Rassegna stampa 28 marzo

 

Giustizia: D’Alema (Ds); favorevole amnistia per carceri più umane

 

Ansa, 28 marzo 2006

 

"Sono a favore dell’amnistia affinchè le carceri possano diventare un luogo più umano destinato alla rieducazione": lo ha detto Massimo D’Alema nel corso della trasmissione "Faccia a Faccia" in onda su Italiamia. "Le case circondariali sono piene di poveracci che spesso non sono ancora condannati mentre i ricchi la fanno franca grazie a buoni avvocati che riescono a far rinviare i processi fino ad arrivare alla prescrizione. Inoltre la lentezza della giustizia e le leggi varate da questo governo hanno peggiorato la situazione così che chi si trova a trascorrere un periodo in quelle condizioni una volta fuori torna a delinquere", conclude D’Alema.

Giustizia: l'On. Pecorella difende la legge che porta suo nome

 

Giornale di Brescia, 28 marzo 2006

 

Se uno o tre giudici ritengono innocente una persona la di là di ogni ragionevole dubbio, come potrebbero altri magistrati condannarla con le stesse prove? È la domanda chiave per comprendere le ragioni alla base della recente legge che ha introdotto l’inappellabilità da parte del pubblico ministero delle sentenze di proscioglimento. Una riforma che ha suscitato aspre polemiche nel mondo politico e non poche riserve anche da parte degli addetti ai lavori. Il suo estensore Gaetano Pecorella, presidente della commissione giustizia della Camera dei deputati, ieri ha riunito in una gremita sala dell’hotel Vittoria avvocati e magistrati impazienti di ascoltare una sorta di "interpretazione autentica".

La legge del 20 febbraio del 2006 numero 46, meglio nota appunto come legge Pecorella s’inserisce nell’alveo della tradizione del modello accusatorio, dove non esiste spazio per l’appello del Pm in caso di proscioglimento in primo grado a meno che non intervengano prove nuove e decisive. "Prove nuove sono solo quelle oggettivamente nuove - ha specificato il noto avvocato milanese - non certo quelle che il Pm non conosceva, mentre sono decisive quelle in presenza delle quali il processo avrebbe avuto un esito completamente diverso". Il rilievo vale onde evitare che la magistratura inquirente possa "nascondere " prove per riservarsi in modo strumentale il diritto di proporre appello successivamente. Particolare legislativo non condiviso da Giuseppe Frigo, ex presidente dell’Unione camere penali convinto dell’importanza della riforma considerata perfettamente in linea con la tradizione accusatoria, scelta perseguita in modo trasversale dagli avvocati italiani a partire dalla riforma del codice di procedura penale.

A riconferma della propria tesi, Giuseppe Frigo sottolinea l’assenza di appello nei sistemi di derivazione anglossasone, fondati appunto fin dalle origini sulla formula accusatoria. In tale prospettiva svaniscono anche le censure relative alle limitazioni che subirebbe di conseguenza la parte civile. "La riduzione della parte civile - ha ribadito il docente di procedura penale dell’ateneo bresciano - rientra nello stesso modello contrapposto a quello inquisitorio". Con una certa ironia Giuseppe Frigo ha fatto notare che, del resto, processi con molte parti civili non dovrebbero dispiacere agli avvocati "perché sono processi che non si fanno mai".

Gaetano Pecorella e Giuseppe Frigo nel dibattito moderato da Alessandro Bocchi, presidente della camera penale della Lombardia, hanno concordato sull’aria di trasversalità che ha accompagnato i lavori di stesura della riforma. Lo stesso clima inaugurato con l’introduzione nel testo costituzionale delle norme sul giusto processo o le rivoluzionarie riforme in tema d’indagini difensive. Inoltre una modifica in tale direzione era già stata accettata sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza. "Una norma che limitasse i poteri d’appello del Pm - ha avvertito Gaetano Pecorella - era già contenuta in numerosi studi di insigni giuristi". Senza contare che alcune recenti sentenze della Corte Costituzionale hanno assunto tale principio nell’interpretazione di alcuni articoli del codice definibili "paralleli".

Il solo ad esprimere qualche perplessità sulla "riforma Pecorella" è stato il magistrato Francesco Nuzzo, sostituto procuratore della Corte d’appello di Brescia che ha ricordato come "nonostante il tormentato destino dell’appello in Italia, tale strumento è stato mantenuto anche con la riforma del codice di procedura", all’indomani dell’abolizione della formula inquisitoria. Francesco Nuzzo non ha negato l’armonia di tale soluzione legislativa nella tradizione della "Common law", dove peraltro è assente anche il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale. Cardine costituzionale, invece, per l’ordinamento italiano.

