Rassegna stampa 30 giugno

 

Bollate: detenuto peruviano muore dopo aver sniffato del gas

 

Il Giorno, 30 giugno 2006

 

Un detenuto peruviano di 22 anni è morto dopo aver inalato gas da una bomboletta da camping. Il ragazzo doveva scontare solo un anno di pena per un reato di furto.. Il Pm ha disposto un’inchiesta per istigazione al suicidio. Per questa morte, avvenuta sabato dopo alcuni giorni di ricovero all’ospedale San Paolo, il pubblico ministero Nicola Piacente ha aperto un’inchiesta a carico di ignoti per istigazione al suicidio. Il giovane, in carcere in seguito alla condanna a un anno di reclusione, non ha lasciato biglietti per giustificare il suo gesto. Da alcuni giorni era stato lasciato dalla ragazza. Il magistrato ha disposto l’autopsia sul suo corpo.

Giustizia: amnistia e indulto entrano nell’agenda di Montecitorio

 

Il Messaggero, 30 giugno 2006

 

L’Aula della Camera inizierà l’esame del provvedimento sull’amnistia e sull’indulto a partire dal 24 luglio: lo ha deciso la conferenza dei Capigruppo di Montecitorio, specificando che l’esame partirà solo se per quella data si sarà concluso l’iter legislativo in commissione.

Il provvedimento era stato auspicato anche dal ministro Guardasigilli Mastella, che nei giorni scorsi aveva dichiarato in commissione Giustizia in Senato che un provvedimento di clemenza avrebbe fortemente contribuito a migliorare le condizioni di detenzione nelle carceri italiane, che sono ampiamente sopra i livelli di guardia per quanto riguarda l’affollamento.

L’iniziativa è stata salutata con gioia dal leader radicale Marco Pannella, che ha sospeso per tre giorni lo sciopero della fame che porta avanti dall’inizio del mese per sensibilizzare il Parlamento sul problema dei detenuti italiani. "Fino ad oggi tutte le forze politiche, attraverso i loro massimi vertici, sono rimasti chiusi in un silenzio arrogante e grave - ha detto Pannella - Ora si tratta di passare al merito affinch la calendarizzazione così conquistata dalla Camera si possa tradurre da subito in un atteggiamento coerente e non sabotatorio delle forze politiche di governo e di opposizione".

Giustizia: Mastella; voglio un’amnistia che non metta paura

 

Il Messaggero, 30 giugno 2006

 

Vuole l’amnistia, il Guardasigilli Mastella. Ma allo stesso tempo cerca di evitare di spaventare il cittadino comune, che potrebbe essere preoccupato da migliaia di detenuti che tornano in libertà. Ieri il ministro lo ha detto chiaramente ad una delegazione del Comitato per l’amnistia, composta da don Antonio Mazzi, Marco Pannella e Rita Bernardini, con Stefania Tallei e Paola Morozzo della Rocca in rappresentanza della Comunità di Sant’Egidio. E ha chiesto la loro collaborazione, perché "un aiuto alla comprensione dei problemi del mondo penitenziario può venire anche dal volontariato, dal mondo cattolico e dall’associazionismo, oltre che da media e tv".

Parma: direttore carcere; Alessi trasferito per motivi di giustizia

 

Adnkronos, 30 giugno 2006

 

"Non corrisponde assolutamente al vero". Con queste parole il direttore del penitenziario di Parma Silvio Di Gregorio nega che Mario Alessi sia stato trasferito nel penitenziario di Viterbo per motivi di sicurezza dopo aver subito un pestaggio da parte degli altri detenuti. Di Gregorio poi spiega che "Alessi è stato trasferito per motivi di giustizia alla fine della scorsa settimana e che è uscito dal carcere di Parma integro sia dal punto di vista fisico sia psichico". "Da noi Alessi è stato detenuto per tre mesi -ha detto- e non ci sono mai state lamentele del detenuto o dell’autorità giudiziaria".

