Rassegna stampa 21 dicembre

 

Giustizia: dalla Camera un "supergarante" dei diritti umani

 

Il Manifesto, 21 dicembre 2006

 

Un "supergarante" dei diritti umani che assorba al suo interno i compiti di controllo indipendente per le persone private della libertà. È il colpo di scena venuto alla luce in aula alla Camera quando la maggioranza ha approvato il rinvio in Commissione Affari Costituzionali della votazione sulla nuova autorità di garanzia dei detenuti. Nonostante questa figura esista in molti paesi europei e sia espressamente prevista nel programma dell’Unione, l’Italia dei Valori non ha nascosto i suoi dubbi temendo un indebolimento della magistratura di sorveglianza.

La soluzione da quella che rischia di essere una grave impasse la immagina il presidente della commissione affari costituzionali Luciano Violante (Ds) rilanciando su una proposta più ambiziosa che prevede di allargare da cinque (come erano in origine) a nove i commissari della nuova authority chiamandola "Commissione nazionale dei diritti umani", potrà esprimersi su qualsiasi atto di governo o parlamento riguardi la tutela dei diritti fondamentali e cinque dei suoi membri si occuperanno specificamente all’attività di garanzia sui diritti delle persone private della libertà.

Come ha spiegato lo stesso Violante in aula, la Dichiarazione Onu di Parigi del 1993 "prevede che ogni stato istituisca un garante dei diritti umani, l’Italia è tra i pochi paesi a non averlo fatto e a maggio l’Onu deciderà di istituire un council per affrontare questi problemi". "Il nostro paese - conclude Violante in aula - chiede di far parte di questo gruppo perché al momento è anche nel Consiglio di sicurezza". Ma non può farlo se non c’è una commissione interna ad hoc.

La proposta dunque ha tutta l’aria di un avanzamento, una sorta di treno legislativo da prendere al volo per sanare due gravi mancanze nel nostro ordinamento. Il garante dei detenuti del resto è già previsto in diverse regioni e comuni italiani: manca ora una figura nazionale che possa procedere a controlli indipendenti in galere, Cpt, commissariati, etc., analoghi a quelli consentiti al Comitato europeo per la prevenzione della tortura.

Su un clima apparentemente favorevole però sono scoppiati quasi a ciel sereno da un lato il ripensamento di Forza Italia (che nella scorsa legislatura aveva invece sostenuto la proposta), dall’altro la minaccia di un no dell’Italia dei valori che, soprattutto in senato, potrebbe essere decisivo. "A palazzo Madama il terreno è sdrucciolevole, la nuova proposta può guadagnare più consensi", assicura un sostenitore del provvedimento come il sottosegretario alla giustizia Luigi Manconi (Ds). A gennaio il nuovo testo dovrebbe essere pronto e potrebbe ricevere la corsia preferenziale da parte del governo e essere così approvato a primavera. Alle perplessità dell’Italia dei valori Graziella Mascia (Prc) risponde che "non sarà una figura simbolica e non entrerà in conflitto con il magistrato di sorveglianza ma andrà a colmare una lacuna del nostro ordinamento istituendo un organismo indipendente con poteri ispettivi".

Qualche dubbio però arriva anche dalle ong. Antigone e Amnesty International, per esempio, pur essendo d’accordo nel merito temono che una proposta così ampia possa incontrare invece più difficoltà: "Stravolgere il testo per metterlo in un calderone più grande fa correre il rischio di una perdita di tempo - dice Patrizio Gonnella di Antigone - la camera invece aveva la possibilità di dire sì in una settimana sia alla legge che proibisce la tortura sia al garante dei detenuti, dando così un segnale di svolta rispetto a vent’anni di inadempienze". Dubbioso ma anche lui "con speranza" anche Antonio Marchesi di Amnesty: "Sono perplesso, se il lungo lavoro sul garante dei detenuti può agevolare la commissione sui diritti umani ben venga, tuttavia se non ci sono le condizioni penso sia meglio tornare al testo originario sottoscritto nel programma dell’Unione".

Giustizia: caso Welby; medico accetta richiesta "staccare la spina"

 

Affari Italiani, 21 dicembre 2006

 

Mario Riccio è il medico che ha adempiuto alle volontà di Piergiorgio Welby. Il medico, anestesista rianimatore a Cremona, ieri notte attorno alle 23.30 ha sedato e poi staccato il respiratore dell’uomo. Ecco il suo racconto alla conferenza stampa indetta dai radicali: "È opportuno esserci. Sono anestesista a Cremona, rianimatore, nelle settimane passate, visto l’impegno da 10 anni come componente Consulta Bioetica Onlus, presidente prof. Mori bioeticista a Torino è entrato in contatto con la Coscioni e con l’on Cappato".

