Rassegna stampa 4 luglio

 

Lettere dal carcere: lo sciopero della fame per l’amnistia

 

www.radiocarcere.com, 4 luglio 2006

 

Massimiliano e 34 persone detenute nel carcere di Ivrea:

"Caro Riccardo, ti scriviamo per comunicarti la nostra adesione al satyagra promosso da Marco Pannella e finalizzato al voto in parlamento di un’amnistia. Noi faremo 3 giorni di sciopero della fame per chiedere a questo Governo di ripristinare la legalità nel mondo della giustizia e del carcere. Chiediamo che si renda giustizia sia alle vittime che ai carnefici, accomunati dal destino dell’illegalità. Grazie".

 

Ottavio e i suoi 109 compagni di detenzione dal carcere di Larino:

"Caro Arena, ti informo che tutti noi, detenuti nel carcere di Larino aderiamo alla protesta non violenta satyagrha, con uno sciopero della fame ad oltranza. E continueremo finché non viene calendarizzata l’amnistia e l’indulto in Parlamento. Abbiamo già inviato ai radicali la lettera con le nostre firme, siamo 300 detenuti, uniti e determinati per lottare in favore della legalità.

 

Aldo, Claudio, Dorè, Francesco, Emiliano e Gabriele dal carcere Rebibbia di Roma:

"Caro Riccardo, ti scriviamo per dirti che anche noi aderiamo alla lotta non violenta perché il parlamento dica si o no su un atto di clemenza. Per questo aderiamo allo sciopero della fame. Inoltre protestiamo perché venga modificata la legge Cirielli che consegna noi recidivi a una galera senza fine e senza giustizia. Dalla nostra cella un grazie a te per quello che fai e salutaci il nostro paladino Pannella".

 

Natale e i suoi compagni di detenzione dal carcere di Secondigliano:

"Cara Radio Carcere, siamo un gruppo dio detenuti del carcere di Secondigliano e aderiamo alla lotta non violenza promossa da Marco Pennella per chiedere la calendarizzazione dell’amnistia in parlamento. Qui a Secondigliano la situazione è critica e la gente, detenuta nel centro clinico muore e non si capisce il perché. Antonio, Domenico, Carmelo sono solo alcuni nomi di persone che sono morte qui nel carcere di Secondigliano. Gente che stava male e che è morta in carcere. Da qui, da Secondigliano, da un carcere dove si muore la nostra adesione alla lotta pacifica per la legalità promossa da marco Pannella."

 

Massimo e i suoi 23 compagni di detenzione del carcere di Venezia:

"Caro Riccardo, ti invio la lista dei 23 nominativi di detenuti che aderiscono alla manifestazione pacifica per chiedere la calendarizzazione di un atto di clemenza. Abbiamo deciso di astenerci dal consumare il vitto del carcere, ovvero il c.d. sciopero del carrello. Grazie per quello che state facendo!"

 

46 persone detenute nel carcere di Benevento:

"cara radio carcere tutti noi aderiamo allo sciopero della fame per chiedere al parlamento di decidere su amnistia e indulto. Mentre loro pensano a chi sa che noi soffriamo pene che non immaginano. Grazie a Radio Carcere e grazie al nostro Marco Pannella".

 

Gioni, Giovanni, Zeqo, Samir, Roberto, Costantin, Cosimo e Simon dal carcere di Voghera:

"Caro Riccardo, siamo un gruppo di detenuti nell’infermeria del carcere di Voghera e ti scriviamo per comunicarti la nostra adesione alla protesta pacifica per la calendarizzazione di un atto di clemenza. Noi, della cella 6 abbiano iniziato a rinunciare al cibo, in qualsiasi forma. Sì, proprio, noi siamo in sciopero totale della fame. Noi costretti a vivere in celle fatiscenti, sovraffollate e dove quando piove ci entra l’acqua in cella o dove quando fa caldo veniamo invasi dagli insetti. Noi costretti, come altri compagni detenuti in Italia, a vivere in celle così digiuniamo per la legalità. Noi che in cella siamo in 8 detenuti e che stiamo perdendo anche la dignità. In questo inferno l’unica voce amica è quella di Radio Carcere. Grazie, grazie di cuore per averci ascoltato."