Rovigo: "Uscita di sicurezza", poche aziende assumono detenuti

 

Il Gazzettino, 30 giugno 2006

 

Sotto organico. "Servirebbero almeno una decina di agenti in più", diceva due settimane fa il direttore Fabrizio Cacciabue, intervistato dopo il suicidio in carcere di Giuliano Mantovan -, per ora l’unica soluzione è "continuare a investire nell’attuale struttura", ammette il Comandante Umberto Zannarini, in attesa che al posto della casa circondariale di via Verdi arrivi il nuovo carcere, necessario al personale per lavorare meglio, e ai detenuti per scontare le condanne in condizioni migliori (attualmente sono 110 circa i detenuti a Rovigo, a fronte di una capienza regolamentare del carcere di 66 posti e "tollerabile" di 79 posti). Un convegno ieri mattina in Pescheria nuova ha presentato i risultati di "Uscita di sicurezza", il progetto svolto dalle associazioni Tangram e "Noi, associazione famiglie padovane contro l’emarginazione" attraverso i detenuti in scadenza di pena e l’organico della casa circondariale. L’iniziativa - partita nel giugno 2005, e destinata a proseguire almeno fino al 2007 secondo le indiscrezioni che confermano "ufficiosamente" il rinnovo dei finanziamenti che erano stati concessi dal bando regionale 2004 in materia di iniziative educative e ricreative negli istituti penitenziari del Veneto - ha fotografato, da una parte, gli aspetti organizzativi del lavoro nel carcere, e dall’altra gli strumenti necessari a sostenere e orientare la riabilitazione dei detenuti. Il ritratto, così, è di mali comuni al sistema penitenziario nazionale, anche se c’è da riflettere sul fatto che "se alcuni scelgono Rovigo per costituirsi, c’è un motivo", ha commentato il Comandante Zannarini. Nella casa circondariale di via Verdi, insomma, si starebbe meno peggio che in altri istituti. Ma i detenuti passati attraverso lo sportello aperto un anno fa, in carcere, da Tangram e "Noi, famiglie padovane" per allontanare dalla recidiva chi ha meno di sei mesi di pena da scontare, dimostrano che la fatica di trovare in Polesine luoghi e aziende dove svolgere "l’attività lavorativa esterna", consentita dall’organizzazione penitenziaria attraverso l’art. 21. Le imprese locali restano scettiche, dunque, nonostante gli incentivi fiscali previsti dalla normativa.

"Chi ottiene il beneficio del lavoro esterno è impiegato di solito in cooperative sociali - spiegava ieri Vincenzo Predonzan, operatore di "Noi, famiglie padovane" -. Ma una volta scontata la pena, uno stipendio da 350-400 euro può andar bene per qualche mese. E poi?". Poi c’è il rischio di recidiva, più alto tra tossicodipendenti, alcolisti o persone con disagi psichici. Sul fronte opposto, intervistando il personale della casa circondariale di via Verdi, Tangram e "Noi famiglie padovane" hanno raccolto questo quadro da chi lavora in carcere. In particolare, chi ha scelto la professione di agente di polizia penitenziaria si sente sottostimato, nonostante circa il 35% degli agenti in servizio a Rovigo abbia tra i 21 e i 25 anni di anzianità lavorativa. Poi lamenta "gli straordinari troppo frequenti" e "la carenza di personale". E oltre alle situazioni al limite, come i tentativi di suicidio e gli atti di autolesionismo, gli agenti segnalano tra i momenti più critici i contatti con le persone disagiate.

Rovigo: detenute in sciopero per la riforma carceraria

 

Il Gazzettino, 30 giugno 2006

 

"È doveroso partecipare alle numerose iniziative in corso in tutte le case circondariali italiane, dove attualmente circa 4000 detenuti e detenute, hanno indetto uno sciopero pacifico, allo scopo di ottenere, dopo 16 lunghi anni di attesa, la tanto sperata "amnistia"". Così in un documento le detenute della casa circondariale di Rovigo spiegano il perché della loro azione. "Ci siamo - aggiungono - alleate a tutti coloro che credono nei principi della Giustizia e nei nostri diritti, perché vengono attuate le riforme idonee all’ordinamento carcerario e giuridico, oggi non soddisfacenti, combattendo con uno sciopero pacifico affinché gli organi parlamentari, concretizzino in tempi brevi, i disegni di legge per "indulto" ed "amnistia", già presentati in Parlamento. Rendiamo onore a quanti stanno facendo il digiuno, pur essendo persone libere si mobilitano affinché tutti i diritti non vengano violati".

