Rassegna stampa 26 luglio

 

Milano: era detenuto da un mese, s’impicca a 33 anni

 

La Repubblica, 26 luglio 2006

 

Non ha voluto seguire i suoi tre compagni di cella e gli altri detenuti del Coc - l’ex Centro osservazione criminologica, il reparto del carcere di San Vittore che ospita i tossicodipendenti - giù in cortile, per l’ora d’aria. E nessuno, compagni di cella o agenti penitenziari, aveva dato peso a quella rinuncia. Invece Daniele L., 33 anni, di Cernusco sul Naviglio, aveva già deciso tutto.

Ha scelto la pausa per la passeggiata, prolungata per tutta l’estate a causa del caldo africano, lunga abbastanza per annodare le lenzuola e legarle alle sbarre, nel silenzio della cella e del braccio, lontano da tutti. Ha scelto il pomeriggio e un’ora insolita per un suicidio: chi si toglie la vita dietro le sbarre, di solito lo fa di notte. Alle 17, quando la guardia è rientrata e ha riaperto la porta, Daniele si era già impiccato e all’agente non è rimasto altro che constatarne il decesso.

Non ha lasciato biglietti né spiegazioni del suo gesto, l’uomo. Che proprio ieri mattina aveva ricevuto visite, entrambi i genitori venuti a trovarlo tra le mura di piazza Filangieri per un breve colloquio. Due chiacchiere meste, racconta chi li ha visti, senza sussulti, però. Era dentro da un mese, dal 22 giugno, Daniele L., arrestato per rapina e detenuto in attesa di giudizio, una fedina penale non zeppa di precedenti, nonostante i cronici problemi con le droghe.

Era in custodia cautelare, insomma, come migliaia di detenuti italiani non ancora condannati. Partecipava, come tutti, alle quotidiane discussioni sull’indulto, al provvedimento di clemenza che in queste ore sta aizzando la discussione in Parlamento, mettendo anche a rischio la tenuta della maggioranza di governo: il fermento nelle carceri è grande, le polemiche politiche sull’opportunità o meno di uno svuotamento non fanno altro che aumentare la tensione tra i detenuti.

Daniele, peraltro, non aveva particolari aspettative, dato che il suo caso era comunque fuori da quelli considerati nel testo all’esame della Camera. Tensioni e polemiche destinate a montare dopo l’ennesimo dramma.

La notizia è arrivata come una mazzata tra detenuti e agenti, e non solo a San Vittore. Nel mese in cui era stato dentro, Daniele L. aveva partecipato alle attività del Coc, aveva provato a integrarsi con i compagni di cella. Soprattutto, non aveva dato nessun segnale delle sue intenzioni. Visibilmente scossa Gloria Manzelli, direttrice dell’istituto penitenziario di piazza Filangieri, che non ha voluto commentare l’episodio.

Provato anche Luigi Pagano, provveditore regionale all’amministrazione penitenziaria ed ex direttore di San Vittore: "Sono pugni allo stomaco per tutti noi che lavoriamo nelle carceri - mormora - ti chiedi sempre se hai fatto abbastanza, se avresti potuto prevedere o capire il disagio. Anche se queste sono domande, che purtroppo, ti fai sempre dopo".

Indulto: dichiarazione del professor Luigi Manconi

Sottosegretario alla giustizia con delega all’Amministrazione penitenziaria

 

Comunicato stampa, 26 luglio 2006

 

Oltre sessantunmila detenuti per quarantacinquemila posti letto, un terzo dei quali tossicodipendenti e un altro terzo stranieri. Se il quaranta per cento dei detenuti è in attesa di giudizio, il sessanta per cento dei condannati sta scontando una pena o un residuo di pena inferiore ai tre anni, quindi o è condannato per fatti minori o è al termine di una pena più lunga e ormai prossimo alla scarcerazione. Questa è la popolazione che attende con ansia la decisione del Parlamento.

Una popolazione per la quale il carcere si rivela la più classista e discriminatoria delle istituzioni del nostro paese, con un’ampia componente di poveri e poverissimi, dove è elevato il tasso di analfabetismo e dove oltre il 43% dispone solo la licenza elementare, un sistema criminogeno e patogeno che riproduce all’infinito crimine e criminali e che cronicizza le più diffuse patologie e ne determina di nuove; una popolazione segnata dallo svantaggio sociale, non solo nelle condizioni che ha portato la gran parte di loro a commettere un reato, ma anche nella incapacità - per limiti economici, culturali e finanche linguistici - di difendersi nella aule di giustizia.

L’indulto è un provvedimento di clemenza rivolto a loro, per sanare una disparità di trattamento, per impedire il protrarsi di condizioni di detenzione contrarie al senso di umanità, per porre le basi per una riforma organica del sistema penale e penitenziario. La sostanza di cui discutiamo è questa e solo questa, e su questa sostanza ciascun parlamentare deve assumersi pubblicamente le proprie responsabilità, davanti al Paese e davanti a quelle sessantunomila persone".

