Rassegna stampa 22 marzo

 

Castelfranco Emilia: parte il "carcere privato" modello Muccioli

 

Liberazione, 22 marzo 2005

 

Minacce alla stampa e arresti per i manifestanti. Questi i contorni dell’inaugurazione della primo carcere privatizzato in Italia. Quello di Castelfranco Emilia, in provincia di Modena. La prima casa lavoro per tossicodipendenti è stata ieri ufficialmente aperta, ed è ispirata al modello-San Patrignano. Il metodo Muccioli (quello della comunità - carcere) è stato ritenuto dai ministri del governo Berlusconi l’unico possibile per il recupero di tossici "condannati a pene detentive che non permettono l’assegnazione alla comunità".

Ad inaugurarla il guardasigilli Roberto Castelli e il responsabile per le relazioni con il parlamento Carlo Giovanardi e come previsto - a dispetto delle critiche esplose all’annuncio dell’affare Muccioli - si sono detti convinti che il carcere sulla via Emilia sarà una struttura modello. Modello Sanpa: comunità carcere. Nei fatti il primo contenitore messo a punto per accogliere il popolo della "cannabis", vittima delle retate promesse e che verranno, una volta passata la legge sulle droghe firmata Fini-Mantovano. Il primo di tanti. Un business modello americano. A rimetterci da subito i tossici, una volta a regime (entrata in vigore la legge) le braccia che produrranno a costo zero i profitti pianificati, da Muccioli e Castelli, saranno anche quelle di ragazzini beccati con il fumo appena sufficiente per qualche spinello: 250 milligrammi.

"È la prima volta che due ministri inaugurano un istituto penitenziario e questo dimostra quanto a questo governo stiano a cuore le politiche per i tossicodipendenti". Con queste parole il ministro della giustizia Roberto Castelli si è rivolto alla platea delle autorità in occasione dell’inaugurazione del carcere di Castelfranco Emilia (riveduto e corretto in corso d’opera). Accanto al guardasigilli, come annunciato, il ministro per i Rapporti con il parlamento e con delega alle politiche per la tossicodipendenza Carlo Giovanardi. Il protocollo ha voluto che il saluto dei ministri fosse preceduto da un breve messaggio di "apprezzamento per il raggiunto obiettivo" del già vice premier Gianfranco Fini (deus ex machina dell’iniziativa e della linea repressiva che attraversa il disegno di legge sulle droghe che porta il suo nome).

Nella sostanza il progetto Castelli - ad ascoltare le parole dello stesso ministro - sarà seguito da altre esperienze analoghe in Italia: dove il 30% dei detenuti è tossicodipendente e il 40% si trova in carcere per reati legati alla droga. Questo il business attuale, ma in futuro andrà meglio. Terminato il protocollo, con tanto di visita alla tenuta agricola che ospiterà i detenuti condannati ai lavori forzati, Castelli ha attaccato "La Repubblica" e minacciato di querela il giornalista Jenner Meletti (presente in conferenza stampa) colpevole - secondo il guardasigilli - di aver diffuso notizie false. "C’è stato un quotidiano che è andato molto al di là del diritto di libertà di stampa, tanto è vero che ho incaricato i miei uffici di valutare se ci sono gli estremi per una denuncia alla magistratura. Perché - ha spiegato il ministro - notizie assolutamente false". Alla minaccia è seguita l’apparente retromarcia sull’affare Sanpa.

"Non è vero - ha sottolineato Castelli - che sarà gestita da San Patrignano, una delle tante organizzazioni volontarie contattate che ha risposto sollecitamente". Questo non significa che la co-gestione di Andrea Muccioli sia andata in fumo. Anzi. Certo è quella di Castelfranco Emilia è il primo caso di una cosiddetta comunità terapeutica che, anziché liberare il detenuto tossicodipendente dal carcere, lo incatena ai lavori forzati. Così com’è San Patrignano.

Restano dunque in piedi, tutte le critiche e le contestazioni al progetto, così come restato i dubbi su tutta l’operazione. Soprattutto rispetto ai protocolli terapeutici: visto che il detenuto sarà costretto a firmare un vero e proprio "contratto di cura".

Questioni aperte ribadite ieri da ben tre manifestazioni contro l’iniziativa governativa. A partire dal sit-in che ieri mattina ha occupato la strada che porta al carcere sulla via Emilia. Centinaia di manifestanti hanno risposto all’appello lanciato dal Coordinamento contro il carcere privato per tossicodipendenti: in strada si sono ritrovati disobbedienti, Socialforum Modena, Attac, Rete Lilliput, RdbCub, Rifondazione comunista (tra cui la parlamentare Titti De Simone), Cgil, Pdci, Verdi, Giovani comunisti, circolo universitario e collettivi di studenti in movimento. Ed è stata manifestazione pacifica, nonostante qualche spintone arrivato dalle forze dell’ordine in assetto da guerra. In tarda mattinata a Roma è partito il blitz nella sede del Dipartimento antidroga: un gruppo di studenti e precari appartenenti ai centri sociali Esc ed Astra hanno attaccato uno striscione sul cancello del dipartimento, con su scritto "Il consumo non si chiude in carcere. Fini e Muccioli piantatela". L’azione disobbediente si é conclusa con la denuncia di una ventina di attivisti per manifestazione non autorizzata.

Nel pomeriggio invece, davanti al ministero della giustizia, in Via Arenula, si sono ritrovate tutte le realtà antiproibizioniste rappresentate dal cartello Confinizero, dagli esponenti politici e sindacali ai centri sociali, agli operatori. La manifestazione, con tanto di carcerati con la divisa a strisce e la palla al piede, ha preso le mosse dal caso Castelfranco per arrivare a puntare il dito contro il disegno di legge Fini sulle droghe.

Al gazebo montato per gli interventi in largo Cairoli si sono alternati Giuseppe Bortone responsabile nazionale politiche sulle tossicodipendenze Cgil, Paolo Cento deputato dei Verdi, Stefano Regio responsabile carcere Cnca, Franco Corleone del Forumdroghe, Patrizio Gonnella di Antigone, Vittorio Agnoletto deputato europeo Prc, Cecilia Delia dei Ds, attivisti dell’Mdma e del collettivo di Odioilcarcere. Per gli antiproibizionisti si è così inaugurata una nuova stagione di mobilitazioni, il prossimo appuntamento nazionale del cartello Confinizero è fissato per il prossimo 17 aprile a Roma preso il csoa Forte Prenestino. Sabrina Deligia

Catanzaro: orientamento al lavoro per centinaia di detenuti

 

Quotidiano della Calabria, 22 marzo 2005

 

Un laboratorio sperimentale di nuove prassi sociali in favore delle fasce svantaggiate: è questo il senso del programma Equal, che prevede diversi progetti finanziati dalla Commissione europea. Tra questi, il progetto "Araba Fenice" che si è concluso in questi giorni rendendo pubblici i risultati in un seminario divulgativo presso la Casa delle Culture.

"Araba Fenice", che ha visto come partne il comune di Cosenza, il comune di Castrolibero, la Provincia di Catanzaro, l’associazione Antigone Onlus, l’associazione Finanza Etica, l’associazione Osc Osservatorio sulla criminalità onlus e il consorzio gruppo Promidea Scarl ente gestore, ha posto come obiettivo la ricerca di buone prassi e percorsi praticabili nel reinserimento sociale e lavorativo di ex detenuti e detenuti. La dottoressa Catalano, presidente dell’Osc onlus, progettista di Araba Fenice e coordinatrice dell’équipe di orientatori, ha relazionato sulle vicende progettuali.

