Rassegna stampa 25 maggio

 

Il dovere della legalità e i diritti dei più deboli, di Sergio Segio

 

La Repubblica, 25 maggio 2005

 

Come si possa declinare la parola "legalità" è stato ben esposto da don Virginio Colmegna (su "La Repubblica" di ieri): stare dalla parte di chi ha bisogno. Nel rispetto delle esigenze di tutti e di quanto è protetto dalle norme, ma non dimenticando che chi è più debole è quello che necessita delle maggiori tutele. E che le migliaia di abitanti della nostrane favelas, ad esempio, non godono di molte garanzie.

La legalità che difende solo gli interessi più forti somiglia semmai al privilegio. Vi sono infatti leggi fondamentali, quali le Carte internazionali o la stessa Costituzione italiana che tutelano i diritti umani e sociali ma che vengono sempre ignorate dai cultori di quel rigorismo ed egoismo sociale che si maschera volentieri dietro una legalità astratta, trasformata così in un feticcio retorico anziché essere proposta e riconosciuta quale collante che garantisce la civile convivenza. Convivenza tra cittadini, quale che sia il loro status sociale. E qui ricorre un punto di ipocrisia che sarebbe utile sviscerare, quasi che chi è povero, o straniero, non abbia l’eguale diritto di vedere riconosciuta la propria sicurezza e dignità.

Gli immigrati che la notte scorsa hanno compiuto vandalismi per protestare contro le condizioni in cui sono costretti a vivere nel centro di via Corelli hanno certamente contravvenuto a leggi precise e ne subiranno giustamente le conseguenze. Ma altrettanto sicuro è che quanti sono rinchiusi in quel luogo, eufemisticamente definito di "permanenza temporanea", sono molto di sovente vittime di ben più gravi illegalità e ingiustizie. È questa la storia, tra le tante, di S.G., un trentenne di famiglia rom chiuso in via Corelli in attesa di espulsione, che riferisce di aver perso la mano sinistra per un incidente sul lavoro avvenuto mentre era impiegato come muratore in nero presso una ditta a Milano, dove vivono la moglie e i suoi due bambini. Sarà forse legale, ma è giusto e umano separare così una famiglia? È questa la considerazione che una comunità esprime nei confronti di chi lascia la salute e non di rado la vita nei nostri cantieri, per erigere le nostre case e le nostre Fiere, con un salario di 2 o 3 euro all’ora, taglieggiato dai caporali e perseguitato da una burocrazia a volte cieca e distratta? Come quella che ha portato in via Corelli J. Z., un marocchino che lavorava in Italia regolarmente da 8 anni, tanto da essere in procinto di acquistare la casa con un mutuo. Il 19 marzo si era recato presso la questura di Crema per ritirare il permesso di soggiorno ma il documento non era pronto; lo stesso era avvenuto il mese successivo, sino a che, il 21 aprile, il giovane veniva prelevato dalle forze dell’ordine e trasferito al centro di permanenza di Milano in quanto privo del permesso. Sono solo alcune delle vicende denunciate dai rari parlamentari che vogliono e riescono a entrare in via Corelli per verificarne le condizioni. Storie che dovrebbero, se non altro, indurre a immedesimarci, sia pure per un attimo, nel destino e nelle condizioni di coloro nei cui confronti spendiamo così facilmente la parola "legalità".

Di fronte alla facilità di giudizio, e di pontificazione, con cui a livello politico e di opinione comune si rischia di guardare al tema della legalità, talvolta un messaggio meno astratto arriva dagli stessi magistrati. Come nella sentenza con cui, il mese scorso, la terza sezione penale del tribunale di Milano ha mandato assolta una coppia di egiziani che aveva occupato abusivamente un alloggio popolare. Non rispondere ai bisogni (e diritti) primari e vitali di tanti cittadini più deboli può essere fatto ben più illegale e criticabile.

Cremona: gravissimo il detenuto ferito dal compagno di cella

 

Adnkronos, 25 maggio 2005

 

