del Casg

 

Assistenti Sociali, aprile 2007

 

Intervista ad Anna Muschitiello, assistente sociale specialista e Segretaria Nazionale del Coordinamento Assistenti Sociali della Giustizia (Casg).

 

Cosa sta accadendo nel vostro settore e perché siete preoccupati?

Nel 2005 è stata approvata una legge, la cosiddetta "legge Meduri" n. 154/2006, che ha segnato un passaggio storico all’interno del mondo penitenziario e del servizio sociale penitenziario. In particolare è stato modificato l’art. 72 della legge 354/75 che istituiva il servizio allora denominato Centro Servizio Sociale Adulti (Cssa); oggi il nome è stato modificato in Ufficio Esecuzione Penale Esterna (Uepe) e come avevamo abbondantemente previsto questo fatto ha sicuramente segnato l’inizio di un cambiamento sostanziale della natura di tali uffici. Ritenevamo e oggi abbiamo, purtroppo, la piena conferma che avevamo ragione! È stato estremamente grave far sparire dall’ordinamento penitenziario ogni riferimento al servizio sociale.

Cambiamento che oggi si sta già delineando con più chiarezza tanto che l’attuale Ministro Mastella, in occasione dell’ultima festa del corpo della polizia penitenziaria il 4 ottobre scorso, ha annunciato la opportunità di rafforzare l’area penale esterna con l’utilizzo nel controllo delle misure alternative alla detenzione della polizia penitenziaria e la costituzione di commissariati della Pol. Pen. sul territorio, non accennando minimamente all’esistenza di operatori e professionisti: gli assistenti sociali, che quell’area penale esterna hanno costruito e gestito per trent’anni con poche risorse umane e materiali, raggiungendo anche buoni risultati come tutte le statistiche confermano. Il Casg aveva fortemente contrastato l’approvazione di quella legge e aveva trovato il pieno appoggio dell’Ordine nazionale e in particolare dell’allora presidente P. Rossi, che aveva ben intuito i rischi che si correvano.

Le azioni all’epoca tentate dall’Ordine nazionale furono diverse e forti, tra le altre, un’audizione presso la commissione parlamentare che discuteva il provvedimento, anche se purtroppo non servirono a centrare l’obiettivo di evitare la modifica dell’art. 72. C’è da dire che la cosa più inquietante è che lo stesso Consiglio nazionale dovette subire una forte opposizione all’interno della professione da parte di un piccolo gruppo di assistenti sociali della giustizia che aspiravano con quella stessa legge a diventare dirigenti. Cosa che nei fatti si è realizzata, lasciandoci però anche un servizio: l’Uepe, che sta perdendo la caratterizzazione di un servizio sociale (riteniamo, infatti, che non era un caso se si chiamava Cssa).

 

Quali iniziative vi attendete dagli Ordini regionali e da quello nazionale?

Auspichiamo che presto gli ordini aprano un dibattito serio e approfondito sul futuro del servizio sociale in questo settore, facendosi garanti della tutela della nostra professione presso gli organi istituzionali, oltre a partecipare attivamente alla costruzione e alle scelte sulle politiche sociali e penali. Ci aspettiamo che l’ordine non si sottragga al proprio ruolo che è anche quello di elaborare un proprio pensiero sull’esercizio della professione in un contesto istituzionale così rilevante come quello della giustizia.

 

Il Casg ha un’idea di come potrà essere in futuro organizzato un servizio come l’Uepe?

Il Casg si sta da tempo interrogando su come sarà possibile esercitare la professione di assistente sociale all’interno di questi uffici rinnovati, anche se la loro nuova identità non è ancora molta chiara e definita. Riteniamo però di poter dare un nostro contributo per definire questi nuovi servizi, non è, infatti, la prima volta che il Casg ha contribuito con i propri argomenti, introdotti nel dibattito professionale e politico, attraverso i convegni o i documenti elaborati, a farli diventare punti all’ordine del giorno dell’intero settore. Per questo abbiamo organizzato il nostro VII° convegno, che si è tenuto a Pescara nei giorni 30 e 31 marzo con il titolo: "Dal Penale al sociale: quale giustizia, quale pena e quali servizi?".

 

Perché un titolo così ampio per un convegno che vuole affrontare l’organizzazione di un servizio?

