Rassegna stampa 2 agosto

 

Giustizia: inaugurata nuova fase, ma ora andiamo avanti

di Imma Barbarossa* e Arturo Salerni**

 

Liberazione, 2 agosto 2007

 

L’approvazione della nuova legge di riforma dell’ordinamento giudiziario ha evitato, a seguito di un durissimo confronto parlamentare, l’entrata in vigore della cosiddetta riforma Castelli. Il dibattito ha attraversato, con toni e comportamenti aspri, divisioni e polemiche, la magistratura e l’avvocatura. Possiamo dire - come sostenuto sulle pagine di Liberazione da Domenico Gallo - che "l’Unione ha realizzato un risultato di grandissimo rilievo politico, marcando una radicale discontinuità rispetto alla precedente maggioranza politica".

Ma è importante anche sottolineare il ruolo svolto per il raggiungimento di questo risultato dai parlamentari di Rifondazione ed in particolar modo da Giuseppe Di Lello, componente della Commissione Giustizia e relatore al Senato.

Il lavoro svolto dai senatori e dai deputati del Prc va elogiato perché ha consentito di raggiungere un punto di mediazione alto, restando fedeli al programma elettorale della maggioranza, nel pieno rispetto delle previsioni costituzionali. Significativo è stato il risultato raggiunto sulla separazione rigida tra funzioni giudicanti e funzioni requirenti, che costituisce un indubbio passo in avanti rispetto alla situazione precedente, pur nel mantenimento della unicità della magistratura.

Si è introdotto un sistema rigoroso per la valutazione della professionalità dei magistrati, evitando al contempo meccanismi arbitrari che avrebbero inciso sulla imparzialità dei giudicanti. Si è introdotta la temporaneità degli incarichi direttivi. E questo risultato si è raggiunto puntando sempre al confronto con le diverse categorie interessate dalla riforma, senza mai cedere però a pressioni corporative. Si tratta allo stato - e questo va rilevato - della definizione delle basi del nuovo ordinamento giudiziario, che è ancora da completare, con l’approvazione delle parti stralciate, a partire dalle norme che riguardano il Pubblico Ministero.

I dati positivi, di metodo e di risultati, ci devono spingere - valorizzando il confronto tra le forze politiche della sinistra e con l’associazionismo ed i soggetti professionali coinvolti - ad imprimere una svolta per ciò che concerne l’intera questione "giustizia".

Vi è l’urgenza indifferibile di far avviare il percorso parlamentare per l’approvazione del primo codice penale della nostra Repubblica (su cui il primo passo essenziale è stata la redazione della proposta di riforma della Commissione Pisapia), di abrogare le leggi classiste riempi-galera approvate dal centrodestra (su recidiva, stupefacenti e immigrazione), di attuare il programma dell’Unione su tempi e funzionalità della giustizia (civile, del lavoro, penale e amministrativa) su cui sono vive le attese di tanti cittadini, attese che non possono andare ancora frustrate.

È un programma ambizioso che deve anche investire le parti stralciate dalla riforma dell’ordinamento, la giurisdizione militare, l’ordinamento professionale dell’avvocatura. La conclusione positiva della battaglia sull’ordinamento giudiziario ci dice anche che è un programma che può essere realizzato.

 

*Segreteria Nazionale Prc-Se

**Responsabile Carceri Prc-Se

Giustizia: dopo-indulto; appello per una cultura garantista

 

Liberazione, 2 agosto 2007

 

Dopo l’approvazione dell’indulto, sembra essere scomparsa la necessità di impegnarsi per una cultura garantista, sembra quasi che ci si debba vergognare ad avere approvato un provvedimento del genere. Dopo l’indulto era necessario muoversi su un discorso di miglioramento della vita nelle carceri, con l’allargamento di tutte quelle misure che aumentano gli spazi di risocializzazione, riabilitazione e reinserimento sociale.

Invece risolto parzialmente e temporaneamente il problema del sovraffollamento negli istituti di pena, tutto è rimasto come prima, mentre nel contempo l’emergenza nelle carceri è stata istituzionalizzata con l’estensione temporanea del 41 bis, ora rinnovabile ogni tre anni.

