Rassegna stampa 19 gennaio

 

Piacenza: 23 anni, si uccide il giorno dopo l’arresto

 

Ristretti Orizzonti, 19 gennaio 2006

 

Un giovane di 23 anni, P.L., si è impiccato ieri in una cella del carcere "Le Novate" di Piacenza. Il suicidio è avvenuto ieri verso mezzogiorno, nel momento in cui il detenuto che divideva con lui la cella era assente per l’udienza di un processo. P.L. era entrato in carcere soltanto il giorno prima, dopo che gli erano stati revocati gli arresti domiciliari presso una comunità per tossicodipendenti.

Vota Antonio La Trippa (nel paese delle carceri da inferno)

di Andrea Boraschi e Luigi Manconi

 

L’Unità, 19 gennaio 2006

 

A volte, questo paese riesce proprio a somigliare all’oleografia di sé stesso. E non vogliamo tirare in ballo le pizze e i mandolini, i "vota Antonio La Trippa!", i treni che non arrivano mai, le "pinze nella panza" (Elio e le Storie Tese), dimenticate da qualche chirurgo mattacchione negli stomaci di ignari pazienti... No: l’Italia strapaese, quell’italietta un po’ furbina e scanzonata che tira a campare, sciatta e opportunista, incapace di strategie e cultrice del piccolo cabotaggio oggi si esprime in altre epifanie. Meno ancorate alla tradizione: ché persino la pizza costa cara e la si consuma sempre meno, il mandolino non lo suona più neppure Apicella, la comunicazione politica s’è fatta cosa sofisticata e sfarzosa, si vanno inaugurando linee ferroviarie ad alta velocità, etc. etc. Eppure, l’istinto nazionale è sempre quello, riconoscibilissimo e pervicace; ma evoluto, geneticamente modificato e in continua mutazione. Prendiamo un caso.

È martedì mattina, 27 dicembre, e sono le 9.30. Insomma, siamo nel bel mezzo delle vacanze natalizie, a un’ora che non può dirsi "da levataccia" e che, tuttavia, non è neppure delle più confortevoli per chi, durante le festività, intenda indugiare sul proprio guanciale. È martedì mattina, dunque, e alle 9.30 si riunisce la Camera dei deputati, in seduta straordinaria, per discutere di amnistia. Il nord Italia è sotto la neve e i collegamenti risultano difficoltosi. Qualche deputato avrà certamente esagerato a tavola, nei giorni precedenti, e si sentirà appesantito. Poi è inverno, stagione di malanni, e c’è pure da dire che siamo nel bel mezzo di quei benedetti giorni in cui si sta in famiglia. Morale: in un giorno così, per una seduta straordinaria, i presenti, nell’emiciclo parlamentare, sono circa 130 su un totale di 630. E ne mancano circa 100 tra quanti avevano convintamente (?) firmato per la convocazione straordinaria dell’assemblea.

