Rassegna stampa 17 aprile

 

L’Aquila: detenuto di 40 anni muore in cella per un infarto

 

Il Messaggero, 17 aprile 2007

 

Salvatore Pescione, 40 anni di Napoli, è morto nella cella in cui era detenuto nel carcere "Costarelle" di Preturo per un arresto cardiocircolatorio. Il detenuto, ristretto nell’ala di quelli "comuni", ha avuto un malore intorno alle 3 di ieri mattina. Quando il suo compagno di cella si è accorto del malore di Pescione ha avvisato la guardia penitenziaria ma per il lui non c’è stato nulla da fare. La salma è stata trasferita all’obitorio dell’ospedale, luogo in cui avverrà una ricognizione cadaverica prima del nulla-osta del magistrato.

Indulto: Manconi; sta dando risultati straordinariamente positivi

 

Ansa, 17 aprile 2007

 

Tra chi ha usufruito del provvedimento di clemenza, l’80,22% ha un’età compresa tra i 25 e i 44 anni. "Emerge una preoccupante tendenza alla maggiore recidiva da parte dei più giovani", spiegano i ricercatori sottolineando come nella popolazione di età compresa tra i 18 e i 20 anni beneficiaria dell’indulto, il 19,96%, circa un quinto, ha fatto reingresso in carcere entro i primi sei mesi dall’ approvazione dell’indulto.

Per quanto riguarda la nazionalità degli indultati, il 61,86% sono italiani contro il 38,14% di stranieri. "Sorprende, relativamente a quelle che potevano essere le previsioni, il dato sui reingressi in carcere - scrivono gli estensori della ricerca -. Il 65,27% dei soggetti rientrati, infatti, sono italiani, mentre il 34,73% sono stranieri. La percentuale di reingressi fra italiani e stranieri mostra quindi una lieve tendenza alla maggiore recidiva da parte degli italiani".

In totale, gli stranieri che in sei mesi hanno commesso reati dopo aver usufruito del provvedimento sono 1.033 su tutto il territorio nazionale, "una cifra che non giustifica il panico sociale diffuso nell’opinione pubblica in questi mesi". Il sottosegretario alla Giustizia, Luigi Manconi, ha poi aggiornato al 31 marzo il dato relativo a coloro che, dopo essere stati dimessi dal carcere, vi hanno fatto ritorno: sono l’11,3%, solo lo 0,2% in più rispetto al dato fornito nella ricerca. "Il risultato è straordinariamente positivo sotto tutti i profili", ha commentato il sottosegretario Manconi.

Salute: dopo otto anni la legge di riforma è ancora inapplicata

 

Redattore Sociale, 17 aprile 2007

 

Varata da ben 8 anni, la legge 230 che dispone il trasferimento di competenze dal ministero della Giustizia al sistema sanitario nazionale è ancora di fatto inapplicata. Il ministro Mastella non partecipa al convegno romano.

"Dobbiamo andare avanti, portare a conclusione la riforma, non possiamo rimanere a metà strada". Così oggi si è espresso Augusto Battaglia, assessore alla Sanità della Regione Lazio, durante il convegno sul diritto alla salute in carcere promosso a Roma dal Forum nazionale per il diritto alla salute dei detenuti e delle detenute. Per Battaglia non ci sono vie di mezzo.

È necessario completare la riforma prevista dalla legge 230 del 1999 che prevedeva il trasferimento delle competenze dal ministero della Giustizia al Sistema Sanitario Nazionale e quindi alle Regioni. Un processo che però non si è mai realizzato pienamente e che oggi sta determinando vari squilibri visto che solo "pezzi" della sanità del carcere sono stati effettivamente trasferiti alle regioni, creando quindi una situazione a macchia di leopardo e nuovi squilibri.

L’assessore Battaglia ha detto che nonostante gli sforzi enormi di collaborazione tra la Regione, il Dap e il resto dell’amministrazione, il processo di riforma non è andato avanti determinando anche la frustrazione degli operatori che stanno ogni giorno sul campo. I detenuti sono quindi penalizzati due volte perché in genere hanno condizione di salute peggiori di quelle delle persone libere e poi non sono assistiti in carcere come tutti gli altri cittadini. In questo modo il carcere rischia di non rispondere a uno dei suoi obiettivi fonanti che è quello del recupero sociale di chi commette reati.

