Rassegna stampa 7 maggio

 

Brescia: tunisino di 27 anni muore in cella, forse è suicidio

 

Giornale di Brescia, 7 maggio 2005

 

Si sarebbe tolto la vita in cella senza essere visto dai compagni di detenzione o dalle guardie carcerarie. Questo si è appreso ieri mattina, ma la magistratura non ha confermato la notizia del suicidio di un detenuto, anzi l’ha smentita parlando di morte per cause da accertare, escludendo l’omicidio. Un giallo. Alle 8.30 di ieri a Canton Mombello sono scattati i soccorsi. Era grave Mamai Faical, tunisino di 27 anni, sposato con un’italiana e padre di due bambini, detenuto in attesa di giudizio per tentato omicidio. La polizia lo aveva arrestato il 5 luglio ritenendolo responsabile, con altri connazionali, del ferimento a coltellate di un tunisino.

Karim Ben Kaeik, alle 4 del mattino del 30 maggio, in via Volturno, fu raggiunto da un fendente al fegato. Si salvò grazie a un intervento chirurgico al Civile, dove rimase a lungo in terapia intensiva. Il tunisino fu aggredito mentre si trovava in strada in compagnia della convivente bresciana. Erano stati alla Festa de l’Unità di via Collebeato per festeggiare la liberazione di Karim, che era da poche ore uscito dal carcere per fatti di droga. Karim raccontò alla polizia di aver incontrato altri tunisini e di aver avuto una discussione dopo aver risposto "no" alla richiesta di spacciare droga. Non voleva rientrare nel giro. Determinante per le indagini la versione della donna che era con lui.

Le indagini della squadra mobile portarono ai primi di luglio all’arresto di Mamai Faical, clandestino già fermato nell’ambito di controlli antidroga. A dieci mesi di distanza il tunisino è stato rinvenuto cadavere in cella dopo che giorni fa era stato in infermeria.

In merito all’episodio nulla è trapelato dal carcere. Nessuna versione ufficiale. Solo bocche cucite. Inutile il tentativo di parlare con la direttrice Maria Grazia Bregoli o con altri responsabili della Casa circondariale. Sul corpo nessun segno di violenza. I compagni di detenzione non hanno visto niente e nelle ore precedenti nulla aveva fatto presagire il peggio. Saranno l’autopsia e gli esami tossicologici a stabilire l’orario della morte dell’immigrato nordafricano. Indaga la Polizia penitenziaria. Titolare dell’indagine il pubblico ministero Claudia Moregola, che ha disposto per oggi l’autopsia; sarà eseguita alla poliambulanza.

Padova: Zanella (Verdi); nelle carceri un inaccettabile degrado

 

Ansa, 7 maggio 2005

 

"Esprimo la mia solidarietà alla Cgil Fp settore penitenziario che oggi sta manifestando con un sit-in davanti all’amministrazione penitenziaria di Padova a testimonianza della grave crisi in cui versano i carceri di questa città per la mancanza di una vera politica carceraria risolutiva dei numerosi e profondi problemi che ci sono". Lo ha dichiarato la deputata Verde Luana Zanella che sulla vicenda ha inviato un’interrogazione al ministro dell’Interno. "La situazione di degrado nei carceri padovani - spiega Zanella - è tale che l’incidenza dei suicidi tra i detenuti è altissima, anche grazie alla penuria di educatori e di psicologici che rasenta il paradossale per istituti di quelle dimensioni. Di fronte a questa situazione, bisogna fare fronte agli attentati contro la legge Gozzini e ai colpi di mano come quello tentato dalla Cdl con la legge Meduri, che da una parte rafforza le politiche repressive smantellando i servizi di sostegno sociale e psicologico, dall’altra aumenta il ruolo dei dirigenti penitenziari". "Il centro destra – conclude la deputata Verde - deve smetterla di mettere la testa sotto la sabbia facendo finta di non vedere quali siano le vere priorità delle carceri italiane".