Indulto: non è più il tempo di schermaglie, di Patrizio Gonnella

 

Comunicato stampa, 26 luglio 2006

 

"Non è più il tempo di fare melina" - dichiara Patrizio Gonnella, Presidente dell’Associazione Antigone - "Esiste un testo approvato dalla Commissione Giustizia e su quel testo bisogna trovare i 2/3 dei parlamentari. Non è comprensibile l’ostruzionismo dell’IdV. Noi che conosciamo dal di dentro le carceri italiane possiamo rassicurare gli onorevoli Donadi e Di Pietro che, per i reati di tangentopoli, in galera non c’è praticamente nessuno. La Costituzione prevede una maggioranza qualificata per l’approvazione del provvedimento di clemenza, pertanto non si tratta di trovare una semplice convergenza nell’Unione. Non si può continuare a evocare in ogni circostanza lo spettro di Previti per approvare o bocciare provvedimenti legislativi. Auspichiamo quindi che la Camera deliberi favorevolmente assumendosi la responsabilità di non lasciare nell’inferno estivo e nel sovraffollamento tragico i 61.000 detenuti nelle carceri italiane.

Indulto: nuovo sit-in dell’Idv davanti a Montecitorio

 

Ansa, 26 luglio 2006

 

Lo striscione con su scritto "indulto mascherato" è al solito posto, a piazza Montecitorio. Dopo l’ostruzionismo di ieri in Aula, l’Italia dei Valori torna a protestare contro il provvedimento che oggi sarà varato dall’aula della Camera. In mattinata dovrebbe arrivare al sit in anche il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro.

La proposta lanciata ieri da Luciano Violante e ripresa oggi anche da Paolo Cento di escludere dall’ indulto il reato di usura per tentare di rendere più digeribile il testo anche nella maggioranza è di nuovo oggetto di trattativa con l’opposizione.

"L’usura commessa all’interno del reato associativo come la mafia - dichiara il relatore Enrico Buemi - è già esclusa dall’indulto perché sono esclusi dal provvedimento di clemenza i reati di mafia. Quello che si sta valutando ora è se si debba eliminare il beneficio dello sconto di pena anche per il reato di usura tout-court...". "Certo - aggiunge - noi su questo non faremo le barricate. Se vogliono escludere il reato di usura lo facciano pure ma è pericoloso il principio che passa perché ognuno a quel punto vorrebbe inserire il suo reato da escludere e così si potrebbe smontare l’intero testo...".

Forza Italia però, almeno ufficialmente, continua ad essere irremovibile: "Noi siamo d’accordo solo a votare il provvedimento così come è uscito dalla commissione. Punto e basta", dicono i parlamentari azzurri. Rifondazione Comunista intanto fa sapere al resto della maggioranza che sull’altro emendamento-mediazione, quello che porta la firma di Pierluigi Mantini (Ulivo) e che punta ad escludere dall’indulto le pene accessorie temporanee, voterà contro.

Giustizia: lettera al Ministro Mastella dalla Fp-Cgil Veneto

 

Comunicato stampa, 26 luglio 2006

 

Oggetto: precaria situazione lavorativa del personale di Polizia Penitenziaria e del personale del Comparto Ministeri appartenente al Centro di Giustizia Minorile del Veneto - Istituto Penale per Minori e Servizi Sociali per minori.

 

Signor Ministro, a fronte delle ripetute segnalazioni inoltrate nel merito in tutti questi anni da questa O.S., il giudizio che come sindacato ci sentiamo di esprimere per quanto riguarda il Dipartimento di Giustizia Minorile è pessimo. Ci sembra impossibile infatti che un Dipartimento non abbia avuto negli ultimi cinque anni quella forza contrattuale in grado di reperire risorse umane utili al rafforzamento del contingente di polizia in servizio nelle strutture penali trevigiane, l’IPM ed il CPA. La cronica carenza di personale, lo scarto pari a circa 40% tra l’organico previsto e quello realmente presente, un contingente che con tutta onestà è lecito chiamare "manipolo" di operatori, determinano una programmazione dei turni di servizio che viene gestita affidandosi più alla cabala che non a criteri di determinazione oggettiva.

Nonostante la struttura penale trevigiana sia una delle più sovraffollate d’Italia (se si rapporta il numero dei detenuti presenti con l’assoluta insufficienza di spazi) e nonostante sia presente in essa un Centro di Prima Accoglienza che obbliga il personale a continue traduzioni verso le strutture giudiziarie ubicate a Venezia, si continua ad ignorare il richiamo di chi da tempo continua a denunciare l’insostenibilità nel lungo periodo di questa situazione.

Così come, sul versante del personale Comparto Ministeri, assai discutibile è stata la scelta di trasferire in un breve lasso di tempo ben due contabili (di cui uno addirittura transitato direttamente negli organici del DAP), senza procedere ad alcun interpello e di conseguenza privando l’ufficio ragioneria dell’I.P.M. di Treviso delle indispensabili unità sostitutive.

Mettendo insieme questi due tasselli, ed aggiungendone un ultimo riguardante la mancata sostituzione di una lavoratrice in maternità addetta all’ufficio segreteria, emerge un quadro che a giudizio di chi scrive lascia pochi dubbi interpretativi.

Più che la mancanza di risorse economiche e professionali, che certamente avranno inciso negativamente sulle concrete possibilità di assegnare personale aggiuntivo, si avverte l’assenza di una concreta e trasparente politica di gestione del personale in grado di sostenere in maniera efficace i carichi di lavoro dettati da consistenti flussi di utenza minorile in ingresso a Treviso, la cui entità è ben nota al Dipartimento grazie alle rilevazioni statistiche periodicamente aggiornate.

I lavoratori avvertono un profondo senso di abbandono da parte dell’Amministrazione Centrale che si unisce alla netta percezione di dover assumere in proprio responsabilità professionali senza alcuna garanzia di poterle affrontare con le risorse adeguate e dovendosene comunque accollare tutti i rischi.

