Rassegna stampa 28 febbraio

 

Padova: Uepe, un carcere senza sbarre per 550 detenuti

 

Il Gazzettino, 28 febbraio 2006

 

Pochi lo sanno, ma a Padova esiste l’Ufficio esecuzione penale esterna (Uepe) che "amministra" 550 condannati, alcuni anche per reati gravi, che stanno saldando il conto con la giustizia al di fuori del carcere. Una vera e propria prigione senza sbarre il cui direttore è il dottor Leonardo Signorelli.

 

Direttore, non crede che ci sentiremmo tutti più sicuri se i criminali rimanessero rigorosamente in carcere?

"Credo che tutti, nell’esprimere una valutazione, dovrebbero ricordare una cosa fondamentale, che prima o poi il detenuto uscirà dal carcere. Carcere che, inutile nasconderselo, spesso finisce con l’acuire le devianze. Se uno va dentro perché ruba biciclette state certi che quando verrà fuori ruberà le auto. In un istituto di pena possiamo avere tutte le misure di vigilanza che vogliamo ma è ovvio che la reclusione, alla fine, consente ai criminali di conoscersi. Ridare una nuova vita a un condannato, anche per reati gravi, non significa solo svolgere una funzione sociale ma lavorare concretamente per migliorare la sicurezza. Più conosciamo l’individuo, più lo controlliamo".

 

Ma intanto il malvivente è libero…

"È libero di andare a lavorare, di rifarsi una vita, non di delinquere. Forse nessuno lo sa ma non capita di rado che sulla base dei nostri accertamenti il giudice di sorveglianza disponga la revoca facendo ritornare in carcere la persona. Annualmente questo provvedimento scatta nei confronti del cinquanta per cento di quanti sono usciti grazie all’indulto mentre la media per le altre misure alternative non supera il quattro per cento. Non accade di rado che grazie alla nostra vigilanza siano stati sventati fenomeni delittuosi".

 

Dunque, questi 550 detenuti in "libertà" non devono preoccupare?

"Il nostro metodo funziona grazie alla grande collaborazione con i due giudici di sorveglianza, Antonino Cappelleri e Giovanni Maria Pavarin, oltre che con polizia e carabinieri. Di chi sta scontando una pena fuori dal carcere noi sappiamo tutto. Dove e quando lavora, conosciamo la famiglia, parliamo con il medico che eventualmente lo ha in cura, ci informiamo su chi frequenta. Così vediamo se realmente la persona sta cambiando vita e, comunque, vigiliamo su di lui. Il problema è che siamo in pochi. Il nostro ufficio ha undici assistenti sociali, ognuno dei quali segue 150-160 detenuti, visto che oltre di quelli liberi ci interessiamo anche di chi è ancora in carcere. La reclusione dovrebbe essere la soluzione estrema o brevemente momentanea. Tenere un individuo dietro le sbarre per cinque o dieci anni senza seguirlo non serve a niente. Se fossimo di più potremmo ottenere ottimi risultati consentendo allo Stato di avere un risparmio economico non indifferente. Non dimentichiamo che ogni detenuto ci costa oltre 200 euro al giorno".

 

Se poi, però, accade la tragedia...

"Noi, di fatto, gestiamo un carcere, anche se è aperto e nessuno conosce o vuol conoscere. Io dico solo, dateci la possibilità di trattare l’individuo con mezzi appropriati. Se poi sgarra, allora sì, lasciamolo in carcere ma solo perché davvero non ci sono alternative".

 

Affidamento per 148, semilibertà per altri 41

 

I detenuti che scontano la pena fuori dal carcere usufruiscono di misure alternative differenti. Dei 550 amministrati dall’Uepe di Padova, circa 200 sono a fine pena. Gli altri, invece, sono così suddivisi. Affidati 148 (26 stranieri), detenuti domiciliari 82 (15), detenuti domiciliari provvisori 19 (10), semiliberi 41 (7), liberi vigilati 20 (2), indultinati 17 (1), liberi controllati 11 (2). I semiliberi, a differenza degli altri, la sera ritornano a dormire in carcere ma trascorrono il resto della giornata fuori. I detenuti domiciliari, invece, devono scontare la pena rigorosamente in casa e non possono uscire. Tutti gli altri, infine, sono liberi ma devono sottostare a regole rigorose: devono avere un domicilio e un lavoro in regola, non devono frequentare pregiudicati e se sono tossicodipendenti o alcolisti devono seguire le cure mediche. Per la revoca non serve che commettano reati, basta il mancato rispetto di questi vincoli.