Cpt: la commissione voluta da Amato al lavoro da lunedì

 

La Sicilia, 30 giugno 2006

 

Ispezioni ai Cpt, si parte. Ieri il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha autorizzato l’ambasciatore Staffan de Mistura a presiedere la Commissione voluta dal ministro dell’Interno, Giuliano Amato. L’organismo - composto da personale del Viminale ed esponenti del mondo delle associazioni - si riunirà per la prima volta la settimana prossima e nel giro di sei mesi concluderà i suoi lavori.

Dei Cpt non si può fare a meno, ma non devono essere carceri. Questo il principio-guida ribadito più volte da Amato, che conta quindi sulle raccomandazioni finali della Commissione per avviare una strategia che porti al superamento degli attuali Centri di permanenza temporanea, come indicato nel programma dell’Unione. Naturalmente, ha spiegato il ministro due giorni fa al Senato, "la necessità di identificare queste persone e rimandarle nei Paesi di origine è ineludibile".

E proprio una settimana fa, Amato ed il sottosegretario all’Interno con delega all’Immigrazione, Marcella Lucidi, hanno ricevuto al Viminale una delegazione del Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa che ha controllato i Cpt di Crotone, Agrigento e Ragusa. Le condizioni delle strutture, ha indicato il rapporto del Comitato, sono risultate "globalmente soddisfacenti", rimangono tuttavia diverse carenze, come la qualità delle traduzioni ed alcune procedure di controllo troppo intrusive.

Della Commissione dovrebbero far parte due funzionari del ministero dell’Interno, un rappresentante dell’Anci, quattro delle associazioni (Arci, Asgi, Caritas e Unione delle Chiese Evangeliche) ed una persona che si occuperà di informazione. Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell’Arci, annuncia battaglia in Commissione. "Comunque si concludano i lavori dell’organismo il nostro obiettivo è la chiusura di questi centri, che sono il fulcro di una legislazione speciale per i migranti che non tolleriamo e la nostra presenza in Commissione potrà servire ad evitare strumentalizzazioni". Non è vero, aggiunge, "che, come dice Amato, non si può fare a meno dei Cpt. Servono solo a rassicurare i politici che hanno paura di perdere consensi".

Giustizia: quanti reality show sulla vita in carcere…

 

Corriere della Sera, 30 giugno 2006

 

Com’è noto, Maurizio Costanzo ha deciso di rimanere a Mediaset e di realizzare Altrove , il primo reality in onda da un carcere. Le due notizie non sono necessariamente collegate da un rapporto di cause ed effetto. In realtà, sull’universo carcerario, Costanzo arriva buon ultimo. Esiste già, per esempio, l’esperienza del Grande fardello , che non è solo una delle parodie più riuscite del famoso reality show (i "veri" protagonisti del programma, infatti, sono i detenuti del carcere milanese di San Vittore) ma un progetto educativo di grande spessore. Ed esiste Liberanti , una docu-fiction girata nel carcere romano di Rebibbia Nuovo Complesso (Sky, FoxCrime, mercoledì, ore 21,55, 10 puntate). Liberanti racconta il passaggio di un gruppo di detenuti dalla vita dietro le sbarre alla libertà, l’impatto di ognuno di loro col mondo esterno, l’attesa, la trepidazione per quel fatidico giorno. Francesco, Raimondo, Luca e Andrea sono alcuni dei protagonisti delle puntate. Dopo un lungo periodo di detenzione stanno per uscire dal carcere di Rebibbia. Uomini che hanno pagato il loro prezzo alla giustizia, ma non sono ancora del tutto liberi: sono appunto dei "liberanti". La serie, scritta da Matilde D’Errico (Residence Bastoggi, Rebibbia, G8, Pronto Soccorso H24), da Maurizio Iannelli (Sfide, Una vita da ladro) e da Paolo Santolini (Matti in tour ) ripercorre i loro ultimi giorni di detenzione, i sogni, le paure e le aspettative di questi uomini sospesi tra la vita del carcere e la vita esterna. La docu-fiction tenta di dare, e ci riesce, un’immagine della vita carceraria senza mai cadere nel patetismo o nella diffidenza. Certo, viste così, le carceri italiane sembrano uno scherzo se confrontate con le prigioni di Oz o di Prison break. Anche se - lo ha detto Josif Brodskij - la formula del carcere è sempre uguale: mancanza di spazio ed eccesso di tempo. Al centro di Liberanti c’è sempre la vita dei detenuti nella propria cella, rappresentata attraverso piccoli ma significativi gesti quotidiani (cucinare gli spaghetti, giocare a carte, scrivere una richiesta). A chi dar retta, alla fiction pura o alla docu-fiction?

