Rassegna stampa 12 maggio

 

Discutiamo di carcere, una struttura sempre più classista

di Giovanni Russo Spena

 

Liberazione, 12 maggio 2006

 

La "provocazione" politica del direttore Sansonetti ("amnistia a Previti") ha il merito straordinario, per un vecchio garantista come me, di porre con forza il tema della bancarotta delle politiche giustizialiste di gran parte delle sinistre. Anzi: è stata proprio la ferita inferta allo Stato di diritto ed al sistema delle garanzie dal populismo giustizialista che ha permesso alle destre una pericolosa manovra a tenaglia (garantiste con i potenti, fino alla soglia del sovversivismo proprietario, odiosamente giustizialiste con migranti, tossicodipendenti, cosiddetti emarginati, ecc.).

Negli ultimi anni spesso la concezione della sicurezza è stata travolta dall’ossessione sicuritaria; è prevalsa una vera e propria bulimia carceraria; lo stato sociale è degradato a "stato penale globale". Si moltiplicano, ricorda Antigone, "le forme di privazione delle libertà, campi per vite sospese, rimesse all’arbitrio del potere".

Muta, soprattutto, la concezione del carcere, viene abbattuta la nozione costituzionale della pena: il carcere futuribile è un recinto ed un’espulsione. La privazione della libertà diventa uno strumento ideologico e classista; il carcere diventa un totem della stabilizzazione. Sansonetti ha ragione: non dobbiamo mai, in questo contesto, disperdere l’utopia necessaria di "liberarsi dalla necessità del carcere".

Il carcere, infatti, ultima istanza nella tradizione del costituzionalismo democratico, diventa una risposta classista al disagio sociale, alle paure ed insicurezze sociali, alle privazioni di senso indotte dalla globalizzazione liberista.

Ha ragione De Giorgi: "vi è, nella guerra preventiva globale, un rapporto di osmosi che sembra avvolgere sempre più il nesso tra ordine pubblico e sicurezza globale". Il sociale è stato fagocitato dal penale; dovremo, anche in Parlamento, fare il cammino inverso: depenalizzare, decarcerizzare.

In questo contesto vive la proposta di amnistia ed indulto. Non dimentico che migliaia di persone hanno fatto ricorso a forme di protesta radicale, di lotta disobbediente, spesso alla nonviolenza di massa sui temi del lavoro, della casa, del salario, della chiusura delle galere etniche.

Sono stati occupati binari, autostrade, edifici, tagliate reti di Cpt; 10mila persone sono sottoposte a procedimenti penali per avere rivendicato i loro diritti fondamentali. Hanno imputazioni gravissime, che possono portare alla galera per molti anni, perché il codice penale fascista del 1930 è, in molte parti, in contrasto con la nostra Costituzione. Bisogna battersi per una applicazione estensiva delle scriminanti sociali; il sistema penale vigente va depurato da quei delitti di pura creazione politica che reprimono dissenso e conflitto.

L’esigenza posta da Sansonetti è, dunque, più che fondata ed urgente. Non concordo con Sansonetti, invece, sul fatto che per Previti vada varata una amnistia. L’amnistia estingue il reato: io non voglio che il suo reato sia estinto; il problema si può risolvere solo (nel rispetto dell’autonomia della magistratura e delle sue sentenze) cambiando il meccanismo di incarcerazione. Previti ha 72 anni; gli diano immediatamente i domiciliari.

Norme già in vigore, del resto, permettono che si segua questo percorso; evitando che il carcere venga considerato come una gogna per l’odioso potente decaduto ma, nello stesso tempo, evitando l’amnistia "ad personam" come colpo di spugna. Le culture democratiche e garantiste pretendono sobrietà ed attenzione, anche per evitare che gli umori di massa considerino inique le norme dello Stato di diritto. Uno degli aspetti che, del resto, affronteremo più organicamente in questa legislatura è quello delle pene alternative al carcere.