 

Patrizia e più di 113 donne detenute nel carcere Le Vallette di Torino:

"Caro Riccardo, i centro tredici nomi che leggi qui sono di donne detenute che aderiscono alla protesta pacifica indetta da Marco Pannella e dai Radicali per chiedere la calendarizzazione dell’amnistia. Noi siamo con voi. Siamo sicure che anche la sezione maschile del carcere delle vallette aderirà alla lotta non violenta. Un grazie particolare al grande Pannella che è sempre nel nostro cuore. Ti salutiamo Riccardo, con tutta la stima che abbiamo per te".

 

Massimo e 65 persone detenute nel carcere di Busto Arsizio:

"Caro Amico Riccardo, noi tutti detenuti del carcere di Busto aderiamo in massa alla manifestazione non violenta volta a un atto di indulto e di amnistia. La nostra forma di lotta non violenta è la seguente: sciopero della fame dall’11 giugno fino al 13 e poi a tempo indeterminato ci asterremo dall’acquisto dei beni del sopravvitto, come acqua, sigarette ecc. Ti abbracciamo con stima e affetto, perché radio carcere da voce alle nostre sofferenze e ai nostri diritti. Un saluto al grande Pannella che anche questa volta ci guida per una vera democrazia".

 

Francesco e i suoi compagni di detenzione dal carcere di Velletri

"Cara radio Carcere, Ti comunico che anche noi detenuti nel carcere di Velletri abbiamo aderito alla lotta non violenta promossa da Marco Pannella e finalizzata a chiedere al parlamento di decidere su amnistia e indulto. Abbiamo già iniziato a rifiutare il vitto del carcere e molti di noi hanno anche deciso di limitare l’assunzione di terapia medica. Rimaniamo in ascolto!"

 

Le ultime adesioni allo sciopero della fame per l’amnistia:

274 detenuti del carcere di Foggia

270 detenuti del carcere di Tolmezzo

86 detenuti della sezione di alta sicurezza del carcere di Ancona

74 detenuti dal reparto tossicodipendenti del carcere di Busto Arsizio

72 detenuti della 3^ sezione del carcere di Lecce

50 detenuti del II reparto sezione b del carcere Opera di Milano

50 detenuti della sezione A del carcere di Benevento

30 detenuti dal carcere di Civitavecchia

Andrea, Massimiliano, Antonio, Paolo e Gianni del carcere Marassi di Genova

Marco dalla cella di isolamento del carcere di Viterbo

Massimiliano agli arresti domiciliari a Napoli

Giovanna dal carcere di Latina

le detenute della I e II sezione del carcere di Monza

i detenuti del carcere di Belluno

i detenuti della II sezione del carcere di Vicenza

Aosta: detenuti iniziano sciopero della fame per l'amnistia

 

Ansa, 4 luglio 2006

 

La quasi totalità dei 270 detenuti presenti presso la Casa circondariale di Brissogne da oggi è in sciopero della fame. La decisione di astenersi dal vitto è stata assunta in risposta all’invito che l’on. Marco Pannella, dagli studi di Radio Radicale, ha lanciato a tutti i detenuti reclusi nelle carceri italiane. Obiettivo della iniziativa: sollecitare il Parlamento italiano a prendere una decisione sull’emanazione di provvedimenti, come l’amnistia o l’indulto, a favore della popolazione carceraria. "Venuti a conoscenza di questa iniziativa - spiega Piero Squarzino, presidente dell’AVVC (Associazione Valdostana Volontariato Carcerario) - vogliamo darne diffusione perché anche la comunità valdostana ne sia messa a conoscenza. Vogliamo poi ricordare che sono ormai 6 anni che questi provvedimenti, nonostante da molti invocati, non sono discussi e portati avanti in Parlamento. Noi come associazione chiediamo, in particolare, che il Parlamento italiano assuma una decisione chiara e definitiva su amnistia e indulto anche per mettere fine a questa fase di promesse fatte e mai mantenute". L’AVVC opera in Valle d’Aosta dal 1983 offrendo assistenza e ascolto alle persone detenute nella casa circondariale di Brissogne. Attualmente sono 15 i volontari che settimanalmente fanno il loro ingresso in carcere per svolgere servizi diversi che vanno dalla distribuzione del vestiario, ai colloqui individuali, dall’attività di istruzione al riordino della biblioteca.