Orientare il detenuto è un lavoro appassionante in cui è necessaria una deontologia professionale rigorosa e la capacità di instaurare rapporti empatici, anche per superare l’innata diffidenza e l’estraneità ai processi normali dell’accesso al lavoro. Un aiuto potrebbe venire dall’applicazione della Legge Biagi che demanda ai Comuni il collocamento delle persone svantaggiate, creando reti sociali e con il supporto del privato sociale; si tratta di percorsi tutti da inventare ma che potrebbero rivelarsi portatori di miglioramenti importanti. Un altro input riguarda l’assunzione di responsabilità dei Comuni attraverso la concessione di beni comunali improduttivi. Un aspetto importante emerso durante l’orientamento in carcere riguarda il fallimento scolastico come accesso alla strada ed alla criminalità. Per questo motivo è stata svolta una ricerca/intervento in alcune scuole del Cosentino, con l’elaborazione di due questionari, uno rivolto ai docenti e uno preparato per gli alunni.

A tale proposito ha relazionato Antonella Montoro, ricercatrice ed orientatrice, raccontando come il mondo della scuola viva di diverse solitudini. Per prevenire il disagio minorile e le forme di devianza appare oggi indispensabile che la scuola sappia essere accogliente, vivibile, luogo in cui i minori possano trovare risposte; qualsiasi problema dei ragazzi e delle famiglie dovrebbe essere affrontato in sinergia con gli enti locali e gli organismi competenti. Il quadro che invece è delineato dai dati è fosco: enti locali latitanti, esperti fantasma, comunità poco unite ed incapaci di affrontare problematiche proprie, famiglie spesso incapaci di trasmettere regole di vita e comportamento corrette, docenti confusi e spaesati. "Araba Fenice" ha concluso in questi giorni le attività di 24 mesi, durante i quali è stato svolto l’orientamento con centinaia di detenuti reclusi o agli arresti domiciliari presso le Comunità terapeutiche per tossicodipendenti, con i rom della comunità di Catanzaro, con ex detenuti nel cosentino e nella Locride.

Castelfranco: Santelli; a frutto migliori esperienze delle comunità

 

Il Messaggero, 22 marzo 2005

 

Sottosegretario Iole Santelli, che tipo di trattamento sanitario sarà riservato ai detenuti tossicodipendenti del nuovo carcere di Castelfranco?

"La casa di pena sarà in costante collegamento con le Asl e con le altre strutture sanitarie del territorio. Quanto al trattamento terapeutico, esso sarà del tipo attualmente vigente nelle comunità. Dovremo mettere a frutto il meglio delle esperienze delle comunità per giungere a un risultato".

 

La comunità di San Patrignano parteciperà alla gestione del nuovo carcere?

"Per la gestione del carcere ci saranno dei progetti da vagliare, ci sarà un bando. A questo bando possono partecipare gli "esterni". Ma non capisco perché i "detrattori" del nuovo carcere parlino di privatizzazione. Privatizzazione di che? Noi utilizzeremo esperienze che provengono dal mondo del volontariato. Tutto qui".

 

Come verranno scelti i detenuti tossicodipendenti da inviare nel carcere di Castelfranco?

"Saranno gli stessi Istituti di pena che segnaleranno i nominativi all’Amministrazione".

 

C. Mer.

Sulmona: medico carcere contro Prc; dichiarazioni irresponsabili

 

Il Messaggero, 22 marzo 2005

 

È giunta immediata e piuttosto risentita la replica del dott. Fabio Federico, medico del Supercarcere di Sulmona, alle affermazioni, recenti del segretario di Federazione di Rifondazione Comunista che ieri è intervenuto sul tema, e meno recenti di alcuni deputati.

"Anche se ergastolani o condannati a lunga pena detentiva viviamo con la speranza di essere reinseriti nella società e restituiti ai nostri affetti familiari. È la speranza che ci sostiene, giorno dopo giorno. Se ce la tolgono è come se ci togliessero la vita".

"È quanto mi hanno detto alcuni detenuti del Carcere dopo le dichiarazioni irresponsabili dell’on. Deiana (Prc) e dell’on. Mantini (Margherita), che addirittura suppone (per i tristi eventi accaduti ndr) reati da parte del personale e propone la chiusura del carcere". Fabio Federico, dopo aver bacchettato Rifondazione affermando che con questa iniziativa intende riparare alla figuraccia fatta circa la poca conoscenza della Legge Gozzini, aggiunge: "Su questo versante sto lavorando da anni, ma dalla sinistra non giunge nessuna proposta". La replica conclude affermando che c’è sempre spazio e tempo per proposte, purché sensate e dirette a favore dei detenuti. A. Man.

Rovigo: sovraffollamento; i detenuti dormono anche in sala-giochi

 

Il Gazzettino, 22 marzo 2005

 

"Eppur si muove...". Paolo Avezzù scomoda perfino Galileo Galilei per commentare il "risveglio" dei ministeri delle Infrastrutture e della Giustizia, che, con un finanziamento di 1.5 milioni di euro, hanno confezionato il decreto che dà il via libera alla progettazione del nuovo carcere. Un nuovo, decisivo passo verso il decentramento della struttura di via Verdi, che vive momenti di disagio a causa dell’ormai cronico sovraffollamento, con i detenuti costretti a dormire in sala giochi.

Proprio da sabato, infatti, circa dieci reclusi sono sistemati nella sala giochi della casa circondariale, piazzati alla bell’e meglio su coperte stese direttamente sul pavimento non essendovi a disposizione brande e materassi. Una situazione che rischia di diventare esplosiva se nel giro di qualche giorno non verrà adeguatamente risolta. Domani, oltretutto, i sindacati degli agenti di polizia penitenziaria, insieme al provveditore degli istituti di pena del Triveneto, incontreranno il prefetto Elio Maria Landolfi, al quale faranno esplicite richieste in merito alla situazione di disagio che da mesi si sta vivendo tra le mura della casa di reclusione di via Verdi.

L’ultimo provvedimento emesso dal Governo - quello che assegna al capoluogo polesano 28 milioni per la costruzione del manufatto - risale a circa un anno fa. Poi il nulla. Al punto da spingere il sindaco ad andare a trovare di persona il guardasigilli Roberto Castelli ed il ministro delle Infrastrutture, Pietro Lunardi, per smuovere le acque. "Mercoledì insieme agli assessori all’Urbanistica e ai Lavori pubblici e ai tecnici - spiega il primo cittadino - sarò a Venezia, nella sede del Magistrato delle acque, per incontrare il direttore del settore Infrastrutture del Triveneto, Maria Giovanna Piva. Lì capiremo quali saranno i tempi e le modalità dell’appalto".

"Mi pare - prosegue - che finalmente si sia ripreso il bandolo della matassa. Gli interventi presso i due ministeri, dopo che sembrava che tutto fosse rimasto sommerso sotto la burocrazia romana, sono serviti. Certo, se i soldi fossero stati gestiti dalla Regione o dal Comune non avremmo dovuto attendere un anno. Basterebbe che determinate risorse e competenze venissero trasferite agli enti locali per evitare simili contrattempi". Da quanto emerge, l’idea del project financing sembra superata. La progettazione, come la realizzazione dell’opera, verrà affidata all’esterno tramite un bando pubblico. Il nuovo carcere sorgerà in lungo via Calatafimi, tra il Ceresolo e la tangenziale. Il trasferimento permetterà di liberare il centro storico, "realizzando degli spazi verdi - conclude il sindaco - e migliorando la dislocazione logistica del tribunale".

