Rassegna stampa 16 giugno

 

Toscana: emergenza-carceri, dossier Fondazione Michelucci

 

Toscana Oggi, 16 giugno 2006

 

Aprire una discussione col governo, entro tempi brevissimi, per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri in Italia. È questo l’appello lanciato stamattina dall’assessore regionale alle politiche sociali Gianni Salvadori intervenuto alla presentazione del rapporto sugli istituti penitenziari della Toscana presentato nella foresteria della Giunta regionale a Palazzo Bastogi. Il rapporto, realizzato dalla Fondazione Michelucci in collaborazione con la Regione ed il Provveditorato regionale all’amministrazione penitenziaria, analizza nel dettaglio il panorama carcerario toscano fornendo dati molto interessanti riguardo ad una situazione che, in alcuni casi, permane estremamente complicata.

"Il dramma del sovraffollamento delle carceri - ha aggiunto l’assessore - merita una soluzione urgente. Non è un problema che si può risolvere con le proposte del governo precedente, che auspicava la costruzione di nuovi istituti. Un’amnistia? Ripeto, occorre una decisione in tempi brevissimi perché in alcuni casi la situazione è allarmante e le condizioni di vita delle persone recluse sono vergognose. Credo che il governo attuale abbia la sensibilità giusta per affrontare questa situazione. Da parte nostra sosterremo tutte le iniziative che consentano di migliorare le condizioni di vita ed un reale percorso di reinserimento sociale dei detenuti, come i progetti di formazione universitaria che sono uno strumento importantissimo".

Severo anche il giudizio del presidente della Fondazione Michelucci, Alessandro Margara, nei confronti della situazione carceraria attuale, in Toscana e in Italia. "Il carcere deve avere una dimensione gestibile, e in questo momento non ce l’ha. Ci troviamo ad un bivio: o facciamo una scelta completamente diversa di politica penitenziaria oppure rischiamo di trovarci in una situazione preoccupante. Non posso dire se, come sostengono in molti, le carceri stiano per esplodere. È certo che le condizioni di vita al loro interno sono degradanti e disumane. Occorre il coraggio per cambiare politica, e ritengo che questo governo abbia questa capacità".

Infine, secondo Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti, sono necessarie alcune misure organiche e strutturate. "Innanzitutto è indispensabile un provvedimento di amnistia, l’ultimo risale al ‘90, che permetta di ridurre il numero della popolazione carceraria allo scopo di intervenire sulle strutture, per adeguarle, per renderle più vivibili. Il passo successivo è un intervento strutturato che dapprima elimini le leggi criminogene attualmente vigenti, come la Bossi-Fini e la legge sulle droghe, poi occorre la riforma dell’ordinamento penitenziario, così come proposta da Margara, finendo con il codice Rocco che risale a 75 anni fa. Pensate che su circa 85 mila ingressi in carcere in Italia nel 2005, circa 40 mila dipendono dalle leggi sull’immigrazione e sulla droga. Una situazione imbarazzante. Questo lavoro di riforma - ha concluso Corleone - spero possa essere attuato da questo governo anche se la mia paura è che venga realizzato in modo non organico. Credo sarebbe opportuna, come avviene per la legge finanziaria, una sessione speciale in parlamento".

 

Così le carceri della regione

 

A fronte di una capienza regolamentare di 2707 unità e una tollerabile di 3765 unità sono in effetti 4102 le persone recluse. Il dato più eclatante è quello del carcere fiorentino Sollicciano dove sono ben 995 i detenuti presenti mentre la capienza regolare sarebbe di 447 e quella tollerabile di 765 unità. Alta la presenza di cittadini stranieri che al 31 dicembre 2005 rappresentavano il 41% del totale. Anche qui il primato è di Sollicciano con oltre la metà dei reclusi di cittadinanza non italiana. Bassa la presenza femminile, 189 in tutto, anche se in leggero aumento rispetto al 2000. In crescita sensibile invece i detenuti con problemi di tossicodipendenza.

Televisione: domenica a Tg2 dossier "il mondo di dentro"

 

Rai, 16 giugno 2006

 

"Il mondo di Dentro"

domenica 18 giugno, ore 18.00

Raidue

 

Si torna a parlare di amnistia e c’è divisione nel mondo politico e nell’opinione pubblica. Anche perché alcuni episodi di cronaca nera hanno creato allarme sociale, con detenuti in permesso che hanno commesso reati gravissimi. E ancora una volta nel mirino le carceri italiane.

Prigioni stracolme e strutture vecchie in cui si vive in condizioni estreme, dove l’ozio domina. Ma anche attività sociali, culturali e lavorative. Sono le due facce del carcere del nostro paese, da una parte teso al recupero dei condannati e dall’altra schiacciato da emergenze croniche come il sovraffollamento. E poi la presenza sempre maggiore di fasce marginali ed emarginate: dai tossicodipendenti agli immigrati, ai malati di mente. Fra uomini e donne sono oltre 61 mila; la metà sono in attesa di giudizio, quindi presunti innocenti. Daniela de Robert ha viaggiato attraverso le carceri italiane per vedere come vivono o sopravvivono i detenuti.