Ivrea: impressioni sulla visita al carcere

di Luigi Sergio Ricca (Consigliere Regionale del Piemonte)

 

www.ivreacarcerecitta.it, 4 luglio 2006

 

Sottoscrittore con altri per la proposta di legge per l’istituzione dell’Ufficio del Garante Regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, nonché componente del Gruppo di Lavoro per la definizione del testo da portare in aula, ho voluto rendermi conto di persona, visitando il carcere di Ivrea, delle reali situazioni di un Istituto di pena. Bene, sono entrato con un’idea, ne sono uscito con un’altra.

Avevo visto, sia pur fugacemente ed in tutt’altro contesto (visita di Carnevale dello Stato Maggiore), la struttura di Ivrea, nel lontano 1990. Entrando nello stabile, oggi, si percepisce fin da subito il degrado dell’edificio e dell’area di pertinenza. Accolto con grande disponibilità dal Direttore dott. Gianfranco Marcello e dal Comandante della Polizia Penitenziaria, ho potuto constatare le condizioni di disagio nelle quali sono costretti ad operare.

Il carcere ospita 350 detenuti, anziché i 180 previsti dalla struttura. Al sovraffollamento corrisponde una carenza d’organico sia del personale civile sia della polizia penitenziaria. La drastica carenza di risorse per la manutenzione straordinaria (soli 7.000 euro per quest’anno), ha determinato la progressiva chiusura degli ascensori e dei montacarichi, da tanti anni non sottoposti alla regolare manutenzione.

Nessuno dei tre impianti è funzionante: tutto il materiale, a partire dai contenitori caldi delle vivande, deve essere portato a mano dalla cucina (piano seminterrato) fino al 4° piano. Ho assistito al trasporto di un detenuto malato con la barella che stentava a compiere il giro scala. Nel corridoio che porta all’ufficio del Direttore una fotografia pone in bella mostra la sala per le cure dentistiche: peccato sia ora inutilizzabile perché gli impianti elettrici non sono a norma. Nel corso della visita, ho visto smantellare una canna fumaria esterna che mi è stato detto essere da tempo pericolante, sotto la quale passavano a rischio i parenti in visita. L’assenza di fondi per una decente manutenzione ordinaria continuativa ben si percepisce dalle condizioni delle celle e la carenza di personale civile ritarda enormemente gli adempimenti contabili, mentre i disagi a cui deve far fronte la polizia penitenziaria si riflettono direttamente sulla vita degli addetti.

Per contro, ho trovato una situazione discreta per quanto riguarda la tipografia (bella qualità, una realtà utilizzata a livello nazionale, sia pur condizionata dalla obsolescenza di alcune macchine) per la quale sarebbe pur necessaria qualche commessa in più.

Importante e significativa, in questo senso, la collaborazione con la cooperativa "Il Gabbiano". Con la Città di Ivrea è in corso il progetto per i cantieri di lavoro per detenuti in semilibertà. Quello del lavoro è il problema più sentito dai detenuti: ne parlo anche con le due educatrici regionali presenti (con contratto in scadenza, sarà necessario impegnarsi perché il progetto abbia seguito) e con la responsabile dell’ufficio preposto.

L’equiparazione del lavoro interno alle condizioni contrattuali esterne, se da un lato è una conquista di civiltà, c’è da chiedersi se non si traduca oggi, con la sistematica inadeguatezza dei fondi disponibili, in un aspetto penalizzante per l’attivazione di progetti per il lavoro.

Forse bisognerebbe ricorrere a corsi di formazione per poter svolgere sia pur surrettiziamente un lavoro.

In una cella si sta svolgendo un corso di formazione per decoratori, con l’assistenza di un volontario e l’utilizzo di materiale fornito dallo stesso. Quella del volontariato è una grande risorsa per il carcere. Tutti me ne parlano sottolineando il ruolo fondamentale per migliorare la situazione all’interno del carcere, una ricchezza per il nostro territorio e del nostro territorio.

