Rassegna stampa 13 ottobre

 

Giustizia: obbligo di prelievo del Dna per chi viene arrestato

 

Corriere della Sera, 13 ottobre 2006

 

Ladri, scippatori, stupratori potranno essere sottoposti al prelievo forzoso del Dna. La norma finora prevista soltanto per chi è accusato di terrorismo, viene estesa a tutti i reati che prevedono l’arresto in flagranza. Il governo approva il disegno di legge che obbliga l’indagato a fornire il proprio codice genetico, ma rinvia il varo del provvedimento che istituisce la banca dati. È il nodo più controverso di una riforma sulla quale si discute da anni e che rischia di avere un iter complesso anche in Parlamento. Perché il problema da risolvere rimane quello della conservazione dei dati e soprattutto la custodia dei campioni.

Sono sei gli articoli della nuova legge messa a punto dagli esperti del ministero della Giustizia e dell’Interno che regolano il prelievo delle "impronte biologiche". Ma a differenza di quanto già avviene per quelle "digitali" non ci sarà alcun automatismo. Dovrà essere il giudice a disporre l’analisi con un decreto motivato. In casi di particolare urgenza potrà decidere il pubblico ministero, ma il suo provvedimento dovrà essere convalidato entro 48 ore. È escluso che il Dna possa essere ricavato dal sangue perché questo tipo di test è stato giudicato "eccessivamente invasivo". Il prelievo sarà effettuato alla presenza del difensore che avrà la facoltà di nominare un consulente. Riguarderà tutti gli indagati per reati che prevedono pene superiori nel massimo a tre anni. Nei casi particolarmente complessi è previsto che l’accertamento avvenga in sede di incidente probatorio. I campioni prelevati saranno distrutti immediatamente.

Di fronte a indagini di particolare rilevanza potranno essere conservati fino alla definizione del procedimento, ma questa scelta dovrà essere motivata. "In questo modo commenta il Guardasigilli Clemente Mastella speriamo sia una maniera per garantire ai cittadini un più elevato grado di sicurezza ed incutere una paura più forte a chi ritiene di poter farla franca rispetto a certe condotte criminali. Nei Paesi dove questa norma è già stata introdotta c’è stata una progressione enorme sotto questo punto di vista".

Nelle intenzioni del governo il disegno di legge che istituisce l’archivio doveva essere approvato insieme a quello sul Dna. Ma sono diversi i punti controversi e così si è deciso di attendere il parere del garante sulla privacy. Bisogna infatti fissare una serie di regole per la conservazione dei dati e dei campioni biologici. E soprattutto stabilire che cosa fare in caso di proscioglimento dell’indagato. La linea scelta sarebbe quella di archiviare tutti i dati, proprio come avviene per le impronte digitali.

"Si tratta di un disegno di legge spiegano al ministero della Giustizia e dunque se il Parlamento lo riterrà opportuno potrà modificarlo in sede di approvazione definitiva". Sarà invece l’Autorità per la gestione dei dati personali a doversi pronunciare sul mantenimento dei campioni prelevati. La banca dati sarà istituita presso il dipartimento di pubblica sicurezza e sarà accessibile a tutte le forze di polizia, ma anche sulle procedure di conservazione dovranno essere fissati criteri in modo da impedire qualsiasi tipo di accesso abusivo alle informazioni.

Giustizia: Paolo Mancuso a capo del Dap? Forza Italia protesta

 

Apcom, 13 ottobre 2006

 

"Un’attenta lettura degli atti della Commissione Antimafia dovrebbe dissuadere il Governo, il Consiglio superiore della magistratura e il ministro Mastella dal nominare ai vertici del Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ndr) il magistrato Paolo Mancuso".

È quanto afferma il senatore di Forza Italia, Emiddio Novi. "Se il Governo avrà l’arroganza avventurosa di scegliere Paolo Mancuso al vertice dell’Amministrazione Penitenziaria, si imporrà un intervento del Capo dello Stato che non può ignorare le risultanze delle audizioni tenute in Commissione Antimafia a partire da dicembre scorso. Si tratta di salvaguardare - conclude Novi - la trasparenza e la credibilità delle istituzioni".