Firenze: ordinanza comunale per intimare lavori a Sollicciano

 

Ansa, 16 giugno 2006

 

Un’ordinanza per intimare l’esecuzione dei lavori minimi necessari a ripristinare condizioni igienico-sanitarie accettabili nel carcere di Sollicciano. L’ha annunciata l’assessore alle politiche sociosanitarie del Comune di Firenze, Graziano Cioni, al termine una riunione in Palazzo Vecchio. Cioni ha anche inviato una lettera al sottosegretario alla giustizia, Luigi Manconi, per metterlo a conoscenza della situazione all’interno della struttura. Nel carcere di Sollicciano, costruito per accogliere 460 detenuti, secondo le ultime stime, ci sono 950 persone recluse.

Oltre a Cioni, alla riunione erano presenti il garante per i diritti dei detenuti Franco Corleone, tecnici del Comune, dell’azienda sanitaria e della società della salute. "Una settimana fa - ha spiegato Cioni - ci vedemmo per fare il punto della situazione all’interno del carcere di Sollicciano ed emerse un quadro preoccupante dal punto di vista delle condizioni igienico-sanitarie, con l’aggravante dei lavori di manutenzione, che erano stati bloccati per mancanza di fondi.

Questa mattina ho dato mandato agli uffici comunali di scrivere, sulla base delle indicazioni dell’Azienda sanitaria, l’ordinanza per intimare l’esecuzione dei lavori minimi necessari per ripristinare una situazione accettabile". Per quanto riguarda la lettera a Manconi, l’obiettivo è quello di "mettere a conoscenza il nuovo sottosegretario della situazione di emergenza all’interno del carcere di Sollicciano - spiega una nota del Comune di Firenze - e invitarlo a visitare di persona il penitenziario".

Giustizia: l’Osservatorio di Antigone su carceri marchigiane

 

Il Messaggero, 16 giugno 2006

 

"La situazione che abbiamo riscontrato visitando i sei istituti di pena marchigiani è a dir poco desolante". A parlare, questa volta, non è il portavoce di qualche sindacato degli agenti di polizia penitenziaria preoccupato per la carenza di organico, ma i volontari di Antigone. L’associazione che da anni visita le carceri italiane per constatare le condizioni di vita dei detenuti.

A dimostrazione che qualche problema nelle nostre carceri, in particolare Pesaro e Fossombrone, c’è. Problemi che i funzionari della associazione hanno potuto appurare di persona nel corso delle visite effettuate nel 2005. "Il regolamento del 2000 - spiega Maria Lenti, funzionaria regionale di Antigone - è intervenuto a modificare la legge preesistente, ma dalle visite effettuate è risultato che in questi cinque anni gli adeguamenti non si sono verificati. Certo alcune cose sono strutturali ed è difficile modificarle, ma togliere il divisorio nella sala colloqui o le schermature dalle finestre della cella non è una cosa impossibile, eppure non sono state fatte. Il carcere è una presenza forte nel territorio perciò è giusto che la gente se ne interessi". A preoccupare i funzionari dell’associazione sono soprattutto due aspetti: la carenza di organico e di spazi.

"L’apertura del Barcaglione ad Ancona - spiega Monia Caroti, altra volontaria di Antigone - non ha fatto altro che restringere ulteriormente gli organici di agenti ed assistenti sociali con ovvie conseguenze negative per i detenuti, inoltre, gli spazi fisici agibili destinabili ad attività scolastiche, sportive e culturali sono pari a 0. A Pesaro il carcere è stato costruito con una capienza di 110 detenuti, ma in realtà ne ospita 260". E proprio le precarie condizioni dei detenuti della casa circondariale di Villa Fastiggi, insieme a quelle degli altri sei istituti marchigiani, saranno illustrate, dai volontari di Antigone, alla Camera dei deputati nel corso di una conferenza che si terrà a Roma il 20 giugno. In quella sede tenteranno di spiegare ai parlamentari che la rieducazione e la riabilitazione di un detenuto passa anche attraverso il miglioramento delle loro condizioni di vita.

Fossombrone: agente aggredito durante recita dei detenuti

 

Il Messaggero, 16 giugno 2006

 

Ancora un’aggressione dietro le sbarre. E, come da copione, anche in questo caso la vittima è un agente di polizia penitenziaria. Dopo gli episodi di violenza che negli ultimi mesi si sono susseguiti nei carceri di Pesaro e Ancona, ieri mattina è stata invece la volta di Fossombrone. E proprio negli stessi attimi in cui, solo qualche parete più in là, nella sala adibita a teatro, un folto pubblico di spettatori, ben selezionato e soprattutto autorizzato, stava ancora battendo le mani al sorprendente cast di attori-detenuti, protagonisti assoluti di uno spettacolo realizzato in collaborazione con la facoltà di Scienze Motorie di Urbino.