Riscriveremo il codice tenendo conto delle acquisizioni importanti a cui sono già pervenute le Commissioni Grosso e Nordio. È una priorità già delineata con precisione dal programma dell’Unione sul terreno della giustizia e dei diritti. Se vogliamo, peraltro, affrontare con un punto di vista garantista il tema della concezione del carcere bisogna immediatamente, tra i primi atti della nuova legislatura, abrogare la cosiddetta "ex Cirielli". È una legge criminogena e, nello stesso tempo, una lesione grave dello Stato di diritto; per il suo vietare i benefici carcerari ai "recidivi" rischia di portare in carcere migliaia e migliaia di giovani e ragazze messe ai margini della società dall’abbattimento quasi assoluto dello stato sociale. A volte, nella storia come nella politica, "da un male deriva un bene": un potente che è andato (una volta tanto) in galera ci permette di discutere di un carcere diventato struttura sempre più odiosamente classista.

Salviamo Previti con una legge ad personam: l’amnistia

di Piero Sansonetti

 

Liberazione, 12 maggio 2006

 

Cesare Previti è in prigione e la cosa fa un pò effetto. Un potente in cella, fatto raro. Siamo contenti di questo? Il braccio destro di Berlusconi, l’uomo per il quale in cinque anni sono state cambiate leggi e commi di ogni tipo di codice, civile e penale, per cercarne la salvezza, l’avvocato ricchissimo e potente, l’ex ministro, il deputato intoccabile, ora è rinchiuso in una piccola cella, con le sbarre, la porta di ferro, la branda, forse il fornello a gas che probabilmente non sa usare...

No: io almeno non sono affatto contento. Quando mettono qualcuno in prigione penso che sia un dramma. Sento un brivido. Chiunque sia. L’idea di usare la forza dello Stato per costringere un essere umano dentro una gabbia, come un animale, per privarlo della libertà, delle abitudini, dei diritti, dei piaceri, per spogliarlo della sua personalità e della sua biografia, a me sembra una cosa orrenda, un po' incivile. E so che questo orrore, in Italia, si ripete dieci, venti, trenta volte al giorno, e in genere riguarda i poveri cristi, i ragazzi, i ladruncoli, le prostitute, i piccoli malavitosi professionali, e so che quando capita a loro nessuno lo sa, nessuno rabbrividisce, molti casomai esultano, pensano di avere debellato la criminalità, pensano di avere dato un ordine e una regola ad una società troppo permissiva, pensano di essere più sicuri.

Io credo che la pena, e l’idea che l’ordine di una società e le sue regole - le relazioni tra le persone, le relazioni con le istituzioni, le ricchezze, i diritti, eccetera - ruotino tutte attorno a un unico strumento concreto, un "moloch", che è quello della sanzione, della pena - possibilmente del carcere, o della sedia elettrica in alcuni paesi - è una idea che agghiaccia e che trovo altamente incivile: forse è una delle prove che nel mondo occidentale esistono ancora degli enormi squilibri ideali e di senso comune. Picchi di modernità e abissi di medioevo.

Voi, forse, dite: ma una società non può non difendersi dalla devianza estrema, dalla prepotenza, dalla violenza, e quindi il carcere è una necessità. È probabile che in alcuni casi estremi sia necessario qualcosa del genere, ma in prigione ci sono oggi quasi sessantamila persone, moltissimi probabilmente innocenti, altri colpevoli, pochissimi di loro sono i casi estremi, gli omicidi, i violentatori, i killer pericolosi.

Previti è un caso estremo? Non lo è, lo sappiamo benissimo tutti. È un avvocato che ha servito - violando le leggi - gli interessi di una parte (di un gruppo) in una complicata partita che riguardava le sorti e il controllo del capitalismo italiano. Ha lucrato su questo suo servizio e poi, per sottrarsi ai giudici e agli avversari, ha usato, in mondo scorretto, il potere politico accumulato, e che negli anni era diventato anche un formidabile potere di governo. Andava condannato, credo, se c’erano le prove. Credo anche che il carcere sia una prepotenza eccessiva, una violenza inutile e ingiusta.