 

Esecuzione penale esterna: 21 assistenti, 15 volontari

 

L’Uepe, l’Ufficio esecuzione penale esterna, dipende dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. La sede è a Padova, in via della Navigazione Interna 38, e ospita 11 assistenti sociali, un agente della polizia penitenziaria e 15 volontari. Il direttore è Leonardo Signorelli. L’Uepe contribuisce a realizzare percorsi di trattamento, riabilitazione e reinserimento sociale nei confronti di persone condannate e che si trovano in stato di libertà, in misura alternativa o in detenzione. Il lavoro viene svolto con costante relazione con il magistrato di sorveglianza, gli istituti penitenziari, le Ulss, le associazioni di volontariato, le comunità terapeutiche e gli enti pubblici o privati. All’interno dell’Uepe è attivo lo Sportello informativo gestito da volontari contattabile al numero 049.7811950. È una struttura intermedia tra gli Uepe e gli utenti.

Venezia: un ciclo di incontri formativi per gli aspiranti volontari

 

Il Gazzettino, 28 febbraio 2006

 

Si intitola "Oltre il carcere" il ciclo di incontri formativi dedicati ad aspiranti volontari ma anche a giovani studenti e cittadini che desiderano dedicare parte del proprio tempo a persone che vivono nella marginalità tra il Comune di Venezia e la Riviera del Brenta. Una serie di appuntamenti legati al progetto "Sos oltre il carcere" finalizzato a sensibilizzare e promuovere il volontariato all’esterno delle carceri attivando una rete solidale esterna alla struttura penitenziaria per sostenere coloro che scontata la pena si trovano disorientati e bisognosi di indicazioni ma anche per affiancare quei minorenni anche tossicodipendenti con problemi giudiziari della Riviera del Brenta.

Ad organizzare gli incontri settimanali, che si terranno fino al 27 aprile nella sede della Cooperativa Olivotti in via Nazionale a Mira, sono l’associazione Incontro e Presenza di Mira, in collaborazione con il Centro di Servizio per il Volontariato di Venezia, il Centro Italiano di Solidarietà di Mestre e la Cooperativa Olivotti di Mira. "Un corso di formazione per volontari e operatori nell’ambito del disagio e della marginalità sociale - spiega Monica Lazzaretto tra le formatrici del corso - che lavorerà sulla comunicazione, sul rapporto con i detenuti e il territorio, e sull’ascolto.

Persone disposte a seguire detenuti agli arresti domiciliari o ad affiancarli in attività di inserimento lavorativo. Lo scorso anno un’analoga iniziativa ha visto la partecipazione di oltre 70 persone. Gli incontri hanno ottenuto l’attenzione da parte delle consulte del volontariato di Mira, Dolo, Fossò e Fiesso d’Artico impegnate a lavorare nella marginalità ma anche dalle classi quinte delle scuole superiori. Alcuni ragazzi orientati a indirizzi universitari dedicati al sociale, psicologia, sociologia e assistenza sociale e altro, - spiega la dottoressa Lazzaretto - hanno chiesto di partecipare agli incontri per avere un primo confronto con l’impegno sociale e l’attestato conclusivo sarà utile anche come credito formativo all’esame di maturità". L’iscrizione agli incontri settimanali, il prossimo si terrà giovedì 2 marzo, è gratuita e prevede il rilascio di un attestato finale di frequenza al corso. Per informazioni e iscrizioni telefonare ai numeri: 041.420113 o 041.420349.

Roma: convegno "Salute in carcere, parliamone senza censura"

 

Adnkronos, 28 febbraio 2006

 

"La salute in carcere: parliamone senza censure". È questo il titolo del convegno, che si terrà mercoledì a Roma, nel corso del quale verranno presentati, dalla Direzione generale dei detenuti e del trattamento, del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, i rilievi epidemiologici relativi alle patologie più diffuse nella popolazione carceraria. I più grandi esperti del settore analizzeranno i diversi aspetti della complessa realtà del servizio sanitario penitenziario attraverso un confronto senza censure, il primo a livello nazionale, tra politici, dirigenti sanitari degli Istituti Penitenziari, Provveditori Regionali, medici e associazioni non governative.

