Rassegna stampa 29 agosto

 

Milano: muore suicida 69enne detenuto per associazione mafiosa

 

Affari Italiani, 29 agosto 2007

 

Si è suicidato nel carcere di Opera (Milano), dove si trovava rinchiuso da alcuni mesi, il presunto mafioso Giuseppe Spera, imparentato con il capo del mandamento di Belmonte Mezzagno, Benedetto Spera. L’uomo è stato trovato impiccato nella sua cella. Giuseppe Spera, originario di Belmonte Mezzagno (Palermo), aveva 69 anni, ed era, come hanno confermato i carabinieri del Comando provinciale del capoluogo isolano, fratello di Benedetto, il boss ritenuto "fedelissimo" di Bernardo Provenzano, arrestato nel gennaio del 2001 dopo una lunga latitanza. Giuseppe Spera, allevatore di bestiame, era stato arrestato il 25 gennaio 2005 nell’ambito dell’operazione antimafia "Grande mandamento" con l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso. Nel primo pomeriggio di martedì gli agenti della polizia penitenziaria del carcere milanese di Opera lo hanno trovato impiccato nella sua cella.

Giustizia: da gennaio a giugno 2007 detenuti aumentati del 10%

 

Ansa, 29 agosto 2007

 

Nei primi 6 mesi del 2007, i detenuti sono aumentati del 10%, passando da 39.005 del 31 dicembre 2006 a 43.957 del 30 giugno 2007. Quasi 11 mila sono stranieri. Lo rende noto il Sappe, sindacato autonomo di polizia penitenziaria, sottolineando che le quasi 5.000 presenze in più sono un dato allarmante dal momento che negli ultimi 15 anni il numero di detenuti è salito di 10 mila unità ogni 5 anni.

"Con questi ritmi - sottolinea Aldo Di Giacomo, consigliere nazionale del sindacato - nel breve periodo si tornerà alla situazione di collasso pre-indulto". Se i delitti totali erano in diminuzione nel primo semestre del 2006, secondo i dati del ministero dell’Interno, sono invece aumentati nella seconda metà dello stesso anno, periodo che, ricorda Di Giacomo, "include interamente le scarcerazioni post indulto".

I furti, dopo un calo del 5%, sono tornati a crescere attestandosi su un 6% in più. Sconforta anche il dato relativo alle rapine: a fronte di una diminuzione del 7% nei primi 6 mesi del 2006, sono aumentate del 15,5% nel resto dell’anno. Stando ai dati del Sappe, Lombardia (8.061), Campania (5.332) e Piemonte (5.109) sono le regioni con il maggior numero di ‘ingressi dalla libertà, coloro, cioè, che sono entrati e poi usciti di prigione.

Giustizia: 8mila volontari al fianco dei detenuti, dentro e fuori

 

Il Sole 24 Ore, 29 agosto 2007

 

Volontari dietro le sbarre, per cambiare il mondo fuori. Secondo il censimento più recente, sono 8.300 gli "operatori esterni" che entrano costantemente nelle carceri italiane, per svolgere attività a beneficio dei detenuti. Per il 70% sono volontari "puri": un esercito di persone che portano negli istituti di pena (senza spesa per lo Stato) capacità, attività e stimoli a vantaggio di chi è recluso, in una prospettiva diversa da quella criminale.

Dal 2001 al 2005 il numero dei volontari è aumentato del 28% per stabilizzarsi nello scorso anno. Prima dell’indulto (agosto 2006), si contavaunamediadi1volontario ogni 7 detenuti. Oggi la media è di 1 a 5; e, pur nella varietà del territorio (si va dall’1 a 3 della Toscana all’1 a 25 della Campania), la situazione si è fatta meno difficoltosa.

Articolo 17 e articolo 78. In Italia la legge prevede due figure di volontari penitenziari, identificate con gli articoli del regolamento. Il cosiddetto "articolo 17" entra in carcere solo per svolger e attività specifiche di cui è competente, come l’animazione sportiva, il teatro o l’insegnamento; mentre l’articolo 78 è una specie di tutor che offre sostegno al detenuto: dai bisogni materiali ai contatti con la famiglia, alla ricerca di una casa o di un lavoro una volta uscito. "Tra i volontari - spiega Livio Ferrari, autore di "In carcere, scomodi", libro sui volontari penitenziari, e antesignano di questa attività - gli uomini sono soprattutto pensionati, mentre le donne sono distribuite in tutte le fasce d’età. Per quanto riguarda il contesto geografico, in Nord Italia ci sono più organizzazione e più mezzi; a Sud il territorio ha meno risorse, entrare in un carcere è più pericoloso e i volontari fanno grandi sforzi".