Il Direttore sottolinea il rapporto positivo con ASL, Città di Ivrea, Regione. Me ne esco con tanti interrogativi. L’Ufficio del garante basterà per migliorare le cose?

Certamente proporrò una riscrittura delle sue funzioni, in particolare sottolineando la necessità di enfatizzarne il ruolo di collegamento tra il territorio, le Istituzioni che lo rappresentano e le Istituzioni penitenziarie. Una sorta di "interfaccia unica" che dialoghi fra le varie strutture regionali raccordando trasversalmente competenze diverse (Lavoro, Sport, Formazione, ecc…) le ASL, i Ser.T., con quelle del sistema penitenziario. Anche a livello regionale si potrà così avere una visione unitaria dei vari interventi oggi gestiti settorialmente e delle risorse messe a disposizione.

L’Ufficio del garante deve essere lo strumento per ottimizzare gli interventi e le risorse che il territorio può mettere a disposizione. Mi resta però la convinzione che l’azione del Garante resterà sterile se non cambia l’approccio di fondo al problema. Il nostro Paese ha una delle migliori, se non la migliore, legislazione in materia penitenziaria.

Se però non si realizzano le condizioni per la sua applicabilità, a partire dalle risorse necessarie, tutto resta sulla carta. Se per Vercelli, Ivrea e Biella, con una popolazione di circa 900 detenuti, vi è un solo Magistrato di Sorveglianza, oberato dal carico di lavoro ordinario, come si può pensare che possa svolgere fino in fondo il suo compito? E con quali risorse si possono dare le risposte necessarie? Noi dobbiamo stare attenti a non creare aspettative che non potranno trovare, se non nella giusta sede, risposte positive. La vera risposta non può che venire dal Governo e dalla volontà di applicare le leggi esistenti.

Perugia: nei penitenziari umbri servono più agenti...

 

Ansa, 4 luglio 2006

 

Gianpiero Bocci chiede urgentemente misure a sostegno dell’organico dei penitenziari umbri. Dopo l’evasione di un pericoloso detenuto albanese dal carcere perugino di Capanne, l’onorevole Bocci ha presentato una interrogazione al Governo chiedendo di conoscere i provvedimenti che il Ministro competente intende adottare per l’adeguamento degli organici.

"La grave situazione - afferma il Deputato dell’Ulivo - più volte denunciata dalle organizzazioni sindacali al Ministero della Giustizia e all’Amministrazione Penitenziaria, è al collasso. I motivi risiedono in una ragione comune al sistema penitenziario italiano, caratterizzato dall’insostenibile affollamento dei detenuti, in progressivo aumento dopo l’entrata in vigore della c.d. Legge Cirielli approvata dal Precedente Governo. Le gravi ricadute di questa legge sul sistema penitenziario erano state ampiamente previste e denunciate, ma questo non ha impedito al Governo di insistere. Un altro problema è la carenza di personale in ogni comparto con la conseguente esigenza di integrazione degli organici. Il sovraffollamento e lo stato di degrado in cui versano le carceri italiane rende problematica ogni forma di convivenza, sia per i detenuti, sia per chi lavora all’interno della struttura".

Accanto a questi problemi comuni Bocci evidenzia quelli specifici dei penitenziari umbri (Perugia, Terni, Spoleto, Orvieto). Prima dell’evasione, le organizzazioni sindacali avevano cercato di richiamare l’attenzione sui gravi problemi che avrebbe creato l’apertura dell’Istituto di Capanne prima del suo completamento strutturale e di organico. La stessa carenza di personale, conclude Bocci, è denunciata per il carcere di Terni in una situazione di particolare attenzione anche per la presenza di detenuti del calibro di Provenzano.

Sassari: "Voce amica" per i detenuti, al via progetto-pilota

 

Redattore Sociale, 4 luglio 2006

 

Una Voce Amica in carcere: dall’altro capo del filo la persona non ha volto, né nome, ma sa ascoltare i problemi. Soprattutto quelli dei detenuti che non hanno altre possibilità di confidarsi. È l’iniziativa pilota che è stata avviata nel carcere di San Sebastiano in collaborazione con "Voce Amica", grazie al sostegno della Fondazione Banco di Sardegna, di creare una linea telefonica a circuito chiuso di comunicazione e ascolto tra i detenuti e gli operatori di Voce Amica. "Abbiamo lavorato a questo progetto per tanti mesi - spiega la direttrice del penitenziario sassarese Patrizia Incollu - è finalmente siamo riusciti a realizzarlo, nonostante tutti i problemi tecnici che abbiamo incontrato".

