Rassegna stampa 4 maggio

 

Grazia a Bompressi: la Consulta accoglie il ricorso di Ciampi

 

Secolo XIX, 4 maggio 2006

 

Roma. La Corte costituzionale ha accolto il ricorso proposto dal presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, e ha dichiarato che non spettava al ministro della Giustizia impedire la prosecuzione del procedimento per la concessione della grazia ad Ovidio Bompressi, che attualmente si trova in regime di detenzione domiciliare nella sua abitazione di Massa. La Corte - rende noto in un comunicato Palazzo della Consulta - ha perciò annullato la lettera del ministro della Giustizia, Roberto Castelli, del 24 novembre del 2004.

Nel dare ragione al Presidente della Repubblica riguardo all’iter per la concessione della grazia ad Ovidio Bompressi - dopo il no del Guardasigilli a controfirmare il decreto - la Corte costituzionale ha così risolto un conflitto di attribuzione tra poteri dello Statim, regolato dalla Costituzione e dalla legge 11 marzo 1953, n. 87. Immediate le reazioni, a cominciare da quella di Castelli. "Finalmente è stata fatta chiarezza. Comunque, occorrerà attendere la lettura della sentenza per capire a fondo le motivazioni giuridiche della decisione"è stato il commento del Guardasigilli. "Speriamo che ci sia il tempo tecnico per la concessione della grazia prima che il presidente della Repubblica Ciampi decada dal suo incarico - ha dichiarato l’avvocato Ezio Menzione, legale di Ovidio Bompressi - Ci auguriamo che ciò ponga fine ad una storia che ha avuto momenti drammatici, ma che ora può arrivare velocemente a conclusione". "Ho sempre apprezzato l’opera di Ciampi come presidente della Repubblica, così come milioni di italiani, ma questa decisione mi rende particolarmente tifoso nei confronti di un suo secondo mandato"è stata la reazione di Alessandro Gamberini, difensore di Sofri, il quale si augura che la decisione possa avere ripercussioni positive sulla grazia a Sofri.

Lettere: i detenuti scrivono a "RadioCarcere", di Riccardo Arena

 

www.radiocarcere.it, 4 maggio 2006

 

Le chiamano "traduzioni"…

"Ho impiegato 27 giorni per andare dal carcere di Trento al carcere di Porto azzurro. Perché per arrivare al carcere di Porto Azzurro mi sono dovuto fermare nel carcere di Verona, sezione transiti, poi a Bologna sezione transiti, poi Firenze e così via. Una notte mi hanno fatto salire su un pullman, che da fuori è blu con i vetri oscurati e dentro è fatto da tante cellette grandi un metro per un metro. Mi hanno messo dentro una di queste cellette, e lì sono rimasto chiuso per 10 ore con le manette ai polsi. Un’altra tappa di questo viaggio l’ho fatta su furgoni blindati più piccoli.

Sono quei furgoni Ducato, sempre di colore blu e che si vedono in autostrada. Lì il viaggio è fatto in condizioni ancora peggiori. Lo spazio è più piccolo, il caldo soffocante. Anche nei furgoni sei costretto a restare chiuso in una gabbietta, che non ha nessuna visuale verso l’esterno. Quando stai lì dentro è inutile chiedere da bere, o chiedere di potersi fermare per una breve sosta. Questo sistema così severo si adotta per tutti i detenuti pericolosi o no. Nessuna distinzione. Io che non ho commesso reati con violenza sono stato trattato come uno detenuto pericolosissimo a cui non si poteva concedere neanche 5 minuti per fare pipì o per fumare una sigaretta. Per me sono stati 27 giorni terribili, avevo solo un vestito e solo un paio di mutande di ricambio. Inoltre in questi 27 giorni ero come escluso dalla realtà: nessuno contatto con la mia famiglia e nessuno contatto con i miei avvocati. La mia vita per quasi un mese è rimasta sospesa."

