Rassegna stampa 12 gennaio

 

Ascoli: troppi episodi "preoccupanti" al supercarcere di Marino

 

Corriere Adriatico, 12 febbraio 2006

 

Alcuni sconcertanti e preoccupanti episodi si sono verificati di recente presso il carcere di Marino del Tronto a testimonianza del disagio in cui versano i detenuti. Attualmente nella casa circondariale ascolana sono reclusi oltre cento detenuti, di cui una cinquantina assegnati al penale in quanto condannati in via definitiva per gravissimi reati, numero di gran lunga superiore rispetto alla ricettività del complesso per cui inevitabilmente si viene a creare un sovraffollamento che in alcune circostanze sfocia in azioni di "ribellione" da parte della popolazione carceraria, che però quasi sempre si rivelano dimostrative. Resta comunque il fatto che la situazione del carcere di Marino, ma la problematica si estende nella quasi totalità degli istituti di pena italiani, andrebbe monitorata con la massima attenzione da parte degli organi preposti alla sicurezza nella carceri.

Qualche settimana fa un detenuto extracomunitario si è fatto ricoverare presso l’infermeria del carcere. La diagnosi dei medici è stata che il giovane era ammalato di broncopolmonite per cui è stato necessario il suo ricovero presso l’ospedale Mazzoni. Dopo le prime cure è emerso che, oltre alla suddetta malattia, il recluso era affetto da Aids. Sembrerebbe che il giovane ne fosse a conoscenza e che, una volta recluso al Marino, non abbia messo al corrente della cosa i medici dell’istituto di pena. Una situazione molto delicata per tutti coloro che si trovano a stretto contatto con il malato. Per il momento i sanitari ospedalieri lo hanno sottoposto ad una specifica profilassi ma il grosso problema sorgerà nel momento in cui rientrerà in carcere in quanto dovranno essere adottate tutte le misure precauzionali che il caso impone.

Pomeriggio movimentato, altresì, per il tentativo di suicidio di un detenuto assegnato al giudiziario in quanto condannato in primo grado per spaccio di droga. Si tratta di un giovane napoletano che intorno alle 19, per motivi che potrebbero ricondurre alla disperazione della reclusione, si è tagliato con una lametta il lobo di un orecchio e, fortemente motivato a procurarsi gravi danni fisici, ha bevuto un certo quantitativo di varechina. Il liquido gli ha procurato lancinanti dolori interni. Alle sue urla sono immediatamente accorsi gli agenti penitenziari e il medico di turno il quale gli ha praticato le prime cure per lenirgli il dolore e per tamponare la perdita di sangue dall’orecchio. Nel frattempo si è provveduto ad avvertire telefonicamente la centralinista del 118 affinchè inviasse sul posto un’ambulanza. Il giovane napoletano è stato condotto presso il pronto soccorso del Mazzoni dove i sanitari di turno lo hanno sottoposto a lavanda gastrica e gli hanno suturato la ferita che si era procurato con la lametta.

È stato trattenuto in osservazione in astanteria per un giorno. Poi, i medici hanno dato il loro assenso per il rientro in carcere. Un altro episodio, che per fortuna non ha provocato conseguenze fisiche, ha visto protagonista un recluso del penale, dove vengono tenuti i soggetti sottoposti al trattamento carcerario del 41 bis, di notevole durezza, che, colto da un raptus di violenza, ha danneggiato la cella in cui si trovava distruggendo sanitari e suppellettili. Il problema del sovraffollamento nel carcere ascolano permane e al momento non si intravede la possibilità di risolverlo.

Pesaro: struttura sovraffollata e personale sotto organico

 

Corriere Adriatico, 12 febbraio 2006

 

E il carcere di Villa Fastiggi finisce in piazza del Popolo. In Comune, ad animare un dibattito politico evidentemente non insensibile ai problemi della casa circondariale cittadina. Sovraffollamento di detenuti e personale di polizia penitenziaria in sott’organico ad accendere quella che molti considerano una miccia. Le recenti due aggressioni ad agenti in servizio all’interno della struttura carceraria pesarese vanno proprio in questa direzione.