È ancora ricoverato in gravissime condizioni nel reparto di neurochirurgia, il 30 enne pavese detenuto nel carcere di Cremona e colpito più volte da una suo compagno di cella. L’esito dell’intervento chirurgico a cui è stato sottoposto ieri mattina, avrebbe dato gli esiti sperati, ma i sanitari non si sentono ancora di sciogliere la prognosi. Intanto all’interno del penitenziario di via Cà del Ferro, proseguono, a ritmo serrato, le indagini da parte dell’aliquota interna di polizia giudiziaria sulla dinamica del terribile ferimento. Secondo una prima ricostruzione, il compagno di cella del pavese, lo avrebbe colpito, per futili motivi, prima con una macchinetta del caffè e successivamente con uno sgabello che era nella cella. Colpi violenti e assestati tra il volto e il capo. Solo quando la vittima è caduta a terra prima di sensi, l’aggressore si è fermato. Quest’ultimo ha trascinato il corpo sul letto e lo ha coperto con un lenzuolo. Contemporaneamente fingeva di parlare con lui per allontanare i sospetti degli agenti della Penitenziaria. Ad accorgersi di quanto era accaduto è stato un secondino che ha visto sul pavimento della cella tracce di sangue. L’aggressore è indagato per tentato omicidio. Il pubblico ministero di turno ha disposto diverse perizie. Dal carcere cremonese nessuno commento sull’atto di violenza.

Busto Arsizio: polizia penitenziaria in presidio per tre giorni

 

Varese News, 25 maggio 2005

 

Si riaccende la vexata quaestio del carcere di Busto Arsizio, e specificamente della sua gestione da parte della direttrice Caterina Ciampoli. Questa volta sono gli stessi agenti di polizia penitenziaria a protestare contro la direttrice, una scena certo non comune negli istituti di pena nazionali. Da oggi e fino a venerdì 27 maggio gli agenti manterranno un presidio all’ingresso del carcere per manifestare la loro preoccupazione per le condizioni di vita e di lavoro all’interno del carcere di via per Cassano. "Siamo nel baratro più nero" dichiarano a una voce gli agenti. "La direttrice, da quando è tornata (dopo essere stata allontanato per incompatibilità ambientale e successivamente reintegrata dalla magistratura del lavoro, ndr), non solo non è cambiata, è peggiorata! Nei nostri confronti c’è un vero e proprio mobbing, non ci si fanno neppure svolgere i necessari corsi di aggiornamento. Le condizioni degli agenti sono pessime, il morale sotto i tacchi, non possiamo mai decidere nulla per nostro conto, viviamo nella paura della direttrice da una parte e di una possibile rivolta carceraria dall’altra".

I detenuti, ovviamente, stanno peggio: "I pentiti sono in sciopero della fame, perché la direttrice ha "blindato" improvvisamente e senza apparente motivo il loro reparto. La cosa è stata anche denunciata al magistrato di sorveglianza a Varese. Si tagliano e si negano i medicinali, i materiali, tutto: l’altro giorno ad un detenuto è stato negato il collirio, ed è solo un esempio fra i tanti. Inoltre si pongono ostacoli anche all’attuazione del piano socialità (le varie attività previste per il recupero e la formazione dei detenuti, ndr)". Il carcere di Busto rinchiude fra l’altro anche detenuti che avrebbero altrimenti diritto alla semilibertà, mancando l’apposita struttura per semiliberi che lavorano all’esterno del carcere per rientrarvi la sera. Gli agenti, organizzati dai sindacati di categoria, sembrano decisi ad andare fino in fondo. "Sono anni che si va avanti così. Ora vogliamo risposte concrete dal Ministero e dal Provveditore alle carceri, altrimenti continueremo la protesta ad oltranza".

Sanremo: l’eroina entra in carcere, un detenuto in coma

 

Secolo XIX, 25 maggio 2005

 

Non è una novità che nelle carceri italiane entri la droga. Lo è, invece, che un detenuto vada in overdose e che da cinque giorni lotti per non morire nel reparto di rianimazione dove i medici lo mantengono in coma farmacologico. In seguito al gravissimo episodio, la direzione si è subito attivata. Nel corso di una perquisizione, nella cella di un extracomunitario sono stati trovati 15 grammi di eroina con un elevato grado di purezza. La procura, subito informata, ha avviato un’inchiesta. Il direttore del carcere, Francesco Frontirrè: "Riteniamo di aver chiarito sia il modo attraverso il quale è entrato lo stupefacente, sia le circostanze che hanno portato all’assunzione di droga da parte del detenuto".

La vicenda risale alla fine della scorsa settimana ma soltanto ieri si è avuta conferma di tutti i dettagli e del fatto che il responsabile è stato identificato e denunciato per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti con l’aggravante di aver commesso il reato all’interno di un istituto di pena. Nel pomeriggio di venerdì M.B., 35 anni, di Sanremo, tossicomane, in carcere per reati contro il patrimonio, accusa un malore. Viene subito soccorso dal personale e trasportato in infermeria.