Castelfranco: Radicali Italiani; no a tossicodipendenti detenuti

 

Ansa, 22 marzo 2005

 

"Meglio non fare dei tossicodipendenti, dei detenuti. Sbagliato poi beffarsi di loro ingannandoli con la remota ipotesi di lavorare gratis". Lo afferma Irene Testa, segretario dell’associazione "Il detenuto ignoto", membro della giunta nazionale di Radicali Italiani, a proposito dell’inaugurazione della struttura di Castelfranco Emilia.

Nel valutare positivamente l’opportunità per i detenuti di "un trattamento alternativo alla carcerazione" e di impegnarsi in attività produttive lavorative, Testa esprime una serie di dubbi, il primo dei quali riguarda "la possibilità di relazionarsi a qualcosa come un’azienda carcere, o carcere azienda, concessa per ora solamente a selezionatissimi detenuti tossicodipendenti". Una discriminante, la considera Testa, che "rischia di tramutarsi nello sfruttamento a costo zero dei detenuti, in sostanza a uno sdoganamento del lavoro forzato". L’esponente radicale considera, inoltre, grave "che la direzione carceraria e la direzione aziendale coincidano nella stessa figura, nella stessa organizzazione. Ciò costituisce un catalizzatore quanto mai efficace perché‚ si attivino dinamiche che favoriscono il profitto aziendale, a discapito dei diritti del detenuto. Quindi, ben venga l’azienda carcere e il lavoro, ma per tutti i detenuti, comunque sempre retribuito e nel rispetto dei diritti". I tossicodipendenti, conclude, devono essere invece lasciati liberi "di scegliere di curarsi in una comunità, attraverso politiche di regolamentazione del fenomeno, piuttosto che criminalizzarli, rinchiuderli e beffarsi di loro con la remota.

Castelfranco: Prc; a settembre assedio alla conferenza su droghe

 

Ansa, 22 marzo 2005

 

Dopo il blitz di ieri mattina al Dipartimento Nazionale Antidroga, attivisti dei collettivi Esc e Astra, accompagnati da rappresentanti di Prc, Verdi e della Cgil, hanno svolto ieri pomeriggio un presidio nei pressi del ministero della Giustizia per protestare contro l’inaugurazione della struttura di Castelfranco Emilia, destinata a tossicodipendenti con reati alle spalle.

"Legge Fini sulle droghe, un arresto in ogni famiglia", recitava lo striscione esibito dai manifestanti per sottolineare che la loro protesta contesta sia la struttura di Castelfranco che il Ddl Fini "proibizionista" sulle droghe. Con un sottofondo di musica diffusa da un impianto di amplificazione, gli attivisti hanno messo in scena una performance teatrale, vestiti da detenuti.

"Noi non vogliamo che i tossicodipendenti vadano in carcere - spiega Franco Corleone del Forum Droghe -. Giovanardi, Fini, Mantovano vogliono una legge che porterà decine di migliaia di persone in carcere. Sicuramente se ne vergognano e non dicono perciò che la struttura di Castelfranco è un carcere, limitandosi a definirla una comunità".

Paolo Cento dei Verdi denuncia la "gestione privatistica del sistema penale", riferendosi alla struttura di Castelfranco. "Chiediamo che Castelli e Giovanardi vengano in Parlamento e rendano noto questo progetto che si inserisce nelle linee proibizioniste e repressive". Per Cento, "non c’è bisogno di attendere che venga approvato il Ddl Fini sulle droghe. È sufficiente pensare che se venisse approvata la legge sull’aumento dell’aggravante per i recidivi, ovvero le contestazioni più tipiche per i tossicodipendenti, rischierebbe di esplodere il pianeta carcere, senza considerare il fatto che importeremmo in Italia il modello americano senza discuterne in Parlamento".

Giuseppe Bortone della Cgil nazionale denuncia che "i 7mila operatori dei Sert vedono nel sistema carcerario solo l’ultima ratio".

Francesco Piobbichi del Prc sottolinea che "una legge che fa pena, ovvero il Ddl Fini, non poteva che partire dall’apertura di un carcere privato, quello di Castelfranco, per la cura coatta dei tossicodipendenti". Rifondazione e Giovani comunisti annunciano iniziative contro la legge Fini nelle scuole e "l’accerchiamento, il 21 settembre prossimo, della Conferenza nazionale sulla droga organizzata a Pescara dal governo".

Giustizia: serve una riforma, al di fuori di tutte le ideologie

 

Quotidiano di Sicilia, 22 marzo 2005

 

Nel nostro Paese quando qualcuno, al di là degli schieramenti, solleva il problema dell’esigenza affrontare la riforma dei sistema giudiziario c’è sempre qualcuno, anche in questo caso al di là degli schieramenti che accusa il tentativo di condizionare la Magistratura o di volerla subordinare al potere politico, o meglio alla politica nel senso più ampio del termine.

Credo che questo sia il metodo peggiore per affrontare questioni delicate come quelle giudiziarie. Sono, da sempre, assertore della centralità della politica e della prevalenza del potere legislativo rispetto a qualsiasi altro potere costituzionale, non fosse altro che per una ragione: le leggi le approvano i parlamentari ed i parlamentari rappresentano, perdonatemi la banalità del concetto ma serve al ragionamento, il popolo sovrano, lo raffigurano quasi fotograficamente, nel senso che ne configurano sul piano istituzionale le diverse e sia pure conflittuali posizioni.

Dunque se la politica ritiene che la giustizia sia malata e debba essere riformata ha tutto il diritto di intervenire ed ha tutto il potere e l’autorevolezza per farlo, non è un abuso, non è uno scandalo, è un’esigenza, un preciso diritto costituzionale.

Lo stesso diritto costituzionale che, voluto dalla politica, garantisce l’autonomia della magistratura ed il suo dovere di rispondere esclusivamente alla legge.

Dunque, è alla politica e non alla magistratura che spetta il compito di operare nel bene supremo dello Stato e nell’interesse dei cittadini. Ciò premesso, vi pare che la giustizia italiana sia sana a priva di problemi anche gravi, che rischiano di arrecare danni notevoli all’organizzazione civile?

Con tutto il rispetto per chi la pensa in maniera diversa, non credo proprio che il nostro sistema giudiziario sia esente da colpa e questo al di là delle opinioni e delle ideologie. Le cifre riportate nelle relazioni svolte in occasione delle diverse aperture di anno giudiziario parlano da sole: l’81% dei delitti che vengono commessi in Italia restano impuniti e questo, già di per se, rappresenta un incentivo a delinquere, con ampie possibilità di farla franca. Nelle diverse Corti risultano pendenti nove milioni di processi. Forse, è vero, noi italiani siamo particolarmente litigiosi, ma nove milioni di processi sono una enormità, che dimostrano soltanto l’estenuante lentezza della nostra macchina giudiziaria.

Anche in questo caso i dati sono inconfutabili: la durata media di un processo penale è 1.623 giorni e quella di un processo civile 3.041 giorni, quasi dieci anni nel secondo caso e quasi cinque nel primo. Ecco perché non bisogna, poi, scandalizzarsi più del dovuto se nelle nostre carceri sono detenuti circa 55.000 persone, gran parte in attesa di giudizio a carico, e non è poco.

