Rassegna stampa 13 ottobre

 

Giustizia: Castelli; più risorse, o sistema penitenziario salta

 

Agi, 13 ottobre 2005

 

"Risorse aggiuntive per le carceri oppure a metà 2007 il sistema salta". Lo ha dichiarato il Guardasigilli Roberto Castelli in visita allo stand della Polizia penitenziaria allestito al Salone nautico di Genova. "In Commissione Giustizia ieri ho detto che bisogna intervenire. Ha bisogno di risorse straordinarie, sia come uomini che risorse finanziarie" e conclude: "bisogna che il Parlamento si prenda carico di questa mia sollecitazione altrimenti il sistema a metà 2007 salterà".

Trieste: Metz; amnistia e indulto nel programma dell’Unione

 

Il Gazzettino, 13 ottobre 2005

 

L’amnistia e l’indulto nel programma dell’Unione. È l’obiettivo dichiarato del consigliere regionale e candidato sindaco alle primarie del centro-sinistra, Alessandro Metz, che ieri pomeriggio è tornato a visitare il carcere del Coroneo ("ormai lo faccio regolarmente ogni due mesi") insieme a Simona Panzino, candidata alle primarie dell’Unione a livello nazionale, e Valerio Guizzardi dell’associazione Papillon-Rebibbia, dalla quale è uscito l’appello alle forze politiche del centro-sinistra per inserire amnistia ed indulto nel programma di governo, attivando anche una raccolta di firme che sarà presentata nella sede dell’Unione a Roma il 14 novembre. Al termine della visita di Metz, Panzino e Guizzardi nel penitenziario triestino si è tenuto un presidio all’esterno dello stesso con familiari dei carcerati ed ex detenuti che hanno protestato contro sovraffollamento e condizioni di vita all’interno del carcere che, secondo Metz, "rappresenta una discarica sociale".

In serata, nella Casa delle Culture di via Orlandini si è discusso di Cpt e precarietà con gli stessi protagonisti delle iniziative del pomeriggio. "È il momento di affermare le questioni primarie prima ancora di affrontare le elezioni primarie" sostiene Alessandro Metz che non nasconde qualche divisione all’interno della coalizione del centro-sinistra su questi temi, in particolare sulla chiusura dei centri di permanenza temporanea per gli immigrati: "A livello nazionale i punti da noi richiesti sono stati accolti da Rifondazione e da Pecoraro Scanio ma altri partiti come Ds e Margherita sono contrari alla chiusura. È giusto opporsi alla Bossi-Fini ma non ci convince neanche la Turco-Napolitano". E anche per quanto riguarda gli altri papabili candidati a sindaco del centro-sinistra le divergenze non mancano: "Rosato e Boniciolli preferiscono sfuggire a queste tematiche affermando che si tratta di questioni nazionali e non locali. Però non si può nascondere che qualche diversità di veduta esiste".

Lazio: 400mila euro per il reinserimento-lavoro degli ex detenuti

 

Apcom, 13 ottobre 2005

 

Saranno 400.000 gli euro a favore di progetti finalizzati al reinserimento lavorativo di detenuti ed ex detenuti del Lazio. I finanziamenti sono stati approvati ieri dalla giunta regionale, su proposta dell’Assessore agli Affari Istituzionali, Enti Locali e Sicurezza, Regino Brachetti, e saranno indirizzati a cooperative che avviino progetti finalizzati al reinserimento sociale dei detenuti e degli ex detenuti, attraverso una occupazione stabile.

Secondo Brachetti è stato dato "un contributo all’adeguamento del sistema carcerario del Lazio ai principi di civiltà giuridica, che si fondano sul rispetto della persona, a prescindere dal suo status".

I contributi sono destinati alle cooperative sociali del Lazio a patto che presentino progetti di sviluppo imprenditoriale, in tutti i settori produttivi, capaci di garantire la stabilizzazione e l’incremento di posti di lavoro per detenuti, ex detenuti o persone sottoposte a misure penali restrittive della libertà personali. Possono presentate richiesta di finanziamento le cooperative sociali iscritte presso le prefetture del Lazio, Sezione Cooperazione, Produzione e Lavoro, nonché all’Albo regionale delle cooperative sociali, sezione B.

"Mi fa particolarmente piacere ricordare che per quanto ci riguarda, nel poco tempo che abbiamo avuto a disposizione, siamo riusciti ad adottare sulla questione delicata dell’universo carcerario altri due provvedimenti di assoluto rilievo: mi riferisco - ha concluso l’Assessore - alla recente attivazione dei reparti per reclusi negli ospedali Pertini di Roma e Belcolle di Viterbo".

Firenze: consiglio regionale approva mozione su superamento Cpt

 

Asca, 13 ottobre 2005

 

Lavorare per il "superamento" e la "rapida chiusura" dei Centri di permanenza temporanea. È quanto chiede una mozione approvata a maggioranza dal Consiglio regionale della Toscana. La mozione è stata approvata col voto favorevole di Ds, Comunisti italiani, Verdi, Rifondazione e parte della Margherita. Si sono astenuti infatti i consiglieri Pieraldo Ciucchi (Sdi), Alberto Monaci, Marco Remaschi e Mauro Ricci (Margherita), mentre hanno votato contro i consiglieri di Alleanza Nazionale, Forza Italia e Udc. La mozione chiede anche di individuare "soluzioni alternative che non riproducano le logiche del diritto speciale dei migranti, per il quale i cittadini stranieri immigrati oggi sono detenuti in base al solo elemento della clandestinità, che per la nostra Costituzione non costituisce un reato penale".