Civitavecchia: una totale indifferenza per la protesta dei detenuti

 

Centumcellae.it, 30 giugno 2006

 

Si è svolta nella più totale indifferenza, la protesta dei detenuti del supercarcere di Aurelia per denunciare il sovraffollamento, i servizi scadenti, le condizioni di vita pessime e porre l’accento sulla ormai improrogabile necessità di arrivare ad un atto di clemenza.

Ma nonostante ciò, nonostante le forti mobilitazioni degli agenti penitenziari, nonostante il crescendo di suicidi, tentativi di suicidio e atti di autolesionismo, tutto procede nella più totale inerzia delle istituzioni.

E sebbene questa situazione accomuni tutti i carceri italiani, come d’altronde reso evidente dalla recente indagine conoscitiva dell’Osservatorio nazionale sulle condizioni di detenzione, quella di Civitavecchia risulta essere una delle più gravi.

Sottodimensionamento dell’ organico di agenti carente di oltre 100 unità; un sovraffollamento che vede una presenza di detenuti doppia rispetto la reale capienza dell’istituto; totale assenza di mediatori culturali a fronte della presenza di oltre 50 etnie diverse; un numero ridicolo, a fronte della popolazione carceraria presente, di ore di sostegno psicologico; pochissime attività interne e rarissime occasioni di lavoro per i detenuti stessi; minimo ricorso alle pene alternative per il grave carico di lavoro dei troppo pochi magistrati di sorveglianza; un numero inaccettabile di suicidi.

Una situazione di esasperazione, che pure trovando spazio e reazioni nelle cronache nazionali, non riesce a scuotere le nostre intorpidite istituzioni, regalandoci un nuovo triste primato e rischiando una ulteriore degenerazione se non si agisce in tempo con un adeguata azione preventiva.

Comune, Regione e Governo debbono iniziare a farsi concretamente carico di quanto avviene dietro le mura del carcere di Aurelia.

Il Sindaco in particolare, in qualità di primo cittadino del luogo in cui sorge il carcere, deve porre in essere tutto quanto in suo potere, anche attivando una azione di profonda sensibilizzazione nei livelli istituzionali superiori, affinché non continui ad esistere una zona d’ombra in cui centinaia di detenuti e decine di lavoratori vengono lasciati a vivere e lavorare in condizioni indegne per un paese che si definisca civile. Ne va del livello di decoro umano e sociale della nostra città.

 

Simona Ricotti - Rifondazione Comunista

Empoli: spettacoli teatrali, film, sport, al via "estate…al fresco!"