Domani è prevista la votazione d’un ordine del giorno avente come oggetto la situazione del carcere di Villa Fastiggi. Un documento già letto nell’ultimo Consiglio comunale, firmato da Massimo Cesarini, il capogruppo della Margherita che conosce da vicino i problemi del carcere pesarese. Oltre a svolgere da anni attività politica, Cesarini è infatti educatore nella struttura di Villa Fastiggi. Ben si comprende come la sua sia la visuale privilegiata di chi vive la situazione dall’interno. "La presentazione d’un simile ordine del giorno va spiegata innanzitutto come una forma di solidarietà nei confronti degli agenti aggrediti - ha rivelato Cesarini -. Come un modo per far sentire sostegno dopo gli ultimi spiacevoli episodi verificatisi all’interno della struttura. In secondo luogo costituisce il tentativo di vedere se come autorità cittadine si possa smuovere qualcosa a livello ministeriale". Chiaro il riferimento alla penuria di personale che riguarda la realtà pesarese come quella della maggioranza delle carceri italiane.

"Indubbiamente c’è un problema di carenza di personale – aggiunge infatti il capogruppo della Margherita in Consiglio comunale –. Una situazione di penuria causata dal fatto che col turn over gli agenti andati in pensione o altrove non sono stati sostituiti e acuita da un sovraffollamento di detenuti".

Se l’Amministrazione comunale pesarese si occupa dei problemi connessi alla vita carceraria, lo stesso avviene anche nella vicina Fossombrone. Aldo Di Giacomo, il segretario regionale del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe), rivela infatti di aver contattato gli amministratori forsempronesi: "Venerdì ho incontrato il vicesindaco che ha promesso formalmente di interessare la giunta e di informare il Dipartimento di polizia penitenziaria nella persona del presidente Gianni Tinebra. A Pesaro la situazione è drammatica, ma nel carcere di Fossombrone non è che vada tanto meglio". Di Giacomo aggiunge che ieri sono arrivati altri cinque detenuti. In questo contesto, il Sappe ha interrotto ogni rapporto con il provveditorato regionale e con l’amministrazione penitenziaria.

Teramo: secondo l'Eurispes il carcere più sovraffollato della regione

 

Teramo News, 12 febbraio 2006

 

Solo nell’Istituto penitenziario di Teramo si registra un numero di detenuti notevolmente superiore alla capienza massima stimata dal Dap, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, che fissa il tetto "regolamentare" a quota 230. Il numero complessivo dei detenuti è infatti pari a 347 facendo dunque registrare un surplus di 117 unità. A segnalare lo status degli Istituti di pena nella nostra regione è l’Eurispes Abruzzo attraverso un’analisi dei dati della Procura della Repubblica di L’Aquila, aggiornati al 30 giugno del 2005. Detenuti in eccesso, seppur in quantità inferiore rispetto all’Istituto teramano, anche nelle carceri di Vasto (+35), Lanciano (+30) e Chieti (+12), le cui capienze regolamentari sono rispettivamente di 178, 190 e 92 unità.

Situazione opposta, per gli Istituti penitenziari di Sulmona, L’Aquila, Pescara ed Avezzano dove si registra un numero di detenuti inferiore rispetto alla capacità effettiva delle strutture. L’istituto più ampio di tutta la regione, ovvero quello di Sulmona, con una capienza regolamentare di 450 unità, conta infatti 281 detenuti, mentre quello di L’Aquila presenta 93 unità in una struttura che ne conterrebbe fino a 205. L’Istituto penitenziario di Pescara, che ha una capienza pari a 275 unità, fa registrare 199 detenuti, mentre quello di Avezzano ne contiene 46 in una struttura adatta fino a 55 unità.