Questa condizione lavorative è inaccettabile e contraria ai principi costituzionali secondo cui i pubblici uffici devono essere organizzati in maniera tale da assicurare il buon andamento dell’amministrazione.

Così come è inaccettabile l’idea che il costo di questa assenza politica si scarichi sul capro espiatorio di turno (il funzionario dirigente o direttivo fino agli operatori).

Questa O.S. non può quindi tollerare oltre misura questa politica che rischia di svilire agli occhi dell’opinione pubblica l’immagine del servizio giustizia minorile, il cui operato dovrebbe invece essere meritevole di ben altra considerazione in termini di risorse umane, tecniche e finanziarie.

Qualora entro il mese di ottobre 2006 non si aprirà un confronto sulla materia, la scrivente FP-CGIL Veneto penitenziari proclamerà lo stato di agitazione all’interno dell’IPM-CPA di Treviso e di tutti gli operatori del settore iscritti a questa O.S.. Ritiene doveroso informare a mezzo stampa tutti quei soggetti che interagiscono con i predetti servizi (giudici minorili, responsabili di enti pubblici e del privato sociale, opinione pubblica) nel merito di tale grave condizione operativa al fine di tutelare l’immagine pubblica e la professionalità di tutto il personale operante nelle due strutture penali.

 

Il coordinatore Regionale Veneto

FP-CGIL settore Penitenziario

Gianpietro Pegoraro

Massa: un centro di prenotazione telefonica in carcere

 

Comunicato stampa, 26 luglio 2006

 

Dal 3 luglio è attivo all’interno del carcere di Massa un servizio di CUP TEL (centro di prenotazione telefonica). L’esigenza prioritaria a cui il progetto CUP TEL presso il carcere di Massa vuole rispondere è quella della risocializzazione e dell’inclusione sociale rivolta alle persone detenute, attraverso le indicazioni già espresse nella legge 354, nonché nella L. 663/86, relative alla promozione dell’integrazione tra territorio e carcere volta ad incrementare le possibilità di reinserimento e risocializzazione ancora prima dell’emendamento della pena, in modo da scongiurare o perlomeno limitare le possibili ricadute dei soggetti detenuti nelle maglie dell’illegalità. Il progetto, elaborato dalla Cooperativa Co.M.P.A.S.S., deriva dalla necessità di offrire un servizio di pubblica utilità ad un particolare "quartiere" della Città di Massa: la casa penale. L’ATI Co.M.P.A.S.S., Di Vittorio, In Cammino ha ricevuto in gestione dalla Azienda USL 1 di Massa Carrara, mediante aggiudicazione di gara d’appalto, il servizio front office distrettuale ed ospedaliero. Attraverso tale servizio il cittadino utente effettua prenotazioni di analisi e visite mediche, accettazione di ricoveri e quanto altro relativo ai servizi di front office. Per tale servizio sono previste postazioni di call center presso il CUP TEL che consentono prenotazioni telefoniche di servizi socio sanitari.

È stato possibile grazie alla sensibilità della Azienda USL 1, della Direzione del Carcere di Massa e del Provveditorato toscano dell’Amministrazione penitenziaria aprire una postazione di CUP TEL all’interno del carcere di Massa, consentendo a quattro detenuti di svolgere la propria attività lavorativa, fornendo, attraverso postazione telefonica, un servizio ai cittadini per prenotazioni di accertamenti diagnostici e visite mediche da effettuarsi presso i presidi della Azienda USL 1 di Massa Carrara.

Il servizio si svolge dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle ore 13 e dalle 14 alle 18, mentre per il sabato dalle 9 alle 13. Gli operatori impegnati nel servizio hanno ricevuto appropriata formazione acquisendo le necessarie competenze per la buona riuscita del servizio e sono inquadrati nel V livello del CCNL cooperative Sociali, l’impegno orario settimanale per ciascuno è mediamente di 24 ore.

 

A cura della Cooperativa sociale Co.M.P.A.S.S.

Indulto: lo Stato "clemente" risparmia 527 milioni di euro

 

Il Giornale, 26 luglio 2006

 

L’indulto val bene una fiducia. E anche un braccio di ferro con il partito trasversale dei giustizialisti. Soprattutto perché, come ha svelato ieri Italia Oggi, il provvedimento di clemenza verso i detenuti può fare risparmiare allo Stato 527 milioni l’anno. Secondo i dati del ministero della Giustizia riportati da Italia Oggi, infatti, il costo medio per ogni detenuto ammonta a 120 euro al giorno. E sempre secondo il dicastero guidato da Clemente Mastella a giovarsi del provvedimento di clemenza al vaglio del Parlamento sarebbero 12.756 persone. Totale 527 milioni all’anno. Somma che è destinata a crescere perché l’indulto accorcia la pena anche di chi deve scontare più di tre anni di detenzione e comporta la cessazione delle misure alternative al carcere per oltre 16mila persone, delle quali 13mila affidate in prova e 3.701 agli arresti domiciliari. Il direttore del quotidiano economico, Franco Bechis, sottolinea che "sarebbe bastato l’indulto a evitare il pasticciaccio degli immobili contenuto nella manovrina Bersani-Visco".

Giustizia: Castelli; perché la Lega dice "no" all’indulto...

 

La Padania, 26 luglio 2006

 

"Sull’indulto Antonio Di Pietro sta sollevando un grande polverone. Vedremo poi in sede di voto se sono soltanto isterie o se c’è qualcosa di vero sotto".