Il confronto verterà su alcune tematiche particolari: la condizione della popolazione carceraria affetta patologie quali la tossicodipendenza anche in relazione all’ultima legge sulla droga (legge Fini- Giovanardi); i suicidi nelle carceri e il disagio psichico dei detenuti: interazione medici/detenuti; il delicato rapporto tra Istituti Penitenziari e società civile attraverso il supporto delle associazioni di volontariato; Comparazione tra la situazione europea e quella italiana: differenze e soluzioni; i risultati conseguiti nell’ambito dei progetti attuati dal servizio sanitario penitenziario, tra i quali Indice di Stato di Salute dei detenuti (Iss), Assistenza medica specialistica tramite la Telemedicina, Realizzazione di reparti per osservazione psichiatrica, terapie anti hiv in carcere, tutela dei diversamente abili, Prevenzione delle patologie della sfera genitale femminile. Ad aprire i lavori sarà Sebastiano Ardita, direttore generale dei Detenuti e del Trattamento promotore e ideatore del dibattito.

Interverranno tra gli altri il ministro della Giustizia Roberto Castelli, il capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Giovanni Tinebra, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano, il Garante per i detenuti di Firenze Franco Corleone, il Premio Nobel Rita Levi Montalcini, il Garante per i Detenuti del Comune di Roma Luigi Manconi, il Garante per i Detenuti della Regione Lazio Angelo Marroni, il presidente della Croce Rossa Massimo Barra e il direttore della Caritas Italiana Vittorio Nozza.

Roma: il "Forum per la salute" non sarà presente al convegno

 

Comunicato stampa, 28 febbraio 2006

 

Ministero di Giustizia e Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria hanno indetto, per il 1 marzo, il convegno nazionale "La salute in carcere: parliamone senza censura". Prendiamo atto che tra gli interlocutori non è prevista la presenza del Forum per il diritto alla salute in carcere e l’applicazione della legge 230/99 e che nella presentazione del convegno non è esplicitamente richiamata l’applicazione della legge, strategia fondamentale per garantire la salute in carcere.

La realtà della medicina penitenziaria ci consegna servizi sanitari impoveriti, diritti alla salute sempre più precari, nessuna verifica della qualità e dei rendimenti delle prestazioni di diagnosi, di cura e riabilitazione, prospettive confuse legate a una produzione normativa sulla medicina penitenziaria da contrapporre alla legge. 230/99. Intanto i reclusi continuano a soffrire e a morire: la loro condizione nasconde lo stato di una assistenza spesso inadeguata, di interventi tardivi e inappropriati. Sulle basi di questa situazione il Forum Nazionale per il diritto alla salute in carcere ha elaborato alcune proposte di applicazione fra cui:

trasferire alle Regioni, con vincolo di destinazione, le risorse finanziarie nella disponibilità del Ministero della Giustizia per la sanità penitenziaria, adeguandone la consistenza per garantire i livelli essenziali di assistenza sanitaria ai detenuti, adulti e minori, di tutte le tipologie carcerarie;

portare a rapida approvazione la proposta di iniziativa delle Regioni Emilia Romagna e Toscana per il superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg);

trasferire alle Regioni, di concerto con le organizzazioni sindacali confederali, il personale amministrativo, tecnico e sanitario allo stato impegnato nello svolgimento delle attività sanitarie per essere inquadrato nei ruoli nominativi del Servizio sanitario regionale;

trasferire alle Regioni la documentazione clinica riguardante i detenuti con gli arredi e le tecnologie diagnostiche utilizzate per il funzionamento della sanità penitenziaria.

Il Forum si rende disponibile ad incontri di approfondimento del problema nelle sedi e nei tempi che i promotori del Programma riterranno più opportuni.

Genova: punto clienti Inps nelle carceri di Marassi e Pontedecimo

 

Ansa, 28 febbraio 2006

 

"Punti clienti" per i detenuti in semilibertà o che lavorano all’ interno del carcere saranno allestiti dall’Inps nelle case circondariali genovesi di Marassi e di Pontedecimo per dare informazioni in tempo reale sulla loro posizione contributiva e pensionistica. Il protocollo d’intesa è stato siglato oggi dal provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria, Giovanni Salamone, e dal direttore regionale dell’Inps Giovanni Sibilio, alla presenza dei dirigenti degli istituti penitenziari di Marassi, Salvatore Mazzeo, e di Pontedecimo, Giuseppe Comparone. L’iniziativa prevede inoltre la formazione di personale qualificato nelle due case circondariali per fornire ai richiedenti le notizie a cui hanno diritto di accedere. "Si tratta di uno strumento di grande civiltà giuridica - ha spiegato Mazzeo - in quanto consentirà ai detenuti di collegarsi attraverso Internet al sito dell’Inps per acquisire informazioni di carattere generale, posizioni contributive e pensionistiche". Mazzeo ha aggiunto che l’iniziativa, per quanto riguarda la casa circondariale di Marassi, sarà utilizzabile da 50 detenuti in semilibertà e da 70 carcerati che svolgono lavori intramurari.

