Rassegna stampa 5 luglio

 

Avellino: detenuto gravemente malato tenta il suicidio

 

Il Mattino, 5 luglio 2006

 

Nel penitenziario di Bellizzi Irpino c’è un detenuto la cui vicenda personale sta da alcuni mesi calamitando costantemente l’attenzione di agenti e responsabili sanitari. S.S., 48enne napoletano, detenuto per reati di ricettazione, deve scontare un cumulo di pena di due anni e tre mesi che terminerà il 19 luglio del 2007. Una data che, compresi i benefici di legge, è destinata ad abbreviarsi ulteriormente ma che per il diretto interessato appare come una sorta di eternità.

Affetto da diverse patologie con annesse difficoltà cardiache, ematiche e respiratorie, infatti, il 48enne è di recente piombato in uno stato di profonda depressione. Da qui la spiegazione ad una serie di gesti insensati posti in essere dal 48enne napoletano che, nel corso della sua reclusione trascorsa tra Bellizzi Irpino e Poggioreale, ha già tentato tre volte il suicidio. "In una circostanza - ha spiegato l’avvocato Vittorio Trupiano - il mio assistito è stato praticamente salvato dalla morte dagli agenti di Bellizzi Irpino e dal personale sanitario.

Al di là di questo suo stato di profonda depressione, però, il soggetto è oramai non più compatibile con la misura detentiva e, visto il continuo peggiorare del quadro clinico, siamo seriamente preoccupati per la sua vita. Per questa ragione nei prossimi giorni, dopo aver inoltrato domanda di scarcerazione al Tribunale di Sorveglianza, porteremo il suo caso all’attenzione del ministro Mastella". Fin qui l’arringa dell’avvocato partenopeo che ha di recente chiesto ulteriori accertamenti sanitari sul suo assistito ed è ora in attesa di ricevere una seconda cartella clinica da inoltrare all’attenzione degli organi preposti: "In effetti - ha spiegato la direttrice del penitenziario Cristina Mallardo - quello di S.S. è un caso che stiamo seguendo con particolare attenzione. Sia il personale sanitario che quello di sorveglianza, del resto, non perdono mai di vista il soggetto. La situazione, comunque, mi appare sotto controllo anche dal punto di vista dell’assistenza medica dove, malgrado le nostre esigue risorse, ci siamo finora adoperati con ogni mezzo per non far mancare alcun medicinale o attenzione al diretto interessato".

Giustizia: ex Cirielli, parte della legge è illegittima

 

Ansa, 5 luglio 2006

 

La ex Cirielli, che ha limitato i benefici per i recidivi e tagliato i termini di prescrizione per gli incensurati, è in parte illegittima. Lo sottolinea la Corte Costituzionale che evidenzia come l’illegittimità è nella parte che riguarda l’irrigidimento dei benefici penitenziari perché, violando l’art. 27 della Costituzione (funzione pedagogica della pena), "relega nell’ombra il profilo rieducativo" dei detenuti che hanno già compiuto un percorso di recupero.

Giustizia: il lascito di Enzo Tortora, di Dimitri Buffa

 

L’Opinione, 5 luglio 2006

 

La biografia ormai dimenticata dell’uomo e dell’artista Enzo Tortora contiene tanti segni premonitori di una vita da profeta misconosciuto in patria. Come quello del 1962, novembre, trasmissione Telefortuna che nei piani dei padroni della Rai di Bernabei di allora doveva servire a invogliare quanta più gente possibile a pagare il canone. Ebbene Tortora ebbe la "dabbenaggine" di invitare in trasmissione il noto presentatore Alighiero Noschese, una delle prime vittime del giustizialismo all’italiana con il suo suicidio dopo la scoperta del suo nome nelle liste della P2, che all’epoca era inviso a viale Mazzini per via delle sue imitazioni di Amintore Fanfani.