Legittima difesa: Castelli (Lega); noi siamo dalla parte di Abele

 

Ansa, 28 marzo 2006

 

"La Lega è dalla parte di Abele, per il cittadino che lavora, paga le tasse e contribuisce allo sviluppo del sistema". Lo ha ribadito il ministro della giustizia Roberto Castelli, a Ischia, commentando ancora la nuova normativa sulla legittima difesa: un provvedimento, ha spiegato, che serve a fare chiarezza e a tutelare innanzitutto i cittadini onesti, agendo da deterrente nei confronti di eventuali aggressioni. "Per la sinistra siamo tutti sullo stesso piano, i delinquenti e i cittadini onesti; noi la pensiamo diversamente, siamo dalla parte di Abele".

Secondo il ministro la legge rappresenta "soltanto un passaggio in più nella tutela di un diritto inalienabile, che viene molto prima della politica, perché fa parte della morale naturale". "Questa legge prevede che se un cittadino viene aggredito in casa o nel suo negozio e per paura reagisce precipitosamente, magari in modo sproporzionato, non sia accusato di omicidio volontario. Cioè se sei attaccato in casa tua, sei autorizzato a pensare sempre che la tua vita sia in pericolo". La normativa funziona anche come deterrente secondo Castelli: "è un segnale forte ai criminali, ai quali si dice, attenti a mettere piede in casa degli altri, chi lo fa lo fa a suo rischio e pericolo".

Sappe: il Consiglio dei ministri salvi la polizia penitenziaria

 

Comunicato stampa, 28 marzo 2006

 

"Ci auguriamo che nella prossima seduta del Consiglio dei Ministri (probabilmente programmata per domani) si dedichi attenzione al sistema penitenziario italiano, oggi in condizioni tali da rischiare un crack. La Polizia Penitenziaria non è carne da macello! Sarebbe davvero grave ed irresponsabile, con la situazione attuale, che il Governo Berlusconi terminasse l’attuale mandato senza aver adottato immediati interventi correttivi". A dichiararlo è Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, il più rappresentativo dei Baschi Azzurri, che domani svolgerà il IV Congresso nazionale del Sindacato a Fiuggi.

Prosegue il Sappe: ""È necessario che il Governo adotti con urgenza un "piano Marshall" per le carceri italiane. Non è possibile che l’esecutivo Berlusconi, pur avendo sotto gli occhi il disastroso sistema penitenziario italiano, non abbia previsto alcun intervento correttivo nella Finanziaria. Noi per diverse settimane siamo stati nelle principali piazze romane a volantinare davanti alle sedi del Governo, della Camera dei Deputati e del Ministero della Giustizia perché l’opinione pubblica sappia le promesse fatte e non mantenute da importanti esponenti dell’Esecutivo Berlusconi. Si sono fatte leggi e decreti senza tenere in debito conto l’impatto che esse producono. Oggi c’è il record storico di quasi 61 mila detenuti e con la legge ex Cirielli, recentemente approvata, sono previsti 4.000 detenuti in più alla fine dell’anno ed oltre 70.000 nel 2008). La Polizia Penitenziaria ha bisogno di fatti concreti. Auspichiamo quindi che nella prossima seduta del Consiglio dei Ministro sia garantita l’assunzione definitiva dei 500 ex agenti ausiliari, come aveva promesso ai Sindacati dei Baschi Azzurri proprio a nome del Governo il sottosegretario alla Giustizia Luigi Vitali . Non siamo carne da macello!"

"Ci auguriamo" conclude la Segreteria Generale del Sappe "di trovare la sensibilità istituzionale tale che possa individuare con urgenza le soluzioni ai nostri problemi. Confidiamo in particolare nell’attenzione del ministro dell’Interno Pisanu, visto che il Guardasigilli Castelli ci sembra in tutt’altre faccende affaccendato. E se nulla verrà garantito o fatto, oltre a proclamare lo sciopero bianco della Polizia Penitenziaria (sciopero che prevede l’applicazione tassativa di tutte le norme, le disposizioni e gli ordini di servizio che regolamentano la quotidianità di un istituto penitenziario, e di fatto bloccherà le carceri del Paese), inviteremo tutti gli appartenenti al Corpo ad astenersi dal mangiare nelle mense di servizio per protesta contro l’indifferenza e l’apatia istituzionale e politica sui nostri problemi e proclameremo lo sciopero bianco della Categoria".