Nel corso del convegno organizzato dal Forum, in molti hanno parlato per testimoniare i ritardi della legge 230. Era stato invitato anche il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, che però per altri impegni non ha potuto partecipare. Era presente invece il sottosegretario alla Giustizia, Luigi Manconi che ha confermato l’interesse e la volontà del ministero nel risolvere il problema dei ritardi e dei veri e propri blocchi che la riforma sta scontando.

Il governo non è in grado però - in questo momento - di dare delle date precise entro le quali la riforma potrà essere completata. Nel corso del convegno di oggi si era parlato di un data-obiettivo legata al gennaio del 2008. Manconi non si è voluto però sbilanciare e ha detto che il governo ha avviato già il tavolo di discussione con tutti i soggetti coinvolti nella riforma per poter accelerare al massimo il processo che porterà al completamento definitivo della legge 230.

È quello che si augura - anzi che chiede con una certa forza - il Forum nazionale per i diritti dei detenuti e delle detenute. Le conclusioni del convegno di oggi sono state affidate a Bruno Benigni, presidente del Forum e presidente del Centro Basaglia di Arezzo. "Da domani - ha detto Benigni - non potremo più dire le stesse cose. Da oggi si apre un’altra fase".

Secondo Benigni la riforma deve essere applicata fino in fondo e la sanità del carcere deve essere affidata alle Regioni e al Sistema sanitario nazionale. Dobbiamo allearci con tutti gli altri soggetti, ha spiegato Benigni, è un percorso che ci porterà finalmente in Europa.

Ed è un percorso che sarà un grande cambiamento culturale e una conquista di civiltà. Non è in ballo solo un trasferimento di competenze. C’è una vera trasformazione culturale da attuare, a cominciare dal concetto di salute in carcere e dalla promozione della prevenzione. Si tratta di fare il passo decisivo, applicando la legge 230 e cercando di innovare il più possibile.

Salute: Pisicchio; ma i detenuti non sono malati di "serie B"

 

Apcom, 17 aprile 2007

 

"Bisogna rendere subito esecutiva la riforma della sanità penitenziaria, applicando il decreto legislativo 230 in vigore dal ‘99. Non è possibile che si continui ancora a considerare i detenuti e le detenute che hanno bisogno di cure alla stregua di malati di serie B".

È quanto afferma il presidente della commissione Giustizia alla Camera, Pino Pisicchio, unendosi all’appello lanciato oggi dal Forum Nazionale per il diritto alla salute dei detenuti e delle detenute.

"È inaccettabile - continua Pisicchio - il fatto che nonostante da anni ci siano i presupposti normativi per garantire anche in carcere il diritto alla salute, questi non abbiano ancora avuto seguito. Le condizioni perché la medicina penitenziaria diventi di competenza del Sevizio sanitario nazionale ci sono tutte, bisogno solo attuarle. È questo il passo definitivo da compiere per garantire ai detenuti diritti fondamentali quali l’assistenza farmaceutica gratuita e una rete di prestazioni sanitarie che vanno dal pronto intervento, all’assistenza da parte di medici di base e specialisti".

"Questa situazione di empasse - conclude il presidente della commissione Giustizia di Montecitorio - risulta paradossale se si considera che l’indice dello stato di salute della popolazione in carcere è assai più basso rispetto a quello del totale della popolazione italiana: la quota di chi, dietro le sbarre, definisce buono il proprio stato di salute è pari al 37%; sul totale della popolazione, invece, la percentuale arriva al 61%".

Salute: il Ministero; il riordino dell'assistenza medica è prioritaria

 

Apcom, 17 aprile 2007

 

"Il riordino dell’assistenza sanitaria in carcere è una priorità assoluta; bisogna garantire ai cittadini detenuti gli stessi livelli di assistenza dei cittadini liberi, compatibilmente con le misure di sicurezza necessarie". Lo ha dichiarato il Sottosegretario alla Salute Antonio Gaglione aprendo i lavori del convegno organizzato oggi a Roma dal Forum nazionale per il diritto alla salute dei detenuti.

"Nel corso degli anni - ha detto Gaglione - innumerevoli difficoltà operative hanno impedito l’applicazione della cd Legge Bindi, ed hanno, di fatto, impedito il trasferimento delle competenze. Il Decreto legislativo 230 del 1999, invece, è lo strumento che il Governo deve utilizzare per dare corso al riordino della medicina penitenziaria e garantire il passaggio delle competenze dal Ministero della Giustizia al Servizio sanitario nazionale.

