Rassegna stampa 7 novembre

 

Caserta: due suicidi all’Opg di Aversa nell’ultimo mese

 

Ansa, 7 novembre 2006

 

Due internati dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa (Caserta) si sono suicidati nell’ultimo mese. Lo sottolineano le associazioni Antigone Napoli e Città Invisibile. Nell’Opg di Aversa vi sono 308 internati, il 30% dei circa mille internati in tutta Italia. "Ieri è deceduto - ricordano Samuele Ciambriello, presidente dell’Associazione Città Invisibile, e Dario Stefano Dell’Aquila, componente dell’Osservatorio nazionale sulla detenzione dell’Associazione Antigone - M.M., trentasette anni, sardo, impiccatosi. Il tre ottobre scorso, ma lo si è appreso solo in queste ore, un internato originario di Brindisi, D.G., di quarantuno anni si è tolto la vita in maniera analoga".

"Gli internati in Opg - proseguono Ciambriello e Dell’Aquila - sono persone che hanno commesso un reato ma che non sono pienamente in grado di intendere. Per questo vengono condannate ad una misura di sicurezza, la detenzione in Opg appunto, che viene annualmente prorogata. Accade così, nella pratica, che persone che entrano in carcere per reati di poco conto, scontano decine di anni, se non la loro intera esistenza in un ospedale psichiatrico giudiziario".

"È bene anche ricordare - concludono Ciambriello e Dell’Aquila - che la presenza in Opg per molti internati non è dovuta ad elementi di pericolosità sociale ma dall’assenza di strutture residenziali che li possano accogliere, perché in molti casi le Asl non intendono farsi carico di questi costi. E quindi il magistrato proroga la durata della misura di sicurezza". A loro giudizio "queste due morti disperate, avvenute nella totale indifferenza, meriterebbero,da parte di tutti maggiore attenzione. Forse una maggiore conoscenza di questi mondi, dei luoghi della marginalità e un maggior confronto con il mondo sociale aiuterebbero la politica a superare la psicosi da indulto ed a impedire le tragedie di vite dimenticate. In ogni caso - concludono - riteniamo indispensabile una radicale e rapida riforma che porti alla completa chiusura e al pieno superamento di queste strutture".

Giustizia: Amato; governo deve assicurare certezza pena

 

Apcom, 7 novembre 2006

 

"Quello della certezza della pena è un problema che il Governo deve affrontare". Lo ha detto il ministro dell’Interno Giuliano Amato in un’intervista che sarà pubblicata sul numero di novembre del mensile Polizia Moderna. "Sull’indulto - spiega Amato - da Ministro dell’Interno ho dovuto prendere atto della volontà del Parlamento non senza sofferenza. È chiaro che un provvedimento del genere crea problemi a chi fa il nostro lavoro. Ma c’è un problema più generale che va affrontato: quello della certezza della pena".

"Oggi - prosegue Amato nell’intervista a Polizia Moderna - troppi delinquenti arrestati vengono scarcerati per mille motivi. Questo determina sfiducia nei cittadini e nelle forze dell’ordine. È una questione che coinvolge evidentemente anche altri ministeri". Ma, conclude Amato, "credo che il Governo debba fare una riflessione seria sulle misure che si possono adottare per interrompere questo fenomeno, senza per questo ridurre le garanzie dei cittadini".

Indulto: Amato; l’ho accolto, ma non senza sofferenza

 

Adnkronos, 7 novembre 2006

 

"Sull’indulto da ministro dell’Interno ho dovuto prendere atto della volontà del Parlamento non senza sofferenza". È quanto dichiara il ministro dell’Interno Giuliano Amato in un’intervista che sarà pubblicata sul numero di novembre del mensile Polizia Moderna. "È chiaro che un provvedimento del genere - aggiunge il ministro - crea problemi a chi fa il nostro lavoro. Ma c’è un problema più generale che va affrontato: quello della certezza della pena".

"Oggi - prosegue Amato nell’intervista - troppi delinquenti arrestati vengono scarcerati per mille motivi. Questo determina sfiducia nei cittadini e nelle forze dell’ordine. È una questione che coinvolge evidentemente anche altri ministeri". Ma conclude il responsabile del Viminale, "credo che il Governo debba fare una riflessione seria sulle misure che si possono adottare per interrompere questo fenomeno, senza per questo ridurre le garanzie dei cittadini".