So che molti lettori di questo giornale dissentiranno fortemente da quello che ho scritto. Io ho scritto quello che penso sia la verità. E mi piacerebbe approfondire la discussione, senza urla e anatemi. Perché è una discussione su quali idee abbiamo di "città futura", e quale idea abbiamo del potere, della giustizia, della gerarchia, dell’economia, della legalità, dello Stato.

In ogni caso oggi propongo di compiere dei passi per fare uscire Previti di prigione. E vedo un solo passo, davvero serio, coerente, e che oltretutto potrebbe portare - in questo clima di contrapposizione così forte tra destra e sinistra - a una operazione bipartisan in parlamento. Fatemelo dire con una battuta (ma mica tanto...): "una legge ad personam". Una specialissima legge ad personam: l’amnistia.

Negli anni scorsi il parlamento votò una modifica costituzionale che oggi rende quasi impossibile l’amnistia, perché occorrono i due terzi dei voti della Camera e del Senato. Sommando i voti del centrosinistra a quelli di Forza Italia e dell’Udc si possono raggiungere i due terzi. E una iniziativa di questo genere è possibile solo ora, in inizio di legislatura, perché la legge della politica dice che a fine legislatura, con le elezioni in vista, tutti diventano un po’ più forcaioli, perché temono di perdere voti. È quasi impossibile ottenere il voto di An, che comunque deve rispondere ad un elettorato ex-fascista e "prigionista" (anche se penso che anche in An qualcuno, per esempio Stefania Prestigiacomo, per esempio lo stesso Gianfranco Fini, non sarebbero poi così contrari), ma ora che il centrodestra è all’opposizione non ha l’obbligo di compattezza, e non avrebbe grave danno politico se si dividesse su una materia così speciale.

In genere le amnistie perdonano i reati con pene fino ai quattro anni. Stavolta facciamo una vera e propria amnistia "ad personam": ampliamola fino a sei anni, in modo da salvare anche Previti. Usciranno insieme a lui - specie se l’amnistia sarà accompagnata da un provvedimento di indulto - circa 25 mila persone. Quasi si dimezzerà la popolazione carceraria.

Giustizia: Cisl; stop a polemiche, sviluppare le pene alternative

 

Apcom, 12 maggio 2006

 

Secondo la Cisl sarebbe "auspicabile che i nuovi parlamentari evitassero di inserire ulteriori elementi di polemica politica, specialmente sui problemi veri". È l’invito che il responsabile del coordinamento della Cisl penitenziari, Marco Mammuccari, rivolge ai futuri esponenti del nuovo Governo, facendo riferimento "all’ennesima diatriba sul sovraffollamento delle carceri e sull’eventuale emanazione di norme speciali" come l’amnistia o l’indulto.

"Il sistema carcere scoppia già per i propri problemi - osserva Mammuccari - la società non può garantire gli interventi costituzionalmente previsti e le polemiche possono solo contribuire ad alzare il livello di tensione vissuto all’interno delle strutture. La Cisl ha insistito, e continuerà a farlo, perché si punti a individuare nuove leggi utili allo sviluppo dei sistemi di pene alternative alla detenzione in carcere. In Europa solo l’Italia non promuove un intervento legislativo di questo tipo". "Si affronti quindi il problema per quello che è - precisa l’esponente della Cisl - tenendo conto delle dinamiche dei fenomeni criminali del nostro Paese, sicuramente diversi e più complessi di quelli che si manifestano negli altri Paesi europei. Si punti a una gestione diversa del sistema penitenziario, coinvolgendo anche gli addetti ai lavori che, purtroppo, sono sempre più spesso dimenticati ai loro problemi. I parlamentari evitino l’ennesimo teatrino di cui nessuno, specialmente chi nel carcere opera e chi deve viverci, ha bisogno".

