Rassegna stampa 27 marzo

 

Giustizia: Cento (Verdi); governo ha causato disastro di giustizia

 

Apcom, 27 marzo 2006

 

"Berlusconi anziché continuare a delegittimare la Magistratura si assuma responsabilità di questi cinque anni sprecati per rendere la giustizia italiana più efficiente e più utile ai cittadini". Lo afferma il coordinatore dei Verdi Paolo Cento. "Sono stati sprecati cinque anni per una riforma dell’ordinamento giudiziario a forte dubbio costituzionalità e per fare leggi ad personam che non hanno migliorato il servizio della giustizia verso i cittadini. Ora l’Unione - prosegue Cento - non sia timida e dica pubblicamente e chiaramente che vinte le elezioni bisognerà abrogare la riforma dell’ordinamento giudiziario e avviare una riforma del sistema giudiziario capace di dare garanzie ai cittadini, certezza della pena senza quelle esasperazioni che rischiano solo di far aumentare il sovraffollamento nelle carceri".

Giustizia: Berselli (An); progetto legge per cambiare la "Gozzini"

 

Adnkronos, 27 marzo 2006

 

"Presenteremo al prossimo Parlamento un pdl per modificare la Legge Gozzini, affinchè vengano messi precisi paletti per la concessione di permessi premio ai detenuti". Lo ha annunciato oggi a Bologna l’esponente di An Filippo Berselli, sottosegretario alla Difesa e candidato al Senato alle prossime elezioni, spiegando che i permessi premio, specie per i casi di condannati per omicidio, "devono essere concessi in via del tutto eccezionale per ragioni documentate e straordinarie e non devono essere lasciati alla discrezionalità della magistratura, come avviene adesso".

Imperia: assolta l’ex direttrice accusata di favoreggiamento

 

Ansa, 27 marzo 2006

 

La Corte di Cassazione ha assolto con formula piena l’ex direttrice del carcere di Imperia, Flavia Verardi Pignanelli, accusata di favoreggiamento per aver dato ospitalità nel suo alloggio di servizio, in carcere, a un detenuto evaso da una comunità. Cade così anche l’ultima accusa, dopo i 13 capi di imputazione formulati nei confronti della Pignanelli, balzata agli onori della cronaca per il suo arresto avvenuto nel settembre di 9 anni fa. Era accusata di diversi reati, tra cui quello di corruzione legato a una serie di vicende sessuali con alcuni detenuti che portarono a battezzare il penitenziario di Imperia "carcere a luci rosse". Quest’ultimo capo di imputazione riguarda l’accusa di aver dato la disponibilità del suo alloggio all’ex detenuto del carcere di Imperia, Gianfranco Del Mastro, allontanatosi 7 anni fa da una comunità di Brescia.

Bologna: Ipm Pratello; mancano fondi, a rischio il teatro

 

Il Resto del Carlino, 27 marzo 2006

 

Con i lavori di ristrutturazione, fermi per quattro mesi, e con il timore di restare senza fondi per le attività teatrali che coinvolgono i giovani detenuti, il Carcere minorile del Pratello fa appello al Comune di Bologna per rinnovare la convenzione (che scadrà a fine anno). Ma chiede anche di allargarla al settore Istruzione del Comune e al quartiere Saragozza e di fare un salto in avanti, in senso anche culturale. Lo sprone è stato lanciato questa mattina davanti alle commissioni consiliari "Istruzione e Sanità" e "Politiche sociali" in Comune, Paolo Billi, presidente dell’associazione Bloom, che organizza le attività teatrali al carcere del Pratello, e dal il nuovo dirigente dell’amministrazione penitenziaria minorile, Giuseppe Centomani.