Milano: prima Provincia a istituire il garante dei detenuti

 

Ansa, 7 maggio 2005

 

Da lunedì prossimo il Garante dei diritti delle persone limitate nella libertà personale sarà operativo negli uffici della Provincia di Milano. Ieri infatti il Consiglio provinciale ne ha approvato la nomina. La Provincia di Milano ha fatto sapere in una nota di essere stata la prima in Italia a istituire questa figura. La scelta, si legge in una nota, conclude un percorso voluto dall’assessore Francesca Corso, con delega all’integrazione sociale per le persone in carcere o ristrette nella libertà, "e fortemente condiviso da tutta l’amministrazione e da tutto il Consiglio provinciale, iniziato contestualmente". Il Garante, si spiega, "definisce interventi e azioni volte a promuovere la reale garanzia dei diritti fondamentali delle persone sottoposte a detenzione o a misure limitative nella libertà personale. Diritti che concernono la salute, l’ affettività e la qualità della vita, l’istruzione scolastica, la formazione professionale e il lavoro nell’ottica del recupero e della integrazione sociale e che quindi si inseriscono nella tutela dei diritti di cittadinanza, costituzionalmente garantiti".

Torino: in Italia prima condanna a reclusione per doping

 

Ansa, 7 maggio 2005

 

Per la prima volta in Italia uno sportivo è stato condannato alla reclusione per la violazione della nuova legge sul doping. La sentenza, emessa dal tribunale di Torino, riguarda un tennista trovato positivo alla cocaina in un torneo ad Imola nel 2002, e condannato a 4 mesi di reclusione. Il giudice, accettando una richiesta del pm Guariniello, ha ritenuto di poter applicare la legge 376/2000 anche se al momento del fatto non era stata emessa la lista delle sostanze proibite.

Massa Carrara: i detenuti narrano la rivolta di Orwell

 

Contatto News, 7 maggio 2005

 

Microsocietà a confronto. I maiali de "La Fattoria degli animali" danno il titolo allo spettacolo realizzato dai carcerati della Casa di Reclusione di Massa e dalla Compagnia Tinconzero Massa - Prosegue il progetto teatrale della Compagnia Ticonzero sulle carceri. Domani, mercoledì e venerdì prossimo alle 16.30 i detenuti della casa di reclusione in via Pellegrini a Massa porteranno in scena, per la regia di Massimo Gritti, lo spettacolo "Maiali!", tratto da "La Fattoria degli Animali di George Orwell. I protagonisti si esibiranno in qualità di narratori "oggettivi" della storia, che nell’adattamento si fermerà alla presa di potere di uno dei suini sugli altri animali della comunità. La rappresentazione riflette così proprio sul rapporto tra individualismi e vita in comune, oltre che sulla reazione del singolo e del gruppo rispetto ad una continua costrizione sociale. Interessante l’accostamento tra la micro-società della Fattoria e quella che si crea nella "città carcere", come lo stesso Gritti ha definito l’ambiente recluso dove vivono e interagiscono i detenuti.

Come sempre è grande l’importanza data da Ticonzero al linguaggio del corpo con il quale si esprimo gli attori, unificati dall’esperienza teatrale rispetto alle differenze sociali e culturali che si portano appresso dalla vita dentro e fuori l’istituto di pena. Al di là delle difficoltà e dei dubbi affrontati dalla compagnia nel corso dei molti anni dedicati a questa attività , Massimo Gritti ha messo in evidenza l’enorme potenziale di un laboratorio sperimentale come questo, modellato su un tessuto tanto complesso quanto interessante sul piano della espressione pura, che dimostra in questo contesto più che in altri tutta al "necessarietà del teatro". Anche lo scambio emotivo con i detenuti ripaga tutto l’impegno di Gritti e dei suoi collaboratori, tra cui Ilaria Pardini, Ilaria Cavazzuti e Chiara Barbero. Collegata allo spettacolo realizzato dai detenuti, domani mattina a Palazzo Ducale di Massa dalle 9.30 avranno logo una serie di incontri sul tema "Il teatro in carcere: l’esperienza toscana": oltre a Massimo Gritti interverranno numerosi operatori ed esperti tra cui Giulia Innocenti Malini, docente di teatro di animazione alla Cattolica di Milano, e Lanfranco Binni, curatore delle iniziative teatrali sul carcere per la Regione Toscana.