Lodi: carovana antimafia, i volontari chiusi fuori dal carcere

 

Il Cittadino, 13 ottobre 2005

 

"Oggi facciamo un passo indietro nella speranza di farne due avanti domani, tutti insieme": la Carovana antimafia è stata lasciata fuori dal carcere ma fra i carovanieri non c’è voglia di polemica. Le associazioni che compongono la Carovana, da "Libera" di don Luigi Ciotti alle realtà di volontariato lodigiane, ieri si sono trovate le porte della Cagnola chiuse per l’opposizione della nuova direttrice Caterina Ciampoli. Al posto del tradizionale incontro con i detenuti che caratterizzava la tappa lodigiana di questo gruppo di associazioni impegnate nell’educazione alla legalità ("Libera" crea posti di lavoro e cooperative agricole sui terreni confiscati alla mafia) si è così tenuta ieri una conferenza stampa in municipio.

Più che accusare o polemizzare, i portavoce della Carovana hanno riflettuto a ruota libera sull’improvviso stop a un processo di conoscenza reciproca tra carcere e città che aveva dato numerosi frutti: una decina di detenuti impegnati durante il giorno in lavori esterni, tornei di calcetto e pallavolo all’interno delle mura con gli studenti di Lodi, centinaia di persone in lista d’attesa per le giornate a "sbarre aperte", il giornale "Uomini liberi" scritto da una redazione di reclusi e diventato caso nazionale. "Per questo motivo per noi è una giornata triste - ha sottolineato Lorenzo Frigerio, di Libera Lombardia -.

Nel carcere di Lodi percepivamo i vantaggi del silenzioso e costante lavoro di volontari e associazioni che si era consolidato nel tempo. Abbiamo preferito non infilarci in un tunnel di polemiche. I detenuti sarebbero stati i primi a soffrirne le conseguenze". Gli ha fatto eco Tonio Dell’Olio, responsabile nazionale pax Christi ed ex cappellano del supercarcere di Trani, sezione di massima sicurezza: "Vogliamo aprire una linea di credito a questa direzione che non ci ha permesso di entrare in carcere per motivi che non conosciamo.

Ma vogliamo partire da questo per riaprire un dialogo e ripartire in questo cammino, con la direttrice al nostro fianco". Stesso invito da Francesco Rigitano di Libera Calabria: "Ognuno faccia la sua parte, ricordando che i problemi si risolvono incontrando le persone". Luigi Lusenti, dell’Arci Lombardia, ha poi tracciato un bilancio del passaggio della Carovana in Lombardia (19 tappe dal 7 al 13 ottobre) mentre Andrea Ferrari, assessore comunale alla cultura e componente della Carovana, ha rivolto un duplice invito: "Ai politici lodigiani di ogni ordine, perché sappiano la situazione che si è creata, e ai cittadini, perché sostengano Libera, anche soltanto acquistando una bottiglia di olio o di vino prodotto sui terreni confiscati alla mafia".

Giustizia: Pietro Grasso nominato procuratore nazionale antimafia

 

Il Tempo, 13 ottobre 2005

 

Previsioni ampiamente rispettate: Pietro Grasso è il nuovo procuratore nazionale antimafia. La sua nomina al vertice della Direzione di via Giulia è stata decretata dal plenum del Consiglio superiore della magistratura con 18 sì e cinque astensioni. Anche il vice presidente, Virgilio Rognoni, ha votato a favore, e non si è astenuto come fa solitamente in queste occasioni. Grasso prende il posto di Piero Luigi Vigna, andato in pensione il primo agosto scorso. La nomina è passata, oltre che con il sì di Rognoni, con il voto favorevole dei togati di Unità per la Costituzione, di Magistratura Indipendente, del Movimento per la Giustizia, dei laici di entrambi gli schieramenti e dei vertici della Cassazione. Si sono, invece, astenuti, come già avevano fatto in Commissione i consiglieri di Magistratura Democratica, in polemica con la norma della riforma dell’ordinamento giudiziario.

Asti: carcere sovraffollato, ma con molti buoni progetti

 

La Stampa, 13 ottobre 2005

 

Che le carceri italiane raccolgano disagi diversi è ormai un dato di fatto. A Quarto l’aspetto più drammatico è il sovraffollamento: tossicodipendenti, stranieri, emarginati si trovano a convivere in spazi ormai insufficienti. La situazione però, è meno grave rispetto ad altre strutture.

A fare la differenza sono le attività proposte ai detenuti, come conferma la delegazione di Rifondazione comunista recentemente in visita al carcere astigiano. Nel gruppo, guidato dal consigliere regionale Gian Piero Clement, anche il segretario della federazione di Asti Rosario Ragusa. "È stata una visita interessante - ha sottolineato Clement - a un’istituzione che porta avanti diversi progetti per favorire il recupero dei detenuti". Il carcere, inaugurato nel 1991 e previsto originariamente per 150 persone, ne ospita oggi 318. Sono soprattutto extracomunitari (50%), tossicodipendenti (40%) e quasi la metà condannati in via definitiva. Circa 150 gli agenti della polizia penitenziaria, anche se sulla carta dovrebbero essere 240. Al sovraffollamento e alla sorveglianza insufficiente, il direttore del carcere Domenico Minervini risponde con progetti educativi e lavorativi. Ventidue detenuti sono autorizzati al lavoro esterno e 6 vivono in regime di semi-libertà (4 si occupano della manutenzione del verde pubblico ad Asti e San Damiano).