In quegli stessi momenti di festa, nel corridoio della sezione ordinaria, T.G., un giovane poliziotto di 30 anni, stava accompagnando un detenuto in infermeria. Quest’ultimo, un soggetto, a detta degli stessi agenti, particolarmente difficile, che ha già "visitato" diversi carceri e che da tempo dice di non trovarsi bene neppure a Fossombrone, sembra che ieri mattina avesse deciso di ribellarsi. Ha approfittato di un attimo di distrazione per scagliarsi contro il poliziotto.

Richiamati dalle grida di aiuto, alcuni agenti nelle vicinanze sono subito intervenuti. Illeso il detenuto, malconcio invece T.G., che nella colluttazione ha riportato la frattura del mignolo di una mano. Subito medicato, l’uomo è stato giudicato guaribile in 30 giorni. Denunciato alla Procura l’aggressore, che nell’immediato sarà "punito" con 15 giorni di isolamento.

Con l’episodio di ieri, solo l’ultimo in ordine di tempo, cresce la preoccupazione del Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria. "Un’ulteriore dimostrazione - ha sottolineato ancora una volta il segretario regionale, Aldo Di Giacomo - che bisogna risolvere il problema della ormai cronica carenza di organico. L’allarme che lanciamo da tempo, e con noi anche i sindaci di Pesaro e Fossombrone, il presidente della Provincia Ucchielli e il governatore della Regione Spacca, è assolutamente motivato. Se non si corre subito ai ripari, la situazione andrà addirittura peggiorando".

Immigrazione: il Vaticano sui Cpt; sono vere prigioni

 

Corriere della Sera, 16 giugno 2006

 

"I centri di permanenza temporanea sono ridotti ormai a vere prigioni dove si violano sistematicamente i diritti dell’uomo. Occorre trovare soluzioni alternative": l’afferma il cardinale Renato Martino, presidente del Consiglio vaticano "Giustizia e Pace" parlando a margine della presentazione della "Coalizione internazionale sulla detenzione di rifugiati richiedenti asilo" promossa dal "Servizio dei gesuiti per i rifugiati". Il cardinale dice che "i Cpt italiani sono luoghi dove viene umiliata la dignità umana" e costituiscono "una soluzione che va scoraggiata". "I rifugiati e gli immigrati rinchiusi in questi centri - argomenta - non hanno commesso nessun crimine se non quello di arrivare in Italia per una speranza di salvezza. La reclusione per loro non mi sembra una pena meritata, il quadro normativo va ripensato".

Martino osserva che gli sbarchi di clandestini sulle coste italiane e la realtà dei Cpt "sono solo la punta dell’iceberg di un fenomeno molto più vasto: la comunità internazionale dovrebbe mobilitarsi per correre in soccorso a questa gente nei Paesi d’origine, in modo da aiutarla a diventare protagonista del proprio sviluppo".

Gli organismi cattolici che si occupano degli immigrati denunciano da tempo il degrado dei Cpt a prigioni e premono perché vengano trovate "alternative". "Il cardinale - ha commentato il gesuita Francesco Di Luccia, già direttore del Centro Astalli - ha chiesto un ripensamento dei Cpt e non la loro semplice chiusura, perché in questi centri vengono portati sia i clandestini che arrivano nel nostro Paese, sia quelli in attesa di espulsione e, se venissero chiusi senza alternative, davvero non resterebbe che la prigione, almeno per chi dev’essere espulso. Di sicuro c’è che l’attuale gestione è insostenibile".

Il cardinale ha annunciato la preparazione - da parte del Consiglio di cui è presidente - di un documento sui "diritti umani nelle carceri di tutto il mondo". In merito a Guantanamo, su domanda dei giornalisti, ha detto che "bisogna appoggiare le pressioni internazionali verso gli Stati Uniti in vista di una soluzione" perché "quando i diritti umani non sono rispettati bisogna fare qualcosa".

Una più generosa concessione della cittadinanza italiana è prevista da una proposta di legge dell’Ulivo, primo firmatario Ermete Realacci: considera cittadino italiano un bambino che nasce in Italia da genitori qui "residenti" da almeno due anni.