Giustizia: la Cgil; i Cpa trasformati in carceri per minorenni

 

L’Unità, 13 ottobre 2006

 

Meno fondi e più sbarre. Per i minori bloccati dalle forze dell’ordine arrivano le schedature e il centro di prima accoglienza si trasforma in "carceretto". A denunciare "tagli alle risorse" e "un inasprimento e indurimento dell’attività di recupero verso i minori" sono i rappresentanti della Funzione pubblica della Cgil nazionale che hanno inviato una lettera appello al ministro della Giustizia Clemente Mastella.

"Nei centri di prima accoglienza, le strutture dove vengono portati i minori di età compresa tra i 14 e i 18 anni l’amministrazione penitenziaria si sta organizzando per sistemare il programma Spide - spiega Gianfranco Macigno rappresentante della Funzione pubblica Cgil - e si tratta di un dispositivo informatico per la catalogazione delle impronte digitali usato nelle carceri altre carceri per la schedatura dei detenuti". Proprio qui, secondo quanto spiega Macigno, nascono i problemi. "Con l’installazione di questi programmi, i centri di prima accoglienza, nati per evitare ai minori l’impatto duro delle carceri si trasformano in piccole prigioni, dove un minore, al massimo resta 24 ore perché subito dopo il fermo il giudice dispone l’affidamento a una comunità o ai genitori". Una vicenda che, a sentire il sindacalista della Cgil potrebbe avere ripercussioni anche in futuro. "Naturalmente dopo ci sarà un problema di gestione dati. Chi li gestirà. E saranno conservati anche quelli di chi entra e il giorno dopo viene liberato?".

La polemica non si ferma comunque qui. Fabrizio Rossetti, responsabile del settore carceri per la Funzione Pubblica non usa giri di parole e le sue perplessità le scrive nella lettera inviata al ministro della Giustizia. "A distanza di cinque mesi dalla formazione del nuovo Governo - scrive il sindacalista - le questioni e le problematiche ereditate dalla giustizia minorile dalla gestione del ministro Castelli restano interamente sul tappeto, irrisolte e, se possibile, aggravate dal passare del tempo". Ricordando poi l’esiguità dei fondi e le condizioni di alcune strutture il rappresentante della Funzione pubblica rimarca che "questa insostenibile eredità va ricondotta a normalità il prima possibile e anche grazie al suo personale impegno il disegno di legge finanziaria per l’anno 2007 pone le prime basi per una chiara inversione di tendenza: non più quelle odiose distrazioni di risorse alle quali questo mondo era stato recentemente abituato, ma una precisa volontà di riprendere ad investire anche economicamente sul servizio giustizia".

Dal rappresentante della Cgil parte anche qualche critica verso lo staff del ministro della Giustizia. "Il Sottosegretario con delega alla giustizia minorile, infatti, non solo offre la sensazione di una sostanziale lontananza dai temi nodali attorno ai quali "faticosamente" la destra ha costruito la crisi della Giustizia Minorile - scrive nella lettera di tre pagine il rappresentante sindacale -, ma sembra addirittura pervasa da una radicata convinzione su quanto sia in un certo senso suo dovere continuare a perseguire quelle sperimentate politiche della destra".

Che come spiega poi Rossetti nella lunga lettera "sono quelle chiuse, autoreferenziali e prive di un benché minimo bisogno di confronto, quelle tese ad ottenere pura e semplice visibilità, quelle che non si interrogano da tempo sui bisogni concreti dei minori. Quelle politiche che, in estrema sintesi, hanno concorso, da dentro il sistema, alla realizzazione dell’obiettivo dichiarato dall’ex ministro Castelli di cancellare la giustizia minorile o, in subordine, di adultizzarne le caratteristiche". Perché, come spiega il sindacalista, "il problema della giustizia non si risolve buttando tutto dentro il carcere. Soprattutto se sono minori".