Le difficoltà. In generale non mancano i problemi: "Il nostro volontariato non è compreso - dice Claudio Messina, presidente della Conferenza Nazionale Volontariato e Giustizia, che mette in rete tutte le associazioni italiane del settore -. In molti pensano che i detenuti non meritano di essere aiutati e si chiedono perché noi lo facciamo. Per smontare questo pregiudizio sarebbe necessaria una migliore informazione. Nelle carceri italiane troviamo soprattutto i poveri, quelli che non si possono pagare un buon avvocato. Alla fine, si tratta di un problema sociale". "Proprio perché il nostro è un volontariato professionale e organizzato - mette in guardia Elisabetta Laganà, presidente di Seac, coordinamento che riunisce circa 80 associazioni penitenziarie - rischiamo di sostituire le istituzioni nel loro compito educativo". I volontari, osserva Livio Ferrari, potrebbero invece avere un utile ruolo di denuncia: "Ma troppo spesso - aggiunge - le nostre sollecitazioni finiscono inascoltate".

Stagione critica. Per chi vive in carcere, questo è uno dei periodi peggiori. "Per tutti, reclusi o no, l’estate incarna l’idea di libertà - dice Ornella Favero, volontaria e responsabile del Centro di Documentazione Due Palazzi, che coinvolge circa 60 detenuti dei 500 della casa di reclusione di Padova -. Ma mentre fuori questa libertà è possibile viverla, dentro aumenta solamente il suo desiderio. Contemporaneamente diminuiscono le visite dei parenti, si interrompono le attività educative e le visite degli avvocati… così la frustrazione aumenta".

Sono comunque molti i volontari che frequentano il carcere in agosto. Come Antonio Casella e Teresa Michiara, a San Vittore. "In carcere riscopri il senso della parola dignità - spiega Antonio, impegnato in un progetto di informazione per detenuti tossicodipendenti -.

Ti rendi conto che le relazioni tra le persone possono essere recuperate, sempre e comunque. Qui torni a credere nell’essere umano - rileva Teresa, responsabile dei volontaria San Vittore per la Sesta Opera, tra le più antiche associazioni di volontariato penitenziario in Italia -. Con la nostra attività possiamo condividere tempo e ascolto, così necessari per chi è recluso".

Sicurezza: Amato; presto un provvedimento contro i lavavetri

 

Il Giornale, 29 agosto 2007

 

Anche il ministro dell’Interno, Giuliano Amato, interviene sulla controversa ordinanza del sindaco di Firenze contro i lavavetri. E promette: "Me ne occuperò prestissimo, forse entro 24 ore". Mentre vuole mantenersi fuori dalle polemiche, Fausto Bertinotti. Ma la tentazione di dire la sua sulla delibera fiorentina ha la meglio sul desiderio di chiamarsi fuori. "Io per cultura e per lunga esperienza dubito sempre quando la severità interviene sugli ultimi invece che sui primi colpevoli, in questo caso il racket", ha dichiarato il presidente della Camera alla festa dell’Udeur a Telese Terme. E ha ribadito: "Preferirei la tolleranza zero nei confronti del racket piuttosto che nei confronti dei lavavetri".

Pecoraro Scanio: "Intervenire sul racket" Dello stesso avviso anche il ministro per l’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. Che ha dichiarato: "Si deve intervenire duramente sul racket, sugli sfruttatori degli ambulanti e dei lavavetri, non su chi per sopravvivere lavora agli angoli delle strade. Il rischio è che alcuni di loro, privati della possibilità di guadagnare qualcosa con il lavaggio dei vetri, scivoli verso la vera criminalità. Si stia attenti a non trasformare i lavavetri in scippatori o peggio".

Gasparri: "È manovra politica" "La sinistra municipale della lotta ai lavavetri è ridicola. Sì tratta dello stesso schieramento criminogeno che ha voluto l’indulto scaricando sulle strade migliaia di delinquenti italiani e stranieri". Lo afferma Maurizio Gasparri, deputato di An. "È la sinistra che cancella la legge Fini Bossi e inventa mille norme pro clandestini. Sono dei pagliacci che cercano di recuperare un consenso perduto. Ci vuole ben altro per la sicurezza nelle città".