Nel nostro paese negli ultimi anni si è discusso molto, nelle aule parlamentari così come tra i giuristi e gli esperti di diritto, sul delicato equilibrio fra le esigenze di sicurezza e le esigenze di tutela dei diritti fondamentali di ogni persona, anche detenuta per reati gravissimi.

Da più parti si è sottolineato come, la cosiddetta carcerazione dura, pur volta esclusivamente e specificamente alla tutela della sicurezza, non può mai travalicare il confine segnato dal rispetto dei diritti fondamentali degli uomini e portare alla inflizione di trattamenti disumani o degradanti, che il nostro sistema rifiuta radicalmente in quanto del tutto estranei alla cultura, prima ancora che all’ordinamento giuridico, del nostro Paese.

Per questo motivo, la discussione, il confronto civile e l’impegno politico su questa tematica, non può essere liquidato in modo banale e strumentale come mero sostegno ai sodalizi criminali che subiscono il regime del 41-bis: si tratta invece di una battaglia politica e culturale fondata sulla difesa dei principi costituzionali previsti dall’art. 27 della Costituzione. Per questo crediamo importante il contributo di chi, come Giulio Petrilli, pur in contesti difficili e a volte poco condivisibili, porta avanti questa battaglia per la difesa dei suddetti principi costituzionali, con profonda convinzione democratica e garantista.

 

Giovanni Russo Spena, capogruppo Prc-Se al Senato

Paolo Cento, deputato Verdi

Haidi Giuliani, senatrice Prc-Se

Francesco Caruso, deputato Prc-Se

Maurizio Acerbo, deputato Prc-Se

Indulto: le considerazioni dei Garanti dei diritti dei detenuti

 

Vita, 2 agosto 2007

 

I Garanti dei diritti dei detenuti fanno il loro bilancio a un anno dall’indulto. Per i 12 Garanti l’indulto era inevitabile per "l’illegalità" che si era venuta a creare a causa del sovraffollamento delle carceri. Ma per superare la logica emergenziale sono necessarie risorse economiche da investire per il reinserimento sociale dei detenuti e per ristrutturare le carceri in modo da adeguarli al regolamento del 2000, invertendo la tendenza delle precedenti manovre finanziarie, che hanno invece visto tagliare sul Carcere".

Franco Corleone, garante Comune di Firenze, ha chiesto impegni precisi al Parlamento e al Governo per non vanificare i risultati prodotti dall’indulto. "Le misure più urgenti - ha detto - sono le modifiche della legge ex Cirielli sulle recidive, della Fini-Giovanardi sulle droghe e della Bossi-Fini sull’immigrazione. Provvedimenti che il garante del Comune di Firenze ha definito "criminogeni" e che "portano in carcere persone che non dovrebbero entrarci". Per Giorgio Bertazzini, invece, garante della provincia di Milano, si deve iniziare ad affrontare il tema della sicurezza considerando anche la ricadute positive che hanno sulla recidiva le misure alternative al carcere e offrendo al detenuto dei percorsi di reinserimento sociale.

Rispetto alla proposta del Ministro Mastella di attribuire alla polizia penitenziaria competenze di controllo nelle Misure alternative Desi Bruno, garante del Comune di Bologna, ha espresso il no dei garanti a tale progetto. "Noi siamo contrari all’inserimento della polizia penitenziaria negli Uepe".

I Garanti sono al momento 12, istituiti dalla Regione Lazio, dalla Provincia di Milano e da 10 comuni. All’incontro era presente Stefano Anastasia, capo della segreteria del sottosegretario alla Giustizia Luigi Manconi.

Il Comitato di solidarietà assistenti sociali, nel condividere le osservazioni e le proposte dei garanti dei diritti dei detenuti ad un anno dall’approvazione dell’indulto, apprezza la loro presa di posizione sulla proposta di inserire la Polizia Penitenziaria negli Uepe, così come quella espressa nei giorni scorsi dal Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca), fortemente preoccupati da tale progetto a tal punto da dichiarare che se approvato li porterà a valutare l’opportunità di non accogliere più soggetti in esecuzione penale esterna nelle loro strutture. È emblematico che da un lato risultano insufficienti le risorse economiche che la finanziaria per il 2007 ha destinato al Carcere, dall’altro si vuole investire su una sperimentazione finanziariamente non preventivata - dai contenuti e dalle finalità incerte e confuse. Il Comitato di solidarietà, auspica che prevalga il buon senso e che si investa tempo e denaro della collettività per offrire alle persone detenute e in esecuzione penale esterna delle concreti percorsi di responsabilizzazione ed opportunità di reinserimento. Solo in questo modo non prevarrà la demagogia e sarà realmente garantita ai cittadini la sicurezza.