Riteniamo importante intervenire nel dibattito sulla riforma del codice penale, che è ritenuto dall’attuale Governo, ma anche da numerose autorità istituzionali, compreso il Presidente della Repubblica G. Napolitano, uno strumento per affrontare i numerosi problemi che affliggono la giustizia italiana. Interveniamo nel dibattito per essere protagonisti come professionisti assistenti sociali, alla pari delle altre professioni, per individuare il possibile ruolo del servizio sociale, all’interno di nuovi scenari per il sistema penale e sanzionatorio; un dibattito già avviato dal Casg nel IV° convegno tenutosi a Sarzana nel 2000.

Vogliamo far scaturire dal dibattito idee e proposte organizzative per il servizio sociale della giustizia, coerenti con le scelte politiche di riforma, e il rapporto che questo deve avere con i servizi sociali territoriali pubblici e privati, nonché con le agenzie, presenti sul territorio, preposte al controllo e alla sicurezza dei cittadini. Inoltre, vogliamo sviluppare, con l’aiuto di altre professionalità, quali sociologi, giuristi, esperti di organizzazione, etc., un’analisi approfondita di quanto è avvenuto in questi anni nel settore penale/penitenziario e sociale.

In particolare vogliamo affrontare gli argomenti relativi alle riforme che, sia in ambito penale sia in quello sociale, stanno emergendo in questo periodo, per individuare quali politiche per un nuovo welfare e quali le alternative possibili; quali politiche di sicurezza sul territorio e quali politiche penali all’area dell’esecuzione penale esterna e a cosa ha significato il passaggio dai Cssa agli Uepe. In particolare, relativamente ad una diversa organizzazione dei servizi, ci interessa mettere a confronto i diversi modelli organizzativi oggi proposti o in via di definizione e le culture che sottendono a ciascun modello, nella convinzione che non esiste una forma organizzativa neutra, ma attraverso ciascun modello passa una diversa cultura e idea di giustizia e di democrazia.

Genova: Mastella; al via la costruzione di due nuove carceri

 

Secolo XIX, 30 aprile 2007

 

Clemente Mastella incorona Vittorio Traverso segretario regionale dell’Udeur al congresso di ieri. E nella sua visita a Genova, in veste di ministro, annuncia due pesanti interventi del governo che potrebbero configurarsi già a giugno: un carcere minorile e un nuovo carcere cittadino anche in sostituzione a quello di Marassi. Del primo ne ha parlato con il presidente del Tribunale dei Minorenni Adriano Sansa e potrebbe sorgere in tempi ristretti a Campi, del secondo con la candidata sindaco dell’Unione Marta Vincenzi. Ma nei piani di Mastella resta la vera e propria "cittadella della giustizia" a Forte Ratti. Vincenzi è d’accordo.

Proprio Vincenzi, varcati i cancelli della Curia genovese con Mastella e attesa in anticamera la fine dell’incontro tra il ministro e il presidente della Cei Angelo Bagnasco, è stata a sua volta ricevuta. Per entrambi, visita privata, con pochi particolari svelati ai giornalisti. Mastella ha raccontato di aver trovato sereno l’arcivescovo, Vincenzi si è limitata solo a sorridere all’uscita da Matteotti. I due, per altro, hanno pranzato insieme allo Starhotel, presente anche il candidato presidente della Provincia (sempre dell’Unione) Alessandro Repetto. Insomma, un patto forte tra l’Udeur e il resto della coalizione, che supera anche lo stallo che si era creato nel centrosinistra sui temi della famiglia (a proposito: il ministro andrà regolarmente al Family Day, "ma con la mia famiglia, non starò nel recinto delle autorità"). Vincenzi incassa il piano Marassi: "Avremo un progetto complessivo sulle carceri". Via al congresso Udeur, con la conferma di Traverso. Mastella attacca: "La legge elettorale? È Bossi ad aver fatto le corna a Silvio incontrando Prodi. Gli esponenti dell’Unione che firmano il referendum? Attenti a non fare lo sgambetto al governo".

Sappe: comunicato su costruzione carcere minorile a Genova

 

Ansa, 30 aprile 2007

 

"Realizzare un carcere minorile a Genova è certamente un argomento da affrontare con celerità, ma una delle priorità di oggi della Giustizia genovese è il necessario incremento del Personale di Polizia Penitenziaria che lavora nella Casa Circondariale di Marassi con almeno 50 agenti ex ausiliari che a breve saranno inviati a frequentare un mese di corso di formazione. "

È il commento di Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe (il più rappresentativo della Categoria con 12mila iscritti) alle dichiarazioni odierne del Ministro della Giustizia Clemente Mastella che, a Genova, ha parlato di edificare un penitenziario per minorenni nel capoluogo ligure.

