Rassegna stampa 13 aprile

 

Lettere: Sollicciano; poi dicono che la legge è uguale per tutti…

 

Informacarcere, 13 aprile 2006

 

Vi scrivo dall’interno di un mondo isolato dalla nostra società cosiddetta puritana e per bene. Una società che davanti ai problemi del carcere si è sempre nascosta la testa come gli struzzi, comunque non credo che serva a tanto bendarsi gli occhi con stracci trasparenti, perché avrete sempre le stesse immagini di sofferenza e d’ingiustizia davanti ai vostri occhi innocenti. Lo dico e lo confermo, perché ognuno di voi è una vittima predestinata alla coerenza della nostra carissima giustizia che non ha mai sbagliato nei nostri confronti, perciò e ironicamente parlando non lo farà mai, visto che le nostre leggi sono leggi divine mandate direttamente dall’onnipotente per la salvezza della nostra bene amata società.

Non so cosa vi aspettate da una persona senza nessun bagaglio per affrontare un mondo meschino dove l’unico Dio o ragione di vivere si chiama Dio denaro, dove la certezza d’un futuro è uguale a uno zero rotondo, dove i principi e l’ideologia sono stati dichiarati tabù, banditi e negati alle prossime generazioni, non vedo di che cosa andate fieri se non riuscite a capire che le nuove leggi sono solamente un’altra via di tortura e d’ingiustizia. A che cosa serve buttare il fior fiore della nostra gioventù per anni dentro una cella senza nessun strumento per recuperare ma con la rabbia repressa che l’ingiustizia va combattuta con le stesse armi. Quindi sta a voi, carissimi, di rinnegare tutti i dogmi che vi sono stati inculcati e dare una svolta concreta alla reintegrazione dei soggetti che hanno sbagliato e che non aspettano altro che avere un’altra chance.

 

Ridha Chtorou, Carcere di Sollicciano

Ancona: porta in carcere della droga nascosta nello stomaco

 

Corriere Adriatico, 13 aprile 2006

 

Cosa fare se la prova di colpevolezza è occultata nell’intestino del sospettato? Semplice, basta aspettare che la natura faccia il suo corso e trovarsi lì al momento opportuno. Un metodo che nel 2004 costò diverse settimane di isolamento a un detenuto della casa circondariale di Montacuto, sospettato di aver introdotto in carcere sostanze stupefacenti celandole nel più insondabile dei nascondigli: il proprio corpo. Angelo C., pugliese di 47 anni, nel marzo del 2004 era rientrato in cella dopo un permesso premio trascorso in famiglia. Sospettavano però, i responsabili del carcere, che da quel breve soggiorno all’esterno del penitenziario il detenuto si fosse portato dietro qualche dose di stupefacente, magari da dividere con i compagni di cella o smerciare ad altri reclusi.

La perquisizione, come al solito molto accurata, non rivelò però nulla di sospetto. Angelo C., tuttavia, non convinse troppo le guardie carcerarie, messe in allerta dal tamtam che circolava a Montacuto, e nei suoi confronti scattò un piano di controllo, mirato soprattutto a tenere d’occhio le sue necessità fisiologiche. Venne messo in isolamento e quasi un mese dopo la resistenza del detenuto (che pur di non mollare abbozzò anche uno sciopero della fame) venne fiaccata durante un doccia, che fece piovere sul pavimento un involucro in cellophane contenente dieci grammi di hashish. Ma non era finita, perché Angelo C., ricoverato per il suo deperimento fisico, venne sottoposto a esami radiografici, che evidenziarono altre "strane presenze" nell’addome.

Altro periodo d’isolamento, con obbligo di espletare i bisogni corporali su un vassoio, e alla fine dall’esplorazione delle feci affiorarono degli strani semi. Residui di un frutto mangiato? No, diranno le analisi, erano semi di canapa, buoni per tirarci fuori altra droga leggera. Angelo C. alla fine è stato denunciato e ieri il gip l’ha rinviato a giudizio con l’accusa di aver introdotto all’interno del carcere sostanze stupefacenti. Il suo difensore, l’avvocato Antonella Caporalini, aveva chiesto l’archiviazione delle accuse, ritenendo peraltro che il suo assistito avesse subito una violazione della privacy.

