Rassegna stampa 27 luglio

 

Indulto: la Camera approva, la proposta di legge passa al Senato

 

Ristretti Orizzonti, 27 luglio 2006

 

Oggi pomeriggio la Camera dei Deputati ha approvato la proposta di legge sull’indulto, che prevede il condono di 3 anni di detenzione per la grande maggioranza delle persone condannate. Sono esclusi i reati di criminalità organizzata, il sequestro di persona a scopo di estorsione, il traffico di droga aggravato, i reati di natura sessuale e l’usura. L’indulto non si applica alle pene accessorie (libertà controllata, espulsione dei cittadini extracomunitari, etc.) e condona le multe fino a un massimo di 10.000 euro.

Indulto: passa l'emendamento Mantini sulle pene accessorie

 

Ansa, 27 luglio 2006

 

L’Aula della Camera ha approvato l’emendamento al provvedimento sull’indulto di Pierluigi Mantini (Ulivo) sulle pene accessorie. Sull’emendamento la commissione Giustizia aveva dato parere contrario; il governo si era rimesso all’Aula. I voti a favore sono stati 340, 170 i voto contrari. Diciassette deputati si sono astenuti. L’Ulivo ha votato a favore della proposta di modifica del testo con il Pdci e l’Italia dei Valori. L’emendamento è stato votato anche da Udc e Lega. I voti contrari sono venuti da Forza Italia, Rosa nel Pugno e Dc-Nuovo Psi. An ha dichiarato l’astensione.

 

Di Pietro, ok a emendamento Mantini, ma non basta

 

"L’approvazione dell’emendamento Donadi-Mantini è una condizione necessaria ma non sufficiente" per avere il sì dell’Italia dei Valori al provvedimento sull’indulto. Così Antonio Di Pietro all’uscita dall’Aula di Montecitorio, dove è in discussione la porposta di legge per il provvedimento di clemenza. "L’approvazione di questo emendamento è il primo passo verso la risistemazione di un provvedimento del tutto abnorme. Resta però insufficiente". Antonio Di Pietro abbandona solo per un momento l’Aula di Montecitorio, dove è in discussione il provvedimento di clemenza, ma prima di farvi rientro commenta così l’approvazione dell’emendamento. "Non si tratta dell’emendamento Mantini, ma - spiega il leader dell’Idv - dell’emendamento Donadi-Mantini: metterci sopra il cappello è solo un’altra ipocrisia". "Era uno dei nostri cavalli di battaglia e approvarlo è stato un atto doveroso: l’indulto così come prospettato è insopportabile sul piano dell’etica giudiziaria e politica. È la prima vittoria dell’Italia dei Valori - aggiunge - ottenuta grazie all’azione ferma e decisa che stiamo conducendo". "È stata accolta la nostra battaglia sulle pene accessorie, però - continua - manca ancora un elemento fondamentale: l’esclusione di alcuni reati odiosi, come la corruzione, la concussione, l’estorsione e l’usura". "Approvare l’emendamento - conclude Di Pietro - è stato un atto di resipiscenza operosa: era improponibile estendere l’indulto alle pene accessorie".

 

Mastella amareggiato pronto a lasciare ministero

 

Chi lo ha avvicinato in queste ore assicura che il ministro della Giustizia Clemente Mastella è molto amareggiato, e che non accetta di essere messo sotto accusa da Antonio Di Pietro. Il Guardasigilli avrebbe messo nero su bianco questo suo stato d’animo, in una lettera destinata al presidente del Consiglio Romano Prodi, nella quale rimetterebbe al premier la decisione sulla sua permanenza al governo. Mastella ha evitato di stare in aula durante il dibattito sull’indulto, e questo per evitare altre polemiche. Ma il ministro non è disposto a lasciarsi additare alla pubblica opinione per questo atto di clemenza, che pure condivide, dal "ministro di lotta e di governo", come chiama Di Pietro. Da qui la decisione di investire lo stesso Prodi della situazione.