Tra questi quello di poter garantire l’assoluta privacy delle conversazioni e l’anonimato degli operatori e dei detenuti, azzerando il rischio di intercettazioni. "Lo scopo dell’iniziativa, maturata all’interno del progetto pedagogico, - spiega la direttrice - è quello di migliorare il rapporto dei detenuti con l’istituzione, ma soprattutto di dare uno strumento di sostegno in più da offrire loro". Uno strumento infatti che consentirà ai carcerati sassaresi di avere una persona con la quale parlare, almeno una volta alla settimana per 15- 20 minuti, esterna ed estranea al penitenziario, della quale fidarsi totalmente. "Voce Amica offre un servizio totalmente apolitico, apartitico e aconfessionale - sottolinea la presidente Immacolata Porcu - . Gli operatori, che hanno seguito corsi di preparazione specifici per poter affrontare tutte le situazioni di disagio e i problemi che si possono incontrare in un carcere, usano la cosiddetta "tecnica del riflesso": si cerca di fare in modo che sia la persona stessa, con la propria forza interiore, a capire che cosa fare o cosa sia giusto o sbagliato. In questo modo si aumenta anche l’autostima delle persone".

Attualmente sono circa 70 i detenuti del carcere di San Sebastiano finora coinvolti che ogni lunedì hanno a disposizione per due ore e mezzo una stanza all’interno del penitenziario con un telefono collegato direttamente a un altro apparecchio sistemato in un’altra zona dell’istituto. "Inizialmente erano molto scettici - continua la presidente di Voce Amica - e ci sottoponevano problemi di carattere pratico, come la richiesta di un avvocato o di un pacchetto di sigarette. Con il tempo, e con l’anonimato garantito, hanno iniziato a capire lo spirito dell’iniziativa e stiamo ottenendo risultati incredibili". Un modo quindi per alleviare le sofferenze di chi non può attraversare le barricate, ma che in questo modo può ancora sperare: "Una volta che sei privato della libertà - ha concluso Immacolata Porcu - l’unica cosa che ti rimane è pensare al dopo. Per questo molti dei detenuti ci parlano soprattutto dei loro progetti futuri, della loro vita al di là delle sbarre che attendono con ansia". L’iniziativa, che è stata presentata anche agli altri centri di Voce Amica di altre città italiane, è stata accolta da tutti con grande entusiasmo e presto partirà anche in altre città.

Viterbo: protocollo Asl-Dap su reparto ospedaliero detenuti

 

Il Tempo, 4 luglio 2006

 

Era il 13 marzo scorso quando, alla presenza del presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo, è stato inaugurato il terzo reparto protetto per detenuti in tutta Italia, l’unico che si occuperà principalmente di patologie che riguardano le malattie infettive e l’unico, considerata la sua struttura, a poter ospitare donne detenute. E venerdì scorso c’è stata la firma del protocollo organizzativo per la gestione dell’unità operativa tra il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria del Lazio, Ettore Ziccone e il direttore generale dell’Azienda Sanitaria Locale, Giuseppe Maria Aloisio, alla presenza del responsabile sanitario del reparto, Giulio Starnini.

La struttura di Belcolle, voluta dalla giunta regionale del Lazio, potrà ospitare i detenuti malati per qualsiasi patologia relativamente alla casa circondariale di Mammagialla e, appunto, patologie che riguardano le malattie infettive per l’intero territorio nazionale, lavorando in sinergia con l’ unità di medicina protetta del Sandro Pertini di Roma. Una struttura, quindi, di tutto rilievo considerato anche che dall’apertura sono stati 400 i ricoveri avvenuti. Proprio per questa importanza la Regione Lazio ha fissato per i mesi di settembre - ottobre un programma di formazione, denominato "Progetto Cico" (Curarsi insieme carceri ospedale), per medici, infermieri, ausiliari, agenti e volontari.