Avezzano: Castelli non dà via libera ai lavori di ristrutturazione

 

Il Messaggero, 12 febbraio 2006

 

Da Roma arriva una novità (o una rassicurazione?): il decreto di chiusura della casa circondariale di pena di Avezzano non è stato ancora firmato. Ma è pronto: sono queste le informazioni che giungono dal ministero di Grazia e Giustizia sulla vicenda riguardante la destinazione del carcere di Avezzano che starebbe per chiudere i battenti.

Quale è la storia? Il carcere San Nicola è stato più volte ristrutturato, lavori su lavori che sono costati tanti soldi. Cosa accade ora? È "economico" effettuare un’altra ristrutturazione? È proprio questo il problema: il ministro Castelli starebbe per firmare il decreto di chiusura per permettere la esecuzione di nuovi lavori. Ma a questo punto c’è la diffusa sensazione che il vecchio edificio non venga più riaperto anche alla luce di una redistribuzione del numero dei detenuti a livello regionale per il quale rischierebbero anche altre case circondariali in provincia.

E questa circostanza comporterebbe un’altra conseguenza: che tutti i lavoratori dovrebbero essere momentaneamente collocati altrove. Ed una ancora più negativa e che cioè il comprensorio di Avezzano è dal punto di vista giudiziario il terzo d’Abruzzo. Ciò comporta a quanto ci è stato spiegato ed in soldoni che l’uso del carcere deve essere inquadrato in questo ambito e cioè essere confacente alla mole di lavoro che si svolge in zona. Che ad Avezzano ci fosse bisogno di un nuovo edificio lo sanno tutti. Ed è proprio per questo che l’Amministrazione comunale del capoluogo marsicano si adoperò per individuare un’area che doveva essere collocata a ridosso della caserma dei vigili del fuoco. Ma quest’area fu poi messa a disposizione del Ministero? Qualcuno ieri in Comune sosteneva che la destinazione è ancora in essere e la famosa "cittadella" della giustizia dovrebbe comprendere la costruzione del nuovo Palazzo di giustizia e del nuovo carcere nel sito che è stato individuato da tempo. Nel frattempo però c’è un altro iter in corso che è il seguente: il decreto del ministro Castelli è pronto. Il carcere chiude i battenti ed i lavori chissà quando si faranno. Si punterà allora alla costruzione della nuova Casa circondariale ma per portarli a termine se ne andrà per le lunghe. Anzi per le lunghissime e la città nel frattempo sarà privata di un’altra importante struttura giudiziaria quale appunto lo storico carcere San Nicola situato nell’omonimo quartiere.

Ancona: super-affollamento, polizia penitenziaria in rivolta

 

Il Messaggero, 12 febbraio 2006

 

I detenuti aumentano, gli agenti di polizia penitenziaria diminuiscono. Una situazione che ad Ancona, a detta dei sindacati, avrebbe ormai da tempo oltrepassato il livello di guardia. L’allarme è stato in più occasioni lanciato dal Sappe (sindacato autonomo polizia penitenziaria) per quanto riguarda Montacuto, che tra l’altro si è visto sottrarre 16 unità a seguito dell’inaugurazione del carcere del Barcaglione. Ma senza ottenere risposta alcuna.

Per questo il sindacato ha formalmente interrotto ieri ogni rapporto con il dipartimento, l’amministrazione penitenziaria e con il locale provveditorato regionale. Almeno fino a quando non sarà stata manifestata la volontà di trovare una soluzione concreta al problema. A comunicarlo è il segretario regionale del Sappe, Aldo di Giacomo, che ha già chiesto un incontro con il sindaco Sturani, con il presidente della Provincia, con il presidente della Regione.

Stati Uniti: lotte tra gang di neri e latinos in carceri di Los Angeles

 

Peace Reporter, 12 febbraio 2006

 

Dalla strada al carcere, senza esclusione di colpi. Da una settimana nelle prigioni di Los Angeles scoppiano ogni giorno risse collettive tra detenuti, che hanno provocato un morto e decine di ricoverati in ospedale. A venire alle mani sono centinaia di detenuti neri e latinoamericani, che portano dietro le sbarre le vendette tra le gang della metropoli californiana.

