Rassegna stampa 8 settembre

 

Cosenza: il 14 agosto muore suicida un detenuto di 32 anni

 

Ristretti Orizzonti, 8 settembre 2006

 

Francesco G., 32 anni, originario di Rogliano (CS) si è suicidato il 14 agosto 2006 nella Casa Circondariale di Cosenza. Francesco G. era detenuto da tre mesi e sarebbe dovuto uscire a fine agosto. L’uomo alternava da diverso tempo stati di depressione a stati di ansia ed era in cura presso il CIM di Cosenza con terapia stabilizzante. Le sue condizioni psichiche non erano compatibili con il regime carcerario. I soccorsi sono arrivati con circa un’ora e mezza di ritardo e nell’istituto non era presente il medico incaricato. La famiglia ha chiesto l’apertura di un’inchiesta sulla sua morte.

Queste le poche informazioni che siamo riusciti a raccogliere su questo caso. Chi avesse delle notizie in più è pregato di farcele avere. Come sempre ne faremo un buon uso. - Francesco Morelli.

Giustizia: Grasso; l’indulto? è come giocare a guardie e ladri

 

Il Mattino, 8 settembre 2006

 

Il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso non polemizza sull’indulto, ma sugli effetti della legge approvata un mese fa in Parlamento non rinuncia ad una constatazione: "È come giocare a guardia e ladri". Intervenuto al convegno su sicurezza e mezzogiorno, l’ex capo della Procura di Palermo, parla da pm, guardando alle migliaia di scarcerazioni dettate dal provvedimento di condono. E lo fa in una città recentemente scossa da raid di rapinatori al centro e in periferia, che hanno provocato pochi giorni fa il drammatico omicidio dell’edicolante di via Pietro Castellino Salvatore Buglione.

"Spesso sembra quasi un gioco a guardie e ladri: noi cerchiamo di mettere dentro le persone, se poi c’è una volontà politica di metterli fuori è un altro discorso. Sono delle scelte che sono proprie della politica e di cui la politica si assume le responsabilità - ha aggiunto Grasso -, bisognava scegliere tra una situazione carceraria al limite del sopportabile e una situazione all’estremo che potesse essere comunque controllata". Uno scenario su cui il procuratore antimafia aggiunge: "L’indulto non risolve i problemi della criminalità, ma è un modo per cercare di confrontare se il carcere è riuscito a rieducare qualcuno e se si riesce a soddisfare le esigenze di sussistenza di tante persone e delle loro famiglie.

Del resto - dice Grasso - parlare di legalità a chi non ha come sfamare i figli è un problema assurdo, ecco perché dobbiamo considerare tutti i contesti in cui si interviene". E a chi gli chiede un primo bilancio dell’indulto, Grasso ribadisce la necessità di distinguere i ruoli, dettato costituzionale alla mano: "È un dato di fatto normale, che una percentuale di quelli appena usciti siano tornati in carcere o comunque a delinquere.

Il problema dell’indulto non riguarda la mia attività istituzionale - ha concluso Grasso - cerchiamo di coordinare le indagini per reprimere i fenomeni criminali, cerchiamo di mettere dentro le persone, se poi c’è una volontà politica di metterle fuori, noi non possiamo far niente. È quello che spetta fare a noi in relazione alle leggi che il Parlamento emana".

Ma quali risposte offrire ad uno scenario come quello napoletano? "Non credo all’opportunità di leggi speciali. Basterebbe attuare al massimo quelle esistenti, al massimo, cioè, con tutti i mezzi disponibili e il pieno impegno di tutti quanti: delle istituzioni, delle forze dell’ordine, della magistratura. Perché negli ambienti che meglio conosco, come quello siciliano e campano - ha aggiunto Grasso - la lotta alla criminalità organizzata deve coinvolgere le istituzioni. Bisogna dire no a quanti ti invitano a fare illegalità anche piccole, che servono a mantenere in piedi il sistema criminale mafioso, che si adegua alle dinamiche sociali del momento, alla repressione che via via lo Stato mette in essere".

