Rassegna stampa 27 ottobre

 

Giustizia: Cusani e Segio da Mastella per "Piano Marshall"

 

Ansa, 27 ottobre 2006

 

Un "piccolo piano Marshall per le carceri": è questo il compito che il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, ha affidato a Sergio Cusani e Sergio Segio, da anni impegnati nel volontariato negli istituti di pena, ricevuti ieri al dicastero di Via Arenula.

Si tratta di un progetto concreto di reinserimento sociale e lavorativo per i detenuti già usciti dalla prigione a seguito dell’indulto e per fine pena, ma anche per quelli che dal carcere usciranno in futuro. Un piano che nasca dal lavoro comune di tutte le forze sociali chiamate a raccolta: dalle strutture di accoglienza terapeutica alle cooperative sociali, dalle associazioni di volontariato ai sindacati. Analogamente a quanto Cusani e Segio fecero nell’anno del Giubileo, dando impulso e coordinando un "cartello sociale" che riunì tutte le maggiori associazioni attorno alla proposta di amnistia-indulto e di un piano straordinario di reinserimento degli ex detenuti. Un piano utile a contrastare la spirale della recidiva e a favorire l’inserimento stabile degli ex detenuti nel tessuto sociale e produttivo.

Tra i temi trattati nell’incontro con il ministro Mastella anche quello dell’amnistia, che per Segio e Cusani costituisce una seconda (dopo l’indulto) necessaria precondizione per arrivare a una grande e strutturale riforma, che faccia perno su un nuovo codice penale, improntato al diritto penale minimo, e sulla proposta di un nuovo ordinamento penitenziario, per come delineato da Alessandro Margara, magistrato di sorveglianza e già a capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.

Anche la prossima nomina del Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria è un momento delicato e fondamentale che - per Cusani e Segio - deve vedere una scelta propedeutica e coerente con la progettualità di riforma, sia nell’individuazione della figura più adatta, sia nella costituzione di una "squadra" di lavoro, che oltre al Capo del Dap, veda un vice capo e i responsabili delle varie competenze (Trattamento detenuti, esecuzione penale esterna, beni e servizi, ufficio studi, personale etc.) affiatati e determinati nel portare avanti un lavoro di ascolto e di risposta alle tante necessità e urgenze evidenziate in questi anni dai detenuti, dagli agenti e da tutti gli operatori carcerari e dell’esecuzione penale esterna.

Sulla base dell’incontro con il ministro e del mandato ricevuto, nelle prossime settimane Segio e Cusani contatteranno le forze sociali, il volontariato e i sindacati per arrivare a un primo momento di confronto e coordinamento, in vista di una progettualità comune e della preparazione di una Conferenza nazionale degli operatori dell’esecuzione penale, analogamente a quanto avviene per le tossicodipendenze. Nell’occasione, i due volontari hanno espresso solidarietà al ministro Mastella, "vergognosamente lasciato solo a difendere un provvedimento necessario, quello dell’indulto, voluto da quasi tutte le forze politiche e approvato da oltre due terzi del parlamento e rispetto ai cui effetti è in atto un’altrettanto vergognosa campagna di disinformazione".

Giustizia: dopo l’indulto lo carceri ripartono dall’anno zero

 

Galileo, 27 ottobre 2006

 

Il sovraffollamento delle carceri non è più un’emergenza. Dopo 15 anni il numero dei detenuti (38.700) rientra nella capienza regolamentare fissata dal Ministero della Sanità (42.959). E a trarre vantaggio dall’indulto non sono stati solo i 24.135 beneficiari diretti del provvedimento. Rispetto ai reclusi di qualche mese fa infatti, chi resta in carcere o vi entra adesso ha qualche speranza in più di vedere rispettati i propri diritti. L’alta densità della popolazione carceraria, considerata per anni responsabile dei principali problemi degli istituti di detenzione (cattiva assistenza sanitaria, condizioni igieniche pessime, impossibilità di avviare progetti di formazione, istruzione e lavoro), ha smesso di fare da scusante.