Cofferati: "L’ordinanza non funziona ovunque" Ma non tutti i sindaci di sinistra sono pronti a emettere un’ordinanza contro i lavavetri. Sergio Cofferati, ad esempio, sostiene che "non esistono metodi che valgono per tutti. Quando si presentò il problema a Bologna - ricorda il sindaco - lo abbiamo risolto utilizzando il regolamento di polizia urbana, senza ricorrere ad alcun provvedimento specifico".

Penati: "D’accordo con Domenici" "Sono pienamente d’accordo con il provvedimento preso a Firenze dal sindaco Domenici". Con queste parole il presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati, si schiera dalla parte del sindaco fiorentino: "Il lavaggio dei vetri ai semafori è un’attività abusiva largamente diffusa in tutte le grandi città del nostro Paese, e dietro alla quale spesso opera un racket che sfrutta e schiavizza sul territorio le persone più deboli, bambini e anziani, che è giusto contrastare. Credo sia significativo che un sindaco prenda l’iniziativa e usi tutti gli strumenti normativi a disposizione per combattere efficacemente questo fenomeno". "Leggi e regolamenti sono fatti per essere rispettati - conclude Penati - e bene ha fatto il sindaco Domenici a farli rispettare".

Sicurezza: l’ennesima "emergenza", stavolta tocca ai lavavetri

 

Liberazione, 29 agosto 2007

 

La notizia arriva da Firenze. Secondo un’ordinanza del Comune (di centro sinistra) i lavavetri possono rischiare fino a tre mesi di galera. L’idea - a quanto pare - è piaciuta subito ad un altra amministrazione di centro sinistra. Michele Emiliano, sindaco di Bari, ha annunciato che procederà anche lui in questa direzione mentre il sindaco di Torino Sergio Chiamparino ha fatto sapere che assumerà tutte le informazioni per verificare se un’ordinanza simile è possibile anche nella sua città.

I lavavetri. Questa la nuova emergenza dell’estate 2007. L’aspirante segretario del futuro partito democratico Walter Veltroni se ne è fatto subito carico. È una questione nazionale, ha detto, e quindi non possono essere i singoli comuni a pensare di risolverla. Ci vuole una soluzione organizzata e simile per tutte le città.

I lavavetri. Allora questo il nuovo pericolo da combattere. La cosa ci indigna, ma non ci stupisce. Sono mesi che dai ministri, sindaci, amministratori, segretari di partito e aspiranti tali del centro sinistra vengono messaggi che contengono la stessa matrice culturale, la stessa intenzione politica. Abbiamo sentito che per la sinistra la ricchezza non deve essere un nemico. Senza neanche porre il dubbio che qualche volta la ricchezza di alcuni si costruisce sulla povertà di altri. Che i precari vengono prima degli operai. Come se il problema oggi fosse fare una gerarchia fra chi sta male e chi sta peggio. Che i sindacati difendono troppo i lavoratori. E qui si è sfiorato il ridicolo: che cosa dovrebbero fare? Abbiamo sentito dire che la precarietà non è una bella cosa, ma che le leggi sul mercato del lavoro alla fin fine vanno bene. Ci hanno assicurato che i rom saranno allontanati dai centri cittadini con le buone o con le cattive maniere. Che la sicurezza viene prima di tutto e che non è di destra né di sinistra. L’elenco è lungo, ma ci fermiamo qui per porre una domanda.

Perché questa sfilza di dichiarazioni e di prese di posizione? Che cosa c’è dietro questa ossessione di tanti esponenti del centro sinistra di mostrare che hanno abbandonato ogni posizione diversa da quelle di destra? C’è chi vi ha visto una grande voglia di centro, il desiderio di cambiare gli equilibri politici, l’intenzione di andare ad un governo che scarichi la sinistra radicale e apra ai moderati. Per fare tutto questo è importante mandare segnali di cambiamento, mostrare che si è disponibili ad affrontare i problemi sociali in modo moderato e responsabile.

Probabilmente c’è del vero. Ma non basta a spiegare. Quest’estate, infatti, nel grande circo del dibattito politico che ha avuto al suo centro la nascita del partito democratico non c’è stato solo uno spostamento di posizioni in senso moderato o conservatore. Non abbiamo assistito solo al tentativo, persino legittimo, di spostare un elettorato ed una opinione pubblica diffidente nei confronti della sinistra. Quel che è avvenuto è più profondo e più grave. È maturata in questi mesi nello stillicidio di dichiarazioni, nell’abbondanza di prese di posizione e di interviste una "cultura politica", un’ideologia che si propone con forza e anche con una sua dose di violenza.