Riccio ricorda poi come si era proposto per approfondimenti subito recepiti su aspetti tecnici, medici, anche per il suo contributo. E aspetti giuridici. Cappato ha chiesto se poteva concretizzare il desiderio di Welby, non ha visto ostacoli "ritenendo diritto di Welby ampiamente riconosciuto e praticato in italia, per cui mi sono reso disponibile. Con Cappato abbiamo preparato tutto cercando di evitare pressioni sulla mia persona, eravamo pronti a partire appena Piergiorgio ce l’avesse richiesto".

Ed ecco le ultime ore di Welby: "Lunedì sono stato a Roma dove ho conosciuto Piergiorgio, mi ha confermato la volontà di essere staccato dal ventilatore sotto sedazione. Superati alcuni aspetti tecnici come il reperimento di una vena in cui si poteva fare la sedazione, ieri sera come Piergiorgio ci aveva chiesto, aveva ricevuto la lettera del Prof. Marino e aveva riflettuto, aveva saputo del pronunciamento del tribunale civile. Poi ieri sera gli ho chiesto se il ricorso della Procura modificasse qualcosa, ma mi ha detto che questo non cambiava il suo proponimento e desiderava la sedazione e l’interruzione della terapia". Così è stato.

E Pannella dice: "Grazie a Welby non c’è solo un giudice, ma anche un dottore in Italia. Certo, cercheranno di fargliela pagare, ma l’avere costruito in questi 88 giorni, rispondendo a interrogativi e urgenze ogni giorno diverse, la praticabilità di un percorso che il giudice non ritiene ancora percorribile,

Welby, 60 anni, malato di distrofia muscolare progressiva, a settembre scorso si era rivolto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano chiedendo di poter morire con dignità. "Resterà nella storia" perché ha permesso di "fare la differenza tra rifiutare le cure e l’eutanasia". Lo ha detto uno dei legali di Welby, Riccardo Maia, poco dopo la morte del suo assistito. "La sua lotta ha fatto avanzare il dibattito, ci saranno delle conseguenze", ha aggiunto Maia.

Con il suo decesso finisce la lotta da lui intrapresa per il diritto a una morte naturale, che aveva permesso di iniziare un serio dibattito sul tema dell’eutanasia e dell’accanimento terapeutico.

Ieri il Consiglio Superiore di Sanità aveva detto che non c’era "imminente pericolo di vita". Franco Cuccurullo, presidente del Css, aveva detto: "Quella di Welby è una situazione clinica devastata ma relativamente stabile".

Sempre ieri, il card. Lozano Barragan, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale Sanitaria aveva suggerito di stare attenti a parlare di accanimento. "L’accanimento terapeutico - ha spiegato - consiste nel praticare terapie sproporzionate al solo scopo di prolungare una penosa agonia. Questo non è peccato, ma non si può dire che sia un obbligo. Il problema è stabilire quando una terapia è sproporzionata. Certamente però tra esse non rientrano le cure ordinarie, come la nutrizione e l’idratazione".

Nello specifico del caso di Piergiorgio Welby, il card. Barragan aveva ribadito la necessità di stabilire se la sospensione del respiratore artificiale potesse rappresentare o meno accanimento terapeutico. "Se la risposta medica è si, allora si può staccare perché si tratta di un accanimento terapeutico, ma se la risposta medica è no non si può staccare perché si tratta della vita".

Giustizia: Sofri; nuovo differimento (provvisorio) della pena

 

La Repubblica, 21 dicembre 2006

 

Il tribunale di sorveglianza di Firenze ha disposto un ulteriore differimento di pena nei confronti di Adriano Sofri, condannato a 22 anni di carcere per l’omicidio del commissario Calabresi. Il Guardasigilli, Clemente Mastella, appresa la notizia, ha informato il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. L’ex leader di Lotta Continua gode della sospensione della pena fino al prossimo 24 dicembre, a seguito degli interventi chirurgici subiti per la rottura dell’esofago, nel novembre del 2005.

Quest’ulteriore differimento - informa il ministero della Giustizia - è stabilito "in via provvisoria" sulla base di un’ultima relazione medica che considera "assolutamente incompatibili" le attuali condizioni di salute di Sofri con il regime carcerario. Da tempo c’è un filo diretto Mastella-Napolitano sulla vicenda, molto differente dal muro contro muro fra Ciampi e Castelli. Per arrivare alla grazia ci sono vari passaggi, ma la eventualità non è per niente da scartare.

Luigi Li Gotti, sottosegretario alla Giustizia nonché legale della famiglia del commissario Calabresi, per ora lo esclude. La grazia per Sofri "non è argomento del momento, non se ne parla proprio" dice Li Gotti, ricordando che a maggio il Guardasigilli "mi disse che quando ci sarebbe stata una decisione che riguardava Sofri me lo avrebbe fatto sapere come legale della famiglia e, soprattutto, che ne avrebbe prima parlato con i familiari del commissario".