"Ci deve essere un equivoco, io sul ministro della Giustizia non ho detto una parola". Antonio Di Pietro, ministro delle Infrastrutture, commenta così il gesto di Clemente Mastella. Il Guardasigilli ha scritto una lettera a Romano Prodi minacciando le dimissioni dopo la polemica aperta da Di Pietro sulla vicenda dell’indulto.

 

Di Pietro, Mastella sbaglia, io difendo la legalità

 

"Il ministro sbaglia a prendersela con me che sono qui a difendere la legalità". Così il ministro per le Infrastrutture Antonio Di Pietro commenta la lettera di Mastella a Romano Prodi in cui il ministro della Giustizia affida al premier la decisione sulla sua permanenza nel governo. "È stato appena respinto - continua Di Pietro - un emendamento che escludeva recidivi abituali e per tendenza. Questo è grave per il Paese". "Di fronte allo sbracamento parlamentare di maggioranza e opposizione - continua il ministro - Mastella sbaglia a prendersela con me. Io rispetto la sua decisione di non venire in Aula, ma prendersela con chi invece c’é mi sembra esagerato. Lo sanno tutti che questo è un provvedimento parlamentare". "Nel programma dell’Unione - conclude - era chiaro che qualsiasi clemenza doveva seguire il riordino del sistema della giustizia ed escludere reati odiosi come concussione, usura, estorsione e concussione".

 

Prodi, avrei preferito esclusione reati corruzione

 

"Evidentemente avrei preferito un altro tipo di induto che escludesse i reati di corruzione...". Così Romano Prodi, intervistato da La7, riflette sulla questione dell’indulto chiarendo che però "non esiste" una alternativa al provedimento ora all’esame del Parlamento. Il ragionamento del premeir è questo: esiste una maggiranza in Parlamento che comprende la coalizione del centrosinisra, esclusa l’Italia dei Valori, e Forza Italia, questa è la prova che si tratta di un "discorso prettamente parlamentare e non un problema governativo. Quindi non ci sono alternative, in questo caso. Credo che un politico saggio debba dire: Va bene questo indulto e, pazienza, sopportiamo come il male minore le norme che non avremmo voluto.... "Sarebbe stato preferibile non estendere l’indulto ai reati di corruzione, ma vista la situazione nelle carceri - ha ancora detto il presidente del Consiglio - un politico saggio deve scegliere il male minore. Avrei preferito un altro tipo di indulto, è chiarissimo, che escludesse i reati di corruzione. Ma l’indulto è indispensabile, vista la situazione delle carceri. È vero che ci sono anche alcuni casi limitati in cui secondo me era preferibile non farlo, ma dobbiamo approvarlo perché la situazione di obbliga a farlo".

Indulto: in attesa del voto finale si cerca una mediazione

 

L’Unità, 27 luglio 2006

 

In attesa dell’approvazione del provvedimento sull’indulto, fioccano le proposte di mediazione. L’ultima in ordine di arrivo è quella sull’esclusione dal provvedimento del reato di usura.

A sollevare dubbi era stato Luciano Violante presidente Commissione Affari Costituzionali alla Camera che aveva proposto: "Modifichiamo il testo per riferire il beneficio dell’indulto non ai reati, ma alle pene, così come era previsto in tutti i decreti su indulto e amnistia". L’esponente diessino risponde così anche a Pier Ferdinando Casini che aveva criticato il dibattito sui reati da escludere: "Vorrei far presente a che in tutti i decreti sull’indulto ci sono sempre stati dei reati da escludere. Ora la cosa difficile è trovare un giusto equilibrio affinché quella dei reati da escludere risulti una lista ragionevole ed equilibrata".