L’eco della dichiarazione di Amato raggiunge il ministro della Giustizia, Clemente Mastella che immediatamente replica: "Anch’io ho partorito l’indulto con sofferenza, una sofferenza necessaria". Il Guardasigilli quindi dice di essersi sentito proprio ieri con il ministro dell’Interno. "Abbiamo stabilito che ci sono tante cose da modificare, perché uno degli indulti permanenti nella giustizia italiana sono le prescrizioni", ha detto Mastella a margine del plenum straordinario al Consiglio superiore della magistratura. Poi precisa: "nessuno dice che tantissimi reati vanno in prescrizione, e dunque tanti delinquenti finiscono latitanti a causa delle prescrizioni o sono in attesa di un giudizio che non arriva mai".

Indulto: l’allarme del Csm, a rischio il 90% dei processi

 

Vita, 7 novembre 2006

 

Per effetto della legge sull’indulto il 90% dei processi dei prossimi cinque anni sono con sentenze non eseguibili, dunque destinati a finire nel nulla. Ma non spetta al Consiglio superiore della magistratura chiedere ai capi degli uffici giudiziari di mettere da parte i procedimenti coperti dall’indulto, puntando invece l’attenzione su quelli non coperti dallo sconto di pena. Questo il contenuto del parere che il Consiglio superiore della magistratura presenterà al ministro della Giustizia Clemente Mastella domani nel corso del plenum straordinario. La bozza messa a punto dalla sesta e dalla settima commissione del Csm è pronta, dopo che il Guardasigilli lo scorso settembre aveva chiesto ai componenti di Palazzo dei Marescialli di verificare la possibilità di indicare ai responsabili degli uffici giudiziari "criteri di priorità per la trattazione dei processi", privilegiando quelli non coperti dall’indulto

E proprio due settimane fa le due commissioni avevano ascoltato i procuratori generali e i presidenti di Corte d’Appello di Roma, Milano, Napoli, Palermo e Torino. In quell’occasione si era discusso proprio del problema della grande mole di sentenze non eseguibili nei processi coperti dall’indulto. Il documento, che dovrebbe essere votato domani mette in evidenza come davanti a questa questione l’organo di autogoverno non possa fare molto, visto che la precedenza nella trattazione di alcuni processi rispetto ad altri può essere stabilita soltanto dai responsabili degli uffici. Un’ipotesi per far fronte alla situazione potrebbe essere quella di un intervento del Parlamento. Infatti, come spiegano i consiglieri del Csm in passato l’indulto è stato sempre accompagnato da un provvedimento di amnistia.

Firenze: nasce un "osservatorio" sulla realtà carceraria

 

Redattore Sociale, 7 novembre 2006

 

Diventare un "osservatorio" sulla realtà carceraria fiorentina: nasce con questo intento "Voci dal carcere", un coordinamento che riunisce detenuti ed ex detenuti, loro familiari, operatori sociali, così come insegnanti delle scuole in carcere, volontari di associazioni penitenziarie e non, attivisti, militanti di partito e singoli cittadini. Al momento si è costituito un gruppo di circa 30 persone.

L’obiettivo? Sapere e far sapere, superare la parzialità delle conoscenze e mettere insieme le singole competenze per collegare il dentro ed il fuori, in un’azione collettiva che provi a cambiare radicalmente la realtà penitenziaria, a far sapere quello che non funziona.

"L’idea del coordinamento nasce proprio in seguito a Voci dal carcere - spiega Mariapia Passigli, responsabile di Fuori Binario, tra le realtà coinvolte nel progetto - l’iniziativa promossa da Mediateca regionale Toscana e libreria Libri Liberi, che ha cercato di analizzare le principali forme di comunicazione sia all’interno delle mura del carcere sia dall’interno verso l’esterno. La cosa significativa è aver messo insieme nell’osservatorio voci diverse e nuove, dare spazio ai vari punti di vista, far sì che tutti possano dare il proprio contributo".

Hanno aderito al coordinamento, tra gli altri, anche l’associazione Pantagruel, Scarcerarci, Un’altracittà Unaltromondo, Associazione Volontariato Penitenziario. L’osservatorio cercherà dunque di fare luce sulla realtà e sulle problematiche vissute dai detenuti di Sollicciano, dell’istituto a custodia attenuata Mario Gozzini, del penale minorile Meucci ma anche sulle istituzioni penitenziarie per le misure alternative e sulle istituzioni non penitenziarie che di carcere dovrebbero occuparsi.