Giustizia: Ciampi sensibile a richieste polizia penitenziaria

 

Ansa, 28 febbraio 2006

 

Il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi condivide le preoccupazioni della Polizia Penitenziaria per il sovraffollamento delle carceri. Lo afferma Salvatore Sechi, consigliere del presidente per gli affari giuridici e le relazioni costituzionali, in una lettera inviata al sindacato autonomo Sappe. Il Sappe aveva scritto una lettera al capo dello Stato lo scorso 29 dicembre. Sechi, nella risposta, comunica al Sappe di avere interessato il capo del Dipartimento dell’ Amministrazione Penitenziaria, Giovanni Tinebra, per le valutazioni e le determinazioni di competenza sulle richieste contenute nella lettera. Tra le richieste del Sappe ci sono l’ assunzione definitiva di 500 ex agenti ausiliari, e maggiori fondi che permettano la predisposizione di piani straordinari per la sicurezza degli istituti di pena e per il personale.

Cremona: Cisl; le accuse al carcere sono solo strumentali…

 

La Provincia di Cremona, 28 febbraio 2006

 

"Ma quale carcere della vergogna: quello di Roberto Santini è soltanto un attacco politico": i vertici di Cisl replicano aspramente alle accuse del segretario generale di Sinappe (sindacato autonomo della polizia penitenziaria), che lo scorso giovedì ha visitato la casa circondariale di Cremona. Santini, al termine della sua ispezione, ha chiesto l’allontanamento della direttrice dell’istituto penitenziario Ornella Bellezza, denunciando la sua inefficienza e rilevando pure gravi carenze organizzative nell’attività svolta tra le mura carcerarie. Ieri il segretario generale di Cisl Mario Daina, l’operatore di Fps Cisl Gerardo Maffei e i delegati della Rsu del carcere Raffaele Lepore, Luigi D’Onofrio e Carmela Rizzo hanno risposto piccati alle accuse. "La Sinappe ha un preciso orientamento politico: il giudizio di Santini ci pare strumentale e inopportuno - le parole di Maffei. È vero che Cà del Ferro deve confrontarsi con seri problemi, ma non certo imputabili a chi ogni giorno opera con serietà, professionalità e impegno all’interno del carcere". Daina, invece, precisa come "la carenza di organico costringe gli agenti polizia penitenziaria a fare i salti mortali". Sono, infatti, almeno 20 gli effettivi che prestano servizio in sedi distaccate. "Non è nostro compito difendere la direttrice - sottolinea Daina -, ma conosciamo bene la situazione all’interno dell’istituto: il problema principale è che gli agenti continuano a diminuire, mentre i detenuti (già in sovrannumero) aumentano progressivamente. Non c’era bisogno che un sindacalista venisse da Roma per constatare ciò che già si sa. Piuttosto, Sinappe dovrebbe chiedere conto ai veri responsabili, ovvero i vertici nazionali dell’amministrazione che da anni si rifiutano di affrontare seriamente le problematiche di Cà del Ferro". Anche i delegati della Rsu contestano duramente le affermazioni di Santini: "L’attività svolta dai detenuti è varia e costante, tra corsi e lezioni di alfabetizzazione, calcio, musica, disegno, cucina, falegnameria e tanti altri. L’uscita di Santini ha scatenato solo malumori e generato distorsioni interpretative. Le difficoltà del carcere non si risolvono con facili mistificazioni".

Bologna: presto un consiglio comunale dentro la Dozza

 

Sesto Potere, 28 febbraio 2006

 

Il Consiglio comunale di Bologna ha approvato ieri, con 18 voti favorevoli dei gruppi di maggioranza e 7 contrari dei gruppi di minoranza, un ordine del giorno sulle iniziative da intraprendere per favorire le relazioni fra persone detenute e territorio. L’ordine del giorno è stato presentato dal consigliere Lo Giudice e sottoscritto dai consiglieri Monteventi, Calari, Delli Quadri e D’Onofrio.

Il Consiglio Comunale di Bologna, "preso atto della difficile situazione in cui si trova il sistema penitenziario italiano, gravato da una condizione di sovraffollamento che sarà resa ancor più intollerabile dalle misure introdotte con la legge "ex Cirielli" che, secondo quanto affermato dallo stesso Ministro della Giustizia Roberto Caselli, porterà nelle carceri italiane migliaia di detenuti in più", si impegna "a svolgere una propria seduta all’interno della Casa Circondariale della Dozza, al fine di consentire la partecipazione di persone detenute ai lavori consiliari, come segno di attenzione a questa parte della popolazione che vive sul territorio".