Giustizia: Cirielli (An); 12mln in meno per l'edilizia carceraria

 

Ansa, 13 ottobre 2006

 

"Oltre 12 milioni di euro sono stati sottratti all’edilizia carceraria, nonostante le promesse che avevano fatto quando venne votato l’indulto...". Il deputato di An Edmondo Cirielli torna all’attacco della finanziaria, in particolare sui fondi destinati al ministero della Giustizia. Dopo che ieri aveva denunciato come fossero aumentati di oltre 800.000 euro "assegni e stipendi al ministro e ai sottosegretari alla Giustizia".

"Un’analisi attenta delle tabelle delle previsioni di bilancio del 2007 previste nella Finanziaria del Governo Prodi, relativamente al Ministero della Giustizia - dichiara Cirielli - evidenziano gravissime incongruenze: viene colpito duramente l’istituto del gratuito patrocinio e il funzionamento delle Direzioni Antimafia per effetto della decurtazione di ben 499, 9 milioni di euro dal settore affari di giustizia.

E sono sottratte, inoltre, ben 12 milioni 458mila euro dagli investimenti per l’edilizia penitenziaria". "Peraltro - aggiunge - con la pesantissima decurtazione per l’edilizia penitenziaria, contrariamente agli impegni assunti dal Governo in occasione dell’approvazione delle legge sull’indulto, si finanzia un aumento di ben 3,3 milioni di euro per il funzionamento del gabinetto del Ministro Mastella".

"Altro che Finanziaria del rigore - conclude il parlamentare di An - è una Finanziaria che colpisce i ceti deboli con la soppressione di fatto del gratuito patrocinio, la sicurezza e la qualità della vita dei detenuti con la riduzione dell’edilizia penitenziaria e si finanzia con queste riduzioni i costi della politica..."

Padova: convegno "persone senza dimora, persone senza diritti"

 

Comunicato stampa, 13 ottobre 2006

 

Convegno: "Persone senza dimora, persone senza diritti. Condizioni e prospettive di intervento sulla salute per le persone senza dimora" - Padova, 17 ottobre 2006.

In occasione della giornata mondiale di lotta alla povertà, martedì 17 ottobre, Agorà, realtà che riunisce insieme le associazioni locali che si occupano di senza dimora, promuove un convegno dedicato al tema del diritto alla salute delle persone senza fissa dimora. L’incontro si svolgerà a partire dalle ore 9 presso la sala Anziani di Palazzo Moroni.

Si tratta di un’importante occasione di confronto e riflessione su un tema troppo spesso "dimenticato": l’accesso ai servizi sanitari da parte delle persone senza fissa dimora è ancor molto difficile. Un diritto come quello del medico di base è ancor oggi negato a chi non ha una residenza. Un altro nodo irrisolto riguarda le persone che, ancora in condizioni di salute precarie, vengono dimesse dopo un ricovero ospedaliero e si ritrovano sulla strada.

La prima parte della mattinata prevede una tavola rotonda che vedrà la partecipazione di operatori che, a diverso titolo, si trovano ad affrontare i problemi sanitari delle persone senza dimora: medici di medicina generale, personale dell’Ulss 16, assistenti sociali, operatori e volontari impegnati nelle realtà del privato sociale. Nella seconda parte della mattinata sono invece in programma alcuni interventi dedicati a specifici aspetti del tema in questione.

Roberto Toffanin, coordinatore dei distretti sanitari dell’Ulss 16, illustrerà le difficoltà che ancora frenano l’accesso ai servizi sanitari da parte delle persone senza fissa dimora. A seguire la relazione di Carlo Stecchini, responsabile di un progetto promosso dall’Ulss 16 per sperimentare un nuovo trattamento dei casi "doppia diagnosi", ovvero di quei pazienti che presentano al tempo stesso una situazione di disagio psichiatrico e un problema di dipendenza da sostanze.

L’intervento successivo sarà invece affidato a Stefano Galliani, consigliere della Feantsa, federazione europea che riunisce le reti di coordinamento nazionali che rappresentano le realtà impegnate a sostegno dei senza dimora. Galliani illustrerà il quadro nazionale ed europeo alle persone senza dimora. Infine, un’interessante lettura sociologica sarà offerta da Antonella Meo, docente presso l’università di Torino, cui sarà affidato il compito di spiegare come problemi sanitari difficoltà relazionali ed emarginazione sociale siano spesso facce diverse di una stessa medaglia.