Il primo obiettivo dell’osservatorio è realizzare entro la fine dell’anno un’indagine sulla situazione post-indulto, cercando di fare il punto sulle condizioni di vita degli ex detenuti, che hanno beneficiato del provvedimento, "e che si trovano a fronteggiare principalmente i problemi della casa e del lavoro - sottolinea Christian De Vito, tra i promotori dell’osservatorio, ricercatore e membro dell’associazione Dentro e Fuori le Mura -.

Diffonderemo presso i centri offrono servizi agli ex-detenuti un questionario tradotto in dieci lingue, in modo da riuscire a capire le maggiori difficoltà incontrate dai detenuti una volta fuori dal carcere. A Sollicciano circa 500 persone hanno beneficiato dell’indulto, su un totale di un migliaio di detenuti. Ne sono rientrate 14, in molti casi si è trattato di cittadini stranieri in situazione di irregolarità. Ora il numero dei detenuti è salito a circa 600.

Vorremmo cercare di capire, ad esempio perché, in presenza degli stessi requisiti per accedervi, si è aspettato di applicare un provvedimento come l’indulto piuttosto che consentire di accedere alle misure alternative alla detenzione. L’idea di fondo è rendersi conto di quello che un detenuto può trovare una volta libero, far emergere quello che c’è a disposizione, evidenziare quello che manca". La prima riunione del coordinamento-osservatorio, aperta a chiunque voglia intervenire, sarà il prossimo 14 novembre, alle 18, presso la libreria Libri Liberi (via San Gallo), gli altri appuntamenti si susseguiranno il secondo martedì di ogni mese.

Roma: corso di formazione professionale in orticoltura

 

Asca, 7 novembre 2006

 

Fornire una adeguata formazione professionale ai detenuti del carcere di Rebibbia Nuovo Complesso con l’obiettivo di creare, nel medio termine, figure professionali specializzate in campo agricolo e cooperative sociali di ex detenuti in grado di competere professionalmente e con profitto in questo settore. Sono questi - si legge in una nota - gli obbiettivi del corso di formazione professionale in orticoltura finanziato dalla Provincia di Roma e tenuto dalla Confederazione Italiana Agricoltura (CIA) di Roma, con il patrocinio del Garante Regionale dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni all’interno del carcere di Rebibbia Nuovo Complesso.

Il corso riguarderà 25 detenuti e durerà 150 ore complessive, fino alla fine di marzo. I detenuti seguiranno due lezioni settimanali, il martedì e il giovedì, nel corso delle quali si alterneranno lezioni teoriche e pratica. Al termine del corso sosterranno un esame finale che consegnerà loro un attestato di qualificazione professionale da spendere anche all’esterno del carcere. L’idea di organizzare un corso a Rebibbia era nata nei mesi scorsi dopo che la CIA, su proposta del Garante regionale dei detenuti, aveva donato semi di fagioli, piante di limoni, piantine di pomodori, cetrioli, melanzane, insalate, angurie per gli oltre mille metri quadrati dell’orto del carcere romano.

Oggi i prodotti ottenuti dalle coltivazioni dell’orto del carcere sono destinati ai bisogni di altri detenuti nella struttura carceraria che non fanno colloqui o non hanno risorse economiche. "La nostra attività a Rebibbia ha un triplice scopo - ha detto il presidente provinciale Cia Massimo Biagetti - fare in modo che continui in modo professionale la coltivazione dell’orto del carcere; organizzare, se possibile, in primavera la produzione e la commercializzazione dei prodotti in modo da avere un reddito con cui poter pagare i detenuti impiegati; organizzare, nel medio termine, corsi di specializzazione in materie e compiti specifici per consentire ai detenuti di continuare, anche al di fuori del carcere, questa attività attraverso la creazione di coop sociali".

"Siamo stati i promotori dell’intervento della CIA a Rebibbia - ha detto il Garante dei detenuti Angiolo Marroni - ed oggi siamo particolarmente soddisfatti per l’avvio di questo corso. Si tratta, infatti, di un atto concreto in favore dei detenuti, un atto attraverso le istituzioni investono su 25 giovani, fornendo loro una formazione professionale da poter spendere con profitto in un settore come quello agricolo in cui c’è sempre bisogno di personale specializzato".