L’"emergenza lavavetri" è infatti un messaggio innanzitutto ideologico. Non è una soluzione politica, né amministrativa, né di buon senso. Un buon amministratore, infatti, sa che chi non può più recuperare qualche spicciolo davanti ai semafori finisce più facilmente a fare lo spacciatore. Un politico dovrebbe aver chiaro che non è il caso di riempire le carceri italiani di lavavetri. Chiunque abbia un po’ di buon senso dovrebbe pensare che non si può mettere in galera chi al massimo procura qualche fastidio o può essere maleducato.

Il messaggio ideologico invece è chiaro. Ai problemi posti dalla società non c’è una risposta di sinistra, c’è solo l’accoglimento e l’allargamento delle risposte di destra. Non è strano né casuale che gli esponenti della Lega plaudano all’emergenza lavavetri e alle nuove ordinanze comunali.

E ancora, più in generale si manda a dire che non esistono risposte di destra e risposte di sinistra. Esistono "risposte". E siccome quelle di destra sono belle e pronte e si fondano sulla paura, sulla istintiva difesa delle grandi e piccole comodità della vita quotidiana, sul rifiuto di chi ha meno, di chi è ai margini del proprio benessere, ecco che quelle risposte diventano le uniche, assumono un carattere oggettivo e neutrale.

L’"emergenza lavavetri" non riguarda solo quei migliaia che chiedono qualche spicciolo dando in cambio il lavoro che possono dare. Riguarda la sinistra. Anche per chi si ostina a cercare a sinistra ormai è emergenza.

Sicurezza: pm di Firenze; il Comune a rischio incostituzionalità

 

L’Unità, 29 agosto 2007

 

I giudici non sono convinti. E se il procuratore capo di Firenze, Ubaldo Nannucci, si limita a parlare di "decisione opinabile"; il presidente emerito della Corte Costituzionale, Antonio Baldassarre, mette addirittura in dubbio il principio di uguaglianza dalla Costituzione, "visto - dichiara - che il divieto riguarda solo i lavavetri di una città".

E se venisse sollevata una questione del genere, come dovrebbe comportarsi il Comune di Firenze?: "Dovrebbe dimostrare che i propri lavavetri sono particolarmente propensi a compiere attività illecite, il che mi pare una prova diabolica".

Più limpida, invece, la costruzione "tecnica". "L’ordinanza è giuridicamente corretta e opportuna. Il problema, semmai, è l’effettività della sanzione", spiega il sostituto procuratore fiorentino Giuseppe Soresina.

"Possiamo identificare i lavavetri e denunciarli, ma poi li lasciamo andare. Per esperienza personale, posso dire che ci sono tanti stranieri denunciati a piede libero per guida in stato di ebbrezza o per omissione di soccorso, che poi si rendono irreperibili". Più o meno il pensiero di Vanessa Luperi, uno degli avvocati chiamati d’ufficio a difendere il primo lavavetri denunciato: "Il mio assistito? Mi hanno detto che è di nazionalità rumena. Ancora non l’ho incontrato e probabilmente non lo incontrerò. Oggi sono a Firenze, domani chissà dove".

"Di sicuro - conclude Luperi - questa ordinanza produrrà un appesantimento della giustizia. I lavavetri saranno fermati, poi, se non hanno i documenti o si rifiutano di darli, possono essere foto segnalati, identificati e denunciati, quindi ci sarà l’eventuale convalida del sequestro. Tutto questo, per un processo al quale l’imputato probabilmente non parteciperà e che potrebbe concludersi con un’assoluzione o magari con una semplice ammenda". Si aggiunge al coro dei dubbiosi anche Lorenzo Zilletti, presidente della Camera penale di Firenze. "Si deve intervenire penalmente - suggerisce - se un lavavetri danneggia una vettura o aggredisce un automobilista, ma non perché sta facendo il lavavetri".

Sicurezza: Caritas; richiesta di legalità colpisce solo i più deboli

 

L’Unità, 29 agosto 2007

 

"Il futuro di queste persone non è lavare quattro vetri". Don Vittorio Nozza, presidente della Caritas italiana, è amareggiato per l’ordinanza di divieto di esercizio del mestiere girovago di "lavavetri" della città di Firenze ha messo in atto. "Guai se l’azione da farsi fosse solo quella della "legalità", afferma convinto il monsignore. Ed esorta le istituzioni e le "realtà del privato" a mobilitarsi per le politiche di contenimento della precarietà, impegnandosi a trovare formule adeguate di "accompagnamento" educativo.