Giustizia: la Cassazione; Chiatti non può uscire dal carcere

 

Giornale di Vicenza, 13 aprile 2006

 

No ai permessi premio per Luigi Chiatti, il "mostro di Foligno". A stabilire che l’assassino di Simone Allegretti e Lorenzo Paolucci non potrà lasciare il carcere di Prato, almeno per ora, è stata ieri pomeriggio la settima sezione penale della Corte di Cassazione, che ha giudicato "inammissibile" il ricorso presentato dallo stesso Chiatti.

Il 38enne geometra folignate, arrestato 13 anni fa e condannato con sentenza definitiva a 30 anni, si è sempre comportato come un detenuto "esemplare". Proprio per questo ha chiesto di poter godere dei benefici penitenziari, che gli sono stati però negati dal Tribunale di sorveglianza di Firenze. Contro questo provvedimento Chiatti ha fatto reclamo, ma l’istanza è stata respinta. Restano, dunque, chiuse le porte del carcere per il giovane che il 6 ottobre 1992, quando aveva 24 anni, uccise il piccolo Simone Allegretti (di 4 anni) e dieci mesi dopo, il 7 agosto 1993, Lorenzo Paolucci, un ragazzo di 13 anni. Fu arrestato subito dopo questo secondo delitto, a Casale, una piccola frazione della montagna folignate: aveva tentato di liberarsi del corpo gettandolo in una scarpata, ma fu tradito dalle tracce di sangue. Poi la confessione, anche del secondo omicidio: "Sono io il mostro".

In primo grado venne giudicato pienamente capace di intendere e di volere e condannato all’ergastolo. In appello la pena fu ridotta a 30 anni, dopo il riconoscimento della seminfermità mentale. Decisione confermata in maniera definitiva dalla Cassazione il 4 marzo 1997. Chiatti non è mai uscito dal carcere, dove spesso riceve le visite dei suoi genitori.

Dai delitti di Chiatti alle accuse contro Anna Maria Franzoni. Per la prima volta i pantaloni del pigiama entrano in aula: ieri, al processo d’appello per il delitto di Cogne, l’indumento della discordia è stato esaminato da giudici e consulenti tecnici sotto gli occhi del pubblico - una ventina di irriducibili spettatori - e di una impassibile Anna Maria Franzoni. È stato uno dei momenti più carichi di pathos di un’udienza dedicata, per il resto, interamente alla scienza.

Era il giorno delle discussioni fra i periti, e sette ore non sono bastate a metterli d’accordo: il perito della Corte, Hermann Schmitter, ha apostrofato il consulente della difesa, Berndt Brinckmann ("Se è stupìto dai risultati dei miei calcoli deve tornare a studiare"), l’avvocato Carlo Taormina ha dato sulla voce al colonnello Luciano Garofano, comandante del reparto investigazioni scientifiche dei carabinieri e "spalla" dell’accusa.

Schmitter, lo specialista tedesco interpellato dalla Corte per esaminare le tracce di sangue della stanza in cui fu ucciso il piccolo Samuele Lorenzi, ha confermato le sue conclusioni, che tanto giovano alle tesi del pg Vittorio Corsi: l’assassino non poteva che indossare il pigiama, perché è stato colpito dagli schizzi di sangue quando era "in posizione più o meno verticale". Brinckmann e Taormina lo hanno stretto d’assedio, ma lui è rimasto sulle sue posizioni.