A chi gli fa notare le numerose prese di posizioni e di critica manifestate anche da parte dell’elettorato di centrosinistra, Violante spiega: "L’indulto è oggi necessario per porre rimedio alle disastrose condizioni delle carceri. Non è un colpo di spugna; le condanne restano. Ma tutti siamo sommersi di e-mail di elettori del centrosinistra che chiedono spiegazioni ed esprimono dissenso. Il testo, a mio avviso, andrebbe rivisto in due direzioni. Perché comprendere nell’indulto l’usura o l’estorsione? Nella stragrande maggioranza dei casi - aggiunge infatti - si tratta di reati commessi da comuni associazioni per delinquere ed anche questo reato è incluso nell’indulto. In ogni caso godrebbero dell’indulto tutti gli usurai e tutti gli estortori che operano dal Lazio in su. Credo che questo tipo di indulgenza sia per tutti noi, indipendentemente dall’appartenenza all’Unione e alla Cdl, inspiegabile e irragionevole. Non possiamo sostenere le associazioni antiusura e antiracket e poi condonare le pene a usurai ed estortori".

A rispondere con una battuta è Enrico Buemi, della Rosa nel Pugno, relatore del provvedimento di indulto: "I reati di estorsione e usura inseriti in un’azione mafiosa sono già esclusi dal provvedimento. Nella misura di clemenza sono inseriti estorsione e usura come fatto singolo. D’altronde, se dovessimo perseguire questo tipo di reato dovremmo mettere in galera la metà dei banchieri italiani".

Accanto a Di Pietro e all’Italia dei Valori, anche i Comunisti italiani. Spiega il segretario Oliviero Diliberto: "Siamo favorevoli all’indulto per la povera gente, migliaia e migliaia di persone. Per loro sì che c’è bisogno di sfoltire le carceri". Ma avverte il segretario, "l’indulto non va bene per chi ha compiuto reati contro la Pubblica amministrazione. Per questo abbiamo presentato degli emendamenti al testo sull’indulto in esame alla Camera: "Vedremo cosa succede al momento del voto".

Dubbi anche per il deputato dell’Ulivo Maria Grazia Laganà, vedova del vice presidente del Consiglio regionale della Calabria Francesco Fortugno ucciso dalla ‘ndrangheta il 16 ottobre scorso che ha presentato un ordine del giorno per affrontare il grave problema delle madri in carcere con bambini piccoli: "Ho molti dubbi sul fatto di votare sì al provvedimento. Senza volere essere insensibile rispetto alle condizioni in cui versano i detenuti - spiega la deputata - i miei dubbi nascono da un problema morale che mi faccio. Forse bisognava rivedere alcuni termini del provvedimento". E poi conclude: "Sono qui anche per la battaglia di legalità, una battaglia che voglio portare avanti con tutte le mie forze".

E sulla condizione dei bambini che crescono in carcere è intervenuto Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, impegnata nel sostegno dei detenuti: "Tutte le mamme in carcere usufruiranno dell’indulto, in tutta Italia sono sessanta. Rimarranno in carcere solo le detenute condannate per mafia e per traffico internazionale di stupefacenti: ma a Rebibbia per quest’ultimo reato è in carcere solo una donna".

Indulto: Arci; questo è il momento, si tratta di risposta necessaria

 

Redattore Sociale, 27 luglio 2006

 

"È necessario che il provvedimento di indulto in discussione in queste ore al Parlamento venga approvato al più presto, è un rimedio minimo che allevierebbe una condizione ormai da diversi insostenibile. Sappiamo bene che un atto di clemenza non risolve la terribile situazione carceraria, diciamo da tempo che il mondo della giustizia ha bisogno di riforme di sistema che agiscano in profondità. Tuttavia pensiamo che a situazioni straordinarie, per la loro enormità e gravità, bisogna rispondere con misure altrettanto straordinarie". Ad affermarlo sono Paolo Beni, presidente nazionale dell’Arci, e Franco Uda, responsabile della rete carcere dell’Arci

I due esponenti dell’associazione ricordano che "l’Arci con i suoi operatori e volontari fa la sua parte tra i circa 8.500 operatori non istituzionali che quotidianamente assicurano una presenza attiva nelle carceri promuovendo iniziative culturali, di difesa dei diritti, per la promozione dell’emancipazione dei detenuti, come viene messo in luce dalla Quinta Rilevazione Nazionale sul Volontariato Penitenziario presentata proprio ieri dalla Conferenza Nazionale del Volontariato della Giustizia, di cui siamo tra i fondatori".