Il presidente dei senatori della Lega Nord, ed ex ministro della Giustizia, Roberto Castelli non crede tanto alla serietà delle proteste e agli annunci di sit-in e manifestazione più o meno folcloristiche che l’ex magistrato ha variamente annunciato per quest’oggi. Il dissenso del ministro per le Infrastrutture, che sembra non volerne sapere di appoggiare la sua maggioranza - ma soltanto se il provvedimento sull’indulto dovesse essere esteso anche ai reati finanziari e amministrativi contro lo Stato (truffa e corruzione in primo luogo) - ha un solo luogo di espressione: il voto contrario, afferma l’ex Guardasigilli. "È inutile che Di Pietro teorizzi o faccia proclami. Il momento per dimostrare al Paese quali sono le sue vere intenzioni è il voto in Aula. E noi aspettiamo di vedere come voterà e come farà votare i suoi. Il resto fa parte soltanto di un gioco che mira ad aumentarne la visibilità mediatica".

 

Ma secondo lei, il ministro Di Pietro si dimetterà?

"Vedremo. Io non escludo che possa dimettersi, visto che lo ha già fatto in precedenza. Su questo bisogna dargli atto: Di Pietro fa tanto fumo, ma poi in qualche modo riesce a imboccare la strada giusta".

 

E qual è la strada giusta per Di Pietro?

"Quella che porta alle dimissioni. Di Pietro sa che fare il ministro non è il suo mestiere".

 

Perché?

"Perché non ne ha le capacità. Lo dimostra il fatto che prima fa carte false pur di accaparrarsi una nomina a ministro. Poi fa di tutto per cercare la scusa adatta per potersi dimettere. Evidentemente si rende conto che quello non è per niente il suo mestiere e cerca di uscire senza troppi danni".

 

Senatore Castelli, come si può sintetizzare la posizione della Lega Nord in merito alla proposta di indulto in discussione alla Camera?

"La posizione del Carroccio è chiarissima: no a ogni forma di indulto e no a ogni concezione di amnistia".

 

È la stessa posizione dichiarata dall’ex ministro del Welfare Roberto Maroni. Insomma, le pene devono essere scontate per intero?

"Esattamente. Tutti blaterano di certezza della pena e poi corrono ad approvare provvedimenti che vanno in senso contrario, come sono l’indulto o l’amnistia. Ma è su tutto il capitolo giustizia che questo governo ha delle responsabilità terrificanti".

 

Ne ricorda qualcuna?

"Ad esempio, l’esecutivo non ha mosso un dito per risolvere i problemi che gravano sul sistema carceri. Fronte si cui la maggioranza della precedente legislatura aveva lavorato molto".

 

Però, anche il ministro della Giustizia Clemente Mastella sembra avere grande interesse per il mondo carcerario.

"A parole. Più che interesse per i problemi di chi sta in galera, le prese di posizione di Mastella hanno un obiettivo molto chiaro: bloccare la mia riforma della giustizia".

 

A quale scopo?

"Cancellare il lavoro che avevo fatto nella precedente legislatura è il prezzo che questo esecutivo deve pagare all’Associazione nazionale dei magistrati. È la resa della politica di fronte alla magistratura".

 

Altri impegni degni di nota del governo Prodi nel settore della giustizia?

"Nessuno. E visto che non sono capaci di risolvere i problemi della giustizia in favore dei cittadini, se la sbrigano alla loro maniera".

 

E cioè?

"Non riescono a gestire le carceri, e allora tra indulti e amnistie cercano di abolire i detenuti. E questo è doppiamente sbagliato. In primo luogo per l’iniquità del provvedimento, e in seconda istanza perché così facendo si rigetta sulle spalle del cittadino un problema che invece dovrebbe assumersi e risolvere il governo".

 

Quali sono le pozioni all’interno del centrodestra?

"An è sostanzialmente contro mentre Forza Italia potrebbe votare un testo che preveda l’estensione dell’indulto anche a reati finanziari e amministrativi contro lo Stato. Non credo sia disponibile ad appoggiare altre soluzioni".

 

Cosa accade se Forza Italia appoggiasse il centrosinistra in questo provvedimento?

"Sarebbe un fatto gravissimo politicamente. E poi, ancora una volta verrebbero presi in giro i detenuti. La Lega Nord manterrà la sua coerenza e andrà avanti sulla linea del no".

 

Senatore Castelli, Eugenio Scalfari su Repubblica ha scritto che la questione sull’indulto si è creata perché il centrosinistra vuole l’amnistia ma non ha i numeri per farla approvare. Allora cede qualcosa a Forza Italia pur di avere poi i voti per quel provvedimento più radicale. Che ne pensa?

"Che Scalfari è il solito maligno perché tende ad addossare la parte più criticabile di questo provvedimento al centrodestra. La verità è che il centrosinistra sta portando avanti questo testo e se ne deve assumere tutte le responsabilità. Se il governo pensa di essere ricattato da Forza Italia non ha che da fare una cosa semplicissima: ritirare il provvedimento sull’indulto".

 

Scalfari, inoltre, ammette anche che il centrosinistra non ha i numeri e la maggioranza per governare.

"Questo è evidente, non c’era bisogno che lo dicesse Scalfari".

 

Scalfari gioca anche sulla maggioranza trasversale che si sta venendo a creare. Lei cosa ne pensa?

"Che purtroppo questa maggioranza esiste davvero. Sono anni che alcuni alla Camera cercano, inutilmente finora, di far passare provvedimenti in questa direzione. Auguriamoci che non ci riescano neppure questa volta".