Noschese invitato da Tortora non fece nulla e niente disse sull’uomo politico, ma il solo fatto che poco dopo la trasmissione dovesse andare in onda un suo comizio elettorale a Tribuna politica, bastò per fare di Enzo Tortora il capro espiatorio della situazione. Da allora per tre anni fu escluso da ogni trasmissione televisiva del monocanale Rai e lui accettò di andare a lavorare in esilio in Svizzera senza dire una parola di protesta. Al contrario del duo Dario Fo-Franca Rame che in quello stesso anno veniva bandito dal teleschermo dopo l’exploit di Canzonissima. Episodi, aneddoti introduttivi alla tragica vicenda umana e giudiziaria di Tortora e contorno della sua presenza politica nella vita italiana che fu invece maiuscola e tragica dal primo all’ultimo giorno. Ora per chi volesse documentarsi su chi fosse l’uomo Enzo Tortora, sulla sua tempra di intellettuale liberale, sul suo sottile sarcasmo spesso scambiato per banalità da chi banalmente usufruiva di un media passivo come la tv, è uscito un libro veramente indispensabile nel marasma cartaceo italiano spesso pieno di offerte inutili.

"Enzo Tortora, per una giustizia giusta" a cura del giornalista di Radio radicale Lanfranco Palazzolo, Kaos Edizioni, è esattamente il libro utile che uno si aspetta che prima o poi qualcuno si degni di scrivere sulla figura di questo grande politico suo malgrado. Vi sono riuniti gli scritti, gli incontri persino con le scolaresche, le trasmissioni polemiche sui magistrati ("in Italia uno su tre non fa il proprio dovere"), i discorsi della campagna per il referendum che aveva abrogato le norme che limitavano la responsabilità civile per il giudice nei casi di colpa grave. Una battaglia che poi fu tradita nel nome del compromesso da parte del Psi di Craxi, che, per una sorta di legge del contrappasso, avrebbe poi scontato questo errore ad Hammamet, quando le stesse toghe che lui pensava di tenersi buone se lo mangiarono letteralmente vivo. A quanto ci manca oggi Enzo Tortora, in questa politichetta di gerarchetti nani e di aspiranti ballerine pronte a darla a chiunque magari per un posto all’Isola dei famosi o per un siparietto in una trasmissione Rai o Mediaset.

Tortora fu profetico ma non in patria e già quasi venti anni or sono, prima di morire di quel cancro giudiziario cui lo condannarono giudici poco competenti (ancorché abbiano fatto tanta, troppa carriera dopo quell’infortunio), con poche parole riusciva a riassumere il problema della giustizia in Italia così come tanti ancora oggi vivono sulla propria pelle: "Io ormai divido la gente in due categorie molto semplici: quelli che conoscono sulla pelle l’infamia di una carcerazione preventiva in un regime cosiddetto democratico, protratta all’infinito, e quelli che non hanno la iattura di conoscerla…". Era una diretta a Radio radicale del 7 maggio 1984, un anno dopo il suo arresto spettacolo, e poco dopo la propria elezione al Parlamento europeo. E per quelli che non conoscono la realtà carceraria e fanno la morale ai detenuti, genia un po’ schifosa con alta rappresentanza nella nostra classe politica che interpreta la certezza della pena solo quando questa viene applicata ad altri, aggiungeva queste parole.

Che bisognerebbe mandare a memoria e fare studiare nelle scuole ai giovani: "…e allora se non la conoscono questa iattura dovrebbero almeno cercare di calarsi nei panni di chi vive questo tormento, ma è un esercizio che quegli italiani difficilmente fanno, parlano ed emettono sentenze, anche belle in molti casi. Morali così tonificanti, soprattutto per coloro che non hanno la sventura di fronte all’Italia come è e non come si dice che sia… io ho avuto l’amaro privilegio da questo osservatorio spaventoso nel quale vivo da un anno, di vederla questa Italia che ci hanno creato poco a poco, che ci hanno fatto con questa legislazione dei cosiddetti anni di piombo, dell’emergenza che non finisce mai, del pentitismo che divora, galoppa attraverso i diritti fondamentali del cittadino, distrugge quelli che sono i presidi primordiali di ogni stato di diritto. Questo è uno spettacolo agghiacciante. Questo è un paese che io non avrei considerato più il mio. Io me ne sarei andato una volta conclusa la mia vicenda giudiziaria". Purtroppo se ne andò davvero e non certo come avrebbe voluto lui. E oggi la legge, la giustizia, le carceri in Italia, se possibile, fanno anche più schifo di venti anni fa.