Quanto alla famiglia Calabresi, il legale fa sapere che "non hanno preso iniziative di nessun tipo". Il legale di Sofri, l’avvocato Alessandro Gamberini, precisa: "Da parte nostra non era stata presentata alcuna istanza", e prende atto "di questa scelta umanitaria che corrisponde al tipo di malattia che già una volta gli ha fatto rischiare la vita: evidentemente si è valutato di non fargliela rischiare un’altra volta". Tra qualche mese, aggiunge il legale, "in maniera non urgente, sarà presa una decisione collegiale del tribunale di sorveglianza".

Fossano: "Il Gambero Nero", la ricetta ve la danno i detenuti!

 

Apcom, 21 dicembre 2006

 

Un libro fotografico e un ricettario per raccontare la vita quotidiana dei detenuti di un carcere piemontese. È "Il Gambero Nero. Ricette dal carcere" di Michele Marziani e Davide Dutto il vincitore della X edizione di "Libri da gustare", l’iniziativa dell’Associazione Culturale Ca dj’amis che premia i cinque titoli più gustosi dell’anno.

La premiazione ha avuto luogo lunedì 18 dicembre nella splendida cornice del Golden Palace Hotel di Torino. L’opera è il frutto dell’anno trascorso dagli autori nel carcere di Fossano in qualità di operatori sociali, e contiene oltre cento immagini straordinarie che hanno per tema la cucina. Le fotografie sono correlate da didascalie che raccontano abitudini, rivelano aneddoti e curiosità della vita del carcere. I vincitori hanno sottolineato come "Nel quotidiano di un detenuto la preparazione del cibo, la sua condivisione e la continua reinvenzione di ricette diventano un modo per ricordare gli affetti, trasmettere agli altri una conoscenza pratica, condividere una frazione di piacere". Il volume della casa editrice Derive Approdi si è classificato al primo posto della classifica stilata attraverso i voti pervenuti all’indirizzo dell’Associazione e nelle librerie selezionate, ai siti internet www.cadjamis.it, www.libridagustare.it e www.traspi.it, quest’ultimo partner dell’iniziativa.

Bolzano: il presidente della Provincia in visita al carcere

 

Asca, 21 dicembre 2006

 

Intervenuto alla festa di Natale organizzata nella casa circondariale di Bolzano, il presidente della Provincia Luis Durnwalder ha ribadito oggi (21 dicembre) le proposte presentate al Ministero della Giustizia per sbloccare la cronica situazione di stallo sulla questione del nuovo carcere di Bolzano: "I privati sono pronti a costruirlo, la Provincia offre il proprio sostegno. Da Roma ci attendiamo una soluzione urgente a una situazione insostenibile."

In occasione del Natale, il presidente Durnwalder ha partecipato alla liturgia della parola presieduta dal vescovo diocesano Wilhelm Egger nella cappella della casa circondariale di via Dante. Assieme ai detenuti, al personale e ai responsabili della struttura, agli operatori e ai volontari della San Vincenzo, Luis Durnwalder ha incontrato i detenuti e formulato loro gli auguri di un Natale di pace.

Un grazie è andato al lavoro degli agenti, dei magistrati, degli operatori e dei volontari che accompagnano il percorso delle persone recluse. Il Presidente della Provincia ha compiuto anche un sopralluogo nelle celle e si è informato sulla situazione aggiornata della struttura, che ospita oltre il doppio dei 75 detenuti per cui era stata costruita. "La situazione è insostenibile, non c’è sfera privata e le carenze sono ovunque, a cominciare da quelle igieniche. In queste condizioni è ovviamente difficile anche fare formazione", dichiara Durnwalder.

Con il responsabile dell’amministrazione penitenziaria del Nordest, provveditore Felice Bocchino, la direttrice del carcere Annarita Nuzzaci e il sindaco di Bolzano Luigi Spagnolli, il Presidente ha poi avuto un incontro ad hoc: "Abbiamo discusso principalmente del nuovo carcere di Bolzano - spiega Durnwalder - e ho illustrato nuovamente la disponibilità come Provincia a favorire l’operazione di costruzione della struttura da parte di terzi." Durnwalder ha insistito sull’urgenza di intervenire ("sono decenni che lo chiedo a Roma") e ha ribadito le proposte degli imprenditori privati che sono pronti a realizzare il nuovo carcere di Bolzano secondo le indicazioni del Governo, "per metterlo poi a disposizione dello Stato attraverso una vendita, un affitto della struttura o una permuta con beni immobili statali inutilizzati."

Durnwalder ha ricordato di averne parlato ancora di recente a Roma con i collaboratori del Guardasigilli Mastella che ora intendono approfondire al più presto la questione dal punto di vista tecnico e finanziario. "Il responsabile delle case circondariali del Nordest ha confermato che rinnoverà la nostra richiesta a Roma e da parte mia ho assicurato il sostegno politico per mantenere la questione all’ordine del giorno", conclude Durnwalder.