Il progetto più nuovo, però, è quello dell’orto biologico. Grande 25 mila metri quadri, è curato da 15 detenuti; alcuni sono autorizzati alla gestione della bancarella per la vendita dei prodotti nei mercati astigiani. A Quarto si coltivano ortaggi, pesca limonina e pomodori, con metodi rigorosamente biologici. In futuro è prevista la realizzazione di un laboratorio per la produzione di conserve e confetture. Sono stati avviati anche due nuovi corsi di formazione professionale: quello di potatura, specializzazione molto richiesta in agricoltura, e pizzaiolo. A disposizione anche corso di informatica (i partecipanti trascrivono le sedute del Consiglio provinciale), di alfabetizzazione e un biennio per geometri destinato ai detenuti ad alta sorveglianza. L’area pedagogica è invece ancora leggermente deficitaria. Dei 5 addetti previsti, sono presenti in istituto solo 4 educatori, di cui 2 a tempo determinato retribuiti dalla Regione. "Bisogna intervenire - sottolinea Clement - chiederemo al Consiglio regionale di rifinanziare il progetto". A Quarto, però, c’è una forte presenza di volontari, una trentina. Alcuni detenuti, infine, sono impegnati in un progetto giornalistico: è "Gazzetta dentro" la pagina curata dalla redazione di Quarto per la "Gazzetta d’Asti". "Siamo stati in visita nel periodo del Ramadan - conclude Ragusa - Per i detenuti islamici il vitto è crudo così che possano mangiare nelle ore permesse dalla loro religione. Il venerdì hanno a disposizione una saletta per la preghiera collettiva. Un segno di rara sensibilità e attenzione alle loro esigenze".

Immigrazione: Livio Pepino; i Cpt?, sono luoghi di non diritto

 

Liberazione, 13 ottobre 2005

 

I Cpt sono dei luoghi di "non diritto". Tecnicamente sono dei luoghi di vera detenzione. E per molti aspetti quella che si verifica all’interno di un Cpt è peggiore della detenzione in carcere, non solo perché si tratta di una detenzione senza reato ma anche perché ci si trova di fronte a una restrizione della libertà personale che avviene senza alcuna forma di controllo". Un giudizio netto e inequivocabile. A fornirlo è Livio Pepino, magistrato della corrente di Magistratura democratica, esperto di problematiche giuridiche legate all’immigrazione. "Il caso Lampedusa ha messo solo in luce tutte le falle di un sistema, di una politica della migrazione fondata sul proibizionismo. La richiesta di chiusura dei Cpt non è solo legittima da un punto di vista politico ma anche giuridico. Ma deve essere necessariamente accompagnata da una richiesta di modifica delle politiche migratorie a livello europeo fondate sull’accoglienza".

 

Le opposizioni, Rifondazione in particolare, hanno chiesto con urgenza la chiusura del Cpt di Lampedusa dopo gli incresciosi fatti documentati dal reportage dell’Espresso. Una richiesta le chiedo fondata solo dal punto di vista politico o legittimata dal diritto?

Secondo me il dato fondamentale al di là della vicenda specifica è che il caso Lampedusa ha messo in luce una situazione che è di carattere generale e che riguarda il "sistema Cpt".

 

Vale a dire?

Mi spiego meglio. Quando i Cpt vennero approvati noi giudici di Magistratura democratica li definimmo dei "luoghi di non diritto" ed è quanto le vicende di questi anni hanno dimostrato. I Cpt sono tecnicamente dei luoghi di detenzione. E questa valutazione non può essere considerata una deformazione delle opposizioni. Non a caso in Francia, in Inghilterra la chiamano detenzione amministrativa. Eppure quella che si verifica all’interno di un Cpt è una detenzione per molti aspetti peggiore di quella in carcere. Non solo perché è una detenzione senza reato. Ma anche perché è priva di controlli. Sul carcere vi sono dei controlli certamente insufficienti ma vi sono: da parte del magistrato di sorveglianza, da parte di garanti che sono stati istituiti qua e là e da parte dei parlamentari. Tutto questo sistema di norme non esiste per i Cpt. Addirittura il ministero omette di fornire i dati sulle presenze reali nei Cpt. II Cpt premetto che, quando vennero istituiti dal governo di centrosinistra, vennero qualificati come una specie di "sale di aspetto" destinate ad ospitare per breve tempo chi sarebbe stato "a breve" espulso. In realtà non è così. Nei Cpt sono stati trattenuti, l’ultimo anno, secondo i dati più attendibili, 25mila migranti. Sostanzialmente lo stesso numero di migranti detenuti in carcere e di questi solo una minoranza è stata effettivamente espulsa; mentre, per la maggior parte, si è trattato di una detenzione pura e semplice. In una situazione di questo genere, al di là degli eventuali abusi specifici verificatisi a Lampedusa o altrove, di cui si dovrà occupare la magistratura, ciò a cui si assiste è un sistema di prevaricazione dei diritti delle persone. Questa mi sembra innanzitutto la riflessione da compiere. Per questo, le rispondo, la richiesta delle opposizioni non è solo una valutazione politica ma anche una richiesta giuridicamente legittima. Ciò che si è verificato a Lampedusa è il portato di una situazione sottratta sin dall’inizio alle regole del diritto.

 

Sta dunque dicendo che la Turco-Napolitano prima, poi la Bossi-Fini sono di fatto leggi che hanno determinato una situazione di illegalità? Sono dunque da abrogare?

Certamente. Credo che la legge Turco-Napolitano sia una legge sbagliata e credo che l’esperienza lo confermi. Sono stati interventi che si sono dimostrati pericolosi, inadeguati e che hanno introdotto nel nostro sistema giuridico delle tossine che inevitabilmente si estendono sino ad avvelenare l’intero sistema.

 

Si può dire siano incostituzionali?

Di fatto, su questo la Corte non si è pronunciata; ma al di là del contrasto formale con questa o con quella disposizione di legge c’è un dato fondamentale che deve essere evidenziato. Prima ancora che nella nostra Costituzione esiste nella cultura giuridica democratica ormai da secoli il principio dell’habeas corpus per cui la libertà personale si può limitare solo in presenza di reati accertati dal giudice. Nel caso dei Cpt siamo di fronte a una palese violazione di questo principio democratico direi per eccellenza. Ci troviamo di fronte a una limitazione della libertà personale non solo in assenza di reato ma in assenza persino di un fatto che attiene al comportamento del migrante. Si pensi che nella legge è prevista la detenzione persino nel caso in cui manchi il vettore - vale a dire il mezzo - per provvedere all’espulsione. Insomma nei Cpt si verifica una distorsione dei principi fondamentali della civiltà giuridica dei moderni sovvertiti da questa normativa.