Indulto: non deturpiamo lo spirito di una ragionata clemenza

 

Avvenire, 26 luglio 2006

 

Ma perché deve essere così difficile coniugare la giustizia con un po' di misericordia? L’indulto non cancella il reato, non perdona, lascia sul reo lo stigma della colpa commessa; solo accorcia il castigo, riduce il numero delle frustate che mancano a pareggiare il conto millimetrico del tormento prestabilito. Certo che non piace ai ragionieri del diritto, e sembra loro una stortura: con tutta la fatica fatta a contrastare la devianza, a catturare i delinquenti, a fare indagini e processi, alla fine lasciarli andare o fare sconti da saldo pare un controsenso.

E invece è proprio una riflessione sul "senso" del diritto e delle pene ciò che rimescola le carte dai fondamentali, se in luogo dei teoremi astratti il panorama diviene quello della concretezza storica, quotidiana, che si vive nelle fosse del dolore sbarrato, dentro un "tempo sottratto" in cui l’uomo muta mentre la sferza resta immutabile.

Nel divenire del tempo, il diritto che somministra il dolore può annoverare storture, se si inchioda al modello di un’arancia meccanica. Il temperamento della giustizia, che ha per orizzonte l’uomo (l’uomo fallibile, l’uomo redimibile) include l’intelligente virtù della clemenza, come il pensiero umano ha sempre intuito, da Platone a Beccaria. È questo stesso criterio che mette al bando per prima cosa, nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, i trattamenti crudeli, inumani e degradanti. La situazione carceraria italiana, che vede ammassati più di 60mila detenuti nello spazio di 40mila, è inumana; un giorno di pena in quell’inferno ha un peso specifico maggiore delle 24 ore di tortura; ricalcolare l’atroce contabilità è persino un dovere di giustizia tout court.

Una legge d’indulto non si fa senza il favore di due terzi del Parlamento, dice la Costituzione. Ciò significa che un indulto non c’entra con gli umori dell’alterno schieramento vincente di turno, ma nasce dalla sovranità dell’intera assise degli eletti. Sarebbe già sconcertante che il dichiararsi pro o contro l’indulto venisse collegato a scelte partitiche, fossilizzando profili grezzi di buonisti o di forcaioli. Anche maggiore è lo stupore di vedere un ministro in carica fare la fronda in piazza contro i propositi del governo di cui fa parte. Io non dubito della purezza di nessun Robespierre, in folio o in sedicesimo, ma gli italici fantasmi sul preconteggio dei risultati d’una legge in fieri (se ne gioverà Tizio, e Caio, e persino l’abietto Sempronio?) mettono un verme nel cervello.

Intendiamoci: se ci sono reati da escludere dall’indulto per loro natura, siano esclusi; lo si è sempre fatto anche in passato, e si badi non per gravità di tariffa punitiva, ma per ripugnanza collettiva. Ma l’esclusione si misuri sul reato, non sul reo; i baratti che addomesticano la portata generale delle leggi ai risultati acconci a salvare o a mandare in rovina determinate persone sono impuri esattamente come le leggi ad personam. Se l’indulto vuole un catalogo mirato, sia un catalogo di peccati, per tutti, non una cernita di peccatori. La misericordia avara con l’uomo rinnega la sua grazia. Non si perda, nella brutalità dei calcoli politici, lo spirito essenziale e positivo di una ragionata clemenza, a lungo invocata come segno e seme d’una speranza umana di riscatto, reinvestita nel breve solco liberato dalla sferza.

Giustizia: indagine sulla condizione dei detenuti in Lazio

 

Ansa, 26 luglio 2006

 

Sovraffollamento, carenza di personale, sanità, lavoro e formazione professionale. Sono i principali problemi nelle carceri della Regione Lazio. Le condizioni di vita peggiori sono nel carcere di Rieti, un vecchio convento al centro della città. Non esistono spazi per la socialità, vengono sfruttati, quindi, gli ampi corridoi, ma soltanto per la messa di culto cattolico e per la proiezione di film. Eppure, nella piccola struttura penitenziaria ci sono più di 50 detenuti, quasi tutti stranieri, ma non è previsto uno spazio per le loro preghiere, né possono partecipare a corsi di lingua o di istruzione. Utile potrebbe essere la donazione di libri per la Biblioteca in rumeno, arabo, spagnolo e albanese. L’amministrazione penitenziaria, per risolvere la situazione, divenuta insostenibile, sta completando i lavori di costruzione di un nuovo Istituto che dovrebbe essere pronto entro il 2008.

Sono i primi risultati dell’indagine svolta nelle carceri del Lazio da Luisa Laurelli, Presidente della Commissione Sicurezza e Lotta alla criminalità del Consiglio regionale. "Volendo fare una classifica negativa - spiega Laurelli - a Rieti seguono le carceri di Civitavecchia, Frosinone, Viterbo e Velletri". Nel carcere di Civitavecchia, che conta circa 300 detenuti, al problema del sovraffollamento, si aggiunge la carenza di educatori, psicologi e assistenti sociali. La mancanza di organico, poi, ha determinato negli anni la non utilizzabilità di alcune parti del carcere. La situazione è aggravata anche dai problemi legati alla rete idrica con una riserva di soli 300mila litri. Secondo Laurelli, "il problema del sovraffollamento nelle carceri del Lazio si collega da una parte al tema dell’amnistia e dell’indulto, dall’altra alla legge Bossi-Fini, che andrebbe rivista perché fra i detenuti stranieri, metà della popolazione carceraria, molti sono dentro solo per reati connessi con la legge sull’immigrazione".