 

Don Nozza, le è mai capitato come accade a molti automobilisti da essere "scocciato" dai lavavetri ai semafori? Sono davvero cosi fastidiosi e insistenti?

"È da almeno 15-20 anni che è in atto il fenomeno ampio dell’immigrazione. Bisogna innanzitutto saper distinguere il consistente numero di persone che si radica all’interno dei nostri contesti alla ricerca di un futuro migliore, da una minoranza, sia pure corposa, che si comporta in modo scorretto o per scelta volontaria imposta dalla precarietà, o perché è oggetto di sfruttamento e imposizioni".

 

Firenze come Roma: donne sole al volante lamentano sputi e mani addosso ai semafori. Qualcosa si doveva pur fare?

"Non conosco bene la realtà di Firenze ma le aggressioni non si avallano. Capisco che i cittadini possono essere scocciati dalla presenza di chi si apposta ai semafori. Serve un’azione che tenda a riportare legalità laddove ce n’è bisogno ed è necessaria. Ma guai se a questa azione rigorosa non seguisse nient’altro".

 

Si spieghi meglio. Ha una "ricetta" da suggerire?

"Ogni azione di legalità deve essere accompagnata da una corretta accoglienza. È un binomio che non bisogna mai perdere di vista: rispetto e adempimento delle regole vanno di pari passo con un cammino di proposte sempre "a mano tesa".

 

Insisto, i comportamenti di alcuni lavavetri mettono quasi paura alla gente. È giusto che le amministrazioni intervengano?

"La parola, il gesto e l’azione non sempre è controllata. Se poi si aggiunge anche la reazione dell’altro, si innescano due micce".

 

Quindi?

"Occorre cambiare la mentalità comune che colloca sotto la criminalità ogni situazione in cui ci si imbatte. Bisogna invece separare e distinguere: non fare di tutta l’erba un fascio".

 

Non tutte le persone che "presidiano" i semafori sono in un giro di racket e sfruttamento?

"Esattamente. La precarietà di chi è appena arrivato è una cosa. Il semaforo per un uomo o una donna, giovani o minori che siano, può essere anche un modo per racimolare qualche euro per un panino, per tirare la giornata. Il futuro di queste persone non è la strada, il semaforo".

 

E negli altri casi?

È facile per chi non ha scrupoli insinuarsi dentro il disagio. Da qui la tratta e lo sfruttamento dei minori. Ecco perché sono importanti le scuole di ascolto, di incontro e di dialogo. Come Caritas facciamo tanto in questo senso".

Marche: carceri sono sovraffollate, in 6 mesi + 13% di detenuti

 

Agi, 29 agosto 2007

 

Sempre più affollate le carceri marchigiane. Dal 31 dicembre 2006 al 20 giugno scorso si è passati da 622 a 716 detenuti (a fronte di una capienza totale di 753) con una crescita pari al 13 per cento. "Seguendo questi ritmi di crescita - spiega Aldo Di Giacomo, segretario regionale del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria - arriveremo a breve a una situazione di collasso come quella che si era verificata prima dell’indulto".

Secondo i dati diffusi dal Sappe nei primi sei mesi del 2007 c’è stato anche un aumento degli ingressi dalla libertà: 920, di cui 517 stranieri, contro gli 868 del primo semestre dell’anno precedente per un crescita percentuale del 5,7 per cento. Il carcere marchigiano più in sofferenza risulta quello di Pesaro con 224 detenuti dietro le sbarre rispetto a una capienza regolamentare di 201 e dove c’è una carenza di organico - denuncia tra l’altro il Sappe - di 44 unità rispetto alla pianta organica prevista dal Ministero. Nelle carceri Marchigiane ci sono 358 detenuti con condanna definitiva di cui 201 con pena da 1-5 anni, 58 con pena da 6-10 anni, 40 con pena da 10-20 anni, 13 con pena oltre 20 anni, 46 con ergastolo.