Fossano: libro d’immagini e ricette raccolte in carcere

 

La Stampa, 7 maggio 2005

 

Questa settimana voglio raccontarvi dell’Osteria del gambero nero, non certo il più classico dei ristoranti. È un luogo immaginario di cui però vale la pena di scrivere. Il Gambero nero è un libro d’immagini e ricette, raccolte in un luogo inconsueto, il carcere di Fossano, Cuneo. All’interno del penitenziario un fotografo, Davide Dutto, e un giornalista, Michele Marziani, hanno voluto documentare la vita dei detenuti all’ora di cena. Edito da DeriveApprodi, Il Gambero Nero - Ricette dal carcere è un buon libro fotografico. In una contrapposizione simbolica di colori, il titolo prova a giocare con il nome dell’ "Osteria del gambero rosso" di Pinocchio. Il libro racconta, attraverso fotografie in bianco e nero, la quotidianità di un luogo dove il pasto e la manualità del cucinare diventano momenti di aggregazione e di scambio tra culture, conoscenze e tradizioni diverse. Dai volti ritratti nelle fotografie traspare quanto è importante, per persone che condividono un unico forzato destino, il momento della preparazione del cibo. Dedicare tempo e fantasia a rielaborare ricette diventa un rito indispensabile per rimanere agganciati alla realtà esterna, serve a stimolare la memoria e a non dimenticare gli affetti, a tenere allenati i sensi umiliati dal carcere. Preparare un piatto da consumare insieme è uno dei pochi piaceri che sopravvivono alla prigionia. Cucinare aiuta a vivere, anche in condizioni difficili. Ognuna delle cento foto è accompagnata da una didascalia che descrive le abitudini, le curiosità, la storia e la provenienza dei personaggi ritratti. Le ultime dieci pagine sono dedicate alle ricette scritte dai protagonisti del carcere, tutte originali e innovative perché realizzate con strumenti di lavoro poveri e materie prime non sempre facile da reperire.

Stiamo vivendo un periodo in cui le iniziative di questo tipo nei penitenziari italiani si stanno facendo più frequenti. Negli ultimi mesi mi è capitato più di una volta di partecipare, sentire e leggere di attività volte a coinvolgere i detenuti. A Volterra si fanno le "Cene dell’impossibile", preparate con i prodotti dei Presidi nell’ambito di una rassegna teatrale realizzata dalla "Compagnia della Fortezza". Nel penitenziario veneziano della Giudecca sette donne curano un orto e poi vendono frutta e verdura al mercato. Ci sono appuntamenti come "Regala un libro a un detenuto", che si svolge in occasione annuale salone del libro e dell’editoria del Verbano Cusio Ossola. A San Vittore, carcere milanese, si è voluto giocare con le parole con il progetto "Avanzi di galera", ricette, strumenti, usi e costumi scritto e realizzato dai detenuti. Nella casa circondariale delle Vallette di Torino, sotto la guida di esperti torrefattori, si lavora il caffé huehuetanango, garantendo un’equa remunerazione ai produttori guatemaltechi. Tutte queste iniziative e altre ancora hanno, com’è giusto, lo scopo di coinvolgere in modo diretto uomini e donne che, anche in una situazione di restrizione della libertà, devono cercare motivazioni forti per pensare al futuro e costruirsi un domani. Più di altre attività, la cura del cibo e la passione per la cucina aiutano ad evadere con la mente e preparano al reinserimento sociale.

Campobasso: semilibertà a Izzo, i motivi dei giudici di sorveglianza

 

Adnkronos, 7 maggio 2005

 

Angelo Izzo ha goduto della semilibertà grazie alle relazioni degli psicologi prese in esame dai giudici del Tribunale di sorveglianza di Palermo. L’Adnkronos è in grado di rivelare il testo integrale dell’ordinanza emessa dal collegio, presieduto da Pietro Cavarretta. Nell’ordinanza di 3 pagine che risale al 9 novembre del 2004, i giudici di Palermo scrivono: "Non vi sono oggi elementi per ritenere che egli sia legato ancora a sodalizi malavitosi o terroristici.

Angelo Izzo è ristretto in carcere dal ‘75 appena ventenne e da allora ha espiato quasi 30 anni di reclusione". "Va sottolineato, inoltre, che all’inizio degli anni ‘80 egli ha avviato una proficua e utile collaborazione con i magistrati di Milano e di Bologna fornendo rivelazioni lineari e affidabili in ordine ad episodi delittuosi riconducibili ad ambienti di estrema destra tra cui la strage di Bologna del 2 agosto, ottenendo il riconoscimento giuridico di collaboratore di giustizia".