Il carcere di Frosinone con 450 detenuti si caratterizza per i problemi legati alla sanità. Le convenzioni con gli specialisti non sono state rinnovate per il mancato adeguamento delle tariffe. Questo comporta spostamenti continui presso le strutture esterne con costi eccessivi. Anche il Sert è esterno, la domenica è chiuso e ciò crea problemi per la somministrazione del metadone. Infine, l’amministrazione penitenziaria non passa i farmaci di fascia C e fascia A. Per Luisa Laurelli "la soluzione è passare tutti i servizi sanitari in gestione alle Asl, in modo da assicurare più attenzione e tempi più rapidi nelle decisioni". Tutto questo è contenuto nella proposta di Legge-quadro sugli interventi a sostegno dei diritti dei detenuti, che prevede anche interventi a sostegno della formazione professionale e di inserimento al lavoro. Nelle carceri del Lazio, infatti, si svolgono solo attività all’interno dell’istituto. L’unico a distinguersi positivamente è il carcere di Velletri, dove ci sono serre, vigneti e oliveti, e i prodotti sono venduti dalle cooperative degli ex detenuti. "L’obiettivo - conclude Laurelli - è incrementare formazione professionale e studi universitari, con corsi all’interno del carcere". L’indagine non finisce qui. Prossime visite a Regina Coeli e Rebibbia.

Toscana: 4.102 detenuti su una capienza massima di 2.707

 

Asca, 26 luglio 2006

 

Sono 4.102 i detenuti in Toscana, a fronte di una capienza massima di 2.707 posti e di una capienza definita tollerabile di 3.765 posti. I detenuti sono in media per il 41% stranieri, ma al carcere fiorentino di Sollicciano, con una popolazione carceraria intorno alle mille unità, gli stranieri sono il 60%. I dati sono stati forniti dall’assessore regione alle politiche sociali Gianni Salvadori, che ha risposto in Consiglio regionale ad un’interpellanza di Pieraldo Ciucchi (Sdi) e ad un’interrogazione di Monica Sgherri e Carlo Bartoloni (Rifondazione comunista). "Il 5 luglio scorso - ha ricordato l’assessore Salvadori - abbiamo incontrato il sottosegretario alla giustizia Luigi Manconi, che si è impegnato a trovare risposte per gli interventi più urgenti, specie per gli aspetti igienico-sanitari, come per le docce, interventi che richiedono 300 mila euro". Da parte sua Salvadori ha spiegato che la Regione si sta "impegnando con alcune associazioni di volontariato, per un miglioramento della situazione igienica e per aumentare il numero degli educatori".

Giustizia: nelle carceri c’è un volontario ogni 7 detenuti

 

Redattore Sociale, 26 luglio 2006

 

Il carcere da solo non ce la fa. A fianco dell’attività del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), cresce la presenza e il peso degli "operatori non istituzionali", volontari e operatori del terzo settore impegnati in attività rieducative per i detenuti. Nel 2005 erano 8.343, il 4% in più rispetto agli 8.077 del 2004 e addirittura il 28,3% in più rispetto ai 6.503 del 2001. Questi i dati salienti della quinta rilevazione nazionale sul volontariato penitenziario, realizzata da Fivol e presentata oggi a Roma dalla Conferenza nazionale volontariato e giustizia. Oggi il pianeta carcere può contare mediamente su 1 volontario ogni 7 detenuti, nel 98% delle 207 strutture. All’aumento dei volontari corrisponde l’aumento dei detenuti, che alla fine del 2005 erano 59.523, oltre 16mila in più rispetto ai 42.952 posti letto disponibili. Al primo posto tra le regioni la Toscana, che conta un volontario su 3 detenuti, seguita alla pari (1 su 4) da Veneto, Friuli, Emilia, Basilicata e Sardegna. Fanalino di coda per Campania (1 su 26) e Molise (1 su 34). Al sud il numero dei volontari è raddoppiato dal 2001, passando dal 15 al 30% del totale nazionale. Ma è ancora un dato basso, visto che il 45,5% degli istituti di pena si trova nel meridione del Paese. La ricerca conferma anche lo "stato di abbandono in cui versano dal punto di vista dell’umanizzazione dell’internamento" di 4 dei 6 ospedali psichiatrici giudiziari. Fatta eccezione per le strutture di Barcellona (Messina) e di Reggio Emilia, dove il rapporto è di 1 volontario ogni 4 internati, nei restanti opg il rapporto è di 1 a 24, il che aggrava lo stato di isolamento ed esclusione dei detenuti cui sono diagnosticate psichiatriche.