Giustizia: l’Unione ripesca l’amnistia, mezza Cdl la boccia

 

Il Messaggero, 12 maggio 2006

 

Ancor prima che Giorgio Napolitano venisse eletto, Marco Pannella rilanciava l’idea di un’amnistia per "onorare" il nuovo capo dello Stato. A sostegno della proposta, il leader radicale ricordava che Napolitano aveva partecipato, assieme a D’Alema e Cossiga, alla marcia di Natale per l’amnistia. Ma, appena posta, la questione divide già i poli e su un terreno in cui non è possibile procedere a colpi di maggioranza semplice, in quanto la Costituzione prevede che amnistia e indulto possono essere approvati solo con la maggioranza dei due terzi. Avendo ben presente il problema, Marco Boato, sostenitore storico di un atto di clemenza, ha presentato il 28 aprile scorso - primo giorno utile della XV legislatura - una proposta di legge costituzionale per abbassare alla maggioranza assoluta l’attuale quorum dei due terzi. "Se prima non si riduce il quorum - ha osservato il presidente del gruppo misto della Camera - è inutile continuare a parlare di amnistia e indulto".

Ma dell’amnistia se ne parla, e a favore si schiera l’intero centrosinistra con l’eccezione di Antonio Di Pietro. Iniziare la legislatura con un provvedimento di clemenza sarebbe, per l’ex pm, "una brutta partenza" e, comunque, "l’amnistia deve essere l’ultimo dei problemi dell’Unione". La pensano diversamente gli alleati di Di Pietro a cominciare dai diessini Massimo Brutti e Gavino Angius. Per il primo, responsabile Giustizia della Quercia, "l’inizio della nuova legislatura è il momento propizio per un’ampia intesa che consenta l’approvazione di un provvedimento di clemenza che, escludendo i reati più gravi, tenda ad alleviare le drammatiche condizioni delle carceri". Il neosegretario di Rifondazione Franco Giordano vede nell’amnistia "un atto importante e significativo" che intende incoraggiare. Sulle stesse posizioni il verde Pecoraro Scanio, il dl Roberto Giachetti e il socialista Enrico Buemi. E favorevoli alla clemenza sono anche i penalisti, il cui presidente Ettore Randazzo afferma che "nella vergognosa situazione delle nostre carceri, anche un provvedimento emergenziale come l’amnistia, finisce con l’essere un rimedio necessario".

In tutt’altra luce viene visto il problema nella Cdl, dove pure non mancano i favorevoli come gli avvocati di FI Gaetano Pecorella e Niccolò Ghedini che nell’elezione del presidente della Repubblica vedono un "momento propizio" a un atto di clemenza, che i due esponenti azzurri preferirebbero fosse l’indulto. Assolutamente contrario, invece, Ignazio La Russa, che invita il centrosinistra a "farsela da soli l’amnistia, dal momento che non hanno cercato di avere il nostro consenso per eleggere il il capo dello Stato.

Cosa pensano - si chiede il capogruppo di An - che cambiamo idea solo perché hanno vinto le elezioni". Anche il ministro della Giustizia uscente, Roberto Castelli, si oppone, come ha fatto nei cinque anni passati, ad un provvedimento di clemenza: "Sull’amnistia la maggioranza è profondamente divisa. È finita la luna di miele in cui la sinistra era compattata dall’odio verso la destra. Ora si tratta di fare le scelte di governo. Sto cominciando a divertirmi. Comunque - prevede l’ex Guardasigilli - i favorevoli all’amnistia resteranno frustrati e delusi".

Giustizia: Buemi; amnistia e indulto oggi sono atto dovuto

 

Sdi on-line, 11 maggio 2006

 

Enrico Buemi, responsabile giustizia dello Sdi-Rosa nel Pugno, sollecita l’amnistia e l’indulto, che "oggi non sono un atto di clemenza" ma un atto di "ripristino della legalità", necessario al "buon governo di una emergenza che rischia di divenire irreversibile e tramutarsi in catastrofe vera e propria dell’amministrazione della giustizia e del carcere". Per questo, l’esponente della Rosa nel Pugno chiede "la più straordinaria, forte, ampia, decisa e rapida delle amnistie che la Repubblica Italiana abbia avuto dalla sua nascita per poter immediatamente ridurre di almeno un terzo il carico processuale della amministrazione della giustizia, perché essa possa, liberata da processi meno gravi, proficuamente impegnarsi a concludere quelli più gravi". Oltre all’amnistia, Buemi chiede "un indulto di almeno due anni, che possa sgravare di un terzo il carico umano che soffre in tutte le sue componenti, i detenuti, il personale amministrativo e di custodia, la condizione disastrosa delle carceri".