 

Possibile che a livello europeo non si possa provvedere in alcun modo?

Purtroppo, al di là delle convenzioni internazionali e che prevedono la tutela della dignità delle persone, la situazione europea in materia di immigrazione e di interventi finalizzati all’espulsione non è purtroppo molto rosea. Insegna ciò che si è verificato in Spagna. Questo è il punto, direi la considerazione finale. Questa legislazione, la nostra legislazione, è in qualche modo il coerente risultato di politiche migratorie fondate sul proibizionismo. Il problema dei centri di detenzione si risolve non solo con la richiesta di chiusura ma solo con diverse politiche migratorie fondate non sulla cultura dell’esclusione ma dell’accoglienza. Altrimenti il caso Lampedusa non può che essere considerato come l’anello finale di un sistema dove la detenzione amministrativa diventa lo strumento per dare parvenza di effettività solo a politiche di questo tipo. La richiesta di chiusura dunque va fatta ma deve essere affiancata da una richiesta di profonda modifica delle politiche migratorie europee.

Droghe: Agnoletto; con la legge Fini anche Lapo Elkann in carcere

 

Ansa, 13 ottobre 2005

 

"La legge Fini equipara assurdamente dieci canne a mezzo grammo di cocaina, con meccanismi penali statici e la reintroduzione della dose media. Ciò comporterebbe il rischio per Lapo Elkann e tutti i consumatori di passare direttamente dall’ospedale al carcere". Dopo i casi di Kate Moss, Paolo Calissano e Lapo Elkann le spinte da parte di esponenti del centro destra ad un’ulteriore repressione e penalizzazione dei consumatori non sono la strada giusta per aiutare le vittime della droga, secondo Vittorio Agnoletto, medico, già presidente della Lila. "Anzitutto, le persone che assumono cocaina non sono tutte uguali, - spiega l’europarlamentare - .

Per questo occorrono risposte diverse, adatte alle caratteristiche delle singole persone, così come accade in Europa. Parliamo di chi ne fa un uso saltuario e di chi ne ha sviluppato una dipendenza, consumatori disperati ma anche persone molto ricche e non è pensabile una soluzione univoca. Potenziando i presidi ospedalieri ed associativi che ci sono già sul territorio e depenalizzando il consumo potremo salvaguardare la salute di chi usa cocaina". Quindi, in primo luogo, non punire i consumatori. "La sostanza è ormai diffusa in tutti gli strati della società. Il consumatore base ha dai 14-18 anni ai 30-35 anni, è maschio, spesso ha una rete sociale che funziona ed integra l’uso della sostanza nella sua vita" continua il medico. Per questo un consumatore di coca non percepisce se stesso come ""drogato", nell’accezione comunemente intesa del termine. A queste persone più che stigmatizzazioni servono informazioni salva vita, hanno bisogno di sapere con cosa non devono mischiarla, di conoscere i rischi dell’attività sessuale connessa all’uso di stupefacenti (disinibizione e conseguente mancato uso del profilattico). Per tanto, in attesa che abbandonino l’uso della sostanza, spesso non è la comunità la risposta più adatta al problema di chi non si riconosce come "tossico". Per coloro che comunque continueranno a farne uso, a poco servono le crociate ideologiche, molto più importante è concentrare l’attenzione contro le grandi reti dello spaccio. Infine, dobbiamo impedire che chiunque, nell’ambito degli addetti ai lavori, come le comunità terapeutiche, possa diagnosticare la tossicodipendenza, come prevede la proposta di Fini: la diagnosi deve rimanere appannaggio dei Sert e degli enti pubblici". Ecco allora, in sintesi, le priorità in materia di droghe secondo Agnoletto: 1. potenziare l’efficacia e la sostenibilità delle attività di prevenzione dell’uso di droghe e sensibilizzare ai rischi collegati con le droghe, mediante la diffusione di informazioni affidabili e di elevata qualità tra i giovani ed i gruppi bersaglio specifici; 2. migliorare la disponibilità di programmi di cura, comprensivi dell’assistenza psico-sociale, come pure l’accesso ai medesimi; 3. migliorare la possibilità di interventi tesi a ridurre i danni, che dovrebbero essere integrati nei mezzi di cura offerti a livello nazionale, con particolare attenzione all’hiv/aids e ad altre infezioni a trasmissione ematica e sessuale.

Droghe: in 5 anni i consumatori di cocaina sono triplicati

 

Libertà, 13 ottobre 2005

 

Cocaina, psicostimolanti e cannabis le droghe più diffuse tra i consumatori italiani, la cui fascia d’età media negli ultimi anni si è abbassata sempre di più. Secondo i dati della Relazione 2004 sullo stato delle tossicodipendenze in Italia, cala il consumo di eroina a fronte di un aumento di quello di cocaina: il 5,4% degli italiani tra 15 e 44 anni ha provato la cosiddetta "droga dei vincenti", tra gli studenti il 32,1% ha fatto uso di cannabis e il 4,8% ha sperimentato cocaina almeno una o più volte nella vita. Mentre una ricerca condotta dall’Istituto superiore di sanità lo scorso anno ha rilevato che dal 1995 al 2000 il numero di persone che si è rivolto ai Sert (i servizi pubblici per le tossicodipendenze) per abuso di cocaina è praticamente triplicato. E la diffusione delle droghe fra i giovani dai 15 ai 19 anni, varia anche relativamente alle aree territoriali. I derivati della cannabis sembrano concentrarsi soprattutto nelle regioni del Nord e del Centro; l’uso di cocaina è più diffuso nel Centro Italia, mentre la massima concentrazione di eroina è stata riscontra nel meridione. Omogeneo nella realtà del Paese il consumo di ecstasy, equamente distribuito sul territorio tra nord, centro, sud e isole.