Reggio Calabria: appello di detenuto disabile all'Ass. "Diritti Civili"

 

Agi, 29 agosto 2007

 

"Mi chiamo Andrea, sono un giovane detenuto, ho 20 anni e da 7 sono disabile, con un’invalidità al 100%. Le scrivo questa lettera perché da quattro mesi sono costretto a vivere 24 ore su 24 in un lettino di una cella del carcere di Reggio Calabria e le mie condizioni di salute peggiorano di giorno in giorno".

Si apre così la lettera che un ragazzo della Provincia di Foggia, detenuto da tre anni e ancora in attesa del processo e del primo grado di giudizio ha inviato a Franco Corbelli, leader del Movimento Diritti Civili. "Una nuova denuncia dell’ennesimo dramma nell’inferno delle carceri", ci dice il presidente contattato da noi telefonicamente.

"Il caso di questo ragazzo - ci riferisce Corbelli con voce quasi rotta dal pianto - è l’ennesima vergogna. Andrea non mi chiede di intervenire per dimostrare la sua innocenza, per questo - è scritto nella lettera - ci sarà un regolare processo, ma semplicemente per vedere rispettati i suoi diritti alla salute completamente calpestati.

Corbelli poi legge alcuni passi della missiva: "sono disperato, per scriverle questa lettera ho bisogno di un elastico perché ho perso la funzionalità della mano destra". Sconcertato il leader del Movimento Diritti Civili che aggiunge: "non conosco le vicende giudiziarie di Andrea, e francamente non mi interessano. So solo che questo è l’ennesimo esempio dei cosiddetti sepolti vivi, di tanti disperati senza volto e senza dignità.

Ma la vicenda di Andrea è disumana perché non è possibile tenere in cella un uomo in quelle condizioni, paralizzato, tra l’altro dalla cintola in giù". Intanto Corbelli ha chiesto l’intervento del Ministro della Giustizia Clemente Mastella. "Ad oggi però - afferma - non abbiamo ricevuto nessuna risposta e forse anche il caso di Andrea presto scivolerà nel dimenticatoio".

Piacenza: il Sappe denuncia; agente aggredito da un detenuto

 

Libertà, 29 agosto 2007

 

Un agente della polizia penitenziaria in servizio nel carcere circondariale delle Novate è stato aggredito da un detenuto. Lo rende noto in un comunicato Gennaro Narducci, segretario nazionale del Libero Sindacato Appartenenti Polizia Penitenziaria. "L’aggressione - scrive il rappresentante sindacale - è stata subìta da un Agente scelto che durante la battitura delle inferriate della cella di un detenuto (controllo dovuto giornalmente per verificare l’efficienza delle stesse e se non vi sia stata alcuna monopolizzazione da parte dei reclusi per eventuali evasione), è stato colpito da una mazza da legno e solo grazie alla presenza di altri colleghi si è evitato il peggio"

"Nelle scorse settimane - prosegue la nota - hanno destato scalpore l’evasione di un detenuto dal carcere di Pavia e ancor più quella avvenuta sulla Autosole da parte di un detenuto che era in traduzione che, approfittando di una sosta è riuscito a svincolarsi è fuggire. Questo significa - spiegano il segretario nazionale del Sindacato Autonomo Polizia penitenziaria Gennaro Narducci e, il segretario della funzione pubblica della Cgil Cristian Guercio - che gli agenti della Polizia penitenziaria sono ormai allo stremo delle forze fisiche.

Soprattutto in questo periodo di ferie estive - aggiungono - il personale è ridotto ancor più; basti pensare che un agente svolge un turno massacrante che va dalle otto, nove e anche dieci ore al giorno per sopperire alle esigenze di servizio, senza un riposo in trenta giorni. Molti colleghi non riescono più a conciliare lavoro e vita in famiglia. Molte sono anche le assenze causate, come diagnosticato dai medici, da "stress per servizio".

La soluzione a questi gravi problemi che si acuiscono soprattutto nel periodo estivo secondo i sindacalisti va anzitutto cercata effettuando nuove assunzioni. "Bisognerà trovare anzitutto nuove forze - concludono - proprio in questi giorni sono arrivati nel nostro Istituto dieci nuovi agenti che svolgeranno esclusivamente attività di tirocinio. Tutti i sindacati autonomi e confederali però già si stanno adoperando al fine di invitare l’amministrazione penitenziaria a tener in considerazione anche Piacenza come possibile destinazione stabile di lavoro per questi nuovi agenti".