"Il Guardasigilli Mastella sa bene che un carcere non si costruisce in quattro e quattr’otto: servono soldi, poliziotti penitenziari e personale amministrativo e, soprattutto, tempo. Ben venga un carcere minorile a Genova, ma solo se c’è il personale per farlo funzionare altrimenti creiamo cattedrali nel deserto che non servono a nulla. Già avevamo un carcere minorile a Genova (zona Mura degli Angeli) ma, nonostante i miliardi dei contribuenti spesi, è stato chiuso e i poliziotti penitenziari che vi facevano servizio destinati a fare servizio altrove. Sarebbe bello che il Ministro della Giustizia Mastella facesse un inchiesta ministeriale sul perché ciò è avvenuto, individuando soprattutto le responsabilità...".

Osapp: manifestazione di protesta indetta per il 10 maggio

 

Comunicato Osapp, 30 aprile 2007

 

 

Oggetto: Procedure inerenti la programmazione dell’assegnazione dei Vice Ispettori di cui al concorso a n. 526 posti in ambito nazionale. Piattaforma dell’Amministrazione e incomprensibili ritardi - Stato di Agitazione e Manifestazione nazionale di protesta il 10 maggio 2007.

In esito alla nota che si riscontra e di seguito a precorsa corrispondenza, di cui ultima l’atto n. 7178/7K7/S.G. del 16 aprile u.s. l’Osapp, pur ringraziando per la tempestività del riscontro fornito non può non evidenziare che a circa un anno dalla conclusione del corso per i 526 Vice Ispettori in oggetto, benché non vi siano responsabilità negli attuali Vertici del Dipartimento, non appaiono assolutamente giustificabili ulteriori ritardi nella comunicazione delle determinazioni adottate, peraltro dopo in seno a codesto Dipartimento era stata dapprima intrapresa ed immediatamente un’iniziativa intesa a conoscere le preferenze degli interessati.

Non caso, inoltre, l’Osapp ha più volte evidenziato motivatamente che le uniche determinazioni, da assumersi con urgenza, in ragione della reiterata situazione di incertezza non potevano che riguardare il mantenimento nelle sedi di coloro che, promossi Vice Ispettori e restituiti agli istituti di provenienza a fine corso, ormai da svariati mesi esercitano utilmente per il Corpo e per le Finalità Istituzionali, le funzioni attinenti il Ruolo di appartenenza, nonché la valutazione delle preferenze di coloro che, alla fine del medesimo corso, anche e se del caso perché utilmente collocati nella relativa graduatoria, aspiravano a raggiungere una sede diversa dall’attuale.

Altrettanto appariva ed appare tuttora utile aggiungere che rispetto alle previsioni iniziali e che avevano determinato l’individuazione ben 5 anni fa delle dotazioni organiche del ruolo degli Ispettori per ciascun istituto e servizio penitenziario, su cui erano stati determinati gli incrementi relativi al concorso per il predetto Personale, le condizioni oggettive dell’Amministrazione sono mutate integralmente, ad esempio, in relazione al diminuito numero di soggetti detenuti e alla realizzazione di nuovi istituti e/o sezioni detentive e persino alla chiusura di alcune infrastrutture penitenziarie, tanto da consentire, come peraltro specificato nel bando di concorso, una valutazione diversa, maggiormente attuale e soprattutto avulsa da qualsiasi mobilità "coatta" degli interessati.

L’Osapp, quindi, permane nella propria più assoluta non condivisione dell’ulteriore ritardo per quella che appare da tempo un’iniziativa agevole e nelle possibilità di codesta Amministrazione, tenuto ulteriormente conto che, qualora l’ulteriore periodo di cui codesta Amministrazione risulterebbe avere bisogno, possa essere connesso alle procedure per la mobilità a domanda del Personale del Ruolo degli Ispettori in relazione all’interpello nazionale 2006, si sarebbe dovuto tener presente:

- che la mobilità a domanda del Personale già appartenente al Ruolo degli Ispettori in base alla graduatoria per i trasferimenti 2006, era ed è del tutto ininfluente rispetto all’assegnazione definitiva dei 526 Vice Ispettori, se non in rari casi e per eventuali trasferimenti che l’Amministrazione avrebbe potuto valutare acquisendo le istanze o preferenze di sede di questi ultimi;