Dopo di che, dalle cronache dei giornali, si apprende che tra i parlamentari, in quei giorni, si registra un tasso di patologie tipicamente invernali ben superiore a quello riscontrabile nel resto della popolazione nazionale: in molti, moltissimi, sono stati impediti da tossi, raffreddori, bronchiti, febbri... Non se la passano meglio i loro congiunti: molti deputati hanno dovuto disertare l’aula per rimanere accanto a figli, mogli e mariti, padri e madri ugualmente sofferenti. Poi c’è chi è rimasto bloccato dalla neve; chi lamenta che - pur partendo la mattina presto - non avrebbe fatto in tempo a trovarsi in parlamento per le 9.30; e, ancora, chi ha perso l’aereo, chi è all’estero, chi ha il compleanno della propria bambina, chi non rinuncia alle vacanze sugli sci. Tutte (o quasi) giustificazioni rispettabili, prese una ad una: messe insieme, invece, rendono perfettamente i toni, il colore, il gusto (vorremmo dire, l’odore) di quell’oleografia prima ricordata. Sanno d’irresponsabilità e di gaia incoscienza, di neghittosità e di pressappochismo. Sia chiaro: chiunque avrebbe potuto incappare, quel giorno, in un’assenza inopportuna. Il moralismo ha spesso un sapore rancido: quelle postazioni vuote, dunque, non vanno considerate una a una, incollate in calce a una sequenza di foto tessera con nomi e cognomi e con glosse che si vorrebbero esilaranti, nell’ennesimo esercizio di maramalderia giornalistica. È assai più utile, invece, politicamente parlando, tirare le somme del voto che giovedì scorso, alla Camera, ha affossato definitivamente amnistia e indulto. Anche in questa circostanza, dopo tutti gli impegni solennemente ribaditi quel 27 dicembre, si sono registrati una scomposizione e un rovesciamento delle parti tra le coalizioni che lascia sbigottiti e certamente non offre all’opinione pubblica un quadro chiaro delle ragioni in campo. È dal 1990 che non viene varato un provvedimento di amnistia; mai "intervallo" fu più lungo, nella storia dell’Italia repubblicana, proprio mentre le presenze negli istituti di pena registrano un record esorbitante (60.000 detenuti quando le strutture potrebbero ospitarne al massimo 40.000). Ma la desolazione che emerge da questi goffi rivolgimenti parlamentari - Ds e Margherita che votano contro l’amnistia, insieme a Lega e ad An - non è la stessa che si respira, spessa e soffocante, negli istituti di pena, sparsi sul territorio nazionale: quella è fatta di cifre ruvide e crudeli. Ne ricordiamo, qui, una sola: a fine dicembre 2005, i bambini (da zero a tre anni) reclusi in carcere con le proprie madri sono 50. La situazione del sistema penitenziario italiano, poi, la racconta efficacemente Patrizio Gonnella, presidente di Antigone: "A Verona vivono tre detenuti in celle pensate per uno; a Piacenza vive più del doppio dei detenuti che il carcere potrebbe ospitare, in una struttura dove regolarmente piove all’interno; all’Ucciardone di Palermo più di cento detenuti di troppo vivono in celle fatiscenti dove la luce del sole penetra scarsamente (e, aggiungiamo noi, in quel carcere la doccia la si fa una volta alla settimana). A Bari abbiamo celle di 18 metri quadri che ospitano ognuna sei detenuti, quasi sempre chiusi dentro per venti ore al giorno: togliendo bagno, letti e mobili, resta circa un metro quadro a disposizione di ciascun detenuto; a Poggioreale a Napoli (...) si vive fino a 18 persone insieme, dividendosi l’unico bagno e l’unico tavolo disponibili...". E così via, seguendo la mappa accidentata di una geografia della sofferenza: ma - come ci esorta a fare il ministro della Giustizia, quel sant’uomo di Roberto Castelli - "smettiamola di accreditare i nostri penitenziari come un inferno". Questo sì che è "parlare chiaro e tonto" (Diego Abatantuono, Grand Hotel Excelsior, 1982).

Giustizia: controlli sui giudici, raffica di no a Castelli

 

Il Gazzettino, 19 gennaio 2006

 

È soddisfatto il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, perché "seppur di poco", la giustizia sta meglio oggi di cinque anni fa, quando la Cdl si è insediata a Palazzo Chigi. È quanto ha sostenuto nella sua relazione annuale (presentata ieri alla Camera e l’altro ieri al Senato) il ministro-ingegnere. Tutte storie, ribattono dal centrosinistra: Castelli, dicono, è stato il peggior ministro degli ultimi vent’anni. Uno che, è parola, di Anna Finocchiaro (Ds) ha "poche idee e confuse". Alcune di queste idee, il Guardasigilli è tornato a spiegarle. Ha ribadito, ad esempio, che la ex legge Cirielli provocherà 35 mila prescrizioni l’anno. E che la proposta di istituire una sorta di tribunale dei magistrati (ma guai a chiamarlo così davanti al ministro) viene dritta dritta dal centrosinistra e, più in particolare, dal diessino Violante. Questi conferma, anche se giura che la sua proposta è tutt’altra cosa.