Il 72% degli operatori non istituzionali sono volontari, prestano cioè il loro servizio in modo gratuito, e il restante 28% è prevalentemente impegnato nel terzo settore. L’85% è ammesso in carcere in base all’articolo 17 dell’Ordinamento penitenziario, che prevede la "partecipazione della comunità esterna" al trattamento rieducativi. Sono il 4% in più rispetto al 2004 ed entrano nel 94% delle strutture. Presenti nell’86,5% degli istituti, il restante 15% degli operatori svolge le attività regolate dall’articolo 78 dell’Ordinamento. Si tratta di assistenti volontari, singole persone o gruppi dediti esclusivamente al volontariato in carcere e più propensi ad un intervento individualizzato e più orientato al sostegno morale e materiale dei detenuti. Sette operatori su dieci appartengono a specifiche organizzazioni, tra private e pubbliche se ne contano 507. Uomo (48,6%) o donna (51,4%), il volontario tipo ha tra i 46 e i 65 anni. I maschi sono mediamente più giovani delle donne, ma il 75,5% degli operatori ha più di 45 anni. Sei volontari su 10 sono presenti e attivi nelle carceri almeno 1 volta alla settimana, la percentuale sale al 75,8% per i volontari articolo 78. Tante le attività svolte dietro le sbarre: ascolto attivo, sostegno psicologico, animazione culturale, attività religiose, corsi di formazione e di studio, mediazione culturale, segretariato sociale e inserimento lavorativo, attività sportive. Per ogni attività la ricerca misura anche il grado di integrazione con le iniziative trattamentali dell’amministrazione penitenziaria. Nel 36% dei casi il livello è alto e solo nel 9,3% dei casi la valutazione è insufficiente. Anche la valutazione che il personale pedagogico del carcere dà dei risultati conseguiti dagli operatori non istituzionali è positiva. Il 20% delle attività è giudicato ottimo, e il 70% risulta aver dato esiti positivi.

Giustizia: Messina (Cnvg); ristabilire una soglia di legalità

 

Redattore Sociale, 26 luglio 2006

 

"Ristabilire una soglia di legalità nelle carceri ormai ampiamente superata". A chiedere di non far naufragare per l’ennesima volta il provvedimento sull’indulto in discussione oggi alla Camera è il presidente della Conferenza nazionale volontariato e giustizia (Cnvg), Claudio Messina, che stamattina a Montecitorio ha presentato i dati della quinta rilevazione nazionale Fivol sul volontariato penitenziario: 8.300 operatori non istituzionali, 500 in più dell’anno scorso, un "piccolo contingente di pace". Sulla stessa linea il sottosegretario alla Giustizia, Luigi Manconi (Ds), che provocatoriamente propone al ministro delle infrastrutture Antonio Di Pietro - che si è autosospeso dal suo incarico per protestare contro il provvedimento - di prendere per un mese la delega per l’amministrazione penitenziaria, di competenza del sottosegretario.

Secondo i dati dell’Amministrazione penitenziaria, al 31 dicembre 2005 i detenuti nelle carceri italiane erano 59.523, a fronte di 42.952 posti disponibili, 16.571 detenuti in più. In altre parole ogni 100 posti disponibili ci sono 39 detenuti in più. L’analisi delle caratteristiche della popolazione carceraria parla da sola: "povertà, marginalità e devianza sono in diretta connessione", come afferma la quinta rilevazione Fivol. Un terzo dei detenuti è straniero, sei volte in più rispetto all’incidenza del 5% degli immigrati sul totale della popolazione. Di questi, uno su due è africano. Il 90% dei detenuti ha un’istruzione non superiore alla licenza di terza media, il 43% non supera la quinta elementare. Ma nel carcere sono detenuti anche molti tossicodipendenti: uno su 3 ha problemi con le droghe. Insomma, dichiara Renato Frisanco (Fivol): "Oggi lo stato penale tende a farsi carico di molti soggetti non presi in carico dallo stato sociale". Non solo. E’ ancora "eccessivo" secondo Fivol e Conferenza nazionale volontariato giustizia, il ricorso alle misure detentive per reati minori e prima della condanna - quattro detenuti su dieci sono imputati, per lo più in attesa di giudizio -. In attesa di una riforma dell’ordinamento penitenziario e della depenalizzazione di alcuni reati l’indulto può rappresentare una vitale boccata d’ossigeno per far respirare quello che Manconi accusa senza mezzi termini essere un "sistema penitenziario classista, che riproduce, aggrava e perpetua le stratificazioni classiste della nostra società".

Ma l’indulto comporterà la necessità di un impegno sul fronte dell’inclusione sociale post carcere di almeno 12mila persone oggi detenute che potrebbero godere dello sconto di pena di 3 anni previsto dall’indulto, questa la cifra stimata dal vice capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Emilio Di Somma. Ne sono consapevoli le oltre 500 organizzazioni di volontariato che operano dietro le sbarre e ne è consapevole il presidente della Conferenza nazionale volontariato e giustizia, Claudio Messina, che chiama i volontari ad "impegnarsi per favorire la ricerca di una casa e un lavoro" a tutti i detenuti che domani rischiano di ritrovarsi senza casa e senza sostegno, in situazioni di povertà e marginalità, oggi causa di recidiva per migliaia di persone.

Volterra: un nuovo spettacolo della Compagnia della Fortezza

 

Redattore Sociale, 26 luglio 2006

 