Polizia Penitenziaria in Uepe: "no" dai Garanti dei detenuti

 

Redattore Sociale, 2 agosto 2007

 

Il Comitato di solidarietà apprezza la presa di posizione. "Emblematico che da un lato risultano insufficienti le risorse economiche che la finanziaria ha destinato al Carcere, dall’altro si investe su una sperimentazione non preventivata".

In un incontro tenutosi ieri a S. Vittore i Garanti dei diritti dei detenuti (attualmente sono stati istituiti 12 Uffici dalla Regione Lazio, dalla Provincia di Milano e da 10 comuni) ad un anno dall’approvazione dell’indulto, hanno presentato alla stampa le loro osservazioni su quanto è stato fatto e su quanto ancora deve essere realizzato nel nostro Paese in materia di pene e di carcere.

L’occasione è stata propizia anche per discutere della proposta del Ministro Mastella di attribuire alla polizia penitenziaria competenze di controllo nelle Misure alternative (vale a dire negli Uffici per l’Esecuzione Penale Esterna - Uepe). Desi Bruno, garante del Comune di Bologna, ha espresso il no dei garanti a tale progetto, affermando chiaramente: "Noi siamo contrari all’inserimento della polizia penitenziaria negli Uepe".

Oggi in una nota, il Comitato di Solidarietà Assistenti Sociali, nel condividere le osservazioni e le proposte dei garanti dei diritti dei detenuti ad un anno dall’approvazione dell’indulto, afferma di apprezzare la loro presa di posizione sulla proposta di inserire la polizia penitenziaria negli Uepe, così come quella espressa nei giorni scorsi dal Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca), "fortemente preoccupati da tale progetto a tal punto da dichiarare che se approvato li porterà a valutare l’opportunità di non accogliere più soggetti in esecuzione penale esterna nelle loro strutture".

"È emblematico che da un lato risultano insufficienti le risorse economiche che la finanziaria per il 2007 ha destinato al Carcere, dall’altro si vuole investire su una sperimentazione finanziariamente non preventivata- dai contenuti e dalle finalità incerte e confuse", afferma il Comitato.

Lo stesso Comitato di solidarietà, infine, auspica "che prevalga il buon senso e che si investa tempo e denaro della collettività per offrire alle persone detenute e in esecuzione penale esterna delle concreti percorsi di responsabilizzazione ed opportunità di reinserimento. Solo in questo modo non prevarrà la demagogia e sarà realmente garantita ai cittadini la sicurezza".

Campania: 4.500 i detenuti indultati; 850 sono tornati dentro

 

Ansa, 2 agosto 2007

 

A un anno dall’approvazione dell’ indulto sono circa 4.500 i detenuti che ne hanno beneficiato in Campania. Il dato è stato reso noto dalla sede campana dell’ Associazione Antigone, che dal 1998 ha fondato l’osservatorio nazionale sulle condizioni di detenzione. "Sono circa 3.031 - ha detto Dario Stefano Dell’Aquila, presidente di Antigone Campania - i detenuti ristretti che hanno beneficiato del provvedimento di clemenza, 1.572 invece i detenuti che ne hanno beneficiato come misura alternativa".

Secondo i dati dell’Osservatorio sulla detenzione in Campania sono circa 850 i detenuti beneficiari dell’indulto che, al 30 giugno, sono rientrati in carcere. Una percentuale del 19 per cento. "Gli effetti dell’indulto - ha proseguito Dell’Aquila - sull’affollamento penitenziario sono ancora visibili.

Nel luglio 2006 i detenuti ristretti erano 7.800, oggi sono 5.800 circa. Ma anche se l’ emergenza è finita, non sono state rimosse le cause che l’ hanno determinata. Innanzitutto non si é ancora modificato l’impianto legislativo disegnato dal governo di centro destra su tossicodipendenze e immigrazione. Ricordiamo che tossicodipendenti e immigrati costituiscono il 60% della popolazione reclusa.