Nel dilagare delle polemiche, il Guardasigilli spiega: "Non dico che la sezione disciplinare del Csm non sia imparziale, ma indubitabilmente non è terza. Il giudice deve essere terzo e imparziale". Ovviamente la proposta di un "organo indipendente" per le sanzioni disciplinari dei magistrati manda su tutte le furie il Consiglio superiore della magistratura e l’Associazione nazionale magistrati. La relazione del ministro, dicono i magistrati, è disarmante, fallimentare, un’occasione persa. Su tutti i fronti. Definitivo il commento del Procuratore generale della Cassazione, Francesco Favara sul "tribunale" dei giudici: "È un’idea incostituzionale ed inaccettabile". Concorda il centrosinistra.

Ma Castelli, indifferente alle critiche, ribadisce di aver fatto un ottimo lavoro, per quanto è possibile. Così torna a ripetere che le carceri si svuotano, costruendone di nuove. E, tra le sue medaglie, cita il fatto che ogni magistrato, oggi come oggi, ha un computer. E non è poco. Afferma poi che, sul fronte dell’ex Cirielli, non c’è niente di nuovo sotto il sole, nel senso che gli effetti - circa 35 mila prescrizioni in più - erano ben noti. Commenta il presidente di "Nessuno tocchi Caino", Sergio D’Elia: "I dati di Castelli confermano quello che avevamo denunciato con la marcia di Natale per l’amnistia. Esiste in Italia un’amnistia di classe, strisciante e di massa chiamata prescrizione, decisa di fatto da Procuratori della Repubblica e Procuratori legali, che cancella ogni anno centinaia di migliaia di processi". Nel senso che i povericristi, spesso recidivi, restano dentro e chi ha i soldi e la fedina penale pulita esce, grazie all’ex Cirielli, che accorcia - e addirittura dimezza - i tempi della prescrizione.

Se il centrosinistra s’infiamma e spara a zero contro il "peggior ministro" degli ultimi anni, uno che "pensa di cavarsela con la demagogia e il celodurismo", i magistrati sono davvero fuori dalla grazia di Dio. C’è anche chi, è il caso Condorelli (Movimento per la Giustizia), invita i colleghi a non dialogare con il Guardasigilli. Dice chiaro e tondo: "È inutile sprecare parole, anche perché, comunque e inesorabilmente, insufficienti a dare la misura delle offese e dei disastri provocati". Cosa ancor più grave, dichiara il verde Pecoraro Scanio, toccherà al prossimo governo "avviare una rapida e rigorosa riforma a partire da un nuovo codice penale e dalla cancellazione degli effetti devastanti delle legge ad personam approvate in questi anni". Nella lista, anche la ex Cirielli e la cosiddetta legge Pecorella che, di fatto, impedisce all’accusa di ricorrere in appello in caso di assoluzione.

Bergamo: degrado e organici, agenti in presidio

 

Ansa, 19 gennaio 2006

 

Sovraffollamento, carenze d’organico e alloggi in condizioni di grave degrado: sono questi i problemi che gli agenti di polizia penitenziaria della casa circondariale di via Gleno, a Bergamo, sono tornati a denunciare con un presidio davanti alla sede della Prefettura, in via Torquato Tasso. Una mobilitazione decisa da Cgil e Cisl per richiamare l’attenzione delle istituzioni locali su una situazione che, secondo gli organizzatori della manifestazione "richiede interventi tempestivi". "Purtroppo - spiega Luis Lageder, segretario della Fps-Cisl - il direttore del carcere, Antonio Porcino, e il prefetto, Cono Federico, continuano a sottovalutare la gravità delle questioni sul tappeto. Quest’ultimo, in verità, proprio nei giorni scorsi ci ha inviato una lettera nella quale ha assicurato il suo interessamento in merito alle questioni da noi sollevate. Ma non basta. Noi chiediamo un incontro". La situazione della casa circondariale bergamasca è riassunta secondo i manifestanti da due numeri: i detenuti sono 450, quando al massimo il carcere potrebbe ospitarne 200, mentre le guardie carcerarie sono di poco sopra le 200 unità, 40 in meno di quanto sarebbe necessario.