 

Redattore Sociale, 30 giugno 2006

 

Al via la seconda edizione di"Estate…al fresco!", calendario di iniziative - spettacoli teatrali, proiezioni di film, eventi sportivi - aperte alla cittadinanza, accolte all’interno dell"area a verde della casa circondariale femminile a custodia attenuata di Empoli. Il "dentro", dunque, torna ad aprirsi al "fuori", rinnovando l’obiettivo di dare spazio alla realtà del carcere, creare occasioni di incontro con un mondo che rimane di fatto lontano dal territorio in cui è inserito. "Estate…al fresco 2006, Chi ha detto che…" è lo slogan di questa edizione, promossa dal Comune di Empoli e dalla direzione della Casa circondariale, in collaborazione con Arci Empolese-Valdelsa, Centro di teatro internazionale di Firenze, Cooperativa sociale Fiordisapori, Mediateca Regionale Toscana, la compagnia Giallo Mare Minimal Teatro, Uisp, "Segnali di fumo" e la rivista "Ragazze Fuori".

Primo appuntamento questa sera con "Giro Girotondo, giro attorno al mondo", evento cinema a cura della Mediateca Regionale Toscana. Gli altri eventi in cartellone prevedono "Io non piango mai" (6 luglio), spettacolo teatrale a cura del Centro di Teatro Internazionale di Olga Menlik; Closed (13 luglio), spettacolo teatrale a cura della compagnia Giallo Mare Minimal Teatro (www.giallomare.it); torneo di pallavolo (20 luglio, ore 18) a cura dell’Assessorato allo sport e Uisp; cena con ballo su prenotazione (27 luglio) con servizio di catering offerto dalla Cooperativa Sociale Fiordisapori. L’orario di inizio di tutti gli spettacoli è previsto per le 20,30, e l’ingresso è consentito solo su prenotazione da prendere almeno una settimana prima di ogni evento. Per effettuare la prenotazione è necessario comunicare i propri dati anagrafici alla segreteria della manifestazione (info@segnalidifumo.net, 0571.80516). Si può prendere contatti anche attraverso la mail ragazzefuori@virgilio.it.

Droghe: le nuove tabelle sono da applicare con intelligenza…

 

Redattore Sociale, 30 giugno 2006

 

A meno di due mesi dall’entrata in vigore della Legge Fini-Giovanardi sulla droga è ancora difficile tracciare un quadro preciso dell’applicazione della nuova normativa. Secondo dati forniti dalla Polizia di Stato, nei primi quattro mesi dell’anno è stato riscontrato un calo degli arresti e delle denunce in stato di libertà. In particolare, da gennaio a maggio 2006 ci sono stati 7.044 arresti (contro gli 8.827 dello stesso periodo del 2005) e 1.717 denunce in stato di libertà (contro le 2.472 dello stesso periodo dell’anno scorso). "Ma si tratta di dati non ancora significativi, perché si riferiscono alla vecchia normativa, la 309/90 - dice Fabio Bernardi, vice questore aggiunto della Polizia di Stato e capo della narcotici di Milano -. La legge 49/2006, nota come Fini-Giovanardi, è entrata in vigore a fine febbraio ed è ancora presto per tracciarne un bilancio, anche perché la tabella con le quantità minime di stupefacenti, pubblicata dal Ministero della Salute, è produttiva di effetti soltanto dal 9 maggio".

 

Ma la sensazione qual è?

Noi facciamo anche parte del Sistema di allerta rapido che coinvolge Regione Lombardia, Asl, università di Milano e privato sociale (vedi lanci del 19 gennaio e 12 aprile 2005; ndr) e in questi mesi le schede che riceviamo da tutti gli uffici di polizia della provincia di Milano relativi agli arresti e alle denunce a piede libero sono calate sensibilmente (dai 656 arresti dei primi 4 mesi del 2005 ai 593 dello stesso periodo del 2006; ndr). Che sia un effetto della nuova o della vecchia legge non si sa: di certo siamo in una fase preliminare, di studio, soprattutto da parte degli operatori che sono sulla strada. La nuova legge, infatti, ha stabilito soglie di principio attivo oltre le quali si ritiene che la detenzione sia per uso non personale e quindi ci sia finalità di spaccio.

 

Può spiegare meglio?

La tabella pubblicata dal Ministero della Salute stabilisce delle soglie minime di sostanza detenibile, definite in milligrammi di principio attivo, oltre le quali si sconfina nel penale. Ad ogni sostanza corrisponde un moltiplicatore variabile, inversamente proporzionale alla pericolosità della droga: per esempio quello della cannabis sarà una cifra maggiore di quello attribuito alla cocaina, perché il ministero della Salute ha valutato che la cannabis è verosimilmente meno pericolosa della cocaina.