Modena: quaderno di proposte per fermare il "femminicidio"

 

Redattore Sociale, 21 dicembre 2006

 

Sempre più donne tra i 30 e i 50 anni, sempre più spesso straniere, nel 70% dei casi vittime di una violenza che avviene all’interno della cerchia familiare. Sono queste le "utenti" che si sono rivolte l"anno scorso alle associazioni femminili di Modena per chiedere aiuto. E per contrastare in modo concreto il fenomeno della "cultura violenta", un gruppo di associazioni della città ha pubblicato ora un quaderno di proposte dal titolo "Come fermare il femminicidio".

All’indagine, svolta attraverso la distribuzione di schede in forma anonima, hanno risposto 210 donne e 66 uomini modenesi. Tre le cause principali individuate dalle donne alla base dei crescenti episodi di violenza nei loro confronti: "Società e cultura maschilista e violenta" (35%), "scarsa tutela della donna in ogni ambito" (20%), "rappresentazione della donna come oggetto nella moda e nella pubblicità" (12%).

Risposte simili anche da parte degli uomini interrogati, ma il 15% addebita le cause della violenza anche a "comportamenti e atteggiamenti provocatori da parte delle donne". Sul piano delle proposte, i pareri si discostano. Per fermare la violenza la maggioranza delle donne (41%) considera prioritaria "l’educazione culturale in famiglia, scuola e società", mentre gli uomini mettono al primo posto "pene più severe ed efficaci" (45%). Altre azioni richieste, soprattutto dalle donne: politiche di pari opportunità e più donne nelle istituzioni (13%), sostegno alle associazioni femminili e ai centri antiviolenza (10%), informazione corretta nei media (6%).

La pubblicazione del quaderno è stata promossa da Udi-Unione donne di Modena e Carpi, Casa delle donne contro la violenza, Differenza maternità, Donne nel mondo, Gruppo donne e giustizia e Centro documentazione donna: una copia è stata consegnata ieri alle parlamentari modenesi Manuela Ghizzoni (Ulivo) e Isabella Bertolini (Forza Italia). "Servono azioni culturali e interventi anche legislativi - dicono le rappresentanti delle associazioni femminili modenesi - che mettano un freno all’aumento di maltrattamenti e violenze di cui sono vittime le donne sia italiane sia straniere". In quindici anni il Centro contro la violenza alle donne di Modena ha seguito i casi di oltre 2.000 vittime di abusi, ospitando 220 donne con i figli negli appartamenti della struttura. Gli ultimi dati, riferiti al 2005, parlano di 98 donne accolte e seguite: 61 erano straniere, per un terzo provenienti dall’Europa dell’est, poi dal Maghreb (21%), Africa subsahariana (11%) e Balcani (8%). L’autore della violenza è nel 48% dei casi il coniuge, nel 14% il convivente o fidanzato, nell’8% l’ex marito o compagno. Dati simili li registra l’associazione Gruppo donne giustizia, che segue in media 450 casi l’anno: nel 2005 le donne dall’Est Europa hanno superato quelle arrivate dai Paesi arabi, mentre per la prima volta anche donne cinesi hanno chiesto aiuto. La grande maggioranza delle denunce riguarda violenze di carattere psicologico (93%), ma aumenta anche la segnalazione di violenze fisiche: dal 22% del 2004 si è passati al 27% del 2005.

Vasto: detenuti impegnati in recupero patrimonio ambientale

 

www.equalpegaso.net, 21 dicembre 2006

 

Il 18 dicembre è stata siglata, a Palazzo di Città di Vasto, una convenzione tra il Comune di Vasto e la Casa Circondariale"Torre Siniello", che vede il reinserimento di detenuti in materia di recupero ambientale. La convenzione è stata firmata dal sindaco Luciano Lapenna e dal direttore della Casa Circondariale di Vasto, Massismo Di Rienzo. Nel corso del 2007 l’Amministrazione Penitenziaria intende sperimentare in collaborazione con l’Amministrazione comunale una attività che prevede la costituzione di attività lavorativa effettiva seppure inizialmente part-time e retribuita con una "Borsa-lavoro".

Nell’immediato gli enti sottoscrittori si impegneranno a realizzare percorsi di reinserimento assistito nel settore di recupero del patrimonio ambientale, individuando fino a sei soggetti condannati, ospiti della Casa circondariale di Vasto, da avviare al lavoro nel territorio del Comune di Vasto, nell’ambito della riserva naturale "Punta Aderci".

Giustizia: Travaglio sotto accusa per intervento a Radio Carcere

 

Radio Carcere, 21 dicembre 2006

 

"Ci sono gli estremi di reato nella condotta di Marco Travaglio per ciò che ha detto durante l’ultima trasmissione di Anno Zero" lo ha affermato Carlo Nordio, P.M. di Venezia, durante la trasmissione Radio Carcere a cura di Riccardo Arena e andata in onda ieri su Radio Radicale. Al centro della puntata il rapporto tra giustizia e informazione alla luce delle dichiarazioni fatte da Marco Travaglio durante l’ultima puntata di Anno Zero che per dieci minuti ha elencato le indagini fatte dal Pm di Potenza J. Woodcock, leggendo inoltre brani di alcune intercettazioni. "L’uso che ha fatto Travaglio di intercettazioni telefoniche durante l’ultima puntata di Anno Zero è un caso deprorevole - ha affermato Nordio -.