Spoleto: consegnati i diplomi ai detenuti di Maiano

 

Il Messaggero, 5 luglio 2006

 

A volte il carcere serve anche come spunto per ricominciare. Sono stati consegnati i diplomi di maturità ai detenuti dell’Istituto d’arte che hanno superato l’esame di stato. Alla cerimonia sono intervenuti il Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale dott. Ugo Panetta che, nel consegnare i diplomi, ha espresso il suo apprezzamento per il lavoro svolto in un ambiente così diverso dall’usuale; con l’occasione ha potuto anche prendere visione della guida della costruenda pista ciclabile Spoleto Assisi, realizzata dai detenuti nell’ambito del progetto "Conoscere per rispettare" e che da qualche giorno è in distribuzione presso il Servizio turistico associato di Spoleto, in piazza della Libertà 7.

Tutti i presenti hanno avuto parole di elogio per i detenuti, per i quali il diploma ha un significato profondo e ha segnato l’importante traguardo di un duro lavoro che li ha visti impegnati per cinque anni quotidianamente, a volte con caparbietà, tenendo conto della particolare condizione in cui vivono e che si tratta di persone che avevano lasciato la scuola da tanti anni e che l’hanno riscoperta, e apprezzata, in un’età in cui è molto più difficile rapportarsi con lo studio. Sono stati gli stessi studenti ad affermare che il titolo conseguito ha segnato la prima tappa di un percorso di crescita umana e culturale che anni di carcerazione non avevano contribuito a stimolare.

Alcuni detenuti, inoltre, hanno espresso la volontà di proseguire gli studi ed iscriversi all’università, potendo contare sul sostegno dei docenti della scuola che, da diversi anni, seguono, con funzioni di tutor, i detenuti che continuano gli studi dopo la scuola superiore. La cerimonia è stata anche l’occasione per tutti gli intervenuti per ribadire la volontà di collaborare per migliorare l’offerta formativa della scuola all’interno del carcere, dove è presente ormai da otto anni, e creare occasioni di incontro tra il carcere la società esterna. L’Assessore Flamini ha lanciato l’idea di creare un archivio stabile di tutte le esperienze e i progetti che vengono portati avanti in questa particolare realtà, da mettere a disposizione della città e di tutti gli operatori che lavorano in realtà analoghe nel nostro Paese.

Roma: fiction anti-Costanzo dal carcere di Rebibbia

 

Ansa, 5 luglio 2006

 

Stasera alle 21 .55 va in onda su FoxCrime (canale 112 di SKY) la seconda puntata della docu-fiction girata nel carcere romano di Rebibbia, "Liberanti". Gli autori Matilde D’Errico, Maurizio Iannelli e Paolo Santolini hanno scelto di tematizzare la ritrovata libertà di alcuni detenuti.

Ecco come la presenta su SuperEva Luca Pappalardo, autore di Disney Channel e Magnolia Tv che ha scritto programmi come Camera cafè per Italia 1 e TVdiari per All music. "In dieci puntate, Liberanti racconta il passaggio di un gruppo di detenuti dalla vita dietro le sbarre alla libertà, l’impatto di ognuno di loro col mondo esterno, l’attesa, la trepidazione".

"Francesco, Raimondo, Luca e Andrea sono alcuni dei protagonisti delle puntate. Dopo un lungo periodo di detenzione stanno per uscire dal carcere di Rebibbia. Uomini che hanno pagato il loro prezzo alla giustizia, ma non sono ancora del tutto liberi: sono appunto dei liberanti".

"La serie ripercorre i loro ultimi giorni di detenzione attraverso i sogni, le paure e le aspettative di chi è sospeso tra la vita del carcere e la vita esterna. Le telecamere accompagneranno ogni liberante fino alla soglia della porta carraia di Rebibbia e seguiranno la ripresa della vita fuori dal carcere, le tentazioni del passato e le difficoltà del reinserimento in società".