Giustizia: Grasso; leggi speciali? usiamo quelle esistenti

 

Il Mattino, 8 settembre 2006

 

Una legge speciale per Napoli? Grasso si dice contrario. "Basterebbe - spiega - attuare al massimo quelle esistenti, cioè con tutti i mezzi disponibili e il pieno impegno di tutti quanti: istituzioni, forze dell’Ordine, magistratura e cittadini".

Questo perché "la lotta alla criminalità organizzata - prosegue Grasso - non è mai fattore di repressione ma è un fatto che deve coinvolgere anche i cittadini per una collaborazione che riesca a far compiere un salto culturale nell’opporsi a fenomeni criminali".

Gianni Lettieri, presidente dell’Unione Industriali di Napoli, a margine dei lavori, rincara la dose: "Purtoppo - sostiene - anche i comuni cittadini sono abituati a non rispettare le regole. La questione fondamentale - aggiunge il presidente - è che manca chi le faccia rispettare queste regole, a partire dai vigili urbani".

Indulto: non è un problema che riguarda la mia attività istituzionale.

Grasso commenta così le polemiche sull’indulto. "Spesso - afferma - sembra quasi un gioco a guardie e ladri: noi cerchiamo di mettere dentro le persone, ma poi c’è una volontà politica di metterli fuori. Sono delle scelte proprie della politica e di cui la politica stessa si assume le responsabilità. L’indulto - termina Grasso - non risolve i problemi della criminalità ma è un modo per cercare di valutare se il carcere è riuscito a rieducare qualcuno".

Lettieri indica due soluzioni per combattere la criminalità, togliendole manovalanza: "Creare sviluppo ed eliminare le aree degradate della città, così - spiega - da costringere chi ci vive a scelte di vita differenti".

Giustizia: Ugl; Mastella sia clemente anche con i dipendenti

 

Apcom, 8 settembre 2006

 

"Detenuti fuori dalle carceri, lavoratori dentro gli uffici per lo smaltimento di 8 milioni di procedimenti arretrati e agosto per consentire l’indulto per 21 mila detenuti. Nonostante ciò i dipendenti giudiziari vengono anche definiti dei fannulloni". Lo afferma Segretario Nazionale della Ugl Ministeri, Paola Saraceni.

"Siamo noi - aggiunge - che ora chiediamo al ministro Mastella la clemenza per i circa 43 mila dipendenti della Giustizia che chiedono la ricollocazione nella posizione economica e giuridica superiore per le funzioni effettivamente svolte. E siccome - continua la Saraceni - siamo quasi certi che il ministro Mastella non sarà parimenti clemente con i propri dipendenti abbiamo già convocato per il 14 settembre i vertici del settore Ugl Giustizia per metter a punto nuove iniziative di lotta. Intanto la Ugl ha già dichiarato lo stato di agitazione contro l’attacco del Governo al pubblico impiego che non è solo un attacco ai lavoratori ma è l’abbandono del servizio pubblico reso ai cittadini".

Lettere: da diversi istituti di pena italiani a "Radio Carcere"

 

www.radiocarcere.com, 8 settembre 2006

 

Federico dal carcere Don Bosco di Pisa

"Caro Arena, sono un detenuto del centro clinico del carcere Don Bosco di Pisa e conosco, leggendo la pagina di Radio Carcere del Foglio, la sua attenzione anche verso di noi. Io sarei uno di quelli che per la legge non dovrebbe stare in carcere e invece ci sta. Infatti sono gravemente malato, sono invalido civile all’86% e il Dirigente sanitario a più volte certificato la mia incompatibilità con il carcere. Insomma, a causa del mio stato di salute dovrei stare in Ospedale e non in cella. Ed invece il Tribunale di Sorveglianza di Pisa mi lascia qui dentro. Come se non bastasse, stando in carcere, mi viene negata la possibilità di interventi medici che, a detta degli stessi medici del carcere, sono indispensabili per me. Anche il sindaco di Pisa mi è venuto a trovare in carcere e a visto come sono ridotto. Caro amico Arena, come vede, oltre all’indulto, l’ingiustizia in carcere resiste. Con stima".

