Rassegna stampa 13 dicembre

 

Giustizia: minacce per Mastella e nuova bufera sull’indulto

 

Il Gazzettino, 13 dicembre 2006

 

La strage di Erba riapre, di schianto, la polemica sull’indulto, nonostante l’indiziato della prima ora - il tunisino Azouz Marzouk, piccolo spacciatore uscito dal carcere per indulto - sia stato scagionato per la buona ragione che al momento del massacro era in Tunisia.

E mentre la Cdl torna a rimproverare la maggioranza per la scelta, che giudica iniqua, di aver aperto le porte delle carceri a tanti delinquenti, il Guardasigilli Mastella (Udeur), gran cerimoniere del provvedimento di clemenza, riceve in busta chiusa minacce ("Dead, dead, dead", cioè morto, morto, morto, scritto in inchiostro rosso) e poi un bossolo di pistola calibro 5,56.

Mastella - e non solo per via della lettera minatoria, s’intende - la solidarietà degli alleati. Compresa quella dell’Idv, da sempre ostile al provvedimento di clemenza. Lega e An, che pure condannano le minacce, tornano a martellare l’Unione, che - dice qualcuno - ha le mani sporche del sangue delle vittime dei detenuti liberati che sono tornati a far danni. L’ex ministro della Giustizia, Castelli (Lega) dichiara: "Purtroppo, con gravissima amarezza, devo dire che noi della Lega lo avevamo detto, avevamo predetto gli effetti di questo sciagurato disegno di legge e per questo abbiamo votato contro". Si associa Gasparri (An).

La solidarietà a Mastella arriva dalle più alte cariche dello Stato. Ecco la lettera che il Guardasigilli ha ricevuto dal presidente della Camera, Bertinotti: "Caro Ministro, appresa la notizia dell’atto intimidatorio di cui sei stato fatto segno, desidero farti giungere la mia sincera solidarietà, unitamente alla mia più ferma condanna per un gesto tanto insensato ed al mio augurio per il prosieguo del Tuo impegno al servizio delle Istituzioni democratiche". Messaggi più o meno simili vengono dal ministro dell’Ambiente, Pecoraro Scanio (Verdi), da Sgobio (Pdci), da Russo Spena (Prc) e da molti altri esponenti del centrosinistra, che l’indulto lo hanno voluto e votato, insieme con tantissimi parlamentari di Fi e dell’Udc. Soltanto l’Italia dei valori, a sinistra, fa dei distinguo precisi: nel senso che a Mastella va tutta la solidarietà umana per il "vile" attacco ricevuto, ma nessuna comprensione politica per l’errore commesso nel promuovere l’indulto.

La Cdl, che in un primo momento aveva collegato la strage con l’indulto di cui aveva beneficiato Azouz Marzouk, una volta scagionato il tunisino, si è premurata di far giungere al ministro Mastella una piena solidarietà. "Al di là delle differenti posizioni politiche, particolarmente sull’indulto, è doveroso esprimere la più piena e incondizionata solidarietà al Guardasigilli per l’ignobile gesto di cui è stato vittima attraverso la consegna di un proiettile contenuto in una lettera di minacce", dichiara Consolo (An). E Schifani (Fi) sottolinea: "Condanno con fermezza un gesto che va subito censurato e non può essere giustificato da alcun motivo di dissenso politico", quindi "piena e convinta solidarietà al ministro Mastella per le vili minacce che ha ricevuto".

Como: gli inquirenti; sono stati dei killer professionisti

 

Ansa, 13 dicembre 2006

 

Killer professionisti, più di uno, avrebbero commesso la strage di lunedì sera a Erba. Lo ha detto il capo della procura di Como Alessandro Maria Lodolini, che ha aggiunto: "Le indagini sono aperte a tutte le ipotesi ma abbiamo una pista ben precisa da seguire".

Nulla viene confermato delle indiscrezioni sui contenuti dell’interrogatorio, ma le parole del Procuratore lasciano intendere che Marzouk nei 90 minuti in cui, ieri sera, si è trattenuto al comando provinciale dei carabinieri ha fornito elementi utili alle indagini.