E poi, anche se vi sono state maggiori risorse rispetto ai governi precedenti, non si è ancora determinata una svolta nel rafforzamento delle politiche di welfare e inclusione sociale". "Come ha detto il Presidente della Repubblica - ha concluso Dell’Aquila - si deve ripensare l’intero sistema sanzionatorio e di gestione della pena. L’esecuzione deve avvenire nel rispetto della dignità del detenuto e offrendo le condizioni per favorire il suo reinserimento sociale.

Milano: "no" dai Garanti a speculazioni edilizie su San Vittore

 

Apcom, 2 agosto 2007

 

I 12 Garanti dei diritti dei detenuti nelle carceri italiane, autorità introdotte da altrettanti enti locali (come il Comune di Roma, la Regione Sicilia e la Provincia di Milano) si opporranno a operazione di "speculazione edilizia" sul carcere milanese di San Vittore. Lo hanno affermato durante un incontro sull’indulto organizzato proprio all’interno dello storico penitenziario che dovrebbe essere, nel medio periodo, trasferito in periferia.

"Non accetteremo speculazioni edilizie su San Vittore - ha detto Franco Corleone, Garante del Comune di Firenze -. In quel caso faremmo appello alla Corte dei Conti perché sono in corso dei lavori di ristrutturazione. Questo carcere, per la sua struttura, è un modello. Va messo a posto e reso vivibile".

I garanti sostengono che un penitenziario nel centro di una metropoli come Milano facilita il coinvolgimento della società civile, soprattutto del volontariato. Secondo Giorgio Bertazzini, Garante della Provincia di Milano, San Vittore va tutelato perché "ha una storia, mura anche impregnate di umanità" sulle quali "sarebbe odioso" se "venissero posate le mani degli speculatori edilizi". La decisione del trasferimento è però stata presa.

La priorità è quindi, a suo parere, quella di "tenere conto di una contraddizione: da una parte non possiamo spendere male i soldi e buttarli via nel momento in cui c’è un altro progetto. Dall’altro c’è l’emergenza e l’urgenza di garantire vivibilità ai detenuti applicando il regolamento con le ristrutturazioni in corso. Chiederemo, come garanti, di compartecipare a un percorso trasparente da costruire. Se dovessimo verificare irregolarità cercheremo di intervenire".

L’idea di trasferire il carcere milanese insieme a tribunale e uffici giudiziari è frutto di un accordo di programma siglato a ottobre 2006 tra ministeri della Giustizia e dei Beni Culturali, Regione Lombardia, Provincia e Comune di Milano. Il nuovo penitenziario sorgerà in località "Porto di mare" in un’area di 220.000 metri quadrati contro i 53.000 di San Vittore. I lavori dovrebbero iniziare nel 2009.

L’ipotesi di lavoro prevede il coinvolgimento di soggetti privati in project financing e "attuatori privati può facilitare il trasferimento". In pratica l’idea è quella di cedere ai privati, fermi restando i vincoli dei Beni culturali, le aree di San Vittore e di Palazzo di Giustizia. Un modo per finanziare la nuova Cittadella di circa 1,2 milioni di metri quadrati. L’area è di proprietà del Consorzio canale navigabile ed è in corso di acquisizione da parte del Comune di Milano.

Belluno: solo 5 gli indultati recidivi, tutte "persone disagiate"

 

Il Gazzettino, 2 agosto 2007

 

Era il 30 luglio 2006 quando il provvedimento del Governo Prodi sull’indulto divenne legge. A distanza di un anno il carcere cittadino di Baldenich registra solo 5 recidivi. Intendendosi con questo termine quanti, tra coloro che vennero scarcerati in quei giorni della scorsa estate, hanno compiuto nuovamente reato. Tra questi, quattro giungono da istituti di pena delle altre province venete, bisognosi di "alleggerire" le proprie celle, mentre solo uno è bellunese e ha commesso atto delinquenziale nel territorio locale. Ripercorrendo i fatti, Baldenich è un carcere di media sicurezza che può accogliere al massimo 142 persone. In esso vi è anche una piccola sezione femminile. Attualmente i detenuti ospitati sono poco più di cento (tra cui cinque donne).