A Rebibbia, nel nuovo complesso, si è passati da 1600 a 870 detenuti, a San Vittore si è scesi da 1500 a 1100, il Pagliarelli di Palermo ha dimezzato le 1600 unità presenti prima dell’indulto. E ci sono carceri (Empoli, Locri e Spinazzola) popolate da solo tre persone. Come sfruttare al meglio la storica occasione e non tornare in breve tempo alla situazione di partenza? È effettivamente realizzabile una strategia penale che limiti il più possibile il ricorso alla galera, ma che contemporaneamente garantisca la sicurezza dei cittadini? È convinto di sì Luigi Manconi, sottosegretario alla Giustizia, intervenuto al convegno "Difendere Abele e recuperare Caino" organizzato a Roma il 20 ottobre scorso: "Si apre ora un fase di straordinaria importanza per la realizzazione di un sistema sanzionatorio non esclusivamente detentivo. È arrivato il momento di considerare la possibilità di consentire al giudice di merito, e non più soltanto al magistrato di sorveglianza, di disporre misure alternative al carcere in sede di sentenza".

Per arrivarci però è necessario accettare in pieno il carattere non punitivo della pena. Che è il principio da cui partire per riformare il codice penale, afferma Giuliano Pisapia presidente della Commissione parlamentare incaricata della stesura del nuovo testo: "L’obiettivo al quale dobbiamo puntare è di evitare la sanzione carceraria senza però accettare l’impunità dei reati. Per questo si possono prevedere per esempio efficaci misure interdittive, altrettanto temibili e perciò utili come deterrente. Dobbiamo riconoscere che un sistema penale che limiti il ricorso al carcere va a vantaggio prima di tutto dei cittadini onesti. Le condizioni di affollamento alle quali eravamo abituati hanno fornito un oggettivo incentivo alla recidiva e al perpetuarsi di comportamenti criminali". La strada indicata da Pisapia potrebbe passare per l’affermazione di un diritto penale minimo che contempli la depenalizzazione di molti reati, una più ampia articolazione del ventaglio di pene e l’istituzione di strumenti giuridici come il proscioglimento per tenuità del fatto (già previsto nel processo penale minorile), i comportamenti risarcitori e l’estensione dei limiti di pena per l’accesso alle misure alternative.

Ma la nascita di una nuova giustizia penale dalle ceneri del codice Rocco potrebbe farsi attendere un bel po’. Mentre realistiche previsioni, basate sull’andamento della popolazione carceraria dopo l’indulto del 1990 che ha registrato un incremento annuale medio di 2.000 unità con picchi di 9.000, fanno temere un nuovo sovraffollamento entro tre anni. Non c’è dubbio quindi che alcuni cambiamenti vanno fatti adesso. Iniziando, dice Manconi, con l’affrontare e risolvere la persistente vergognosa presenza di 40 bambini con meno di tre anni di età nelle nostre carceri, in contrasto con quanto stabilito dalla legge Finocchiaro (L.40 dell’8 marzo 2001), per proseguire con l’istituzione, promessa sempre da Manconi, di una commissione sulla mancata applicazione del regolamento penitenziario (decreto 230 del 30 giugno 2000) con il compito di individuare e superare gli ostacoli che hanno impedito in questi anni la realizzazione di alcune basilari riforme strutturali. E suggellare le migliori intenzioni nominando un nuovo vertice del Dap (Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria) realmente capace di imporre il rispetto dell’articolo 27 della Costituzione sul fine rieducativo della pena.