Venezia: protesta dei detenuti, per tre giorni rifiuteranno cibo

 

Il Gazzettino, 16 giugno 2006

 

Per tre giorni i detenuti del carcere di Santa Maria Maggiore di Venezia faranno lo sciopero del "carrello", ovvero non ritireranno il cibo, che verrà poi destinato alla Caritas, ma si serviranno per pranzo e cena di alimenti acquistati in proprio. Lo hanno reso noto gli stessi detenuti, che hanno scritto un volantino in cui spiegano le ragioni che li hanno portati al clamoroso gesto. Alla base di tutto c’è la voglia di sensibilizzare il Tribunale di sorveglianza, ritenuto dai carcerati ma anche da parte degli avvocati troppo severo nella concessione delle misure alternative alla prigione. "I detenuti - si legge nel volantino - ritengono che non debba essere solo il governo ad attuare forme estreme come l’indulto o l’amnistia, per liberare dal sovraffollamento carceri che si trovano in condizioni di vivibilità assurde". Lo sciopero si terrà dal 19 al 21. "Ancora una volta i detenuti tutti si rivolgono alle istituzione e al Tribunale di sorveglianza - rilevano i carcerati - per sollecitare l’applicazione delle misure alternative che spesso vengono svuotate dal loro significato sociale lasciando spazio a chiusure che non servono a nulla".

Rovigo: il direttore Cacciabue; accelerare per il nuovo carcere

 

Il Gazzettino, 16 giugno 2006

 

"I dispositivi di sicurezza sono stati rispettati, per Giuliano Mantovan abbiamo fatto il possibile". Fabrizio Cacciabue, direttore del carcere di Rovigo non ha dubbi sul corretto operato del personale dell’istituto di via Verdi in occasione del suicidio del 40enne di Taglio di Po, finito in carcere per aver seviziato la convivente.

 

Direttore, si poteva fare qualcos’altro?

"Tute le norme prescritte da gip e personale di assistenza sono state rispettate. Sulla vicenda c’è il segreto istruttorio e siamo in attesa di un funzionario del provveditorato regionale di Padova per l’automatica inchiesta interna, ma non credo ci possano essere responsabilità attribuibili ad alcuno".

 

I rappresentanti sindacali all’interno del carcere hanno ancora sollevato la problematica della carenza di personale.

"Lo so e purtroppo non è una novità. La nostra struttura soffre di carenza di organico come quasi tutte quelle nazionali".

 

Quanti agenti in più servirebbero?

"Almeno una decina, ma potrebbero essere anche di più, le esigenze sono molte. Il discorso invece è un altro".

 

Quale?

"Occorre accelerare per la costruzione del nuovo carcere. La struttura di via Verdi ha dispositivi di sicurezza efficaci ma piuttosto antiquati. Gli interventi necessari costerebbero parecchio, la realizzazione della nuova casa circondariale è indispensabile. Serve più sinergia col territorio, bisogna snellire tutta la procedura. Occorre un istituto di pena moderno, che possa consentire al personale di lavorare meglio e ai detenuti condizioni migliori, più rispettose della dignità della persona e che consentano lo svolgimento di attività di supporto".

 

Anche personale specializzato?

"Beh da noi c’è uno psicologo in servizio 36 ore alla settimana ed è già una cosa importante, il servizio dello psichiatra invece è di sole 5 ore a settimana. Però occorre più personale pedagogico per il trattamento rieducativo del detenuto, per il reinserimento nella società. Noi siamo sotto di almeno due educatori in questo senso".

 

Tornando a Mantovan, si è ucciso prima della visita psichiatrica.

"Sì, forse quella visita avrebbe potuto indicare un altro tipo di trattamento, ma allo stato dei fatti è stato fatto tutto ciò che era previsto dal regime di stretta sorveglianza".

Pisa: detenzione domiciliare per il detenuto che pesa 270 Kg

 

Il Mattino, 16 giugno 2006

 

Davanti al carcere di Pisa lo ha aspettato un’ambulanza. Un’auto sarebbe stata troppo piccola, non sarebbe riuscito ad entrarci. È iniziato così il ritorno a casa e dai familiari di Aristide Angelillo, 42 anni, napoletano, detenuto gravemente malato e obeso - pesa 270 chili - che ieri mattina ha ottenuto dal tribunale di sorveglianza di Firenze la detenzione domiciliare. Da sei mesi Angelillo aveva chiesto di poter scontare la pena in un’abitazione, alla luce anche delle valutazioni di alcuni medici specialisti, che avevano definito il suo stato di salute "incompatibile" con la carcerazione.

"Ringrazio tutte le persone che mi hanno sottratto alla fossa della morte in cui precipitavo - ha scritto Angelillo in una breve lettera consegnata al suo avvocato, Francesco Virgone -. Sinceramente ho riscoperto una umanità insperata che mi ha molto confortato nella solitudine delle mie sofferenze fisiche e morali".