Droghe: Cartello; fermiamo lo stralcio della legge Fini

 

Ansa, 19 gennaio 2006

 

Quanto al merito della proposta governativa, che secondo Giovanardi è stata modificata dopo i suggerimenti scaturiti dalla Conferenza di Palermo, l’elenco delle critiche del Cartello è lungo. Si va dal fatto che il provvedimento "rimane sostanzialmente immutato nel quadro generale e nei principi sanciti nel ddl Fini, in particolare in merito alla volontà di punizione e all’attacco al sistema dei servizi", al fatto che "aver mantenuto un’unica tabella per tutte le sostanze e aver demandato a un gruppo tecnico-scientifico del ministero della Salute la definizione delle quantità sopra le quali scatta l’accusa di spaccio, significa attribuire a una commissione tecnica la determinazione di un reato penale, cosa insostenibile in termini di diritto".

Ancora, secondo il Cartello, aver attribuito alle Regioni la responsabilità di concedere alle strutture del privato sociale la facoltà di certificare lo stato di tossicodipendenza è "un’astuzia con la quale il Governo tenta di invadere una competenza non sua". Infine, "promuovere l’obbligo alla cura nelle strutture residenziali come unica alternativa al carcere - sottolineano - porterebbe le comunità a trovarsi in una situazione di sostanziale ricatto: o accettano di ospitare le persone soggette alle pene previste nel provvedimento, pur se non motivate o adeguate a tali percorsi, o impediscono a tali persone di sfuggire al carcere". Il Cartello promuove perciò un appello dal titolo "Fermiamo lo stralcio Giovanardi!", che si può sottoscrivere inviando una e-mail all’indirizzo cartello dipendenze cnca.it, e invita alla mobilitazione, a cominciare dal presidio che si terrà dinanzi al Parlamento a partire dalle ore 12.00 di martedì 24 gennaio, a cui saranno presenti anche le organizzazioni aderenti a ConFiniZero.

Giustizia: Castelli; fermezza, ma con misure decongestionanti

 

Ansa, 19 gennaio 2006

 

Linea della "fermezza" ma accompagnata da "misure decongestionanti" per le carceri che tuttavia non offendano "la sete di giustizia dei cittadini e delle vittime di reati". È la politica penitenziaria indicata dal Guardasigilli nella sua relazione al Senato. "Sono profondamente convinto che, in questo momento storico, caratterizzato, da un lato da una sempre maggior richiesta di sicurezza che promana dalla società e dall’altro dalla percezione di insicurezza che la piccola criminalità, legata al fenomeno dell’ immigrazione clandestina, crea, non possa esservi altra politica - ha detto il ministro- se non quella di fermezza, pena una grave protesta da parte dei cittadini". Una politica che ha "come coerente conseguenza l’ aumento della popolazione penitenziaria"; "pertanto occorre proseguire con determinazione sulla strada intrapresa, anche e soprattutto, al fine di garantire ai detenuti una sistemazione civile" ha aggiunto Castelli ribadendo la sua convinzione: "lo Stato ha il diritto dovere di togliere la libertà a chi viola le leggi, ma non può privarlo della dignità ". nello stesso tempo, secondo Castelli, "dovranno essere individuate misure decongestionanti, che possono essere perseguite, senza offendere la sete di giustizia dei cittadini e delle vittime dei reati. Penso - ha spiegato- al lavoro come forma di risarcimento nei confronti della società, penso a interventi a favore delle detenute madri e più in generale, verso quei detenuti che hanno figli a carico". Castelli ha anche parlato dei provvedimenti adottati dal governo in materia di lotta alla criminalità organizzata: "vanno mantenuti e incrementati", visto che "si sono dimostrati efficaci". Come pure ha ricordato che "per la prima volta nella storia della Repubblica" è stato applicato il regime del carcere duro anche ad alcuni terroristi, "a testimonianza della determinazione del governo nella lotta a questo triste fenomeno". E ancora in tema di contrasto alla criminalità , Castelli ha sottolineato la necessità "che il Parlamento vari la legge di trasposizione relativa alla decisione quadro in materia di congelamento dei beni da sottoporre a sequestro o confisca".