Gli scontri. Tutto è cominciato sabato 4 febbraio, con una rivolta che ha coinvolto circa 2.000 persone nel carcere di Pitchess e che la polizia ha faticato a domare. Un detenuto afro-americano di 45 anni è morto per le percosse ricevute. Da lì, ogni giorno c’è qualcuno che vuole farla pagare all’altra parte. Nuove rivolte sono scoppiate a Pitchess, che con 21mila detenuti è il più grande centro di detenzione della contea di Los Angeles, e in altre prigioni cittadine. Mercoledì le guardie penitenziarie sono dovute intervenire sparando proiettili di gomma per dividere 300 detenuti, giovedì hanno dovuto usare i gas lacrimogeni per rimettere ordine in una rissa che ha coinvolto 200 prigionieri. In totale, 28 detenuti sono stati ricoverati e almeno 90 hanno riportato ferite di una certa entità.

Le motivazioni. La tesi che viene comunemente accettata è che a iniziare i disordini siano stati i membri di gang latinoamericane dopo il via libera arrivato dalla mafia messicana, che ha voluto vendicarsi per l’aggressione da parte di una banda afro-americana nel sud di Los Angeles. Sono gang che si contendono il traffico di droga e lottano per il territorio. "Siamo convinti che tutto nasca da lì", ha detto un portavoce dello sceriffo. "È un piccolo gruppo di persone, la maggior parte dei detenuti non vuole immischiarsi". Per cercare di dividere le due comunità in carcere, i responsabili del centro di Pitchess sono ricorsi – la legge lo vieta, si fa solo in casi di emergenza – alla separazione razziale dei detenuti. Neri da una parte, latinos dall’altra. E le celle sono rimaste chiuse a chiave per due giorni, con detenuti di entrambe le comunità a lamentarsi di vestire da giorni gli stessi indumenti, senza poter fare la doccia o chiamare a casa. Giovedì una settantina di leader religiosi – cristiani e musulmani – hanno visitato le carceri delle rivolte, nella speranza di calmare le acque. Una rivolta è comunque scoppiata anche dopo la loro visita.

Le reazioni. Secondo lo sceriffo Lee Baca, la situazione sta lentamente tornando alla normalità. "Negli ultimi episodi gli scontri sono stati quasi simbolici", ha detto. "I detenuti latinoamericani seguono il codice razziale delle carceri, secondo il quale devi combattere ma senza ferire il nemico". Ciononostante, le autorità ora promettono sanzioni esemplari, per far passare la voglia di regolare i conti in futuro. "Quelli che hanno iniziato tutto verranno identificati e isolati. Perderanno tutti i loro privilegi e saranno accusati di nuovi crimini", ha giurato lo sceriffo.

Il risentimento tra comunità. Le carceri statunitensi sono le più affollate del mondo. Gli Usa hanno 2 milioni di detenuti, nessun altro Paese li supera: ogni 100mila abitanti, 715 sono in carcere. Le rivolte di questi giorni, più che per sovraffollamento, potrebbero però spiegarsi con un astio tra le due comunità che va oltre la rivalità tra gang. La pensa così Earl Ofari Hutchinson, un attivista afro-americano che conduce un talk-show su una radio di Los Angeles. "Quello che succede in carcere è sintomatico di un malessere più ampio", spiega. I latinos, in California e nel resto degli States, grazie all’immigrazione stanno aumentando di numero e hanno recentemente superato di numero gli afro-americani. "I neri e i latinos si scontrano nelle scuole, sulla strada, sul posto di lavoro, negli ospedali. Non intendo scontri fisici, ma lotte per il territorio nelle aree che stanno cambiando demograficamente, diventando prevalentemente latinoamericane".

 

 

Precedente Home Su Successiva