 

Come si fa a calcolare il principio attivo presente in un quantitativo sequestrato?

Facciamo l’esempio dell’eroina: il quantitativo medio detenibile in mg. di principio attivo giornaliero è di 250 mg., che si è stimato a livello nazionale sia contenuto in 1,7-1,8 grammi di eroina. Operativamente, se una pattuglia ferma una persona con 3 grammi di eroina non può determinare immediatamente quanta droga e quanta sostanza inerte ci sono nel quantitativo sequestrato: anche se il quantitativo viene subito portato alla ‘scientificà ci vogliono almeno due ore per avere una risposta. Quindi al momento del sequestro bisogna fare un calcolo presuntivo, in base al tipo di eroina che normalmente gira sul territorio. Se per esempio sul mercato al minuto di Milano si trova eroina all’8-10%, si può ritenere i 250 mg di principio attivo si trovino in circa 2,5 grammi. Dal Ministero ritenevano che l’eroina in giro per il resto d’Italia fosse "più buona" di quella di Milano e hanno abbassato la soglia a 1,7 grammi. Quindi i principi ci sono, ma vengono applicati con intelligenza e buon senso.

 

Quali altri cambiamenti ha apportato la Fini-Giovanardi?

La legge ha codificato anche alcuni principi che erano stati elaborati dalla giurisprudenza in seguito al referendum del 1993, abrogativo del concetto di dose media giornaliera introdotto dalla legge 309/90. Dopo il referendum, infatti, la legge del 90 si è svuotata di significato e sono subentrati alcuni criteri elaborati dalla giurisprudenza per consentire di distinguere tra uso personale e non personale: la personalità del soggetto, il fatto di avere precedenti penali, la capacità reddittuale, le modalità di occultamento, confezionamento e frazionamento della droga. Quindi la quantità di droga sequestrata è importante, ma non così fondamentale: se uno arriva con un grammo di cocaina frazionata in 5 palline di plastica, verosimilmente è uno spacciatore. Non subisce l’arresto perché la quantità è esigua ma può essere denunciato in stato di libertà.

 

E al di là dei quantitativi?

Una cosa che credo nessuno abbia ancora notato è che sono state ridotte le pene edittali. È vero, le droghe cosiddette leggere sono state equiparate a quelle cosiddette pesanti, ma se si va a leggere la normativa si può vedere che è stato abbassato il minimo della pena previsto per detenzione e traffico di sostanze psicotrope, da 8 a 6 anni (il massimo della pena rimane sempre 20 anni; ndr). Una scelta fatta per non penalizzare troppo coloro che sono stati sanzionati penalmente per detenzioni riguardanti hashish, anche se l’utente della strada, magari spacciatore, potrebbe pensare che oggi sia conveniente buttarsi sulla cocaina o sull’eroina: la pena che rischia è la stessa, ma otterrebbe un ricarico maggiore. Un’altra novità apportata dalla legge è l’incremento dell’affidamento ai servizi sociali, istituto premiale previsto anche per chi viene condannato per violazione della legge antidroga: per i tossicodipendenti era di 4 anni (3 per gli altri carcerati), adesso è stato portato a 6 anni. Un esempio: se vengo condannato a 8 anni di carcere, 2 me li sconto e arrivo a 6 anni. A questo punto, se sono tossicodipendente posso chiedere l’affidamento ai servizi sociali e uscire dal carcere. Anche questo provvedimento è a favore dei ragazzi disperati e da questo punto di vista la legge è in linea con le più avanzate normative a livello mondiale. Però, potenzialmente, potrebbe goderne anche un trafficante.

Droghe: così si rischia di riempire le carceri di consumatori….