Napoli: Mastella inaugura aula multimediale in Ipm Nisida

 

Ansa, 4 luglio 2006

 

Sedici postazioni di lavoro, un server di rete, scanner e videoproiettore nella nuova aula multimediale inaugurata nell’istituto penitenziario di Nisida e che sarà sede di corsi iscritti nel progetto nazionale ‘Teledidattica per la sicurezza. L’iniziativa nasce dalla collaborazione tra il ministero della Giustizia e il Comune di Napoli - che già 12 anni fa diede vita al Progetto Nisida - la nuova fase del programma che da oltre un decennio offre ai giovani un’occasione dei riscatto. Laboratori di fotografia, tecnica scenografica, cucina, agricoltura biologica e ceramica nel centro di Giustizia Minorile di Nisida, con il progetto Nisida Futuro Ragazzi che a Napoli ha trasformato in realtà il suo antico progetto di un villaggio dei giovani, luogo di riscatto dei ragazzi da condizioni di disagio sociale e centro di apprendimento di mestieri. "È una bella giornata - ha commentato il ministro della Giustizia Clemente Mastella intervenuto all’inaugurazione - il fatto che questo evento avvenga a Napoli è motivo di grande soddisfazione umana e politica".

Savona: il carcere "Sant’Agostino" è all’esame del ministro

 

Secolo XIX, 4 luglio 2006

 

La drammatica situazione in cui si trova il carcere Sant’Agostino, una struttura ormai troppo vecchia e molto spesso super affollata, verrà esaminata dal ministro della Giustizia, Clemente Mastella. Ieri mattina, infatti, il consigliere regionale dell’Udeur Roberta Gasco ha visitato il penitenziario di Savona e già quest’oggi o al massimo domani riferirà i risultati di questo accurato sopralluogo al ministro Mastella.

"Quello del Sant’Agostino - sottolinea Roberta Gasco - è una situazione che si trascina da ormai troppo tempo. Da ormai troppi anni non sono stati effettuati interventi di risanamento e ristrutturazione perché si è sempre parlato della necessità di arrivare alla costruzione di un nuovo penitenziario, ma al tempo stesso mi sembra che la relativa pratica abbia compiuto ben pochi passi in avanti. A questo punto ritengo sia indispensabile scegliere la strada da seguire: o si porta avanti seriamente e con grande celerità il progetto per la costruzione del nuovo carcere, oppure è indispensabile intervenire per sistemare nei limiti del possibile il vecchio Sant’Agostino".

Roberta Gasco è giunta in piazza Monticello a metà mattinata, accompagnata da una collaboratrice. La sua visita all’interno del Sant’Agostino è durata quasi due ore, periodo di tempo durante il quale ha avuto modo di rendersi personalmente conto dei problemi che da ormai troppo tempo attanagliano la struttura carceraria savonese. "Devo dire - afferma ancora l’esponente dell’Udeur - di aver trovato la massima collaborazione nella direttrice della struttura. Il vero problema del Sant’Agostino è quello di essere una struttura troppo vecchia, nella quale per moltissimo tempo non sono stati previsti interventi di ristrutturazione proprio perché è da anni che si parla della costruzione di un nuovo carcere. Ora è giunto il momento di porre fine all’equivoco".

La Spezia: delegazione Rc in carcere; degrado e affollamento

 

Secolo XIX, 4 luglio 2006

 

Strutture vecchie, celle con le finestre a bocca di lupo, servizi igienici alla turca, separati con un semplice muretto da brande e tavolini dove i detenuti consumano i pasti. Senza contare una popolazione in sovrannumero e le problematiche che giornalmente deve affrontare il personale di custodia. Sono tante le crepe del carcere di Villa Andreino, visitato ieri mattina dal deputato spezzino di Rifondazione comunista, Sergio Olivieri, dal capogruppo in consiglio regionale, Marco Nesci, e dal responsabile dei problemi carcerari del partito, Franco Barisone "è la prima di una nostra serie di viste nelle carceri della Liguria - Spiega Olivieri -.