È malato Angelillo. Ha un cancro e diverse altre malattie cardiache e respiratorie. Ed è obeso. Quei 270 chili furono certificati un anno fa, in carcere a Pisa, da una pesa di quelle usate nei cementifici, ed erano 140 in più di quelli segnati dalla bilancia quattro anni prima. Una massa corporea che lo costringe a dormire seduto, altrimenti soffocherebbe, e che gli impone di fare i bisogni sul pavimento, perché il bagno è troppo piccolo.

Una volta, in cella, Angelillo è caduto a terra, e per farlo rialzare fu necessario l’intervento dei vigili del fuoco, che lavorarono quattro ore. Angelillo, ex collaboratore di giustizia, sta scontando una condanna a sei anni per una vicenda legata alla droga. Ma su di lui pende una seconda pena a undici anni, con i domiciliari, con l’accusa, sempre negata da Angelillo, di avere confezionato un pacco bomba esploso nel 2004 negli uffici della questura di Perugia. Dopo la richiesta, la decisione del tribunale di sorveglianza di Firenze sulla detenzione domiciliare era slittata una volta, anche perché i giudici erano in attesa di una relazione sull’abitazione indicata da Angelilo per la pena alternativa.

Ragusa: agenti penitenziari protestano davanti a prefettura

 

La Sicilia, 16 giugno 2006

 

Tornano a protestare le guardie di polizia penitenziaria della casa Circondariale di Ragusa. A scendere in strada, armati di fischietto e bandiere, le sigle sindacali autonome (Sappe, Osapp, Fsa/Cnpp e Sinappe) a fianco della Cgil, Cisl e Uil. La protesta dei poliziotti penitenziari è iniziata ieri mattina davanti ai cancelli del carcere e si è poi spostata in prefettura dove una delegazione è stata accolta dal prefetto di Ragusa per presentare le istanze della protesta. Una quarantina i manifestanti che hanno fatto sentire la propria voce di dissenso. Tra i motivi più discussi la carenza di fondi che ostacola il miglioramento della struttura circondariale e il continuo taglio alle spese che impedisce l’adeguamento della dotazione organica per assicurare tutti i servizi e la sicurezza dell’istituto. "La riduzione del personale nella casa circondariale di Ragusa - afferma Gianni Cerruto della organizzazione sindacale di categoria della Cisl - è stata pari al 35%, negli ultimi anni, cioè si è passati da 145 unità a 37. Non si può andare avanti così. Qualcosa deve cambiare". Le organizzazioni sindacali, dunque, tengono a sottolineare come questione prioritaria da risolvere non solo il sovraffollamento dei detenuti, ma la questione più importante riguarda il personale il cui lavoro è reso molto duro, spesse volte ingestibile dalla promiscuità, dalle carenze strutturali, dalla fatica di turni estenuanti e di ore di straordinario irrinunciabili senza alcun riconoscimento economico. Per i sindacati, "il silenzio, l’esitazione dei competenti organi dell’Amministrazione centrale, sanciscono l’irrealizzabilità di un programma di riorganizzazione penitenziaria che non può attendere". Dalla manifestazione di oggi prende le distanze però l’organizzazione sindacale Ugl, che in una nota precisa che pur condividendo alcune tematiche oggetto della protesta, ritiene pure che determinate questioni siano di competenze delle segreterie regionale e nazionali. "Questa è pura demagogia ad arte - denuncia l’Ugl - ci aspettavamo motivazioni che interessassero le problematiche di quel personale che svolge il proprio servizio in un contesto deteriorato dalle molteplici difficoltà operative". Accanto agli operatori di polizia, ieri mattina, anche il senatore dei Ds, Gianni Battaglia, e il deputato regionale della Margherita, Roberto Ammatuna, che già nei giorni scorsi aveva inviato una nota al Capo dipartimento della polizia penitenziaria per sottolineare le difficoltà che si registrano nel suddetto comparto e che, in larga parte, sono determinate dalla carenza di organico.

Verona: otto detenuti in campo, ma per chiedere di lavorare

 

L’Arena di Verona, 16 giugno 2006

 

Sono arrivati in otto, ieri pomeriggio, allo stadio Ugo Pozzan di San Martino Buon Albergo - uno dei paesi con più ditte della provincia - per chiedere lavoro a nome degli altri 800 detenuti della casa circondariale di Montorio. Rocco, Bujar, Fabrizio, Giancarlo, Giovan Battista, Luis, Leandro e Samuel, autorizzati dal magistrato di Sorveglianza e accompagnati dal presidente dell’associazione "progetto carcere 663" Maurizio Ruzzenenti, hanno giocato a calcio contro i sindacalisti veronesi.

"Se non hai un lavoro, non godi dello stato di semilibertà che facilita il reinserimento sociale. Diamo un’occupazione ai reclusi" l’appello lanciato al microfono da Carla Pellegatta (Cgil), Cristina Busil (Cisl) e Lucia Perina (Uil) al momento del fischio d’inizio della partita (denominata 1ª stramichevole) dato di fronte al direttore dell’Apindustria Luciano Veronesi affiancato dal responsabile sindacale Mario Borin.