Il giovane, che questa mattina è transitato davanti alla casa dell’orrore, senza poterci entrare essendo sotto sequestro, ai giornalisti che lo hanno circondato stamani all’uscita dall’abitazione del fratello Fami ha ribadito di "non aver idea di chi possa essere stato" aggiungendo, però, "non ho paura di nessuno". Un’affermazione che suona come una sorta di monito a distanza. Almeno questo si pensa in ambienti investigativi. Parlando ai giornalisti stamani, nel definire "animali" gli autori della stage", si è anche detto lontano da attività illecite. E ha aggiunto che con Raffaella voleva trasferirsi a Tunisi dove abitano i suoi genitori.

 

La ricostruzione della strage

 

Quello che è accaduto lunedì sera nel bilocale al primo piano della vecchia cascina ristrutturata in via Diaz a Erba (Como) potrebbe essere un massacro premeditato. Ricostruendo la scena del crimine, gli esperti dei Vigili del fuoco e dei Ris avrebbero stabilito che l’incendio sarebbe stato appiccato in tre diversi punti dell’appartamento e utilizzando del liquido infiammabile. Le fiamme si sarebbero originate nella camera da letto (da dove poi è fuoriuscito il primo fumo che ha fatto scattare l’allarme e da dove sono entrati i pompieri), nell’atrio e nella cucina-soggiorno vicino al divano dove si trovava il piccolo Youssuf.

Ricostruendo una ipotetica dinamica dei fatti si può presumere che gli assassini siano arrivati con l’intento di trovare Azouz Marzouk e non trovandolo abbiano cercato di convincere Raffaella Castagna (che ha aperto la porta di casa e da questo si presume che li conoscesse: un’ipotesi è che uno degli assassini sia un malato psichico da lei assistito nella comunità dove lavora come volontaria) a svelare dove potesse trovarsi. A fronte del silenzio della donna potrebbero aver sgozzato per primo il bambino. Poi avrebbero colpito al collo la 30enne infierendo anche, a quanto pare, sulla testa con un pesante corpo contundente. Raffaella è stata colpita mentre con tutta probabilità tentava di fuggire: il suo corpo è stato trovato nell’atrio.

A questo punto sotto i colpi mortali degli assassini potrebbe essere caduta la nonna di Youssuf, Paola Galli, intervenuta dopo aver sentito le urla della figlia. Il suo corpo è stato trovato nel corridoio vicino alla porta di ingresso della camera del bambino. Anche lei sarebbe stata colpita alla testa con un corpo contundente. Ad agire potrebbero essere state almeno due persone.

E sempre secondo una ipotetica ricostruzione, è possibile immaginare che mentre uno tratteneva Raffaella, l’altro procedeva a sgozzare il bambino e poi ad infierire ripetutamente su di lei. Il fuoco sarebbe stato appiccato con del liquido infiammabile ma all’interno dell’appartamento non sarebbe stata trovata alcuna tanica. L’incendio ha provocato anche la morte per asfissia del cagnolino di Paola Galli. Durante la fuga, gli assassini hanno incontrato prima Valeria Cherubini, il cui corpo è stato trovato sul pianerottolo davanti alla porta d’ingresso dell’appartamento.

La vicina di casa è stata pugnalata alla schiena. Infine il marito di Valeria, Carlo Frigerio, colpito con due fendenti alla gola sulle scale, unico superstite ora ricoverato in ospedale in condizioni gravissime e che, quando si riprenderà, potrà essere l’unico a fornire una descrizione dei killer.

Intanto, Maurzouk ha ribadito quanto detto agli inquirenti durante l’interrogatorio di questa notte: "Non ho paura di nessuno. Non ho immaginato nulla perché non ho nemici". Il giovane, che potrebbe essere stato il destinatario di una vendetta trasversale per uno sgarro negli ambienti della droga, uscendo dall’abitazione del fratello Fami, a Merone (Como), per pochissimi istanti si è fermato davanti alle numerose telecamere che lo attendevano al varco come lo hanno atteso ieri sera fuori dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Como dove è stato sentito per un’ora e mezzo dagli inquirenti.

Ai giornalisti ha smentito di aver avuto dei timori. Calmo come ieri sera davanti al Procuratore Capo Alessandro Maria Lodolini e al sostituto Simone Pizzotti, oltre che ai vertici provinciali dei Carabinieri, capelli quasi rasati a zero e con un paio di grossi occhiali scuri, ha sussurrato in un italiano stentato il suo ricordo della moglie e del bimbo. "Di Youssuf ho il ricordo di un morso che mi ha lasciato sul braccio, prima di partire per la Tunisia".