Giustizia: Pisapia; amnisti si può fare dopo riforma codice penale

 

Ansa, 12 maggio 2006

 

Amnistia e indulto sono indispensabili. E potrebbero essere emanati subito dopo la riforma del codice penale sulla quale "ormai c’è l’accordo di tutti gli operatori del diritto e dei due poli". Lo afferma l’ex presidente della commissione Giustizia della Camera Giuliano Pisapia commentando la ripresa del dibattito sui provvedimenti di clemenza. "Un provvedimento di amnistia e indulto quale quello che si è discusso alla Camera - dichiara Pisapia - è indispensabile sia per rendere meno disumane le condizioni delle carceri, sia per permettere alla magistratura di occuparsi dei processi per i reati più gravi senza rischiare di doversi occupare di quelli che in ogni caso finirebbero prescritti con la legge Cirielli". Il nuovo ministro della Giustizia dunque, per Pisapia, dovrebbe proporre subito "la legge delega di riforma del codice penale che potrebbe essere approvata in tempi brevissimi visto l’ampia convergenza dei due schieramenti e di tutti gli operatori del diritto". Dopodiché, aggiunge, "si potrebbe pensare ai provvedimenti di clemenza". E questo, prosegue, sarebbe anche il presupposto "per evitare che il nuovo codice penale fallisca i propri obiettivi a causa dei quattro milioni di processi penali pendenti...".

Giustizia: Caruso; amnistia nei primi 100 giorni governo Prodi

 

Adnkronos, 12 maggio 2006

 

"La drammatica condizione di vita nelle carceri impone con urgenza un provvedimento di amnistia, perché il collasso del sistema giudiziario ha ridotto le carceri in semplici discariche sociali dove nascondere le contraddizioni sociali del nostro tempo. In questa condizione, rieducazione e reinserimento sono parole vuote e prive di significato".

Francesco Caruso, deputato indipendente Prc, all’uscita dal carcere di Benevento, al termine di un’ispezione parlamentare durante la quale ha incontrato i detenuti e discusso con loro dei problemi e delle richieste dei reclusi. "L’amnistia va varata immediatamente, nei primi 100 giorni del governo Prodi- ha aggiunto Caruso- nessuna forza politica dell’Unione può sottrarsi a quest’impegno sottoscritto nel programma elettorale né all’urgenza di vararlo a fronte delle condizioni disumane e di sovraffollamento in tutti le carceri italiane. Attendo dal Presidente della Repubblica, in occasione del suo discorso di insediamento in parlamento, una parola sola: amnistia- ha concluso il leader dei disobbedienti della Campania. Nella storia repubblicana, ogni elezione di un nuovo Presidente è quasi sempre stata accompagnata da un provvedimento di amnistia oggi più che mai necessario".

Giustizia: Rizzo; sì amnistia, ma non per mafia e "mani pulite"

 

Ansa, 12 maggio 2006

 

"Ci sia intanto l’amnistia a inizio legislatura, eccetto ovviamente per i reati di mafia, di criminalità organizzata e, ovviamente, mani pulite. Poi occorrerà metter mano al settore giustizia nel suo insieme e sistemare i danni del dicastero Castelli e delle leggi ad personam". È quanto afferma in una nota Marco Rizzo, eurodeputato di Fi. "La situazione in cui versano le carceri italiane è drammatica - aggiunge - più simile ai gironi danteschi, in cui i reclusi sono in maggioranza poveracci, che non ai sistemi penitenziari degli altri Stati europei. In Italia vige purtroppo, da troppo tempo, una giustizia di classe". "L’amnistia ad inizio legislatura sarebbe un segnale importante - secondo Rizzo - una soluzione tampone che consentirebbe intanto di alleggerire una condizione divenuta insostenibile, in cui la funzione di rieducazione prevista dalla Costituzione è del tutto venuta meno".

