Rassegna stampa 6 maggio

 

Grazia: risolto il "conflitto di attribuzione"; ecco cos'è...

 

Ansa, 6 maggio 2006

 

Nel dare ragione al Presidente della Repubblica riguardo all’iter per la concessione della grazia ad Ovidio Bompressi - dopo il no del Guardasigilli a controfirmare il decreto - la Corte Costituzionale ha risolto un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, regolato dalla Costituzione e dalla legge 11 marzo 1953, n. 87. L’articolo 134 della Costituzione stabilisce che la Corte Costituzione giudica, tra l’altro, "sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni". L’articolo 37 della legge stabilisce che il conflitto tra poteri dello Stato è risolto dalla Corte Costituzionale "se insorge tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono e per la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i vari poteri da norme costituzionali".

La Corte - dice la norma - decide con ordinanza in camera di consiglio sulla ammissibilità del ricorso. Se la Corte ritiene che esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza dichiara ammissibile il ricorso e ne dispone la notifica agli organi interessati. Gli organi interessati, quando non compaiano personalmente, possono essere difesi e rappresentati da liberi professionisti abilitati al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori. La Corte costituzionale - dice il successivo articolo 38 - "risolve il conflitto sottoposto al suo esame dichiarando il potere al quale spettano le attribuzioni in contestazione e, ove sia stato emanato un atto viziato da incompetenza, lo annulla".

Grazia: l’Unione applaude; per Pannella è una beffa…

 

Ansa, 6 maggio 2006

 

La sentenza della Corte Costituzionale che accoglie il ricorso di Carlo Azeglio Ciampi sulla Grazia, e stabilisce che non spettava al Guardasigilli Roberto Castelli mettersi di traverso, arriva nel pomeriggio ed è soddisfazione soprattutto per il centrosinistra, dal segretario dei Comunisti Italiani Oliviero Diliberto al coordinatore dei Verdi Paolo Cento, da Ermete Realacci della Margherita all’ex senatore della Quercia Stefano Passigli. In gioco c’è un principio cardine dell’ordinamento. Ma, sullo sfondo, anche il destino di detenuti arcinoti come Adriano Sofri e Ovidio Bompressi.

L’istituto della Grazia, infatti, non è conteso da oggi. Anche per questo, tra i primi a reagire alla notizia è stato l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga che ai tempi del suo settennato voleva concederla a Renato Curcio, contro il parere dell’allora ministro di Grazia e Giustizia Claudio Martelli. "La vita politica istituzionale come la natura non sopporta vuoti - sottolinea Cossiga - nell’assenza di una reale volontà riformatrice della Costituzione ha provveduto la Corte Costituzionale dando una netta sterzata in senso semipresidenzialista all’istituto del presidente della Repubblica". Ma l’ex presidente non si ferma qui e promette che appena conoscerà la motivazione della sentenza della Consulta presenterà al Senato un disegno di legge di revisione costituzionale "con cui, per rendere le cose più chiare, sia abolito l’obbligo della controfirma per la nomina dei senatori a vita, dei giudici costituzionali e la concessione della grazia".

Marco Pannella sottolinea invece il ritardo con cui arriva la decisione della Consulta. "Il tutto - dice il leader radicale che per il potere di grazia al capo dello Stato non ha bevuto nella primavera 2004 fino a mettere in pericolo la sua vita - ha il sapore di una beffa, un sapore ignobile". Calendario alla mano, infatti, "al presidente Ciampi restano 17 giorni per esercitare questo potere. Io non so se lo farà - aggiunge Pannella - ma questa è una vicenda che somiglia troppo ad una ingiustizia feroce e a delle istituzioni che combattono i poteri costituzionali se e quando si manifestano in difesa della legalità".