Il tunisino ha ribadito di non avere "nessuna idea di cosa sia accaduto l’altra sera" aggiungendo che "siamo diventati tutti animali: ammazzare un figlio, tre donne che non c’entrano niente, un nostro vicino bravissimo, una delle più brave persone che ho conosciuto, che è in gravi condizioni, è da bestie".

E infine, smentendo che i rapporti con Raffaella fossero tesi e confermando che con lei avrebbe voluto fare un secondo figlio, ha ribadito di non essere un delinquente, di non avere nulla da nascondere: "Non ho paura di nessuno. Se uno ha qualcosa come ho sentito da voi giornalisti, che io ho un debito e che ce l’hanno con me... non lo so... io non ho paura di nessuno".

Intanto all’ospedale Sant’ Anna di Como sono iniziate le autopsie disposte dalla Procura di Como ed entro sera gli investigatori avranno in mano i primi importanti elementi per ricostruire la dinamica di quanto accaduto.

Como: quando la cattiva informazione assassina la verità

 

Il Giornale, 13 dicembre 2006

 

Il sangue, i corpi straziati, l’angoscia che suscita un bambino irrimediabilmente sfregiato. Il massacro di Erba è stato anzitutto questo tappeto di orrore, ma poi, dopo una manciata di ore impazzite, abbiamo scoperto che in provincia di Como è stata assassinata anche la più elementare verità: quella dei fatti.

Un simil-mostro, maghrebino e per di più libero grazie all’indulto, è stato confezionato in quattro e quattr’otto. Poi una nuvola oscura ha riempito il cielo del Paese: sulle redazioni dei giornali, in Tv, in Parlamento, probabilmente nei bar e nei supermercati sono piovute parole terribili. Assolute. Definitive.

Un diluvio di indicativi, perché i condizionali sembravano merce superflua, ha preso possesso dei quotidiani. Qualcuno ha titolato: "Uccide e brucia tre donne e il figlio. L’assassino era libero per l’indulto". Ora sappiamo che il presunto assassino, del tutto presunto e per niente assassino, era a casa sua, in Tunisia, a duemila chilometri di distanza. Ma per alcune, lunghissime ore, la tempesta è andata avanti, inarrestabile, insieme al dibattito innescato da una non notizia. Il ministro Clemente Mastella si è difeso da par suo, gettando via il cerino in fiamme: "La responsabilità dell’indulto è di tutti, di tutto il Parlamento.

L’indulto l’abbiamo votato tutti, quindi non vengano a dirmi che è colpa mia". E poi, quasi a marcare l’ineluttabilità del male: "Sono molto dispiaciuto per i fatti di Erba, ciò non toglie che quello era un delinquente comune che entrava e usciva dalle galere".

Affermazione affilata, cui ha prontamente risposto il predecessore di Mastella, Roberto Castelli: "Purtroppo con grandissima amarezza devo dire che noi l’avevamo detto". Così, per ore quei goccioloni hanno avvelenato l’aria, come in certi film di fantascienza, e hanno fatto detonare una discussione lontana le mille miglia dalla realtà. A completare il delirio, Mastella ha ricevuto l’immancabile busta contenente una lettera di minacce e un bossolo. Possibile?

Gli errori li fanno tutti e questa storia era terribilmente scivolosa. E però occorrerà pure che qualcuno riavvolga il film degli avvenimenti e si interroghi su questa giornata di follia nazionale. Un caso? La superficialità e la smania di chiudere il cerchio da parte di qualche investigatore che già lucidava la stella da sceriffo?

Qualcuno ha provato nelle prime concitatissime e drammatiche fasi a verificare l’alibi, a quanto pare solidissimo, del malcapitato tunisino?

Fa impressione rileggere ora le frasi che ancora ieri mattina il Procuratore capo di Como, Alessandro Maria Lodolini, consegnava alle agenzie di stampa: "Da questa notte non ci siamo fermati un minuto e sono convinto che prima di sera riusciremo a prenderlo". Incommentabile. "Già abbiamo individuato il suo furgone - proseguiva con sprezzo del ridicolo il Procuratore - e sappiamo in quale zona si è diretto per la sua fuga".