Col trascorrere dei minuti l’uomo perde conoscenza. Viene disposto il trasferimento all’ospedale. Gli esami clinici stabiliscono che si tratta di overdose. Le sue condizioni sono disperate. Dopo le terapie del caso, M.B. è affidato all’equipe di rianimazione. Si rende necessario il ricorso al coma farmacologico. La direzione del carcere viene informata della natura del problema. Frontirrè incarica la polizia penitenziaria di fare luce sulla vicenda e, soprattutto, di individuare il responsabile: lo spacciatore che ha ceduto a M.B. la dose di eroina. Scattano le perquisizioni e in una cella, pare la numero 14, nascosto sotto un sanitario viene rinvenuta una bustina con 15 grammi di eroina. I sospetti ricadono su uno degli occupanti della cella, un nordafricano arrestato il giorno precedente all’episodio.

"A suo carico ci sono fondati elementi di prova. Riteniamo che il detenuto extracomunitario - ha spiegato ieri il direttore Frontirrè - poco prima di essere fermato dalle forze dell’ordine perché trovato in possesso di qualche dose di stupefacente, abbia ingerito una capsula contenente altra eroina. Una volta rinchiuso in cella, avrebbe espulso il piccolo contenitore e poi occultato la droga. Successivamente avrebbe ceduto una o più dosi al detenuto italiano e questi, dopo l’assunzione dello stupefacente quasi puro, ha accusato gli effetti dell’overdose". Frontirrè ha fatto notare che "il caso è stato chiarito in meno di 48 ore" e che nessuno sarebbe stato in grado di sospettare e quindi accertare "la presenza di droga nello stomaco di una persona appena arrivata dall’esterno". La procura ha comunque aperto un’inchiesta.

Ascoli: assolti tre agenti, erano accusati di calunnia e falso

 

Il Messaggero, 25 maggio 2005

 

Tre agenti di custodia del carcere di Marino del Tronto sono stati assolti ieri dall’accusa di calunnia e falso ideologico. Secondo la procura avevano accusato falsamente un detenuto riferendo al direttore che quest’ultimo si era reso responsabile di oltraggio e resistenza. Difesi dall’avvocato Nazario Agostini, Elio Paoletti, Giuseppe Todisco e Salvatore Pezzella, sono stati assolti dal giudice Emilio Pocci "perché il fatto non sussiste". Il pubblico ministero Ettore Picardi aveva invece chiesto un anno e mezzo di reclusione per Paoletti e Todisco, l’assoluzione per Pezzella. I fatti risalgono al 5 settembre del ‘98 quando un detenuto avrebbe dato in escandescenze mentre veniva curato in infermeria. Nel loro rapporto Paoletti e Todisco scrissero che furono costretti ad intervenire per tutelare i sanitari e loro stessi dal detenuto. Il sostituto procuratore Monti archiviò però poi l’inchiesta a carico del detenuto e indagò invece i tre agenti per calunnia e falso ideologico. "Se davvero avessero picchiato il detenuto accusandolo poi falsamente, allora ci saremmo trovati ad Alcatraz" ha detto nell’arringa difensiva l’avvocato Agostini. "Hanno invece fatto il loro dovere in un ambiente di lavoro difficile". P. Erc.

Parma: all’ospedale civile scoppia il "caso detenuti"…

 

Gazzetta di Parma, 25 maggio 2005

 

Le mille firme che avevano promesso di raccogliere, adesso ci sono. E proprio adesso che al Maggiore il trasloco dal Cattani alla torre delle Medicine si è compiuto, gli infermieri contano un motivo di più per protestare: "Il personale della Clinica ortopedica è molto preoccupato" , annota Maurizio Frigeri della Cgil, l’unico sindacato che si è messo in prima linea, al loro fianco. Il motivo è la mini sezione creata per i detenuti di via Burla nel padiglione delle Ortopedie, attigua alla Clinica ortopedica. In pratica, un reparto degenze (prima del trasloco era al Braga): 5 posti letto più uno per le urgenze. Il problema? "Con la nuova organizzazione è stata individuata la Clinica ortopedica come sede adatta, ma non è stato fornito personale infermieristico adeguato per questa struttura". Frigeri fa notare che nessuno degli infermieri era stato informato della novità ("questa sera pare che arrivi il primo detenuto"), che la sezione, come vogliono i protocolli, è di fatto staccata dalla clinica ("e chi entra deve passare una sorta di check point, comprese le perquisizioni") , cosa che comporta problemi organizzativi e di sicurezza.

Usa: giustiziato detenuto che aveva chiesto di donare il fegato

 

Ansa, 25 maggio 2005

 

È stato giustiziato in Indiana il detenuto che aveva chiesto clemenza per poter donare una parte del suo fegato ad una sorella ammalata. Gregory Johnson, 40 anni, è stato dichiarato morto dopo che gli era stata fatta un’iniezione letale nell’Indiana State Prison. Johnson, in una dichiarazione letta dopo la sua morte, ha accusato le autorità di non aver capito il suo cambiamento in prigione e la sua capacità di compiere gesti umani, come la donazione di un organo.