"Dei 126 detenuti che vi erano in quel periodo - spiegano dalla direzione di Baldenich - con l’indulto ne uscirono 68 (tra cui 4 donne). Di questo numero complessivo circa il 40% era di nazionalità italiana mentre il restante 60% era composto da cittadini europei e, in larghissima maggioranza, extracomunitari.

All’epoca vennero avviati vari progetti di reinserimento in società grazie a iniziative ministeriali con la collaborazione di enti locali e di associazioni di volontariato. Un’operazione che, nel nostro piccolo, cerchiamo comunque di svolgere quotidianamente con l’organizzazione ad esempio di corsi professionali per insegnare un lavoro. In questo periodo ve n’è uno dedicato alla figura di tecnico di lavanderia promosso assieme al consorzio Sacs". "I 5 "recidivi" - viene spiegato - sono persone disagiate che non hanno la forza, o forse la volontà, di uscire dalla spirale delinquenziale in cui sono caduti. Persone abituate purtroppo a vivere di espedienti estemporanei e prive invece di un concreto programma per il futuro".

Lettere: detenuti da varie carceri scrivono a Riccardo Arena

 

www.radiocarcere.com, 2 agosto 2007

 

Orazio, dal carcere Opera di Milano

"Caro Riccardo, sono uno di quelli che dovrà stare in carcere per sempre. Sono un ergastolano. Io come altri detenuti qui a Opera seguo Radio Carcere e sono d’accordo con te quando dici che il Governo Prodi ha poco più di un anno per fare la riforma del sistema delle pene. L’indulto e basta non serve a nulla senza riforme. Questo l’ho capito io, semplice ergastolano, e loro ( i politici) che sono tanto intelligenti e istruiti sembrano far finta di nulla.

Ora l’on. Pisapia ha finito il suo lavoro sulla riforma del codice penale, ma tu ci credi che gliela faranno approvare il parlamento? Io no.

Per quanto riguarda la vita qui a Opera ti posso solo dire che io sono fortunato perché faccio il porta vitto qui in carcere, ovvero porto da mangiare in cella ai detenuti ma sai quanto mi danno? 120 euro al mese. Una paga da terzo mondo, che come puoi immaginare, non è sufficiente neanche per le spese di prima necessità e neanche in carcere. Per quanto riguarda noi ergastolani ti prego dillo che esistiamo! Noi siamo in carcere a vita, e non è vero che non scontiamo il carcere per sempre. Il mio fine pena è 31 dicembre 9999, non dico altro.

Ti saluto con tanta simpatia, e insieme a me i mie compagni del reparto di alta sorveglianza del carcere Opera di Milano. E ricordati noi con te non siamo soli e tu con noi non sei solo!"

 

Mimmo, dal carcere di Nuoro

"Cara Radio Carcere, ho 48 anni e sono originario di Taranto, ma mi trovo qui nel carcere di Nuoro. Un carcere dove i topi fanno da padroni. Sono tantissimi e la situazione peggiora sempre di più. Ogni giorno ne becchiamo tanti ma non basta. Nel silenzio della notte li sentiamo camminare in cella, accanto alle nostre brande. Noi abbiamo paura perché stando sempre chiusi in carcere con questi topi temiamo di prenderci qualche malattia o magari tra qualche anno ci accorgeremo di essere già malati. Non voglio immaginare cosa ci sta nelle cucine del carcere o nel magazzino dei viveri. Il fatto è che questo carcere è abbandonato a se stesso, o al capoposto di turno e noi non possiamo che sperare che ci capiti un agente dal cuore buono. Questi sono i nostri contatti. Per poter parlare con un educatore dei essere molto fortunato. Eppure io avrei bisogno che qualcuno mi ascoltasse. Sono due anni che non vedo al mia famiglia che risiede a Taranto e che non può venire qui in Sardegna per ragioni economiche.