Sappe: messaggi Ciampi, Pera e Casini per IV Congresso Nazionale

 

Comunicato stampa, 28 marzo 2006

 

"Il Presidente della Repubblica esprime vive apprezzamento al Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria per il valore civico di questa iniziativa che testimonia l’impegno appassionato e costante per la riabilitazione sociale dei detenuti. Ai relatori e a tutti i partecipanti il Capo dello Stato invia un augurio di buon lavoro e un saluto cordiale". È il messaggio pervenuto alla Segreteria Generale del Sappe dal Quirinale a firma di Gaetano Gifuni, Segretario Generale della Presidenza della Repubblica, in occasione del IV Congresso Nazionale che aprirà domani a Fiuggi presso il centro congressi del Silva Hotel Splendid.

Tra i messaggi al momento pervenuti e molto apprezzati anche quelli del Presidente del Senato Marcello Pera (che ha augurato "alla manifestazione pieno successo" ed ha rivolto i più cordiali saluti agli intervenuti), del Presidente della Camera dei Deputati Pier Ferdinando Casini ("… Desidero rivolgere agli organizzatori, ai delegati e a tutti i partecipanti il mio più caloroso saluto e il mio vivo augurio per il miglio esito dei vostri lavori…"), del Presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga ("… La Polizia Penitenziaria merita l’apprezzamento e la riconoscenza della collettività nazionale per i delicati e gravosi compiti che svolge con grande professionalità, dedizione e spirito umanitario…"), del segretario del Pdci ex ministro della Giustizia Oliviero Diliberto (…Ricordo sempre con molta simpatia il rapporto che durante la mia permanenza al Ministero della Giustizia si era stabilito con il Corpo della Polizia Penitenziaria. Un rapporto che mi ha arricchito politicamente e umanamente, perché ho visto con quale disciplina e spirito di servizio svolgete un lavoro difficile e delicatissimo, troppo spesso sottovalutato dallo Stato, dalla politica e dalla società. Credo di poter dire di non averlo fatto, di aver operato da Ministro perché gli agenti della Polizia Penitenziaria avessero il riconosciuto che spetta loro di diritto… Un augurio a tutti Voi, agenti della Polizia Penitenziaria. Siate orgogliosi del lavoro che svolgete, un servizio prezioso per tutto il nostro Paese…) e del Presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo (…Il mio intervento vuol essere un ringraziamento all’intero Corpo di Polizia Penitenziaria che garantisce la sicurezza negli Istituti di pena del nostro Paese nonostante le difficoltà oggettive nelle carceri legate al sovraffollamento di detenuti e a un’endemica mancanza di personale. Società, Giustizia e Sicurezza sono le tre parole chiave contenute nel titolo di questo importante Congresso, parole che al meglio circoscrivono il ruolo della Polizia Penitenziaria, il cui lavoro è per noi fondamentale…).

Minori: con la Croce Rossa lavori sociali invece del carcere

 

Ansa, 28 marzo 2006

 

I ragazzi coinvolti in procedimenti giudiziari potranno realizzare attività di volontariato, e di sostegno agli altri, con la Croce Rossa Italiana. L’opportunità - che potrebbe teoricamente interessare migliaia di minori italiani (tanti sono infatti i ragazzi che hanno problemi con la giustizia) - è offerta da un protocollo d’intesa siglato questa mattina dal presidente della Cri, Massimo Barra, e dal responsabile del Dipartimento per la giustizia minorile, Rosario Priore. L’intesa, di durata biennale (rinnovabile), giunge a conclusione di una sperimentazione di oltre un anno i cui risultati sono stati giudicati "ottimi" sia da Priore sia da Barra e che ha coinvolto decine di ragazzi. Il protocollo prevede, in particolare, che i comitati locali della Cri (circa 1.500 sull’intero territorio nazionale) nel realizzare attività socialmente utili coinvolgano minori e giovani adulti sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria minorile.

Questo impegno (saranno tenuti presenti le "inclinazioni e le esigenze educative del minore"), che ha la prioritaria finalità della rieducazione del minore, sarà fornito gratuitamente. La fascia d’età interessata è quella fra i 14 e 21 anni. La copertura assicurativa è a carico dell’amministrazione della giustizia. Il dipartimento della Giustizia minorile e la Cri costituiranno poi un apposito comitato di coordinamento che, fra l’altro, si occuperà di promuovere specifici progetti e programmare studi e ricerche. Per Barra, "è interesse nazionale che i giovani che hanno problemi con la giustizia siano incentivati a cambiare stili di vita da persone che 24 ore su 24 sono al servizio della collettività. La Cri può essere da stimolo per cambiare direzione alla propria esistenza". "Ben vengano - ha sottolineato Priore - iniziative come queste che permettono di offrire alternative ai giovani. Agli occhi dei ragazzi, dobbiamo infatti essere competitivi delle organizzazioni criminali".