Non solo perché sono state intercettazioni per fatti non penalmente rilevanti ma soprattutto perché sono solo brogliacci e non intercettazioni trascritte nelle modalità previste dalla legge e come tali non pubblicabili per legge. Anche Giuliano Pisapia (Prc), Presidente della Commissione di riforma del codice penale, ospite di Radio Carcere, ha duramente criticato Travaglio: "Leggere in televisione intercettazioni telefoniche, che forse sono solo brogliacci, come ha fatto Travaglio a Anno Zero non solo non è un corretto esercizio del diritto di cronaca, ma è anche un reato.

Forse ci si dimentiche che, anche quando non c’è più il segreto, la legge stabilisce che certi atti di indagine non possono essere pubblicati fino all’apertura del dibattimento". Pisapia ha precisato inoltre che: "Chi fa moralismo, a sua volta commette dei veri e propri illeciti. Questo è un esempio di un’informazione non corretta, perché si fa credere agli ascoltatori che le indagini del Pm valgono come le sentenze. Questa non è informazione ma disinformazione".

Carlo Nordio, a proposito poi dell’elenco di persone indagate da Woodcock letto da Travaglio a Anno Zero ha dichiarato: "Come cittadino e magistrato sono sconcertato per quello che ho visto affermare da Travaglio a Anno Zero e mi terrò lontano da simile spazzatura. Posso aggiungere che le persone citate come indagati da Travaglio hanno molte possibilità di vedersi risarcite di sede civile dall’oltraggio che è stato fatto loro."

L’avv. Fabio Lattanzi, difensore di Flavio Briatore e ospite anche lui a Radio Carcere ha dichiarato: "Il tipo di informazione fatta da Anno Zero mi lascia allibito. Marco Travaglio ha fatto un’informazione non corretta, perché riporta dei nomi inerenti a procedimenti penali, non dicendo come si sono conclusi. Io difendendo Flavio Briatore posso affermare che il procedimento di Potenza che lo ha riguardato, e citato ad Anno Zero da Travaglio, è stato archiviato. Ma la realtà è un’altra" - ha concluso Lattanzi - "Oggi chi è additato da Marco Travaglio è condannato. Mi stupisce che la Rai abbia censurato Simona Ventura per l’intervista a Moggi e non abbia preso provvedimenti per quello che abbiamo visto a Anno Zero"

Droghe: vaccino anti-cocaina; fase III della sperimentazione

 

Redattore Sociale, 21 dicembre 2006

 

Come uscire dalla cocaina: se ne parlerà domani nell’ambito del workshop "Cocaina Verona Group" ospitato nel congresso "Outcome" organizzato dall'Osservatorio Regionale per le Dipendenze. In questa sede sarà offerto un aggiornamento in merito ai risultati dello studio di fattibilità eseguito su 174 pazienti, ma anche su 170 operatori del vaccino anti-cocaina, e si procederà alla presentazione della fase III della sperimentazione. Particolare importanza riveste questo appuntamento se si pensa che ora come ora non esistono terapie farmacologiche efficaci. "L’impiego del vaccino anti-cocaina potrebbe essere un approccio innovativo da associare al sostegno psicologico e di gruppo, oltre che in certi casi alla terapia residenziale, che rimangono comunque i principali supporti - si spiega dall’Osservatorio -. Il vaccino si prefigge di togliere gli effetti euforizzanti della droga bloccando le molecole di cocaina prima che arrivino al cervello, attraverso la produzione di anticorpi specifici. È chiaro che da solo non può essere la panacea risolutiva, ma forse potrebbe migliorare l’efficacia degli attuali trattamenti soprattutto fornendo un aiuto alla prevenzione della recidiva".

Sviluppato dalla Celtic Pharma in collaborazione con National Institute of Drug abuse negli Stati Uniti, il vaccino secondo i risultati degli studi iniziali è sicuro, ben tollerato e clinicamente efficace. "In uno studio della Columbia University la dottoressa Margaret Haney ha osservato che i soggetti che rispondevano adeguatamente al vaccino, cioè che sviluppavano anticorpi a titoli elevati, utilizzavano una quantità di cocaina inferiore (circa un terzo) rispetto al consumo iniziale".

E la tesi è confermata da un ulteriore studio del professor Thomas Kosten della Yale University, che ha somministrato il vaccino a 114 pazienti. I risultati sono stati incoraggianti in termini di riduzione del consumo di cocaina: circa il doppio dei pazienti nel gruppo vaccinato rispetto al gruppo non vaccinato dimostrava più del 50% di riduzione dei giorni di astinenza.