Modena: sindacati protestano per gestione sicurezza in carcere

 

Modena 2000, 29 agosto 2007

 

Le numerose denunce fatte in questi mesi dai Sindacati Fp/Cgil, Cisl/Fp, Uil Penitenziari e Asipp sulla drammatica situazione in cui operano i lavoratori di Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale di Modena, purtroppo si sono dimostrate più che fondate proprio le responsabilità della direzione sulla sottovalutazione degli aspetti legati alla sicurezza.

Più volte lavoratori e sindacati di polizia penitenziaria hanno denunciato la criticità operativa del personale preposto alla sicurezza riscontrando una preoccupante superficialità da parte degli organi dirigenti dell’istituto penitenziario di Modena e del provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria.

A conferma di quanto detto, un anno fa nel corso di un’intervista televisiva, la risposta della direzione del carcere alle denunce del sindacato tendeva a minimizzare il problema attribuendo ad una piccola parte di lavoratori un’eccessiva preoccupazione.

Ma peggio ancora, si asseriva che il clima di aggressività esistente nei confronti dei poliziotti non costituiva un problema particolare in quanto rientrante nei rischi del mestiere.

A questo punto è naturale chiedersi cos’altro deve accadere per prendere coscienza di un’incapacità di gestione della sicurezza all’interno del carcere di S. Anna.

Non sono bastati: una denuncia al tribunale del lavoro, i numerosi episodi di autolesionismo e casi di suicidi di detenuti, le numerose aggressioni da parte dei detenuti verso gli agenti, organizzati dalla Direzione in poche unità per sorvegliare più posti di servizio. E ora le due evasioni.

La situazione non è meno preoccupante per la gestione del settore della detenzione femminile visto che ormai da anni la sorveglianza è affidata a poche agenti, mentre altre continuano ad essere impiegate per lo svolgimento di mansioni amministrative.

Appena due mesi fa Cgil, Cisl e Uil e Asipp hanno organizzato una manifestazione di protesta e una conferenza stampa per ribadire la loro denuncia sulla carenza di sicurezza dell’istituto S. Anna dovuta soprattutto alla cattiva gestione del servizio. Della questione sono stati investiti anche i massimi vertici del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e il Ministro della Giustizia.

Nonostante ciò nel carcere di Modena si è continuato a mantenere un clima di crescente sottovalutazione delle problematiche continuando a gestire in modo approssimativo il personale e quindi aumentando in maniera esponenziale i rischi per la sicurezza.

Alla luce di quanto sta avvenendo ormai da troppo tempo al S. Anna, i rappresentanti sindacali, a nome di tutti i lavoratori del carcere, auspicano che oltre all’interessamento a suo tempo assicurato dal Prefetto di Modena, possa seguire un intervento incisivo dei parlamentari Modenesi, affinché siano garantiti gli standard di sicurezza all’interno della struttura e che la cittadinanza modenese possa contare sulla presenza di un istituto penitenziario sicuro.

Savona: carcere sovraffollato, nuova visita di Rifondazione

 

Ansa, 20 agosto 2007

 

Dopo la denuncia presentata da tutti i sindacati di polizia penitenziaria sulla situazione del carcere Sant’Agostino di Savona che registra un circa 25% in più di persone detenute rispetto alla capienza massima, tra le 6 e le 8 persone in una cella, una delegazione di Rifondazione Comunista guidata dalla senatrice Haidi Giuliani e dall’on. Sergio Olivieri farà visita alla struttura penitenziaria savonese all’inizio della settimana prossima.

Secondo i rapporti inviati al Ministero mancherebbe personale addirittura per le normali procedure di perquisizione dei familiari che fanno visita ai loro parenti in carcere, in particolare agenti di polizia penitenziaria femminili. E se Rifondazione ribadisce comunque l’impossibilità ad utilizzare le celle situate al di sotto del livello stradale, dall’altro rilancia ancora una volta la necessità di pene alternative in grado di incidere maggiormente anche sul recupero sociale del detenuto.

La visita di Rifondazione si inserisce nel monitoraggio sulla situazione delle carceri liguri e farà tappa anche a Sanremo, dove è iniziato uno sciopero della fame da parte di uno dei detenuti della struttura penitenziaria.

Sul fronte del nuovo carcere, invece, previsto in località Passeggi tra Savona e Quiliano, nessuna novità, fa sapere Rifondazione, che provocatoriamente sottolinea come in un momento in cui si parla tanto delle ricadute lavorative per la piattaforma di Vado sia altrettanto significativa l’occupazione che deriverà dalla costruzione e dal funzionamento del nuovo carcere, che prevede almeno 300-350 addetti.