Minori: Nisida; sono ragazzini con lo sguardo da uomini…

 

Il Mattino, 28 marzo 2006

 

Sono ragazzini con lo sguardo da uomini. Hanno rubato, scippato, rapinato, sparato, alcuni hanno anche ucciso. Sono stati presi, processati e spediti dietro le sbarre a scoprire cos’è e com’è la vita lontana dalla terribile normalità oscura e violenta che hanno sempre conosciuto. Una nuova e strana vita che è un paradosso di luce abbagliante e panorami mozzafiato ma anche di cancelli e chiavistelli. E poi è la scoperta di un mondo fatto di regole sconosciute fino al giorno prima: una vita in cui ci sono scuola e laboratori professionali, colazione-pranzo-merenda-cena e sport: rugby e pallavolo, per adesso. Nisida, carcere minorile, per conoscere questa avventura dello sport bisogna varcare la soglia e il doppio cancello. "Prego, il cellulare va lasciato qui", e ti basta questa stupidaggine per avere la sensazione di aver già perso l’aria e il contatto con il mondo. Come si fa a raccontare questa storia senza scivolare nella retorica banale? Sarebbe facile e romantico spiegare che lo sport insegna quelle regole che la vita non ha saputo inculcare: tutti bravi, tutti belli e anche buoni. Viva lo sport che salva i ragazzi deviati... E invece no, non è così. Non è solo questo: è una vicenda fatta di volti e persone, e di immagini. Questa storia va vista attraverso gli occhi del direttore del carcere, Gianluca Guida, che si illuminano quando i ragazzi vanno in campo a giocare: prende la macchinetta digitale dalla tasca del cappotto e scatta, e ride quando i giocatori ridono e fa il tifo e scatta un’altra foto.

Questo racconto parla anche dei giovani uomini dell’Amatori Rugby, che arrivano alla spicciolata e si spogliano nel parcheggio, al freddo e al vento, ma sorridono e poi corrono ad abbracciare gli avversari-reclusi che stanno lì ad aspettarli sul prato spelacchiato. Questo viaggio nello sport che entra in carcere, si sofferma sui cinque minuti che servono ai detenuti di Nisida per pulire quel prato spelacchiato: il campo sta appena fuori del doppio cancello, non è sotto il loro costante controllo. Dall’ultima volta che ci sono venuti, qualcuno ha gettato lì in mezzo una busta della spesa piena di spazzatura e anche qualche cartaccia "ma tu vide ‘sti fetenti": parte l’operazione pulizia. Ma per portare la roba nei cestini che stanno dall’altra parte della strada bisogna evadere. Possono stare solo sul prato, i ragazzi che vanno a giocare, i permessi parlano chiaro. E così devono chiedere alle guardie di voltarsi dall’altra parte mentre fanno sette passi per gettare la spazzatura dentro ai cestini, vicino al parapetto che s’affaccia su un mare blu che sembra una cartolina. E poi c’è la vicenda della pallavolo che all’inizio era snobbata dai ragazzi "roba da femmine".

Da due anni, invece, il volley è diventato pane quotidiano per molti giovani detenuti. Oggi la squadra è iscritta a un torneo ufficiale Csi. Si gioca sempre in casa perché è vietato uscire; ma si perde molto spesso. La squadra che si chiama Dream Team Nisida è penultima perché ha vinto una sola volta ma resta comunque una squadra speciale: è composta da dieci detenuti, tre guardie carcerarie e da uno dei maestri professionali. Gruppo misto che vince e perde insieme, e s’allena con costanza perché non importano i risultati, ci si sente felici quando si lotta insieme per ottenerli. In questo racconto dovrebbero anche trovare spazio i nomi, tanti.