Un messaggio è giunto anche dal vicepresidente di Assindustria Bruno Tosoni. Le grandi e piccole aziende scaligere, perciò, concordano sulla bontà dell’iniziativa. San Martino Buon Albergo, tra l’altro, ben si adatta all’occasione: è il primo Comune dell’Est veronese a confinare con la periferia cittadina e, soprattutto, a distare due passi da Montorio. I carcerati, trovassero un posto lì, avrebbero maggior facilità a raggiungere stabilimenti e quei laboratori artigianali che il Comune ha previsto di costruire in abbondanza nel nuovo piano regolatore.

L’assessore allo sport Umberto Toffalini, prima di partecipare al Consiglio comunale, ha salutato i presenti, promettendo che sarebbe tornato a cena per discutere delle opportunità per i detenuti con il sindaco Mario Lonardi. Prima di cominciare la sfida (mai sindacalisti e detenuti si erano affrontanti in precedenza) le squadre si sono raccolte in un minuto di silenzio per la morte, durante la giornata, del segretario generale aggiunto della Uil pensionati di Verona Fernando Filippi. Poi, i primi passaggi, con i sindacalisti che hanno completato la rosa dei detenuti, sotto gli occhi dei due arbitri: Alessandro Santucci, del tribunale di Verona e Giampaolo Trevisi, ispettore dell’ufficio immigrazione della Questura.

Già al 3’, però, i rappresentanti sindacali (rossoblu, i colori del Barcellona) hanno segnato il primo gol. Sei minuti dopo, il pareggio ad opera del responsabile dell’ufficio stranieri Cisl Jean Pierre Piessous, in campo con i carcerati (gialloblu) che spesso si reca a Montorio. Ma al 15’, i sindacalisti sono tornati in vantaggio grazie al rigore insaccato da Angela Ierulli, figlia di un sindacalista Uil, unica donna in maglietta e calzoncini, ma la migliore tra i giocatori, tanto da confessare un passato nell’Intrepida in serie D.

Sugli spalti dello storico Pozzan, che tanti fuoriclasse ha applaudito a cominciare dal calciatore da cui prende il nome, c’erano il dottor Stefano Nardi e Emilio Rensa, del Sert che opera a Montorio e alcuni rappresentanti degli uffici amministrativi e della polizia penitenziaria. Fuori dal campo le ambulanze della Croce Rossa e della Croce Amica "precettate" per prestare assistenza (ma ieri non ce n’è stato bisogno). Alla fine, si sono tutti seduti a tavola a mangiare, ma anche a confrontarsi, perché, sostiene Ruzzenenti, il dialogo è importante. Il risultato? 4-3 per i sindacalisti. Di certo, comunque, una fatica.

Civitavecchia: i detenuti di via Tarquinia lavorano il vetro

 

Il Messaggero, 16 giugno 2006

 

Questa volta la Cariciv punta sul reinserimento dei detenuti, finanziando un corso dedicato alla lavorazione del vetro. Il progetto, presentato dal Centro Territoriale permanente, è incentrato sull’insegnamento delle tecniche della lavorazione e della decorazione di manufatti di vetro artistici. Il corso, già in piedi da qualche tempo, conta una classe di 12 reclusi e si concluderà a settembre con una mostra dei lavori fatti, presso il carcere di Aurelia.

"Questo corso ha la pretesa di insegnare a queste persone un’arte che è andata perduta - ha detto Vincenza La Rosa, dirigente del Centro territoriale permanente - è stato accolto con molto entusiasmo soprattutto perché è un momento per dare libero sfogo alla propria creatività e al proprio estro. Il corso è articolato in 80 ore, di cui dieci dedicate alla teoria e le restanti alla pratica. I detenuti stanno preparando una serie di manufatti come finestre, lampade, vasi, orologi e monili. Voglio ringraziare la Fondazione per questa opportunità.

È stato senz’altro decisivo il loro apporto". "Questa nuova sinergia con la Fondazione è un tassello in più - ha detto la direttrice del carcere, Silvana Sergi -. I detenuti hanno accolto con molto entusiasmo questa possibilità. Questo è sicuramente un modo nuovo per avvicinarli al mondo del lavoro. Spero che questo sia solo l’inizio e che la collaborazione si intensifichi". Il progetto rientra nel settore Istruzione e professione ed è stato interamente finanziato dalla Fondazione con un importo pari a 12.800 euro.

Droghe: Pellegrino (Verdi); la tossicodipendenza va curata

 

Ansa, 16 giugno 2006

 

"La Cdl ha montato un caso ideologico sulla somministrazione controllata di eroina, una cura sperimentata con successo in Svizzera che ha ridotto il numero di morti per overdose. Il ministro Ferrero ha avuto il merito di aver sollevato il problema": così il Verde Tommaso Pellegrino, componente della commissione Affari sociali della Camera.