Sulmona: detenuto offre midollo osseo, ma legge vieta donazioni

 

Il Tempo, 7 maggio 2005

 

Un gesto per la vita dal "carcere dei suicidi": un detenuto ergastolano di Sulmona ha scritto una lettera al sindaco di Rosarno nella quale chiede quale iter percorrere per donare il midollo osseo ad una ragazza residente nel centro calabro. Da dietro le sbarre di via Lamaccio non é trapelato alcun indizio al riguardo. Il medico della struttura non ne sa nulla e tra gli ospiti della Casa di reclusione nessuno ha confessato il nobile gesto di solidarietà.

"Del caso della ragazza di Rosarno se ne é parlato parecchio dentro il carcere dopo la diffusione della notizia - ammette il direttore Giacinto Siciliano - ma finora non ci é stato possibile capire chi sia stato l’autore di quella lettera, anche se sono in molti ad aver chiesto informazioni al riguardo e ad aver mostrato la volontà di donare". Una volontà che, tuttavia, sembra essere impedita da una legge assurda che vieta che il donatore provenga da una comunità chiusa, quale è appunto il carcere.

"I detenuti hanno dovuto spesso rinunciare alle donazioni - spiega il medico di via Lamaccio, Fabio Federico -; proprio ultimamente l’Avis ci ha risposto negativamente ad un’offerta di sangue. A memoria una sola volta siamo riusciti ad aggirare l’ostacolo - continua Federico - ma in quell’occasione si trattava di un padre che donava un rene al figlio ed era l’unico compatibile". A muovere il detenuto la voglia di riscatto: "Sono un fervente cattolico - ha scritto il detenuto al sindaco - anelo ad un posticino vicino a Dio nella vita eterna e a tal fine se potrò dare il midollo alla sua sfortunata concittadina, sarò io a ricevere e non viceversa". Una disponibilità mostrata anche dai detenuti degli Istituti di pena di Palmi e Tolmezzo, ma qui a Sulmona questo gesto per la vita assume un senso certo più profondo.

Enna: la storia di Vincenzo, dal carcere alla vita normale

 

La Sicilia, 7 maggio 2005

 

Una vera e propria opera di redenzione sociale quella avviata dal "Polo di eccellenza di promozione umana e della solidarietà" realizzato dalla Fondazione "Mons. Francesco Di Vincenzo" presieduta da Salvatore Martinez, e condivisa dal vescovo Michele Pennisi che ne è diventato presidente onorario. Ciò lo si coglie tra le righe di una lettera scritta da Vincenzo, un giovane detenuto della casa circondariale della città dei mosaici, attraverso la quale si colgono le ferite e le gioie della sua anima. "Nel novembre 2004 - scrive Vincenzo - grazie agli operatori di questo istituto, la direttrice Letizia Bellelli e la dott. Concetta Rampello, responsabile dell’area educativa, che hanno creduto in me e mi hanno dato la possibilità, insieme al magistrato di sorveglianza, Frisella Vella, esco la mattina alle 8 e vado a lavorare a Caltagirone al fondo rurale che fu dei fratelli Sturzo dove rimango fino a sera. Lì svolgo diversi lavori, insieme ad altre due persone che provengono dal carcere di Caltagirone, ci occupiamo della raccolta di ulivi, potiamo gli alberi e altro. Una volta la settimana facciamo catechismo e da qualche giorno abbiamo iniziato un corso di computer. Questo progetto è veramente ottimo per l’inserimento dei detenuti perché consente di lavorare e di stare a contatto con altre persone".

Vincenzo nella lettera racconta anche di avere avuto la possibilità di partecipare a un incontro a Rimini della durata di tre giorni promosso dal Rinnovamento nello Spirito, che lo ha profondamente colpito. "È stata un’esperienza stupenda - racconta Vincenzo - c’erano tanti giovani, dentro di me ho provato un’emozione forte vedendo quelle persone sorridenti e con gli occhi lucenti. Quest’esperienza non l’ho vissuta mai, ho capito quanto è importante pregare il Signore e cercarlo sempre, perché ci sta vicino e pure quando sbagliamo lui ci perdona e ci accoglie sempre a braccia aperte e nella vita ci sono cose importanti, la famiglia, i figli, perciò dobbiamo essere sempre felici e soddisfatti. Poi ho visto dei cantanti, chiamati ladri di carrozzelle perché erano disabili, mi facevano tenerezza però quando li ho visti cantare quelle canzoni bellissime con quei sorrisi e dai loro occhi notavo che non si sentivano tristi, ho capito che non bisogna abbattersi, ma si deve andare sempre avanti". "Siamo soddisfatti - spiega l’educatrice del carcere di Piazza Armerina, Concetta Rampello - per aver offerto al giovane Vincenzo stimoli positivi, poiché è giusto dare la possibilità a chi ha sbagliato di redimersi, infatti delinquenti non si nasce, ciò che importa è recepire di avere sbagliato e modificare la propria condotta di vita". Co.Ri.