I fondi che arrivano dalla convenzione con Palazzo D’Accursio, spiega Billi, sono di circa 40 mila euro, dei quali 13 mila dal settore sociale, 16 mila dalla cultura e 11 mila dal Gabinetto del sindaco, e rappresentano "la metà del fabbisogno" per le attività: cinque mesi all’anno di lavoro, per cinque ore al giorno che coinvolgono tra i 15 e i 18 ragazzi detenuti con uno spettacolo seguito da una ventina di repliche. Al di là dell’impegno all’ascolto dei giovani, della redazione dei testi e della preparazione per andare in scena, anche le repliche hanno una funzione, spiega Billi, quella di "imparare la disciplina, il rispetto di sé stessi e del pubblico". Bloom, dunque, stamane era a Palazzo D’Accursio per rivendicare i meriti, ma anche per presentare le progettualità, che teme vengano spezzate se la convenzione con il Comune non verrà rinnovata. Bloom ha invece intenzione di crescere diventando una cooperativa sociale di tipo B che dà lavoro, oltre a portare avanti le attività sociali. E un ulteriore novità sarebbe rappresentata dalla nascita di iniziative simili a quelle del Pratello alla casa circondariale della Dozza. A Billi, però, è giunta voce che la convenzione potrebbe non essere rinnovata e che non se ne possono firmare più di biennali. Anche Centomani un impegno da parte del Comune a partecipare a "una politica distrettuale incardinata tra le varie istituzioni per un impegno operativo". Come a dire che le attività del Pratello non vanno solo sostenute ma devono fare parte di "un investimento per l’educazione dei giovani che dovranno poi fare parte della società bolognese". A rassicurare Billi e Centomani arriva l’intervento della direttrice del settore Cultura del Comune, Cristina Morigi Govi: "I vostri timori sono eccessivi, abbiamo fatto un incontro interlocutorio e non c’è nessuna preclusione da parte del Comune. Nessuno vuole cancellare il lavoro fatto in questi anni". Anche l’assessore alla Cultura, Angelo Guglielmi, si dice "pronto a venire incontro alle vostre richieste per affrontare la questione nella maniera giusta". Billi, intanto ricorda che i lavori per la ristrutturazione del Pratello saranno ritardati di un anno e si concluderanno, dunque, nella primavera del 2007, e che l’allargamento della convenzione al settore istruzione porterebbe attività a più stretto contatto con le scuole. Ma una scelta in questo senso sembra ancora prematura, fanno capire dal Comune, visto che la convenzione scade a fine anno. Tuttavia, il consigliere comunale indipendente di Rifondazione comunista, Valerio Monteventi, non sembra soddisfatto e anzi, attacca il Comune poiché "tanti soggetti ci stanno informando che non riescono a interloquire". E anzi "sembra esserci scarsa attenzione sulla realtà dei minori, qui rispetto alla Provincia che mette in campo iniziative concrete". Pure Daniele Carella (capogruppo FI) torna sul punto della "mancanza di dialogo con questa Giunta" e poi denuncia un bilancio che ha trasformato Bologna nella "città dei poveretti". Guglielmi allora, ribatte che "il nostro settore non ha mai negato colloqui a nessuno" e poi conclude che se il teatro del Pratello vorrà essere nel gruppo di quelli che il settore cura se ne potrà parlare.

Latina: la meditazione yoga arriva nel carcere femminile

 

Il Messaggero, 27 marzo 2006

 

Sarà la coabitazione forzata, sarà il tempo che corre via monotono, interminabile, sarà il desiderio di arrestare il flusso disordinato dei pensieri, apprendere le regole auree dell’armonia e del buonumore. Al carcere di Latina, 23 detenute scoprono lo yoga, il risveglio spontaneo dell’energia interiore, che permette di superare paure e debolezze, di ritrovare equilibrio emotivo attraverso rivoluzionarie tecniche di meditazione ispirate alle antiche dottrine orientali, grazie all’associazione pontina onlus "Sahaja Yoga" che fa capo a Lucio Grasso, patrocinata dal Garante regionale per i diritti dei detenuti, Angiolo Marroni, sotto l’egida del ministero della Giustizia. Ogni sabato mattina, per un’ora e mezza, si medita camminando in fila indiana, si impara a respirare profondamente, si scacciano le immagini negative, lasciando scivolare le mani sulla testa "dove dall’osso della fontanella è possibile avvertire il calore, sintomo di disagio e di stress volare via e lentamente ritrovare quel soffio, quella brezza fresca, sinonimo di benessere, pace, gioia di esistere", spiega Rosaria Taliercio, tra le istruttrici del corso insieme alle colleghe Anna Maria Antelmi, Pia Bovini, Maria Luisa Dominedo, Sandra Ricasoli, Sandro Lelli.