- che proprio la mancata acquisizione delle disponibilità al trasferimento o al mantenimento della sede attuale dei predetti 526 Vice Ispettori da parte di codesta Amministrazione depone a sfavore di una effettiva volontà di risolvere definitivamente il problema;

- che già in base alla graduatoria provvisoria per la mobilità a domanda del 2006, relativa al Ruolo degli Ispettori, infatti, codesta Amministrazione avrebbe potuto da tempo effettuare le necessarie "proiezioni" utili alla predisposizione di una piattaforma urgente da sottoporre al definitivo esame delle OO.SS.;

- che l’eventuale attesa di una graduatoria definitiva, in vigore dal prossimo mese di luglio, prolungherebbe oltremodo qualsiasi pur urgente adempimento, almeno al prossimo mese di settembre.

In ordine a quanto sopra, stante una situazione, come detto, del tutto inaccettabile, l’Osapp conferma lo Stato di Agitazione nazionale del Personale contro la mancata definitiva assegnazione dei 526 Vice Ispettori e comunica che, qualora non si provveda ad un’adeguata definizione del problema previa adeguata preventiva informazione, antro il corrente mese di aprile, da parte dei competenti Organi di codesta Amministrazione, per una sollecita individuazione di pertinenti iniziative, quale primo concreto segnale di dissenso questa O.S. terrà una manifestazione - sit in nazionale di protesta innanzi la sede del Dipartimento il giorno 10 maggio p.v.. In attesa, pertanto, di cortese e quanto mai sollecito riscontro, si inviano distinti saluti.

 

Segreteria Generale Osapp

Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria

Savona: nuovo carcere a rischio, intervengano gli enti locali

 

Ansa, 30 aprile 2007

 

Potrebbe diventare una nuova cattedrale nel deserto il nuovo carcere di Savona che dovrebbe essere costruito in località Passeggi, tra Savona e Quiliano, dopo un continuo rinvio sull’inizio dell’opera. È quanto emerge dalla risposta del Ministro Clemente Mastella all’interrogazione parlamentare del deputato di Rifondazione Comunista Sergio Olivieri: assicurato il finanziamento solo per il primo lotto di lavori, che dovrebbero partire entro la fine dell’anno per completarsi in un paio di anni, ma se, come la situazione attuale dimostra, non ci saranno i finanziamenti governativi previsti per l’intera nuova struttura carceraria, ecco che potrebbe sorgere a Savona un’altra opera incompiuta. Il Ministro ha inoltre ribadito che non c’è la possibilità di ulteriori interventi strutturali nell’attuale carcere di Sant’Agostino, "quello che si poteva fare è già stato fatto…", con la possibilità di altri dirottamenti a Imperia in caso di sovraffollamento.

Intanto da Rifondazione annunciano battaglia sia sul nuovo carcere che sulle condizioni del Sant’Agostino, e chiedono l’intervento di Comune e Provincia per sbrogliare lo stanziamento dei fondi per il nuovo carcere. Inoltre, in vista del caldo e dell’umidità della stagione estiva, Rifondazione sollecita la direzione carceraria anche per l’apertura dei blindi esterni alle carceri.

Larino: un nuovo riconoscimento per gli studenti-detenuti

 

Il Tempo, 30 aprile 2007

 

Ennesimo riconoscimento per gli studenti-detenuti del carcere di Larino. I ragazzi iscritti all’Itis "E. Majorana" di Termoli hanno infatti ottenuto un significativo primo premio al concorso nazionale "Primi in sicurezza", promosso da Rossini Trading ed Anmil, patrocinato anche dalla Commissione europea, dalla Presidenza del Consiglio e dalla regione Lombardia. Il progetto presentato alla manifestazione, coordinato dalla professoressa Italia Martusciello, è nato dalla constatazione che la società ogni giorno ci mette di fronte a fatti di cronaca che evidenziano lavoro nero, carenza di ispezioni, subappalti, inosservanza delle misure di prevenzione, infortuni, diffusione del lavoro sommerso, inadempienze in materia di prevenzione e nel peggiore dei casi anche delle morti. L’opera realizzata è intitolata "Il lavoro nobilita l’uomo…quasi sempre".