Latina: detenuto "scompare" dal carcere; lo hanno estradato

 

Il Messaggero, 13 aprile 2006

 

Quando il suo avvocato è andato in carcere per un colloquio non riusciva a credere a quello che era accaduto. Il suo assistito, un giovane rumeno, era stato estradato, prelevato dal carcere di via Aspromonte, dove era stato ristretto dopo la richiesta di estradizione avanzata dal suo Paese perché doveva scontare una condanna a due anni e dieci mesi di reclusione. "Una cosa incredibile - commenta l’avvocato Alessandro Mariani - Un fatto gravissimo per il quale chiederò l’accertamento di responsabilità. Sono stati violati i diritti alla difesa oltre che il codice penale. Il mio assistito non doveva assolutamente essere estradato".

La vicenda, che rischia di diventare un caso di malagiustizia, parte dalla richiesta formulata a giugno dello scorso anno dalla Romania per l’estradizione di Ioncl Dumitrascu, un giovane cittadino rumeno ritenuto dal tribunale del suo paese responsabile di uso di targhe false e allontanamento dal luogo di un incidente con soli danni alle cose: due anni e dieci mesi di reclusione. "Intanto in Italia non è possibile la doppia incriminabilità - commenta l’avvocato Mariani - e poi la seconda contestazione, per il nostro codice, prevede solo una sanzione amministrativa. Per cui al massimo poteva essere condannato a sei mesi per la targa falsa". Così è stato presentato ricorso presso la Corte d’Appello di Roma, IV sezione penale che lo ha respinto. Successivamente il caso è stato portato alla Corte di Cassazione che il 2 novembre 2005 accoglieva le ragioni della difesa e annullava senza rinvio la sentenza della corte d’Appello dichiarando la sussistenza della esecuzione della condanna a soli sei mesi.

"Ci siamo nuovamente rivolti alla corte d’Appello con un incidente di esecuzione poiché il 22 marzo la pena prevista si sarebbe prescritta". E invece è accaduto quello che non sarebbe dovuto accadere. Il ministero di Grazia e giustizia, in data 10 aprile dava esecuzione alla estradizione prelevando il Dumitrascu dal carcere di Latina senza darne neppure comunicazione al difensore. "Ho saputo dell’accaduto soltanto oggi quando mi sono recato in carcere per parlare con il mio assistito - commenta amareggiato l’avvocato Mariani - Ritengo questo episodio di una gravità inaudita. Il Dumitrascu era in Italia con un regolare permesso di soggiorno con la famiglia e un fratello, lavorava come operaio presso una impresa di Priverno. Ora tutto quello che era riuscito a costruire è stato distrutto e mi preoccupa il fatto che potrebbe andare a scontare un periodo di detenzione superiore di gran lunga a quello che la legge italiana prevede. Nel qual caso se qualcuno ha sbagliato dovrà pagarne le conseguenze".

Jesi: mostra fotografica sul disagio mentale e il carcere

 

Corriere Adriatico, 13 aprile 2006

 

Resterà aperta fino a domenica prossima a Palazzo dei Convegni la mostra fotografica dal titolo "Elogio alla libertà" interamente dedicata alla celebre e pluripremiata "Compagnia della Fortezza" del penitenziario di Volterra, in provincia di Pisa. L’esposizione è programmata nel quadro di Malati di Niente, rassegna jesina giunta alla sesta edizione che quest’anno vuole parlare delle tante forme di diversità, non solo di disagio mentale dunque ma anche di carcere, di immigrazione, di povertà economiche, di poteri, di relazioni, di affetti. Promuovono Malati di Niente e la mostra "Elogio della libertà" il Comune e la Regione Marche (assessorati ai servizi sociali), l’Associazione culturale Asiamente, la Comunità Alloggio Soteria, il Dipartimento Salute Mentale di Jesi, in collaborazione con Comune di Maiolati Spontini, cooperativa sociale Cooss Marche, Centro Sociale Tnt e Teatro Pirata. Sono tutti di Stefano Vaja gli scatti realizzati in questa mostra che offre uno spaccato significativo degli spettacoli realizzati dalla "Compagnia della Fortezza", da "Pescecani, ovvero cosa resta di Bertold Brecht" rappresentato sabato scorso al Teatro Pergolesi, a "Opera da tre soldi" e "Marat Sade", fino al recente "P.P.Pasolini ovvero l’elogio del disimpegno", solo per citare i lavori più famosi. Nelle immagini esposte si ripercorre la storia, esemplare, di un fenomeno artistico che porta anche alla riqualificazione di un contesto sociale, e che per la sua forte valenza utopica ha ben pochi riscontri, dentro e fuori da un istituto di pena.