Il Consiglio Comunale inoltre invita la Giunta ad affidare una quota dei lavori pubblici alle cooperative sociali di reinserimento al lavoro di persone svantaggiate, esistenti sul territorio; "a valutare la possibilità di rendere fruibili abitazioni per persone detenute in misura alternativa o che hanno concluso il loro percorso di detenzione e per i loro familiari in visita, anche per facilitare le relazioni fra madre e figli; a sollecitare il trasferimento di competenze in campo sanitario dal Ministero della Giustizia all’Asl; a sollecitare gli enti preposti a garantire i servizi territoriali indispensabili come il consultorio, l’assistenza psichiatrica, l’attivazione di mediatori sanitari per persone straniere".

Nell’ordine del giorno si chiede al Parlamento e al Governo di "mettere fine all’esperienza dei Centri di Permanenza Temporanea, attraverso l’individuazione di soluzioni alternative che ne permettano la chiusura in tempi rapidi; di provvedere a risolvere il problema della carenza di organico del personale di polizia penitenziaria e di adottare misure atte ad aiutare il personale fuori sede a risolvere il problema abitativo"; e si chiede infine "di adottare tutte le misure necessarie a superare la situazione emergenziale in cui versa il sistema penitenziario italiano e ad affrontare la tendenza a incorrere in misure penali da parte di categorie fortemente colpite da disagio sociale".

A questo ordine del giorno- si ricorda in premessa dell’odg - si è giunti dopo un percorso di riflessione sulle tematiche relative alla restrizione delle libertà che ha portato all’istituzione del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale (26 gennaio 2004); dopo il percorso di udienze conoscitive condotte dal novembre 2004 al dicembre 2005 dalla Commissione Politiche Sociali del Comune di Bologna di concerto con la commissione Permanente Quinta della Provincia di Bologna;

dopo la sottoscrizione del Protocollo d’intesa tra il Comitato locale per l’area dell’esecuzione penale adulti presieduto dalla vicesindaco del Comune di Bologna e i rappresentanti del Terzo Settore; e dopo il confronto avvenuto all’interno del Convegno "Dentro e fuori - Carcere e Città", organizzato dalle commissioni consiliari citate, che si è tenuto il 20 gennaio 2006.

Ascoli: detenuto morto in carcere, giudice incompatibile

 

Il Messaggero, 28 febbraio 2006

 

La perizia è favorevole agli imputati, ma rischia di dover ricominciare da capo il processo per la morte di Giuliano Costantini, il fermano deceduto il 28 settembre del 2000 all’ospedale Mazzoni dove era stato ricoverato proveniente dal carcere di Marino. Imputati di omicidio colposo sono tre medici all’epoca in servizio nel penitenziario i quali, secondo il pm Umberto Monti, avrebbero tardivamente disposto il ricovero del detenuto dopo che questi aveva avuto un malore. Costantini morì per una grave setticemia dopo essere stato operato al Mazzoni.

La perizia ordinata dal Tribunale ha concluso ravvedendo sì una colpa da parte dei medici nella loro condotta, ma ha anche messo in forte dubbio il fatto che un ricovero più repentino avrebbe potuto salvare la vita al fermano. Nell’udienza di ieri, intanto, il giudice Emilio Pocci si è dichiarato "incompatibile" ed ha trasmesso il fascicolo al presidente del Tribunale Saverio Amico che dovrà ora decidere se accogliere o meno la richiesta del giudice di essere sollevato dall’incarico di presiedere il processo. In caso affermativo il fascicolo verrà assegnato ad un altro giudice il quale fisserà la data della prossima udienza.

L’eventuale nuovo giudice chiederà quindi alle parti di dare il consenso per il proseguimento del processo dando per acquisito tutto quanto svolto finora. Il dibattimento si è infatti aperto a ottobre 2004, è stata completata la parte istruttoria "sul fatto" e sono stati ascoltati tutti i testimoni: manca solo un’infermiera del carcere. Se le parti accetteranno, il processo proseguirà per ascoltare la donna e i consulenti di parte; quindi discussione e sentenza. Facile prevedere però che i legali degli imputati non daranno il consenso e così il processo potrebbe essere azzerato. "Nel qual caso cercheremo di far fissare udienze ravvicinate e procedere speditamente" ha detto ieri l’avvocato Francesca Palma, parte civile per conto dei familiari di Costantini, riferendosi al fatto che, tenendo conto delle attenuanti generiche, il reato contestato ai tre medici si prescriverebbe a marzo 2008.