Procede intanto l’iter parlamentare della proposta di legge per l’istituzione del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. Si tratta di un organismo già presente in molti paesi europei composto da un presidente, nominato dai presidenti della Repubblica, Camera e Senato in carica per quattro anni e da quattro membri eletti a maggioranza assoluta dalle due Camere. "Il ruolo del Garante è quello di tutelare il rispetto dei diritti di tutte le persone in condizioni di privata libertà, quindi nei carceri, centri di permanenza temporanea, commissariati di polizia, comunità di recupero" spiega l’onorevole Graziella Mascia di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea relatrice della proposta di legge. "Con piena libertà di accesso agli istituti e agli atti il Garante dovrebbe intervenire nella risoluzione dei problemi emersi facendo leva principalmente sui direttori responsabili delle strutture e evitando, se possibile, il rinvio a sedi giudiziarie. Come per le altre analoghe figure, chiunque può rivolgersi a questo organismo che ha l’obbligo di riferire all’autorità giudiziaria i reati di cui potrebbe venire a conoscenza". Legato alle sorti della riforma del Codice penale, invece, è invece l’altrettanto atteso disegno di legge sull’abolizione dell’ergastolo, una sanzione incompatibile, secondo i firmatari della proposta, con il carattere rieducativo della pena stabilito dalla Costituzione.

Giustizia: Mario Gozzini, l’uomo che portò la legge in carcere

 

Vita, 27 ottobre 2006

 

Scarabocchi, rimandi, correzioni. E ancora. Pareri, precisazioni, sottolineature. Sono tante le calligrafie che si inseguono sulle bozze della legge 663/986, passata alla storia come legge Gozzini. Francesco Maisto, sostituto procuratore generale a Milano, amico di lunga data del senatore scomparso nel 1999, ancora oggi si passa fra le mani con venerazione questi fogli che custodisce gelosamente nel suo archivio personale. Sono trascorsi 20 anni dal 25 ottobre 1986, quando nel nostro ordinamento penitenziario entrò in vigore quella legge. Fu una rivoluzione. Dal punto di vista culturale più ancora che sul versante legislativo. Il metodo del dialogo Il quattro volte senatore della Sinistra indipendente, Mario Gozzini, che pure fu infaticabile tessitore di altre due provvedimenti storici, le leggi sull’aborto e sull’affidamento e l’adozione dei minori, cresciuto nel vivaio fiorentino di Ernesto Balducci e della rivista Testimonianze, inaugurò uno metodo efficace e vincente: il metodo del dialogo. Una strategia che gli permise di concentrare intorno ad una legge così difficile, poi approvata all’unanimità, un consenso, si direbbe oggi, bipartisan.

Uomo di soglia. Lo definisce così Maisto, la cui frequentazione con Gozzini nacque proprio durante la genesi della legge. "Era uno che confondeva i punti di vista, aperto al diverso e alla contaminazione" - racconta. Abituato a misurare le parole come si addice a un buon correttore di bozze, tre anni dopo la sua laurea in Lettere, nel 1945 Gozzini incominciò una lunga collaborazione con la casa editrice Vallecchi, dove dirigeva la collana "I nuovi padri: saggi sul cristianesimo del nostro tempo". Prima di diventare senatore, per anni insegnò storia e filosofia negli istituti superiori di Firenze. "Quando arrivò in Parlamento, malgrado fosse un letterato scelse di andare in commissione Giustizia, convinto che i cittadini dovessero amare la legalità.

E che questa legalità dovesse essere alla portata di tutti", ricorda Maisto. Alla portata anche dei detenuti. "Aveva introiettato il pontificato giovanneo. Oggi fa sorridere, ma in lui la distinzione fra errore ed errante era vitale". La sua legge introdusse la detenzione domiciliare, i permessi premio, allargò i confini dell’affidamento ai servizi sociali e nel contempo istituì il carcere duro del 41 bis per gli esponenti della criminalità organizzata. "Su questo punto manifestai la mia contrarietà", rivela l’amico magistrato, "poi Gozzini mi convinse: meglio un doppio binario piuttosto che il far west dei braccetti speciali dove, al di fuori di ogni legge, succedeva di tutto".