Treviso: il Csv provinciale chiede nuova sede per l’Ipm

 

Redattore Sociale, 19 gennaio 2006

 

"È necessario trovare al più presto una nuova sede per l’Istituto penale minorile di Treviso. Questo contribuirebbe a risolvere il grave disagio in cui i ragazzi sono costretti a vivere e in questo modo si libererebbero anche spazi da riservare al carcere degli adulti, per alleviare almeno in parte il problema dell’esubero di presenze". Così il presidente del Centro di servizio per il volontariato della provincia di Treviso, Alfio Bolzonello, interviene nel dibattito sul sovraffollamento negli istituti penali veneti - compreso quello trevigiano - recentemente evidenziato da una ricerca dell’Eurispes, richiamando l’attenzione sul grave problema del carcere minorile (l’unico del Triveneto) la cui "inadeguatezza logistica ostacola e limita il processo di rieducazione e reinserimento dei ragazzi nella vita sociale e di vanificare la professionalità e l’impegno di operatori e volontari".

"La tematica è così importante e urgente che su di essa il volontariato trevigiano interpellerà i candidati alla presidenza della Provincia durante la prossima tornata elettorale. A ciascuno chiederemo di assumersi l’impegno concreto, se verrà eletto, per una nuova sede per il minorile e in generale lo solleciteremo a far propria la tematica carceraria", spiega. Il Centro di servizio e il Coordinamento delle associazioni di volontariato della provincia di Treviso, che rappresenta più di duecento associazioni di volontariato in tutta la Marca, sono da tempo fortemente impegnati attorno a questo problema, per il quale hanno avviato un tavolo di confronto con le istituzioni del territorio. "Non è possibile continuare con questa situazione. Le necessità oggettive sono ormai sotto gli occhi di tutti. E riteniamo che, risolvendo il problema del minorile, ne deriverebbe un aiuto anche per il carcere degli adulti, che potrebbe così utilizzare gli spazi lasciati liberi. Potrebbe essere almeno un primo segnale di buona volontà, per passare poi ad ulteriori e più efficaci scelte" conclude il presidente.

Ancona: il nuovo carcere è già un problema…

 

Il Messaggero, 19 gennaio 2006

 

Per ora il nuovissimo carcere del Barcaglione conta solo otto detenuti. Ma a pieno regime potrebbe arrivare ad ospitarne 180. Le conseguenze di un suo possibile riempimento sono sotto gli occhi di tutti: un via vai di avvocati e familiari in visita, che non potrà non ripercuotersi sulla già penalizzata viabilità della zona, peraltro priva di un servizio di trasporto pubblico con il centro città. Di lì gli autobus non passano. A due giorni dalla cerimonia del taglio del nastro, prende atto del problema il neo direttore Maurizio Pennelli, che ieri ha chiesto un incontro all’assessore alla mobilità Emilio D’Alessio per ottenere l’allestimento di un bus - navetta. D’Alessio, dal canto suo, si è impegnato a ricevere Pennelli entro la prossima settimana, anche se l’amministrazione non sembra affatto intenzionata a farsi carico di una nuova linea autobus.