 

Giuseppe dal carcere di Secondigliano:

"Cara radio carcere questi il mio calvario. Sono stato arrestato nell’ottobre del 2004 e portato nel carcere di Ancona, dove ne ho viste di tutti i colori. Il 7 marzo del 2005 sono stato trasferito nel carcere di Ascoli Piceno e, dopo poco sono stato mandato all’ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia. Dimesso a settembre del 2005 ora mi trovo qui nel carcere di Secondigliano. Radio Carcere ti dico solo questo: ho paura che mi mettano nella cella di isolamento e di fare la fine di quello che si è impiccato, cosa che non farei mai perché amo la vita. Spero di uscire vivo di qui il 24 maggio 2006, giorno della fine della mia pena"

 

Mario dal centro clinico del carcere Regina Coeli di Roma:

"Ciao Riccardo, ti scrivo per informati sulla mia situazione. Sai che non sto molto bene. Ho una grave forma di epilessia, ho un ulcera al Palato che mi impedisce di nutrirmi, tanto che sono passato che pesavo 85 chili e sono arrivato a pesarne 42. Il 21 marzo hanno fissato un udienza dinanzi al tribunale di sorveglianza, proprio per decidere se posso o meno restare in carcere, per via del mio stato di salute. Il Pm ha chiesto la mia immediata scarcerazione per motivi di salute, il Tribunale mi ha anche chiesto l’indirizzo dove poter stare agli arresti domiciliari ed infine il medico del centro clinico di Regina Coeli ha certificato la mia incompatibilità con il carcere. Morale sembrava tutto pronto ed invece il tribunale di sorveglianza non contento ha disposto una perizia sul mio stato di salute. Giuro non ci capisco più nulla. Ora ti saluto caro Riccardo, non ho le forze per continuare a scrivere… con stima Mario"

 

Maxim dal carcere Montorio di Verona:

"Cari amici di Radio Carcere sono stato condannato a seguito di giudizio abbreviato alla pena di 30 anni di carcere, per un omicidio che non ho commesso. Mal difeso, straniero e senza capire neanche cosa stava succedendo, mi hanno condannato. Prove contro di me poche o nessuna. Ora non so come fare e non so come riuscire a dimostrare la mia innocenza. Per il resto qui nel carcere di Verona siamo in piena emergenza. Si tratta di un carcere che potrebbe ospitare 250 detenuti ed invece siamo più di 700. Il che significa che in celle di appena 9 metri quadri siamo in quattro detenuti, chiusi per 22 ore al giorno. Questa non è detenzione! Vi ringrazio per la vostra attenzione e vi saluto Maxim"

 

Goran dal carcere Poggioreale di Napoli:

"Caro Riccardo sono un cittadino Sloveno che si trova qui in carcere a Napoli. Spero che questa mia lettera ti sia arrivata perché è la terza che ti scrivo. Sono certo che quando vedono scritto radio radicale la buttano via. Devi sapere la mia ingiustizia che è comune a tanti altri. Io sono stato condannato a 3 anni e 6 mesi. Ho già scontato metà della pena, ma nonostante ciò non riesco ad ottenere l’applicazione della legge Bossi fini.

E come me tanti altri stranieri. Il risultato è che non vedo la mia famiglia da 19 mesi. Ora io ho sbagliato e devo pagare il mio errore ma questa è una sofferenza in più che è difficile da immaginare. In carcere e solo. Solo e in carcere. Riccardo in questa mia solitudine la tua voce per Radio e quello che scrivi sul Foglio è per me occasione di forza. Appena uscirò ti chiamerò.

Con stima Goran"

 

Luca dal carcere di Lecce:

"Caro Arena, l’altra settimana ti ho inviato una lettera dal carcere di Bari, firmata da 166 detenuti. Ricordi? Bene ora mi hanno spostato nel carcere di Lecce, dove ci potrebbero stare 680 detenuti ed invece ce ne sono più di 1300! Ti rendi conto! Il doppio! Ti scrivo perché voglio che tu sappia che ho iniziato uno sciopero della fame ad oltranza per ottenere un trasferimento in un carcere della Toscana, di cui sono originario e per poter riceve cure al mio fegato che si sta ammalando di cirrosi epatica. Non chiedo tanto chiedo il diritto di essere curato e di stare vicino alla mia famiglia. Non sono capricci di un detenuto ma è quello che sta scritto nella legge Italiana.