Da gennaio a settembre di quest’anno, la Guardia di finanza ha sequestrato una quantità di polvere bianca pari al doppio rispetto all’eroina: 1.575 chili contro 740. Nel 2004 invece, la differenza non è stata così netta: 2.701 chili di coca contro 2.118 chili di eroina. In pratica il consumo di questa sostanza "da prestazioni" aumenta diventando insieme alla cannabis la droga meno costosa sul mercato. Oscilla tra i 38 mila e 46 mila euro il prezzo al chilo, varia da 100 a 80 quello al grammo, e scende fino a 20 euro il costo di una dose. Questo vuol dire che può permettersela tanto il professionista agiato quanto lo studente. Anche se alla ribalta ci sono i casi che coinvolgono personaggi di spicco dell’industria italiana e dello spettacolo.

"Lapo? Una vittima della droga". Così Carlo Giovanardi, ministro per i Rapporti con il Parlamento e con delega alla lotta alle tossicodipendenze, commenta la vicenda che ha legato il nome del nipote di Gianni Agnelli alla droga. "Sicuramente anche Lapo era convinto di poter gestire il suo rapporto con la droga", aggiunge il ministro tornando a sottolineare la volontà di far approvare dal parlamento tre dei 122 punti del disegno di legge Fini sulle tossicodipendenze. "Il mondo della politica, della cultura e dello sport devono condannare l’uso di droga - continua il ministro - Non devono esserci distinzioni tra droghe leggere e droghe pesanti, perché è l’uso delle sostanze a non essere gestibile". Individuare delle tabelle che stabiliscano il confine tra la quantità di droga per uso personale e quella per spaccio, il maggiore accesso alle comunità per i tossicodipendenti detenuti, la parificazione tra strutture pubbliche e private, sono i tre emendamenti proposti da Giovanardi ai capigruppo del Senato. Mentre è di pochi giorni fa il sondaggio nazionale (presentato dallo stesso ministro) condotto su un campione telefonico di 2.500 cittadini in materia di regolamentazione della droga. Il 92,6% degli italiani è favorevole ad una norma sul tema droga. Per il 58,6% bisogna definire la quantità di sostanza illegale, soglia che discrimini il consumatore dallo spacciatore. E la maggioranza della popolazione, pari all’89%, è d’accordo nel considerare tutte le droghe, "pesanti" e "leggere", dannose per la salute fisica e psichica delle persone.

In sostanza, emerge un quadro proibizionista degli italiani: il 57,6% degli intervistati preferisce uno Stato che persegua penalmente sia chi consuma droga che chi la commercia, il 32,4% discrimina tra consumo e spaccio, e il 10% si è definito totalmente liberista.

Pescara: Cgil; dopo l'evasione serve un piano straordinario

 

Ansa, 13 ottobre 2005

 

"È necessario mettere in campo da subito un piano di interventi straordinario che offra soluzioni funzionali sia sotto l’aspetto della sicurezza che in un ottica di ripristino delle normali condizioni lavorative degli operatori penitenziari". Lo chiede la Cgil Funzione Pubblica riferendosi alla evasione dal carcere di Pescara, "l’ultima di una lunga serie". "Sono ormai tre anni - dice Fabrizio Rossetti, responsabile del settore penitenziario - che contestiamo al Ministro e al Dap, la mancanza di una strategia per la prevenzione dei rischi e per la sicurezza degli istituti. Esiste un problema di gestione delle risorse umane e strumentali che non può essere più sottovalutato. Le risorse economiche previste dalla legge finanziaria in discussione al Senato per il sistema carcere sono assolutamente insufficienti a garantirne finanche il sostentamento".

Ricordando che tra i detenuti fuggiti recentemente ci sono anche "decine di criminali ad alto rischio provenienti da Paesi extra comunitari", il sindacalista sottolinea che le istituzioni dello Stato devono procedere "ad una seria riflessione circa l’attuale funzionalità del sistema sicurezza nelle carceri italiane. Il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, giunto a diramare una circolare che tracciava l’identikit del detenuto tendente alla fuga, evidentemente non dispone di una mappa affidabile dei livelli di sicurezza dei diversi istituti penitenziari e confida esclusivamente sull’acume professionale dei responsabili locali della sicurezza, invero, nella stragrande maggioranza dei casi, come appunto a Pescara, neanche dotati di sistemi antiscavalcamento funzionanti". "Eppure, si sapeva da tempo, e la Fp Cgil non aveva mancato di denunciarlo - conclude Rossetti - che Pescara è un carcere in ristrutturazione permanente, con un numero di agenti insufficiente a garantire il normale espletamento delle attività di servizio, aumentate esponenzialmente negli ultimi anni senza il necessario incremento di organico e con una organizzazione interna del lavoro precaria e inadeguata".

Droghe: la "Fict" prenderà parte alla Conferenza di Palermo

 

Redattore Sociale, 13 ottobre 2005

 

La Fict, Federazione Italiana delle Comunità Terapeutiche, sarà presente alla IV Conferenza Nazionale di Palermo. "Ci sarà per dare voce agli oltre mille operatori che operano nei Centri federati ed alle ventimila persone che quotidianamente li frequentano", informa l’associazione in una nota. "La Fict, da sempre in dialogo con quanti rappresentano l’Istituzione ai diversi livelli, con questa scelta intende confermare la propria volontà di dialogo al di là della diversa appartenenza partitica degli interlocutori. – si legge - Sarà, come sempre, una voce criticamente propositiva nell’intento di dare un contributo concreto ed originale nella ricerca e nella scelta delle politiche più idonee a dare una risposta che ponga al centro la persona in difficoltà". L’associazione presente da 25 anni sul territorio nazionale, conta oltre 600 servizi gestiti da 47 Centri, dislocati in altrettante città situate in 17 Regioni della Penisola.