Roma: il Comune tutela le donne nei processi per violenza

 

Ansa, 28 febbraio 2006

 

Le donne della Capitale saranno meno sole nel chiedere giustizia in caso di violenza sessuale perché avranno al loro fianco il Comune di Roma. Il sindaco di Roma, Walter Veltroni ha scelto un luogo e un momento decisamente simbolico per annunciare che il Campidoglio si costituirà "sempre" parte civile nei processi che riguardano le violenze alle donne. Lo ha fatto durante la cerimonia di intitolazione del centro antiviolenza, nel quartiere Torrespaccata, che da oggi porterà i nomi di Donatella Colasanti e Rosaria Lopez, vittime del massacro del Circeo. Il Campidoglio si è già schierato in passato a fianco di un donna vittima di violenza sessuale. "Lo abbiamo fatto - ha ricordato il sindaco - per un processo di stupro riguardante una donna romena violentata da un suo connazionale alla fine dello scorso anno".

Nel processo di primo grado il violentatore, Emanuel Saicir, di 23 anni, è già stato condannato a 5 anni di reclusione. "E da oggi - ha aggiunto Veltroni - continueremo a farlo". E ad ascoltare le parole del sindaco, tra la gente, c’era proprio la giovane romena violentata nel novembre del 2004, in incognito e accompagnata dal suo legale, assieme ad altre donne, tutte in incognito, assistite dal centro di Torrespaccata. La giovane era stata violentata a tarda sera, mentre tornava a casa dal lavoro e subito soccorsa da un’autista di autobus. Il tribunale, in quell’occasione, aveva riconosciuto l’importanza della partecipazione al processo del Comune di Roma, rappresentato dall’avvocato comunale Nicola Sabato.

Una scelta, quella del 16 gennaio scorso quando ebbe inizio il processo, salutata con soddisfazione da molte donne anche in ragione del fatto, aveva ricordato l’assessore capitolino alle politiche per le pari opportunità Mariella Gramaglia, che "la scelta del comune di Roma era l’unica negli ultimi anni in Italia". Il Comune di Roma del resto sostiene l’attività del centro antiviolenza di Torrespaccata, gestito dall’associazione Differenza Donna, dove si rivolgono ogni anno migliaia di donne in difficoltà, e quella della Casa Internazionale dei diritti umani, gestito dall’associazione Telefono Rosa.

Oggi l’annuncio di un impegno sempre più importante al fianco delle donne da parte del Comune di Roma in un giorno in cui viene ricordato anche il massacro del Circeo. "Una delle vicende più agghiaccianti - ha detto Veltroni - per la quale proviamo ancora non solo dolore, ma anche rabbia, perché le famiglie non hanno avuto giustizia". Quella giustizia che anche il Campidoglio vuole contribuire a trovare. "Ho conosciuto personalmente Donatella Colasanti - ha ricordato il primo cittadino - e la cosa che più mi è rimasta impressa è la malinconia del suo sguardo. Donatella ha combattuto fino all’ultimo per scoprire chi ha aiutato Andrea Ghira a fuggire in Spagna e noi continueremo a lottare per dare una risposta a questo interrogativo e scoprire chi lo ha aiutato a fuggire e ha falsificato i documenti".

Firenze: mozione consiglio comunale per tutela dei detenuti

 

Help Consumatori, 28 febbraio 2006

 

Contribuire e favorire la completa applicazione dell’apposita legge regionale, che prevede anche l’istituzione di un garante regionale, a garanzia e tutela dei diritti della persona e della salute fisica e psichica nelle carceri. Proseguire la sensibilizzazione delle categorie produttive per produrre concrete opportunità lavorative per le detenute ed i detenuti sia nel periodo di semilibertà che dopo avere scontato la pena. Sono alcune delle richieste contenute in una mozione della commissione per le politiche sociali e della salute che è stata approvata questa sera dal consiglio comunale di Firenze. Il documento era collegato alla relazione che il garante dei diritti dei detenuti ha presentato all’assemblea di Palazzo Vecchio. La mozione approvata invita l’amministrazione anche a "verificare con la Provincia la possibilità di attivare progetti di formazione e inserimento lavorativo"; ad "aprire un tavolo, con il coinvolgimento dei Comuni limitrofi, affinché, con opportuni criteri di assegnazione, possano aumentare le opportunità di alloggio per le persone in semilibertà, i soggetti dimessi dalla struttura di pena e gli addetti alla polizia penitenziaria"; ad "aprire e mantenere un costante rapporto costruttivo e collaborativi con il personale di polizia penitenziaria per ascoltare anche le problematiche di categoria e favorire un modello operativo improntato a collaborazione appunto, partecipazione e rispetto con il fine ultimo del miglioramento delle condizioni di vita dei detenuti ma anche degli stessi operatori che lavorano negli istituti carcerari".