Un forte abbraccio Luca"

 

Mimmo dal carcere di Trapani:

"Riccardo, un semplice bigliettino di auguri per Radio carcere, in occasione della Pasqua. È un piccolo modo per dirti grazie da parte mia e dei miei compagni del carcere di Trapani per il tuo e vostro impegno. Sappiamo che non è facile portare avanti una pagina di civiltà come questa di Radio Carcere ma tu non mollare!"

 

Felice dal carcere di Secondigliano:

"Caro Riccardo avrai letto che qualche settimana fa qui a Secondigliano hanno organizzato degli spettacolini per i detenuti. Ecco è tutta apparenza e basta. Io per esempio tossicodipendente non ricevo nessuna cura qui in carcere e nessuna attenzione. Ti confesso che quando mi hanno arrestato dentro di me speravo che il carcere fosse un’occasione per smettere con la droga. Beh mi sbagliavo. Qui trovi solo motivi per continuare a drogarti. Oppure muori. Ti ammazzi, come ha fatto un nostro compagno detenuto rumeno. È successo a Marzo. Quel ragazzo pare abbia usato delle lenzuola per impiccarsi. Strano era in isolamento e guardato a vista!".

Giustizia: quando la durata dei processi si allunga sempre più

di Luca Palamara, Sostituto Procuratore della Repubblica di Roma

 

www.radiocarcere.it, 4 maggio 2006

 

I più recenti rapporti del Consiglio d’Europa sottolineano come la situazione della durata dei processi in Italia sia peggiorata e stia diventando un vero pericolo per il rispetto dello Stato di diritto. Le parole pronunciate dal Presidente Ciampi, nella sua ultima e recente apparizione al Consiglio Superiore della Magistratura sulla lentezza dei processi, hanno inteso ulteriormente stigmatizzare tale situazione e, quindi, sembrano aver riconosciuto che l’attività del governo dell’ultimo quinquennio non ha evidentemente risolto il problema.

Al riguardo, non può non ribadirsi come la legislazione penale, sostanziale e processuale, degli ultimi anni si è dimostrata disorganica, non avendo preso in considerazione la coerenza del sistema e non avendo tenuto in debito conto le ricadute delle singole modifiche sull’insieme delle norme.

Basti riflettere sul fatto che si è intervenuti su singole problematiche senza una logica, apparentemente, comprensibile: si è passati così dagli interventi in materia di rogatorie internazionali a quelli sulla remissione dei procedimenti, dagli interventi sulle immunità delle alte cariche dello Stato a quelli sulla materia economica e finanziaria, dalle modifiche sulla prescrizione e sulla recidiva a quelle sulle impugnazioni.

Occorre, pertanto, superare la situazione attuale attraverso un’opera che restituisca razionalità e credibilità al sistema penale e processuale.

Dal punto di vista del diritto penale sostanziale, per rendere la giustizia più efficace, occorre porre un rimedio a quel fenomeno di ipertrofia del diritto penale che negli ultimi anni ha aumentato a dismisura l’ambito del "penalmente rilevante".

È paradossale che nel nostro ordinamento il ruolo del giudice penale sia diventato marginale nell’ambito della materia tributaria e del falso in bilancio (quando, invece, i recenti fatti di cronaca giudiziaria, con i ripetuti scandali che hanno investito il mondo economico e finanziario, hanno dimostrato che non era opportuno attenuare le difese sociali in settori così delicati e strategici per lo sviluppo del Paese), mentre, al contrario, è diventato preponderante nella materia degli extracomunitari irregolari presenti nel nostro Stato, avendo il legislatore addirittura previsto l’arresto obbligatorio nei confronti degli stranieri inottemperanti all’ordine del Questore di lasciare il territorio italiano.

Sotto quest’ultimo aspetto viene da chiedersi se abbia senso pratico e utilità sociale sostenere costi elevati per la celebrazione di processi penali - e, quindi, impegnare giudici, pubblici ministeri, avvocati, personale amministrativo, polizia giudiziaria e penitenziaria - quando nei confronti dello straniero irregolare, anziché applicare una sanzione penale, sarebbe molto più efficace prevedere idonee modalità di accompagnamento alla frontiera ad opera della polizia amministrativa.

Dal punto di vista del diritto processuale occorre superare la situazione attuale, nella quale accanto ad una forma di giustizia penale rapida e sommaria, destinata ai tipi di autore di criminalità marginale e di strada, esiste una forma di giustizia caratterizzata da tempi lunghi, formalismi ripetuti, prescrizioni brevi di cui usufruiscono gli imputati dei reati di accertamento meno semplice, ma di danno sociale spesso di gran lunga superiore.