Giustizia: D’Elia (Radicali); impegnarsi per riformare il carcere

 

Age, 12 maggio 2006

 

"Se il 2 Giugno vogliamo celebrare seriamente la festa della Repubblica - ha dichiarato Sergio D’Elia, segretario di Nessuno tocchi Caino e deputato della Rosa nel Pugno - e interrompere quella festa alla Repubblica che continua a fare lo Stato italiano coi suoi comportamenti, tecnicamente, criminali e come tali accertati anche dalle decine e decine di condanne per denegata giustizia che vengono da Strasburgo e che pongono l’Italia al di fuori dei trattati costituitivi della Comunità Europea e dei Diritti dell’Uomo, c’è l’obbligo da parte di tutti, maggioranza e opposizione, di manifestare per quella data l’impegno ad affrontare e risolvere la questione della giustizia e del carcere che senza alcun dubbio costituisce la massima urgenza istituzionale e sociale del nostro paese. I quasi dieci milioni di processi pendenti, le 300 mila prescrizioni all’anno, i 60 mila detenuti stipati in celle che potrebbero contenerne a malapena 42 mila, sono la cifra di un problema che chiama in causa i governi e le opposizioni degli almeno ultimi venti anni. É ridicolo e da irresponsabili - ha poi concluso D’Elia - continuare nella finta contrapposizione tra fautori della certezza della pena da una parte e della clemenza dall’altra. L’amnistia e l’indulto non sono atti di clemenza, ma gli unici strumenti tecnici a disposizione delle istituzioni per interrompere e rendere possibile l’uscita da una situazione di flagrante illegalità nella quale si trova lo Stato italiano".

Reggio Emilia: alla Casa Circondariale apre lo spazio ludoteca

 

Ansa, 12 maggio 2006

 

Viene inaugurato domani, alle 11.30, lo spazio Ludoteca dell’Istituto penitenziario di Reggio Emilia. La struttura, allestita dai volontari del Comitato per il Telefono Azzurro è destinata ai bambini e ragazzi che incontrano il genitore recluso presso l’istituto.

All’inaugurazione partecipano il Direttore dell’Istituto, dott. Gianluca Candiano, l’Educatrice, dott.ssa Marica Gambera, il Presidente di Telefono Azzurro Onlus, prof. Ernesto Caffo, la Responsabile Nazionale del Progetto Bambini e Carcere, dott.ssa Paola Papi Barbato, il Coordinatore Responsabile di Sede del Comitato per il Telefono Azzurro di Reggio Emilia Giovanni Galimberti e la Referente locale del Progetto Carcere Chiara Reggiani.

"Il Progetto Bambini e Carcere - ludoteca in carcere, in cui Telefono Azzurro Onlus è impegnato da anni, commenta il Prof. Caffo, nasce dal desiderio di affrontare il problema dei bambini e ragazzi che si rapportano con la dura realtà del carcere, avendo un genitore, in alcuni casi entrambi, detenuto. I bambini in visita, continua il Presidente di Telefono Azzurro, affollano i parlatori e sono costretti ad attendere il momento del colloquio, e vivere il colloquio stesso, in un ambiente disagevole. È quindi necessario far sì che il momento dell’incontro avvenga in condizioni che permettano al bambino di sentirsi tranquillo, in uno spazio protetto, che faciliti la relazione tra genitore e figlio, nel rispetto dei suoi diritti e dei suoi bisogni."

I volontari del Comitato per il Telefono Azzurro accoglieranno, negli spazi ludoteca decorati dai bellissimi murales realizzati dai detenuti, bambini, ragazzi ed accompagnatori, in concomitanza con gli orari stabiliti dalla Direzione del carcere per le visite dei famigliari, affinché possano trascorrere serenamente il tempo del colloquio.