Se un magistrato, autorevole per definizione e investito da una grave responsabilità, costruisce una striscia di immagini più livida di un fumetto di Tex, c’è poi da meravigliarsi se tutto il Paese corre in suo soccorso, butta via i condizionali e si incarta in quella discussione senza soggetto? E se tutti, dai politici ai media, si piazzano ai posti di combattimento?

Attenzione, era già successo. A Novi Ligure si era battuta inizialmente la pista di una gang sanguinaria, ma lì, almeno, c’era un’attenuante non da poco: il depistaggio messo in atto dalla diabolica coppia Erika-Omar. Ci vuole prudenza. Serve misura. Specie da parte dei giudici. Che non possono parlare per proclami o per frasi fatte, che appassiscono come i fiori, lasciando una sensazione di desolazione.

Ricordate il Procuratore capo di Marsala, Antonio Sciuto? A settembre 2004, con la sua bacchetta magica rincuorò l’Italia che trepidava per la piccola Denise, inghiottita dal nulla: "Siamo ottimisti". In seguito, vogliamo sperare per un qualche calcolo investigativo, tornò alla carica: "Denise non è molto lontana, sicuramente". Noi, Denise la stiamo ancora aspettando.

Grosseto: convegno su prevenzione sanitaria in carcere

 

Ansa, 13 dicembre 2006

 

Si è svolto stamani nella sala Pegaso della Provincia il Convegno "Chiedilo al Doc… il Doc risponde", organizzato dall’Asl 9 in collaborazione con la Casa Circondariale di Grosseto. Al centro del convegno, il progetto sperimentale per un opuscolo informativo sulle metodologie di prevenzione delle malattie infettive in carcere, realizzato da un gruppo di esperti guidato da Luciana Bacci, psicologa e consigliere di FederSerd, associazione scientifica del settore delle tossicodipendenze.

"Abbiamo scelto il carcere di Grosseto proprio per le sue dimensioni contenute - afferma la psicologa - che hanno consentito un rapporto diretto con i singoli detenuti, il più idoneo per favorire la comprensione dei loro problemi e punti di vista sulla prevenzione delle malattie infettive". Infatti, sui circa 250 detenuti l’anno ospiti della struttura grossetana, circa 70 risultano avere problemi legati all’abuso di sostanze stupefacenti, e perciò interessati alla sperimentazione.

Il lavoro sperimentale è stato condotto da un gruppo operativo formato da Sabrina Gatto educatore professionale della Comunità Terapeutica "La Steccaia", Elena Spinsanti, psicologo del C.T.R. Vallerotana, Simonetta Volpi, psicologo del Carcere, e da Michele Trezzi, medico infettivologo, e ha prodotto, grazie alla collaborazione dei detenuti, un opuscolo informativo sui comportamenti "giusti" o "sbagliati" da attuare in una comunità come quella carceraria per tutelarsi dal contagio con le malattie infettive.

Visto l’ottimo risultato raggiunto ed il successo avuto, soprattutto fra i detenuti, l’opuscolo informativo verrà consegnato ad ogni detenuto al momento del suo ingresso in carcere. Tornando al convegno, molti sono stati i relatori: Mario Toti, direttore dell’U.O. Malattie Infettive, Paolo Pedicelli medico del carcere, Luciana Bacci, coordinatore del gruppo operativo che ha realizzato il progetto, che con la sua relazione ha inteso illustrare la metodologia innovativa con cui è stato condotto e che ha visto la piena adesione e collaborazione degli stessi detenuti.

Metodologia da riproporre, secondo il parere della direttrice del Carcere Cristina Morrone in quanto ha dato risultati apprezzabili. Tra i relatori anche Gabriella Soriti, educatrice del Carcere di Grosseto ed Elisabetta Ferrulli, psicologa del Ser.T. Ha moderato il Convegno Maria Grazia Petruzziello responsabile del progetto e del Ser.T. di Grosseto.

Varese: misure alternative alla detenzione per chi si droga

 

Varese News, 13 dicembre 2006

 

Come evitare che quanti delinquono per motivi legati alla droga ricadano nello stesso reato? Lo studio di un modello alternativo nel campo della tossicodipendenza è stato affidato alle Regioni Toscana e Lombardia e dal Pirellone l’incarico è arrivato sulla scrivania di Vincenzo Marino, responsabile del Dipartimento delle Dipendenze dell’Asl di Varese.