Non quelli dei ragazzi di Nisida che è meglio preservare, dovrebbero invece finire in vetrina Piero Versace, Enzo Iorio, Angelo D’Angelo, Rodolfo Antonelli, Stefano Russo, Dario Calapai, Enzo Fernandez, Antonio Prisco: sono i dirigenti, gli allenatori e i giocatori che si sono presentati a Nisida chiedendo di coinvolgere, anzi di travolgere i giovani detenuti sull’isola. Sicuramente manca qualche nome, ce ne scusiamo. Mancano, ad esempio, quelli delle guardie carcerarie che dentro l’istituto non indossano la divisa e che trattano i ragazzi come fratelli piccoli, come figli, talvolta; manca il nome del referente italiano della Canterbury che è una ditta britannica che produce divise da rugby e dopo aver scoperto che a Nisida si gioca con la palla ovale ha preso le maglie più belle e le ha mandate in regalo ai ragazzi. Per rendere completa la storia bisognerebbe fare un miracolo: trasformare in parole i sorrisi e il sudore, i consigli e gli abbracci e anche le promesse: "Quando esco da qui vengo a giocare con voi". Ma poi non ci va mai nessuno. Eppure gli uomini che insegnano volley e rugby, continuano a credere nel miracolo dello sport. Ci credono da quella volta che furono inseguiti all’uscita da una delle guardie carcerarie: i ragazzi vogliono imparare bene le regole, ce l’avete un regolamento? "Capito cosa significa? - sorride il direttore del carcere - loro avevano voglia di imparare le regole...".

Brescia: mancano educatori e agenti, una situazione insostenibile

 

Giornale di Brescia, 28 marzo 2006

 

Gli oltre cento richiami del Consiglio d’Europa non lasciano spazio a molti dubbi sulla preoccupante situazione delle carceri italiane, ritenute dagli osservatori internazionali luoghi nei quali lo stato di diritto è messo in pericolo. Del resto i dati più volte pubblicati dai media locali e nazionali fotografano con precisione "un mondo a parte" dove sovraffollamento, precarie condizioni igienico sanitarie e carenza di organico costringono la popolazione carceraria condizioni disumane che favoriscono ben poco "la funzione rieducativa della pena".

L’ennesimo grido d’allarme proviene dai rappresentanti della funzione pubblica di Cgil e Cisl che ieri, durante una conferenza in una sala di Verziano hanno presentato un documento unitario snocciolando i numeri dell’evidente "déblacle" in tema di amministrazione della giustizia. "La popolazione carceraria ha raggiunto la quota di 60mila cittadini detenuti (circa 9.000 solo in Lombardia) di cui il 33 per cento extracomunitari - ha sottolineato Angelo Galeazzi della Cgil - una massa di persone distribuita in 207 carceri sparse sul territorio".

L’ esubero rispetto ai posti disponibili ammonta a 15mila unità. Carceri gremite con 20mila detenuti tossicodipendenti e 1500 persone affette da Aids, senza contare i numerosi bambini sotto i tre anni che vivono un’"infanzia particolare", dietro le sbarre con le proprie madri. Eppure, nonostante l’entrata in vigore cinque anni fa della relativa legge, per i detenuti la salute è affare del ministero della Giustizia e non di quello della Sanità come accade per tutti i cittadini del Paese. Ebbene in questo quadro drammatico, gli organici dei lavoratori degli istituti di pena sono bloccati dal 1990. Calogero Lopresti, coordinatore provinciale della Cgil per la categoria della polizia penitenziaria, ha avvertito che il panorama bresciano non si discosta affatto da quello nazionale." Canton Mombello e Verziano - ha specificato Lopresti - contano circa 620 detenuti a fronte di 262 agenti di polizia effettivi (la pianta organica ne prevederebbe 364) e solo due educatori" quali garanti di quella funzione rieducativa della pena, stabilita anche dalla Carta Costituzionale.

Presenti alla conferenza, oltre alla direttrice Maria Grazia Bregoli, numerosi esponenti del mondo politico bresciano e in rappresentanza delle istituzioni Paola Vilardi, presidente del consiglio provinciale. Di fronte alle sollecitazioni dei sindacati i consiglieri regionali Osvaldo Squassina (Prc) e Arturo Squassina (Ds), hanno auspicato un impegno bipartisan per la presa in carico di tale fetta di popolazione tramite la realizzazione di percorsi integrati capaci di fornire un approccio culturale alternativo nei confronti del pianeta carcere e dell’espiazione della pena. Comunque, a Brescia in particolare anche la costruzione di un nuovo carcere diventa necessità impellente per abbandonare finalmente la struttura di Canton Mombello, ritenuta all’unanimità inadeguata per rispondere alla basilare esigenza di una pena scontata all’insegna del rispetto della dignità.

Qualche polemica ha venato il dibattito dopo l’intervento di Paola Vilardi, convinta di una sorta di "strumentalizzazione a fini elettorali dell’iniziativa". La presidente del Consiglio provinciale ha citato le numerose iniziative messe in campo dal Broletto in collaborazione con l’associazione "Carcere e territorio" per arginare il disagio dei detenuti bresciani. Si va dai corsi di alfabetizzazione alle attività ricreative per giungere all’innovativo progetto di mediazione penale grazie al quale alcune persone stanno già seguendo un corso di formazione.