Droghe: al Senato contrasti su pene per detenzione e spaccio

 

Ansa, 25 maggio 2005

 

È ripresa in Senato l’illustrazione degli emendamenti al disegno di legge 2953 di modifica al testo unico del 1990 su stupefacenti, prevenzione e cura degli stati di tossicodipendenza. Le Commissioni riunite Giustizia e Sanità di palazzo Madama hanno infatti iniziato, questa mattina, l’esame dell’articolo 49 che riguarda le sanzioni per chi detiene e chi spaccia droga. I gruppi di opposizione hanno presentato numerosi emendamenti affinchè venga circoscritta l’area della illiceità penale alle sole condotte dirette al commercio di stupefacenti e sostanze psicotrope escludendo, quindi, la punibilità del possesso a fini personali.

"C’è stato una sorta di richiesta di riflessione sugli emendamenti aggiuntivi all’articolo 49 - ha detto a margine della seduta il presidente della commissione Sanità Antonia Tomassini (Fi) - per una attenta valutazione sulle pene accessorie. Il Governo, rappresentato dal sottosegretario all’interno Michele Saponara e il relatore, Francesco Tirelli (Lega)non hanno mostrato chiusure alle proposte dell’opposizione".

Droghe: Cgil: con Fini-Mantovano rischio carcerazioni di massa

 

Ansa, 25 maggio 2005

 

Per evitare "un’incarcerazione di massa che non è solo fantapolitica" la Cgil mette nero su bianco le sue proposte alternative al disegno di legge Fini-Mantovano sulle droghe. Il sindacato, in un opuscolo curato in collaborazione con il "Forum droghe", denuncia "la svolta in senso punitivo sulle tossicodipendenze" che, a suo giudizio, An vuole dare con il progetto.

"Ci battiamo contro un’iniziativa che vuole equiparare il semplice consumo di sostanze illegali con la vendita e lo spaccio, prevedendo la detenzione anche per chi le utilizza", spiega Giuseppe Bortone, responsabile della politica per le tossicodipendenza della Cgil. Bortone dice "no" a quella "War on drugs" ("guerra alle droghe") che solo in America - ricorda - "ha portato due milioni di persone in carcere".

La Cigl si scaglia anche contro altri due punti del disegno Fini-Mantovano, l’equiparazione di tutte le sostanze illegali tra di loro, "con lo spostamento della canapa tra le droghe pesanti", e la possibilità, "data a qualunque operatore privato, di certificare le tossicodipendenze". Per Bortone in questo settore "il servizio pubblico deve farla sempre da padrone". "Non è inoltre giusto - conclude - che si obblighino i ragazzi ad andare in comunità. Noi proponiamo un ampio ventaglio di offerte terapeutiche, tra cui psicoterapia, metadone e le stesse comunità".

Giustizia: Berlinguer (Csm); lentezza processi è la vera priorità

 

Ansa, 25 maggio 2005

 

L’eccessiva durata dei processi è il male più grande che affligge la giustizia italiana e questa emergenza deve rappresentare il primo impegno di un programma di riforme. È stato questo il filo conduttore di un seminario sul tema "Tutela dei diritti e i tempi della giustizia" promosso dal Centro studi e iniziative per la riforma dello Stato.

"La questione dei tempi è il problema prioritario della giustizia e oltretutto può essere un tema di convergenza bipartisan - ha detto tirando le somme dell’incontro Luigi Berlinguer, consigliere del Csm e presidente della Rete europea dei Consigli di giustizia- Su un nodo di questo tipo, che interessa tutti i cittadini non ci si può dividere. E per affrontarlo non serve abbattere la Costituzione, né pensare a un unico intervento risolutore, perché non esiste la bacchetta magica".

Proprio l’indicazione degli interventi che da subito potrebbero incidere sulla lunghezza dei processi è stata al centro dell’incontro. Rivedere il sistema delle impugnazioni riducendo i casi di appellabilità delle sentenze e di ricorso in Cassazione; puntare sul diritto penale minimo e sull’introduzione di nuove cause di archiviazione per irrilevanza del fatto: queste alcune delle misure suggerite. E per quanto riguarda la magistratura, una "riscrittura dello statuto professionale che assicuri,sempre ad opera del Csm, rigorose e approfondite valutazioni periodiche delle capacità professionali".

Roma: mancano agenti, sit-in dei sindacati davanti al Dap

 

Ansa, 25 maggio 2005

 

In cinque dei più importanti istituti carcerari della regione Lazio, fra cui Rebibbia e Regina Coeli, mancano all’appello oltre settecento agenti di polizia penitenziaria. È partendo da questo dato, e dall’epidemia di varicella scoppiata nelle scorse settimane nel carcere femminile di Rebibbia, che alcune organizzazioni sindacali degli agenti di polizia penitenziaria, hanno organizzato stamattina una manifestazione davanti la sede del Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria.