Per adempiere alle finalità del decreto è necessaria una decisione politica chiara e condivisa, volta al perseguimento di tre risultati: la redazione, in tempi ragionevolmente brevi, di un progetto obiettivo, da sottoporre all’esame della Conferenza Stato Regioni; la stima delle risorse necessarie al passaggio e la conseguente istituzione di un fondo apposito, con la Finanziaria 2008; il confronto con le organizzazioni sindacali". "Questi passaggi - ha spiegato Gaglione - possono essere proposti ed approfonditi rapidamente da un Comitato tecnico ristretto composto da rappresentanti di tutte le amministrazioni coinvolte nel transito di competenze (giustizia, salute, regioni, funzione pubblica).

Un discorso più delicato, ma di soluzione non dissimile, va fatto per gli Ospedali psichiatrici giudiziari. Gli Opg vanno regionalizzati e territorializzati, devono diventare strutture sanitarie a tutti gli effetti, che assistono i reclusi in ogni regione. Un impegno particolare deve essere rivolto alla razionalizzazione e allo sfoltimento delle degenze, onde evitare quelle improprie, e una maggiore attenzione va rivolta alle prestazioni erogate, che devono essere di tipo socio-sanitario. La qualità del carcere è un problema di civiltà e noi tutti dobbiamo impegnarci perché i percorsi di detenzione non comportino situazioni e condizioni che, di fatto, aggravano la pena e accentuano i livelli di conflittualità con il sistema penitenziario e con le istituzioni".

Torino: apre uno "Sportello lavoro" all’interno del carcere

 

Redattore Sociale, 17 aprile 2007

 

Firmato il protocollo di intesa fra Provincia di Torino e carcere: prevede l’apertura di uno sportello per aiutare i detenuti prossimi alla scarcerazione a reinserirsi nel mondo del Lavoro.

È stato firmato oggi, presso la sala giunta di Palazzo Cisterna, sede della Provincia di Torino, il protocollo di intesa fra Provincia di Torino e Carcere delle Vallette che prevede l’apertura di uno "sportello lavoro" per aiutare i detenuti prossimi alla scarcerazione a reinserirsi nel mondo del Lavoro.

Il protocollo d’intesa, siglato dal Presidente della Provincia di Torino, Antonio Saitta, e dal direttore della casa circondariale "Lorusso e Cotugno" Pietro Buffa, alla presenza degli assessori Cinzia Condello (Lavoro) e Eleonora Artesio (Solidarietà Sociale), prevede l’apertura all’interno del carcere di un Centro per l’Impiego a carattere "specialistico", che collaborerà nella preselezione dei detenuti interessati al reinserimento socio-lavorativo e favorirà l’incontro fra domanda e offerta utilizzando le proprie banche dati. La casa circondariale assume l’impegno di preselezionare i detenuti che possono e vogliono essere coinvolti nel progetto e li segnala al Centro per l’Impiego.

"L’aspetto caratterizzante di questa sperimentazione - dichiara Pietro Buffa, il direttore del carcere Lorusso e Cotugno - è che, per la prima volta, la collaborazione fra enti pubblici non punta a misure alternative alla detenzione, ma a misure che favoriscono in maniera attiva il reinserimento del detenuto. Il progetto è rivolto a tutti coloro che vorranno parteciparvi, anche a coloro che non possono accedere alle misure alternative alla detenzione, che spesso sono i soggetti più problematici. Saranno sondati tutti i detenuti prossimi alla scarcerazione".

Secondo i dati forniti dal direttore Buffa, ad oggi sono detenuti all’interno della Casa circondariale Lorusso e Cotugno circa 1200 persone, 250 condannate definitivamente, 15 delle quali saranno scarcerate nel corso del 2007. "L’apertura di un ‘ufficio di collocamento’ all’interno del carcere - afferma il presidente della Provincia di Torino Antonio Saitta - è una sperimentazione decisamente interessante e importante. La sua riuscita potrà aprire una strada fondamentale per il reinserimento socio-lavorativo dei detenuti in tutto il sistema carcerario nazionale".