Non è poco anche perché un giorno di detenzione costa oltre duecento euro all’erario pubblico e molto di più a quel 50% circa di processati, che poi risultano assolti e chiedono il risarcimento del danno. Un risarcimento costoso per lo Stato ma del tutto insufficiente per quanti hanno sprecato anni ed anni della propria vita dietro le sbarre e magari hanno perso lavoro e famiglia.

Insomma, non mi pare che questo sia un ritratto florido e non mi pare proprio che la questione, per le dimensioni appena descritte, possa essere liquidata con una banale, anche se gravissima, guerra ideologica, anzi, credo proprio che questo tipo di approccio sia il peggiore, quello che, di fatto, impedisce ogni soluzione logica, ed equilibrata. Ma una premessa deve essere condivisa e non può che esserlo: 1a giustizia è malata e deve essere curata con uno sforzo di terzietà che va ricercato ad ogni costo, al di là di ogni strumentale presa di posizione.

Rebibbia: detenuti a lezioni di pugilato con Vincenzo Cantatore

 

Ansa, 22 marzo 2005

 

Grazie all’articolo 17 della legge 354/75 (ordinamento penitenziario, partecipazione della comunità esterna all’azione rieducativa), il campione europeo dei pesi massimi leggeri Vincenzo Cantatore insegna ai detenuti del carcere romano di Rebibbia le virtù e le regole del pugilato.

Un’attività di preparazione atletica che va avanti dallo scorso maggio e che ha, ormai, oltrepassato la soglia dell’istituto penitenziario: alcuni ex detenuti e detenuti in permesso premio frequentano gratuitamente la palestra dove Cantatore si allena, approfondendo le basi poste nel corso delle lezioni che si svolgono nel cortile del carcere. Il pugile, insieme al proprio allenatore Franco Piatti, differenzia il lavoro per le diverse fasce di età presenti. Durante le sedute di allenamento a Rebibbia, che in genere si svolgono il venerdì pomeriggio, particolare attenzione viene rivolta al rispetto dell’avversario e delle regole sportive alla base della disciplina. L’iniziativa viene realizzata dagli educatori dell’area pedagogica della Casa di reclusione, con la collaborazione del personale della Polizia penitenziaria.

Castelfranco: Castelli; non sarà gestita da San Patrignano

 

Gazzetta del Sud, 22 marzo 2005

 

La notizia dell’apertura della prima casa italiana di reclusione a custodia attenuata per detenuti tossicodipendenti, che sarà operativa a Castelfranco Emilia (Modena) dal primo aprile, era stata preceduta da molte polemiche, che si sono riaccese ieri nel giorno dell’inaugurazione da parte del ministro della Giustizia Roberto Castelli e di quello per i Rapporti con il Parlamento con delega alle politiche sulla tossicodipendenza Carlo Giovanardi.

È stata dunque una giornata contrassegnata da condanne e proteste, da quelle estreme dei no-global che con un blitz occupano il Dipartimento antidroga a Roma, al sit-in davanti al Ministero della Giustizia, fino alla richiesta, piccata, del maggiore sindacato di polizia penitenziaria, il Sappe, di incontrare il Guardasigilli Castelli per avere chiarimenti su un progetto che rischia di essere "il primo passo verso la privatizzazione delle carceri".

L’inaugurazione della casa reclusione a custodia attenuata per detenuti tossicodipendenti a Castelfranco Emilia (Modena) ha fatto esplodere la polemica su un’iniziativa che coinvolge la comunità di San Patrignano. Che la giornata si preannunciasse difficile lo si era capito subito: di prima mattina, mentre i ministri Castelli e Giovanardi e il sottosegretario Mantovano si recavano a inaugurare il carcere di Castelfranco, circa duecento tra no-global, esponenti di Prc (tra cui la parlamentare Titti De Simone) e dei Verdi, Cgil, anarchici, bloccavano la via Emilia, esponendo uno striscione con la scritta "Un carcere per tossicodipendenti, due Cpt, Basta lager in Emilia - Romagna".

Intanto a Roma, una sessantina di no-global davano l’assalto al Dipartimento Antidroga: studenti e precari appartenenti organizzazioni "Esc" e "Astra", hanno attaccato uno striscione sul cancello del Dipartimento, con su scritto "Il consumo non si chiude in carcere. Fini e Muccioli piantatela". Il blitz si è concluso con la denuncia di una ventina di no-global per manifestazione non autorizzata. La "scientifica controinformazione" denunciata da Castelli, che da Castelfranco ha escluso categoricamente una co-gestione di San Patrignano nella struttura carceraria di Castelfranco, non ha gettato acqua sul fuoco. Anzi. Davanti al Ministero della Giustizia, in via Arenula, si sono ritrovate nel pomeriggio le associazioni antiproibizioniste rappresentate da Confinizero (tra cui Lilliput e Antigone), affiancate dagli attivisti dei collettivi Esc e Astra (reduci dal blitz al Dipartimento antidroga) e da rappresentanti di Verdi, Prc e Cgil.

La loro protesta "teatrale", con tanto di carcerati con la divisa a strisce e la palla al piede, ha preso le mosse dal caso Castelfranco per arrivare a puntare il dito contro il ddl Fini sulla tossicodipendenza. Paolo Cento, deputato dei Verdi, ha denunciato "la gestione privatistica del sistema penale", e chiede che il governo riferisca in Parlamento sul progetto di Castelfranco. A chiedere che Castelli chiarisca in Parlamento è anche e Massimo Brutti (Ds), mentre per Marco Rizzo dei Comunisti il progetto di Castelfranco è "un grande spot pre-elettorale che presenta parecchie ombre" a dimostrazione del fatto che "la Cdl brama uno stato illiberale esecutore di ricoveri coatti".

I parlamentari di An fanno quadrato a difesa del progetto e bollano le proteste dell’opposizione come "paradossali e schizofreniche" (Roberto Pedrizzi), oltre che "ridicole" (Antonio Caruso). Ma su Castelfranco si levano voci critiche anche dai più rappresentativi sindacati di polizia penitenziaria. Il Sappe fa sapere di essere stato tenuto all’oscuro del progetto e fa sapere che i "cinquanta agenti che operano a Castelfranco non sono stati minimamente preparati per il recupero dei tossicodipendenti. Siamo perplessi e contrariati". Gerardo Morosetti

Livorno: e Lucarelli dedica la doppietta ai carcerati…

 

L’Unione Sarda, 22 marzo 2005

 

"Dedico la doppietta realizzata ieri ai detenuti del carcere fiorentino di Sollicciano, scusandomi con loro per essermene dimenticato nel dopo gara concitato anche per via del pareggio del Cagliari arrivato a tempo scaduto". L’attaccante del Livorno Cristiano Lucarelli ha voluto onorare la promessa fatta lunedì scorso ai detenuti fiorentini nel corso di un incontro avvenuto in carcere e durante il quale aveva promesso che in caso di gol avrebbe fatto loro la dedica.

"Glielo avevo promesso", ha aggiunto il bomber, "per come mi avevano accolto e per la simpatia e l’interesse mostrato riguardo alla mia storia e al libro "Tenetevi il miliardo", scritto dal mio procuratore Carlo Pallavicino. Dopo la partita di Brescia, ero giù di morale per non aver giocato, ma il loro calore mi ha restituito il buon umore e la mia buona prestazione di domenica è anche merito loro".