Lettere: leggo del progetto di legge per cambiare la "Gozzini"…

 

Da Venezia scrive Vincenzo Pipino, 28 marzo 2006

 

Egr. On. Berselli, (avvocato cassazionista), è, a mio parere, abbastanza singolare che la cosiddetta "Legge Gozzini", votata all’unanimità dal Parlamento italiano e considerata dall’allora Governo, "fiore all’occhiello" per il suo contenuto giuridico di alta civiltà e di temperanza umana nei confronti della popolazione detenuta e sbandierata come tale in tutta l’Europa, venga fatta a pezzi da leggi e leggine che nascono proprio da degli avvocati, difensori dei diritti di presunti innocenti. Mi riferisco, naturalmente, anche al suo collega avvocato Luigi Vitali, deuteragonista della ex (Cirielli), la quale ha fatto a pezzi non solo quel "patto penitenziario" votato all’unanimità dai due rami del Parlamento nel 1988, ma che ha inopinatamente e ingiustificatamente prescritto circa un milione di reati; "amnistia" sotterranea per i potenti, e, nel contempo, rovina per sessanta mila poveri disgraziati detenuti nelle carceri italiane.

Mi duole, mi creda, che avvocati come Lei, Vitali, Pecorella, Previti, Taormina e altri, entrando in politica, forse - uso il condizionale - "manovrati" da un potere politico che viene oramai e, purtroppo sovente a presentarsi come una singolare ipocrisia legale, che permette a sé al pubblico per pochi ciò che invece reprime nel privato di tutti: Legge sulle rogatorie internazionali; Legge sulla depenalizzazione del falso in bilancio; Legge Cirami sul legittimo sospetto; Il Lodo Schifani; il condono fiscale; la legge sulla tassa sulle successioni e sulle donazioni; la Legge Gasparri e il Decreto Salva Rete 4; la Legge "Cirielli" o Salva Previti; la legge sull’inappellabilità.

Ricordo, Onorevole, il Suo punto di vista, quando allora parlamentare del (MSI), invocava l’autorizzazione parlamentare a procedere contro Craxi, e, la gioia, dopo la paura, sul "voto giusto" accompagnato da un smagliante sorriso, a difesa del deputato Previti, uscito indenne dalle "morse" della giustizia che chiedeva l’autorizzazione Parlamentare a procedere.

Lei, dunque, presenterà al Prossimo Parlamento un nuovo pdl per modificare la Legge Gozzini, paletti e palettini sulla concessione dei permessi premio. Suvvia, onorevole, ma se la Legge Gozzini non esiste quasi più! Di quel "fiore all’occhiello", grazie al Suo Governo, è diventato un crisantemo. Mi chiedo: che cosa vuole ancora demolire? Abbia il coraggio di chiedere la sua totale abrogazione, considerato che, giorno per giorno, tra leggi e leggine, sempre contro il pianeta carcere, putacaso, comunque, quando ci si trova sotto le elezioni, magari con la speranza, spero vana, di accattivarsi voti con lo spauracchio emergenziale del carcerario, quasi fosse la "copertura" della Vostra incapacità nel risolvere le vere problematiche del nostro Paese.

Quando parlate di carcere, in questi contesti, rischiate di incorrere in esternazioni ideologiche, che sono lo specchio del vostro fallimento. In questo clima surreale, segnato da forti spinte irrazionali, riflettere sulla Vostra funzione è assolutamente difficile credervi, il Vostro obiettivo è fallito, perché è del tutto evidente che "l’umanizzazione" così rappresentata, viene solamente scolpita nella pena detentiva che non è più corrispondente ad un dovere di civiltà. La Vostra politica, oramai consolidata è quella di lasciare che il carcere rimanga scuola di devianza, cinghia di trasmissione e riproduzione della reiterazione dei reati, in una sorta di un contagio, come la lebbra, dalla quale – alla lunga – la stessa società potrebbe esserne travolta.

Oramai è noto a tutti, che il carcere funziona come ultimo livello istituzionale, come una tragica discarica sociale dove vengono fatti precipitare i problemi che nessuno altro vuole o può risolvere; dai problemi della salute; dai malati di Tbc; dai 15 mila portatori di epatici C; dai malati di Aids; dal numero elevatissimo di portatori di scabbia; dai tossicodipendenti; dalle inopinate quanto mai ingiustificate morti nei "lazzaretti" carcerari… un detenuto ogni due giorni e, meno male, che nel nostro Paese non è ancora istituita la pena di morte (sic!); dal peso del sovraffollamento, che schiaccia ogni possibilità di reinserimento.