Giustizia: niente sconti di pena per il reato di bancarotta

 

Gazzetta del Sud, 7 maggio 2005

 

Salta la riduzione delle pene per la bancarotta fraudolenta. Torna la linea dura che prevede il carcere non da 2 a 6 anni, ma da 3 a 10. È l’effetto dell’emendamento approvato dal Consiglio dei ministri al decreto sulla competitività che sarà lunedì all’esame della Camera, mentre il voto definitivo al Senato è previsto per mercoledì o, al massimo, giovedì. La modifica varata dal governo cancella la parte relativa al diritto penale contenuta nel provvedimento e costituisce una marcia indietro rispetto al testo approvato mercoledì al Senato con il voto di fiducia.

Una decisione che ha fatto esultare l’opposizione, che rivendica il merito di aver obbligato l’esecutivo a tornare sui suoi passi, e che ha accontentato la Lega, fin dal primo momento contraria a modificare l’attuale normativa. A dare l’annuncio, quando ancora era in corso il Consiglio dei ministri, è stato il ministro della Giustizia, il leghista Roberto Castelli. "È stata abrogata la parte relativa alla bancarotta, quindi la parte penale del diritto fallimentare che viene eliminata attraverso un opportuno emendamento", ha spiegato, sottolineando che così facendo viene "ripristinato il testo originario" presentato dal governo.

I tempi stretti per la conversione del decreto sulla competitività - che deve essere votato entro il 15 maggio - non sembrano preoccupare il governo. Il cammino, tuttavia, è a tappe forzate e, come previsto, l’esecutivo ha deciso di "blindarlo" ponendo la fiducia sul testo anche alla Camera, dopo averla richiesta in prima lettura al Senato. La correzione a Montecitorio, infatti, comporterà una terza lettura da parte dei senatori, con il rischio di sforare la data limite. Proprio per evitare ritardi, l’esame del provvedimento avverrà nel più breve tempo possibile. Già lunedì alle 13, ha spiegato il ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi, sarà presentato l’emendamento soppressivo delle nuove norme sulla bancarotta. In questo modo, ha aggiunto, la Camera si potrà esprimere sulla fiducia al testo senza la parte sul penale, consentendo il passaggio al Senato per il via libera definitivo prima della scadenza il 15 maggio. Il voto definitivo a Palazzo Madama, ha successivamente spiegato il presidente del Senato Marcello Pera, ci sarà "mercoledì o al massimo giovedì mattina". Intanto, il centrosinistra si dice soddisfatto e attacca l’esecutivo costretto ad "ingranare la retromarcia". "Abbiamo fermato un altro disastro di un governo allo sbando", afferma Giovanni Kessler, componente Ds della commissione Giustizia della Camera, secondo il quale ha vinto "la linea di chi, come noi, vuol coniugare più competitività con bilanci puliti". Bordate arrivano anche dalla Margherita, che con Giuseppe Fanfani rivendica la "vittoria" dell’opposizione: "Con la nostra ferma denuncia - dice - abbiamo sventato un danno enorme per i risparmiatori".

Per Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei valori, "bene ha fatto il governo a ripristinare le pene iniziali" correggendo una norma voluta dalla "lobby degli avvocati" presenti in entrambi gli schieramenti in Parlamento". L’evidente "marcia indietro" del governo, sottolinea invece il coordinatore dei Verdi Paolo Cento, "è il segno dell’improvvisazione" di questo esecutivo. Di tono opposto i commenti dalla maggioranza.

"Non so se ha vinto l’Unione, di certo ha perso l’avvocato Guido Calvi, senatore dei Ds e membro della commissione Giustizia", è stato il commento ironico di Castelli. Maurizio Gasparri, di An, parla invece di una decisione "positiva" da parte del governo, pur ammettendo che "sarebbe stata preferibile una maggiore attenzione durante l’iter parlamentare per evitare improduttive lungaggini e inutili polemiche". Apprezzamento è stato manifestato da Cirio Riviezzo, presidente dell’Associazione nazionale magistrati, che però giudica "insufficienti" le modifiche apportate e chiede che siano stralciate dal decreto sulla competitività tutte le norme in materia di giustizia.