Nelle prossime settimane Lucarelli sarà "interrogato" sul libro e sulla storia di Livorno dalla professoressa Giuliana Bacci, che lo ha scelto come libro di lettura al liceo scientifico sperimentale Cecioni di Livorno. L’attaccante siederà al banco insieme agli altri studenti che attraverso "Tenetevi il miliardo" approfondiscono la conoscenza della città e della sua gente. Ma la storia di Lucarelli sarà studiata anche dagli "odiati" pisani. Infatti il libro sarà presentato in classe il prossimo undici aprile al liceo Pesenti di Cascina in provincia di Pisa.

La Spezia: Portovenere "ospiterà" detenuti al lavoro esterno

 

Secolo XIX, 22 marzo 2005

 

Continua l’impegno dell’amministrazione comunale di Portovenere nel settore della solidarietà sociale. È stato infatti siglato a palazzo civico l’accordo con la direzione della Casa circondariale della Spezia, teso a sostenere persone con difficoltà di reinserimento sociale e lavorativo. Il progetto, ancora in fase sperimentale, sarà attivato a favore di un detenuto indicato dal servizio sociale del ministero di Grazia e giustizia e dal Centro servizio sociale per adulti di Massa, tra i soggetti ammessi al lavoro esterno. L’obiettivo è quello di fare acquisire al partecipante specifiche competenze e abilità relative al giardinaggio, al mantenimento del verde pubblico ed ad altri piccoli lavori di manutenzione e pulizia nelle frazioni del territorio portovenerese.

Nell’incontro tra il sindaco Salvatore Calcagnini, l’assessore ai servizi sociali Carla Danubio e Maria Cristina Bigi, direttore del carcere spezzino, si è anche parlato di attività future tra le due amministrazioni, con particolare interesse ad opere legate alla valorizzazione dei siti ambientali ed alle aree del territorio comunale, sempre nell’ambito del processo di reinserimento socio-lavorativo dei detenuti. "Questa iniziativa - ha dichiarato il sindaco Salvatore Calcagnini - dimostra la sensibilità storica del nostro Comune nel settore dei servizi sociali".

"Si tratta di un’attività di indubbio valore, che più di altre consente di fare entrare il detenuto in un contesto sociale e di riprendere la vita in un tessuto normale - ha sottolineato la dottoressa Bigi - Puntiamo molto su iniziative di questo tipo, che restituiscono dignità alle persone".

Il progetto ha coinvolto anche l’assessorato comunale al decoro dei borghi e delle frazioni, che ne seguirà la fase operativa. "Grazie a questo programma - ha spiegato l’assessore Franco Petacco - avremo nuove e necessarie risorse da destinare alle attività di manutenzione e decoro dei borghi e della aree storiche delle frazioni".

Il progetto, che partirà nei primi giorni di aprile, avrà una durata di circa 14 mesi, in base ad un percorso lavorativo settimanale di 30 ore. Le attività previste sono quelle della sistemazione delle aree verdi nelle frazioni, la manutenzione di spazi degradati nel centro storico, delle spiagge e del lungo costa. Isabella Conte

Sassari: maxipestaggio a San Sebastiano, parla la parte civile

 

L’Unione Sarda, 22 marzo 2005

 

Insorgono gli avvocati di parte civile, al processo di appello per il maxipestaggio di San Sebastiano: "Trascinare con forza i detenuti, denudarli, lasciarli per ore al freddo e senza vestiti e devastare le celle non può non essere considerato un reato". I legali non nascondono il proprio sconcerto, qualche giorno dopo le richieste con cui il procuratore generale Francesco Palomba aveva concluso la sua requisitoria: assoluzione per tutti gli agenti imputati nel processo d’appello per i pestaggi in carcere.

Assoluzione per loro e condanna ridimensionata rispetto al primo grado, per la direttrice Cristina Di Marzio: niente reclusione bensì una multa, quattrocento euro da pagare allo Stato, per avere assistito impassibile ai pestaggi. "Giustizia sarà fatta solo in minima parte - aveva detto la pubblica accusa ai giudici - in un processo dove mancano le certezze. Non si può correre il rischio di condannare un solo innocente".

Ieri mattina, durante l’udienza tenuta a porte chiuse, gli avvocati Letizia Doppiu Anfossi, Lorenzo Gallisai, Gabriella Pinna Nossai e Piero Arru, hanno chiesto ai giudici la conferma della sentenza di primo grado. Nessuno sconto per un pestaggio riconosciuto ma senza esecutori materiali. Il primo colpo al castello accusatorio era partito in udienza preliminare, per tutti coloro che avevano scelto il rito abbreviato evitando la gogna di un processo pubblico: il 21 febbraio 2003 dodici imputati furono condannati dal giudice delle udienze preliminari Antonio Luigi Demuro.

Fra loro il provveditore regionale Giuseppe Della Vecchia, il comandante delle guardie Ettore Tomassi, la direttrice Cristina Di Marzio. Si erano spartiti quattro anni di carcere: Giuseppe Della Vecchia era stato condannato a un anno e sei mesi, Ettore Tomassi a un anno e quattro mesi, Cristina Di Marzio a un anno. Con loro erano stati dichiarati colpevoli nove agenti di polizia penitenziaria (pene fra i quattro e i sei mesi) e il medico del carcere, condannato a quattro mesi. Per settanta agenti era arrivato invece il proscioglimento o l’assoluzione. La sentenza aveva lasciato tutti scontenti. Il pestaggio c’era stato ma chi aveva picchiato era rimasto nell’ombra.

Castelfranco: Castelli minaccia querele a "La Repubblica"

 

Ansa, 22 marzo 2005

 

Il ministro della giustizia Roberto Castelli, al termine dell’inaugurazione della casa di reclusione a custodia attenuata per detenuti tossicodipendenti di Castelfranco Emilia ha attaccato il quotidiano La Repubblica e minacciato di querela il giornalista Jenner Meletti (presente alla conferenza stampa) che il 21 febbraio scrisse un articolo sulla struttura carceraria.

"Credo si debba denunciare un fatto gravissimo - ha detto il ministro - penso che abbiamo dato prova mille volte di essere grandi paladini della libertà di opinione e di stampa. Però in questo caso c’è stato un quotidiano (Castelli non lo ha nominato e solo a precisa domanda ha risposto che si tratta de La Repubblica, ndr) che è andato molto al di là del diritto di libertà di stampa, tanto è vero che ho incaricato i miei uffici di valutare se ci sono gli estremi per una denuncia alla magistratura ai sensi dell’art.656 del Codice Penale.

Perché - ha continuato Castelli - non si possono fare articoli di grandissima rilevanza su un quotidiano di importanza nazionale, propalando notizie assolutamente false, tese a esacerbare gli animi e ad aizzare qualche facinoroso che poteva creare anche questioni di ordine pubblico, che anzi le ha create - ha aggiunto riferendosi al presidio di protesta davanti al carcere -. Mettiamo che oggi ci fosse stato qualche incidente con qualche ferito, di chi era la responsabilità?

Di questi irresponsabili che hanno pubblicato notizie del tutto false - ha ripetuto - oggi abbiamo fatto, oltre all’inaugurazione, anche un’opera di verità: tutti hanno potuto vedere di quale modernissima struttura stiamo parlando, quale sarà l’ambiente in cui questi ragazzi vivranno. Quali saranno i programmi di recupero è ancora prematuro da dire, perché, allestita ora la struttura, potremo poi, anche attraverso l’interlocuzione con tutta la società civile e gli enti locali che vorranno collaborare con noi, dare vita a programmi concreti. Ma credo che vada stigmatizzata - ha ribadito - questa operazione non solo di disinformazione, ma di aspetti che potrebbero riguardare il Codice Penale, fatti da questo quotidiano".