E al riguardo, per rendere la giustizia più celere ed efficace, occorre domandarsi anche se non sia giunto il momento di ridiscutere il sistema delle impugnazioni nella sua globalità. Sistema che di recente è stato modificato, creando una inopinata disparità di trattamento tra accusa e difesa e snaturando il ruolo della Suprema Corte, trasformata in un terzo giudice di merito. Uno degli aspetti più problematici della disciplina delle impugnazioni è, infatti, costituito dal loro frequente utilizzo pretestuoso, finalizzato soltanto a conseguire l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione o, comunque, a differire l’esecuzione della pena.

Pertanto, in una prospettiva di riforma del settore, molta attenzione dovrà essere prestata a quelle proposte tendenti a disincentivare l’uso distorto dei mezzi di impugnazione, contribuendo così a rendere più ragionevole la durata del processo.

Sul punto, la proposta più ricorrente è quella di conferire efficacia esecutiva alla sentenza di condanna confermata in appello (c.d doppia conforme) o più radicalmente a quella di primo grado.

Tali proposte suscitano, tuttavia, delle obiezioni critiche. Le stesse appaiono, infatti, incompatibili con l’attuale dettato dell’art. 27 della Costituzione, posto che l’enunciazione del principio per cui l’imputato non è considerato colpevole fino alla condanna definitiva sta a significare che la presunzione di non colpevolezza che accompagna l’imputato stesso viene meno soltanto se e quando, nei suoi confronti, intervenga sentenza irrevocabile di condanna. In realtà, l’obiettivo di accelerare il processo nella fase di impugnazione, in modo da dare esecuzione alla sentenza definitiva, può essere utilizzato anche mediante una ristrutturazione del giudizio di appello tramite la predisposizione di tassative ipotesi di impugnazione.

Provenzano: il boss si oppone ancora alle riprese televisive

 

Ansa, 4 maggio 2006

 

Bernardo Provenzano si è opposto a riprese di tv e fotografi durante il collegamento in videoconferenza con l’aula della seconda sezione penale del Tribunale di Palermo, per assistere al processo "Trash" in cui è imputato. Il boss ha espresso la sua richiesta di non essere ripreso, tramite uno degli agenti della polizia penitenziaria addetti alla sorveglianza nella saletta del carcere di Terni da dov’è collegato. La stessa posizione Provenzano aveva assunto anche martedì, in occasione della sua prima apparizione a un processo. Alle riprese oggi si sono opposti anche tutti gli altri imputati. Il legale di Provenzano, Francesco Marasà, come altri avvocati, aveva chiesto al Tribunale di vietare tout-court la presenza in aula di fotografi e operatori televisivi. Ma i giudici, dopo una breve camera di consiglio, hanno ritenuto che sussistano esigenze di diritto di cronaca e hanno autorizzato le riprese durante l’udienza.

Pescara: lavoro oltre le sbarre per i detenuti ed ex detenuti

 

Il Messaggero, 4 maggio 2006

 

Un lavoro oltre le sbarre per detenuti, ex detenuti o in esecuzione penale esterna. Grazie al progetto "Equal Salis, servizi per l’autonomia, il lavoro e l’inclusione sociale" 50 reclusi ed ex di San Donato avranno la possibilità dopo un periodo di formazione, di seguire uno stage di 8 mesi nelle aziende che aderiscono alla Confesercenti Abruzzo, Cia, Cna di Pescara e ai giovani dell’Unione industriali avvalendosi di una borsa di studio di 400 euro mensili e di alloggi messi a disposizione dalla Confesercenti. Nel progetto precedente, di cui l’attuale Salis è l’evoluzione, sono stati impiegati 70 detenuti, 17 dei quali al termine dello stage sono stati assunti. Novità di questo progetto è l’avviamento ad un lavoro in proprio. "Provincia e Cna - spiega Carmine Tontodimamma dell’assessorato provinciale alle politiche del lavoro - hanno creato un fondo di garanzia di 50mila euro per assicurare prestiti a coloro che vogliono diventare imprenditori". Tra questi c’è anche un noto pescarese, ex detenuto che grazie a questo stanziamento aprirà una bottega d’arte.