Marino sta organizzando un’equipe di studio a livello nazionale che, dopo aver analizzato la fotografia dettagliata della situazione, mirando soprattutto a scoprire come e quando vengono applicate le misure alternative alla detenzione, elaborerà un modello. Entro un anno l’equipe dovrà trovare un canale alternativo alla detenzione che migliori soprattutto il recupero fisico del detenuto, individuando strumenti e strategie utilizzabili per il monitoraggio e la valutazione dei programmi di affidamento alle misure alternative. "L’incarico, secondo la giustificazione testuale contenuta nella delibera - spiega il dottor Marino - è legata alle caratteristiche organizzative e all’esperienze professionali rilevate nel nostro dipartimento".

Il progetto, ancora allo stadio iniziale, si avvale della consulenza della facoltà di Scienze Giuridiche dell’Università dell’Insubria che fornirà docenti esperti a preparare una squadra chiamata ad operare nelle regioni ( attualmente 12) che hanno aderito all’iniziativa. "Ad oggi manca uno studio statistico preciso sulla popolazione carceraria italiana relativamente ai suoi dati clinici - continua il responsabile varesino - per prima cosa, dunque, dovremo introdurre una cartella clinica unica ( già realizzata dalla Toscana) che dia informazioni più precise, come quelle in uso nei paesi del nord Europa".

L’esigenza di elaborare un nuovo modello nasce da un’emergenza seria e ineludibile: le carceri scoppiano. Prima dell’applicazione dell’indulto, il numero totale di detenuti italiani era 61264 suddivisi in 207 istituti tra case di reclusioni, case circondariali e istituti per le misure di sicurezza. In Lombardia nelle carceri erano ospitate 8237 persone, a fronte di una capienza massima di 5649 posti. L’indulto ha alleggerito la pressione ma non rappresenta la soluzione del problema del sovraffollamento.

I ministeri di Grazia e Giustizia e della Salute hanno pensato di studiare la tipologia dei carcerati scoprendo che almeno il 30% della popolazione residente negli istituti di pena è tossicodipendente. In Lombardia, per esempio, il 43% dei detenuti è in carcere per spaccio e piccoli reati legati al mondo della droga: mentre i reati commessi dagli italiani sono per lo più dovuti al recupero di soldi per comprare gli stupefacenti, tra gli stranieri è più diffusa l’accusa di spaccio.

Il 51% della popolazione carceraria lombarda ha un’età compresa tra i 25 e i 39 anni, percentuale che sale al 64% se si eleva il campo di indagine fino ai 44 anni. L’analisi di questi dati statistici ha indotto i ministeri a destinare 775 mila euro allo studio di un percorso di recupero "ottimale" dei tossicodipendenti.

La legge italiana prevede misure alternative alla detenzione per piccoli reati, ma non sempre queste misure vengono applicate e, soprattutto, molti dubitano del loro valore dissuasivo. Certo è che, all’interno delle mura carcerarie, si formano associazioni malavitose che non aiutano il tossicodipendente a uscire dal suo tunnel.

Milano: il Gruppo Cronisti Lombardi premia i giornali del carcere

 

Ansa, 13 dicembre 2006

 

Si svolgerà domani nel carcere di San Vittore la cerimonia di premiazione di "Carcere e comunicazione", l’iniziativa inserita nell’ambito del Premio Cronisti Guido Vergani 2006 con cui il Gruppo Cronisti Lombardi vuole dare un riconoscimento ai migliori giornali realizzati all’interno delle carceri della regione.

Le testate partecipanti sono state giudicate secondo i seguenti criteri di valutazione: progressi nel tempo; frequenza di uscita; grafica; attenzione ai fatti della vita politica e sociale; rapporto con il territorio nel quale si trova la casa di pena. La giuria è presieduta da Candido Cannavò, ne fanno parte il sottosegretario regionale Antonella Maiolo, Don Virginio Colmegna, Isotta Gaeta, la giunta del Gruppo Cronisti Lombardi.