Droghe: riunita commissione incaricata di stilare le tabelle

 

Redattore Sociale, 28 febbraio 2006

 

Si è riunita questa mattina a Roma la Commissione di 11 esperti incaricata di stilare le tabelle sulle droghe, così come previsto dalla legge approvata dal Parlamento e promulgata dal Capo dello Stato (il presidente Ciampi ha infatti firmato il decreto sulle Olimpiadi invernali, contenente l’emendamento che riforma la normativa sulle tossicodipendenze).

Insediatosi lo scorso 14 febbraio, l’organismo avrà il compito fondamentale di dare "corpo" alla norma, indicando la dose esatta (il peso) per cui il possesso può essere considerato ad uso personale (con conseguente sanzione amministrativa) o configurare lo spaccio (con sconfinamento nel penale). Compito della Commissione è anche quello di definire le procedure per accertare grado e tipo di abuso. Ad Andrea Fantoma, dirigente del Dipartimento nazionale politiche antidroga (Dnpa), il compito di illustrare i lavori. "La Commissione - spiega Fantoma - è volta ad elaborare assunti di esclusiva valenza scientifica, accreditati dalla comunità scientifica internazionale e deducibili da cultura, cognizioni e competenze pluridisciplinari proprie delle scienze bio-mediche e chimico-farmaceutiche. Essa è composta da cultori delle scienze e da professionisti di chiara fama ed ha competenza e titolo per elaborare assunti riguardanti le scienze bio-mediche e chimico-farmaceutiche".

Non sono mancate le polemiche in questi giorni. Una, rinverdita anche oggi dalle colonne di un famoso quotidiano nazionale, concerne la composizione della Commissione che, secondo alcuni, vedrebbe la presenza di funzionari vicini soprattutto al Ministro della Salute. Fantoma si tiene lontano dal merito della questione e precisa: "Il ruolo dei Dirigenti del Ministero della Salute e del Dipartimento - continua - è quello di coordinare i lavori nell’ottica di mettere a disposizione degli esperti e dei membri della Commissione tutto il materiale documentale disponibile ed operare al fine di sostenere e facilitare in ogni aspetto il lavoro degli esperti. La Commissione, individuato e condiviso un ‘modus operandì, sta lavorando alacremente e conta di poter dare il risultato del proprio lavoro entro breve tempo, presumibilmente un paio di settimane".

Riguardo alla modalità di lavoro e al merito delle questioni, una delle osservazioni rivolte ai membri della Commissione è quella di accingersi a stilare le tabelle con criteri solo "scientifici", senza tener conto degli aspetti sociali e, addirittura, delle modalità di svolgimento del "mercato della droga" (con riferimento agli usi e alle consuetudini dei consumatori. E così facendo la legge nascerebbe già "slegata" dalla realtà e dalle problematicità giovanili). In passato, commenti e polemiche si erano avute sulle quantità di principio attivo "tollerate" dalle nuove tabelle, almeno a detta di coloro che affermavano di avere già delle prime indiscrezioni. Su tutto Fantoma chiosa così: "Volutamente come Dnpa non abbiamo inteso commentare molti dei "si dice" e tanto meno rispondere a presunte verità interpretative che spesso non si discostano dal rango di mere "boutade" propagandistiche o "sciocchezze" belle e buone".

Padova: saranno i volontari a garantire l’unità di strada

 

Redattore Sociale, 28 febbraio 2006

 

È l’impegno dei volontari che, nonostante il tagli ai finanziamenti, da un mese garantisce le attività di Ermes, l’unico progetto di unità di strada in ambito di prevenzione secondaria per le dipendenze di Padova, gestito dall’associazione "Famiglie padovane contro l’emarginazione", in rete con i servizi del territorio (Comune, Ser.T., Cssa, Carcere, Aps...). In seguito ai tagli dei finanziamenti alle Regioni anche il progetto Ermes è stato concluso il 1 gennaio 2006. Avviato oltre 10 anni fa per combattere la dipendenza attraverso la prevenzione, la cura e il reinserimento sociale, Ermes offre un servizio impegnativo nel territorio padovano che si configura da anni come il polo più attivo di spaccio e utilizzo di sostanze stupefacenti del nord-est.