Libri: "Diciassette omicidi per caso" storia del serial killer Bilancia

 

Secolo XIX, 4 maggio 2006

 

Sarà presentato oggi l’ultimo libro di Ilaria Cavo. L’appuntamento è per le 17.30 al Teatro della gioventù di via Cesarea. "Diciassette omicidi per caso" (Mondadori, 2006) è la accurata ricostruzione delle indagini, dell’inchiesta e della rocambolesca cattura di Donato Bilancia, il serial killer responsabile di diciassette delitti compiuti nel breve arco di sei mesi. La presentazione del volume sarà coordinata da Margherita Rubino, presidente del circolo culturale "I Buonavoglia", e verrà articolata in tre parti: l’esame della struttura del libro-inchiesta (a cura della giornalista del Corriere della sera Barbara Palombelli). Seguirà l’intervento di Gianna Schelotto, psicoterapeuta, che tenterà di tracciare il profilo psicologico di Bilancia, ritenuto dai giudici capace di intendere e di volere.

La presentazione proseguirà con la ricostruzione dei metodi e delle strade percorse per individuare e catturare il serial killer, da parte del colonnello Luciano Garofalo, del Raggruppamento investigativo speciale (Ris) di Parma dei carabinieri. L’incontro ha ricevuto il patrocinio dei tre enti territoriali (Regione, Provincia e Comune) dell’editore Mondadori e dell’Enel. Tra un intervento e l’altro l’attore Fabrizio Matteini leggerà alcune pagine del romanzo di Ilaria Cavo. Il processo contro Donato Bilancia durò circa due anni, e terminò con la condanna a tredici ergastoli. Ma grazie alle leggi sugli sconti di pena per i detenuti che osservano una buona condotta carceraria, fra due anni potrebbe, in teoria, essere concesso a Bilancia qualche permesso premio. Tra dodici anni, invece, il serial killer potrebbe tornare ad essere un uomo libero.

Vicenza: i ragazzi dell'Istituto Alberghiero in gol al San Pio X

 

Giornale di Vicenza, 4 maggio 2006

 

Ed è arrivata finalmente la prima delle partite all’interno della casa circondariale del San Pio X di Vicenza per i ragazzi dell’Istituto alberghiero "Artusi" di Recoaro, che già avevano affrontato la tematica carceraria con un incontro avvenuto nell’aula magna della scuola. Erano in 16, accompagnati dal preside Riccardo Stola e dagli insegnanti di educazione fisica Fabio Garbin e Rosella Magnani. Per il Csi di Vicenza erano presenti il presidente Enrico Mastella e Leopoldo Galla che segue l’attività per l’associazione. Per molti dei ragazzi era la prima volta sul campo interno al carcere; e la squadra ha "dormito" un pochino all’inizio.

Immediato l’1-0 per i detenuti della sezione AS (Alta Sorveglianza) siglato da Arben. La squadra di Recoaro ha faticato a disporsi in campo e si è visto che l’intesa deve crescere. Un’altra doccia fredda è arrivata al 15’ del primo tempo, con Imed che ha segnato la seconda rete per i "padroni di casa". Il primo tempo (da 30’) si è chiuso però con una rete dei ragazzi: Bressan permette agli studenti dell’"Artusi" di andare negli spogliatoi con un po’ di speranza. Durante la pausa il prof. Garbin ha rivisto gli schemi e ha operato alcune sostituzioni che poi sono risultate vincenti. Nella ripresa infatti dopo 19’ i recoaresi hanno agguantato il pareggio con Dalle Rive, e dopo un minuto sono andati in vantaggio con Fongaro. L’incontro non si è chiuso però sul 3-2: c’è stato il tempo per un gol in zona Cesarini che ha visto protagonista Lovato.

Si è trattato della prima partita della stagione del progetto "Scuola, carcere e sport" del Centro sportivo italiano di Vicenza, realizzato in collaborazione con il Csi di Verona e in particolare con l’associazione "Progetto carcere 663". Il progetto prevede anche corsi di educazione alla legalità a scuola (quest’anno al "Pigafetta" per i ragazzi del classico e del "Fusinieri") e assemblee sulle tematiche carcerarie, con ospiti magistrati, agenti di polizia penitenziaria, volontari e operatori che lavorano in favore della popolazione carceraria. Con la bella stagione l’attività prosegue con le partite. I prossimi a entrare in carcere saranno i ragazzi del "Rossi", poi quelli del "Lampertico" e del "Pigafetta".