La prossima tappa sarà Marassi, poi proseguiremo nel ponente. Scopo dell’iniziativa è quello di avere un continuo monitoraggio delle condizioni dei detenuti e della funzionalità di strutture che, nella maggior parte dei casi, denotano una vetustà impressionante". Olivieri e i colleghi si sono intrattenuti col personale e con la direttrice della casa circondariale spezzina, Maria Cristina Bigi, con cui hanno fatto il punto della situazione.

"Abbiamo riscontrato grande competenza e umanità nella dirigenza - continua Olivieri - Abbiamo convenuto sugli enormi ritardi nell’adeguamento di celle e strutture varie ai canoni minimi di un vivere dignitoso per chi si trova recluso". Attualmente a Villa Andreino sono reclusi in 156, di cui una novantina extracomunitari, a fronte di una capienza di 140 posti. Un sovraffollamento relativo che però, a detta della delegazione di Rc, ripropone con forza l’esigenza di ingrandire i locali e di addivenire a un provvedimento di clemenza come l’amnistia che, tra gli altri significati, avrebbe quello di ridurre la popolazione carceraria.

Giustizia: Pietro Maso; permesso premio bloccato dal Pm

 

Tg Com, 4 luglio 2006

 

Doveva essere il suo primo permesso premio: 12 ore di libertà in una comunità protetta dove avrebbe potuto incontrare le sorelle. Ma Pietro Maso, il giovane veronese entrato in cella a 19 anni per aver assassinato i genitori, per ora rimarrà in carcere. Lo ha deciso il pm Claudio Gittardi, che ha messo il veto sulla decisione del giudice di sorveglianza. La questione dovrà essere vagliata da un tribunale collegiale.

Pietro Maso, condannato a 30 anni nel 1994, ha scontato metà della pena. Nei quindici anni in carcere ha dato segni ambigui di pentimento. Tanto che il Pm, nel valutare la misura disposta dal magistrato di sorveglianza, ha deciso di non metterci la firma. Il giudice Roberta Cossia aveva valutato perizie favorevoli e ritenuto che fosse arrivato il momento giusto per mettere l’uomo alla prova. Diversa la valutazione di Gittardi, che ha messo uno stop non da poco in una procedura ormai in corso da oltre 4 anni, tra perizie e contro perizie. Secondo il procuratore, la decisione dovrà essere presa da un organo collegiale come il Tribunale. Ma, a causa delle imminenti ferie, la decisione non verrà presa prima di qualche mese.

Pietro Maso uccise i genitori il 17 aprile del 1991 insieme con tre complici. Già dal 1997 uno di loro, condannato a 26 anni per concorso in omicidio, usufruisce di permessi premio che gli consentono periodicamente di uscire dal carcere.

Droghe: Veneto; quando è l’hashish a unire le generazioni

 

Redattore Sociale, 4 luglio 2006

 

Un netto "no" alla liberalizzazione delle droghe, da parte dei giovani veneti e dei loro genitori, che chiedono all’unanimità controlli più efficaci da parte delle forse dell’ordine, maggiore informazione e prevenzione ed anche test su chi ha mansioni di responsabilità.

È quanto emerge, con forza, dall’indagine svolta in Veneto tra il 2005 e il 2006 dall’Osservatorio regionale sulle dipendenze, presentata ieri mattina a Padova, al Caffè Pedrocchi, dall’assessore regionale alle Politiche sociali Antonio De Poli.

Più di 6.100 persone coinvolte nell’indagine, la cui peculiarità è l’aver contattato i giovani (4917 per l’esattezza) non solo attraverso le scuole ma anche nei luoghi di aggregazione formali ed informali. Non solo giovani però: tra gli intervistati anche 975 genitori, 192 amministratori pubblici e 21 direttori dei servizi sociali delle Ulss regionali per rilevare i comportamenti nell’uso delle sostanze stupefacenti, gli atteggiamenti verso il loro libero uso, la notorietà dei servizi pubblici e privati e delle campagne regionali di prevenzione.