"Conosciamo bene - affermano - i luoghi di reclusione, diventati ormai delle vere e proprie discariche sociali. I dati sulla popolazione carceraria ci dicono che negli istituti di pena sono presenti circa 62.000 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 42.000 e sono i più poveri e i più deboli a pagare, spesso in maniera sproporzionata e ingiusta: per questo da tempo chiediamo l’abolizione della Bossi-Fini, della Fini-Giovanardi e della Cirielli, leggi inique e sbagliate che sostituiscono con la repressione l’assenza di politiche per l’inclusione sociale, l’accoglienza, la prevenzione".

"Un nuovo welfare - continuano - dovrà necessariamente tenere conto sia dei luoghi di reclusione, se l’universalismo dei diritti non è una semplice enunciazione di principio, sia del pieno reinserimento sociale degli ex-detenuti, con coerenti politiche abitative e del lavoro. Una riforma penale dovrà essere incentrata sulla depenalizzazione di molti reati, ormai non più considerabili come socialmente pericolosi, e sull’incremento delle pratiche dell’esecuzione penale esterna, con il fondamentale apporto di tutto il mondo del terzo settore".

E concludono: "Non possiamo ancora una volta deludere le legittime aspettative di quanti implorano un atto di clemenza che fu chiesto con forza anche da Giovanni Paolo II, la politica e le forze sociali non possono che dare una risposta immediata a una emergenza che ci coinvolge tutti, la nostra civiltà del diritto giuridico, la nostra civiltà dei diritti umani. Quando se non ora?".

Indulto: Verdi; è a favore di chi non ha santi in paradiso

 

Apcom, 27 luglio 2006

 

"Non è un colpo di spugna e non salva i corrotti: l’indulto è un provvedimento a favore di chi non ha santi in paradiso e vive in galere disumane". Lo dice il capogruppo dei Verdi in commissione Giustizia alla Camera, Paola Balducci.

"Le forze politiche - prosegue - devono assumersi la responsabilità di non aver garantito una riforma delle carceri e del sistema delle pena. Ora devono almeno garantire l’agibilità e l’umanità all’interno dei penitenziari. La legge di indulto per i Verdi apre una stagione di riforme del sistema giustizia con cui garantire la difesa dei consumatori vittime delle speculazioni, la lotta alla grande criminalità economica , la confisca dei beni dei corrotti e l’introduzione di meccanismi giuridici a tutela dell’ambiente".

Indulto: Manconi; serve a sanare disparità di trattamento

 

Apcom, 27 luglio 2006

 

"Oltre sessantunmila detenuti per quarantacinquemila posti letto, un terzo dei quali tossicodipendenti e un altro terzo stranieri. Se il quaranta per cento dei detenuti è in attesa di giudizio, il sessanta per cento dei condannati sta scontando una pena o un residuo di pena inferiore ai tre anni, quindi o è condannato per fatti minori o è al termine di una pena più lunga e ormai prossimo alla scarcerazione. Questa è la popolazione che attende con ansia la decisione del Parlamento". Lo sottolinea il sottosegretario Ds alla Giustizia con delega alle carceri, Luigi Manconi.