Cremona: più di 20 giorni per ricevere le lettere dei famigliari

 

Provincia di Cremona, 7 maggio 2005

 

Nell’era della posta elettronica e degli sms, una lettera spedita con posta prioritaria dal carcere di Cremona impiega almeno 20 giorni per arrivare a destinazione. Venticinque detenuti della sezione B del penitenziario hanno deciso di lanciare un accorato appello a La Provincia, che arriva quotidianamente in via Cà del Ferro, perché, nel 2005, si dia un’accelerata al servizio postale lumaca del penitenziario.

Lo scorso 28 aprile i detenuti hanno preso carta e penna e hanno scritto la lettera (28 righe più le 25 firme) arrivata al giornale ieri, dopo nove giorni di viaggio, l’ottavo nel centro di smistamento di Borromeo, a Milano, come certifica il timbro sulla busta. Tre chilometri circa separano via Cà del Ferro dalla sede del giornale in via delle Industrie, dunque la lettera ha percorso trecento metri al giorno. Lo scandalo del disservizio postale in carcere dura da qualche mese. I detenuti hanno compiuto una indagine interna, hanno captato informazioni qua e là ed hanno così scoperto che la loro posta viene smaltita puntualmente dalla direzione penitenziaria e "che i ritardi sono da imputare all’organico sottodimensionato dell’Ufficio postale preposto a farsi carico delle nostre corrispondenze". Per chi vive nella frenetica società moderna, il problema si dribbla con le e-mail e i messaggini. Ma al di là delle sbarre, esiste un’altra realtà spesso emarginata, dove le difficoltà, anche quelle più piccole, hanno un peso più greve. In questi anni, i detenuti hanno fatto dure battaglie serie, come quella sull’assenza dell’educatore sociale. Un problema molto serio, certo, poi risolto. Ma anche l’attesa di una lettera di un familiare che non arriva mai allunga la sofferenza al di là delle sbarre. "È difficile spiegare quanto possa essere importante una lettera per chi non ha a disposizione che quella per ricevere ed inviare notizie ai propri familiari, i quali, a loro volta, aspettano un nostro scritto anche per venti giorni nonostante l’affrancatura prioritaria", scrivono i venticinque detenuti. Venticinque persone condannate alla "pena accessoria non comminata da alcun giudice e del tutto sbagliata". i detenuti hanno così preso carta e penna, perché "scrivere al giornale era la sola cosa che ci desse la speranza di vedere rispettato uno dei pochi diritti ‘sacri’ per chi è nella nostra situazione". La lettera è arrivata, dopo nove giorni.

Roma: garante regionale dei detenuti incontra prefetto

 

Comunicato stampa, 7 maggio 2005

 

Rafforzare i rapporti di collaborazione fra l’Ufficio del Garante regionale dei detenuti e la Prefettura di Roma su tutte quelle tematiche che possono, in qualche modo, interessare il miglioramento delle condizioni di vita dei reclusi nelle carceri del Lazio. È stato questo il senso del cordiale incontro che il Garante regionale dei diritti dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni ha avuto con il Prefetto di Roma, Achille Serra. L’incontro, chiesto dall’Ufficio del Garante dei detenuti, è servito anche ad illustrare al Prefetto Serra la portata ed i compiti assegnati dal Consiglio Regionale del Lazio all’Ufficio del Garante.

Il Garante, nel ribadire l’importanza del ruolo esercitato dalla prefettura e dall’U.T.G. (Ufficio Territoriale del Governo) come organo periferico dell’amministrazione statale, con competenze generali e funzioni di rappresentanza governativa, ha insistito sulla collaborazione istituzionale dei rispettivi uffici, nel cercare di risolvere i problemi che affliggono il mondo del carcere: il lavoro, la sanità, i ricongiungimenti familiari, i permessi di soggiorno per detenuti ed ex detenuti stranieri ecc. Inoltre, nell’ambito di tale spirito collaborativi, già peraltro sperimentato con le istituzioni penitenziarie, il Garante ha auspicato una gestione dei C.P.T. (Centri di Permanenza Territoriali), che veda presente il suo ufficio in quelle realtà con funzioni di supporto alle istituzioni già operanti, al fine di garantire, alle persone temporaneamente ospitate in quei siti, migliori condizioni di vita. L’Ufficio del Garante si è detto anche disponibile a segnalare tempestivamente i casi di urgenza.

 

 

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