Ho chiesto tante volte un avvicinamento a Taranto ma niente, è stato inutile, non mi rispondono neanche. Come se non bastasse, non ho più denti e mi nutro di soli liquidi. Il dentista mi ha visitato qualche mese fa ma dopo non l’ho più visto. E io continuo a nutrirmi di solo latte. Qui nel carcere di Nuoro anche dopo l’indulto viviamo in condizione assai poco dignitose. La nostra cella è un buco. In un angolo, senza porta o muretto, c’è un buco dove farci i bisogni. Poi alle 7 di sera si chiude il blindo della cella e buona notte al secchio! Qui noi stiamo sempre chiusi in cella, senza lavoro, senza rieducazione. Solo i topi ci stanno qui. Qualcuno lavora, ma fa lo scopino o il porta vitto. È una vergogna. La certezza della pena c’è e come se c’è. Io come tanti altri paghiamo e pagheremo anche un prezzo più alto di quello scritto nella sentenza. Ciao Riccardo A presto. Con stima"

 

E., dal carcere di Tolmezzo

"Cara Radio Carcere vi scrivo per raccontarti quello che mi è successo l’altra mattina. Devi sapere che, qui nel carcere di Tolmezzo, quando siamo all’ora d’aria veniamo controllati anche dai cani. Mentre uno di questi cani mi controllava mi ha morso sul gluteo. Allora io sono andato in infermeria ma il dottore non solo non mi ha fatto subito l’antitetanica ma si è rifiutato di scrivere che la ferita era dovuta al morso del cane. Solo nel pomeriggio, e dopo aver tanto insistito, mi hanno fatto la puntura antitetanica. Mi hanno anche fatto capire che non era il caso di fare una denuncia per il morso del cane e il medico si è guardato bene dallo scrivere questo sul certificato. Ora capisco che questo fatto non è tanto grave, ma rende l’idea di come i detenuti non abbiano diritti!"

Savona: dal Comune un progetto di recupero per i detenuti

 

Secolo XIX, 2 agosto 2007

 

Nuovo accordo, per il secondo anno consecutivo, tra il Comune di Savona ed il carcere Sant’Agostino sull’impiego dei detenuti in lavori di pubblica utilità. La convenzione è stata redatta e firmata dall’assessore ai quartieri Franco Lirosi e dalla direttrice della casa circondariale Maria Isabella De Gennaro. Il documento è stato sottoscritto anche dall’Ata e dalla Fondazione Carisa. I detenuti che saranno selezionati per l’iniziativa di recupero sociale probabilmente saranno destinati alla pulizia dei torrenti.

 

In mostra le opere dei detenuti

 

Il pezzo che forse colpisce di più è la testa in ceramica di un cavallo che sembra racchiudere sofferenza, tormento e un complesso talento artistico. L’opera, in esposizione insieme ad altre in questi giorni nell’atrio di palazzo Sisto, è stata fatta da un artista particolare, oggi scomparso, detenuto nella casa circondariale di Savona negli anni passati e che come altri detenuti ha partecipato al laboratorio di ceramica attivo ormai dal 1997.

"L’esposizione - afferma il direttore del Sant’Agostino, Maria Isabella De Gennaro -è un’importante iniziativa e costituisce un efficace esempio di sinergia tra carcere e territorio, nel tentativo di superare la distanza tra carcere e tessuto sociale". "Il corso di ceramica ha una forte valenza terapeutica - aggiunge la psicologa Rosanna Guazzotti - si svolge all’interno delle strutture carcerarie e dura circa sette, otto mesi".

Le opere esposte sono diverse, si va dal portacenere alla statuina femminile, dal pesce da appendere alla parete al presepe fatto a più mani. "Tutti gli anni scopriamo nei detenuti un grande interesse e un grande impegno, quest’anno ancora maggiore - afferma suor Cesarina, che sostiene il progetto - Essere detenuti non è una cosa facile e noi cerchiamo incoraggiare a fare attività del genere per esprimere se stessi attraverso la manualità".

Quest’anno i detenuti che hanno frequentato il corso sono stati circa una ventina. "Portare la ceramica nel carcere - sottolinea Laura Romano che insieme a Iva Costa gestisce il laboratorio da 10 anni - i detenuti rimangono gratificati nello scoprire di essere capaci di creare". A fine corso rimane l’amarezza di riporre gli strumenti e la consapevolezza che "il laboratorio - come affermano molti dei detenuti del corso - è l’unico momento in cui il tempo vola in un lampo".