"Al centro del racconto c’è anche la vita dei detenuti nella propria cella. Fare un nodo particolare alle lenzuola perché sul proprio letto si vive tutto il giorno, cucinare gli spaghetti con un fornelletto a gas, fare una partita a briscola, poter fare la spesa in alcuni giorni della settimana, scrivere la domandina anche solo per l’acquisto di un profumo".

"Gesti quotidiani che racconteranno la vita quotidiana all’interno di un carcere. Con un profondo senso del rispetto dovuto a chi soffre Liberanti cerca di presentare la realtà della vita carceraria senza però lasciare traccia di quella ambigua e comune diffidenza verso chi ha sbagliato".

Il programma di Sky arriva ad un anno di distanza dalla real tv di Rai Tre, che ha inaugurato un nuovo filone seguendo la squadra di calcio dei detenuti del carcere di Opera. Ed anticipa il progetto di tv verità autunnale di Maurizio Costanzo, che estremizza la funzione realistica del documentario in un vero e proprio reality. Un’ipotesi che ha già suscitato disapprovazione diffusa, per la sostanziale incapacità dimostrata in tanti anni di carriera dall’ambiguo demagogo coi baffi di diffondere messaggi sinceri. Un’incapacità che sembra connaturata alla persona, ben al di là delle esigenze di inseguire l’audience, comuni peraltro a tutti i personaggi televisivi.

Lo censura preventivamente anche Pappalardo, ipotizzando le scelte autoriali dello staff di Costanzo. "Il progetto (di Costanzo ndr) porterà in TV una cinquantina di detenuti e un paio di secondini attraverso una sintesi giornaliera di tutto quello che accade in un carcere. L’intrattenimento di bassissimo livello a cui ci hanno abituato i coniugi Costanzo negli ultimi anni non offre però in verità molte garanzie sulle modalità con cui il particolare progetto verrà realizzato e filtrato a beneficio del pubblico televisivo".

"Il documentario Fox, girato nel carcere romano di Rebibbia Nuovo Complesso, offre se non altro più garanzie di qualità in quanto non progettato per reggere alla dura prova dello share Mediaset. Dovremmo così evitare di trovarci di fronte a spettacolarizzazioni forzate e sceneggiature sentimental-popolari progettate ad hoc per il pubblico impigrito del prime time generalista".

Savona: in cella si soffoca, aprite i blindi; forse ad agosto

 

Secolo XIX, 5 luglio 2006

 

Che il carcere Sant’Agostino sia una struttura inadeguata e decadente è un dato di fatto. Che i detenuti vivendoci scontino quasi una doppia pena - oltre alla restrizione anche i gravi disagi - è un altro dato di fatto. Che presto verrà dismessa e sostituita da una struttura moderna e funzionale, è più che una speranza visto che il progetto per il nuovo carcere sta facendo passi avanti. Ma di fatto oggi il carcere di piazza Monticello è un luogo angusto, umidissimo, senza aria né luce, dove i detenuti vivono in condizioni a dir poco precarie, praticamente disumane. È il contrario di un posto accogliente ma anche il contrario di un posto civile: basta andare a visitare le celle sotterranee dove i detenuti vivono in stanze quasi senza finestre dove l’unica fonte di luce e d’aria sono altissimi lucernai attaccati al soffitto. Cantine, insomma: umide e sempre buie.

Ora poi col caldo le celle del carcere assomigliano a un girone infernale. Ed è per questo che i detenuti (in questo momento per fortuna non è sovraffollato: ce ne sono una cinquantina) hanno scritto una lettera alla direzione carceraria per chiedere una cosa che può sembrare banale ma per loro è fondamentale. Hanno chiesto l’apertura, di notte, di quello che in gergo si chiama il "blindo", ovvero la porta blindata che chiude tutte le celle.

"Di notte in cella non si respira - hanno scritto - fa un caldo soffocante e non circola minimamente aria perché le finestre sono alte e sottili e il blindo impedisce qualsiasi ricircolo. Visto e considerato che oltre al blindo c’è la pesantissima cancellata che chiude tutte le stanze, e quindi non c’è certo il pericolo di uscire, chiediamo se è possibile tenerlo aperto di notte per migliorare la già precaria situazione dell’aria. In passato, oltretutto, è già rimasto aperto d’estate".