 

114 persone detenute nel carcere di Busto Arsizio

"Cara Radio Carcere, siamo un gruppo di detenuti nel carcere di Busto Arsizio, tutti condannati per traffico di droga, con l’aggravante dell’ingente quantitativo. Come ben sai il nostro reato è stato escluso dall’indulto, anche se quest’ultimo ha riguardato reati ben più gravi del nostro. Per questo motivo abbiamo mandato una lettera al Ministro Mastella, perché consideri la nostra situazione. Ora noi sappiamo bene che il gioco delle esclusioni crea sempre delle ingiustizie, ma il punto è un altro. Qui a Busto Arsizio l’aggravante dell’ingente quantitativo viene applicata dai magistrati con molta facilità. E di fatto il nostro carcere non ha sentito molto l’applicazione dell’indulto, tanto che i carcerati messi in libertà sono stati molto pochi. La domanda è questa: un rapinatore, un omicida è meno pericoloso di un disgraziato di corriere sud americano che ha fatto un "viaggio" per disperazione con un etto di cocaina? Dal carcere di Busto Arsizio un grazie a Radio Carcere".

 

Remo dal carcere di Bologna

"Caro Riccardo, dopo l’indulto rimangono nelle galere gli abusi striscianti, quelli di cui nessuno parla mai. Uno di questi riguarda i soldi dei detenuti. Forse la gente non sa che ogni detenuto ha diritto ad avere un libretto dove depositare i suoi soldi. Su ogni libretto vengono annotate entrate ed uscite. La contabilità viene amministrata dal carcere, che tra l’altro, beneficia degli interessi che si maturano nel libretto. Ora domando: dove finiscono questi soldi? E come vengono amministrati? Perché gli interessi maturati non vengono dati al detenuto?

Un altro quesito, un altro abuso strisciante. La gente sa che il detenuto oltre a pagare con la privazione della libertà, deve pagare la propria carcerazione? A noi stare in galera costa. Si parla tanto dei costi dello Stato, ma non si parla mai di quanto un detenuto deve pagare per stare in carcere. 70 euro al mese per godere di un posto al fresco con i confort che Radio Carcere conosce e fa conoscere. Se almeno il lavoro in carcere fosse una costante e non un’eccezione tante di queste domande non avrebbero importanza. Sicuro di avere messo in buone mani questa mia lettera, vi saluto con stima".

 

Emilio dal carcere Opera di Milano

"Caro Arena, da tanti anni sono in carcere e per di più lontano dalla mia famiglia, che risiede a 900 km di distanza. In barba alla legge, che prevede che il detenuto stia in un carcere vicino alla propria famiglia, io da anni vivo una doppia detenzione. A me l’indulto ha solo ridotto parte della pena, ma aspettavo con ansia la sua approvazione perché tutte le mie richieste di trasferimento erano rigettate dal Ministero della Giustizia a causa del sovraffollamento delle carceri. Io capivo e aspettavo. Poi hanno approvato l’indulto, ho aspettato un po’ e ho fatto una nuova domanda di trasferimento. Beh la risposta è stata la stessa: no al trasferimento causa sovraffollamento. Da non crederci! W Radio Carcere."

 

Un gruppo di persone ex detenute nel carcere di Reggio Emilia

"Caro Riccardo Arena, siamo un gruppo di ex detenuti del carcere di Reggio Emilia, che hanno beneficiato dell’indulto, in tutto più di cento.

Noi speravamo che dopo l’indulto le cose andassero meglio nel carcere di Reggio Emilia, purtroppo leggendo le lettere dei nostri compagni rimasti lì ci siamo accorti che non è così.

Il primo problema che rimane è il lavoro in carcere. Ci sono infatti detenuti, pochi, che lavorano e chi invece per lavorare deve aspettare nove mesi se non di più. Il lavoro in carcere poi, oltre ad essere sottopagato, dura al massimo tre ore al giorno.

Per non parlare dei prezzi del sopravitto, ovvero dei generi alimentari che i detenuti possono acquistare a loro spese. Secondo la legge i prezzi del sopravitto dovrebbero seguire la media dei supermercati vicino al carcere. Sta di fatto che i detenuti del carcere di Reggio Emilia pagano prezzi più cari del 50% e anche di più. Per non parlare dello scempio che avviene nella cucina della mensa per gli agenti! Meriterebbe un’ispezione. Questo è quanto, noi ormai siamo liberi ma che Radio Carcere continui con la sua voce, oltre all’indulto tanto lavoro deve ancora fare!"