Palermo: il deputato Mercadante (FI) trasferito in ospedale

 

Agi, 2 agosto 2007

 

Il deputato regionale siciliano di Forza Italia, Giovanni Mercadante, da oltre un anno detenuto per associazione mafiosa, è stato trasferito dal reparto detenuti dell’ospedale Civico di Palermo all’ospedale psichiatrico dell’Azienda universitaria Sant’Andrea del Policlinico della Sapienza di Roma.

La decisione era stata adottata nei giorni scorsi prima dal Gup di Palermo Piergiorgio Morosini e poi dalla sezione feriale del Tribunale, ma era rimasta non eseguita per la mancanza di posti nei reparti ospedalieri. Visti i ritardi nel trasferimento - denunciati peraltro da Stefania Craxi e dai vertici siciliani di Forza Italia in una conferenza stampa - il Tribunale presieduto da Vittorio Alcamo aveva autorizzato i difensori a trovare un reparto disponibile e a comunicarlo ai giudici, cosa che è avvenuta e oggi il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha spostato Mercadante nel reparto ospedaliero, dove, per disposizione del Tribunale, non sarà piantonato. Il deputato regionale è considerato dai periti che lo hanno visitato "ad alto rischio di suicidio" per questo era stato ritenuto necessario e urgente il trasferimento in psichiatria.

"I giudici -dicono gli avvocati Roberto Tricoli e Massimiliano Miceli - sono stati solleciti nel rilevare le gravi condizioni di salute del nostro cliente. Ci siamo però ritrovati di fronte a una sanità che non funziona e a un sistema burocratico e penitenziario che complica le pratiche. A questa situazione la classe politica non vuole o non sa porre rimedio".

Gli avvocati, che assistono Mercadante assieme a Nino Mormino, hanno ribadito la convinzione che il primario di radiologia e esponente politico sia estraneo alle contestazioni che gli vengono mosse da Direzione distrettuale Antimafia: "Siamo certi -aggiungono- che non doveva essere arrestato. La Cassazione aveva già annullato con rinvio e con congrua e ampia motivazione, l’ordinanza che aveva confermato l’arresto del professore. I principi di diritto fissati dalla Suprema Corte - concludono i difensori - avrebbero dovuto condurre a un totale annullamento del provvedimento, invece l’ordine di custodia è stato inopinatamente riconfermato dal tribunale della Libertà".

Droghe: tutti negativi "test" a parlamentari promossi da Udc

 

Notiziario Aduc, 2 agosto 2007

 

Sono risultati negativi i test tossicologici antidroga a cui si sono sottoposti volontariamente 122 parlamentari, fra deputati e senatori, davanti alla Camera dei deputati in Piazza Montecitorio, nel presidio medico del Centro diagnostico Spa di Roma.

Nel dettaglio -riferisce l’Udc, che ha promosso l’iniziativa- sono stati effettuati 114 screening sulla sola saliva, 5 screening sulle sole urine, 3 screening sia sulla saliva che sulle urine.

Come rilevato dal Centro diagnostico Spa di Roma tutti i test sono risultati negativi al set di sostanze d’abuso, e loro metaboliti, oggetto dello screening "di primo livello" (anfetamina, cocaina, marijuana, metamfetamina, oppiacei e fenciclidina).

Le metodiche utilizzate sono basate su immuno-cromatografia a flusso laterale. Per quanto riguarda la validità del test, il Centro diagnostico ha ribadito i limiti entro i quali queste indagini "di primo livello" vengono eseguite, richiamando le indicazioni degli organi ufficiali, sia internazionali (Who, Food and Drugs Administration) sia nazionali (Istituto superiore di sanità, reparto di Farmacodipendenza, Tossicodipendenza e Doping).

I dosaggi delle droghe d’abuso nella saliva, nel sudore, nelle urine e nei capelli, vengono considerati test di screening "di primo livello". Questi forniscono, quindi, dei risultati indicativi, che necessitano di conferme con metodologie più accurate.