Torino: firmata un'intesa sulla nuova "cittadella giudiziaria"

 

Ansa, 17 aprile 2007

 

In cambio della cessione al Comune di Torino del complesso "Le Nuove", con esclusione delle parti da destinare ad attività museali, il Demanio riceverà in permuta 98 appartamenti, per una superficie complessiva di circa 5.000 metri quadrati, e 109 box nell’ex villaggio olimpico di Spina 3. Serviranno all’amministrazione penitenziaria per fornire un alloggio agli agenti. Sarà utilizzata anche l’attuale sede dei giudici di pace in viale dei Mughetti. Chiamparino ha ricordato che la firma di oggi rende operativo "il protocollo già siglato nel luglio del 2003 con il quale si prendeva in considerazione la possibilità di completare gli uffici giudiziari, utilizzando il complesso delle Nuove rispetto all’elevazione dell’attuale Palagiustizia".

"L’idea fu dell’allora sottosegretario Michele Vietti - ha aggiunto Chiamparino - ed è stata poi sviluppata con un lavoro difficile, ma fatto con grande professionalità con tutti i soggetti in campo, a partire dall’architetto Spitz che ringrazio per l’impegno che ha anche su altre operazioni che riguardano Torino. C’era il rischio che questo protocollo si arenasse nei tanti protocolli che poi non vengono mai tradotti operativamente. Invece il ministro Mastella ha preso in mano la situazione e, con il responsabile del Dap Ettore Ferrara, si è arrivati nel giro di pochissimi mesi a stringere".

Anche Mastella ha sottolineato che il protocollo "è il frutto di un ottimo rapporto tra l’amministrazione della Giustizia, il sindaco Chiamparino, il Demanio, nella persona del direttore Elisabetta Spitz, ed i magistrati torinesi". "C’è sempre stata una leale collaborazione istituzionale. Spero - ha aggiunto - che questa situazione possa essere portata a modello in altre realtà italiane. È il primo atto che noi facciamo per quanto riguarda il Dap.

I ragazzi che arriveranno dal sud e da altre regioni per lavorare a Torino non avranno il problema della casa e questo e molto importante". Parlando delle spese da affrontare e delle somme ancora da stanziare, Mastella ha sottolineato che il Ministero della Giustizia "farà la sua parte". "Utilizzeremo - ha aggiunto - alcuni fondi disponibili.

Penso si possa arrivare alla conclusione in tempi un po’ diversi rispetto a quelli che ci sono nelle pubbliche amministrazioni". Elisabetta Spitz, dal canto suo, ha invece sottolineato come il protocollo di oggi sia il primo di una serie di accordi che l’Agenzia del Demanio andrà a concludere nei prossimi mesi a Torino. Tra gli altri, il passaggio della Caserma della Cavallerizza, ormai in dirittura d’arrivo, e l’acquisizione di altri importanti immobili della difesa nei prossimi decreti di passaggio al patrimonio dello Stato.

Brescia; il Garante; la priorità è di avere un nuovo carcere

 

Giornale di Brescia, 17 aprile 2007

 

"Canton Mombello concentra in sé tutte le problematiche annose delle carceri italiane: costruita nel 1915, è una struttura obsoleta, inadeguata, insufficiente e sovraffollata". Un giudizio drastico e inappellabile, quello di Mario Fappani, che da marzo 2006 è il garante bresciano dei detenuti. La soluzione? Costruire un nuovo carcere. E c’è anche un possibile percorso.

"Il Comune ha da tempo fatto sapere al ministero della Giustizia di essere disponibile a cambiare la destinazione d’uso sia delle aree intorno a Verziano, sia della zona di Spalti San Marco", conferma il sindaco Paolo Corsini nel corso della conferenza stampa di presentazione dei dati del primo anno di attività del garante: "Le aree di Verziano, accanto all’altro carcere bresciano, sono di proprietà degli Spedali Civili, che potrebbe avere interesse a cederle allo Stato, mentre quelle dove sorge ora Canton Mombello potrebbero essere facilmente vendute recuperando così buona parte dei fondi necessari alla costruzione di una nuova struttura".

Certo i tempi sarebbero necessariamente lunghi, ma "è l’unica strada percorribile - sostiene Fappani -. Non solo Canton Mombello scoppia, con 320 detenuti invece dei 206 previsti dalla capienza regolamentare e dei 298 considerati "tollerabili", ma è la sua stessa concezione che non funziona più". Costruito quando l’unico scopo era quello di tenere dentro la prigione e fuori dalla città chi delinquiva, non permette neanche lontanamente di mettere in pratica quella "rieducazione" prevista dalla Costituzione. Una situazione, si indigna Fappani, "a cui la coscienza civile della nostra città non può non ribellarsi".