Alessandria: la lite tra disperati finisce con un omicidio

 

Secolo XIX, 30 aprile 2007

 

Sabato di morte nei giardini davanti alla stazione ferroviaria. Una lite tra disperati che vivono ai margini, perdendosi nell’ennesima bottiglia di birra di pessima qualità comprata al bar dei cinesi dove costa poco, è finita in omicidio. Vittorio Franzoi, 43 anni, residente ad Alessandria, in via Mazzini, qualche guaio in passato con la giustizia per furti, rapine, scippi, droga, uscito dal carcere nell’agosto scorso grazie all’indulto, è stato ucciso da un cittadino straniero di nazionalità bosniaca.

Choc emorragico e profonda ferita laterale al collo riporta il referto di morte redatto dal medico legale. A provocarli un colpo violento inferto sulla testa con una bottiglia che si è spaccata e ha reciso la vena giugulare. L’uomo si alza dal bordo della fontana asciutta, piena di rifiuti e vetri rotti, dove è seduto a mangiare un pezzo di pizza al trancio, fa pochi metri e cade a terra in una pozza di sangue.

Dato immediatamente l’allarme da chi ha assistito al diverbio, interviene il personale medico del 118 che cerca ripetutamente di rianimarlo, la corsa disperata all’ospedale dove però Franzoi muore appena arrivato.

Da sabato sera è caccia serrata, estesa anche a Liguria, Lombardia ed Emilia Romagna, all’aggressore che si è allontanato dalla fontana a piedi. Qualcuno lo ha notato camminare in direzione di piazza Garibaldi. Carabinieri e squadra mobile sono sulle sue tracce; stanno verificando se le telecamere della stazione hanno ripreso qualcosa o qualcuno, ma lo avrebbero già identificato. In Italia da un anno, irregolare, sui 45 anni, già conosciuto alle forze dell’ordine, lo straniero non ha mai avuto né casa né lavoro, ha sempre vissuto di espedienti nella comunità mista dove, pur non parlando la stessa lingua, ci si capisce. Uno aiuta l’altro, a proprio modo, offrendogli quando è possibile un panino o una birra.

E proprio l’ennesima birra di un sabato come tanti altri trascorso tra una panchina e l’altra ai giardini della stazione sarebbe stata all’origine di questo assurdo omicidio. Verso le 20.45 nei pressi della fontana passa una signora bionda che in molti conoscono, è stata soprannominata "gentile" perché cerca di aiutarli. Spesso si ferma a parlare con loro, offrendo assistenza e solidarietà.

Lo straniero l’avvicina, le chiede 5 euro, lei rifiuta e viene insultata. L’italiano non ci sta, interviene in difesa della donna e rifila anche uno schiaffo a chi, con frasi volgari, le ha mancato di rispetto. Tutto sembra finito lì. Un gruppo si allontana con la signora, il bosniaco si dirige verso corso Crimea, ma torna cinque minuti dopo per vendicare lo sgarro subito. In mano ha una bottiglia vuota, chiama Franzoi che, seduto sul bordo della vasca, non gli risponde e continua a mangiare un pezzo di pizza.

L’aggressore lo colpisce con violenza, forse due volte. L’italiano non fa neanche in tempo a rendersi conto di quanto sta accadendo. Si alza per cercare aiuto, arrivare fino al bar dove c’è il fratello Gianvito, ma il sangue esce copioso e le forze non ci sono più. L’uomo cade a terra davanti alla pensilina della fermata del bus. Sull’asfalto rimane una lunga scia di sangue che sarà poi lavata nella notte, sulla quale ieri Angela ha lasciato tre rose rosse con un biglietto "Non ti dimenticherò mai...". A breve distanza viene posato un altro mazzo di calle bianche, con un biglietto chiuso.

Droghe: la Croce Rossa adotta la "riduzione del danno"

di Donatella Poretti (deputata della Rosa nel Pugno)

 

Notiziario Aduc, 30 aprile 2007

 

La Croce Rossa Internazionale adotta la riduzione del danno. Evento epocale. E il Governo italiano? Voglio esprimere il mio sincero apprezzamento per il documento approvato all’unanimità dalla Federazione internazionale della Croce Rossa. La nuova strategia globale di questa organizzazione sarà improntata anche sulla riduzione del danno. È certamente uno degli eventi più significativi degli ultimi anni sul triste fronte della guerra alla droga, altrimenti caratterizzato da un monolite di Governi e organizzazioni internazionali improntato prevalentemente alla repressione.