Lazio: Ziccone (Prap); situazione migliora, serve legge regionale

 

Dire, 13 ottobre 2006

 

Qual è lo stato delle carceri del Lazio e dei detenuti a poche settimane dall’emanazione della legge sull’indulto? Per rispondere a questa domanda, e per discutere sulla legge regionale a sostegno della popolazione carceraria, alla Pisana è stata organizzata una riunione congiunta delle commissioni Politiche sociali e Sicurezza, alla presenza dei direttori delle carceri della regione e del provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria, Ettore Ziccone.

È stato proprio quest’ultimo, insieme al presidente della commissione Sicurezza Luisa Laurelli, a fare il punto della situazione. "Nel Lazio in seguito all’indulto la situazione è migliorata - ha detto Ziccone - forse bisognava stare più attenti alle tipologie di reato che ne potevano beneficiare, ma questo è un problema politico non tecnico.

Ad ogni modo - ha continuato Ziccone - la legge in esame è una cosa assolutamente necessaria perché nonostante la situazione nelle carceri è migliorata, soprattutto in termini di capienza, è ancora necessario incentivare la formazione professionale, il reinserimento in società e soprattutto il lavoro all’interno degli istituti. Una cosa che si può fare grazie alle cooperative sociali".

Lazio: Laurelli (Ds); intensificare programma sostegno detenuti

 

Adnkronos, 13 ottobre 2006

 

"Il diritto alla sicurezza per tutti i cittadini si può conciliare con il diritto dei detenuti alla salute, la formazione, il lavoro, l’inclusione sociale". È quanto afferma Luisa Laurelli (Ds), presidente della commissione Sicurezza ed integrazione sociale e lotta alla criminalità e la Commissione Politiche Sociali durante l’audizione in seduta congiunta con la commissione Politiche sociali, presieduta da Maria Antonietta Grosso (Pdci), dei direttori delle carceri del Lazio per ascoltare pareri circa la proposta di legge quadro regionale che ha per oggetto "Interventi a sostegno dei diritti della popolazione detenuta della Regione Lazio", primo firmatario Luigi Nieri.

Alla riunione erano presenti i consiglieri Giuseppe Mariani (Verdi), Anna Evelina Pizzo (Prc), Francesco Lollobrigida (An), Anna Maria Massimi (Ds), il consigliere Emilio Di Somma, vice Capo del Dap, il provveditore regionale dell’Amministrazione Penitenziaria del Lazio Ettore Ziccone e Raffaella Durano dell’Ufficio rapporti tra il Ministero della Giustizia e Regioni. Sono stati forniti i dati della popolazione detenuta che per effetto dell’indulto è scesa in Italia a 23.852 persone su un totale di circa 60.000 e, nel Lazio, dai precedenti 6.020 agli attuali 3.700. Nonostante l’enorme riduzione che ha eliminato il problema del sovraffollamento, rimangono i problemi determinati dalla carenza di personale, in particolare di quello civile (educatori, psicologi, assistenti sociali). I dati della recidiva, cioè del ritorno a delinquere delle persone scarcerate, sono di 700 su 23.852.

"Ci sono stati casi di rientro in carcere a causa dell’impossibilità di trovare fuori qualsiasi forma di accoglienza - ha spiegato Laurelli - ad oggi, risultano tutti impegnati dai comuni i fondi stanziati dalla Regione Lazio per interventi di accompagnamento e inclusione dei detenuti usciti dal carcere per effetto dell’indulto e continuano a pervenire ancora richieste di finanziamento, soprattutto per progetti di inserimento al lavoro. Per questo - ha concluso - non possiamo far venire meno il nostro impegno se vogliamo cogliere appieno l’opportunità di consolidare un programma di interventi che punta al reintegro in una vita normale e dignitosa".