"A volere il garante fu l’intero Consiglio comunale - ricorda la presidente Laura Castelletti -. La ritenevamo una figura indispensabile. Agisce in piena libertà e indipendenza, senza vincoli giuridici o funzionali, ma con uno spirito di grande collaborazione con il Consiglio, la direzione del carcere, le istituzioni sanitarie e le associazioni". Nominato nel marzo 2006, Mario Fappani ha presentato ieri il bilancio del primo anno di attività: "Distribuiremo il rapporto non solo alle istituzioni, ma anche alle associazioni imprenditoriali: il lavoro, sia in carcere, sia fuori, è uno dei grandi temi che dobbiamo affrontare con determinazione", aggiunge Castelletti. E del rapporto si parlerà anche dentro le mura di Canton Mombello "nel Consiglio comunale che il 7 maggio, unico caso in Italia, terremo nel carcere".

"Bisogna smetterla di dire che i detenuti non vogliono lavorare, perché non è vero - sostiene Fappani -. Il problema è portare il lavoro dentro al carcere e trovare lavoro a chi può utilizzare i permessi di uscita e può così reinserirsi una volta scontata la pena. I dati parlano chiaro: i tassi di recidiva, del 70 per cento per chi non è occupato, scendono drasticamente al 20 quando un detenuto ha avuto la possibilità di lavorare negli ultimi 3 anni di pena".

Un’altra delle note dolenti è la salute: "I rapporti con l’Asl non sono ancora soddisfacenti; la partita sanità è stata trasferita nel ‘99 dal ministero della Giustizia a quello della Salute, ma senza passaggio di fondi - dice ancora Fappani -. Così le responsabilità si rimpallano, per le visite specialistiche ci vogliono mesi e le due stanze per i ricoveri sono insufficienti". Ancora, "i due terzi dei detenuti sono stranieri, soprattutto per la Bossi-Fini, e il diritto al gratuito patrocinio per molti è un miraggio - rincara la dose Fappani -. Per poterlo ottenere le ambasciate dovrebbero attestare lo stato di povertà, ma è una cosa impossibile".

Dopo le note dolenti, arriva Verziano, carcere - se così si può dire - a misura d’uomo. Relativamente nuovo, provvisto di ampi spazi verdi, "dal punto di vista strutturale è una realtà più consona a garantire l’umanizzazione della pena", dice Fappani. Non solo per chi in carcere sta per scontare una pena o in attesa di giudizio, ma anche per il personale, "sollevato da tante piccole difficoltà che esacerbano gli animi e complicano i rapporti interpersonali". Resta difficile, però, la situazione delle detenute che, arrestate in flagranza di reato, entrano in cella con i figli piccoli: "Solitamente sono nomadi che al momento dell’arresto hanno con sé i figli neonati. In carcere non ci sono spazi adatti, non c’è il pediatra e la promiscuità con le altre detenute crea problemi di igiene". Delicatissima anche la situazione della polizia penitenziaria, cronicamente sotto organico. La maggior parte degli agenti arriva dal meridione, vive a Villa Paradiso e vorrebbe al più presto tornare a casa.

Del tutto volontaria, fatta eccezione per un rimborso spese, è l’attività del garante dei detenuti, che pure Corsini definisce "una sorta di assessore aggiunto con delega alla politica carceraria". Il Comune mette però a disposizione un ufficio nel quale lavorare e una collaboratrice, dipendente comunale ("una delle maestre assolte proprio nei giorni scorsi per la vicenda della materna", precisa il sindaco). 100 mila gli euro stanziati per le azioni del garante, tra cui: 40 mila per incentivi per le imprese che assumano detenuti o ex detenuti; 10 mila per l’associazione "Carcere e Territorio" per far fronte all’emergenza indulto; 7 mila per l’acquisto di materiale informatico, servito per un corso di formazione di bibliotecari; 40 mila per la fornitura di un kit ai detenuti in grave situazione di abbandono con materiale per l’igiene personale, un minimo di vestiti e lo stretto indispensabile per poter contattare i parenti o l’avvocato.