Un’esperienza assolutamente innovativa in Italia, già sperimentata con grande entusiasmo dalla sezione maschile di alta sicurezza del carcere di Velletri e che ha spinto a riproporla adesso a Latina "per aiutare i reclusi a superare il difficile impatto con la durezza della realtà detentiva, a contribuire al loro recupero civile, psicologico e spirituale" sottolinea il Garante, Angiolo Marroni. Gli fa eco, Pia Bovini, cancelliere presso il tribunale di Albano e tra i volontari che curano le lezioni: "Siamo alla nostra seconda seduta, ma già con le detenute si è instaurato un rapporto molto umano, si parla, ci si racconta...". L’associazione tiene corsi gratuiti per tutti all’istituto Einaudi, in piazza Manuzio, ogni martedì, ore 19-20. Info: 338.4977951.

Reggio Emilia: arriva la prima laurea per i detenuti

 

Corriere della Sera, 27 marzo 2006

 

Radio Carcere ne parla bene. E, se lo fa nonostante quell’amnistia promessa per Natale scorso e poi negata, vuol dire che il "prodotto" funziona. Il "prodotto" che il tam-tam di Radio Carcere apprezza e promuove da un penitenziario all’altro è l’istruzione. Per la precisione, il corso di laurea in Comunicazione e Marketing dell’università di Modena-Reggio Emilia. Che per la prima volta in Italia e, ci dicono, anche in Europa, entra in galera attraverso le fibre ottiche e compare sui monitor dei detenuti-studenti in tempo reale. Il docente tiene la propria lezione in ateneo, davanti a una telecamera fissa e i detenuti lo ascoltano in cuffia, ciascuno davanti allo schermo del proprio pc. Vedono il professore e gli rivolgono domande, in chat-line oppure in viva voce, attraverso un microfono personale. In sostanza, il sistema è quello della videoconferenza, ma i problemi per mettere in piedi una cosa del genere in carcere, a cominciare dalla sicurezza interna e on-line, sarebbero stati insormontabili senza il coraggio e l’ostinazione di chi in questa idea ha creduto davvero. Sono nove gli iscritti per questo primo anno accademico.

Tutti condannati a pena definitiva - il più "buono" a 10 anni -, sono i vincitori del bando di concorso per 14 posti da studente-detenuto nel carcere di Reggio Emilia. I nove vincitori, "studenti fuori sede" che scontavano la pena in altri istituti, l’hanno spuntata fra trenta concorrenti. Cinque posti non sono stati assegnati, perché i criteri di ammissione tenevano conto, oltre che della bravura e dell’intelligenza, anche della condotta in carcere dei candidati, del tipo di reato commesso, dell’entità della pena.

Alla fine di ogni corso di lezioni, gli esami. In carcere, davanti a una regolare commissione di tre docenti. Nelle due aule destinate a sezione universitaria, con il parquet e le serigrafie di Kandinskij, Klimt, De Chirico, Dalì e Picasso alle pareti. Ma tranquilli: non è il Grand Hotel, è sempre la galera, per fortuna ingentilita e incivilita da un’iniziativa intelligente, partorita da tre docenti universitari - Pier Cesare Bori, Alberto Melloni e Tommaso Minerva delle università di Bologna e Modena-Reggio Emilia - e dal direttore del carcere, Gianluca Candiano. Costo complessivo appena 33 mila euro, impiegati per le aule, l’arredo, il cablaggio e i computer, mentre il corso è a costo zero, grazie alla convenzione tra carcere e università. "Bisogna essere un po’ matti per fare una cosa del genere - dice il direttore Gianluca Candiano - però la nostra scommessa è far uscire di qui persone che abbiano un’idea della vita diversa da quella che avevano prima. Se poi questo ci dà anche un grande ritorno di immagine come istituzione penitenziaria, perché no?".