Foggia: corso di yoga per le detenute e le agenti

 

Teleradioerre, 7 novembre 2006

 

Un corso di yoga per le detenute e le operatrici di polizia penitenziaria nel carcere di Foggia. A darne notizia l’assessore comunale alla Legalità, Lino Del Carmine, secondo cui in questo modo il Comune "intende confermare la sua solidarietà e considerazione verso la realtà carceraria, spesso trascurata, coinvolgendo anche coloro, come gli agenti di polizia penitenziaria, che ne condividono disagi e problematiche". Il corso, giunto alla seconda edizione e diretto da Giusy Buono, prenderà il via dopodomani ed avrà cadenza settimanale. "L’iniziativa - ha concluso Del Carmine - si inserisce nel solco di una fattiva collaborazione avviata da tempo con la casa circondariale di Foggia: i detenuti hanno il diritto di seguire un percorso di crescita interiore e di risocializzazione, e compito di un’amministrazione comunale deve essere quello di favorire tale processo".

Aosta: progetti per l’integrazione sociale dei detenuti

 

Ansa, 7 novembre 2006

 

L’integrazione sociale degli ex detenuti è un problema che va affrontato prima della fine della pena, anche attraverso un’opportuna organizzazione delle vita carceraria. In questa direzione si muove il protocollo di intesa tra la Regione autonoma Valle d’Aosta e il Ministero della Giustizia che riguarda l’attività dell’unico istituto penitenziario presente in Valle d’Aosta, la casa circondariale di Brissogne e la rete di servizi e di enti che lavorano intorno a questa realtà.

Tra i temi citati dall’intesa quello della formazione professionale e dell’orientamento al lavoro per i detenuti. In questo ambito la Regione e il Ministero svilupperanno, tra l’altro, "azioni di politica del lavoro" e definiranno "un piano triennale di interventi volti ad assicurare l’orientamento e la formazione professionale" dei detenuti. Sarà inoltre attuato un "sistema di informazione e sensibilizzazione di aziende pubbliche e private in merito a opportunità, servizi e agevolazioni connessi con l’inserimento lavorativo" dei detenuti.

Il documento, definito dalla Giunta regionale sulla base di un testo predisposto da un gruppo di lavoro interistituzionale, coordinato dal Difensore civico regionale, prevede anche il principio di territorializzazione della pena, con un impegno del Ministero ad assegnare all’istituto valdostano i soggetti residenti nella regione o appartenenti a nuclei familiari che stanno sul territorio. Tra gli impegni assunti anche quello la promozione di percorsi formativi e di aggiornamento rivolti al personale dell’amministrazione penitenziaria, della Regione, dell’Usl, degli enti locali e delle organizzazioni di volontariato che opera nella casa circondariale.

Arezzo: progetto per la costruzione di un nuovo carcere

 

Arezzo Notizie, 7 novembre 2006

 

Un nuovo carcere? "Il nostro obiettivo è eliminare il punto interrogativo - commenta Carlo Salvicchi, Presidente della Commissione Patrimonio del Comune di Arezzo. La struttura è vecchia, insufficiente e collocata nel centro della città. È evidente che la scelta migliore sarebbe localizzarla al di fuori. Per questo motivo la Commissione ha deciso di chiedere al Sindaco di attivare un confronto con il Ministero di Grazia e Giustizia. Siamo comunque tutti consapevoli che una scelta così radicale non potrà essere realizzata in tempi brevi". E mentre si pensa al futuro, si lavora per l’oggi. "E l’oggi può essere rappresentato dall’immobile della ex caserma Piave in via Garibaldi.

I locali potrebbero essere ristrutturati, d’intesa e con il contributo finanziario del Ministero, per destinarli agli alloggi per le guardie carcerarie. E non solo. Una parte potrebbe essere impiegata dal servizio sociale del carcere che attualmente opera in una sede distaccata a Santa Maria in Gradi".

La Commissione patrimonio non esclude che, per le guardie carcerarie, possa anche essere verificata la possibilità di far ricorso alla legge che finanzia la realizzazione di alloggi per le forze dell’ordine. L’utilizzazione della ex Caserma Piave avrebbe effetti positivo sull’intera "popolazione carceraria". Quindi non solo per gli agenti di custodia e per gli operatori sociali ma soprattutto per gli stessi detenuti che si vedrebbero mettere a disposizione, all’interno del carcere, locali per le attività sociali e culturali.

 

 

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