La proposta di legge è stata giudicata positivamente da tutti i presenti che si sono soffermati sulle parti relative alla gestione dei servizi sanitari e al diritto allo studio, alla formazione, alla formazione professionale. Da tutti è stata confermata la volontà di proseguire la buona collaborazione con la Regione Lazio e di adottare forme di intervento coordinate tra Ministero, direttori delle carceri, Regione Lazio, Aziende ASL. Le prossime riunioni delle commissioni prevedono l’incontro con le associazioni di volontariato e con le organizzazioni sindacali del settore.

Indulto: Lega; la gente perbene vessata, i delinquenti premiati

 

Apcom, 13 ottobre 2006

 

"L’omicida di Sondrio non è la punta di un iceberg, perché ce ne saranno altri di sconcertanti uscite dalle carceri italiane per colpa di questo scatafascio. Ad oggi, per esempio, sono rientrati nelle carceri la bellezza di 1148 detenuti che erano stati scarcerati con il provvedimento di indulto". È quanto si legge in una nota dei senatori della Lega dopo che a Sondrio è stato liberato, grazie all’indulto, Francesco Gussoni che 6 anni fa uccise la moglie di 21 anni davanti alla figlioletta di 3.

"Alla fine questo signore e grazie a questo governo ha fatto solo 6 anni di galera per omicidio. Viceversa, ad Ancona, un poveraccio ha avuto otto udienze preliminari per aver rubato un euro, leggasi 1 Euro!. Ma che stato è questo se - concludono i senatori del Carroccio - la gente perbene viene continuamente vessata e i delinquenti premiati addirittura con fondi stanziati apposta per loro. Noi, comunque, non saremo silenti verso questo governo e la clemenza omicida".

Padova: Covi (Sdi) denuncia degrado della casa circondariale

 

Il Gazzettino, 13 ottobre 2006

 

Il consigliere regionale dello Sdi Carlo Covi ha presentato un’interrogazione alla Giunta per sapere "se non intenda intervenire presso il Ministero di Giustizia al fine di conoscere le cause che hanno impedito l’apertura del nuovo padiglione della Casa Circondariale di Padova che potrebbe immediatamente consentire il trasferimento dei detenuti dalla vecchia struttura dove il degrado nei luoghi e la situazione di sovraffollamento stanno infliggendo a persone già private della libertà una pena aggiuntiva inutile e offensiva della dignità umana".

"Al 30 settembre scorso - rileva il consigliere - l’istituto ospitava 177 detenuti dei quali l’85\% stranieri e il 60% tossicodipendenti, 2 soli gli educatori la cui l’opera è, peraltro, encomiabile e circa 100 gli agenti di polizia penitenziaria operativi sui 140 previsti dalla pianta organica. Nonostante la legge sull’indulto abbia abbassato notevolmente le presenze l’istituto risulta ancora sovraffollato essendo la capienza cosiddetta regolamentare di circa 100".

"L’attuale Casa Circondariale di Padova - spiega ancora l’esponente dello Sdi - costruita negli anni ‘60, del secolo scorso presenta oggi delle caratteristiche di fatiscenza e degrado strutturale. Le celle più grandi, i cosiddetti cameroncini, originariamente previste per 4 "ospitano" fino a 9 detenuti; in quelle singole, di 2 metri per 3 e previste per un solo detenuto, "vivono" tre persone che dormono su un letto a castello a tre livelli, con il water a vista dal corridoio, il lavandino per lavarsi e lavare i panni, un tavolino su cui cucinare e mangiare".

"Nel corso di una recente visita - afferma Covi - ho potuto visitare il nuovo padiglione, che potrebbe ospitare circa 170 detenuti ed è dotato di celle ampie e luminose con angolo cottura e con doccia separati, la cucina già in grado di funzionare, e l’infermeria perfettamente arredata".

Indulto: negato a detenuto estradato, il caso va in Parlamento

 

Apcom, 13 ottobre 2006

 

Arriva in Parlamento il caso dell’emigrato calabrese, estradato dalla Germania per scontare un residuo di pena di 2 anni e 5 mesi, al quale è stato negato l’indulto dai giudici della Corte d’appello di Catanzaro. Il deputato Dl Franco Laratta ha annunciato un’interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia Clemente Mastella. "Perché a lui no e alla Baraldini sì?", chiede, riferendo anche che l’uomo ha una figlia di 24 anni "gravemente malata e bisognosa di un immediato intervento in Svizzera". "Bisogna chiarire i trppi punti oscuri di questa vicenda", chiede Laratta.