Parma: dal Comune un laboratorio teatrale per i detenuti

 

Lungo Parma, 4 maggio 2006

 

Nell’ambito delle iniziative culturali rivolte ai detenuti, l’assessorato alle Politiche Sociali del Comune, in collaborazione con gli Istituti Penitenziari di Parma e con l’associazione di Cultura Teatrale "Europa Teatri", ha promosso un laboratorio teatrale, in cui sono coinvolte 7 persone recluse, condotto da Carlo Ferrari e Franca Tragni.

Il laboratorio, attivo dal dicembre scorso e articolato in incontri settimanali, prevede, anche attraverso una serie di improvvisazioni guidate, la preparazione di un testo drammaturgico nato direttamente dagli allievi del laboratorio e un allestimento conclusivo per la fine di maggio.

Rispetto all’insieme di azioni e interventi sviluppati dal Comune, rappresenta un’ulteriore opportunità per facilitare il rapporto interpersonale fra i detenuti all’interno della struttura e con il mondo esterno. "Il laboratorio, commenta l’assessore Maria Teresa Guarnieri, si inserisce in una progettualità più vasta e articolata e ha come obiettivo quello di favorire i processi di socializzazione. Insieme ad azioni di sostegno in ambito lavorativo e nella fase del reinserimento, si è inteso offrire ai detenuti l’opportunità di sviluppare la creatività individuale. La collaborazione con Europa Teatri è nata in modo del tutto naturale, in quanto l’associazione, che dal 1997 gestisce il Teatro Europa di Parma, opera da oltre un decennio nell’ambito della pedagogia teatrale, con particolare attenzione nel settore sociale". "Il progetto in questione, per il direttore del carcere Silvio Di Gregorio, è il risultato di una collaborazione che si è sviluppata nel corso di questi anni con l’Amministrazione comunale, anche nella prospettiva di favorire il rapporto dell’universo carcerario con il mondo esterno e in particolare con la società civile, a dimostrazione che anche le persone detenute ne sono parte integrante". "In questi anni, spiega l’attrice Franca Tragni - le iniziative nella nostra città a favore dei carcerati, per il miglioramento delle loro condizioni di vita, sono state tante e importanti. Pensiamo che un laboratorio teatrale possa essere un’iniziativa per far riscoprire una "libertà espressiva", attraverso il corpo, la voce, il gesto, la coralità e il contatto con un pubblico". Per il regista Carlo Ferrari "creare un luogo dentro a un contenitore grande e ristretto insieme, come è quello del carcere, significa offrire ai detenuti l’opportunità di raccontarsi, di scoprirsi, di provare a incontrarsi e a conoscersi sotto una luce diversa, di aprirsi a nuove possibilità espressive. Vuol dire intraprendere un cammino di crescita partendo dal saper mettersi in gioco, trovando una propria verità sia di linguaggio corporeo che di parola, attraverso un percorso individuale e di gruppo".

Roma: la pallavolo è entrata a Rebibbia, di Nicoletta Corvi

 

Comunicato stampa, 4 maggio 2006

 

La pallavolo è entrata a Rebibbia la scorsa settimana. Sabato 22 aprile, nella Casa di reclusione di Rebibbia Maschile, infatti, i ragazzi della squadra maschile del carcere romano hanno disputato nella mattinata una partita amichevole con i ragazzi di Cali Roma 13, società affiliata all’UISP di Roma. Sotto l’attento arbitraggio di Floriana Molinari, tutti i ragazzi hanno dato il meglio di loro stessi, ma la partita si è conclusa con un netto 3 set a zero per il Cali.

"Quello che importa, però, non è il risultato - commenta a caldo Andrea Ciogli, responsabile dell’Area Carceri dell’UISP di Roma - ma il fatto che i ragazzi si siano divertiti, che abbiano dato il massimo e che abbiano provato a vincere. Poi certo, il Cali Roma 13 è una squadra esperta, ma i ragazzi di Rebibbia non sono stati da meno. Ed io e tutti gli educatori presenti, Piero Marziali, Annarita Fraiegari e Antonio Turco, siamo molto soddisfatti ed orgogliosi della loro prestazione".