Lo rivela l’assessore al patrimonio Roberto Stecconi, che proprio in questi giorni sta tentando di definire la più volte annunciata cessione della strada del Barcaglione, attualmente "vicinale" e quindi di proprietà degli abitanti delle lussuose ville che vi si affacciano, al Comune. "Nel caso in cui si concretizzi il passaggio di proprietà - osserva Stecconi - l’amministrazione provvederà all’illuminazione, al rifacimento del manto del stradale e alla costruzione di marciapiedi. Ma l’autobus proprio no. Il Comune, considerato il budget già ridotto all’osso, non ha la possibilità di finanziarlo. Già ci facciamo carico di collegamenti extra, come quello verso l’ospedale di Torrette, per fornire un servizio alla comunità. Ma il carcere non è un’opera che serve alla collettività e noi non possiamo certo andare ad aumentare la pressione fiscale sui cittadini per allestire un servizio di trasporto pubblico che esula da finalità di interesse collettivo. Se l’amministrazione penitenziaria vuole un autobus, deve pagare".

In caso di acquisizione della strada, il Comune è dunque pronto a correre ai ripari contro la maggior parte delle criticità della strada del Barcaglione, quelle stesse che hanno più volte innescato la protesta dei residenti. Penserà ad un impianto di illuminazione e ad un rifacimento del manto - attualmente sconnesso - ma niente bus. Il primo grattacapo per il neo direttore del carcere, alle prese in questi giorni anche con gli ultimi dettagli per consentire alla nuova struttura di acquistare piena operatività. "Tra oggi e domani - spiega Pennelli - verranno allestite le apparecchiature necessarie a contabilizzare le telefonate dei detenuti, mentre in settimana procederemo all’allacciamento del gas con la cucina". Tasselli per ora mancanti, che avevano destato preoccupazione tra i primi avvocati in visita al carcere. "Sarà tutto a posto nel giro di pochissimo tempo" conclude il direttore, che precisa anche come "i detenuti non stanno certo morendo di fame. Si cucinano da soli, grazie al piano cottura di cui è dotata ogni cella". Dulcis in fundo: presto dovrebbe arrivare il nono ospite, un detenuto di professione cuoco.

Bologna: nel carcere della Dozza 1.045 detenuti (608 di troppo)

 

Redattore Sociale, 19 gennaio 2006

 

Il carcere della Dozza di Bologna è nato per ospitare 437 persone: alla fine del 2005 c’erano 1.045 detenuti (608 di troppo). In particolare, c’è un’eccedenza di carcerati del 127% nella sezione giudiziaria maschile (557 persone), del 30% in quella penale (23) e del 57% nel "braccio" femminile. I dati arrivano dal secondo rapporto semestrale dell’Ausl di Bologna che certifica come il sovraffollamento delle celle "peggiora ad ogni sopralluogo": le celle di 10 metri quadrati previste per una persona sono "effettivamente occupate da 2-3 detenuti". E il sovraffollamento riguarda anche il carcere minorile della città, il Pratello: 16 detenuti (15 stranieri) contro i 12 ammessi. Alla Dozza, si legge ancora nel rapporto dell’Ausl, c’è un’area infestata da topi, piccioni e scarafaggi. Non solo: nel 2005, ci sono stati 8 casi di sospetta scabbia, 3 casi di Tbc e malattie tuberclolari sono state riscontrate anche al Pratello. "Bologna non si sottrae alla situazione disastrosa in cui versa il sistema penitenziario italiano, caratterizzato da un sovraffollamento inaccettabile – ha sottolineato l’onorevole Katia Zanotti leggendo il rapporto dell’Ausl -. Molte visite e colloqui con la direttrice della Dozza mi avevano da tempo confermato la situazione drammatica anche dal punto di vista sanitario, con casi di scabbia, tbc, aids, ma anche problemi di salute mentale. Bologna sconta come le altre realtà italiane una riduzione gravissima di risorse, e le ultime scelte del centro destra, come la legge ex Cirielli e la proposta di Fini sulla tossicodipendenza, vanno verso un aggravamento della situazione. Auspico che nell’agenda dell’Unione lo stato delle carceri sia considerato una priorità, perché è indice di civiltà di un paese. Il recente voto in Parlamento, che ha bloccato l’amnistia, non ha certo aiutato a dare un segnale in questa direzione".