Droghe: il "Cartello" non andrà alla Conferenza di Palermo

 

Redattore Sociale, 13 ottobre 2005

 

Il Cartello nazionale "Non incarcerate il nostro crescere", che raccoglie oltre quaranta organizzazioni nazionali di operatori sociali, sindacati, operatori del diritto e della giustizia, non parteciperà alla Conferenza nazionale sulle droghe di Palermo indetta dal Governo per i giorni 5-7 dicembre 2005. A rendere ufficiale la notizia è una nota dello stesso Cartello.

A convincere gli aderenti alla Campagna è stata l’intenzione dell’esecutivo, manifestata dal ministro Carlo Giovanardi nella sua conferenza stampa del 7 ottobre scorso (vedi lanci del 7.10.2005), di presentare in Parlamento un disegno di legge stralcio che riprende alcuni dei punti qualificanti del cosiddetto "Ddl Fini" sulle droghe. "Ciò svuota di senso l’appuntamento di Palermo – ha subito precisato il Cartello -, la sede istituzionale in cui quei temi avrebbero dovuto essere discussi prima di procedere a una revisione legislativa".

In conseguenza di tale valutazione, il Cartello chiede "che la suddetta conferenza non abbia più luogo, in quanto ormai svuotata di significato proprio dall’operato del Governo".

Inoltre, tutte le organizzazioni del Cartello presenti nella Consulta nazionale sulle Tossicodipendenze si autosospendono da tale organismo, "i cui lavori – continua ancora la nota del cartello - sono stati resi inutili da decisioni in altro luogo assunte".

E continua: "A fronte di una chiara volontà di non coinvolgimento attivo degli operatori espressa dal Governo, il Cartello esprime il proprio stupore per il fatto che il Dipartimento Nazionale Politiche Antidroga abbia contattato - addirittura prima che sia stato reso noto il programma dell’evento - diverse associazioni per garantirsi, attraverso la promessa di una completa copertura delle spese, la presenza degli operatori alla conferenza. In tali comunicazioni è stata adombrata la volontà dell’esecutivo di pagare le spese di trasferta a 1.200 operatori. Mai prima d’ora un Governo si era impegnato finanziariamente per sostenere la presenza degli operatori a una Conferenza nazionale. E appare scandaloso il fatto che ciò avvenga in un momento in cui il sistema dei servizi per le tossicodipendenze rischia il collasso a causa dell’azzeramento dei fondi disponibili deciso proprio da questo esecutivo".

Inoltre, il Cartello denuncia "il mancato coinvolgimento delle autonomie locali sia nella definizione del ddl stralcio sia nell’organizzazione della Conferenza, un atteggiamento ingiustificabile a maggior ragione per il fatto che la proposta di revisione legislativa in discussione comporta pesanti ricadute economiche proprio sulle già penalizzate finanze regionali".

Non solo. Il Cartello, "ritenendo che la conferenza nazionale sia un diritto degli operatori e impedito a svolgere tale momento essenziale di dialogo nella sede istituzionale a ciò deputata, propone a tutti gli operatori e alle autonomie locali un reale, condiviso percorso di confronto. Il primo appuntamento di tale percorso è previsto per i giorni 28-29-30 ottobre 2005 a Perugia in occasione di "Strada facendo 2", manifestazione organizzata dal Gruppo Abele e dalla Regione Umbria, in collaborazione con il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca) e il Cantiere delle Riviste. Il 5 dicembre 2005, se la Conferenza di Palermo avrà luogo, il Cartello sarà presente davanti alla sede dell’evento con un proprio presidio e, in una conferenza stampa, presenterà le ragioni del proprio dissenso in merito all’operato del Governo".

Infine, il 7 dicembre 2005, il Cartello organizzerà a Roma un grande evento a cui sono invitati tutti gli addetti ai lavori: una Conferenza nazionale degli operatori e delle autonomie locali sulle droghe e sulle tossicodipendenze.

Homeless: la "Città vista di spalle"; storia di Jaque, congolese

 

Redattore Sociale, 13 ottobre 2005

 

Oggi non ho fatto colazione e a mezzogiorno la fame inizia a farsi sentire. Mi presento alla mensa della parrocchia di S.Alessio, sull’Aventino. Qui incontro Jaque, congolese, di Kinshasa, si fa chiamare Giacomo, vive in Italia dal 1984. All’epoca vinse una borsa di studio a Perugia, poi si iscrisse alla Sapienza e si laureò in ingegneria. Da due anni ha perso il lavoro e quindi il permesso di soggiorno. Da allora vive nella clandestinità, tra Roma e Torino, sua città adottiva, negli anni in cui lavorava alla Fiat come metalmeccanico. Oggi la voglia di ricominciare e l’impossibilità di aggirare gli ostacoli burocratici del suo status di clandestino. Ci ritroviamo presto a parlare di politica, migrazioni e della stazione Ostiense, sotto i cui portici da mesi va a dormire ogni notte. Insieme poi scendiamo lì vicino dalle monache carmelitane, che alle due offrono un piatto di pasta, del brodo e un panino a chi bussa alla porta. C’è una ressa di persone. Donne e uomini, ammucchiati sotto a quel portone verde, si spingono l’uno sull’altro. C’è chi ha paura di rimanere senza, c’è chi vuole soltanto fare il giro due volte. Giacomo scuote la testa, mi dice di aspettare che tanto ce n’è per tutti. Gli racconto delle scene simili che ho visto stamattina davanti al centro di viale Castrense, a San Giovanni. Uomini e donne si contendevano avidamente dei vestiti lasciati per terra dopo il mercatino. E lo stesso ieri quando facevo la fila per la cena dalle suore di via del Sant’Uffizio, in Vaticano. Seduto all’uscita del sottopassaggio c’era un uomo vestito di stracci marroni, arrotolato su se stesso come una rana. Dormiva. D’un tratto tre passanti, due signore bionde sulla cinquantina e un uomo castano della stessa età, forse polacchi, si sono messi a correre verso quell’uomo per poi piegarsi a terra a raccattare dal lastricato le poche monete elemosinate dal poveretto, che intanto continuava a dormire. "Nella miseria - mi dice Giacomo sospirando - per molti la logica equivale alla necessità. Visto che non ce n’è per tutti, chi si fa meno scrupoli ha la meglio, un po’ come nella vita normale". Sorrido, lo saluto e ritorno a viale Castrense, dove dopo alcune ore di attesa trascorse insieme a ragazzi polacchi, rumeni e signore russe di mezza età, riesco a fare la doccia.