Le istituzioni, le Vostre istituzioni, hanno abbandonato i cittadini detenuti come rex derelicte, e con loro tutti gli operatori penitenziari. La Vostra potestà punitiva è vergognosa, ignora i diritti nella pena attuando, in essi, la costrizione dei condannati: fiorisce l’ibrido; e come talvolta avviene nei laboratori genetici, i restauratori della riforma penitenziaria, come Lei caro Onorevole, hanno incrociato i difetti, moltiplicandoli con interventi insensati: riappare lo spettro dell’inquisizione che evoca e ha evocato, nuove storture interpretative laddove ogni legislazione scritta diventa una sfinge giuridica, cognizione onnivora; ove il detenuto non si chiede più che cosa sia servito lo spirito della legge "Gozzini".

Non esistono detenuti che possono porre questioni di sicurezza, l’eccezione non è la regola, tutti sono suscettibili di recupero sociale mediante un trattamento penitenziario equo, giusto e civile. Ma Lei Onorevole, auspica un nuovo inasprimento, con l’unico scopo e con il risultato di nascondere la verità, quella che fa più male, perché colpisce le fasce più deboli della società, togliendo la speranza, quella per cui al detenuto vive le sue giornate. Ma una speranza che non nutre è una speranza morta. Tolga anche questa, Onorevole, ma poi, cosa vuole togliere ancora?

Bologna: percorsi di reinserimento, tra difficoltà ed opportunità

 

Comunicato stampa, 28 marzo 2006

 

Associazione "Il Poggeschi per il carcere"

Cineforum - Mercoledì 29 marzo

Presso la Sala Grande, Centro Poggeschi

Via Guerrazzi 14, Bologna. Ore 20.15

 

Mercoledì 29 marzo, alle ore 20.15 presso il Centro Poggeschi di Bologna, continua la rassegna cinematografica: "Dopo il Carcere: percorsi di reinserimento tra difficoltà ed opportunità", sul tema del reinserimento degli ex detenuti, presentata dalla Associazione di volontariato "Il Poggeschi per il Carcere". Il film che verrà trasmesso è: "Clean" di O. Assayas (Francia 2004). La proiezione sarà preceduta da una breve presentazione di un volontario dell’Associazione ed al termine del film, verrà data l’opportunità di scambiare le proprie impressioni sulle tematiche affrontate dalla pellicola. La rassegna si concluderà lunedì 3 aprile con la proiezione del film: "Il segreto - The Woodsman" di N. Kassel (Usa 2004) e l’intervento del professor Leonardo Benvenuti, del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università D’Annunzio di Chieti, con il quale si potrà instaurare un dibattito sulle problematiche sollevate dalla visione dei film proiettati.

 

Le trame dei film

 

Clean di O. Assayas, Francia 2004 (110’). In seguito alla morte per overdose del suo compagno Lee, un musicista rock un tempo famoso, la cantante Emily (M. Cheung) è arrestata per detenzione di stupefacenti, mentre il loro figlio è affidato ai nonni paterni che vivono in Canada. Disintossicatasi, la donna si trova emarginata dall’ambiente dello spettacolo ed è costretta ad accettare i lavori più modesti, ma con umiltà e determinazione riconquista la fiducia del padre di Lee (N. Nolte) fino a riabbracciare il suo bambino. La pregnanza della sceneggiatura, l’ottima regia e le eccellenti doti degli interpreti caratterizzano questo film fuori degli schemi, coronato dall’elegante colonna sonora basata su canzoni di B. Eno.

Il segreto – The woodsman di N. Kassell, USA 2004 (87’). Padre di famiglia scaricato dalla moglie, Walter viene assunto in un deposito di legname dopo dodici anni di reclusione per pedofilia. Se ripetesse il reato, l’ergastolo diventerebbe automatico. Per questo la sua condotta è timorosa e solitaria: pur sorretto da una rabbiosa volontà di riscatto, è ossessionato dalla sua ombra, perseguitato da un ispettore fanatico ed ostacolato da una collega intrisa di preconcetti. La sua vita rifiorisce quando Vickie (K. Sedgwick) si innamora di lui e ne accetta il passato senza giudicarlo. La regista affronta con competente equilibrio una materia scottante e riesce a ritrarre in profondità il dramma del protagonista, impersonato da un convincente K. Bacon.