"Una popolazione per la quale - argomenta - il carcere si rivela la più classista e discriminatoria delle istituzioni del nostro paese, con un’ampia componente di poveri e poverissimi, dove è elevato il tasso di analfabetismo e dove oltre il 43% dispone solo la licenza elementare, un sistema criminogeno e patogeno che riproduce all’infinito crimine e criminali e che cronicizza le più diffuse patologie e ne determina di nuove; una popolazione segnata dallo svantaggio sociale, non solo nelle condizioni che ha portato la gran parte di loro a commettere un reato, ma anche nella incapacità - per limiti economici, culturali e finanche linguistici - di difendersi nella aule di giustizia".

"L’indulto - conclude - è un provvedimento di clemenza rivolto a loro, per sanare una disparità di trattamento, per impedire il protrarsi di condizioni di detenzione contrarie al senso di umanità, per porre le basi per una riforma organica del sistema penale e penitenziario. La sostanza di cui discutiamo è questa e solo questa, e su questa sostanza ciascun parlamentare deve assumersi pubblicamente le proprie responsabilità, davanti al Paese e davanti a quelle sessantunomila persone".

Indulto: in dirittura d’arrivo, fra dubbi e sit-in di Di Pietro

 

Il Sole 24 Ore, 27 luglio 2006

 

È atteso oggi, con un giorno di ritardo sulla tabella di marcia, il via libera della Camera dei deputati al disegno di legge sull’indulto. Anche se regge l’intesa fra Unione e Forza Italia sul provvedimento, che ha i numeri, dunque, per essere approvato oggi dai due terzi dell’assemblea, la protesta del ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro, culminata ieri in un sit in di fronte a Montecitorio che è ripreso questa mattina, ha avuto i suoi effetti. L’eclatante dissenso di Di Pietro, che nei giorni scorsi si era autosospeso dalle attività di ministro, ha evidenziato la spaccatura nell’Unione sul testo. Ieri un consistente numero di deputati si è iscritto a parlare, guidato da un folto drappello di rappresentati dell’Italia dei valori, per esprimere un dissenso tutt’altro che velato al provvedimento. Impossibile, nonostante i tentativi di mediazione che si sono succeduti nella giornata di ieri, giungere a un testo condiviso dalla maggioranza. Respinta anche l’ipotesi presentata dall’Italia dei valori di confermare la data del 2 maggio 2006 come termine di accesso agli sconti di pena, applicando però i benefici solo alle sentenze passate in giudicato.

Sul fronte del dissenso si sono schierati anche autorevoli esponenti della maggioranza come Luciano Violante (Ds), presidente della commissione Affari costituzionali della Camera. Secondo Violante il testo andrebbe cambiato in due direzioni: no al condono della pena per usurai ed estorsori, no all’indulto per reati di carattere economico che hanno bruciato i risparmi di migliaia di famiglie. Oliviero Diliberto, leader del Pdci, chiede, invece, in modo esplicito che dall’indulto vengano eliminati i reati contro la pubblica amministrazione.

Il testo non piace anche al premier Romano Prodi, che ha espresso ieri i suoi timori agli alleati. Il problema, però, è tutto nel quorum dei due terzi necessario per il via libera all’indulto, raggiungibile solo con l’apporto dei voti di Forza Italia che non è disponibile a modifiche di sostanza del testo. Sembra in arrivo solo l’esclusione dall’indulto delle pene accessorie.

Piero Fassino , segretario dei Ds, ha chiesto un esplicito intervento del Governo. "Sarebbe quanto mai utile e opportuno - dice Fassino - che in queste ore il Governo facesse sapere quali delle leggi ad personam approvate dalla destra intende rapidamente abrogare. Si renderebbe così chiaro che l’indulto non attenua minimamente il rigore etico e giuridico a cui il centro-sinistra intende ispirare la sua politica in materia di giustizia".