"L’espressione stanze del buco utilizzata in questi giorni è fuorviante - aggiunge - e si presta agli attacchi strumentali della Cdl. Al ministro Ferrero esprimiamo la nostra solidarietà". "La tossicodipendenza - prosegue Pellegrino - è uno stato patologico e come tale va curata. È dimostrato che proibizionismo, repressione e carcere non rappresentano una soluzione, ma in molti casi aggravano il problema.

Una questione così importante va affrontata scientificamente, non alzando inutili e pericolosi steccati ideologici". "La legge Fini-Giovanardi sulle droghe è inutile e dannosa e per questo va abolita. Serve un approccio diverso alla lotta delle tossicodipendenze: tolleranza zero contro narcotraffico e spaccio e metodi di cura innovativi e al passo con le indicazioni della comunità scientifica".

Droghe: Magistrelli (Dl); separare la repressione dal recupero

 

Ansa, 16 giugno 2006

 

"Bisogna intervenire sulla Legge Fini-Giovanardi soprattutto per separare bene le tipologie di consumo che vanno punite da quelle che invece necessitano di un intervento di recupero fermo e certo nelle strutture pubbliche". Lo sostiene la senatrice Marina Magistrelli dell’esecutivo della Margherita e componente della Commissione Giustizia di Palazzo Madama.

"L’esperienza giuridica nel nostro Paese - spiega Magistrelli - nel tempo aveva messo a regime delle norme che erano divenute efficaci e avevano portato, e a volte ‘forzatò, i tossicodipendenti al recupero. Bastava proseguire su quella strada, aggiornando e modificando le norme che, mano a mano, si rivelavano non adeguate per combattere un fenomeno in continua evoluzione".

"Il governo Prodi - continua Magistrelli - dovrà affrontare questa riforma con fermezza contro lo spaccio nazionale e internazionale, con determinazione contro ogni cedimento possibilista sull’uso di sostanze stupefacenti e con leggi e strutture adeguate per motivare i tossicodipendenti al recupero. Il dibattito di questi giorni sulle stanze del buco è quindi - conclude Magistrelli - all’ultimo posto delle urgenze sul tema droga. Non sono una priorità come, invece, è l’abrogazione della pessima legge sulle tossicodipendenze voluta dallo scorso governo di centrodestra".

Assistenti Sociali della Giustizia: lettera al ministro Mastella

 

CAGS, 16 giugno 2006

 

On. Clemente Mastella

Ministro della Giustizia

 

On.le Luigi Manconi

Sottosegretario Ministero della Giustizia

 

On.le Daniela Melchiorre

Sottosegretario Ministero della Giustizia

 

Egregio Ministro,

a nome degli assistenti sociali della giustizia che si riconoscono nel coordinamento (CASG) mi rivolgo a Lei innanzitutto per augurarLe buon lavoro.

Abbiamo potuto notare con piacere che Lei è andato subito al nocciolo delle questioni, che riteniamo debbano essere affrontate con provvedimenti urgenti e tempestivi. Interventi volti, nell’immediato, ad evitare l’implosione dell’intero sistema penitenziario e, in prospettiva, a ridurre a monte l’ingresso nel sistema penale di tutti quei soggetti "penalizzati" solo perché vivono un disagio sociale.

La precedente legislatura, invece di privilegiare interventi sociali di prevenzione e/o riduzione dei fenomeni di devianza e criminalità, ha privilegiato politiche di "penalizzazione" di comportamenti e fenomeni sociali sempre più vasti.

Orientamento che ha investito anche il settore minorile nella proposta di riforma della composizione e competenze del Tribunale per i Minorenni, in materia civile e penale, approvata dal Consiglio dei Ministri nel 2002, fortunatamente non approdata ad una definitiva approvazione.

Condividiamo la posizione di quanti auspicano un globale processo di revisione della legislazione, che ha caratterizzato la stagione politica appena trascorsa, in tema di giustizia e di esecuzione delle pene.

Leggi come la "ex Cirielli" e la "Fini - Giovanardi" sulle droghe, se non vengono immediatamente e profondamente modificate rischiano di rendere irreversibile il disastro del sistema penitenziario interno ed esterno.

È però importante rivedere le norme nel loro complesso per non cadere nuovamente in una generalizzazione e frammentazione legislativa: le regole fondamentali della giurisdizione e il ripristino di queste non deve far sottovalutare i limiti del nostro sistema giudiziario e le sue ricadute sulla domanda di giustizia e di tutela dei diritti.

In attesa però di una riforma organica del sistema penale e dell’ordinamento penitenziario, un provvedimento di indulto e amnistia si rende necessario per evitare la paralisi di tutto il sistema della giustizia.