Il primo premio è stato assegnato a Carte Bollate, realizzato nel carcere di Bollate. Secondo premio ex aequo a Pianeta Miogni (carcere di Varese) e a Controsenso (Carcere di Mantova). Terzo piazza per Uomini Liberi (carcere di Lodi). Premio Speciale della Giuria a Il Due, giornale on line realizzato nel carcere di San Vittore.

Menzioni speciali sono andate a Il Sestante (carcere di Vigevano), L’Oblò (carcere di San Vittore), Opinione Libera (carcere di Monza), Zona 508 (carcere di Brescia). Alla premiazione parteciperanno i direttori degli istituti di pena lombardi, i redattori-detenuti, gli educatori e i volontari che rendono possibile la realizzazione dei giornali.

Palermo: al Pagliarelli in vendita i prodotti dei detenuti

 

Redattore Sociale, 13 dicembre 2006

 

Il carcere Pagliarelli di Palermo apre le porte alla città con una serie di iniziative natalizie tutte improntate all’insegna della solidarietà e della legalità. Per tre giorni, lungo il viale principale che conduce all’istituto di pena, sarà allestita una sorta di piccola fiera in cui verranno messi in mostra i prodotti realizzati dai detenuti durante i laboratori, tra questi c’è pure un libro sulle tradizioni popolari. L’iniziativa è stata portata avanti dalla direttrice del carcere di Palermo Laura Brancato.

L’inizio della manifestazione è prevista per il 18 dicembre alle ore 16 con una messa celebrata dal cardinale di a Palermo Salvatore De Giorgi e con l’insediamento del "Parlamento della legalità" del Pagliarelli coordinato da Nicolò Mannino.

"Il parlamento della legalità" è un organismo incaricato di portare avanti alcuni progetti, tra i quali l’adozione della piazza in cui venne assassinato padre Pino Pugliesi. Nel corso della manifestazione saranno previsti, anche, alcuni canti e musiche eseguiti dall’orchestra filarmonica del maestro Francesco Di Peri e dal coro polifonico dell’Istituto magistrale Regina Margherita diretto dal maestro Salvatore Scinaldi.

Nei giorni 19 e 20 dicembre il carcere verrà aperto a tutti i cittadini che potranno visitare gli stand ed acquistare i prodotti realizzati dai detenuti. Fra i prodotti in vendita ci saranno ceramiche, miele, fiori, oggetti di legno, block-notes, ecc. Poiché a nessuno dei prodotti è stato dato un prezzo, coloro che volessero comprarli potranno lasciare un offerta libera. Ci sarà pure uno stand curato dalla polizia penitenziaria che ha dato il proprio contributo per lo svolgimento dell’iniziativa, nel quale verranno presentate le attività svolte dalle guardie.

Tutti coloro che avessero difficoltà a raggiungere con i mezzi propri il Pagliarelli, potranno raggiungerlo, utilizzando una navetta messa a disposizione dall’amministrazione penitenziaria che partirà da piazza Politeama. Con il ricavato della vendita dei prodotti esposti in fiera sarà creato un fondo di solidarietà per i detenuti. Il denaro verrà destinato ai reclusi in difficoltà economiche per i bisogni giornalieri.

Il progetto mira, secondo una prospettiva più ampia, a diffondere nel penitenziario la cultura della legalità ed ad intraprendere un percorso dalla forte connotazione sociale. Fra le attività in cui sono impegnanti attualmente i detenuti ci sono i laboratori di moda, artigianato ed agricoltura. È stata curata pure una iniziativa tipografica tramite la quale è stato stampato un libro intitolato "Mi cuntava me nanno" (mi raccontava mio nonno) con poesie, brani tratti dalla tradizione popolare e immagini.

Terni: concerto in carcere dell’Istituto Musicale "Briccialdi"

 

Comunicato stampa, 13 dicembre 2006

 

Lunedì 11 dicembre 2006: il teatro della Casa Circondariale ha accolto uno strepitoso concerto dell’Ensemble di Ottoni dell’Istituto Musicale Briccialdi di Terni; gli insegnanti e gli studenti hanno offerto due ore di grande esecuzione, presenti il Direttore della Casa Circondariale, dr. Dell’Aira, gli Educatori, il Commissario e personale di Polizia Penitenziaria, gli insegnanti dei corsi scolastici e, soprattutto, ottanta detenuti attenti ed entusiasti. Particolarmente accattivante il repertorio presentato: elaborazioni da Rossini e Bellini, da canzoni popolari napoletane, da colonne sonore di film italiani.