Immigrazione: nelle carceri italiane straniero un detenuto su tre

 

Redattore Sociale, 28 marzo 2006

 

Un detenuto su tre è straniero. Succede in Italia, dove a giugno 2005 i detenuti stranieri erano il 32,26% dell’intera popolazione carceraria. Il dato emerge dal XI Rapporto sulle migrazioni della Fondazione Ismu, presentato oggi a Milano.

Denunce - Gli stranieri denunciati, per cui è iniziata l’azione penale, sono 116.392 su 536.237 denunciati complessivamente, il 21,7% del totale (dato 2003 che, considerando solo il Nord, sale al 30%), di cui quasi il 12,5% donne. "Si tratta del dato più alto mai registrato - rilevano dall’Ismu -, superiore di quasi tre punti percentuali a quello del 2002 che si fermava al 19%". Le nazionalità più denunciate nel 2003 sono la marocchina (17,1%), la romena (12,7%) e l’albanese (10,5%). Il reato più commesso dagli stranieri è il furto (18,4%), seguito da produzione e spaccio di stupefacenti (13%), falsificazione (10,1%), lesioni personali volontarie (3,9%) e rapina (3,5%). Considerando i soli reati contro la persona nel biennio 2003/2004, relativi al Nord, il 44,7% di stranieri è stato denunciato per tentato omicidio volontario, il 43,5% per omicidio volontario consumato e il 37,5% per violenza sessuale, come dire che ogni due autori noti di omicidio consumato o tentato, quasi uno è straniero. In particolare, ogni dieci autori noti di violenze sessuali, quattro sono stranieri. Il primato negativo spetta ai marocchini, romeni, albanesi e algerini.Considerando i reati contro il patrimonio e quelli connessi agli stupefacenti, il 50,3% dei denunciati per produzione, vendita e spaccio di stupefacenti è straniero e le nazionalità più denunciate sono la marocchina, rumena, tunisina e albanese.

Sbarchi - Gli sbarchi di immigrati sulle nostre coste sono in diminuzione. Nel 2001 le persone sbarcate in totale sono state 20.143, nel 2004 solo 13.635. In termini di percentuale nel 2001 le persone arrivate in Puglia e in Calabria sono state rispettivamente il 42,4% e il 30,3%. L’anno successivo il 14,2% e l’8,9%. Da sottolineare il ruolo assunto dalla Sicilia, quale principale meta di approdo (nel 2004 il 99,7% dei clandestini erano sbarcati sulle coste dell’isola: la percentuale nel 2001 raggiungeva il 27,3%, nel 2002 saliva al 76,8%) e il ridimensionamento degli sbarchi avvenuti in Calabria e in Puglia. Per quanto riguarda le nazionalità dei clandestini, nel 2004 spicca una maggiore presenza di palestinesi (55%), seguiti da eritrei (9%) e iracheni (7%). La diminuzione della presenza di clandestini africani è stata la conseguenza dell’accordo di riammissione firmato con la Libia.

Islam - "I dati più recenti indicano che i flussi di immigrati provenienti dall’area islamica sono minori rispetto a quelli che giungono da altre zone - rilevano dall’Ismu -: mentre nel 2004 si registrava una netta prevalenza di cittadini originari del Marocco su tutti gli altri immigrati (72mila su un totale di 649mila permessi di soggiorno), secondo l’ultima indagine prevalgono invece albanesi e romeni (305mila i primi e 239mila i secondi) rispetto ai marocchini (228mila), su un totale di 2 milioni e 194mila maggiorenni (anche gli albanesi sono musulmani, ma la loro appartenenza all’islam risulta spesso puramente anagrafica).

Immigrazione: Fassino, i Cpt servono, ma vanno trasformati

 

Asca, 28 marzo 2006

 

"I Centri di permanenza temporanea sono strutture essenziali, ma questo non autorizza a farli diventare posti squallidi, disumani e sostanzialmente dei carceri". Lo ha detto il segretario Ds Piero Fassino. "I Cpt vanno trasformati - ha aggiunto -. Servono strutture di contenimento, funzionali al rimpatrio. Bisogna però che siano strutture civili".

Gran Bretagna: nei Cpt sono detenuti 2.000 immigrati minorenni

 

Ansa, 28 marzo 2006

 

Più di 2000 minori sono detenuti nei centri di permanenza per immigrati irregolari del Regno Unito, secondo un gruppo di Ong.Secondo le Ong questo trattamento è "inumano, costoso e superfluo". Il Refugee Council, Save the Children e Bail for Immigration Detainees chiedono al governo di trovare altre soluzioni ai centri di detenzione per i minori figli di clandestini la cui richiesta di asilo è stata respinta. Le Ong ricordano i traumi per i minori che una detenzione comporta.

 

 

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