Mix di sentimenti anche per l’ex Guardasigilli Oliviero Diliberto: "Bene, esprimo soddisfazione per la decisione della Consulta", dice il segretario dei Comunisti Italiani che prova però "rammarico" per "la protervia del ministro Castelli che ci ha portato all’inizio della prossima legislatura". Per Ermete Realacci si tratta di una "sentenza civile e saggia", dal momento che "il potere di grazia, come illustri giuristi sostengono da tempo spetta al Capo dello Stato e il ministro della Giustizia è chiamato ad un atto dovuto". Alle spalle "l’ostruzionismo" di Castelli e via libera dunque alla "concreta possibilità della grazia a Bompressi e Sofri", sottolinea Realacci. Idem Paolo Cento dei Verdi, che dice: "Bene, benissimo, siamo felici che la Corte Costituzionale ha riconosciuto le ragioni del Capo dello Stato". Insomma, la Grazia a Bompressi e poi a Sofri sarebbe un modo per chiudere "il settennato - afferma l’ex deputato della Quercia Stefano Passigli - con un gesto altamente simbolico di quella pacificazione e unificazione nazionali sempre perseguite da Ciampi riscuotendo così tanto popolare consenso".

Pisa: detenuto di 270 chili; "è incompatibile con la detenzione"

 

Ansa, 6 maggio 2006

 

Nel carcere Don Bosco di Pisa è internato un detenuto che pesa ben 270 kg, ha gravi problemi di salute: è costretto per la sua stazza a dormire seduto sulla branda e a defecare sul pavimento. Quando cade per terra devono intervenire i pompieri per rimetterlo in piedi.

L’assurda situazione è denunciata da Pieraldo Ciucchi, presidente del gruppo Sdi nel Consiglio regionale della Toscana, che ha presentato un’interpellanza relativa alle condizioni del detenuto Aristide Angelillo, affetto da una malattia che gli ha provocato una condizione di grave obesità e che non gli consente di scontare la pena (ha una condanna definitiva ad 11 anni e 4 mesi per lesioni personali e reati legati agli stupefacenti) in cella.

"Il Tribunale di Sorveglianza di Firenze - spiega Ciucchi - si pronuncerà ancora e definitivamente il prossimo 9 maggio e auspichiamo che in quella occasione vengano concessi al detenuto gli arresti domiciliari. Faccio notare però che sia il massimo dirigente sanitario del carcere di Pisa, sia i periti nominati dal tribunale, hanno più volte confermato i rischi per la salute connessi alla permanenza in cella". "Il detenuto in questione - prosegue - ha già avuto quattro infarti al miocardio ed una embolia polmonare, è invalido al 90%, è costretto a dormire seduto sul proprio letto per non rischiare la morte per soffocamento e ad espletare le funzioni fisiologiche sul pavimento della cella. Come se non bastasse, alcuni mesi fa è caduto dentro la cella e per risollevarlo è stato necessario l’intervento dei Vigili del fuoco con relativa attrezzatura". "È evidente - conclude Ciucchi - che una simile condizione non sia compatibile con il regime di detenzione in carcere e che anzi necessiti di una continua assistenza medica".

Previti va in cella a Rebibbia, aspettando la "ex-Cirielli"

 

Gazzetta del Mezzogiorno, 6 maggio 2006

 

L’ex ministro della Difesa Cesare Previti si è consegnato stamani, spontaneamente, al carcere romano di Rebibbia: fino all’ultimo non ha rinunciato a proclamarsi "innocente". In giacca e cravatta, ricevuto dal direttore della casa circondariale, l’ex parlamentare di Forza Italia - che ha annunciato le sue dimissioni dal Parlamento - ha atteso nel penitenziario che da Milano arrivasse l’ordine di carcerazione per entrare nella cella singola che gli è stata assegnata. Non ha particolari restrizioni: ha dovuto consegnare il cellulare, ma può leggere i giornali e vedere la televisione.

A nemmeno dodici ore di distanza dalla lettura del verdetto Imi-Sir con il quale la Cassazione - ieri sera - lo ha condannato per corruzione a sei anni di reclusione (per aver fatto da intermediario tra i Rovelli e il giudice Vittorio Metta, nella compravendita della sentenza che ha sottratto all’ Imi mille miliardi di vecchie lire), Previti ha scelto di giocare d’anticipo. Una cautela adottata, forse, per evitare che la magistratura di Milano possa essere chiamata a pronunciarsi sulla concessione, facoltativa da parte dei giudici, della detenzione domiciliare prevista dalla ex Cirielli a favore dei condannati definitivi che abbiano compiuto settanta anni e non siano socialmente pericolosi.