Fedele al monito biblico di Isaia, "astieniti dal fare il bene quando non sei certo che superi il male", Gozzini, convintamene contrario all’ergastolo, non inserì nella sua proposta l’abolizione della pena perpetua: avrebbe messo a repentaglio l’intera architettura del progetto, la politica non era ancora in grado di digerire una proposta di quella portata. Durò una decina d’anni il suo peregrinare nei penitenziari italiani. Prima di metterci mano, voleva vedere in prima persona. Un ping pong continuo fra San Vittore, Firenze - qui viveva l’amico Alessandro Margara - e Roma. A Milano però aveva il suo avamposto. Intorno al centro culturale della Corsia dei Servi di via Tadino, a due passi dalla Stazione Centrale, in quegli anni si stava costituendo un gruppo di intellettuali interessati alla questione penale. Ne facevano parte, fra gli altri, oltre a Maisto, padre David Maria Turoldo, Mario Cuminetti, animatore del circolo, il pedagogista Marcello Bernardi, il sindacalista cislino Sandro Antoniazzi e la giornalista Rossana Rossanda.

Al di là dei codici "quello che conta è che cambiò l’humus culturale che circondava il carcere", spiega Maisto, che ancora ricorda la passione con cui a quei tempi gli studenti universitari affollavano le lezioni di diritto penitenziario, ma anche il grado di responsabilità e partecipazione da parte della magistratura di sorveglianza. Il cambio di marcia più evidente fu però quello che riguarda la politica. "Per la prima volta, nel 1986, un parlamentare entrava in carcere e diceva ai detenuti: "Vi do queste misure, adesso ve le dovete meritare". Insomma, "era un invito a ri-mettere la schiena dritta, a riprendersi in mano la loro vita". I detenuti da quel giorno erano di-ventati persone con diritti e doveri.

Airola: giovani detenuti-giardinieri, un incontro con Mastella

 

Il Messaggero, 27 ottobre 2006

 

Il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, visiterà domani, alle 15.30, l’Istituto penale minorile di Airola. Nell’occasione sarà fatto il punto sui risultati raggiunti con il progetto "Giardinaggio", presenti Mariangela Cirigliano, direttrice della struttura detentiva caudina, Sandro Forlani, direttore del Centro per la Giustizia Minorile della Campania, Emilio Pezone, presidente "Chirone Formazione", e Samuele Ciambriello, presidente dell’Associazione "La Mansarda".

In sostanza, con il progetto "Giardinaggio", parte integrante del progetto "Telelavoro e Discriminazione", organizzato dall’associazione "Chirone" di Telese Terme e finanziato con la legge 144/99, è stato possibile impegnare gli ospiti dell’Ipm e dell’area a rischio dispersione scolastica, segnalati dall’Ipsia "A. Moro" di Airola, che sono prossimi a conseguire la qualifica professionale di orticoltore-vivaista, per recuperare l’antico giardino del palazzo ducale, sede del penitenziario caudino.

In tal senso, l’attività gestita da giardinieri professionisti e tutor è particolarmente riuscita soprattutto per due ragioni: ha conferito ai partecipanti una professionalità spendibile sul mercato del lavoro e posto le basi per rendere fruibile, all’intera cittadinanza di Airola, lo stesso giardino storico, restituito alla sua antica bellezza. Adesso che il giardino è stato ripristinato in tutto il suo splendore e che può essere finalmente adibito ad area verde dove svolgere anche i colloqui dei minori con le proprie famiglie, approssimandosi la piena realizzazione della seconda finalità, che consiste nell’aprire al pubblico quella parte di giardino che non ha contatti diretti con la zona detentiva, si è pensato di rendere noti i risultati raggiunti con il progetto "Giardinaggio", alla presenza del ministro Mastella.

Per i promotori, infatti, aprire il giardino alla collettività significa realizzare pienamente il dettato della legge 354/75, che vuole la struttura penitenziaria al centro della vita sociale della comunità in cui insiste, nell’intento di realizzare compiutamente la piena integrazione dell’istituto con la realtà circostante, a testimonianza di come la struttura non sia solo utile ai fini della sicurezza o per il potenziamento di aspetti culturali della vita cittadina, ma possa integralmente porsi come momento di sviluppo della contesto sociale in cui opera. Il ministro alle ore poi 17 sarà impegnato presso la Rocca dei Rettori al convegno "Solidarietà sociale e diversa abilità" organizzato dall’Associazione Iside Nova di cui è presidente Elio Mastella che aprirà i lavori.