Treviso: datemi un lavoro; appello di un padre uscito di galera

 

Il Gazzettino, 8 settembre 2006

 

"Sono uscito dal carcere grazie all’indulto e ora voglio cambiare vita, trovarmi un lavoro onesto e crescere mio figlio serenamente, ma trovo tutte le porte sbarrate". L’accorato appello arriva da un giovane macedone, A.A., che chiede l’anonimato "per proteggere mio figlio dalle chiacchiere e dagli scandali".

Ricominciare una nuova vita non è facile, a maggior ragione per chi si trova solo, con un piccolo di appena 3 anni: la giovane moglie, infatti, è morta recentemente a causa di una grave malattia. Una storia penosa poiché la donna aveva scoperto d’essere ammalata di tumore facendo gli esami del sangue per un lieto evento: era incinta.

Ma la gioia per la nuova vita si è subito mescolata al dolore della malattia. La giovane non si è data comunque per vinta, ha lottato per il suo bambino, rifiutando la chemioterapia che avrebbe causato gravi danni al feto. Non si è curata con i farmaci neppure i primi giorni dopo la nascita, per poter allattare il bambino almeno due mesi. Lei aveva conosciuto da piccola l’abbandono, l’accoglienza in istituto, la solitudine e desiderava che il suo bambino ricordasse il calore affettivo tipico dell’attaccamento al seno, nei primissimi giorni di vita.

E il papà? In quel periodo il giovane macedone aveva non pochi guai con la giustizia. "Mi hanno incarcerato ingiustamente, perché mi trovavo nel posto sbagliato al momento sbagliato e perché avevo dei precedenti". A.A. era stato in carcere per rapina qualche anno fa, ma poi - dice - era nato il bambino e aveva deciso di trovarsi un lavoro onesto. Poi le cose sono precipitate. Una sera era al bar con gli amici, c’è stato un blitz della polizia e quindi l’arresto.

"Hanno trovato della droga ma io ero pulito, non c’entravo con gli affari dei miei connazionali", racconta l’immigrato. E mentre lui gira i paesi della Marca alla ricerca di un lavoro, alcuni volontari trevigiani gli danno una mano accudendo il piccolo che presto frequenterà la scuola materna. Chi desidera aiutarlo può contattare l’indirizzo e mail: treviso@gazzettino.it.

Ragusa: firmato protocollo tra 3 enti per aiutare gli ex detenuti

 

La Sicilia, 8 settembre 2006

 

Un protocollo per venire incontro alle esigenze degli ex carcerati che, quando ritornano in società, dopo l’esperienza detentiva, hanno non poche difficoltà di collocazione lavorativa. Questo lo spirito che, ieri mattina, a palazzo dell’Aquila, ha portato alla firma dell’intesa tra il Comune di Ragusa, rappresentato dall’assessore ai Servizi sociali, Rocco Bitetti, e dal dirigente di settore, Alessandro Licitra, lo Ial Cisl, rappresentato da Turi Mililli e dalla dottoressa Sgarioto, la scuola media Vann’Antò, rappresentata dalla preside Lucia Aiuto, e, naturalmente, la Casa circondariale di contrada Pendente, rappresentata dal direttore Aldo Tiralongo.

"Abbiamo attuato - spiega l’assessore Bitetti - un programma di collaborazione organica con questi tre enti, finalizzato al reinserimento dei soggetti a difficile collocamento nel mondo del lavoro, in questo caso con esplicito riferimento alla Casa circondariale di Ragusa. Si tratta di una esperienza innovativa che, secondo me, può fornire delle importanti risposte in un ambito che non era mai stato preso in considerazione e che invece, anche alla luce del recente provvedimento sull’indulto, deve essere posto sotto i riflettori nella maniera dovuta".

Ma che cosa accadrà in pratica? "I detenuti, soprattutto quelli che usciranno tra breve - dice ancora Bitetti - saranno seguiti all’interno della Casa circondariale dove avranno la possibilità di svolgere un’attività professionale che possa servire per un loro eventuale reinserimento in società. Il progetto riguarda da vicino anche gli ex detenuti. Abbiamo quindi cercato di mettere insieme diverse componenti che, tra di loro, possono considerarsi complementari: da un lato l’ente di formazione, dall’altro la Vann’Antò che con il proprio Centro di formazione permanente per adulti opera sul territorio del nostro comune da parecchio tempo e in più la Casa circondariale.