La lettera l’hanno firmata in tanti: sia i detenuti ordinari, sia quelli in semi-libertà. Ma invano. La risposta è stata negativa. "Ci hanno detto che l’apriranno ad agosto - fanno sapere - ma il perché, non si sa. Come se dal prossimo mese facesse più caldo di oggi. È oggi che si soffoca". E concludono: "In passato il blindo veniva aperto anche luglio, perché ora limitarsi ad agosto. È una mancanza di sensibilità assurda, non chiediamo la luna, solo di respirare di notte".

Il problema riguarda tutte le celle ma si fa sentire soprattutto in quelle sotterranee, vere e proprie cantine umidissime dove la detenzione è insopportabile. Non a caso sono reclusi qui quelli in semilibertà che rientrano in carcere solo alla sera ed escono al mattino presto perché tutto il giorno senza aria non potrebbero resistere. Ma anche nelle "sezioni" al piano di sopra la situazione non è migliore, e di notte si soffoca. Per chiarire l’emergenza basti dire che una delle lamentele ricorrenti è che i detenuti, di sera, trovano le brande completamente zuppe per l’umidità che scende dal soffitto. "E con la porta blindata chiusa, si crea un effetto condensa che sembra un forno" concludono. Ma per ora la situazione non cambierà.

Chieti: reinserire i detenuti attraverso lotta al randagismo

 

Il Messaggero, 5 luglio 2006

 

Favorire la rieducazione dei detenuti ed il loro reinserimento nella società attraverso la lotta al randagismo. Le esigenze primarie del cane, sulle quali viene stimolata la sensibilità dei nuovi operatori del canile, diventano cioè il veicolo attraverso il quale si punta a rendere più semplice e meno traumatico il rientro nella società delle regole di convivenza civile.

È l’obiettivo del "progetto Mari", iniziativa che rientra nell’ambito del progetto "Argo" promosso da Ministero di Grazia e Giustizia, che vede protagonisti l’Asada (associazione amici degli animali), il Carcere e il Comune. Per realizzare il progetto, che si articola in tre moduli, alcuni detenuti di Madonna del Freddo sono stati di recente ospiti presso il canile teatino. Il primo modulo è riferito a chiunque operi nella struttura del canile e svolga una qualunque attività a contatto con gli animali. Le nozioni impartite riguarderanno la comprensione del linguaggio del cane, il corretto approccio con l’animale anche in situazioni di paura e di aggressività e le tecniche di base per soddisfare le sue necessità primarie. Il secondo modulo è finalizzato alla promozione delle adozioni. Esso vuole formare figure idonee ad accogliere i visitatori all’interno della struttura del canile e a diventare consulenti post-adozione. In questa seconda fase il carcere, in accordo con il Comune, permetterà ad alcuni detenuti di frequentare il canile per tre pomeriggi a settimana e di condividere le mille problematiche dei volontari, da sempre in cronica carenza di organico. L’ultimo modulo, del tutto innovativo, consentirà l’accoglienza di alcuni cani nella struttura del carcere.

Rovereto: con il Mart in carcere c’è posto anche per l’arte

 

L’Adige, 5 luglio 2006

 

Prende il via da quest’oggi l’attività promossa dalla sezione didattica del Mart presso la casa circondariale di Rovereto. Un gruppo di detenuti, uomini e donne, sarà coinvolto, per il resto dell’anno, nel corso teorico e pratico ideato e tenuto dalle collaboratrici del museo. Il progetto si articola in più fasi successive: il primo blocco di lezioni prevede lo studio dei principali movimenti artistici del Novecento e l’analisi della produzione di Fortunato Depero; al termine degli approfondimenti, gli stessi allievi si rivolgeranno invece alla progettazione e all’esecuzione della grande opera murale di ispirazione deperiana che dalla fine del 2006 decorerà le pareti della sala maschile dei colloqui. La collaborazione fra la didattica del Mart e gli operatori del carcere di via Prati era stata già sperimentata lo scorso anno, quando l’impegno dei detenuti era sfociato nella produzione di lavori particolarmente lodevoli. Ancora inedite, le opere saranno esposte, a dicembre, in occasione della vernice del murales.