Sarà, comunque, la Procura di Milano a decidere la revoca dell’istanza di carcerazione mentre il Tribunale di sorveglianza della capitale è stato subito investito dalla richiesta di arresti domiciliari, in attesa che arrivi il beneficio della ex Cirielli: Previti ha settandue anni. La stessa scelta - quella di consegnarsi alla prigione - è stata fatta dagli altri due coimputati, gli avvocati Attilio Pacifico (condannato a sei anni, nato nel 1934) e Giovanni Acampora (tre anni e otto mesi, nato nel 1945). Quest’ultimo - ovviamente - non può chiedere la ex Cirielli, ma avendo già scontato sei mesi di carcere preventivo deve farne solo altri due per provare a ottenere i benefici della Gozzini. La scelta della reclusione non è stata condivisa da Metta (sei anni di reclusione, compie settanta anni il prossimo 30 agosto) che ieri sera è stato colto da un malore ed è ricoverato in una clinica della capitale. Nel suo primo giorni da detenuto, Previti ha ricevuto la visita dell’ex presidente del Senato, Marcello Pera, e quella degli esponenti di Forza Italia Antonio Tajani e Giulio Marini. Lo hanno trovato a "testa alta" e per nulla nervoso. Da Milano, in serata, Unicost, la corrente di centro della magistratura, replica alle "numerose critiche sulla presunta persecuzione giudiziaria lamentata da Previti, col sostegno di alcuni rappresentanti del centrodestra" affermando che la decisione della Cassazione "evidenzia la bontà dell’ operato di tutta la magistratura milanese chiamata, a diverso titolo, ad esercitare la funzione giurisdizionale per dei gravi fatti aventi rilevanza penale". "L’accettazione delle decisioni giudiziarie - sottolinea il segretario Fabio Roja - rappresenta un indice di cultura istituzionale che dovrebbe rinascere dopo questa stagione di oscurantismo del rispetto tra istituzioni".

Roma: l’attività del Centro di Orientamento al lavoro

 

Redattore Sociale, 6 maggio 2006

 

Ben 1.306 i colloqui mirati che il Centro per l’Orientamento al Lavoro - Carceri della capitale ha svolto nel 2005 con persone in esecuzione penale (il 45,33% detenuti e il 54,67% soggetti in esecuzione penale esterna). Di questi, 492 sono stati colloqui con donne (pari al 37,67% del totale) e 315 con cittadini stranieri (il 24,12 del totale). I dati sono stati presentati ieri mattina in Campidoglio dall’assessore alle Politiche per le Periferie, lo Sviluppo Locale, il Lavoro Paolo Carrazza nel corso di una conferenza stampa in cui si è fatto il punto sull’attività del COL (Centro per l’orientamento al lavoro) Carceri nel 2005. Analizzando i dati del COL Carceri, emerge che il totale complessivo degli utenti è stato pari a 567 persone di cui 137 donne e 430 uomini. Di questi 110 i cittadini stranieri. La fascia di età maggiormente rappresentata è stata quella compresa tra i 36 e i 45 anni seguita da quella tra i 26 e i 35 e gli over 45.

Tra i 567 utenti contattati, il servizio ha preso in carico 44 persone: di queste 25 soggetti in esecuzione penale, dopo percorsi di orientamento, accompagnamento e progetti di inserimento, hanno trovato occupazione. Nel 2005 l’intervento del COL Carceri sui temi dei diritti ha permesso a 153 persone detenute di ottenere l’indennità di disoccupazione, a 5 la pensione di invalidità civile e a 4 gli assegni familiari; per 15 persone sono state effettuate verifiche sui contributi previdenziali e per altre 7 sono state risolte problematiche pensionistiche.