Il detenuto calabrese ha 54 anni ed è stato condannato per piccoli reati commessi all’estero. Oggi si trova in carcere in Calabria (dopo l’estradizione dalla Germania) per scontare un residuo pena di 2 anni e 5 mesi. L’uomo ha già scontato, prima nel Paese tedesco e poi in Italia, 3 anni e 7 mesi di detenzione, di una pena complessiva di 6 anni. Per protestare contro il "no" dei giudici di Catanzaro alla sua istanza di clemenza, ha iniziato lo sciopero della fame.

A denunciare il caso è stato fin da subito il leader del movimento Diritti Civili, Franco Corbelli, che ha chiesto l’intervento del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, investendo anche il Csm e il ministro della Giustizia Clemente Mastella, per denunciare quello che considera un "clamoroso caso di ingiustizia".

"Quest’uomo - afferma Laratta - ha diritto all’indulto. Come nel caso della Baraldini. Dovendo scontare meno di tre anni, avrebbe dovuto riacquistare la libertà un minuto dopo l’approvazione dell’indulto. Invece, gli è stato negato il diritto a beneficiare del provvedimento di clemenza".

Indulto: Chiatti; procura generale non ricorrerà in Cassazione

 

Ansa, 13 ottobre 2006

 

La Procura Generale di Perugia non ricorrerà in cassazione per quanto riguarda la sentenza dalla Corte d’assise d’appello del capoluogo umbro, che ha concesso grazie all’indulto, lo sconto pena di tre anni a Luigi Chiatti. La motivazione adottata dalla Corte d’assise d’appello nell’applicare lo sconto di pena al cosiddetto "mostro di Foligno" è stata infatti ritenuta tecnicamente corretta sotto il profilo giuridico dall’Ufficio guidato da Giancarlo Armati.

La decisione di non impugnare il provvedimento è stata presa dalla procura generale dopo avere vagliato a lungo e con attenzione il provvedimento. Una decisione, come appreso questa mattina in Procura, alla quale i magistrati sono arrivati dopo aver vagliato attentamente e a lungo le motivazioni fornite dalla Corte. Motivazioni ritenute dalla procura Generale, guidata da Giancarlo Armati, dal punto di vista tecnico e giuridico corrette anche se dal punto di vista sostanziale possono suscitare delle perplessità.

Luigi Chiatti venne condannato a 30 anni di reclusione dai giudici della Corte d’Assise d’Appello di Perugia che gli riconobbero la seminfermità di mente. In particolare l’omicidio di Simone Allegretti, di 4 anni, fu sanzionato con 22 anni di carcere e all’imputato fu contestata l’aggravante dei "vecchi" atti di libidine violenta. Altri otto anni gli vennero inflitti "in continuazione" per l’omicidio di Lorenzo Paolucci, di13 anni, e per altri reati satellite tra cui il sequestro di persona e occultamento di cadavere.

Secondo quanto scrivono i giudici della corte d’assise d’appello di Perugia (presidente Salvatore Emanuele Medoro, consigliere relatore Silvio Magrini Alunno) nelle motivazioni dell’ordinanza, Luigi Chiatti può beneficiare dell’indulto "per tutti i reati satellite (omicidio Paolucci, sequestro di persona ed occultamento di cadavere) per i quali ha riportato un aumento di pena di 8 anni di reclusione, posto che nessuno di tali reati è ricompreso tra gli esclusi dal beneficio".

Secondo la Corte, inoltre, l’omicidio volontario aggravato commesso da Chiatti nei confronti del piccolo Simone Allegretti, "costituisce un reato complesso, composto da un delitto base (l’omicidio volontario) compreso nel decreto di clemenza e, come circostanza aggravante, dal delitto di atti di libidine violenti, escluso dal medesimo decreto". Non sarebbe sostenibile quindi, un’interpretazione secondo la quale il reato sessuale esclude l’applicazione dell’indulto anche quando esso costituisce mera circostanza aggravante, perché la legge 241 (indulto), pur prevedendo espressamente quali circostanze aggravanti, se ricorrenti, escludono l’applicazione del provvedimento, non vi esclude nessun reato sessuale".