"L’unità di strada è formata da 5 psicologi e un operatore di strada con un’esperienza di oltre 15 anni di attività; - spiega Monica Zorzetto referente del progetto - offriamo siringhe sterili, un tè caldo, qualche vestito, e "due chiacchiere" su come entrare in comunità, contattare il Ser.T. di riferimento, l’assistente sociale, la famiglia, come prevenire e ridurre situazioni di rischio…".

Un approccio che permette all’utenza di conoscere le possibilità offerte dai servizi sanitari e sociali e ricevere informazioni sanitarie che molti (soprattutto stranieri) non hanno. Oltre 1.200 i poli-tossicodipendenti a cui è stato offerto aiuto negli ultimi 3 anni. Solo il sabato mattina, in una delle tre uscite settimanali, sono tra i 100 e i 140 in media le persone contattate dai volontari. Tra questi sono molto numerosi i tossicodipendenti integrati a livello sociale, con famiglia e lavoro, che arrivano a Padova per procurarsi le sostanze.

Dei contatti complessivi: il 18% risultano ragazzi fuggiti dalle comunità; l’85% ha un’età compresa tra i 18 e i 35 anni; il 10-11% sono donne (con loro si punta alla prevenzione e alla distribuzione di materiale sanitario). L’alcool e la cocaina si configurano come le sostanze più diffuse nei pressi della stazione, mentre la percentuale di siringhe raccolte è stata del 62,4% rispetto a quelle distribuite. Ma è il problema legato agli stranieri tossicodipendenti che spaventa i volontari: il 10% dei contatti sono stranieri, una percentuale in veloce aumento; spesso giovani, clandestini, incontrano sostanze stupefacenti in Italia. Il 95% delle persone straniere incontrate risulta ancora sconosciuta ai servizi. "Al di là dell’aiuto concreto e del supporto umano che possiamo dare – spiega Zorzetto - la strada cambia negli anni, la sua complessità si stanzia su più livelli: non si può più agire sulle singole categorie (alcoolisti, tossicodipendenti, prostitute…) Essere in strada significa intervenire su tante tensioni sociali trasversali: tra gruppi clandestini, tra tossicodipendenti, tra gli abitanti del luogo e i disadattati... Un progetto come Ermes ha bisogno di una scelta di collettività". "Investire nella prevenzione – continua Zorzetto – garantirebbe meno spese allo Stato domani: è un paradosso che un malato di Aids pesi allo Stato quanto ha pesato l’intero progetto Ermes".

Afghanistan: conclusa la rivolta in carcere Kabul, quattro i morti

 

Ansa, 28 febbraio 2006

 

Si è conclusa senza ulteriore spargimento di sangue la rivolta sobillata dai detenuti taleban nel penitenziario di Pul-i-Charkhi, il più grande dell’Afghanistan, situato 15 km a est di Kabul. Le autorità hanno confermato che quattro reclusi sono morti, mentre i feriti sono una ventina. "La situazione è calma e totalmente sotto controllo", ha dichiarato all’Afp il comandante della forza di reazione rapida della polizia, gen. Mahboob Amiri, accusando un centinaio di detenuti taleban e stranieri simpatizzanti di al-Qaida di esser stati i promotori dell’ammutinamento. Secondo i responsabili afghani tra i 1.500 reclusi del carcere si trovano circa 300 militanti dell’ex regime fondamentalista, la cui importanza era talmente modesta da non comportare il trasferimento verso le prigioni speciali di Guantanamo o Bagram (nord di Kabul). Ieri sera sono stati distribuiti viveri e acqua. Oggi, prevede Amiri, i prigionieri saranno ridistribuiti in differenti blocchi, perché quello dove stavano gli organizzatori della rivolta è stato seriamente danneggiato.

Uganda: oltre 400 detenuti evadono da diverse carceri

 

Ansa, 28 febbraio 2006

 

Sono evasi 3 sere fa da varie carceri dell’Uganda 488 detenuti mentre le guardie festeggiavano la vittoria di Museveni alle presidenziali. Lo rendono noto fonti ufficiali. Dalla prigione di Arua sono fuggiti in 408 lasciando quasi vuoto il carcere, perché i reclusi erano in tutto 716. Altri 80 prigionieri, che erano al lavoro obbligato in campi del distretto di Apac, hanno approfittato della gioia delle guardie per fuggire.

 

 

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