Sono stati 104 gli interventi che hanno riguardato i temi dell’ auto-imprenditorialità e questo ha consentito ad alcuni fra gli utenti di ricevere informazioni e consulenze per la costituzione di 3 cooperative sociali, operanti nel settore edile, della ristorazione e servizi di igiene ambientale. Gli utenti interessati ai temi della creazione di impresa sono stati 44 tra i quali ci sono 7 donne e 5 stranieri. "Come Assessorato al Lavoro - ha affermato l’assessore Paolo Carrazza - in questi anni siamo passati da un ufficio che si occupava di lavoro in carcere a una vera e propria Unità Organizzativa che si occupa di queste problematiche e probabilmente siamo l’unica amministrazione italiana ad essere dotata di uno strumento come questo. Di certo siamo stati i primi ad aver introdotto la figura del Garante dei diritti delle persone private delle libertà personali". "L’Assessorato in questi anni ha promosso tre bandi per 30 borse di inserimento lavorativo destinate in un primo momento solo a cooperative sociali e associazioni ed estese poi anche a imprese disponibili ad un investimento socialmente motivato nel mondo dell’esecuzione penale", ha ricordato ancora Carrazza. A partire dal secondo bando è diventato inoltre vincolante l’impegno dei beneficiari a garantire la stabilità occupazionale dei borsisti per un periodo almeno equivalente a quello finanziato dall’amministrazione.

Infine l’assessore ha annunciato che l’Assessorato ha stanziato 50mila euro per il finanziamento di altre 10 borse di inserimento lavorativo per gli adulti. Si tratta di un quarto bando che sarà pubblicato a luglio e diventerà operativo da settembre. Per quanto riguarda il settore minorile, è ancora in corso il progetto "Strade per l’autonomia", frutto della collaborazione tra il Centro per la giustizia minorile del Lazio e l’Assessorato alle Politiche per le Periferie, lo Sviluppo Locale, il Lavoro. Questo progetto sarà rifinanziato dall’Assessorato con 50mila euro e permetterà il tirocinio lavorativo di 50 minori sottoposti a misure privative della libertà. "Nella prima fase del progetto sono stati 9 i ragazzi che hanno partecipato al progetto e uno ha già trovato lavoro", ha affermato Donatella Caponetti direttrice del Centro per la giustizia minorile del Lazio.

Luigi Manconi, Garante dei diritti delle persone private delle libertà personali per il Comune di Roma, ha affermato che: "Di fronte a un sistema così povero di mezzi quello che si è ottenuto con il lavoro svolto fino ad oggi dall’Assessorato e dall’Unità Organizzativa è qualcosa di davvero eroico". Presente all’incontro anche il Professor Gaetano De Leo, ordinario di Psicologia Giuridica all’Università La Sapienza che ha ricordato che dal 2003 la sua cattedra supervisiona il progetto La Bussola, un servizio di orientamento integrato tra Centri Orientamento al Lavoro e Centri Informa Giovani, che opera nell’istituto penale minorile di Casal del Marmo.

Grazia: Castelli; per Sofri e Bompressi non la firmerei...

 

Ansa, 6 maggio 2006

 

"Accetto questa decisione della Consulta ma un conto è accettare un atto e altro conto è invece condividerlo. Io non controfirmerò mai un provvedimento di grazia per Bompressi, o anche per Sofri, qualora arrivasse sul mio tavolo fino a quando sarò al Ministero della Giustizia".

Lo ha detto il ministro della Giustizia Roberto Castelli nel corso di un intervento in diretta a Radio24 per commentare la decisione della Consulta sulla vicenda dell’iter per l’eventuale grazia a Ovidio Bompressi, condannato a 22 anni di carcere per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi.

Il ministro - riconfermato capogruppo della Lega Nord in Senato - ha ribadito quanto aveva detto subito dopo aver conosciuto la decisione della Consulta: "Mi sarei dimesso se questa fosse arrivata prima, ma non per contestare la Corte quanto perché non condivido un atto". Castelli ha detto anche che "finalmente è arrivata una decisione, e adesso sarà interessante capire bene i contenuti della stessa. La sentenza è chiara, la questione è chiara finalmente. Accetto la decisione, il che conferma che io non intendevo sostenere l’una o l’altra tesi. Ma proprio per questo dico che un conto è accettarla e altro conto e condividerla". E dunque lascerebbe l’incarico al dicastero della Giustizia, oggi ricoperto per l’ordinaria amministrazione in attesa del nuovo governo, perché "altrimenti sarei costretto a firmare per fare onore alla sentenza stessa".