La Croce Rossa non entra nel dibattito sulla proibizione o legalizzazione; semplicemente chiede di poter avanti la propria missione al meglio nel nome di coloro che assistono, i tossicodipendenti. Sono molte le cose che possono salvare la vita a centinaia di migliaia di loro: offrire l’analisi chimica delle sostanze prima della loro assunzione; supervisione medica (safe injection room); distribuzione controllata di eroina; etc. Tutte misure di buon senso, razionali, che tendono a limitare l’impatto sulla salute di sostanze stupefacenti. L’irrazionalità è continuare a respingere queste misure nel nome dello Stato etico.

Credo sia stato fondamentale il contributo della Croce Rossa italiana, il cui presidente, Massimo Barra, da tempo si adopera per una politica sulla droga più ragionevole.

Mi auguro davvero che il documento della Federazione internazionale della Croce Rossa faccia riflettere coloro che ostinatamente percorrono invano la strada della repressione "senza se e senza ma". In particolare, mi auguro che il Governo, in attesa di una improbabile riforma della Fini-Giovanardi, si attivi da subito nella direzione adottata dalla Croce Rossa, non ostacolandone gli obiettivi. In fondo era ciò che aveva promesso ai propri elettori.

Usa: detenuti-clienti pagano per avere cella extra lusso

 

La Repubblica, 30 aprile 2007

 

Negli Anni Settanta a Palermo c’era il Grand Hotel Ucciardone, Tommaso Buscetta, Tano Badalamenti e Stefano Bontate, il gotha della mafia di allora, si garantivano la bella vita anche in carcere: entrava lo champagne dall’ufficio matricola, arrivavano le aragoste da un ristorante alle falde del Montepellegrino e le celle erano aperte. A permetterlo non erano le leggi dello Stato ma i codici mafiosi.

Nella prigione di Fullerton, in California, sono invece i soldi e le regole stabilite dalle direzione a decidere chi ha diritto ad un trattamento a cinque stelle. Il listino prezzi di questo istituto, che si trova fuori Los Angeles poco lontano dal parco divertimenti di Disneyland, è chiaro e trasparente: 100 dollari per i primi due giorni, 75 per quelli successivi, e si possono avere due visite la settimana, la possibilità di portarsi lenzuola e cuscino, i libri, le carte processuali e perfino il cellulare. Ma soprattutto si può ordinare cibo dall’esterno. Per non turbare la tranquillità di chi paga, sono esclusi drogati, alcolizzati, epilettici o persone che abbiano mostrato tendenze suicide.

Nelle carceri californiane ciò accade di frequente: sono una dozzina le prigioni che offrono questo servizio a chi è condannato per reati minori. Con una cifra quotidiana compresa tra 70 e 130 dollari si possono comprare tranquillità, sicurezza e pulizia, svaghi e avere visite prolungate di amici e parenti.

Le prigioni dell’area di Los Angeles sono violente e sovraffollate, le cifre ufficiali per il 2005 parlano del doppio delle presenze accettabili, così il "cambio di classe" garantisce "il beneficio di essere separati dagli altri prigionieri e di non venire in contatto con le durezze del sistema carcerario", come ha spiegato al New York Times Christine Parker, portavoce della CSI, una società privata che ha l’appalto di numerose prigioni e che ha introdotto il concetto delle cinque stelle. Nulla a che vedere con le celle sprangate, i compagni violenti o pericolosi e le visite rare. Si può ottenere il permesso di uscire per lavorare e si torna solo per la notte, in questo caso però bisogna pagare 15 dollari in più per il braccialetto elettronico che controlla gli spostamenti.

Un vero lusso in un paese in cui alla fine del 2004 c’erano 2milioni e 200mila detenuti, come racconta Elisabetta Grande in un libro uscito in questi giorni da Sellerio, "Il terzo strike. La prigione in America". In Italia oggi è in carcere una persona ogni mille abitanti, negli Usa una ogni centoquaranta. Dieci volte di più.

E la tendenza cresce senza sosta, se si pensa che i dati relativi al 2005, parlano di duemila nuovi detenuti ogni settimana. Questo ha portato con sé un esplosione dell’edilizia carceraria. Una tendenza che non ha colore politico, solo tra il ‘93 e il ‘98, durante la presidenza Clinton, sono state costruite 213 nuove prigioni.