Latina: Garante regionale dei detenuti dona libri alla biblioteca

 

Comunicato stampa, 29 agosto 2007

 

I volumi consegnati ieri mattina. Per il carcere di Latina si tratta della seconda donazione ricevuta dopo quella dello scorso marzo per la biblioteca della sezione femminile dell’alta sicurezza.

Grazie ad un accordo fra il Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti Angiolo Marroni e i giornalisti del settimanale Il Venerdì di Repubblica, decine di libri di ogni genere letterario, alcuni dei quali veri e propri best seller appena arrivati in libreria, sono stati donati alla biblioteca della sezione maschile del carcere di Latina.

La donazione - che rientra fra i progetti del Garante per la tutela del diritto alla cultura anche in carcere - è stata resa possibile da un accordo unico nel suo genere fra il Garante e il Venerdì di Repubblica, grazie al quale le biblioteche delle 14 carceri del Lazio saranno completate con i libri donati periodicamente dal settimanale. Da maggio ad oggi i volumi sono già arrivati alla biblioteca dell’istituto penale minorile di Casal del Marmo (Roma), a Frosinone e a Latina (sezione femminile dell’alta sicurezza), a Rebibbia, a Viterbo e a Paliano. In particolare per il carcere di Latina si tratta della seconda donazione del genere dopo quella dello scorso marzo alla biblioteca della sezione femminile dell’Alta Sicurezza.

"Garantire i diritti dei detenuti è uno degli scopi per i quali è nato il nostro ufficio - ha detto il Garante dei Detenuti Angiolo Marroni - A tal proposito, fra i diritti da tutelare un ruolo importante riveste quello alla cultura. Quello di curare la propria formazione utilizzando il tempo in carcere per leggere un libro è fra i diritti più trascurati. Un diritto che invece è fondamentale soprattutto nella prospettiva del reinserimento sociale di queste persone".

Droghe: Roma; degrado a Trastevere? più polizia e più carcere

 

Notiziario Aduc, 29 agosto 2007

 

"Bisogna tenere la guardia molto alta e porre un problema che è nazionale e si chiama effettività della pena". Lo ha detto il sindaco di Roma Walter Veltroni annunciando, insieme con il prefetto Achille Serra, il rafforzamento da stasera a Trastevere dei presidi di sicurezza per arginare il degrado dello storico rione romano. I vigili urbani controlleranno via della Lungaretta e la zona di Santa Maria in Trastevere; le forze dell’ordine piazza Trilussa e vicolo del Bologna.

Le decisioni sono state prese durante l’incontro avuto stamani in Campidoglio da sindaco e prefetto con i rappresentati dei comitati di quartiere di Trastevere. La riunione era stata convocata dal sindaco Veltroni dopo il video filmato dal coordinatore romano e regionale di Forza Italia Francesco Giro che ritraeva ragazzi ubriachi e sotto l’effetto di droghe a vicolo del Bologna, uno dei punti dove verrà attivato il presidio.

"Il nostro è un Paese in cui chi delinque spesso due giorni dopo sta fuori, non per responsabilità della magistratura o delle forze dell’ordine, ma per responsabilità di un assetto normativo che ha giustamente un’attenzione sulle garanzie, ma la principale garanzia è la sicurezza dei cittadini. Ho visto ieri sulle agenzie di stampa la notizia di una persona arrestata due volte in due giorni, dovrebbe essere una contraddizione in termini. Se uno viene arrestato ci deve essere un motivo serio e non potrebbe fare lo stesso reato il giorno dopo. È un grande problema italiano, altrimenti si crea sfiducia nei cittadini, serve una reale sanzione in modo che chi compie un reato sappia che poi paga e non solo per 24 ore".

Dopo aver ricordato che su Trastevere il Campidoglio è attivo sul fronte di sua competenza che riguarda il contrasto al commercio abusivo, la pulizia e la cancellazione delle scritte sui muri, Veltroni, riferendosi a recenti aggressioni avvenute nella capitale, ha osservato: "Roma è una grande città e negli ultimi giorni sono successe alcune cose di assoluta rilevanza che ci danno il segno che forse c’è qualcosa di nuovo che bisogna tenere d’occhio e contrastare. Ma tuttavia sono comportamenti diversi da quelli di Londra dove ci sono ragazzini ammazzati dalle gang giovanili".

 

 

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