La protesta è stata indetta da Cisl, Cgil e Uil penitenziari, Sapp, Osapp e Sialpe, che hanno chiesto le dimissioni dei vertici del Dap e del provveditore regionale. Secondo i dati diffusi dai sindacati, a Civitavecchia mancano cento agenti, a Rebibbia Nuovo Complesso 237, a Regina Coeli 121, a Viterbo 197. Un caso particolare è il carcere femminile di Rebibbia, dove gli agenti che mancano sono 62. "La carenza di personale - dice Luigi Alfieri, coordinatore romano della Cisl Fps penitenziario - impedisce fra l’altro l’apertura dei due reparti dedicati ai detenuti all’ospedale ‘Sandro Pertinì di Roma e al ‘Belcollè di Viterbo. I vertici del Dap sapevano da dieci giorni di questa protesta, eppure questa mattina hanno preferito non farsi trovare in sede".

"È ancora prassi dell’amministrazione centrale continuare a prelevare unità del corpo dagli istituti della regione e in particolare da quelli romani per servizi vari e compiti amministrativi", afferma, in una nota, il segretario regionale dell’Osapp Giuseppe Proietti Consalvi. Per il segretario provinciale del Sappe, Maurizio Somma "l’epidemia di varicella a Rebibbia è soltanto uno dei tantissimi problemi che affliggono il carcere romano".

Per ridurre le carenze di organico le organizzazioni sindacali hanno chiesto il rientro nelle sedi degli agenti distaccati al Gom, al Ministero della Giustizia e al Dap. I sindacati hanno ribadito che, in attesa di risposte, proseguirà lo stato di agitazione con proteste che potrebbero riguardare l’astensione dalla mensa di servizio. Per il 31 maggio è stato organizzato un sit-in a Montecitorio.

Immigrazione: Via Corelli, la rivolta nell’hotel dei disperati

 

Ansa, 25 maggio 2005

 

È scoppiata la rivolta nel centro di permanenza temporanea di via Corelli, ieri sera. Disordini, devastazione e fuoco che per fortuna si sono risolti senza feriti, a parte un immigrato ricoverato perché sostiene di aver ingoiato una lametta da barba. Ma sono almeno due mesi che via Corelli è una spina per il cuore di Milano, per le forze dell’ordine, per la politica, per la Croce Rossa che da sette anni gestisce questo posto tutto speciale. "Libertà, libertà, aiuto, aiuto", gridano con accenti diversi che vanno dal portoghese dei brasiliani all’arabo dei magrebini.

Voci di uomini, una trentina, ma i loro volti non sono distinguibili da dietro le sbarre delle finestre del padiglione C, un capannone in muratura diviso all’interno in stanze a quattro letti. Sono gli immigrati irregolari rimasti in via Corelli dopo i disordini di ieri sera quando qualche decina di loro è salito sul tetto di uno dei padiglioni, ha divelto e gettato nei cortili i rivestimenti di alluminio, ha dato fuoco al polistirolo che serve da isolante per il tetto. Una rivolta animata ieri sera da una trentina di extracomunitari in attesa di espulsione e domata in breve dall’intervento delle forze dell’ordine. Quattro algerini, due brasiliani, un palestinese, un iracheno, due romeni, un nigeriano, due marocchini, un tunisino, un egiziano, un libico, un turco, un cubano, uno slavo, un cingalese e un ecuadoriano sono stati trasferiti in carcere accusati di danneggiamento aggravato e di incendio doloso.

Gridano i compagni rimasti nel centro quando si accorgono che a venti metri da loro, al di fuori del cortile, ci sono giornalisti e telecamere. Adesso sono in 82, 37 uomini, 25 donne, 20 transessuali ad abitare tre dei cinque padiglioni rimasti efficienti: il primo, quello con la lettera A, era già in ristrutturazione, il secondo è quello gravemente danneggiato dai vandalismi di ieri sera. È via Corelli: a vederlo sembra un carcere, magari più moderno e funzionale di San Vittore, ma disperso nell’estrema periferia di Milano, nei campi sotto la tangenziale, con gli aerei che partono da Linate e lo sorvolano basso. Ma qui ci sono dei detenuti che vengono chiamati ospiti stranieri, che hanno a disposizione i loro indumenti, il loro immancabile telefono cellulare.