Per contro, il risultato primario che ci si prefiggeva di ottenere era l’astinenza da cocaina per 3 settimane consecutive. "Tale risultato è stato ottenuto nelle fasi precoci dello studio (sino alla 12° settimana) - si spiega ancora dall’Osservatorio -, ma alla ventesima settimana la percentuale di soggetti astinenti nei 2 gruppi non differiva di molto. Da notare peraltro che sino al 40% dei soggetti nel gruppo di controllo placebo rimaneva astinente. Questo fa pensare a qualche interferenza del metadone ". Visti i risultati incoraggianti partirà dunque la nuova fase della sperimentazione, che riguarderà anche l’Italia.

Droghe: a Verona una due-giorni per parlare di dipendenze

 

Redattore Sociale, 21 dicembre 2006

 

A Verona oggi e domani si parla di dipendenze e di possibili vie d’uscita. Ma soprattutto si parla di risultati, di traguardi raggiunti, di sfide vinte. Oggi e domani è di scena la concretezza, con numeri, cifre, costi, progetti da analizzare, discutere, spiegare tra addetti ai lavori. È infatti attualmente in corso nella sede del Dipartimento per le Dipendenze il convegno "Outcome Verona congress" dedicato alla valutazione dei risultati e all’analisi dei costi nella pratica clinica nelle tossicodipendenze.

Particolarmente importante nel programma del convegno l"appuntamento di domani con il workshop "Cocaina Verona Group", che prevede la presentazione dello studio di fattibilità, la discussione e la programmazione della ricerca update sulla sperimentazione del vaccino anti-cocaina. In contemporanea un secondo workshop si aprirà in merito al "National outcome project", che prevede un gruppo di lavoro del progetto nazionale per la verifica dello sviluppo dell’attività e dei risultati raggiunti.

Il congresso Outcome, organizzato dall’Osservatorio Regionale sulle Dipendenze, nasce dall’esigenza di fare il punto sui moderni sistemi che possono essere utilizzati per la valutazione dei risultati nella pratica clinica: "È ormai indubbia la necessità che qualsiasi sistema socio-sanitario debba essere dotato di un sistema di valutazione permanente dei propri effetti per misurarne l’efficacia, la sicurezza e i costi - spiega Giovanni Serpelloni, direttore Osservatorio Regionale Sulle Dipendenze -.

Partendo quindi dall’evidenza delle prove scientifiche è necessario, già durante i trattamenti, osservare e monitorare, ponendo l’accento soprattutto sulle variazioni del grado di salute aggiunta e di patologia evitata in seguito ai trattamenti attuati. È ormai opinione condivisa che, a fronte degli ingenti costi che questi interventi richiedono, le strutture preposte devono essere in grado di giustificare l’utilizzo dei finanziamenti ricevuti anche attraverso il monitoraggio della propria efficacia".

L’assessore alle Politiche sociali della Regione Veneto Stefano Valdegamberi ha sottolineato all’apertura dei lavori come "per chi si occupa di prevenzione, cura e riabilitazione,valutare i risultati e i reali esiti delle proprie attività è importante e indeclinabile, soprattutto per chi deve trattare problematiche così delicate e, al tempo stesso, complesse come le tossicodipendenze. Questo assessorato ritiene pertanto che si debbano introdurre sistemi permanenti di valutazione dei trattamenti in tutti quei servizi in cui le persone si recano per problemi di salute, che spesso invadono anche la sfera psicologica e sociale dell’individuo e della sua famiglia".

L’assessore ricorda anche come la Regione ritenga basilare un monitoraggio costante dei risultati: "Non basta accontentarsi di rilevare il volume del lavoro o i costi generati: è indispensabile verificare l’efficacia dei trattamenti e degli interventi nel risolvere i problemi della persona tossicodipendente e nel reinserirla socialmente nel mondo produttivo e relazionale". E ha concluso: "Vi è la necessità di sviluppare una cultura della valutazione dei dipartimenti delle Dipendenze, i quali dovranno orientare la loro organizzazione e i loro processi".

Immigrazione: da Cerignola appello per modifica della Bossi-Fini

 

Redattore Sociale, 21 dicembre 2006

 

Parte da Cerignola in provincia di Foggia il percorso che punta alla modifica della Bossi-Fini. Lo sostiene l’assessore regionale ai Flussi Migratori Elena Gentile, che definisce l’incontro in corso di svolgimento questo pomeriggio "la voglia di riscatto di un territorio schiaffeggiato dalla cronaca ma che non può rimanere segnato dalla storia".

Il riferimento è alla scandalosa e triste vicenda portata alla luce da Fabrizio Gatti, giornalista dell’Espresso che nella scorsa estate denunciò le condizioni di schiavitù a cui erano sottoposti i braccianti agricoli immigrati in terra di Capitanata. "La triste pagina raccontata dall’Espresso alcuni mesi fa - continua l’assessore regionale - pur cogliendo alcuni aspetti terribili e deteriori del mercato del lavoro, non ha colto il problema vero che è all’attenzione di tutti: quello della semplificazione dei meccanismi di reperimento della manodopera nei campi. Si impone quindi in maniera urgente una rapida rivisitazione della legge Bossi-Fini in quanto non funzionano i dispositivi per i flussi, che non corrispondono alle reali esigenze del territorio e del mercato del lavoro che deve seguire se non anticipare i bisogni delle imprese agricole."