Abbiamo quindi colto con favore le iniziative che Lei ha subito intrapreso in tal senso

In questa visione generale vanno inquadrate anche tutte quelle riforme che riguardano la riorganizzazione del settore penale e penitenziario, in particolare, degli Uffici Esecuzione Penale Esterna (U.EPE) (ex Centri di Servizio Sociale per Adulti - CSSA), per i quali è prevista da parte Sua l’emanazione di un regolamento ai sensi dell’art. 3 delle legge 154/05.

Ritenendo indispensabile un confronto sui percorsi di riforma, che dovranno necessariamente attuarsi, in particolare relativamente agli U.EPE (Uffici per l’esecuzione penale esterna) alleghiamo alla presente il documento presentato da questo coordinamento alla commissione istituita presso la D.G. EPE (DAP) con il compito di stilare la bozza del regolamento previsto dal citato art. 3 delle legge 154/05.

Questo settore, sia per gli adulti che per i minori, richiede inoltre una riorganizzazione con un adeguamento di mezzi e risorse ai compiti istituzionali che gli vengono affidati.

Se non opportunamente supportati, questi servizi rischiano di vedere vanificata ogni loro azione a scapito della sicurezza dei cittadini, sempre evocata e mai concretamente perseguita.

Consapevoli del considerevole e arduo lavoro che l’attende, in quanto numerose sono le necessità e le urgenze, non appare meno rilevante il compito che in questi giorni La vede impegnato nella scelta e nella nomina dei vertici del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.

Le figure che verranno a breve nominate ai vertici del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, riteniamo debbano avere caratteristiche di competenza, professionalità, umanità, attenzione e sensibilità non solo alle questioni attinenti alla sicurezza e al controllo, bensì alla questione dei diritti e dell’inclusione sociale, in considerazione della stragrande maggioranza della popolazione che affolla le nostre carceri, espressione più del disagio sociale che della criminalità vera e propria. Riteniamo occorra quindi una risposta efficace, nel segno del cambiamento, alla situazione attuale del carcere, dell’esecuzione penale esterna e del sistema penitenziario in genere

Il perseguimento di queste finalità riteniamo debba essere accompagnato anche da una scelta coraggiosa al vertice dell’Amministrazione penitenziaria, al di fuori e al di là delle logiche che sono state perseguite nel recente passato.

 

Per il Consiglio Nazionale

Coordinamento Assistenti Sociali Giustizia (Casg)

Anna Muschitiello - segretaria nazionale

Gran Bretagna: ergastolani fuori (su cauzione) dopo 5 anni

 

Ansa, 16 giugno 2006

 

Dopo la rivelazione che 53 criminali condannati all’ergastolo tra il 2000 e oggi sono già in libertà su cauzione, il primo ministro britannico Tony Blair ha dovuto affrontare le accuse dell’opposizione durante un burrascoso "question time" in Parlamento.

Il leader dei conservatori David Cameron lo ha accusato di mettere a repentaglio la fiducia del pubblico nel sistema giudiziario, già messa a dura prova nell’ultimo mese dallo scandalo dei criminali stranieri non rimandati nel loro paese dopo aver scontato la condanna. Cameron ha accusato il ministro degli interni John Reid di voler "scaricare" su altri le colpe del suo ufficio. In uno scambio di battute incandescenti, Cameron ha chiesto a Blair: "Quando dirà [a Reid] di smettere di scaricare le responsabilità sugli altri e fare il suo lavoro?".

Ma il primo ministro ha replicato che i conservatori "fanno la voce grossa con i media" ma poi "votano timidamente" in Parlamento: se il sistema non funziona, ha accusato Blair, la colpa è proprio dei conservatori che hanno ostacolato le leggi anti-crimine dei laburisti.

Il nuovo scandalo è esploso lunedì quando è stata rivelato dai giornali che Craig Sweeney - un pedofilo condannato all’ergastolo per aver rapito e molestato una bambina - potrebbe essere libero tra soli cinque anni grazie a una serie di attenuanti. La sentenza segue le linee guida emesse dal governo nel 2003 ma il ministro dell’interno John Reid, sull’onda dell’indignazione popolare, l’ha definita "clemente" e ha auspicato una sua revisione.

Il principale consulente legale del governo, Lord Goldsmith, che ha il potere di portare in appello i verdetti che considera "troppo clementi", non ha a quanto pare gradito l’intromissione di Reid e ha dichiarato che valuterà se procedere contro la sentenza Sweeney in completa autonomia. Nel Regno Unito l’assassinio comporta una sentenza automatica all’ergastolo. Ma esistono una serie di attenuanti standard e, secondo i dati del ministero, i condannati a vita passano in carcere in media 14 anni. Si tratta di un periodo nettamente più lungo rispetto a dieci anni fa ma una revisione delle linee guida per le sentenze è comunque in corso.

 

 

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