Dal canto suo il presidente della Camera Fausto Bertinotti preme l’acceleratore per l’approvazione del provvedimento. "Rispetto le obiezioni di merito - sottolinea Fausto Bertinotti, presidente della Camera - ma invito tutti i parlamentari, quale che sia la loro collocazione politica, a riflettere sulle attese che si sono costituite nelle carceri rispetto a un provvedimento di clemenza". Bertinotti ha anche ricordato che a chiedere il provvedimento di clemenza fu Giovanni Paolo II in occasione della sua visita a Montecitorio. Un avvertimento arriva, poi, dal relatore Enrico Buemi (Rnp), che frena su ulteriori modifiche del testo. "Attenzione - avverte - questo testo assomiglia a un carciofo. Se lo sfogli troppo si sfalda e cade a terra".

Il provvedimento potrebbe far tornare in libertà circa 12mila dei 38mila detenuti definitivi. È previsto uno sconto di 3 anni per tutti quelli che hanno commesso reati fino al 2 maggio 2006. Sono, però, esclusi i reati più gravi (terrorismo, compresa associazione eversiva, strage, banda armata, mafia, schiavitù, prostituzione minorile, pedo-pornografia, violenza sessuale, tratta di persone, sequestro, riciclaggio, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti).

Indulto: ritocchi alla legge, escluse usura e pene accessorie

 

Repubblica, 27 luglio 2006

 

E alla fine l’indulto sarà votato solo oggi. Con una suspense che durerà fino all’ultimo momento. Perché se, fatti i conti, sono d’accordo tutta l’Unione tranne l’Idv e forse il Pdci, Forza Italia e Udc, e sono contrari An e Lega, le sorprese potrebbero arrivare se il voto, dopo una specifica richiesta, avvenisse a scrutinio segreto. Troppi i mal di pancia tra Ds e Margherita (si contano tra i 30 e i 40 dissidenti) per un provvedimento eccessivamente permissivo. Troppi i dubbi di tanti del centrodestra da sempre su posizioni anti-clemenza. Ieri, in una giornata piena di colpi di scena, in cui pure il ministro della Giustizia Clemente Mastella ha fatto esplodere il suo dissenso contro il Di Pietro "di lotta e di governo" e ha minacciare le dimissioni se il governo non lo gli offrirà maggiore protezione e copertura, alla fine il vincitore strategico è apparso il leader di Idv Antonio Di Pietro.

L’ex pm riusce a rallentare di un giorno il sì al provvedimento, incassa una parziale modifica (dallo sconto escono le pene accessorie e l’usura), ma soprattutto ottiene una sorta di copertura politica da parte di Romano Prodi. Sull’indulto il premier "sposa" la linea del ministro delle Infrastrutture e dichiara: "Avrei preferito che escludesse i reati di corruzione, ma in questo momento è indispensabile approvarlo". Prodi e Di Pietro rimangono a lungo a palazzo Chigi, tra i due si svolge un colloquio chiarificatore, Prodi spiega che l’indulto è ormai un passo obbligato per le tante aspettative che si sono create nelle carceri, ma che egli stesso preferirebbe "un altro tipo di provvedimento" che tenesse fuori i reati economici e finanziari.

Ancora un sit-in fuori Montecitorio, ancora la spola tra la piazza e lo scranno del governo, Di Pietro continua a monopolizzare la scena politica. Sin dalla mattina, quando il Guardasigilli Mastella arriva a Montecitorio, passeggia tra buvette e Transatlantico, convinto di una prossima "conclusione positiva" dell’indulto. Tra i due, Di Pietro e Mastella, neppure un’occhiata. E quando alle 18 le annunciate dimissione del segretario dell’Udeur irrompono alla Camera Di Pietro reagisce esterrefatto: "Ma come? Io sono qui a battermi per la legalità. È stato appena bocciata una modifica che avrebbe escluso i recidivi dall’indulto. Lui dovrebbe essere in aula perché si parla di giustizia e invece se la prende con me? Sta sbagliando".