Uno che sembra aver colto a pieno il senso dell’iniziativa è Salvatore Pedone, 56 anni, palermitano trapiantato in Argentina, dove ha 4 figli. "Questo non è il solito corso di artigianato o floricoltura - dice Pedone - che serve più che altro a darsi un’arte per ingannare il tempo. Questo è un corso che ci dà le armi della critica per comprendere la realtà che è là fuori. A me fa reagire e crescere". Pedone è dentro da vent’anni. Esportava abbigliamento in tutto il Sud America, lo hanno beccato che importava cocaina. Dice di essere stato un idiota che sta giustamente pagando il suo debito, ma i 12 anni che deve ancora scontare, spiega, "sono una carognata, perché me li hanno dati per un reato che non ho commesso". E allora Pedone, che da giovane faceva Architettura, ha ripreso a studiare e scrive, scrive del suo caso ai giudici e alle più alte autorità dello Stato.

Come fa Carmelo Rollo, imprenditore che lavorava per l’Ambasciata italiana in Romania e ora sconta una condanna per tentato omicidio, ma spera in un pronunciamento della Cassazione che lo tiri fuori "perché sono innocente e voglio dimostrarlo, soprattutto a mio figlio, che ha 16 anni. E studia. Come me". Il contrario di Antonio Vincenzo Simonetti, 57 anni, medico ed ex segretario regionale del Psdi in Calabria, che invece al giudice che lo condannò dieci anni fa per l’omicidio della propria compagna chiese l’applicazione delle aggravanti. "Da medico, ho tradito il giuramento di Ippocrate - dice Simonetti, che uscirà nel 2012 - e quindi era giusto che pagassi per intero". Simonetti ha scritto sette opere teatrali e ha pure vinto un premio internazionale. Ma anche lui si macera per i figli, tre, "che ho lasciato soli, soprattutto la più piccola, che ha appena dodici anni". Il corso di laurea in Comunicazione e Marketing offre a queste persone molto più di un titolo riconosciuto nei 25 Paesi Ue. Dà loro stimoli nuovi e permette di fare con la testa ciò che non possono fare con il corpo. E cioè "evadere", imparando l’informatica e l’analisi di bilancio, formandosi con la psicologia, la sociologia, l’economia. "Tutte cose, queste, che non tengo per me, ma cerco di portare nella comunità di recupero di tossicodipendenti in cui lavoro" dice Ciro Garofalo, napoletano di 44 anni, da nove in carcere per spaccio.

Garofalo, che si drogava anche lui e sostiene che gli ex tossici sono i più indicati per aiutare chi ancora si droga, dice di essere cambiato quando ha capito cosa significa fare volontariato. "Prima questi volontari li odiavo. Non credevo potessero fare qualcosa per gli altri senza un fine personale. Poi ho scoperto che l’atto gratuito è la cosa più bella e oggi so che il lavoro nella comunità di recupero sarà il mio futuro quando uscirò". Ma non è solo una edificante umanità "redenta" quella che in galera studia per non morire o per rinascere. C’è anche chi ha ancora rabbia in corpo e se la prende con se stesso e con le circostanze per essersi trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato. Massimo Bello e Alla Behar sono emigranti, il primo catanese e il secondo albanese, finiti in carcere per omicidio, l’uno in Svizzera (poi è stato trasferito qui) l’altro in Italia. Bello, 44 anni, è stato condannato a 20 anni e deve scontarne ancora dieci. Behar, 33 anni, ne ha fatti 5 e uscirà nel 2020. "Non contiamo i giorni, altrimenti per noi è finita - dicono -. Meglio contare gli anni che mancano alla laurea". Bello si è diplomato in Architettura e Ingegneria in Svizzera, Behar in Metallurgia in Albania. Dicono che il primo esame che faranno sarà quello di Psicologia generale. E, se gli si chiede perché vogliono laurearsi, danno una risposta che fa riflettere. "Per non sentirci più stranieri"

Lettere: Pordenone, l’istruzione all’interno del carcere

 