Lo stesso "esame tricologico" non è considerato un esame definitivo. Difatti, nonostante i capelli conservino nella loro matrice tracce della droga per un più lungo periodo, la loro validità è inficiata dalla complessità della metodologia d’analisi. Esistono, inoltre, fattori indipendenti dalle metodiche analitiche che ne limitano fortemente la validità: variabilità nella cinetica di incorporazione delle droghe dovuta alla velocità di crescita del capello, di produzione del sebo e del sudore e dalla presenza di melanina. Ma anche altri fattori possono condizionarne il risultato: contaminazione esterna da detergenti per il lavaggio del capello, da tinture, nicotina e altro, mancanza di standard di riferimento, scarsa correlazione tra capelli, peli pubici o ascellari a causa una di crescita più lenta e di maggior contatto con il sudore. I risultati nominativi dei test potranno essere richiesti, a partire dal 3 di settembre, in forma individuale solamente dietro richiesta dell’interessato e consegnati a lui medesimo.

Il presidente della commissione Esteri del Senato Lamberto Dini non si tira indietro davanti all’idea di fare il test antidroga: "Lo farei con piacere. Anzi, farei persino anche quello del sangue...", risponde infatti a chi gli chiede un commento mentre beve un caffè alla buvette di Palazzo Madama.

"Ho apprezzato l’iniziativa dell’Udc di offrire a tutti i parlamentari la possibilità di svolgere un test capace di certificare pubblicamente l’eventuale uso di sostanze stupefacenti eventualmente assunte negli ultimi 15 giorni". Così il senatore del Prc Salvatore Allocca interviene con una nota nella polemica innescata dall’iniziativa di ieri dei centristi in piazza Montecitorio. "Se la logica è quella di una sempre maggiore trasparenza delle qualità personali di coloro che ricoprono un ruolo di rappresentanza pubblica - aggiunge - sono favorevole a sottopormi al test, purché sia abbinato ad un altro, deciso: quello che misura il quoziente intellettivo".

"Non ho fatto il test antidroga perché nessuno me lo ha chiesto, ma io non ho certo bisogno di farlo. Il problema non è fare il test antidroga, ma non drogarsi. E, soprattutto, non dare la droga per fare sesso". Lo ha detto il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, oggi a Palermo a margine della firma dell’accordo di programma quadro con la Regione Siciliana e diversi Comuni dell’Isola per l’edilizia sociale, riferendosi al test antidroga organizzato ieri a Roma dall’Udc.

"Brava Brambilla. Ha detto ciò che tutti pensano, ovvero che sulla questione droga Udc e An hanno dato uno spettacolo veramente vecchio e triste, e ha subito avanzato una proposta sensata: mostrare ai ragazzi immagini con i neuroni del cervello bruciati dalla droga. Ecco cosa significa ricambio generazionale". Lo dice Matteo Renzi (Margherita), presidente della provincia di Firenze, commentando l’intervista al Corriere della Sera in cui la presidente dei Circoli della Libertà chiede agli alleati "perché siano caduti così in basso".

"Tra biberon controlla saliva e analisi della tintura dei capelli - aggiunge Renzi - il centrodestra ha dato un’immagine veramente farsesca di un problema decisamente drammatico e ha contribuito solo ad alimentare la confusione, riducendo la questione a uno scontro di bottega all’interno dell’opposizione.

Invece le parole di Michela Brambilla dimostrano concretamente cosa significa ricambio generazionale. E allora se An e Udc hanno intenzione di battersi contro la droga sarebbe molto più utile raccogliere dei fondi e mettere in campo campagne informative e magari un ciclo di spot pubblicitari sulle televisioni per far vedere ai giovani i danni reali che la droga provoca".

Iran: condannato direttore associazione difesa diritti detenuti

 

Ansa, 2 agosto 2007

 

Il noto intellettuale, scrittore e giornalista Emadeddin Baghi, è stato condannato in Iran a tre anni di carcere con la condizionale, con l’accusa di aver "incitato l’opinione pubblica alla ribellione contro lo Stato". Una delle prove a suo carico è una intervista nella quale Baghi critica la condanna a morte di alcuni iraniani di etnia araba. Insieme a lui, sono state condannate rispettivamente a tre e cinque anni di carcere, sempre con la condizionale, anche sua moglie e sua figlia. Giornaliste anche loro, sono accusate di "collaborazione con il nemico" per aver partecipato a un seminario sui diritti umani organizzato da una fondazione americana a Dubai. Direttore dell’Associazione per la difesa dei diritti dei detenuti, Baghi era già stato condannato nel 2000 a tre anni di carcere, due dei quali condonati, per la pubblicazione di un articolo in cui si esprimeva contro la pena di morte.

 

 

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