Così ci si compra la tranquillità: A Montebello e a Seal Beach si pagano tra i 70 e i 100 dollari al giorno ma si possono avere due ore di visite quotidiane, l’i-pod, libri e giochi. Non è ammesso a questo programma, quest’ala del carcere ha 30 posti, chi ha commesso crimini violenti. La piccola prigione di Seal Beach è privata ed è stata una delle prime a sperimentare la cella a pagamento.

Un modo sostiene la società che la gestisce di non pesare sulle casse dello Stato. A Pasadena, il più costoso (128 dollari, più una tassa d’iscrizione di altri 58), si possono avere la Bibbia e altri libri, si può tenere l’orologio e venti dollari per piccole spese. Qui non sono esclusi sono i violenti ma anche chi ha problemi di droga. Nicole Brockett, 22 anni, ha dovuto scontare tre settimane per guida in stato di ubriachezza nel carcere di Santa Ana, nella contea di Orange. Ha pagato 82 dollari al giorno e ha avuto diritto ad una stanza pulita e a scontare la sua pena in un luogo sicuro "dove tutti sono stati gentili: non ho avuto problemi con le altre ragazze, mi prestavano perfino lo shampoo. Sono cosciente che questa sistemazione è considerata come un albergo a cinque stelle". A Santa Ana ai clienti di prima classe è garantito anche un ingresso separato.

Il programma a pagamento non è nuovo, ma oggi è in crescita ed è finito sotto i riflettori recentemente per le polemiche nate alla notizia che un vice sceriffo della Contea di Orange condannato per sottrazione di soldi pubblici se ne stava in cella, proprio a Fullerton, con il personal computer e il cellulare e riceveva tre pasti caldi al giorno dai familiari.

L’aumento vertiginoso del numero dei carcerati e la continua costruzione di nuove carceri non è segnale automatico di un aumento di reati negli Stati Uniti, ma è figlio soprattutto di nuove politiche penali, in particolare la dottrina del terzo strike: "Three strikes and you are out" (tre errori e sei fuori), mutuato dal gioco del baseball, nel quale il battitore che non colpisca la palla tre volte deve abbandonare il campo. In questo caso al terzo reato grave commesso si è fuori dalla società: scatta il carcere a vita. Gli esempi grotteschi si sprecano, la severità con cui si affronta la recidività anche in casi come lo spaccio di droga o il furto, fanno sì che ci siano assassini puniti con 22 anni di reclusione e giovani spacciatori o borseggiatori con l’ergastolo.

Ken Kerle, autore di due libri sul carcere sottolinea che la tendenza al carcere a pagamento "è solo hollywoodiana: la maggior parte delle persone che finiscono in cella negli Stati Uniti sono povere, hanno problemi mentali, dipendenze dall’alcool o dalla droga e quasi analfabeti. Non hanno certo 80 dollari al giorno per una sistemazione migliore". Il profilo del cliente tipo del carcere a pagamento è infatti un altro: un trentenne che si deve fare due mesi perché guidava ubriaco. E devono essere molti visto che i posti sono quasi sempre tutti occupati. Per Mike Jackson che lavora all’Associazione nazionale degli sceriffi questa disparità di trattamento è ingiusta: "Due persone che arrivano in carcere per avere compiuto lo stesso reato dovrebbero ricevere lo stesso trattamento. Il sistema dovrebbe essere equo".

Si paga in contanti. Assegni e carte di credito non vengono accettati. Un criminale resta sempre un criminale, anche se ha i soldi per pagare.

Gran Bretagna: condannato per abusi su detenuti in Iraq

 

Reuters, 30 aprile 2007

 

Il primo soldato britannico riconosciuto colpevole di crimini di guerra è stato condannato oggi a un anno di carcere per avere compiuto abusi su detenuti iracheni, in un caso che ha esposto anche i suoi comandanti alle accuse di avere autorizzato i maltrattamenti. Il soldato Donald Payne è stato inoltre radiato dall’esercito, diventando l’unico militare ad essere punito per il caso di Baha Musa, il receptionist di un hotel iracheno morto per 93 diverse ferite da percosse mentre era in mano ai britannici nel 2003.

Payne si era proclamato colpevole di abuso di prigionieri all’inizio del processo, che è durato otto mesi ma non ha portato alla condanna degli altri sei imputati, tra cui il comandante della sua unità, il tenente colonnello Jorge Mendonca. Durante il processo, testimoni hanno detto che il trattamento violento dei prigionieri era stato autorizzato dal comando di brigata in Iraq. La Gran Bretagna ha negato che i suoi ufficiali abbiano dato il via libera ad abusi.

 

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