E poi, al contrario dei carcerati, questi uomini e queste donne sono di passaggio (una rotazione di ospiti in questo albergo di disperati che al massimo può durare 60 giorni, in media è di 20) ed è proprio questo il loro dramma. Fuori di qui ci andranno solo per essere espulsi dall’Italia. E non hanno probabilmente più speranze di rientrarci neanche in futuro i ventuno processati per direttissima per gli incidenti di ieri. Non strumentalizzare la disperazione di poveri immigrati per condurre battaglie politiche e ideologiche, raccomanda il Prefetto di Milano, Bruno Ferrante, secondo il quale quanto accaduto ieri sera, e ancora in altre occasioni in questi ultimi mesi nel centro di via Corelli, sarebbe frutto di lotta politica, funzionale cioè alla richiesta di un cambiamento della legislazione sull’immigrazione.

Un dibattito ovviamente lecito, sottolinea il Prefetto di Milano, ma che non deve alimentare false speranze in persone "disperate". "Quello di ieri sera è stato l’ultimo episodio di diversi fatti accaduti in via Corelli dall’inizio del mese di aprile - dice il Prefetto che ha ricevuto i giornalisti dopo averli fatti accompagnare in una visita al Cpt. Sono episodi che ci preoccupano e che creano uno stato di tensione e di conflittualità all’interno del centro". C’è stato anche uno sciopero della fame in via Corelli che per il consigliere regionale del Prc Luciano Muhlbauer rappresenta "una situazione incivile e insostenibile che provoca fisiologicamente protesta e rivolta".

Con l’aggravante - aggiunge l’esponente dell’opposizione in regione - che due mesi di proteste non hanno trovato né disponibilità di dialogo, né riflessione. Prima che accada l’irreparabile deve entrare in campo la politica". "Tutte queste manifestazioni di protesta - afferma ancora da parte sua il Prefetto Ferrante - non sono motivate da fatti specifici e contingenti relative alla gestione del centro o a un suo cattivo funzionamento. Non sono, per esempio, legate alla violazione della dignità umana. Si tratta quindi di una battaglia contro i centri di permanenza. Una contestazione di tipo ideologico e di tipo politico, una battaglia contro le scelte del legislatore".

È un ambito che, ovviamente, non compete al Commissario di governo. "Quello che voglio dire - sottolinea Ferrante - è che non bisogna alimentare le illusioni delle persone che sono dentro il centro, far loro credere che, attraverso queste manifestazioni, possano poi ottenere la libertà di uscirne e muoversi liberamente sul territorio nazionale. È una illusione che non bisogna creare negli animi di queste persone che sono persone disperate".

Catanzaro: convenzione carcere-Provincia, venerdì firma ufficiale

 

Quotidiano di Calabria, 25 maggio 2005

 

Venerdì sarà sottoscritta la convenzione tra la Direzione della casa circondariale di Catanzaro, la Provincia e la cooperativa Araba Fenice per la realizzazione di un progetto lavorativo della durata di sei mesi che vede impegnati alcuni detenuti dell’ istituto penitenziario del capoluogo.

"Questa iniziativa - è scritto in un comunicato - concretizza i contenuti del Protocollo di intesa stipulato tra il Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria e l’ Amministrazione provinciale, che ha come finalità l’inserimento di soggetti detenuti o in misura alternativa alla detenzione in attività di formazione professionale e lavorativa all’interno degli istituti e in aziende del territorio". Saranno presenti il presidente della Provincia Traversa; il provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria, Quattrone, e il direttore del carcere, Mellace.

Catania: detenuti in scena con "La patente" di Pirandello

 

La Sicilia, 25 maggio 2005

 

"Carcere e società civile". È questo il tema di un incontro che si svolgerà venerdì alle 9,30, al Teatro Ambasciatori, e a cui seguirà una rappresentazione teatrale messa in scena dai detenuti della Casa circondariale di Augusta. L’iniziativa, proposta dalla Società Cooperativa sociale Eco-Tourist e portata avanti grazie al sostegno della provincia regionale di Catania, dell’assessorato regionale ai Beni Culturali e del Teatro Stabile di Catania, è rivolta agli studenti delle scuole medie superiori del Catanese, da parte delle quali sono già state raccolte circa 750 adesioni. La proposta, che si inserisce nell’ambito dei progetti sulla legalità, vuole sensibilizzare soprattutto i più giovani alle problematiche della realtà carceraria ed essere testimonianza delle risorse creative che nascono al suo interno. L’incontro prevede una tavola rotonda sul tema "Carcere e società civile: percorsi di comunicazione, di espressione e di relazione", cui prenderanno parte il presidente della Provincia Raffaele Lombardo, l’assessore regionale ai Beni Culturali Alessandro Pagano, l’assessore provinciale Salvo Panebianco; relatori il direttore della Casa di reclusione di Augusta Antonio Gelardi, il professor Santo Fabiano dell’Università "La Sapienza" di Roma, moderatrice Lucia Di Mauro, presidente della Società Cooperativa sociale Eco-Tourist.