Castelli ha anche spiegato il motivo della sua ferma posizione sulla questione. "Ho detto più volte che non contrario pregiudizievolmente alla grazia ma siccome per anni si era instaurata la prassi non scritta per la quale il provvedimento era concesso a detenuti con determinati requisiti, ritengo che Bompressi abbia tali requisiti, che raggiungerà nel tempo. E lo stesso è per la posizione di Sofri. Il giorno in cui avessero tali requisiti, non avrei difficoltà a controfirmare il provvedimento di grazia". Ed ha aggiunto "non vedevo il motivo per cui si nega la grazia a poveri cristi, a chi non ha potere mediatico, e ad altri invece la si dà a furor non di popolo ma di giornali. Non ci sono questi requisiti e non mi piegherò mai a questo tipo di giustizia". E a proposito di Sofri, il ministro ha sostenuto che in realtà è l’ex leader di Lotta Continua "il vero protagonista di questa vicenda", e con un forte impatto mediatico.

Firenze: appello al Parlamento del cardinale Raffaele Martino

 

Age, 6 maggio 2006

 

Il 13 maggio prossimo, a 25 anni esatti dall’attentato a papa Giovanni Paolo II, da dentro il carcere San Benedetto di Arezzo il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio consiglio per la giustizia e la pace, si appellerà al Parlamento per rinnovare il messaggio di Wojtyla a favore della dignità dei detenuti e contro il sovraffollamento. Il cardinale Martino interverrà alla diretta radiofonica di RadioRai3 dalla casa circondariale, uno degli appuntamenti più importanti di "Piazze di maggio", settimana di incontri e dibattiti organizzata dalla diocesi di Arezzo-Cortona-San Sepolcro e Rondine Cittadella della pace, in vista del convegno decennale della Chiesa italiana che si terrà a ottobre a Verona. La settimana toscana, in programma dall’ 8 al 14 maggio con appuntamenti principalmente ad Arezzo e a Rondine Cittadella della pace, è il quarto di cinque eventi preparatori dopo Palermo, Terni, Novara e prima dell’appuntamento conclusivo che si terrà a giugno a Rimini. I temi affrontati nei precedenti incontri sono stati quelli dell’educazione, dell’affettività e della sofferenza. In Toscana si parlerà invece di cittadinanza.

E oltre che dalle piazza, dalla tendopoli organizzata a Rondine, dall’Università, dalle fabbriche e dalle aziende che ospiteranno ospiti italiani e internazionali, di cittadinanza si parlerà anche in luoghi normalmente chiusi e segregati, ovvero i monasteri di clausura, dove si potranno incontrare le Carmelitane Scalze di Arezzo e le Clarisse di Cortona, e appunto la casa circondariale della città. "In questa settimana - ha spiegato Giovacchino Dallara, monsignore vicario di Arezzo - faremo dialogare esperienze e culture diverse, dai detenuti a ospiti che arrivano da zone di guerra come i Balcani o il Medio oriente".

"Sarà un percorso di formazione - ha sottolineato Franco Vaccari, presidente dell’associazione Rondine Cittadella della pace - in cui tutti sono protagonisti e in cui tutti i luoghi dove si vive, dal carcere alla fabbrica, sono posti in cui ricercare buoni frutti". La settimana sarà conclusa domenica 14 maggio con una "preghiera ecumenica" tra chiesa cattolica, chiesa anglicana e chiesa ortodossa nella cattedrale di Arezzo, trasmessa in diretta su Rai1. A Piazze di maggio sono attesi 170 ospiti internazionali e qualche migliaio di persone, in prevalenza giovani. Il materiale di discussione raccolto sarà portato poi a Verona in autunno. "Siamo lieti - ha commentato l’assessore regionale Gianni Salvadori - che siano Arezzo e il suo territorio a fare da sfondo a questo importante appuntamento della comunità ecclesiale italiana e anche che il tema centrale su cui dibattere sia la cittadinanza, aspirazione legittima che deve trovare posto anche tra le mura di un carcere". Per la Regione Toscana sarà l’assessore al perdono Massimo Toschi a partecipare ad alcuni eventi.