La Procura Generale di Perugia, in merito a questo ultimo punto, avrebbe vagliato in queste ore anche la possibilità di appellarsi alla Corte Costituzionale. Una decisione però messa da parte poiché il ricorso rimarrebbe comunque privo di rilevanza per quanto attiene la concessione dell’indulto a Chiatti che ne potrebbe comunque beneficiare in relazione all’omicidio di Lorenzo Paolucci e gli altri reati satelliti.

Toscana: regione chiede sospensione esecuzioni in Iran e Texas

 

Asca, 13 ottobre 2006

 

Massimo Toschi, assessore regionale toscano con la delega alle iniziative contro la pena di morte e per la promozione dei diritti umani, ha scritto oggi al presidente del consiglio Romano Prodi per chiedere il suo interessamento presso il governo dell’Iran e presso il governatore dello stato americano del Texas perché venga sospesa l’esecuzione capitale di due prigionieri.

Si tratta, come spiega l’assessore nella sua lettera, di una giovane donna iraniana di nome Kobra e del cittadino statunitense Gregory Summers. Per quest’ultimo la data dell’esecuzione è già stata fissata per il prossimo 25 ottobre. "Sono due dei tanti - scrive Toschi nella sua lettera - che ancora vivono nel braccio della morte delle carceri di tanti paesi del mondo, simboli di una sfida per la vita, che è sostenuta da gran parte dell’umanità".

Nel suo messaggio al presidente del consiglio Toschi ricorda la "condanna netta e nitida" che Prodi ha fatto della pena di morte presso l’assemblea generale dell’Onu in occasione della Giornata mondiale contro la pena di morte il 10 ottobre scorso. "Questo domanda - afferma l’assessore - un ulteriore impegno dell’Italia perché una moratoria generalizzata di tutte le esecuzioni venga approvata al più presto dall’assemblea generale dell’Onu".

Iran: in 3 mesi 66 prigionieri impiccati altri 178 condannati a morte

 

Ansa, 13 ottobre 2006

 

La resistenza iraniana chiama la Comunità internazionale a condannare il regime dei mullah e processare i suoi dirigenti. Secondo quanto hanno riportato i mass media iraniani, durante i tre mesi dell’estate, la macchina giudiziaria dei mullah ha impiccato 66 detenuti e ne ha condannati a morte altri 178 condannati a morte. Quarantacinque prigionieri sono stati impiccati in pubblico e altri ventuno in prigione. Ventidue avevano meno di 25 anni.

Fra i prigionieri impiccati, molti avevano diciotto anni e minorenni al momento del reato. Durante lo stesso periodo, molte donne sono state condannate alla lapidazione. Almeno in un caso, il verdetto è stato portato a termine a Mashad, nel Nord-est dell’Iran. In occasione del 10 ottobre, giornata mondiale contro la pena di morte, la resistenza iraniana chiede al segretario generale delle Nazioni Unite, all’alto commissario ai diritti dell’uomo, ed al Consiglio dei diritti dell’uomo dell’ONU di condannare la grave violazione dei diritti umani e le esecuzioni arbitrarie, specialmente dei minori, in Iran. Rileva nuovamente la necessità di portare i dirigenti criminali di questo regime dinanzi ad un tribunale internazionale per crimini contro l’umanità.

Gran Bretagna: troppi reati commessi da detenuti con braccialetto

 

Ansa, 13 ottobre 2006

 

In Gran Bretagna sono stati commessi dai detenuti agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico 1.021 reati. Tra questi, in 5 anni di attuazione delle pene alternative, si contano un assassinio, 4 omicidi e 562 aggressioni. Il rapporto parlamentare evidenzia come questa soluzione al sovraffollamento delle carceri presenti pesanti inefficienze. La scarcerazione anticipata dei detenuti è più economica per lo Stato, ma la sicurezza pubblica è messa in pericolo.

 

 

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