Meletti ha chiesto quali sarebbero queste falsità. "Che, ad esempio - ha risposto Castelli - noi volevamo dare in totale gestione di natura privatistica questo istituto a una organizzazione privata di volontariato. Questo ha esacerbato gli animi. Ma si tratta di una cosa non solo falsa, ma neanche mai pensata perché oltretutto, anche volendo, non potremmo farla". Meletti ha ribattuto che il suo articolo non parlava di una gestione assoluta ."Lei è l’avvocato difensore?", gli ha chiesto il ministro. Qualcuno gli ha spiegato che si trattava dell’autore dell’articolo. "Allora credo che lei potrà forse ricevere qualcosa prossimamente, si trovi un avvocato", gli ha detto Castelli. "Ce l’abbiamo già", ha ribattuto il giornalista. "Lo so - ha chiosato il ministro - con tutte le falsità che dite lo avrete a tempo pieno".

Castelfranco Emilia: Prc; Castelli non conosce la legge

 

Ansa, 22 marzo 2005

 

"Castelli non conosce la legge": lo afferma Paolo Ferrero, della segreteria nazionale Prc. "Prima di dire che chi protesta contro la proposta di Fini sulle droghe e le carceri per tossicodipendenti produce disinformazione scientifica, il ministro leghista farebbe bene a leggere la proposta di legge che è attualmente in discussione al Senato - spiega Ferrero -.

Se questa venisse approvata, le carceri si riempirebbero ancora di più di tossicodipendenti e semplici consumatori, aumentando sofferenze e costi sociali". "Un fenomeno complesso come quello delle droghe - conclude l’esponente del Prc - non si affronta con la galera e con il ricovero coatto, ma con la realizzazione di politiche di intervento basate sull’evidenza scientifica e con la lotta alla precarietà sociale".

Castelfranco: Rizzo (Pdci); la Cdl brama uno Stato illiberale

 

Ansa, 22 marzo 2005

 

"Un grande spot pre-elettorale che presenta parecchie ombre": così Marco Rizzo, Presidente della Delegazione dei Pdci al Parlamento Europeo, definisce l’inaugurazione della struttura di Castelfranco Emilia denunciando che "la Cdl brama uno stato illiberale esecutore di ricoveri coatti". "Non è la prima volta che si verificano fughe di notizie inerenti il carcere di Castelfranco Emilia - dice Rizzo riferendosi alle querele minacciate dal ministro Castelli e al furore ideologico della sinistra denunciato dal ministro Giovanardi -.

Peccato che non siano poi avvenute altrettante solerti credibili smentite". Il parlamentare sottolinea che "risulterebbe che la polizia penitenziaria avrebbe dovuto seguire corsi presso la comunità di San Patrignano sui metodi da adottare per trattare i detenuti tossicodipendenti. Se non si chiama privatizzazione, e possiamo concordare, come vogliamo chiamarla? Appalto?

E secondo quali criteri?". Secondo Rizzo,"la visione della società della Cdl, retriva, proibizionista e medievale, mette a repentaglio le libertà personali e gli spazi di agibilità democratica per tutti. Temi complessi quali la tossicodipendenza vengono trattati nella migliore delle ipotesi con la professionalità delle chiacchiere da bar, quando non ci troviamo di fronte a vere e proprie concezioni repressive e punitive, lesive per la dignità dell’individuo".

Castelfranco: Cento (Verdi); ministri riferiscano al parlamento

 

Ansa, 22 marzo 2005

 

Il vicepresidente della commissione Giustizia della Camera Paolo Cento chiede che i ministri Castelli e Giovanardi riferiscano in Parlamento sulla struttura a custodia attenuata di Castelfranco Emilia, inaugurata nella mattina.

"L’inaugurazione rappresenta un preoccupante tentativo di anticipare nei fatti l’applicazione della legge Fini sulle droghe ancora in fase iniziale di discussione in Parlamento - ha detto l’esponente dei Verdi -. Vi è il tentativo di privatizzare l’amministrazione della sanzione penale a danno di tossicodipendenti e con un forte caratterizzazione proibizionista, inutile a combattere questo fenomeno. Castelli e Giovanardi anziché andare a tagliare nastri elettorali hanno il dovere di venire a riferire in Parlamento sulla natura e i contenuti di questo carcere oltre che di rispettare un corretto dialogo con le istituzioni locali. La mobilitazione No Global e degli antiproibizionisti contro questa inaugurazione - ha concluso Cento - rappresenta la volontà diffusa di centinaia di associazioni di non accettare la privatizzazione proibizionista dell’intervento sui detenuti tossicodipendenti".

Castelfranco: An; sinistra pensa a distribuzione controllata droga

 

Ansa, 22 marzo 2005

 

L’istituto di Castelfranco Emilia fornisce "concrete ipotesi di reinserimento per il detenuto che, uscendo dalla dipendenza, apprende un lavoro". Ad affermarlo è sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, secondo il quale per la Sinistra invece "l’unica ipotesi praticabile resta quella della distribuzione controllata della droga e delle siringhe sterili".

"L’istituto inaugurato oggi - dice Mantovano - è il primo in Italia dedicato esclusivamente a condannati tossicodipendenti: a persone, cioè, che hanno ricevuto una pena significativa non a causa della loro dipendenza, ma per aver commesso reati, anche gravi; tali persone hanno però, per la peculiare situazione personale, necessità di spazi e di recupero diverse da quelle che può offrire un carcere ordinario.

La nuova casa di reclusione offre aule, laboratori, una falegnameria, una lavanderia, 23 ettari di terreno, 4 serre, con produzioni di qualità, da vendere all’esterno, e quindi concrete ipotesi di reinserimento per il detenuto". "Una speranza di questo tipo - aggiunge il sottosegretario - è osteggiata violentemente da chi ha perfino bloccato il traffico della strada per Castelfranco e presidiato l’ingresso dell’istituto, mentre a Roma ha occupato gli uffici del Dipartimento nazionale antidroga: le proteste sono organizzate, fra gli altri, da Rete Lilliput, giovani comunisti, Rifondazione Comunista, Cgil, Verdi, Attac e altri, e sul posto sono andati anche esponenti politici qualificati del Prc".

"Mentre il Centrodestra col ddl Fini, in discussione al Senato, amplia l’area della prevenzione e dell’uscita dalla tossicodipendenza, e con interventi come quello odierno dimostra nei fatti che il recupero viene orientato anche a chi altrimenti resterebbe in un carcere ordinario, la sinistra - dice ancora Mantovani - conferma che l’unica ipotesi per essa praticabile è quella della distribuzione controllata della droga e delle siringhe sterili. In una proposta di legge (n. 1021) presentata alla Camera l’attuale candidato del centrosinistra alla guida della regione Puglia, on. Vendola, immagina la "somministrazione di eroina o di morfina sotto controllo medico all’interno di strutture sanitarie pubbliche", poiché "occorre consentire a quel tossicodipendente di assumere sostanze nelle condizioni sociali, igieniche, sanitarie e giuridiche le meno pericolose, afflittive e oppressive possibili".