Milano: 150 ragazzi della Caritas incontrano i giovani detenuti

 

Redattore Sociale, 13 aprile 2006

 

Un incontro oltre le sbarre, tra chi le vede da fuori e chi non le può oltrepassare. Un modo per sensibilizzare i ragazzi dai 18 ai 30 anni alla realtà del carcere, così lontana eppure così possibile e per dare conforto a chi è "finito dentro". Il prossimo 20 maggio, per il quinto anno consecutivo, 150 ragazzi incontreranno i giovani detenuti nelle carceri della Diocesi di Milano (Milano Opera, San Vittore, Bollate, Busto Arsizio, Lecco, Monza e Varese). L’iniziativa è organizzata dalla Caritas Ambrosiana e dal Servizio Giovani della Pastorale diocesana. I giovani che hanno intenzione di partecipare all’iniziativa, devono preparasi partecipando a un incontro di formazione. Chi è interessato, inoltre, dopo la giornata di visita ai ragazzi del carcere, può prendere parte all’incontro dedicato al "senso della pena". In quest’occasione si discuterà delle pene alternative, della necessità della rieducazione e del reinserimento, dell’opportunità del carcere solo in casi in cui sia stata commessa una grave violenza.

"Questa iniziativa non è una semplice visita ai ragazzi del carcere- spiega Luca Massari, responsabile dell’area carcere della Caritas,- ma un momento di confronto e di crescita reciproca. Il 20 maggio, dopo un momento di preghiera, i ragazzi parleranno tra loro". Dopo questa esperienza, qualche ragazzo che ha visitato il carcere negli anni scorsi ha deciso di diventare volontario. Ma, dice Massari "il nostro intento non è di trovare nuovi volontari. Vogliamo, invece, dare la possibilità ai ragazzi di conoscere altre realtà, di fare esperienze nuove e costruttive e di capire che chi sta dentro non è sempre così diverso". La giornata del 20 maggio fa parte di una serie di incontri organizzati per avvicinare i giovani al mondo del volontariato e del servizio, per fargli conoscere nuove possibilità di impiego e di lavoro volontario, come il servizio civile europeo. Per partecipare alla visita nelle carceri bisogna iscriversi entro il 21 aprile, compilando la scheda che si trova sul sito www.caritas.it e inviando il modulo allo sportello Volontariato e Giovani via fax al numero 02.76021676, con la fotocopia della carta d’identità.

Informazione: per andare oltre il solito "bla, bla, bla"…

 

Progetto Uomo, 13 aprile 2006

 

I mezzi di informazione realizzati dai detenuti consentono di conoscere una condizione che altrimenti rimarrebbe oscurata. "Disagio - disagio grave - gli ultimi - i diritti degli ultimi - i diseredati - le minoranze - i diritti delle minoranze - gli immigrati - i poveri - il carcere dei poveri - gli esclusi - l’esclusione sociale: parole vuote. Parole da politici, sospiri da politici, occhi un pò commossi, toni alti e toni sommessi e poi nulla...". Comincia così l’ultimo editoriale di Carla Chiappini, redattrice volontaria di "Sosta Forzata", il Giornale della Casa Circondariale di Piacenza scritto da detenuti. Otto pagine a colori, formato tabloid, dense di storie, emozioni e speranze. Brandelli di umanità in "permesso premio" che superano cancelli, saltano mura e arrivano al cuore quando meno te l’aspetti. "Sosta Forzata" è una delle più interessanti esperienze di giornalismo all’interno degli Istituti di pena, ma non l’unica. C’è un arcipelago di periodici e siti web (es. Ristretti e Il Due) cresciuti enormemente, divenuti il megafono di una condizione che altrimenti rimarrebbe oscurata. Da qui la costituzione della Federazione dell’informazione dal carcere e sul carcere, perché l’informazione sia onesta, sobria e pulita. Ecco allora una Giornata nazionale di Studi "Dalle notizie da bar alle notizie da galera", fissata per venerdì 26 maggio nella Casa di Reclusione di Padova, a cui hanno già confermato la loro partecipazione numerosi giornalisti. Una risposta al solito "bla, bla, bla...".