Durante la partita c’è stato un piccolo incidente. Lello, uno dei detenuti scesi in campo, ha preso una storta ritornando da un "muro" ed è stato costretto allo stop. Solo dopo la fine della partita si è saputo che si trattava di una microfrattura del malleolo esterno. Niente di troppo grave per fortuna.

Nonostante questo piccolo problema, le premiazioni si sono svolte in un clima di allegria ed entusiasmo. Una targa di ringraziamento sia alla squadra di Cali Roma 13 che alla squadra del circolo "Albatross" ARCI di Rebibbia. Il momento più simpatico, però, è stato quando i giocatori del Cali hanno consegnato ai loro "avversari" delle magliette della propria squadra, con l’augurio, detto in tono scherzoso, che possano portare fortuna nelle prossime partite. Dopo le premiazioni, poi, c’è stato ancora il tempo per qualche palleggio e scambio, questa volta però a squadre miste.

La palla passa poi, giovedì 27 aprile, alla Casa Circondariale di Rebibbia Femminile, per un’altra partita. Questa volta a contendersi la vittoria sono le ragazze del KK Eur Volley contro le ragazze di Rebibbia femminile.

Il primo set, anche in questo caso, è appannaggio della squadra esterna. Ma prima che il secondo set entri nel vivo, la pioggia che all’inizio aveva dato solo un po' fastidio, inizia a cadere incessantemente. Non c’è niente da fare. La partita è da interrompere e, per non bagnarsi troppo, le ragazze, tutte insieme, sono corse a ripararsi sotto i grandi alberi vicini al campo. Dopo poco, però, il direttore della Casa Circondariale ha autorizzato squadre, educatori, tecnici ed operatori a spostarsi nel chiostro delle suore, dove tra una chiacchiera e l’altra si è dato comunque il via, nonostante la partita non fosse stata terminata, alla consegna delle targhe di ringraziamento.

"Il dispiacere per non aver potuto finire la partita è forte - commenta Andrea Ciogli - ma ci siamo saluti con la promessa di organizzare nuovamente la gara. Concludo con la cosa che mi sta più a cuore: ringraziare Floriana Molinari per la completa disponibilità che ci ha dimostrato e il Cali Roma 13 e il KK Eur Volley, le due squadre esterne che oggi e sabato scorso hanno accettato di giocare".

Ma non finisce qui. Fra meno di venti giorni si giocheranno altre due partite. Sabato 20 maggio, la squadra Giro Volley affronterà i ragazzi della Casa di Reclusione di Rebibbia maschile, mentre sabato 27 maggio la compagine del Battisti giocherà contro le ragazze della Casa Circondariale di Rebibbia femminile. Di sicuro, molti di questi ragazzi, saranno protagonisti di Vivicittà, la corsa podistica organizzata dall’UISP di Roma che anche quest’anno supererà i confini delle mura di Rebibbia. Vivicittà anche quest’anno è attesa come la costruzione di un ponte L’occasione di un incontro tra ambiente esterno e interno, dove per interno si intende un luogo separato, chiuso ermeticamente, con rare occasioni di interazione col territorio. Lo sport dentro quattro mura può trasformare le frustrazioni in energia vitale, che aiuta a guardare avanti. Gli appuntamenti sono mercoledì 17 maggio a Rebibbia Maschile e giovedì 18 maggio a Rebibbia Femminile.

Pena morte: Kuwait; impiccati cinque uomini in un solo giorno

 

Ansa, 4 maggio 2006

 

Cinque uomini (un indiano, un pachistano e tre kuwaitiani) sono stati oggi giustiziati pubblicamente, tramite impiccagione. I cinque erano stati condannati per aver commesso diversi crimini, tra cui stupro, omicidio e traffico di droga. Dal 1991 mai tante persone erano state messe a morte nello stesso giorno. Il paese prevede la pena capitale, generalmente con l’impiccagione, per le accuse di omicidio, traffico di droga, stupro e crimini contro lo stato.

 

 

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