Dopo la tavola rotonda, i detenuti del gruppo teatrale dell’istituto della casa circondariale di Augusta presenteranno lo spettacolo teatrale "La patente" di Luigi Pirandello. Si tratta di una tappa che vuole arricchire il periodo di detenzione penitenziaria, diventando al tempo stesso percorso di riabilitazione e di formazione.

Napoli: convegno sull’esecuzione penale esterna in Campania

 

Comunicato stampa, 25 maggio 2005

 

Giovedì 9 giugno 2005, dalle ore 9.00 alle ore 14.00, a Napoli, presso la Sala Gemito - Piazza Museo - Galleria Principe di Napoli - Porticato n. 9, si terrà il convegno: "L’esecuzione penale esterna in Campania. Le Istituzioni si confrontano", organizzato dall’Ufficio dell’Esecuzione Penale Esterna presso il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria della Campania.

Il convegno, nel quale sono previsti interventi dell’Amministrazione Penitenziaria, della Magistratura di Sorveglianza, delle Forze dell’Ordine e degli Enti Locali, è incentrato sulle misure alternative alla detenzione, le quali, caratterizzate dalla permanenza sul territorio delle persone ad esse sottoposte, richiedono particolare attenzione, in quanto complesse nella gestione.

Una riflessione comune con le altre istituzioni impegnate a vario titolo sul tema in trattazione, risulta attuale e non più rinviabile, alla luce delle ultime vicende di cronaca e della rilevanza assunta dal fenomeno negli ultimi anni.

Cinema: la banda della Magliana raccontata dai detenuti

 

Adnkronos, 25 maggio 2005

 

Un film sperimentale, costato appena 500 mila euro, girato interamente nel carcere romano di Rebibbia e interpretato da attori professionisti e detenuti. È "Fatti della banda della Magliana", opera seconda diretta dal regista Daniele Costantini e ispirata allo spettacolo teatrale "Chiacchiere e sangue", da lui scritto e diretto. Prodotto dalla Goodtime Enterprise e dall’Istituto Luce (che lo distribuisce nelle sale dal 27 maggio in 15 copie), la pellicola ricostruisce la "straordinaria" vicenda della famigerata organizzazione criminale che tra il 1977, anno della sua costituzione, e i primi anni ‘90 dominò sulla città di Roma, attraverso il traffico di stupefacenti e la connivenza con mafia, politica, terrorismo nero, massoneria e servizi segreti deviati. Una pagina di storia che ha ispirato anche il giudice Giancarlo Di Cataldo per il suo "Romanzo criminale" e ora riscoperta dal cinema, con Michele Placido che ha appena terminato le riprese del suo nuovo film, ispirato proprio al libro di De Cataldo, e Daniele Costantini.

Catania: polizia penitenziaria nel baratro, manifestazione 25 giugno

 

La Sicilia, 25 maggio 2005

 

La Uilpa polizia penitenziaria ha annunciato per il 4 giugno l’avvio dello stato d’agitazione, deciso per far conoscere i problemi del mondo della polizia penitenziaria a partire dalla carenza di organici. La protesta coinvolge tutte le strutture carcerario della Sicilia e prenderà corpo in diverse giornate con l’allestimento di gazebo in ogni prefettura, dove verranno raccolte le firme dei cittadini per aprire un’indagine parlamentare che accerti le condizioni di lavoro del personale. A Catania la manifestazione si terrà il 25 giugno (anche a Trapani). La maggior crisi per la carenza degli organici a Catania si registra - secondo il sindacato - sia a Piazza Lanza che a Bicocca.

Tra le altre questioni la mancanza di fondi nel capitolo delle missioni che costringe i lavoratori ad anticipare le spese di tasca propria; le strutture ed i mezzi fatiscenti causati dalla carenza di fondi nei capitoli di bilancio per la ristrutturazione delle carceri; le scadenti relazioni sindacali, con palese violazione del contratto di lavoro, dell’accordo quadro nazionale del protocollo d’intesa regionale.

"Per tutte queste questioni - denuncia la Uilpa, tramite il suo segretario regionale coordinatore Francesco Barresi - il ministro Castelli, il capo del Dap Tinebra, non hanno mai voluto aprire un tavolo di confronto, lasciando nel baratro totale un intero corpo dello Stato che vigila con estremo disagio e sacrifico per la sicurezza pubblica". Ancora. Il problema del servizio tradizioni in tutto il territorio è garantito sottraendo giornalmente personale dagli istituti già ampiamente sotto organico. L’Amministrazione a fronte di queste emergenze ci chiede pure di aprire la scuola di polizia penitenziaria a Catania. Ma prelevando energie da dove? C’è bisogno di fatti drammatici per prendere provvedimenti?".