E proprio della situazione delle carceri bolognesi si discuterà domani, venerdì 20 gennaio, in occasione del congresso "Dentro e fuori. Carcere e Città", promosso dal Comune di Bologna e voluto dalle associazioni che lavorano sul tema del carcere, in programma a Palazzo dei Notai (Sala Conferenze, via dè Pignattari 1) a partire dalle 10 del mattino. "Nei dibattiti sul sistema penitenziario italiano - sottolineano gli organizzatori - si continua a parlare di rieducazione, di pena costituzionalmente orientata (art. 27 Cost.), di recupero e di integrazione, di necessità di garantire l’applicazione delle misure alternative al carcere previste dall’ordinamento penitenziario. Ma la realtà indica invece sovraffollamento, carenza di assistenza sanitaria, di formazione, lavoro, abitazioni, istruzione, di opportunità sociali, sia durante che dopo la detenzione. A volte però la condizione delle persone detenute potrebbe migliorare, la durata stessa della detenzione potrebbe ridursi o addirittura la privazione della libertà personale venir meno, se solo ci fosse più informazione su ciò che si può fare dentro e fuori il carcere". Per questo le associazioni che lavorano sul tema del carcere hanno voluto coinvolgere l’amministrazione comunale e provinciale in un percorso capace di individuare nel territorio strumenti concreti per ridurre gli effetti negativi della privazione della libertà personale. La giornata seminariale sul carcere conclude un ciclo di incontri, approfondimenti e visite al carcere del Pratello e della Dozza che le Commissioni Quinte di Comune e Provincia di Bologna hanno portato avanti per oltre un anno, raccogliendo l’invito alla costruzione di un territorio più accogliente verso chi è o è stato detenuto. Al convegno intervengono, tra gli altri, il Sindaco di Bologna, Sergio Cofferati, la Presidente della Provincia di Bologna, Beatrice Draghetti, il Presidente della Commissione Sanità, Politiche Sociali, Politiche Abitative e della Casa del Comune di Bologna, Valerio Monteventi, Maria Luisa Cavallari per le Associazioni di volontariato che operano dentro e fuori il carcere, Alessandro Margara, Presidente della Fondazione Giovanni Michelucci, Maria Longo, Magistrato di Sorveglianza, Desi Bruno, Garante per i diritti delle persone private della libertà personale.

Caserta: troppi detenuti, pochi agenti di custodia…

 

Il Mattino, 19 gennaio 2006

 

"Dalla protesta dei detenuti emerge il triste dato del sovraffollamento che è un po’ la causa di tutti i mali. I dati aggiornati ci parlano di 850 reclusi, un numero eccessivo che va oltre la tolleranza consentita nella struttura sammaritana. Basti pensare che gli agenti sono 350 e che a fronte dei turni e degli impegni nei vari quadranti si arriva ad un rapporto di un agente ogni sessanta detenuti. Circostanza, insieme agli altri problemi che interessano il personali, che abbiamo evidenziato più volte nel corso di incontri, con comunicazioni ai vertici dell’amministrazione penitenziaria e con altre forme di proteste". A parlare è Pasquale Montesano, segretario nazionale dell’Osapp, una delle maggiori sigle sindacali della polizia penitenziaria, che all’indomani della protesta dei detenuti sammaritani traccia un’analisi del malessere che coinvolge inevitabilmente carcerati e carcerieri. Nei giorni scorsi, in una lettera inviata alla direzione del carcere, i reclusi sammaritani avevano lamentato una serie di problemi per attirare l’attenzione delle istituzioni, soprattutto, sulle condizioni umane di chi vuole vivere dignitosamente anche la vita carceraria. Ma c’è anche la vita lavorativa del personale di polizia penitenziaria a soffrire, il corpo che per legge ha anche il compito di favorire il reinserimento sociale dei detenuti.