Campania: in Consiglio regionale l’Osservatorio Carceri

 

Il Denaro, 5 luglio 2006

 

Il presidente del Consiglio regionale Sandra Lonardo, ha convocato l’assemblea per domani alle 11.30. Il Consiglio sarà chiamato ad approvare l’istituzione dell’Ufficio del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale e l’osservatorio regionale sulla detenzione. Questi gli altri punti all’ordine del giorno: esame ed approvazione disegno di legge recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania; norme in materia di tutela, salvaguardia e valorizzazione dell’architettura rurale tradizionale; esame ed approvazione della delibera amministrativa, legge regionale su linee di programmazione e di indirizzo relative al primo triennio attuativo.

Giustizia: Mastella; nessun bavaglio alla stampa…

 

La Stampa, 5 luglio 2006

 

Nessun bavaglio alla stampa, ma più rigore contro gli abusi e un appello ai giornalisti perché riportino con meno pigrizia le notizie.

Questa, in sintesi, la posizione del ministro della Giustizia Clemente Mastella illustrata nell’ambito del convegno sulle intercettazioni organizzato dall’Ordine dei giornalisti a Roma, nello storico Palazzo Valdina della Camera dei deputati. L’argine da porre, secondo il ministro, riguarda i fatti privati penalmente irrilevanti. La strada da seguire, però, la sceglierà il Parlamento "perché solo da un’azione comune del Legislatore e dell’Esecutivo - spiega Mastella - può nascere una nuova disciplina che affronti la fenomenologia degli abusi, tuteli il cittadino e garantisca il diritto a informare e a essere informati". Intanto la commissione Giustizia di Palazzo Madama ha dato il via a un’indagine conoscitiva sulle intercettazioni.

Secondo il ministro, comunque, occorre subito una nuova disciplina che affronti e punisca gli abusi. "Io non sono il ministro della censura - dice il Guardasigilli - ma così non si può andare avanti, perché bisogna sempre e comunque rispettare la persona, che è tutelata e garantita dalla Costituzione". Forte la critica ai brogliacci e agli atti processuali che finiscono sui giornali. "Non coltivo certo l’idea - dice Mastella - che non ci debba essere la verità, però ritengo che ci debba essere minor pigrizia giornalistica. Io ho rispetto di ciò che i giornalisti scrivono sui taccuini, ma non di quello che si deposita in maniera pigra sui taccuini". Deve esserci rispetto, secondo Mastella, anche per l’anonimo che finisce per essere sacrificato ed esposto alla gogna mediatica.

Per Lorenzo del Boca, presidente del Consiglio nazionale dei giornalisti, invece, non occorrono né bavagli, né laccioli, né lacci, né anni di carcere. "Le regole ci sono - dice Del Boca - basta applicarle con buonsenso". Secondo Franco Siddi, presidente della Federazione nazionale stampa italiana, forse qualche eccesso c’è stato, ma non sono i giornalisti a fabbricare gli scandali. "Non servono leggi liberticide - dice Siddi - é giusto che i misteri vengano svelati. Ma quando lo scandalo investe la sfera del potere, scattano le tendenze a introdurre limiti alla libertà di stampa". Vittorio Roidi, segretario dell’Ordine dei giornalisti, ha lanciato l’allarme sulla "voglia di segretezza" nata dopo la pubblicazione delle intercettazioni sulle scalate bancarie, su calciopoli e sul Savoia gate. "Il giornalista - dice Roidi - deve rispettare la Costituzione e la legge sulla privacy, ma tutto va ricondotto nell’ambito dell’autoregolamentazione della categoria". A tal proposito Siddi ha proposto la creazione dentro l’Ordine dei giornalisti di un Giurì d’onore che si pronunci in pochi giorni sugli eventuali abusi.