Il Gazzettino, 27 marzo 2006

 

Se, in un sondaggio d’opinione, si chiedesse di rispondere alla domanda "Secondo lei, quanto conta l’istruzione nel processo evolutivo d’ogni singolo individuo?" è facile prevedere che la maggioranza delle persone intervistate risponderebbe "molto". Alla domanda, leggermente modificata "Secondo lei, quanto conta l’istruzione nel processo evolutivo d’ogni singolo individuo carcerato", essendo parte in causa, desidero invece rispondere io. E la risposta è "moltissimo". Sì, tra le varie necessità più o meno importanti delle persone detenute c’è molto spesso quella basilare, ed in questo caso oserei definirla vitale, dell’istruzione.

Che a volte, per gli operatori penitenziari, significa dover partire addirittura dall’istruire le persone detenute sull’importanza dell’istruzione. Sembra un gioco di parole ma purtroppo è una triste realtà che rende l’idea della difficile situazione generale. Tra le varie attività che si svolgono in questo senso all’interno del carcere cittadino una in particolare, l’attività di biblioteca, trae origine dal proficuo rapporto di collaborazione che l’amministrazione penitenziaria ha da qualche tempo istituito con il comune di Pordenone il quale, attraverso la biblioteca civica, estende il prestito di libri alle persone detenute.

Oltre a ciò, è stato recentemente donato alla biblioteca interna dell’istituto un computer aggiornato il quale, sempre grazie all’assistenza offerta dalla biblioteca civica, è stato dotato di un software gestionale per la catalogazione dei volumi e la possibilità di accedere ad una banca dati di biblioteche. Tale banca dati, data l’ovvia impossibilità per persone che si trovano in un carcere di poter utilizzare la rete, è stata interamente "scaricata" nella memoria del PC in questione. Si è potuto così migliorare il servizio prestiti per gli "ospiti" del castello in accordo con il loro interesse per la lettura e l’istruzione, che mostra negli ultimi tempi un incoraggiante e sostanziale progresso. Sostanziale perché s’inizia ad intravedere una partecipazione attiva, propositiva e consapevole. Ciò e oltretutto incoraggiante e motivo di soddisfazione per gli stessi operatori penitenziari. Per quanto detto, si coglie l’occasione per esprimere i più vivi ringraziamenti, alla direzione della casa circondariale, al comune di Pordenone ed al personale della biblioteca civica per l’efficienza, cortesia e disponibilità sempre dimostrate.

 

Un detenuto del Carcere di Pordenone

Brescia: a Verziano "Porte aperte" all’integrazione

 

Giornale di Brescia, 27 marzo 2006

 

Resterà nei ricordi dei detenuti di Verziano come una giornata indimenticabile, in cui hanno vinto soprattutto l’integrazione e la solidarietà. Anche ieri "Vivicittà porte aperte", organizzata dall’Uisp nell’ambito del "Progetto carcere" per il decimo anno consecutivo, ha rappresentato per i carcerati del penitenziario cittadino un evento speciale e un importante momento di aggregazione.

Al via della corsa podistica, dato da Rosangela Comini, preside dell’istituto "Franchi", si sono presentati una cinquantina di detenuti, oltre a 120 studenti appartenenti a cinque diversi istituti cittadini; in gara anche qualche rappresentante della polizia penitenziaria, che ha diviso la fatica del percorso con i carcerati. In gara su due distanze, i detenuti e le detenute si sono confrontati fino all’ultimo metro: il successo tra gli uomini è andato Ben Alì, che ha preceduto Simo Hamed e Virgilio Antonioli. Nella gara femminile (cui ha partecipato anche Erika De Nardo) ha vinto Joyce Guobadia, davanti a Nicoletta Ronchi e Rosa Roncalli.

"I detenuti hanno vissuto una giornata importante - commenta il direttore del carcere, Maria Grazia Bregoli -. Per loro è stato un momento di grande serenità: da sempre lo sport predispone all’amicizia e all’integrazione, e condividere qualcosa con persone provenienti dall’esterno del carcere è senza dubbio qualcosa di speciale, una giornata di grande armonia, in cui la solidarietà è l’unica vincitrice in un momento in cui i pregiudizi non sono chiamati in causa".