Per Mantovano, dunque, "se la sinistra vincesse in Puglia, la quota pugliese del 75% del fondo nazionale contro la droga verrebbe impiegata per acquistare siringhe e per affittare sale per il buco". "A Castelfranco Emilia il governo di centrodestra - conclude Mantovano - indica oggi una strada diversa, che parte dal presupposto che ciò che importa realmente non è l’asetticità della siringa, ma il suo contenuto e i suoi effetti".

Castelfranco: Giovanardi; lavoriamo ai contenuti, in collaborazione

 

Ansa, 22 marzo 2005

 

"L’amministrazione penitenziaria ci fa vedere una bellissima cosa, il contenitore; sul contenuto ci sarà ancora molto da lavorare: mi appello a tutti perché questo esperimento possa avere successo ed essere un punto di riferimento".

Carlo Giovanardi ha ribadito, durante il saluto alle autorità in occasione dell’inaugurazione della casa di reclusione a custodia attenuata per detenuti tossicodipendenti a Castelfranco Emilia (Modena), l’apertura dell’amministrazione penitenziaria a collaborare per l’elaborazione del progetto di recupero con operatori pubblici e privati impegnati nella lotta alle tossicodipendenze.

"La posta in gioco è molto alta: non arrendersi di fronte a vicende che possono sembrare in un qualche modo irrecuperabili e che invece possono avere sbocchi positivi - ha aggiunto il ministro - dentro il contenitore ci sarà un contenuto di grandissima importanza.

È una bella idea, difficile da realizzare, quella di fare entrare in questa struttura gestita dal Dap (dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ndr), tutti coloro che operano per il recupero dei tossicodipendenti.

Castelfranco: Castelli; riconosciuto ruolo delle istituzioni locali

 

Ansa, 22 marzo 2005

 

"Il progetto presentato dal Dap (dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) rappresenta soltanto la base di discussione di quello che dovrà diventare il programma terapeutico e gestionale definitivo della struttura di Castelfranco": lo ha affermato il ministro della Giustizia Roberto Castelli, nel corso dell’incontro con il Presidente della Provincia Emilio Sabattini, il Sindaco di Modena Giorgio Pighi ed il Sindaco di Castelfranco Emilia Sergio Graziosi.

All’incontro, che si è tenuto ieri in una della sale ristrutturate della casa di lavoro di Castelfranco, erano presenti anche il Ministro per i rapporti col Parlamento Carlo Giovanardi, il presidente del Dap Giovanni Tinebra ed il Prefetto Italia Fortunati.

I rappresentanti degli Enti Locali hanno ripetuto al Ministro Castelli quanto già pubblicamente dichiarato nei giorni scorsi e cioè hanno ribadito sorpresa e disappunto per non essere stati tenuti informati delle trasformazioni in corso nella struttura di Castelfranco. Atteggiamento che ha violato il protocollo siglato nel ‘98 che prevedeva la realizzazione dell’intervento secondo linee concordate e condivise. "Abbiamo eseguito l’intervento materiale - ha risposto Castelli- ma il progetto terapeutico è ancora tutto da definire, il nostro documento - ha quindi ribadito - è da ritenere un contributo al confronto che dovrà necessariamente svilupparsi tra amministrazione penitenziaria ed enti locali modenesi". A questo proposito gli amministratori locali hanno fatto rilevare che sul territorio operano diverse entità qualificate nel lavoro di recupero e reinserimento dei tossicodipendenti e che quindi risulterebbe quanto meno singolare un rapporto privilegiato tra la struttura di Castelfranco e la Comunità di San Patrignano.

"Non c’è nessuna esclusiva - ha precisato il ministro della Giustizia - San Patrignano è solo uno degli interlocutori possibili e non è vero che il progetto di Castelfranco sia stato costruito sul modello della comunità di Muccioli. I detenuti seguiranno il loro percorso - ha concluso - e solo alla fine sceglieranno a chi affidarsi".

Il Presidente della Provincia, il Sindaco di Modena ed il Sindaco di Castelfranco hanno ringraziato il ministro Castelli per aver ristabilito la correttezza formale nel rapporto tra Istituzioni centrali e locali. L’incontro, per collocazione e tempi, non poteva aver alcun sviluppo concreto: "Restano le perplessità per come questa vicenda è stata gestita fino ad oggi -dichiarano congiuntamente i tre amministratori locali- confidiamo in un atteggiamento diverso in futuro nell’interesse di quanti si troveranno a vivere ed operare nella casa a custodia attenuata e più in generale nell’interesse della nostra collettività. L’atteggiamento degli enti locali non può che essere di sensibilità e di apertura quando di parla di recupero e reinserimento di tossicodipendenti. Se effettivamente saremo coinvolti -concludono- vigileremo affinché tutto si svolga nella chiarezza ed in un rapporto di collaborazione col territorio".

Castelfranco: drogati detenuti, il loro futuro riparte da Modena

 

Avvenire, 22 marzo 2005

 

Inaugurata una casa di reclusione rivoluzionaria riservata a 80 carcerati con condanne per stupefacenti superiori ai 4 anni. Il ministro Castelli: una struttura capace di garantire il loro reinserimento nella società.

Non sarà un lager e neanche la versione mimetizzata di un centro di permanenza temporanea. Al contrario la casa di reclusione "a custodia attenuata" di Castelfranco Emilia punta ad essere un’esperienza pilota, la prima in Italia, per il recupero dei detenuti tossicodipendenti. Parola dei ministri Roberto Castelli e Carlo Giovanardi intervenuti all’inaugurazione della struttura che sorge all’interno del Forte Urbano.

La casa comprende 24 stanze da 2-3 posti, con bagno, acqua calda, televisore e pavimenti in cotto. Ospiterà 80 persone, solo uomini, divisi in due sezioni. Si tratterà esclusivamente di persone condannate a pene superiori ai quattro anni, che non consentono quindi l’affidamento ai servizi sociali. Attorno all’edificio sorgono stalle, serre, laboratori artigianali in cui lavoreranno i detenuti. Il personale penitenziario sarà formato per adeguarsi alle caratteristiche del nuovo progetto. Castelli ha ricordato che in Italia il 30% dei carcerati sono tossicodipendenti e il 40% si trova in prigione per reati legati alla droga. "Si tratta di un problema importante", ha aggiunto "e ci sono due strade per affrontarlo: rifugiarsi nella detenzione e nella somministrazione di succedanei chimici che a lungo andare condannano i tossicodipendenti alla disperazione, oppure fare come oggi, con un percorso più impegnativo mirato al recupero, che è quello che privilegiamo, per dare una speranza ai tossicodipendenti".

Giovanardi, da parte sua, ha sottolineato come l’idea del progetto sia quella di far entrare in una struttura gestita dal Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) tutti coloro che sono impegnati nel recupero dei tossicodipendenti: comunità, Sert, cooperative sociali, enti locali, per contribuire al progetto di recupero che ora dovrà essere elaborato. Non c’è dunque nessun appalto gestionale a San Patrignano. "Quella di Muccioli", ha detto il ministro Castelli "è una delle tante organizzazioni di volontariato contattata, che ha risposto sollecitamente.

Ma non si è mai pensato che dovesse gestire la struttura di Castelfranco. Tutto è gestito dal Dap, con la collaborazione di chi vorrà farlo". E a questo proposito Castelli ha attaccato duramente un quotidiano che ha dato la cosa ormai per assodata. "In questo caso c’é stato un quotidiano che è andato molto al di là del diritto di libertà di stampa, tanto è vero che ho incaricato i miei uffici di valutare se ci sono gli estremi per una denuncia alla magistratura per il reato di "pubblicazione di notizie false".