Al convegno ha suscitato polemiche la dichiarazione del Garante della privacy Francesco Pizzetti che ha chiesto pene pecuniarie per le testate che pubblicano intercettazioni telefoniche vietate. "Sono contrario a sanzioni penali - sottolinea Pizzetti - ma sono favorevole alle pene pecuniarie a carico delle testate. Le maggiori sanzioni, infatti, non dovrebbero colpire i singoli giornalisti, ma le testate, per evitare che l’editore faccia pressione su direttore e giornalista solo con l’obiettivo di vendere più copie".

Immediata e polemica la risposta della Federazione italiana degli editori. "Questo significherebbe - dice la Fieg - richiedere agli editori una rigorosa censura su ciò che ogni singolo giornalista scrive. Non riteniamo possibile che l’Autorità Garante della Privacy auspichi una simile normativa che avrebbe un chiaro carattere di incostituzionalità".

Il Garante della privacy ha, inoltre, sottolineato che sul fronte della violazione della privacy da parte dei cronisti l’Authority per ora non ha la possibilità di comminare sanzioni pecuniarie, ma può segnalare un giornalista all’Ordine. "I giornalisti - spiega Pizzetti - hanno il dovere di pubblicare le notizie, ma questo non significa che non debbano rispettare il codice deontologico. L’obiettivo deve essere quello di salvaguardare i terzi incolpevoli, tenendo conto della sensibilità dei familiari e rispettando i minori".

Vallanzasca: tribunale deciderà su permesso per vedere madre

 

Agi, 5 luglio 2006

 

Il Tribunale di Sorveglianza di Milano si è riservato di decidere nei prossimi giorni sulla istanza avanzata dai legali di Renato Vallanzasca di concedere al loro assistito la possibilità di uscire dal carcere per visitare l’anziana madre ultranovantenne. Vallanzasca, uno dei protagonisti della "mala" milanese negli anni Settanta è recluso nel supercarcere di Voghera.

Giustizia: arrestato direttore Sismi, indagati altri 5 funzionari

 

La Stampa, 5 luglio 2006

 

È stato arrestato Marco Mancini, direttore della prima divisione del Sismi, il controspionaggio militare, nell’ambito dell’inchiesta sul rapimento dell’Imam Abu Omar per il quale sono già sotto accusa 22 agenti Cia. Insieme all’alto dirigente del controspionaggio, con l’ipotesi di sequestro di persona, è stato arrestato anche un altro esponente del Sismi di cui non si conosce il nome. Ci sarebbero altre misure cautelari per personaggi latitanti. In tutto, la Procura della repubblica di Milano ha emesso un’ordinanza di arresto per sei indagati, tre dei quali appartenenti alla Cia.

I cittadini statunitensi coinvolti sono quattro, tre sono della Cia e il quarto era stato in servizio presso l’aeroporto di Aviano "con incarichi di responsabilità". Gli altri due sono funzionari del Sismi. I cittadini statunitensi sono latitanti. L’arresto di Marco Mancini riporta i riflettori sul ruolo svolto dai servizi italiani nella vicenda del sequestro di Abu Omar da parte di agenti della Cia, e giunge in seguito alla prolungata indagine in proposito della Procura di Milano.

Dopo la Cia (Milano aveva chiesto l’estradizione di 22 agenti americani) sarebbe la volta del Sismi. Mancini, Direttore della Prima Divisione e responsabile delle operazioni esterne, viene indicato come vicino al direttore del Sismi, Nicolò Pollari, ed esperto molto apprezzato dall’Agenzia statunitense; al momento del sequestro di Abu Omar Mancini ricopriva l’incarico di Direttore del raggruppamento Centro-Nord.

Il presidente emerito della Repubblica, Francesco Cossiga, commenta l’operazione odierna con toni ironici e annuncia di avere inviato un’interpellanza al presidente del Consiglio, al Ministro degli Affari Esteri, al Ministro dell’Interno e al Ministro della Difesa, per sapere se "dopo il fondamentale contributo dato alla sicurezza del Paese dalla Procura della Repubblica di Milano con lo smantellamento tramite tempestivi arresti della Divisione controspionaggio del Sismi non intendano intavolare immediatamente trattative con Al Quaeda".