Civitavecchia: agenti sotto processo per ustioni a detenuto

 

Il Messaggero, 27 ottobre 2006

 

Antonio Pierucci e Susanno Mongittu, i due agenti di polizia penitenziaria accusati di aver provocato le ustioni all’addome del detenuto nigeriano Egene Okoughae, che la notte tra il 19 ed il 20 luglio di tre anni fa tentò di evadere dall’ospedale San Paolo, hanno negato ogni accusa. I due però, nella loro deposizione, hanno chiaramente fatto intendere che i responsabili potrebbero essere altri. Nel particolare i due, hanno puntato il dito nei confronti di un ispettore del carcere di borgata Aurelia, stupendosi in più di un’occasione su come mai non fosse finito tra gli indagati. Sono poi stati ascoltati due dei tre medici accusati di favoreggiamento, Stefano Cagliano e Gino Turchetti, i quali non sono sembrati molto convincenti nello spiegare come mai le cartelle cliniche, riferite al nigeriano, fossero piuttosto scarne. L’altro imputato, Patrizio Meggiorini, verrà invece sentito nella prossima udienza, fissata per il 21 dicembre.

Informazione: Costanzo; porto tv in cella, ma non faccio reality

 

Il Messaggero, 27 ottobre 2006

 

Da tanto tempo ci pensava, da sempre forse. Attratto quanto respinto dalla vita dietro le sbarre. Nelle asettiche, paurose, perfette strutture degli Stati Uniti ha visto chi contava le ore nel braccio della morte. Nel carcere di Lexington ha intervistato Silvia Baraldini. Che gli si è parata di fronte serrata tra due guardie, come i polsi nelle manette, l’inconfondibile odore di chi si lava poco e male. Si è ritrovato faccia a faccia con criminali comuni, mafiosi, le guardie che dividono in parte la sorte dei carcerati. Fra rumori di chiavistelli, quelli troppo alti di radio e tv, "per non dimenticare che fuori tutto continua". Ultima tessera del mosaico, il libro di Fabio Venditti La mala vita , lettera di un boss della camorra al figlio. Da stasera, per 28 venerdì, alle 23,40, Maurizio Costanzo conduce Altrove su Italia 1 (in studio si alterneranno il direttore dell’Istituto di pena Giuseppe Makovec, il vice comandante della Polizia penitenziaria Marco Santoru, lo psichiatra Luigi Cancrini). Un programma per capirne di più su che cosa sia il carcere, in questo caso, quello di Velletri. Su quanto valga la libertà. Inoltre, tutte le sere, a mezzanotte e 30, andrà in onda una striscia che mostrerà spaccati di realtà dei detenuti e delle guardie penitenziarie.

Altrove non ha avuto facile percorso burocratico, finché Costanzo non ha spiegato il progetto a Clemente Mastella, "tutto il contrario di un reality. Senza uno straccio di sceneggiatura. Con i detenuti liberi di accettare o meno le telecamere, e di spegnerle in qualsiasi momento". E il ministro della Giustizia ha dato il suo assenso. "Non c’è equivoco - dichiara - si tratta di una tv di servizio.

Pedagogica in quanto informa senza giudicare". E così Altrove può finalmente approdare su Italia 1. Il direttore di rete, Luca Tiraboschi, dice: "Il nostro è il canale più giovane di Mediaset, con telefilm all’avanguardia e nuovi show. Ma è anche la televisione di Invisibili , serie di inchieste nel pianeta diseredati, barboni e dintorni". Costanzo non si aspetta ascolti strabilianti, "gliel’ho anche ripetuto, a Tiraboschi: "non ci fare affidamento". Questo programma è solo una prova, difficile, che però andava fatta".