 

Redattore Sociale, 30 giugno 2006

 

Una legge, la Fini-Giovanardi sulle droghe, che non piace neanche a chi deve infliggere la pena. Come ad esempio al procuratore capo di Bologna Enrico Di Nicola: "Mi pare eccessivo punire chi consuma droghe leggere alla stessa stregua di chi fa uso di droghe pesanti", commenta. Soprattutto alla luce degli ultimi fatti, che a fine maggio hanno visto Maria Pia S., legale del Livello 57, beccarsi due anni e otto mesi di reclusione con rito abbreviato per quel mezzo chilo di "fumo" che i carabinieri l’avrebbero vista lanciare da una finestra del centro sociale di Bologna. Il pm ne aveva chiesti sei di anni, il minimo previsto dalla nuova legge sulla droga, ma la scelta del rito e le attenuanti generiche (la giovane è incensurata) hanno ridotto la pena. Ora è agli arresti domiciliari.

Altro caso, ancora più recente, sono quei quattro anni di carcere per due spinelli che sono stati inflitti a un cittadino marocchino che vive a Torino. Sorpreso con meno di un grammo di hashish, per un piccolo precedente e per effetto della ex Cirielli si è visto negare le attenuanti per lieve quantità previste dal nuovo provvedimento. La notizia, apparsa qualche giorno fa sulle pagine locali della Repubblica, è il primo risultato nel capoluogo piemontese dell’applicazione della nuova legge Fini-Giovanardi sulle droghe, che equipara le sostanze leggere a quelle pesanti, a circa tre mesi dalla sua entrata in vigore.

Ora che è a regime, e che se ne iniziano a vedere i primi risultati, il nuovo decreto legge 49/2006 sulle droghe non piace nemmeno agli addetti ai lavori. "Occorre rivalutare al più presto tutta la materia - continua il capo della Procura della Repubblica di Bologna Enrico Di Nicola -, altrimenti il rischio che si corre è quello di riempire le carceri di consumatori di sostanze stupefacenti e non già di spacciatori di droga", aggravando ancora di più il lavoro, non proprio snello, della giustizia italiana.

Droghe: la legge sulla droga non sana i problemi di Napoli

 

Redattore Sociale, 30 giugno 2006

 

Legge sulle droghe senza alcun effetto a Napoli? Secondo il criminologo Gennaro Rovito, responsabile del Centro Territoriale Permanente del carcere di Poggioreale, sembrerebbe di sì.

"Se la legge doveva dare una spallata al problema - dice - non ci è riuscita: aumentano i numeri, il consumo cresce. Abbiamo superato i 61mila detenuti nelle carceri italiane, e un terzo di loro è rappresentato da persone tossicodipendenti. Seguo il fenomeno da vent’anni e devo dire che una normativa come la Fini-Giovanardi che tende alla repressione avrebbe almeno dovuto inibire il consumo. Non solo non c’è riuscita ma anzi, da quando è stata applicata la legge, la situazione sta peggiorando. Non si vede neppure ciò che ci aspettavamo nella nostra regione, quell’ampio ricorso al ricovero presso strutture di accoglienza alternative già nella fase del giudizio. L’unico vantaggio è che ora abbiamo Ser.T. interni al carcere che permettono di fronteggiare le situazioni di emergenza col metadone". Legge "inutile" per il professor Rovito, anche per quanto riguarda l’obiettivo di arginare il fenomeno dello spaccio. "In genere il reato del tossicodipendente non è quello del possesso di droga e dell’uso né dello spaccio ma è un reato di tipo diverso, legato alla necessità di procurarsi la sostanza. La legge non è riuscita a colpire gli spacciatori, che si sono posizionati all’interno del numero minimo consentito di dosi e quindi forse hanno tratto un vantaggio dalla nuova normativa".

"È il pusher di piccolo taglio che viene preso - dice Carmine Esposito, operatore del centro La Tenda, coordinatore di un progetto per tossicodipendenti all’interno del carcere di Poggioreale - o l’eroinomane legato alla microcriminalità. Per combattere il fenomeno delinquenziale va colpita la criminalità organizzata, bisogna ragionare su livelli più grandi, vedere come va la droga sul mercato, colpire le centrali di distribuzione, non i piccoli spacciatori".

 

 

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