Grecia: raccoglie frammenti archeologici, in carcere da 2 mesi

 

Emilianet, 13 aprile 2006

 

"Roberto è in una condizione limite e abbiamo paura per lui. Aveva mille interessi ma ora è una persona che si sta spegnendo". A lanciare l’allarme su Roberto, il 44enne genovese residente a Castelnuovo Monti (Reggio Emilia), in carcere in Grecia dal 23 febbraio scorso, è Danilo Zappaterra insieme all’ avvocato bolognese Davide Bicocchi.

Roberto fu arrestato a Igoumeniza, al termine di una vacanza, perché trovato in possesso di 36 frammenti di terrecotte raccolte come souvenir nel corso di immersioni. Dopo essere passato per cinque carceri diverse, Roberto, si trova ora in quello di Amphissa, a nord ovest di Atene, è stato accusato di tentata esportazione di reperti archeologici e rischia fino a 10 anni.

Autista e barelliere del Pronto Soccorso dell’ ospedale di Castelnuovo Monti, impegnato nel volontariato (insegna attività subacquea ai disabili) Roberto Zappaterra non solo non ha precedenti, ma ha anche raccolto espressioni di solidarietà da un fronte molto ampio di colleghi e associazioni. In particolare, il sindaco di Castelnuovo, Gianluca Marconi, ha scritto una lettera al Presidente Ciampi in cui gli sottopone il caso, e il consiglio comunale del piccolo centro reggiano ha votato un documento in cui si chiede aiuto al Capo dello Stato.

Il primo allarme sulla vicenda il 4 marzo scorso. Oggi la famiglia insiste, dopo che per la seconda volta è stato rifiutato il rilascio dietro cauzione, misura di cui non si sa ancora la motivazione. Ora c’è una terza e ultima possibilità, ma non ci sono certezze sulla data del processo. "Si trova in un carcere insieme a omicidi, scafisti e tossicodipendenti - hanno spiegato il fratello Danilo e la fidanzata Silvia - Ha dormito per 15 giorni per terra tra i parassiti e gli è stato dato un materasso solo dopo una nostra lettera al Corriere della Sera. Pensiamo che la cosa che preoccupa di più le autorità greche sia l’ immagine del paese a uso turistico. Roberto è in una cella con 27 persone tra fumo (lui è allergico ma deve sopportare) e sporcizia, il cibo è pessimo e da fine febbraio ha perso 10 kg. Ha fatto richiesta alla Croce Rossa di essere visitato in carcere ma non ha ricevuto risposta". A preoccupare i familiari sono sopratutto le condizioni psicologiche dell’ uomo che in passato ha sofferto di depressione (fu riformato per questo dal servizio militare).

Ad aggravare il tutto c’è il problema della lingua. "I documenti firmati da Zappaterra sono tutti in greco e le perizie sono state fatte senza un perito di parte. Roberto ha ammesso di avere fatto una leggerezza, ma non è certo un tombarolo professionista come lo accusano di essere", ha detto Bicocchi aggiungendo che il nostro consolato si è interessato al caso, anche se "le autorità italiane fino ad oggi si sono limitate al loro ruolo, senza andare oltre".

 

 

Precedente Home Su Successiva