Saluzzo: l’amore prigioniero nel carcere va in scena

 

La Stampa, 5 luglio 2006

 

"Penso agli amori lasciati fuori. Che sono i miei limiti, che sono i miei fiori". È ispirato alla canzone che Roberto Vecchioni ha scritto per la poetessa Alda Merini lo spettacolo "Lividi", il nuovo testo che il "Progetto Cantoregi" mette in scena per quattro sere consecutive, da domani a venerdì. Uno spettacolo originale non solo nei testi, che affrontano un tema delicato, l’amore in carcere. Anche il palcoscenico è speciale: la casa di reclusione della Felicina, a Saluzzo. In scena venticinque attori, alcuni alla prima esperienza di spettacolo. Alcuni devono scontare pene molto lunghe, altri sono giovanissimi, due terzi stranieri, albanesi e africani del Nord, nel cast anche un cinese. L’iniziativa fa parte della sesta edizione della rassegna teatrale "La Fabbrica delle Idee-Racconigi Festival", che fino all’11 luglio 2006 propone un cartellone di dieci spettacoli in luoghi insoliti, come l’ex ospedale psichiatrico di Racconigi, il Castello reale e il cortile della Scuola di Alto perfezionamento musicale di Saluzzo. Promossa dal "Progetto Cantoregi-Voci Erranti", la rassegna "La Fabbrica delle Idee" tratta - spiegano gli autori - "esperienze creative nei loro legami con la diversità, espresse da artisti "fuori dall’ordinario", che sono per questo, e letteralmente, "straordinari"". "L’esperienza è al quarto anno - racconta la curatrice Grazia Isoardi -.

In questo periodo, il rapporto con il personale del carcere è andato migliorando: la difficoltà maggiore non è allestire lo spettacolo, ma affrontarne il tema. Si parla d’amore. Un argomento complesso sul quale mettersi in gioco in un istituto di pena. L’affettività, infatti, è la grande sofferenza in tutte le carceri, l’amore negato, la sessualità, la relazioni di amore non solo con la propria donna ma anche con i figli e le madri che non sempre restano costanti. Molti hanno vissuto l’abbandono: la loro donna, "fuori", non li ha aspettati". La messa in scena segue un laboratorio condotto dalla Isoardi, che ha scritto i testi insieme a Fabio Ferrero; la regia è di Koji Miyazaki. Il tema dell’amore viene affrontato da una prospettiva insolita, quella di chi vive l’esperienza carceraria, dove che quel "ti amo" tanto desiderato, spesso soffocato, o disperato, si rivela - per chi avverte o crede di non avere più futuro - un’espressione vuota di senso.

"La nostra rappresentazione non è finzione, ma teatro-verità. Qui, ci si racconta - prosegue la Isoardi -. E non ci nascondiamo: nell’immaginario collettivo quando si pensa a un carcere si pensa anche ad aspetti "difficili" e spesso taciuti, come l’omosessualità. Ne abbiamo parlato insieme, l’argomento è venuto fuori in modo quasi naturale: nei tre spettacoli precedenti, avevamo affrontato la vita del carcere, i sogni, la spiritualità. Rimaneva fuori solo l’amore".

Il lavoro dietro le quinte è frutto di un percorso complesso. Da settembre ad aprile il laboratorio è un "training dell’attore", dedicato ad aspetti tecnici, come la voce e i timbri vocali. Solo negli ultimi mesi, si iniziano a montare le scene. Lo spettacolo nasce strada facendo, e sul palcoscenico si mette in scena il gruppo. Apprezzatissimo da pubblico e critica, è stato l’ultimo testo "La soglia", portato anche in tour fuori dal carcere (a ottobre sarò replicato al teatro Milanollo di Savigliano nell’ambito del Festivalstoria che quest’anno tratterà il tema del "Processo").

Le quattro esibizioni alla Felicina hanno già raggiunto il tutto esaurito, con 350 spettatori a sera, provenienti da tutta Italia, anche da Roma, Firenze e Milano. Molti hanno conosciuto il progetto assistendo alla trasmissione di Rai3 "Racconti di vita", che in un servizio ne ha raccontato la storia: un percorso di mesi, lungo e spesso anche faticoso, senza uscire mai dal palcoscenico: il carcere.

 

 

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