Roma: il decennale dell’Associazione VIC - volontari in carcere

 

Age, 6 maggio 2006

 

Una serata di festa per far conoscere l’opera del volontariato nelle carceri e per riflettere sulla "giustizia" intesa come strumento di riconciliazione. Un programma ricco di appuntamenti in occasione del decimo anniversario dell’Associazione promossa dalla Caritas diocesana di Roma "VIC – Volontari in carcere" per domenica 7 maggio a partire dalle ore 17.00 a Piazza Farnese. Alla fine del 1995, il servizio e l’esperienza di un piccolo gruppo di volontari della Caritas che operava negli Istituti Penitenziari di Rebibbia segnarono l’avvio di dell’organizzazione di volontariato a servizio delle Detenute e dei Detenuti delle carceri romane. In questi anni un centinaio di donne e uomini di buona volontà si sono fedelmente impegnati nell’accompagnare le persone condannate al carcere, con l’obiettivo di sostenere la loro dignità e di aprire le porte della città all’accoglienza e al reinserimento. "La manifestazione per i dieci anni di attività per il VIC vuole essere un’occasione di festa e di sensibilizzazione ma, soprattutto, un ulteriore modo per dire alle migliaia di detenuti che non li abbiamo dimenticati. A Roma vivono oltre 5 mila reclusi, una città nella città che, purtroppo, vive nella più assoluta indifferenza da parte della comunità. L’impegno della Caritas, oltre che nella vicinanza ai detenuti ed ai loro familiari, è soprattutto un’azione "culturale" per accrescere la sensibilità sociale verso forme di riconciliazione e di prevenzione, spronando la comunità a farsi carico dei detenuti in quanto persone deboli e sofferenti" ha commentato monsignor Guerino Di Tora, direttore della Caritas diocesana di Roma.

Kenia: interrogazione sen. Iovene (Ds) su italiani in carcere

 

Asca, 6 maggio 2006

 

Sulla vicenda dei due italiani, di origine calabrese, Estella Dominga Furuli e Angelo Ricci, in un carcere del Kenia da 17 mesi, che si dichiarano innocenti, il sen. Nuccio Iovene (Ds) ha rivolto un’interrogazione,a risposta urgente, al Ministro degli esteri. Iovane ricorda al Ministro che la vicenda "ha avuto inizio il 16 dicembre 2004, quando la polizia keniota li ha tradotti in cella nella notte con l’accusa - a quanto pare infondata, perché non esiste una sola prova a loro carico - di essere al centro di un affare da 76 milioni di euro (tale sarebbe il valore della cocaina sequestrata nella villa di Malindi che i Ricci avevano in gestione e affittata a 6 olandesi ed un keniota, i quali sarebbero i veri responsabili del gigantesco traffico di droga, riusciti a fuggire il giorno prima del blitz probabilmente per una soffiata).

Secondo Iovene, la signora Estella Dominga Furulli è in una cella non più grande di 6 metri per 4 del "Langata Prision Women" poco distante dal centro di Nairobi che divide con altre tre donne e due bambini, mentre il signor Ricci è in una cella poco più grande che divide con un keniota (figlio di un ex ministro), anch’egli coinvolto nel blitz antidroga con i Ricci ed altre 5 persone che si dichiarano estranee alla vicenda.

Le condizioni di vita all’interno delle carceri del Kenia sono durissime e questo sta incidendo sulla salute dei nostri due connazionali lì detenuti. In questi giorni è partita una campagna per la loro liberazione - ricorda ancora Iovene - che vede in prima fila il Corriere della Sera a cui si è aggiunto il Quotidiano della Calabria. Considerato che nel corso del processo diverse persone, tra cui alcuni italiani, hanno testimoniato l’estraneità della coppia nella vicenda senza essere presi in seria considerazione dalle autorità keniote; che il Kenia, come altri Stati africani, è vittima di fenomeni quali la corruzione, tanto che le cronache hanno recentemente parlato di una tangentopoli africana, che ha provocato in questi ultimi mesi dimissioni a catena di ministri e alte cariche dello Stato, non ultime quelle del titolare della Giustizia e del Ministro della Sicurezza Nazionale", il sen. Iovene chiede di sapere "se la nostra Ambasciata a Nairobi ha fatto tutto quanto era nelle sue competenze e nella sua responsabilità, nel corso di questi lunghi 16 mesi, per risolvere l’incredibile situazione che vede coinvolti Estella Dominga Furulli e il marito Angelo Ricci, se non si ritenga opportuno intervenire immediatamente presso il Governo del Kenia al fine di accertare l’estraneità alle accuse a carico dei nostri due connazionali, ritenuti da tutti in Kenia assolutamente innocenti".

 

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