Civitavecchia: la raccolta differenziata sbarca in carcere

 

Civit on-line, 17 aprile 2007

 

Mentre Civitavecchia si interroga sulla possibile installazione di un termovalorizzatore, a dare il buon esempio è il carcere di via Tarquinia, che avvia la raccolta differenziata, attraverso un progetto dalle finalità innanzitutto sociali. A parlare in termini entusiasti dell’iniziativa è la direttrice dell’istituto Silvana Sergi, che non nasconde le difficoltà incontrate. "Partner di questa avventura - spiega - che coinvolge detenuti e personale, è la società Ecolife di Tarquinia.

Quest’ultima si è infatti offerta non solo di provvedere alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti che verranno suddivisi per tipologia, ma anche di impiegare anche alcuni detenuti". Una doppia valenza quindi, prosegue la direttrice, "che consente da un lato di limitare al massimo gli sprechi e dall’altra offrono una opportunità imperdibile ai detenuti. A questo progetto - rivela poi Sergi - abbiamo lavorato per anni senza che nessuno ascoltasse ciò che avevamo da proporre e lo stesso vale per una miriade di altri progetti. Ma adesso finalmente, grazie al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, siamo riusciti a fare qualcosa di importante, che speriamo cresca ancora e che possa magari - conclude - essere di esempio per il resto della città".

Libri: "La giustizia minorile nel Novecento", di Antonio Salvatore

 

Vita, 17 aprile 2007

 

Presentato il volume che ha come riferimento la storia del Cesare Beccaria di Milano, tracciando un percorso che è anche analisi storico sociologica del sistema carcerario.

La storia della giustizia minorile in Italia passa dal Carcere Beccaria di Milano. E lo si è capito bene questa mattina, a Milano, durante la presentazione del libro di Antonio Salvatore, ex direttore proprio del carcere minorile milanese, "La giustizia minorile nel Novecento - dall’Associazione C. Beccaria ai Tribunali minorili: biografia di un’istituzione" (edizioni Ucopli). Accanto all’autore, l’assessore all’integrazione sociale per le persone in carcere o ristrette nelle libertà della Provincia di Milano, Francesca Corso; Francesco Maisto, sostituto procuratore generale del tribunale di Milano e don Gino Rigoldi, cappellano del carcere minorile Beccaria.

"C’era la necessità di lasciare una traccia". Così Antonio Salvatore ha spiegato il perché dell’opera perché dell’associazione Cesare Beccarla che è all’origine della stessa idea di una giustizia diversa per i minori "non è rimasto nulla". Eppure c’è l’associazione all’origine, ad Arese, di un istituto per minori in difficoltà aperto nel 1921 e del primo carcere minorile costruito di fronte a San Vittore e sede poi del primo tribunale sperimentale per i minori "Un istituto che negli anni è stato all’attenzione anche a livello europeo per la sua innovazione", ha ricordato Salvatore che con il suo volume arriva agli anni Novanta. L’autore è stato, dal 1973 al 1995, il primo direttore statale dell’istituto che fino al 1972 era gestito dall’associazione Cesare Beccaria.

Per l’assessore Francesca Corso, il valore aggiunto del libro sta "nell’analisi dell’evoluzione di questa istituzione da tutti i punti di vista", inoltre l’assessore si è augurata la traduzione in altre lingue del volume che presenta l’evoluzione del diritto minorile "non dimentichiamoci che i minori rumeni in patria non hanno una giustizia minorile". Quella giustizia che, ha ricordato il sostituto procuratore generale Francesco Maisto in molti ritengono "minore". Il pregio del libro è quello di essere il primo libro di storia sulla giustizia minorile "non è solo la storia del Beccaria e non è neppure solo un libro di memorie, è anche un libro per addetti ai lavori: è in grado di dare formazione e informazione".

Don Gino Rigoldi, che al Beccaria è ancora il cappellano (arrivò in contemporanea con il direttore Salvatore) ha guardato all’oggi, alle vicende attuali che dopo anni vedono innalzarsi il numero dei ragazzi italiani (23 su una sessantina di ospiti). E il ritratto che ne esce è impietoso: minori che escono da famiglie modeste, con poco lavoro, alla ricerca di soldi facili "c’è poi la cocaina e una cultura di un individualismo accentuato e con scarsi percorsi educativi significativi. Per questi ragazzi il resto del mondo è un terreno di caccia". A don Rigoldi non bastano "le denunce sulla povertà educativa. Occorre, come sostiene il Cnca, dare dignità e competenza alla normalità. Che sia i carcere il luogo in cui avviene l’educazione dei ragazzi più fragili è un’aberrazione", ha concluso il cappellano del Beccaria ricordando anche i problemi del minorile milanese come la carenza di personale "mancano 20 -25 agenti e per questo non posso celebrare la messa nella cappella".