Grazie alla sensibilità della responsabile del progetto, prof. Della Croce e del direttore dell’istituto Briccialdi Prof. Arcangeli, si è realizzato un prezioso momento di incontro con l’esterno, durante il quale i detenuti hanno potuto spaziare sulle note di grandi musiche. L’occasione è inoltre momento di crescita personale e culturale , di particolare rilevanza trattamentale. La consueta disponibilità di tutto il personale della Casa Circondariale ha consentito il regolare e sereno svolgimento del concerto. La collaborazione tra istituto Briccialdi e istituto penitenziario, anche alla luce del successo riscontrato, troverà nell’anno alle porte nuove occasioni.

Firenze: 8 mila studenti per il Meeting sui diritti umani

 

Asca, 13 dicembre 2006

 

Ottomilaquattrocento studenti toscani si sono riuniti questa mattina al Mandela Forum di Firenze per il Meeting sui diritti umani, organizzato dalla Regione Toscana. Intervenendo nel corso della mattinata il presidente della Regione Claudio Martini ha citato lo Statuto regionale e in particolare l’articolo 4 che contiene in modo esplicito nuovi diritti e nuove espressioni di cittadinanza.

Non solo il diritto di espressione, di partecipazione, ma anche il diritto all’individualità, la tutela dei diversi credi, dei diversi orientamenti sessuali, il diritto di voto agli immigrati, che pensiamo possa arricchire e rendere viva la democrazia. Numerosi gli interventi, coordinati da Gad Lerner. Sul palco si sono avvicendati, tra gli altri, Sergio Staino e Lella Costa (che ha invitato i giovani a dire le cose che avete nel cuore, con coraggio), Arrigo Levi e i giovani di Locri. Tra gli altri temi affrontati, anche il problema della pena di morte. Luisa Cattaneo e Roberto Gioffrè hanno recitato l’indifferenza di chi, in un carcere del Texas, assiste all’esecuzione del detenuto 909 mentre i ragazzi della scuola media Paolo Borsellino di Navacchio (Pisa) hanno raccontato la loro corrispondenza con Greg Summers, giustiziato lo scorso 25 ottobre e sepolto il 2 dicembre proprio a Navacchio, nel Comune di Cascina.

Era stato Greg a chiederlo, così come aveva chiesto che i ragazzi mettessero le loro firme sulla sua bara. E così è stato. L’ultima loro lettera è stata l’ultima anche per Greg: gli è stata letta il pomeriggio prima dell’esecuzione, durante una trasmissione alla radio. Sui problemi dell’immigrazione sono intervenuti Don Virgilio Colmegna, per circa 13 anni alla guida della Caritas di Milano e adesso presidente della Fondazione Casa della Carità di Milano, e Bruno Manghi, ex sindacalista e sociologo del lavoro.

Gli immigrati - ha detto il sacerdote - non sono poveri da assistere, ma persone cui spetta il nostro aiuto, cui è giusto restituire gran parte del debito che abbiamo nei loro confronti. È attraverso segni concreti che si aprono possibilità significative, che si restituiscono diritti e dignità. Non con il pietismo, l’assistenzialismo e l’emarginazione.

Sergio Staino, infine, ha utilizzato la sua penna per parlare agli studenti riuniti al Mandela Forum: commentando con i suoi disegni la canzone Il vecchio e il bambino di Francesco Guccini e creando una striscia satirica sul tema dell’immigrazione e dell’accoglienza. Una striscia di ispirazione medievale in cui, intorno a Firenze, asserragliata nel suo privilegio di città ricca e gelosa e dominata da una Lega fiorentina, cresce la gente nova del Casentino, del Mugello, della Valdelsa.

Gente incarnata in Bobo-Bondone, padre di un Giotto ancora bimbo alle prese con i primi schizzi di animali sulle pietre del pascolo. Bobo-Bondone va a Firenze per lavorare ma rimedia solo improperi e una solenne bastonatura. Così, quando Cimabue gli propone di portare il promettente figliolo nella sua bottega di Firenze, replica deciso: "A Firenze no, meglio contadino da un’altra parte, ma vivo!".

 

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