Un prototipo per capire meglio Altrove g uardando dentro. "Dentro, dove ho sentito battute, ma non ho visto nemmeno l’ombra di un sorriso. Dove si respira attesa, a volte di niente. Un filo di speranza. E rabbia, tanta rabbia. Dove ci si addormenta consapevoli della reclusione e ci si sveglia illudendosi per una manciata di secondi di non essere lì, ma altrove ". Non è compassione, quella di Costanzo. Constatazione, piuttosto. "La libertà è tutto. Camminare, andare, tornare, lavorare, fare l’amore. Dentro, questo non c’è. È sacrosanto che in uno Stato di diritto si debba pagare per i reati commessi e quindi essere privati della libertà. Ma non si può, non si deve, sottrarre a un uomo la dignità. Specie in un sistema che prevede rieducazione e reinserimento. Risultato non semplice da raggiungere se per anni sei costretto a vivere in condizioni disumane. Che, credete, in alcuni penitenziari sono tutt’altro che fantascienza".

Fotografare. Parlare. Parlarne. Questi gli obiettivi del programma. Senza influenzare il pubblico. Che però ha già un’opinione. Attraverso la stampa, e la cinematografia - americana soprattutto - e i libri, da La mala vita a Il padrino . Ma anche solo osservando la realtà dei vicoli dei Quartieri spagnoli di Napoli o dello Z en di Palermo, dove si ha l’impressione che esista una frangia di criminali predestinati . Quelli nati e cresciuti fra furti, violenza, sopraffazione . Difficile insomma restare imparziali. Come il grande pubblico di Dead man walking, film manifesto contro la pena di morte. In cui anche quando lo spettatore scopre che il protagonista è un assassino si ribella alla sua fine. "Perché non si può essere carnefici di chi lo è stato", commenta Costanzo. Così come "non si può calpestare la dignità. Perché segna la differenza tra l’uomo e la bestia".

Informazione: Mastella; l’iniziativa di Costanzo è interessante

 

Il Tempo, 27 ottobre 2006

 

Si presenta con una serie di novità la programmazione di Italia uno per la fine dell’anno in corso e gli inizi del 2007. La prima si chiama "Altrove", sottotitolo "liberi di sperare". È il nuovo programma in onda dalla casa circondariale di Velletri, all’esordio questa sera su Italia uno. Proposto da Maurizio Costanzo e Fabio Venditti, è stato annunciato ieri alla presenza del Ministro della Giustizia Clemente Mastella che ne ha approvato il fine, la maggiore conoscenza della quotidianità dei detenuti in carcere, ed ha definito "Altrove" un programma da servizio pubblico, per la visibilità che consente a tematiche altrimenti in ombra.

"Così, si vince l’indifferenza verso una categoria di persone che cercano di pagare il proprio debito con la società", ha detto Mastella approfittando dell’occasione per difendere l’indulto "da un pregiudizio elevato secondo cui sarebbe stato poco saggio ed opportuno liberare alcuni detenuti dalle carceri". "Altrove" è composto da ventotto appuntamenti quotidiani, senza conduzione, in tarda serata, dal lunedì al giovedì ed in otto puntate settimanali, previste per il venerdì alle 23,40, sempre su Italia uno. Il programma del venerdì sera, la cui curatrice è Marina Nocella, è affidato alla gestione di Maurizio Costanzo che avrà accanto una serie di ospiti e sarà ambientati, sotto forma di talk show, nella sala teatrale del carcere di Velletri.

La striscia quotidiana è invece senza conduzione ed è curata da Maria Cristina Cecilia. "Non chiamatelo reality show, piuttosto il desiderio di conoscere i pensieri dei detenuti che potranno parlare in tutta libertà e far conoscere al pubblico quanto sia intenso e singolare, per i risvolti affettivi che vengono fuori, il rapporto quotidiano tra i detenuti e la polizia penitenziaria", anticipa Costanzo. Che sottolinea: "In tre celle sono state messe telecamere e microfoni con possibilità di staccarli in ogni momento, a discrezione dei detenuti, qualora non volessero più mostrarsi. Dei quaranta carcerati della sezione da noi presa in considerazione, ventotto si sono prestati all’esperimento, gli altri che non hanno dato la propria disponibilità, non si vedranno mai". "Si tratta di carcerati con condanne anche a trent’anni per vari reati,che hanno esaurito tutte le fasi processuali", spiega il direttore del carcere Giuseppe Makovec.