Libri: Mastella annuncia un'iniziativa per la lettura in carcere

 

Ansa, 17 aprile 2007

 

Nei prossimi giorni partirà una nuova iniziativa per favorire la lettura in carcere. Lo ha annunciato il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, che, a sorpresa, ha partecipato stamani a Torino alla conferenza stampa di presentazione della XX edizione della Fiera del libro che si terrà dal 10 al 14 maggio. "Nei prossimi giorni - ha affermato il ministro, a Torino per presentare l’intesa per una nuova sede degli uffici giudiziari - con una casa editrice italiana faremo un’importante iniziativa nel campo della cultura. Chiameremo degli artisti per scegliere e consigliare libri da mettere a disposizione dei detenuti delle carceri italiane".

Prostituzione: Lucidi; valuteremo proposta del divieto su strada

 

Ansa, 17 aprile 2007

 

La proposta avanzata dal prefetto di Roma Achille Serra di "vietare la prostituzione su strada", sarà "discussa e valutata nelle prossime riunioni dell’Osservatorio sulla prostituzione e sui fenomeni ad essa connessi, anche per fermare il dilagare della prostituzione minorile straniera".

Lo ha detto il sottosegretario all’Interno Marcella Lucidi, intervenendo questa mattina alla presentazione del Rapporto sull’ordine e la sicurezza convocata dal Prefetto. L’Osservatorio, presieduto proprio dalla Lucidi, è stato istituito lo scorso 24 gennaio presso il Dipartimento della Pubblica sicurezza.

Svolge compiti di studio, ricerca ed approfondimento sul sistema di prevenzione e contrasto del fenomeno con l’obiettivo di migliorarne l’efficacia e di potenziare le misure di assistenza, protezione e tutela delle vittime. Dell’Osservatorio fanno parte investigatori e personale del Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione, esponenti degli Enti e delle Associazioni che si occupano della protezione e del reinserimento delle vittime.

Brasile: mistero su un detenuto muto e senza identità

 

Apcom, 17 aprile 2007

 

C’è molta curiosità e anche qualche polemica in Brasile riguardo al caso di un misterioso detenuto del quale non si sa nulla: è muto, non comunica con nessuno e le sue impronte digitali non sono note alla polizia. L’uomo, bianco e di un’età apparente tra 26 e 32 anni, è rinchiuso in un carcere di San Paolo da quando tre mesi fa un agente di polizia lo trovò all’interno di un appartamento sfitto.

Al momento del ritrovamento l’uomo era immobile, con gli occhi sbarrati e senza documenti. E da quel momento non ha fornito praticamente alcun elemento che potesse permetterne il riconoscimento. Non ha mai risposto agli interrogatori, non parla né con le autorità né con gli altri detenuti in cella, né a voce né per segni, non ha precedenti penali né le sue impronte digitali sono note alla polizia o all’Interpol.

Tanto più che nessuno si è fatto vivo per segnalare la sparizione di un parente o conosciuto con le sue caratteristiche e nessuno lo ha riconosciuto nelle foto segnaletiche diffuse in tutto il Paese. Insomma, un vero mistero, l’uomo sembra apparso letteralmente dal nulla. La giudice incaricata del caso, Fernanda Galizia Noriega, ha tentato un dialogo in tutti i modi, con interpreti, glottologi e con la mimica, senza risultati. Adesso la giustizia brasiliana si interroga sul cosa fare con il misterioso detenuto.

Ovviamente sono anche sorte le prime polemiche, anche perché il detenuto di fatto non è accusato di nulla. Un’avvocatessa criminale di San Paolo ne ha già chiesto la scarcerazione. "È disumano mantenere in carcere una persona in quelle condizioni - ha affermato Vitoria Nogueira - che non può nemmeno proclamarsi innocente o difendersi". Le autorità al momento sembrerebbero più propense a trasferirlo in un ospedale psichiatrico, per capire meglio perché non sia in grado di comunicare.

 

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