Perché non si possono fare articoli di grandissima rilevanza su un quotidiano di importanza nazionale, propalando notizie assolutamente false, tese a esacerbare gli animi e ad aizzare qualche facinoroso che poteva creare anche questioni di ordine pubblico, che anzi le ha create". Giovanardi è infine ritornato sulle manifestazioni di protesta. "Io non so quale furore ideologico e quale disinformazione", ha affermato "possano portare delle persone a contestare esperimenti di così alto valore sociale e civile come quello che stiamo tentando qui a Castelfranco. Tutti coloro che hanno potuto vedere questa struttura straordinaria, all’avanguardia per il comfort che avranno i detenuti, per i laboratori e il grandissimo spazio esterno si renderanno conto che chi ha causato gli incidenti, chi ha parlato di Auschwitz, non sa assolutamente di cosa parli". Stefano Andrini

Piemonte: Bra-Alba ed il reinserimento sociale dei detenuti

 

Pm Net, 22 marzo 2005

 

Dal dicembre 2004 si sta realizzando sul territorio di Bra ed Alba il progetto "Eleutheria - Percorsi di inclusione sociale e lavorativa", promosso dalle amministrazioni comunali dei due centri e gestito dal Consorzio Cis (Compagnia di Iniziative Sociali), inserendosi all’interno del Piano operativo 2004 del Gol (Gruppo Operativo Locale di Alba e Bra).

Quest’ultimo è un tavolo permanente di concertazione e coinvolge i diversi soggetti che sul territorio si occupano, a vario titolo, di temi quali l’esecuzione della pena e il reinserimento socio-lavorativo di persone soggette a misure limitative della libertà.

Il progetto Eleutheria si colloca in continuità con il progetto Agorà, articolandosi in tre azioni distinte aventi come obiettivi comuni la promozione di percorsi di sostegno al reinserimento socio-lavorativo di persone con problemi di giustizia, oltre che la sensibilizzazione del territorio ai temi della riparazione e della sicurezza sociale. La prima fase, denominata "Sportello del dimettendo", consiste in percorsi di accompagnamento individuale e di gruppo, rivolti a sedici detenuti dimittendi della Casa Circondariale di Alba, finalizzati allo sviluppo delle abilità sociali dei beneficiari necessarie a muoversi correttamente all’interno del mercato del lavoro e della comunità locale.

La seconda fase, "Tirocini aziendali monitorati e Fondo di garanzia e solidarietà", consiste invece nell’attivazione di sei borse lavoro rivolte ad altrettanti detenuti o ex-detenuti, con l’obiettivo generale di fronteggiare l’esclusione lavorativa. È prevista inoltre la strutturazione di un "Fondo di garanzia e solidarietà", mediante il quale sosterranno coloro che escono dal carcere privi di risorse personali, da utilizzare nel reperimento di un alloggio, per il sostentamento o per le prime spese.

Infine, la terza azione: "Giustizia riparativa ed educazione alla legalità". Nell’ottica di stimolare la comunità locale a riappropriarsi del proprio ruolo di soggetto attivo nel processo di reinserimento di persone che concludono un periodo di detenzione, essa prevede la sperimentazione di percorsi di educazione alla legalità rivolti agli studenti di due scuole superiori, l’Istituto professionale "Velso Mucci" di Bra e il Liceo psico pedagogico "Leonardo Da Vinci" di Alba. Con loro si affronteranno i temi della sensibilizzazione del territorio sui temi della giustizia, tramite una campagna mediatica strutturata e la realizzazione di otto azioni di giustizia riparativa.

Droghe: Fantoma (Dnpa); isolare i violenti, per proseguire il dialogo

 

Redattore Sociale, 22 marzo 2005

 

"Ieri mattina a Roma un gruppo di manifestanti, appartenenti alle organizzazioni "Esc" e "Astra" che si riconoscono nel cartello "Confinizero", ha organizzato una violenta protesta presso la sede del Dipartimento nazionale per le politiche antidroga tentando di occuparne gli uffici e interrompendo le attività che si stavano svolgendo".

Il fatto di cronaca è riportato dal direttore dell’Ufficio Monitoraggio del Dnpa, Andrea Fantoma, che evidenzia come "questa azione intimidatoria è inconcepibile in quanto il Dipartimento nazionale ha ripetutamente manifestato la disponibilità al dialogo con tutte le componenti e gli operatori del settore".

Per Fantoma, parole d’ordine quali "assedieremo la Conferenza nazionale del Governo" o "accerchieremo Pescara il 21 settembre" che alcuni esponenti del Prc stanno irresponsabilmente usando rischiano di creare un clima di tensione col quale impedire di affrontare un serio dibattito. Gli operatori del Settore isolino questi "cattivi maestri"".

"L’efficacia dell’azione del Dnpa - continua -, che ha intrapreso con le Regioni e con gli operatori un percorso condiviso che garantisca un’ampia partecipazione in vista della Conferenza nazionale di Pescara, evidentemente non è gradita a chi ha interesse a creare più un clima di tensione sociale che una dialettica serrata ma corretta".

Richiamo tutti ad un atteggiamento di responsabilità - conclude -; isolare i violenti e gli intemperanti è indispensabile per favorire una seria discussione nel merito dei problemi da affrontare". Dopo quanto accaduto, il Capo Dipartimento, Nicola Carlesi, ha convocato per domani, presso la sede del Dipartimento, una Conferenza stampa nella quale farà il punto sulla situazione.

Bergamo: il Vescovo entra in carcere per la Pasqua dei detenuti

 

L'Eco di Bergamo, 22 marzo 2005

 

La Pasqua come segno di speranza e di vita migliore per tutti gli uomini. Con questo auspicio i detenuti del carcere di Bergamo hanno accolto la visita del vescovo Amadei. Un incontro - quello fra i detenuti e mons. Amadei - che non è mai venuto meno nel periodo Pasquale come pure negli altri momenti forti dell'anno liturgico. E il grazie per questa assidura presenza è venuta dal direttore del carcere Antonino Porcino. La Chiesa di Bergamo ci è sempre stata vicina, ha detto Porcino, per il vescovo questo è forse il trentesimo incontro con i detenuti. 
La visita è iniziata come di consueto dalla sezione femminile dove nella cappella si è avuto l'incontro con le detenute. Successivamente il vescovo si è recato nelle altre sezioni, compreso quella cosiddetta di Alta Sicurezza, prima di presiedere la santa messa nella chiesa del carcere. La liturgia è stata concelebrata dai cappellani don Virgilio Balducchi e don Fausto Resmini che da parecchi anni sono impegnati in prima fila nell'assistenza ai detenuti. 
Nel corso dell'omelia mons. Amadei ha voluto ricordare il significato della Croce ma nel contempo ha parlato dei giorni della Passione, dell'ultima cena, del tradimento di Giuda che tuttavia Gesù chiama grande amico. Questa speranza di riconciliazione con se stessi e con gli altri è stata dunque il leit motiv della visita. E pure i detenuti nel loro messaggio al vescovo hanno ribadito che "gli uomini, nella misura in cui sono peccatori, sono solidali con chi ha condannato ed ucciso Gesù, ma possono convertirsi e diventare giusti perché l'amore di Dio e di Cristo è più forte di ogni peccato".

 

 

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