Non solo giovani anche quanto al coinvolgimento nella spirale della droga. Secondo l’assessore De Poli è questo il secondo dato significativo emerso dall’indagine: a fronte di un 15% dei giovani intervistati che dichiara di avere fatto uso di cannabis negli ultimi 30 giorni, c’è infatti un 6% dei genitori che dichiara la stessa cosa; il 4% dei giovani e di genitori, poi, dichiara di avere fatto uso almeno una volta nella vita di cocaina. "Non poca cosa", il commento dell’assessore, che interpreta il dato come segno di "un modello culturale negativo che passa da genitore a figlio" e che occorre combattere: "Bisogna operare per un’opera di formazione e prevenzione nella nostra società che combatta l’uso e abuso di droghe e di alcol. I risultati di questa ricerca, che porteremo anche all’attenzione nazionale, ci confortano per quanto riguarda le scelte politiche e programmatiche messe in atto dalla Regione Veneto in questi anni, di lotta senza quartiere a tutte le dipendenze e aumenteremo l’azione di prevenzione primaria sia nei confronti dei giovani che dell’età adulta".

In sintesi ecco gli altri risultati dell’indagine condotta nell’ambito del progetto regionale "Dro.Val" finanziato dalla Giunta veneta nel 2003 per la lotta contro le dipendenze. Alcol e marijuana le sostanze che attraggono maggiormente: il 74% dei giovani accetterebbe l’offerta di alcol, il 23% quella di marijuana. Più dell’80% dei ragazzi ha usato almeno una volta nella vita vino o birra, un ragazzo su due beve abitualmente superalcolici; la sostanza illegale più usata è l’hashish: l’uso almeno una volta nelle vita riguarda il 25% dei giovani e il 24% dei genitori.

Quanto alle conoscenze sugli effetti delle sostanze, queste non sembrano uniformi: noti gli effetti dell’eroina, meno quelli della cannabis, della cocaina e degli steroidi. La percezione del rischio associato all’uso delle sostanze - intesa come la maggior probabilità di incorrere in incidenti stradali, provocare danni alla salute mentale e fisica - è elevata verso sostanze come l’eroina e le anfetamine, ma decisamente più bassa verso la cannabis e le sostanze legali. Dall’indagine emerge infine che il 65% dei giovani ha visto e conosce le campagne informative della Regione Veneto; i genitori le ricordano nel 50% dei casi; agli amministratori sono ben note mentre i servizi pubblici - come strutture specifiche per prevenzione, diagnosi, cura delle dipendenze - sono conosciuti dal 27% dei giovani e dal 30% dei genitori.

Brasile: "veleno ai detenuti, se non cesseranno le violenze"...

 

Tg Com, 4 luglio 2006

 

Situazione grave nelle carceri brasiliane dello stato di San Paolo. dopo numerose rivolte dei detenuti ed episodi di violenza nei confronti delle guardie sale la disperazione dei secondini che ora minacciano: "Avveleneremo alcuni detenuti se continueranno gli attentati che hanno provocato la morte di cinque guardie negli ultimi sei giorni". Gli scioperi degli agenti non hanno per ora sortito alcun effetto. Nelle ultime ore un agente della polizia militare è stato assassinato con tre colpi di arma da fuoco da due sconosciuti.

Negli ultimi giorni sicari del Primeiro Comando da Capital (Pcc) hanno assassinato un agente al giorno, con l'eccezione di uno che è scampato miracolosamente. Due scioperi indetti dalla categoria per protestare contro l'inerzia delle autorità e per chiedere misure di protezione non hanno sortito nessun risultato, e adesso gli agenti di custodia minacciano reazioni violente. Se non cesseranno gli attentati, hanno fatto capire, potrebbero avvelenare il mangiare di certi detenuti, in particolare di boss del Pcc.

"La categoria ha paura, è ridotta con le spalle al muro: e gli animali braccati diventano pericolosi", ha detto senza mezzi termini Nilson de Oliveira, direttore giuridico del sindacato degli agenti carcerari. Nel carcere di massima sicurezza di Presidente Bernardes, considerato il più sicuro del Brasile, dove sono rinchiusi i boss del crimine organizzato, si è svolto ieri un nuovo tentativo di ribellione, il terzo negli ultimi cinque giorni. Invece di cercare di risolvere il problema alla base, le autorità brasiliane tendono a ricorrere alla soluzione di forza: la prima misura prevista per far fronte all'emergenza è quella di permettere alle guardie carcerarie di circolare armate anche fuori servizio.

 

 

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