Lo spazio Ludoteca di Telefono Azzurro è già attivo in numerosi Istituti penitenziari. L’estensione del progetto alla Casa Circondariale di Reggio Emilia si deve all’entusiasmo della Direzione, che ha condiviso con Telefono Azzurro la convinzione che il percorso trattamentale di un genitore detenuto debba necessariamente partire dal recupero degli affetti familiari. Attualmente sono 20 i volontari che, dopo un specifico percorso di formazione, si alterneranno presso la Ludoteca della Casa Circondariale di Reggio Emilia, ma in seguito il Comitato per il telefono Azzurro avrà bisogno di nuovi volontari/rie. Per informazioni tel/fax. 0522.292970.

Caso Izzo: nominati gli esperti per la perizia psichiatrica

 

La Repubblica, 12 maggio 2006

 

Udienza preliminare brevissima, davanti al gup di Campobasso Stefano Calabria, per l’omicidio di Maria Carmela Linciano e Valentina Maiorano, in cui sono coinvolti Angelo Izzo, Luca Palaia e Guido Palladino. L’udienza di stamani è servita per nominare gli esperti che dovranno effettuare la perizia psichiatrica su Izzo. In caso di accertamento dell’infermità mentale il processo proseguirà con il rito abbreviato, come richiesto dai difensori di Izzo. I professionisti incaricati dal gup sono Giovanni Battista Traverso, Giuseppe Sciandone, Angela Addabbo; la procura si è affidata a Massimo Picozzi; la difesa ha riconfermato Patrizia D’Aloise, che ha già effettuato la perizia di parte. Le parti civili, invece, hanno indicato Florenza Prete, Vincenzo Greco, Cesare Piccinini e Vincenzo Ciccarese. Il 23 maggio prossimo, in una nuova udienza, ai periti saranno assegnati i quesiti a cui devono rispondere. Assenti Angelo Izzo, Luca Palaia e Guido Palladino (Palladino ha chiesto il patteggiamento a tre anni e due mesi, Palaia sarà processato in autunno) in aula era presente solo Giovanni Maiorano, marito e padre delle due donne ammazzate a Ferrazzano il 28 aprile 2005. I legali di parte civile hanno annunciato una conferenza stampa, a Roma, nelle prossime settimane, per presentare gli atti di natura penale e civile contro i giudici di sorveglianza che concessero la semilibertà a Izzo, lo Stato e il Ministero di Grazia e Giustizia. Annunciato anche un esposto alla Commissione europea dei diritti dell’uomo per far ottenere a Giovanni Maiorano, detenuto per omicidio, il trasferimento in un carcere pugliese. "Attualmente l’uomo si trova a Secondigliano - ha spiegato uno dei legali, Stefano Chiriatti - ma la destinazione è provvisoria. Teniamo presente che in un anno ha potuto visitare una sola volta la tomba della moglie e della figlia".

Milano: immigrato muore nel cassonetto degli abiti usati

 

La Repubblica, 12 maggio 2006

 

Un giovane romeno che cercava di recuperare vestiti usati da un cassonetto è morto ieri sera nel Milanese. È stato ucciso dallo sportello basculante che si è richiuso violentemente sopra la sua testa. È accaduto a Senago, in via Alcide De Gasperi. Il cassone metallico lo ha colpito alla nuca. La vittima aveva 27 anni. Quando qualcuno ha avvisato il 118 e sono arrivati i soccorsi, per lui non c’era più nulla da fare. Non è la prima volta che questo tipo di cassonetti si trasformano in una trappola mortale per chi cerca di forzarli. Accadde nel gennaio dell’anno scorso, a Como, nel cortile attiguo ad una parrocchia. Anche quella volta la vittima fu un giovane romeno: rimase incastrato con il braccio sinistro e, nel tentativo di liberarsi, lo sportello lo strozzò. E nel dicembre 2004, a Milano, una giovanissima nomade aveva trovato la morte in un cassonetto della Caritas destinato, come gli altri, a raccogliere gli abiti usati. Ghiulfan Saban, 25 anni, era stata identificata solo il giorno dopo.

 

 

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