Il governo regionale chiede al Governo e al Ministro Paolo Ferrero, presente a Cerignola insieme a Nichi Vendola, l’assessore al Lavoro e alla Formazione Professionale Marco Barbieri e a diversi esperti sul tema dell’immigrazione, di modificare sostanzialmente la legge Bossi-Fini e per farlo anticipa alcune linee di intervento della nuova legge regionale sull’immigrazione e il diritto di asilo.

La proposta di legge, che porta il titolo provvisorio di "Norme per l’accoglienza e l’integrazione delle cittadine e dei cittadini stranieri immigrati in Puglia", "intende essere inclusiva e aperta rispetto ai destinatari - dice la Gentile - nella speranza che anche a livello nazionale vi siano delle previsioni per agevolare la regolarizzazione degli aventi diritto e allargare la fruizione dei diritti fondamentali, fra cui il diritto alla salute, anche agli irregolari, quale forma di contatto con queste persone che non passi esclusivamente dalle forze dell’ordine.

Tramite questa proposta di legge la Regione intende dotarsi anche di organi di conoscenza e diffusione delle tematiche legate all’immigrazione, quali l’Osservatorio regionale sull’immigrazione e diritto d’asilo, e regolamentare aspetti quali la mediazione culturale e l’intercultura. Intende inoltre dare il proprio contributo al dibattito sulla rappresentanza tramite l’istituzione della Consulta, sulla quale abbiamo iniziato un dialogo di concertazione con le associazioni e gli enti interessati, per interrogarci insieme su questioni quali la rappresentatività, legittimità e reale peso politico di tale organo.

Fra i compiti della Regione, di concerto con le Province, i Comuni, le ASL e tutti gli attori coinvolti, la legge prevede una serie di atti quali la programmazione, le linee guida e i piani d’intervento, orientati su alcune priorità: l’assistenza sanitaria, l’istruzione, la formazione professionale, il lavoro, l’inclusione sociale, la casa, l’integrazione culturale, le misure contro la discriminazione, la prima accoglienza, le condizioni di vita all’interno dei CPTA e dei centri d’identificazione. Un’attenzione quindi alle politiche ma anche agli strumenti di attuazione, perché la legge non rimanga sulla carta".

Immigrazione: gli stranieri si "mimetizzano" e mettono radici

 

Redattore Sociale, 21 dicembre 2006

 

Gli immigrati regolari in Puglia sono 60.152 (al 31 dicembre 2005). A Cerignola l’assessore regionale Elena Gentile parla del "modello pugliese" d’immigrazione, come modello del tutto particolare: "La metà degli stranieri risiede a Bari e provincia, e il resto ha una ripartizione territoriale anche molto frammentata, fino all’estremo di alcuni paesi rurali dove vive un solo o nessun immigrato.

La segmentazione non è solo territoriale, è anche etnica: si va dai circa 19.000 albanesi a 1 cittadino/a del Malawi (dati relativi agli stranieri con residenza). In Puglia sono rappresentate quasi tutte le nazionalità di extracomunitari presenti in Italia, così ripartite per area continentale: al primo posto quelli provenienti dall’Europa (36.632), al secondo l’Africa (14.362), al terzo l’Asia (6.315), al quarto le Americhe (2.827), di cui 28.907 musulmani, 8.425 cattolici, 20.709 altri cristiani, 7.328 religioni orientali. Le nazionalità più rappresentate sono nell’ordine quella albanese, quella marocchina, l’ucraina, la rumena e la polacca".

Se gli stranieri in Puglia sono percentualmente pochi (l’1,5% sulla popolazione totale contro una media nazionale del 5%) molti di loro si sono ormai trasferiti qui stabilmente, in linea con la tendenza nazionale: contribuiscono alla vita locale in tutti i suoi aspetti, compresi quelli criminali; li si sente parlare nel dialetto locale, e qui sono più integrati che altrove anche perché sono di meno e si "mimetizzano" di più. Ciò significa che la morfologia delle comunità straniere sta cambiando, in quanto se una volta in Puglia l’immigrato-tipo era maschio, aumentano le donne, che sono ormai il 48,4% della popolazione straniera. Molte arrivano da sole per rispondere alla domanda di assistenza domiciliare di una popolazione sempre più anziana e che risente molto dell’assenza dei giovani che continuano a emigrare, molte altre arrivano reclutate dal racket della tratta delle persone. Le comunità mettono radici e anche quelle tradizionalmente a prevalenza maschile evidenziano un aumento delle donne che arrivano per ricongiungimento familiare.