Il Di Pietro auto sospeso, il Mastella dimissionario, le divisioni sull’indulto lasciano spazio al centrodestra per attaccare l’Unione e il governo. La partita più dura si gioca sull’emendamento del diellino Pierluigi Mantini sulle pene accessorie. Forza Italia è contraria, ma resta isolata. A sorpresa si smarca l’Udc di Pier Ferdinando Casini che annuncia il voto favorevole. Vota sì anche la Lega. An si spacca: 32 premono il bottone verde, due quello rosso, nove si astengono. Casini marca la sua leadership sulla Cdl. Si scontra duramente con il forzista Gaetrano Pecorella che gli chiede conto del voto. Casini fa un gesto inequivocabile della serie "ma vai via". Pecorella è furioso. Ma fuori aula due azzurri che contano come Sandro Bondi e Fabrizio Cicchitto confermano che voteranno a favore. "Un’altra occasione così quando ci capita più?" chiosa Cicchitto.

La trattativa sull’indulto va avanti. Dopo Di Pietro anche il segretario del Pdci Oliviero Diliberto punta i piedi. Insiste su due modifiche, inserire tra le esclusioni il reato di voto di scambio (commesso fino al 2 maggio scorso) e sopprimere i reati contro la pubblica amministrazione. Diliberto condiziona alle modifiche il voto finale. Dice chiaramente: "Che fa l’Ulivo sulle nostre richieste? Vota contro? Prima si mette d’accordo con Forza Italia e poi scarica noi? E noi allora ci riteniamo liberi di votare come ci pare". Sul voto di scambio Diliberto perde. Con lui resta solo l’Idv. Si accoda la Lega. An si astiene. Lui reagisce: "C’è la mafia in ballo, non sono possibili ammiccamenti". Chiosa Leoluca Orlando: "Altro che salva Previti, questo è un salva Provenzano". Il capogruppo dell’Ulivo Dario Franceschini cerca di salvare l’unità finale, parla di "provvedimento impopolare", vuole "un’assunzione di responsabilità collettiva". Sarà lui, preoccupato del dissenso montante centro Ds e Margherita, a chiedere a Prodi di uscire da quel generico "l’indulto è materia parlamentare" pronunciato a metà pomeriggio per un giudizio più critico, che ne motivi la necessità politica. Lui a convincere Prodi che oggi deve stare in aula. Troppo vuoti i banchi del governo mentre impazza lo scontro tra Di Pietro e Mastella.

Arezzo: nel carcere si è costituita la coop. "Liberibit"

 

Comunicato stampa, 27 luglio 2006

 

Martedì, 25 luglio 2006, si è costituita all’interno della Casa Circondariale di Arezzo la Cooperativa Sociale di tipo B denominata Liberbit. Tale cooperativa è nata nell’ambito del progetto "Un BIT di libertà" grazie allo scambio di intenti tra la Direzione della Casa Circondariale, la Cooperativa Sociale "Il Focolare" Onlus e il Consorzio Informatico Cottonbit che si è occupato della parte tecnologica. Il progetto, che si è articolato anche attraverso un percorso di formazione della durata di 400 ore, aveva come obiettivo quello di sviluppare una reale competenza professionale per l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e creare nuove opportunità lavorative per i detenuti con la modalità del telelavoro.

Il risultato del progetto è stato infatti la creazione di un’impresa basata su attività di telelavoro in grado di dare nuova forza motivazionale ai detenuti e di riqualificarli anche in vista del loro futuro reinserimento lavorativo.

La disponibilità della Casa Circondariale di "aprirsi" all’esterno attraverso l’introduzione di nuovi modelli lavorativi dà la possibilità ai detenuti di fare impresa ritornando ad essere parte attiva della società. Il progetto può pertanto essere considerato un "progetto pilota" che, al raggiungimento degli obiettivi prefissi e mediante opportune rimodulazioni, potrà essere trasferito in contesti similari. Per il mese di settembre p.v. è prevista una conferenza per la presentazione alla comunità della nuova realtà cooperativa.

 

Per info:

web: www.unbitdiliberta.org

email: info@unbitdiliberta.org

 

 

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