In gara su due distanze, i detenuti hanno profuso un grosso impegno, dando anche una grossa soddisfazione all’Uisp. "Questa gara è molto sentita, come del resto tutte le manifestazioni che prevedono l’integrazione con gli altri - spiega il direttore del penitenziario -. Già qualche settimana prima i carcerati iniziano ad allenarsi correndo attorno al campo da calcio, perché per loro è comunque una competizione e il fattore agonistico è piuttosto rilevante, come in ogni attività sportiva che si rispetti. È importante per i detenuti sentirsi per un giorno protagonisti di una giornata diversa da tutte le altre, e vincere rappresenta un motivo di grande orgoglio: è soprattutto per questo che cercano di arrivare alla gara con la migliore preparazione possibile".

Prima della corsa, sul campo da calcio del penitenziario cittadino si sono esibiti nove cani dell’unità cinofila dei carabinieri, che hanno messo in mostra la loro abilità nello scavalcare ostacoli incendiati, scalare pareti di legno e obbedire ai comandi impartiti dai loro conduttori.

L’esibizione si inserisce in un programma che, con lezioni mirate e programmate con cura, porterà alcuni detenuti a guadagnare il patentino per partecipare alle attività delle unità cinofile. Un "patentino" che, una volta scontata la pena, offrirà ai detenuti una carta in più da giocare nel processo di reintegrazione nella società. Dopo il prologo nel penitenziario di Verziano, "Vivicittà", vivrà l’appuntamento principale domenica prossima, quando la corsa organizzata dall’Uisp porterà centinaia di appassionati nelle vie del centro cittadino, per una manifestazione che è diventata nel corso degli anni uno degli appuntamenti di riferimento della primavera bresciana.

Georgia: rivolta in carcere, sette morti e 19 feriti

 

Agi, 27 marzo 2006

 

Almeno sette detenuti sono morti e altre diciannove persone sono rimaste ferite in Georgia a causa degli scontri tra prigionieri e forze speciali della polizia, inviate all’alba a sedare una rivolta scoppiata all’interno del penitenziario numero 5 di Tbilisi, capitale della Repubblica ex sovietica. Lo ha reso noto la televisione, anche se ufficialmente non ci sono informazioni sulle vittime. Il ministro della Giustizia, Gia Kavtaradze, in conferenza stampa ha comunque assicurato che nel carcere la situazione è tornata sotto controllo, pur se ha dovuto ammettere che qualche agente ha riportato ferite. Il bilancio delle vittime è stato peraltro confermato anche da una deputata, Elena Tevdoradze.

Bielorussia: è in carcere leader opposizione "sparito"

 

La Repubblica, 27 marzo 2006

 

A quasi 24 ore dall’arresto, dopo il quale sembrava praticamente svanito nel nulla, è ricomparso uno dei capi dell’opposizione bielorussa, Alexander Kozulin: non però libero in strada, bensì in una delle carceri dove sono stati rinchiusi centinaia di manifestanti che hanno partecipato alle proteste dei giorni scorsi contro l’autoritario presidente della Repubblica ex sovietica, Alexander Lukashenko, confermato in carica per il terzo mandato di fila nelle elezioni di una settimana fa, secondo tutti gli osservatori viziate tuttavia da gravi ed estesi brogli. Dopo aver respinto tutte le richieste di notizie avanzate da parenti e sostenitori sulla sua sorte, le autorità hanno finalmente annunciato che non solo Kozulin resta in custodia, ma che è stato posto sotto inchiesta per atti di teppismo: un’accusa che in Bielorussia ha carattere penale a pieno titolo e che, in caso di rinvio a giudizio e di verdetto di colpevolezza, comporta una condanna detentiva fino a sei anni. È stata di nuovo la moglie del leader dissidente, Irina Kozulin, a rendere noti gli ultimi sviluppi sul destino del consorte, di cui già aveva denunciato la temporanea sparizione che aveva fatto temere il peggio.

 

 

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