Il numero di permessi per motivi familiari o ricongiungimento ha superato ormai il numero di permessi per lavoro (1.892 contro 1.193 nuovi permessi nel 2005). Se le straniere sono spesso impiegate nel lavoro di cura, come altrove in Italia, c’è invece fra gli uomini un alto tasso di occupazione in agricoltura (3.565 il totale dei permessi), specie stagionale, in aggiunta agli impieghi nell’edilizia (3.222) più in linea con la media nazionale. 3.708 i permessi per il settore dell’industria e 2.066 nei servizi. Sia per l’agricoltura stagionale che ad esempio il settore della ristorazione, si tratta di attività poco qualificate e qualificanti che offrono poca stabilità e sicurezza perché questi sono anche i settori in cui è più difficile avere un lavoro regolare e quindi la garanzia di una permanenza legale nel nostro Paese.

Il permesso per ricongiungimento familiare è, dunque, diventato la prima motivazione al soggiorno. Ciò è indice da un lato del radicamento delle comunità esistenti (e la conseguente necessità di attuare politiche adeguate) e dall’altra della scarsa attrattiva che la Puglia esercita su chi cerca lavoro. Su quest’ultimo punto la situazione è critica sia per gli stranieri che per gli autoctoni, come si evince dai tassi di occupazione e di disoccupazione e dai tassi di emigrazione che continuano ad essere alti.

Tratta: documento di 157 enti, "Da vittime a cittadine e cittadini"

 

Redattore Sociale, 21 dicembre 2006

 

È necessario fare un salto di qualità nelle politiche e negli interventi a favore delle vittime di tratta e per il contrasto alla criminalità. Da questa premessa prende le mosse il documento "Da vittime a cittadine e cittadini", che 157 enti che gestiscono programmi di protezione sociale per vittime di tratta degli esseri umani hanno illustrato questa mattina presso la Sala del Refettorio della Camera, a Roma.

L’idea del documento - partita dal Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca) e dall’associazione On the Road - ha coinvolto nella stesura non solo organizzazioni non profit, ma anche 58 enti locali tra Comuni, Province e Regioni, 4 Asl e 3 Consorzi dei servizi sociali. Nel periodo che va dal marzo del 2000 al maggio del 2006 sono state 11.226 le vittime di tratta e sfruttamento lavorativo avviate ai programmi di protezione, assistenza e integrazione sociale e 5.386 gli inserimenti nel mondo del lavoro. Tra il 2000 e il 2004 i permessi di soggiorno rilasciati sono stati 4.697. Infine, dal luglio 2000 al luglio 2005 il Numero Verde Nazionale a favore delle vittime della tratta ha registrato quasi 500mila chiamate. Inoltre, rileva il documento "l’Italia è il Paese che celebra il maggior numero di processi contro i soggetti ed i racket dediti alla tratta di persona".

Tuttavia - continuano gli enti che hanno firmato il documento - occorre prendere atto della complessità sempre maggiore di un fenomeno come quello della tratta, che oltre alla prostituzione riguarda anche il lavoro forzato e lo sfruttamento lavorativo grave, la servitù domestica, l’accattonaggio, le attività illecite, le adozioni internazionali illegali e il traffico di organi.

Un fenomeno che per essere contrastato richiede l’impiego di un’ampia gamma di interventi, in primo luogo la creazione di un tavolo di confronto interistituzionale sulla tratta, che preveda la presenza dei ministeri competenti, la Commissione interministeriale per l’attuazione dell’articolo 18 del Testo Unico sull’immigrazione del 1998 (che disciplina i programmi di protezione sociale per le vittime di tratta), la Direzione nazionale antimafia, gli enti locali, i sindacati e le organizzazioni non profit.

Un’altra richiesta è la piena ed omogenea applicazione dell’articolo 18 in relazione alla concessione dei permessi di soggiorno, affinché tale beneficio non sia legato - come avviene in alcuni contesti - alla collaborazione della vittima alle indagini nei confronti dei suoi sfruttatori. Viene poi indicata la necessità di rilanciare il Numero Verde sulla Tratta, che "con le sue 14 postazioni locali rappresenta uno strumento insostituibile di supporto alle vittime" e che è negli ultimi 6 mesi è rimasto inattivo.

Ma - secondo i firmatari del documento - è necessario anche abrogare la disposizione di legge che prevede l’arresto per le vittime di tratta che non lasciano l’Italia in seguito a decreto di espulsione. Così come occorre definire lo status dei paesi neocomunitari (come per esempio Romania e Bulgaria), assicurando ai loro cittadini la possibilità di accedere all’articolo 18. Oggi, infatti, questa normativa vale solo per Paesi non appartenenti all’Unione Europea, mentre il 30% delle persone che attualmente usufruiscono dei benefici previsti dall’articolo 18 viene proprio dalla Romania.

Infine, tra le altre misure proposte dal documento: dare continuità agli interventi trasformando i progetti annuali in servizi strutturati, promuovere l’inserimento del tema della tratta nelle politiche sociali regionali e locali, creare azioni di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e attivare interventi nei paesi di origine e di transito delle vittime di tratta.

 

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