 

In vino veritas

 

La sera torno a Termini, mangio dei panini che i volontari hanno portato in stazione, poi faccio un giro nel sottopassaggio. Siedo. Conosco Laurenzio, un ragazzo rumeno sulla trentina. É ubriaco, vuole insegnarmi il rumeno. Chefach? Bine! Da lì si inizia a parlare con lui e altri suoi amici, dei rumeni in Italia e di Bucarest. Laurenzio è senza permesso di soggiorno. Tre settimane che lavora, in nero, fa il manovale. Il suo padrone l’ha cacciato ieri dal cantiere senza pagarlo, e la polizia ha sigillato le porte della casa abbandonata che aveva occupato con altri quattro ragazzi rumeni. Adesso dorme per strada, e già frequenta cattive compagnie dai facili guadagni, la famiglia a casa non sa niente. D’improvviso un certo baccano nell’atrio della stazione attira la nostra attenzione. C’è un ragazzo africano basso, magrolino, con indosso vestiti di qualche taglia più grande. Sembra rimbalzare sulle gambe, flaccide, come di gomma. Cammina avanti e indietro, si guarda intorno e grida a gran voce: "Italiano di merda! Vaffanculo!". Sputa, si asciuga con la manica del giacchetto verde oliva la bocca. Barcolla. "Vaffanculo! Capito! Italiano di merda, vaffanculo! Italiano emigrante! Ha dimenticato il passato? ‘Fanculo!". Sputa di nuovo. Spettacolo poco edificante, dopo un paio di minuti arrivano tre agenti della Polfer e senza tanti complimenti lo accompagnano fuori di forza, trascinandolo per le due braccia a peso morto. Arrivati sul piazzale dei bus lo mollano a terra. Piegato su se stesso continua a sbraitare. Curioso e un pò preoccupato per le sue condizioni mi avvicino per vedere come sta. Gli allungo una mano per rialzarsi e… ricomincia da capo a recitare la sua parte. In vino veritas. Ce l’ha con gli italiani che, a suo dire, hanno dimenticato il loro passato recente da emigranti e se la prendono oggi con gli stranieri immigrati in Italia. Mentre parla cammina in circoli deformi, ma più che passi le sue sono elastiche mosse per mantenersi in piedi. "La guerra in Iraq. Italiano vaffanculo. Per entrare in Italia se no ce l’hai i documento e tutti cose no puoi mai venire, no è possibile proprio, e se ce la fai hai una vita che no è vita. Però gli italiani per entrare nel Iraq no hanno portato documenti, no hanno chiesto permesso di soggiorno. Stronzo! Italiano di merda vaffanculo! Vaffanculo!" Sento un tonfo. Mi giro è caduto sulle gambe che non lo reggono in piedi, continua a sputare e a asciugarsi la bocca, continua a imprecare, vomita rabbia. Poi trascinandosi sparisce dietro l’incrocio.

 

Un canto d’amore e lotta

 

Vado a dormire. Cammino lungo via Marsala, sotto i lampioni accesi, attento a scansare le pozzanghere, a pochi metri corrono le auto. Mi fermo davanti l’ingresso delle Poste Italiane. Qui dormono venti, trenta persone ogni sera. Il posto è ottimo per riposare le ossa. Sul pavimento c’è una griglia di ferro, che è meno fredda ed umida di un pavimento di cemento. Sopra la testa una larga tettoia grigia protegge da guazza, pioggerella e acquazzoni. Una scalinata bianca sporca di mozziconi e cartoni stracciati dall’acqua che piove scende giù verso la strada, illuminata tutta la notte dalle lampade arancione dei lampioni. Il traffico non conosce riposo nemmeno nelle ore più tarde. Il posto è conosciuto dai volontari che, organizzati in diverse associazioni, ogni sera passano a portare panini, bevande e biscotti. A dormirci sono tutti uomini. C’è un gruppetto di maghrebini, una decina di africani, Africa occidentale, e altrettanti polacchi. Il posto sembra da subito tranquillo, così, raccolti i cartoni vado a sistemarmi in una striscia rimasta libera nel mezzo di questo tappeto di uomini. Inizio a parlare con due ragazzi arabi, Sarkawi del Marocco e Sami della Libia. All’avventura. Bulli, scaltri, ma in fondo docili dopo poche parole. Poco dopo si unisce il gruppo degli africani, liberiani e ivoriani. Tutti clandestini, reduci di ormai lontani sbarchi a Lampedusa. Anche loro parlano arabo, hanno tutti vissuto in Libia per un certo periodo. La Libia infatti è una tappa forzata per chi lascia l’Africa nera via terra, dopo la lunga traversata del deserto. E in Libia spesso lavorano anni per guadagnare i soldi necessari a pagare i viaggi della speranza su vecchie navi dirette in Sicilia. Per adesso l’esito di quei viaggi è un fallimento: la strada, la miseria e l’insicurezza si aggiungono al peso della lontananza da casa. Verso le ventidue arrivano, puntuali ed attesi, i ragazzi e le ragazze della Comunità di Sant’Egidio, portano cibo, bibite e un pò d’allegria. Con loro l’atmosfera si contamina di positività. Siamo un pugno di sconosciuti che ha voglia per una sera di scaricarsi la pancia dai malumori, di convertire rabbia, solitudine e noia, in leggerezza e stupidità. Avere ospiti, ricevere doni e sorrisi, per quanto fuggevoli, genera un clima di festa. Un ragazzo liberiano, bevuto come una spugna, scalzo e con indosso una sola camicia, rossa, e un berretto verde a quadretti, si mette a cantare e ballare, lungo le scale che dalle Poste danno sulla strada. Canta nella sua lingua, canzoni d’amore, canzoni di lotta. La nostalgia corre in un brivido lungo la pelle degli altri che presto si alzano e si uniscono a lui, gli occhi gonfi di gioia. Uno spettacolo improvvisato di danze tradizionali, reggae e hip hop, al ritmo di un battito di mani, sotto la pioggerella di questa notte grigia di nuvole. Cantano la propria dignità, la gridano ai passanti, ubriachi. Poi si infilano giacca e scarponi e partono alla conquista di questa notte nelle vie della città correndo a ritmo di musica. Al mattino, quando apro gli occhi, li vedo pesanti sul loro cartone dormire.