Eppure l’organico attuale è quello di dieci anni fa, quando il numero dei detenuti era il venti per cento in meno rispetto a oggi. L’Osapp, anche durante una manifestazione, tenutasi a dicembre sui problemi dei penitenziari campani, aveva evidenziato la particolare attività del corpo di polizia penitenziaria che svolge anche il compito delle traduzioni dei detenuti con l’impegno di molti uomini contrariamente al passato, quando lo stesso compito veniva svolto dai carabinieri. "E a differenza di tutti gli altri corpi di polizia penitenziaria europea - aggiunge Montesano - quello italiano è l’unico a svolgere non solo compiti di sorveglianza, ma anche di supporto a tutte le altre attività del carcere, come ad esempio il servizio per il sopravitto mensa, la segreteria, i corsi di formazione e istruzione e altro, con un impegno stressante se si considera l’esiguo numero di personale".

Il sindacato parla di "sorda chiusura al confronto dell’autorità politica del ministero della Giustizia in tema di organici e una constatata riluttanza al dialogo con le organizzazioni sindacali", mentre il sovraffollamento degli istituti è in continua e preoccupante ascesa, determinando carichi di lavoro insopportabili. A ciò, lamenta l’Osapp, si aggiunge l’insufficienza del monte ore di lavoro straordinario assegnato alle singole strutture e la mancata razionalità nella distribuzione e utilizzo; le gravi e scarse condizioni di sicurezza per il personale che rispetto alle situazioni accennate rimane gravissima anche per l’assenza dei necessari correttivi strutturali nelle varie realtà penitenziarie, in particolare nella Regione Campania; l’assenteismo dell’amministrazione centrale e periferica per i necessari e risolutivi interventi sul territorio per il risanamento delle disfunzioni; il mancato rispetto delle norme che regolano le relazioni sindacali.

Chiavari: Gino Paoli e Dario Fo doppieranno film dei carcerati

 

Secolo XIX, 19 gennaio 2006

 

Voci prestate al carcere: Gino Paoli, Luciana Littizzetto, il premio Nobel Dario Fo, sua moglie Franca Rame. Per il momento si tratta di un’indiscrezione ma dovrebbero essere questi i doppiatori d’eccezione per il prossimo cortometraggio in produzione fra le mura della casa circondariale di via Brizzolara. Dopo il successo del corto di Natale "La fame si intuisce", trasmesso anche su Rai3 durante le festività natalizie, gli studenti del corso di grafica tenuto in carcere dagli insegnanti del Caboto sono già al lavoro per una nuova produzione.

Top secret sul titolo, anche se il testo è già stato abbozzato e l’inizio delle riprese è imminente: secondo il programma finanziato dalla Provincia - 11 mila euro destinati anche ad altre attività - il minifilm dovrà essere pronto entro giugno. Massimo riserbo anche sulla trama. "Una sorpresa", nicchia Maria Milano vulcanica direttrice del carcere. La donna che ha portato la scuola in cella, che ha istituito lo sportello informativo per i detenuti stranieri, che sta seguendo i lavori di ampliamento della casa circondariale, ha in cantiere un’attività dietro l’altra per i detenuti del carcere che dirige da due anni.

Fra questi, la collaborazione con la regista genovese Alessandra Vannucci, altra donna di grande personalità che è entrata con il suo lavoro nel carcere di San Paolo del Brasile: ha fatto recitare insieme carcerati e guardie su un unico palcoscenico, quello del teatro dell’Oppresso. Funziona così, un attore chiamato Jolli stuzzica il pubblico con situazioni di oppressione e chiede allo spettatore di mettere in atto la sua personale reazione alle circostanze. Proprio questa mattina la regista genovese presenterà il suo stage teatrale alla quindicina di detenuti, guardie e volontari che si sono già iscritti al corso.

"Lo stage culminerà a giugno in uno spettacolo - spiega ancora Milano - L’aspetto più interessante per cui ho accolto e sostenuto l’iniziativa è la collaborazione fra i detenuti e il personale in un percorso che non può che migliorare il livello di comunicazione e quindi la qualità della vita fra le mura del carcere".

 

 

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