E per quanto riguarda gli ascolti, Costanzo puntualizza: "Ho anticipato al direttore di Italia uno Luca Tiraboschi che ha creduto nel progetto, di non attendersi grandissimi ascolti, ma un programma di indiscussa qualità e civiltà, senza traccia di perdonismo alcuno, nel quale vige rispetto per la pena da scontare e per le persone umane". Ma se "Altrove" rappresenta un singolare esperimento per il pubblico di Italia uno, Tiraboschi annuncia una serie di altre novità più consone al target della più giovane rete Mediaset. Innanzitutto il direttore di Italia uno annuncia che si sta preparando un palinsesto più aperto alla comicità ed al divertimento, generi che la gente sembra apprezzare maggiormente in questo momento. In quest’ottica la terza edizione del reality show "La talpa" slitta all’autunno del 2007, anche per non dare fastidio a "Il grande fratello" che proprio in quel periodo torna su Canale 5.

Spazio dunque alla "Gialappàs" che torna in prima serata con una serie di appuntamenti goliardici sullo stile "Mai dire tv", e ad Enrico Papi che reduce dal gradimento de "La pupa ed il secchione" s’impossessa della conduzione di "Distraction", il cui passato padrone di casa Teo Mannuccari resta su Canale 5 al timone di "Cultura moderna". Otto puntate di "Distracion" sono previste per gennaio 2007. Il direttore di Italia uno svela anche che gli piacerebbe lavorare di nuovo con Amadeus: "sarebbe un mio desiderio affidargli la conduzione di Colorado".

E per quanto riguarda il telefilm cult per i giovani "O.C.", la cui momentanea cancellazione dal palinsesto ha suscitato molte proteste, Tiraboschi, non negando di aver mandato allo sbaraglio un prodotto molto amato, fa intuire che potrebbe tornare nella nuova collocazione quotidiana preserale, dalla metà di novembre, quando si conclude il naturale ciclo del game show "Il mercante in fiera" che va in onda proprio in quella fascia oraria. Molto dipenderà, però, dalle richieste dei pubblicitari. Infine anche per "Le Iene", dopo la pausa di fine anno, è previsto il ritorno in prima serata nella primavera 2007.

Agrigento: uno sguardo al passato... per costruire il futuro

 

Comunicato stampa, 28 ottobre 2006

 

Il 24 ottobre 2006 si è concluso, presso la sezione femminile della Casa Circondariale di Agrigento, il POR "Uno sguardo al passato per costruire il futuro" (Misura 3.08 Azione F). Le detenute, guidate da docenti esperti, hanno realizzato "pupi" in pezza abbigliati con i costumi storici regionali e corredati di scheda illustrativa. Si tratta di prototipi che verranno proposti, per un’eventuale commercializzazione. Fondamentale obiettivo del percorso - ideato e reso operativo dal "Centro Territoriale Permanente per l’Educazione degli Adulti", coordinato dal dirigente scolastico prof. Salvatore Di Carlo - è stato quello di offrire alle detenute con insufficiente istruzione scolastica quegli strumenti che potrebbero consentire loro di avere delle possibilità in più per trovare lavoro e acquisire una maggiore autonomia.

Oggi si parla con sempre maggiore consapevolezza di life-long learning e, come sostiene il Parlamento europeo, l’istruzione e la formazione lungo l’intero arco della vita non solo contribuiscono all’occupabilità, ma costituiscono il mezzo migliore per garantire l’integrazione sociale delle fasce più deboli e la parità delle opportunità.

Anche se non sono mancate difficoltà, da un primo bilancio l’esperienza risulta positiva e si pone come un passo concreto per realizzare non solo la finalità della legge del 10.04.1991 n° 125 sulle "pari opportunità", ma anche la fondamentale funzione risocializzante della pena.

 

P.O.R. SICILIA - I.C. S.Quasimodo-CTP per l’EDA - Agrigento

 

 

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