Forlì: i corsi di formazione professionale a favore dei detenuti

Precisazione dell’assessore provinciale Margherita Collareta

 

Comunicato stampa, 13 ottobre 2005

 

Ho letto nell’articolo a firma di Alfredo Corallo del 4 ottobre u.s. dal titolo "Carcere, evade la rabbia", che esponenti delle forze sindacali si riferiscono alle iniziative formative intraprese presso la Casa Circondariale a favore dei detenuti con giudizi di "sbandierate iniziative" o di "corsi molti dei quali inadeguati per il loro inserimento lavorativo".

Voglio precisare che il cammino di collaborazione avviato da anni da questa Amministrazione con la Casa Circondariale di Forlì-Cesena, il Cssa di Bologna, le associazioni di categoria e sindacali territoriali, ha permesso ad oggi la realizzazione di un complesso di iniziative formative e di politica attiva del lavoro rivolte ai detenuti che, per i proficui risultati raggiunti, rappresentano a livello regionale, nazionale ed anche comunitario, un punto di riferimento prezioso e significativo nel dibattito intorno al tema della formazione e dell’inserimento lavorativo delle persone in regime di detenzione. È ferma opinione di questa Provincia che la formazione professionale, proprio perché orientata allo sviluppo delle risorse umane, sia uno strumento irrinunciabile per dare un significato vero all’azione di recupero e di reinserimento sociale dei detenuti, anche nell’interesse generale della comunità. La condizione di detenzione, i problemi oggettivi presenti nella Casa Circondariale non devono in alcun modo annullare per il detenuto il diritto alla formazione, proprio per i motivi sopra enunciati. È questo l’obiettivo verso cui l’Amministrazione Provinciale tende con forza, ma che sarà raggiungibile solo grazie alla collaborazione delle forze civili ed economiche e naturalmente di tutti coloro che operano nelle istituzioni.

 

L’Assessore Provinciale alle politiche dell’istruzione,

della formazione e delle pari opportunità, Margherita Collareta

Immigrazione: Castelli; linea dura. Pisanu; i Cpt non vanno chiusi

 

Il Messaggero, 13 ottobre 2005

 

Il centro di accoglienza per immigrati di Lampedusa non va chiuso, ma potenziato. Così come i Cpt distribuiti in Italia. Il ministro dell’Interno Pisanu risponde così al question time di ieri alla Camera, dopo la raffica di polemiche provocata dall’inchiesta de l’"Espresso" sul centro siciliano. Un inviato del settimanale, entrato nel centro come clandestino curdo, aveva raccontato le violenze e le condizioni disumane in cui versano gli stranieri detenuti nel centro.

"Senza i Cpt - dice Pisanu - si lascerebbe libero il campo alla criminalità organizzata che gestisce e sfrutta l’immigrazione clandestina su scala internazionale. Non abbiamo alcuna intenzione di farlo. Al contrario vogliamo combattere con ogni mezzo i trafficanti e tutelare le loro vittime. Per questo abbiamo bisogno di strutture specializzate come i Cpt, che intendiamo rendere sempre più efficienti e accoglienti". Su Lampedusa Pisanu spiega che sono in corso degli accertamenti e al più presto sarà informato il parlamento. Intanto nel tentativo di fuga di una ventina di immigrati che venivano trasportati in pullman dal Cpt di Pian del Lago a Catania, la polizia ha arrestato cinque clandestini accusati di resistenza, oltraggio a pubblico ufficiale e tentativo di rapina delle pistole.

Il ministro di Giustizia Castelli da Lussemburgo sostiene la linea dura seguita in Spagna e attacca il settimanale: "Se sono stati commessi abusi a Lampedusa vi sarà una denuncia ma prima occorrono prove. Per ora l’unica cosa certa è che a commettere un reato grave è stato l’autore dello scoop dell’Espresso che ha dato false generalità". Il commissario alla Giustizia dell’Ue Frattini è invece molto più cauto: "Lampedusa - dice - è oggetto di un’indagine ordinata dal ministro dell’Interno. Quando il ministro Pisanu mi comunicherà i risultati di quell’inchiesta, valuteremo. Inoltre, abbiamo un rapporto della Commissione Libertà pubbliche del Parlamento Europeo che esprime una valutazione tutto sommato abbastanza accettabile e mostra una situazione diversa (da quella di Ceuta e Melilla, ndr)".

Paolo Serventi Longhi, segretario della Federazione della stampa, aggiunge: "Il nostro è un Paese in cui, invece di eliminare lo scandalo dei centri di permanenza temporanea si persegue penalmente il giornalista che è riuscito a denunciare lo scandalo stesso" Lampedusa resta comunque nell’occhio del ciclone all’Europarlamento di Bruxelles: in plenaria gli eurodeputati hanno aperto il dibattito sull’immigrazione rinnovando le critiche al Centro siciliano e alle enclave spagnole in terra d’Africa di Melilla e Ceuta, simboli dell’"incapacità europea di gestire i flussi di immigrati clandestini".

 

 

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