Ecco, proprio la sinergia tra questi vari attori può operare in maniera completa per un primo approccio convincente a risolvere un problema di grande impatto sociale". Anche chi ha difficoltà di alfabetizzazione, potrà riprendere gli studi interrotti presso il Centro permanente. "Lo ribadisco - spiega ancora Bitetti - è questa la formula interessante, certamente da analizzare con grande attenzione. Monitoreremo i vari step di questo percorso. E procederemo con eventuali correzioni di rotta se sarà il caso. Sono certo che non potremo altro che ottenere risultati interessanti da un simile protocollo per la cui redazione ringrazio tutti i soggetti che a vario titolo ne sono stati interessati. Ecco, i problemi vanno seguiti anche in questo modo".

Psichiatria: Ue; 58mila suicidi in un anno, 18 milioni i depressi

 

Redattore Sociale, 8 settembre 2006

 

Da Parlamento europeo, riunito ieri in sessione plenaria, un monito importante: occorre sconfiggere la "piaga" della malattia mentale. Un motto "che dovrebbe essere al centro di ogni politica europea": in Europa ogni anno 58mila persone si suicidano e 18,4 milioni sono vittime della depressione.

Il Parlamento ha dunque adottato la relazione del deputato conservatore inglese John Bowis che auspica una legislazione europea, da redigere possibilmente assieme ai diretti interessati, le famiglie e gli addetti alle cure, che sia in grado di "difendere i diritti civili e fondamentali" di chi soffre.

Il testo non prende in considerazione alcune categorie, "patologie mentali serie, malattie di lungo periodo e terminali, le persone con disabilità, i prigionieri, i gruppi etnici, i senza tetto, gli immigrati, i disoccupati e quelli con lavoro precario", mentre prende in considerazione l’elemento di genere "in quanto è dimostrato che donne e uomini sono colpiti in maniera differente da queste patologie". Il documento si rivolge quindi a bambini, lavoratori, persone anziane e i gruppi svantaggiati. La relazione chiede che si adottino misure per permettere di far queste persone uscire dagli istituti psichiatrici.

Immigrazione: Mantovano; situazione emergenza, come 2001

 

Apcom, 8 settembre 2006

 

Il risultato della politica sull’immigrazione del Governo "è che in appena tre mesi si è tornati alla situazione di emergenza che il centrodestra aveva trovato nel 2001. Il governo ha l’obbligo di applicare le norme europee e nazionali sull’immigrazione, cessando la politica degli annunci che ha prodotto i risultati prima riassunti". Lo scrive in una nota il senatore di Alleanza Nazionale Alfredo Mantovano.

L’aennino spiega che "dai primi giorni di vita del governo Prodi gli sbarchi di clandestini sono aumentati a dismisura grazie agli annunci di sanatorie imminenti, di ricongiungimenti allargati e di cittadinanze abbreviate; sono cresciute, parallelamente, le tragedie nel canale di Sicilia; è aumentato lo sfruttamento in nero del lavoro dei clandestini; 8.000 extracomunitari condannati in via definitiva per reati gravi, in gran parte clandestini, sono tornati in libertà grazie all’indulto; la gran parte di costoro non sono stati espulsi, ma hanno ricevuto una semplice intimazione ad allontanarsi dall’Italia; queste presenze aumentano l’insicurezza nelle città; in generale, diminuiscono le espulsioni effettive dei clandestini, anche per l’ideologico ridimensionamento dei Cpt, o per la rinuncia a gestirli, come è accaduto ieri per la Misericordia di Modena".

"In compenso - continua - i ministri che hanno competenza in materia attribuiscono la responsabilità di ciò non alle loro dissennatezze, ma alla legge Fini Bossi; propongono di modificarla per aspetti già previsti dalla legge medesima; moltiplicano i tavoli e le commissioni, inserendo poeti e scrittori che non vi prendono mai parte, con questo - conclude Mantovano - mortificando il lavoro svolto finora con dedizione dagli addetti ai lavori (personale di polizia e delle prefetture)".

 

 

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