Compie 20 anni a Volterra la "magia" del teatro, e anche quest’anno c’è tempo fino al 30 luglio per assistere agli spettacoli, laboratori, workshop che animano "Volterrateatro" (www.volterrateatro.it). Il Festival, giunto dunque alla 20° edizione, organizzato dall’associazione Carte Blanche e con la consueta direzione artistica di Armando Punzo, ha trovato spazio dal 17 al 23 luglio nei Comuni di Pomarance, Castelnuovo Val di Cecina, Montecatini Val di Cecina e Monteverdi Marittimo. Dal 24 è invece Volterra che sta ospitando le varie iniziative, fino al 30 luglio prossimo. Tra tutte va segnalato il nuovo spettacolo della Compagnia della Fortezza, in cui recitano molti dei detenuti nel carcere della cittadina toscana. "Budini, capretti, capponi e grassi signori, ovvero La Scuola dei Buffoni", è il titolo del nuovo spettacolo della Compagnia diretta da Armando Punzo, regista e suo fondatore. L’idea che guida lo spettacolo, liberamente ispirato al famoso "Gargantua e Pantagruel" di Rabelais, "è quella del rovesciamento offerta dall’opera del grande artista francese, interpretata come una sorta di auspicio verso un nuovo rinascimento in un’epoca di cultura medioevale - spiega Punzo - Avevamo bisogno di un testo che fosse una sfida, che mettesse alla prova la capacità di questa compagnia di reagire alle inevitabili difficoltà economiche e culturali che una compagnia di teatro vive in questi tempi. Una compagnia nata in un carcere, poi, nonostante tutti gli straordinari traguardi raggiunti, vede tutti i giorni la possibilità concreta di restare emarginata per sempre. Negli anni ci siamo convinti che se non c’è un vero posto per noi, non c’è possibilità di un mondo migliore. Noi rappresentiamo uno dei tanti impossibili di questo mondo che simbolicamente, a sua volta, rappresenta anche tutti gli altri".

Il grottesco maestoso di Rabelais, dunque, sembra indicare, scardinandole gioiosamente e intelligentemente, che si possono mettere in discussione tutte quelle che sembrano essere le tristi verità di questo mondo, e sembra suggerire che non bisogna aver paura della vita. Lo spettacolo, che ha debuttato il 24 luglio nel carcere di Volterra, sarà in scena nell’istituto fino a domani 27 luglio, mentre il 29 luglio avrà lo scenario del Teatro Persio Flacco. Il Festival festeggia dunque il suo ventesimo anno riconfermandosi "come luogo che non vuole essere solo vetrina di spettacoli - sottolinea Punzo - ma anche luogo dove si ha la possibilità di incontrare e conoscere il teatro. Un appuntamento che vorrebbe essere punto di riferimento per tutti coloro che sentono la necessità di comprendere il mondo che ci circonda, rappresentato dagli artisti, con tutte le contraddizioni e la poesia, la violenza e le passioni, la debolezza, la follia e le crisi che lo contraddistinguono". Volterrateatro come sempre ospita anche presentazioni di film, libri, dvd e mostre che raccontano gli argomenti trattati dal teatro, spettacoli di danza, video, arti visive, creatività del mondo infantile, ricerca artistica. Da menzionare tra le tante cose anche il nuovo spettacolo di teatro reportage del "Teatro di nascosto - Hidden Teathre" dal titolo "Amore per la vita", proposto in prima nazionale il 24 luglio, un omaggio ai rifugiati che sono stati sul punto di morire durante una guerra, che ha come protagonisti un afgano senza famiglia, un kurdo scappato in Europa da giovane, una donna che ha vissuto l’incubo del conflitto. Il Festival è come sempre promosso da Comune di Volterra, Regione Toscana, Provincia di Pisa, Comuni di Pomarance, Castelnuovo Val di Cecina, Montecatini Val di Cecina, Monteverdi Marittimo, Comunità Montana Alta Val di Cecina, Azienda Asa Livorno, e ha anche questa edizione il sostegno della Cassa di Risparmio di Volterra e della Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra.

Verona: quattro detenuti al lavoro fuori dal carcere

 

L’Arena di Verona 26 luglio 2006

 

Un progetto di lavoro esterno per quattro detenuti: è la scommessa lanciata dalle parrocchie di Santa Maria Maggiore e Cristo Risorto, in collaborazione con la Casa circondariale di Montorio, la cooperativa sociale "Il Maggiociondolo", l’associazione "Ripresa responsabile", l’azienda agricola "La Valecia" di Elisabetta Fusato. Il progetto che avrà la durata di otto giornate lavorative, in agosto, per quanto riguarda l’aspetto economico-normativo, prevede una regolare assunzione nel rispetto delle norme e del contratto di lavoro stagionale agricolo.

Fuori dal carcere, accanto ai volontari che seguiranno lo svolgimento delle giornate, si intende offrire ai detenuti la possibilità mettere in pratica abilità lavorative, comportamentali e relazionali. L’impegno delle parrocchie, presenti con un buon numero di volontari, oltre alla copertura delle spese, l’accompagnamento dalla Casa circondariale all’azienda agricola e viceversa, e la preparazione dei pasti, riguarderà la creazione di un clima di accoglienza, dando continuità all’attenzione già mostrata in precedenti occasioni.

"Non si tratta ovviamente", spiega Paolo Bottura, dell’associazione Ripresa responsabile, "solo di individuare e realizzare, con le persone detenute, nuove possibilità di reinserimento socio-lavorativo, pur importanti e urgenti". Secondo Bottura, deve essere la società a diventare un "valido interlocutore" nel difficile cammino di recupero sociale del detenuto. "È questa, certamente, una problematica complessa, che la scarsa conoscenza e i troppi pregiudizi rendono lontana e incomprensibile. Il carcere cambia meno della società che lo circonda e che tende sempre più ad ignorarlo e a spostarlo verso la periferia. La consapevolezza che questi incontri devono far emergere, sia per chi sta "dentro", sia per quelli che stanno "fuori", è che l’emarginazione non giova né alla sicurezza né al rispetto dei diritti e dell’alta finalità che l’articolo 27 della Costituzione assegna alla pena, sottraendola ad ogni sospetto vendicativo.

"La solidarietà, la condivisione, il sostegno alla persona rimangono anche per il mondo contemporaneo i valori di riferimento. Una società accogliente sarà anche una società più sicura", conclude Bottura.

 

 

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