Milano: consiglieri chiedono libertà di accesso a Cpt Via Corelli

 

Redattore Sociale, 25 maggio 2005

 

Libertà di accesso al Cpt di via Corelli. La chiedono i consiglieri regionali Luciano Muhlbauer (Rifondazione comunista) e Carlo Monguzzi (Verdi), all’indomani dell’arresto di 21 persone detenute nel Centro dopo la rivolta violenta di due notti fa (vedi lancio del 24 maggio 2005). "Visto che con questa maggioranza non possiamo ottenerne la chiusura, chiediamo almeno che sia possibile accedere liberamente al Centro di via Corelli, da parte di uomini politici, giornalisti e associazioni di volontariato". I due consiglieri, in particolare, denunciano la negazione del diritto all’informazione dei cittadini e chiedono che venga emanato un regolamento per i Cpt, rivolgendo una lettera aperta al ministro degli Interni, Giuseppe Pisanu.

"Da due mesi in via Corelli ci sono proteste, scioperi della fame e rivolte, non senza atti di autolesionismo - dice Muhlbauer. Abbiamo chiesto di poter portare con noi collaboratori e rappresentanti della stampa: ogni volta la Prefettura ha negato l’accesso". Ora, ci riprovano direttamente con il ministro degli Interni: "Siamo convinti che se i cosiddetti "ospiti" del centro potessero comunicare con l’esterno, si potrebbe evitare che le situazioni precipitino - dice Muhlbauer. Per dare una risposta immediata chiediamo che il ministro Pisanu faccia un regolamento dei Cpt, che stabilisca l’accesso ai consiglieri regionali, ai deputati e agli organi di stampa". Quindi, i permessi concessi finora dal Prefetto di Milano, Bruno Ferrante, non bastano più: "Un conto è la disponibilità di un Prefetto intelligente, altro è ottenere un diritto - dice Carlo Monguzzi: in questa fase ci aspettiamo che vengano fissate delle regole".

I consiglieri regionali attaccano anche l’intero impianto legislativo in cui sono nati i Cpt: "Strutture come queste sono ai limiti della legge - dice Muhlbauer, non c’è più la certezza del diritto. I cittadini italiani o comunitari possono essere privati della libertà personale per non più di tre giorni, poi possono essere trattenuti solo con un intervento della magistratura ordinaria. Un cittadino extracomunitario, invece, può essere detenuto per 60 giorni all’interno dei Cpt, per poi magari uscire, essere preso di nuovo e riportato nel Cpt di un’altra città per altri 60 giorni, come già capitato".

Giustizia: Radicali; riforma non prescinda da atto di clemenza

 

Agenzia Radicale, 25 maggio 2005

 

Dichiarazione di Irene Testa, segretario dell’Associazione Radicale "il Detenuto Ignoto", membro della giunta nazionale di Radicali Italiani: "La minaccia agitata dal sottosegretario alla Giustizia, l’on. Luigi Vitali, di una rapida approvazione del decreto salva-Previti, costituisce una ennesima, tremenda spada di Damocle sul capo della già bistrattata situazione delle carceri in Italia.

Le norme contenute nel ddl ex-Cirielli che si riferiscono agli aumenti di pena e all’esclusione da ogni beneficio di trattamento per i recidivi, costituenti l’80% della popolazione detenuta, porteranno in breve tempo a un aumento di più del 30% delle presenze in carcere. Questo a fronte di una situazione attuale di oltre 16.000 cittadini detenuti di troppo rispetto alla capienza penitenziaria legale. Approvare il decreto ex-Cirielli, con queste norme, vorrebbe dire condannare la detenzione a condizioni simili a quelle dei lager, oltre che condannare la giustizia penale intera a persistere e a rafforzarsi nei suoi caratteri di illegalità, ineguaglianza e classismo.

Data la premessa, che non dovrebbe lasciare indifferenti, almeno, tutti coloro che poco tempo fa proclamavano il loro impegno per una rapida discussione e approvazione di un provvedimento di amnistia, ci si augura che questi, ma anche tutti gli altri componenti della Commissione Giustizia tengano in dovuta considerazione l’insostenibilità della situazione maturata e la sua eventuale ignobile deriva, e si adoperino in primo luogo per un atto di clemenza, condizione che appare prioritariamente necessaria perché si possa ragionare di qualsiasi riforma della Giustizia".

 

 

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