Rassegna stampa 24 maggio

 

"Carceri modello Malaysia", di Andrea Boraschi e Luigi Manconi

 

A Buon Diritto, 24 maggio 2005

 

Per una volta, che sia "promemoria per la destra", a partire da una interessante notizia di pochi giorni fa. Un lancio dell’Ansa del 12 maggio ci informa di come in Malaysia - in Malaysia! - il governo - quel governo! - stia finalmente prendendo sul serio il problema dell’affollamento delle carceri. Il ministro dell’Interno, Noh Omar, ha dichiarato alle agenzie di stampa che sono allo studio misure alternative alla detenzione, al fine di contenere la crescita esponenziale del numero dei detenuti. Viene subito da pensare all’Italia, alla situazione dei nostri istituti di pena, alle morti per suicidio consumatesi in questi mesi, in strutture dove il numero dei reclusi eccede (spesso, in misura rilevantissima) la capienza massima prevista. Certo, ci si potrebbe accusare di riprodurre un vecchio vizio del giornalismo nazionale: quello di proporre notizie del genere esclusivamente in chiave "comparativo - autodenigratoria".

Insomma, il senso del ragionamento sarebbe inequivocabile: "persino il governo della Malaysia prende provvedimenti contro l’affollamento delle carceri, mentre quello italiano...". E in quel "persino", inutile negarlo, si annida una retorica intesa a misurare lo scandalo della nostra arretratezza solo sul metro di una comparazione con le politiche di un paese del terzo mondo. Nello stesso modo, d’altro canto, vengono presentati altri dati: ad esempio, quelli di Transparency, un’agenzia che misura ogni anno il grado di percezione della corruzione, stato per stato, e che ci ricorda come, negli ultimi tempi, l’Italia risulta sopravanzata da paesi quali Botswana e Namibia.

Ebbene, almeno in questo caso, la nostra non è una manifestazione di disfattismo anti-italiano: il "modello malaysiano", infatti, risulta - se appena appena lo si approfondisce - non esattamente il più desiderabile. Anche se... detta in soldoni, si tratta - secondo il ministro dell’Interno di quel paese - di aumentare le pene come la flagellazione e diminuire il ricorso alla detenzione. Facile, lineare, risolutivo. Si rispetta il principio della sanzione, quello della dissuasione (capperi, le scudisciate fanno male!) e si evita di stipare altri cittadini in strutture fatiscenti e affollate.

Certo, c’è il rischio che un rapporto di Amnesty International denunci la violazione dei diritti umani: ma avete mai provato a chiedere a un detenuto se preferisca qualche frustata sul groppone o più anni di galera? Si può eccepire, ovviamente, che le pene corporali costituiscano un sistema barbaro, che sembra escludere qualunque finalità "rieducativa" e qualunque funzione "retributiva": ma è davvero opportuno ricorrere a ragionamenti tanto complessi e, diciamocelo, inconcludenti, dinanzi all’urgenza di un problema concreto, che diventa, giorno dopo giorno, più drammatico?

Le carceri sono sovraffollate, questo è incontestabile, e il governo italiano non sa che pesci prendere, incapace com’è di utilizzare i mezzi a disposizione e di elaborarne di nuovi. Dunque, non è proprio il caso di fare gli schizzinosi. Prendiamo le misure alternative, così come le abbiamo conosciute sin qui in Italia: affidamento, semilibertà, detenzione domiciliare, libertà vigilata, sanzioni sostitutive. Su oltre 50.000 persone che attualmente si trovano in quella condizione, appena lo 0.21% - ricordiamo noi - commette reati che determinano la revoca di quei benefici: una percentuale insignificante, ma se l’intera questione carceraria viene ridotta al "caso Izzo", e intorno a esso si mobilitano sentimenti ostili e domande politiche, umori cupi e campagne d’ordine, beh, allora, è fatale che il "modello Malaysia" appaia una soluzione. E potrebbe apparire ancora più risolutivo il "modello - impiccaggione": si risparmierebbero, oltre tutto, le spese del vitto.

Last but not least: è di due giorni fa l’allarme del ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, secondo il quale, nelle nostre città, il 50% dei reati è commesso da "immigrati clandestini". (Le cose stanno diversamente, diciamo ancora noi: una parte degli stranieri "delinquono" con maggior frequenza degli italiani non solo per evidenti ragioni economiche, sociali e ambientali, ma perché poco o nulla tutelati e perché scontano difficoltà linguistiche e di comunicazione, scarsa conoscenza del sistema giuridico e, soprattutto, minori o inesistenti garanzie di difesa. Basti pensare al ricorso alla custodia cautelare: tra gli stranieri, il 60% è composto da detenuti in attesa di giudizio, mentre tra gli italiani il dato scende al di sotto del 40%.

E si registrano notevoli disparità anche nei dati relativi a denunce e condanne: la percentuale di stranieri sul totale delle popolazione detenuta è, infatti, molto più elevata di quella degli stranieri che subiscono una condanna. Infine, a parità di imputazione o di condanna, la permanenza in carcere degli stranieri è mediamente assai più lunga di quella degli italiani, sia in fase di custodia cautelare che dopo la sentenza). Bene, il "modello Malaysia" potrebbe adattarsi benissimo a quegli immigrati che, evidentemente, non sembrano scoraggiati dalla prospettiva di un lungo periodo di reclusione nelle nostre galere. Ettecredo: se è vero che le carceri italiane sono "hotel a quattro stelle" (Roberto Castelli, ministro della Giustizia), è ben comprensibile che si preferisca un pasto da gourmet e un letto confortevole ai disagi di una vita sui marciapiedi di una stazione ferroviaria. E si può addirittura immaginare che gli stranieri possano comprendere molto meglio un tale tipo di sanzioni, che fanno parte del costume e, come dire?, del "clima penale" dei loro paesi d’origine, più del peloso garantismo in cui si sbrodola la nostra cultura giuridica.

Certo, è possibile che una parte dell’opinione pubblica italiana si dimostri contraria a soluzioni di questo genere; ma non è mica necessario ricorrere alla flagellazione in senso letterale: e addirittura chiamarla col proprio nome. "Flagellazione" ha qualcosa di truculento e medievale, che può disturbare. Meglio utilizzare formule come: "sanzioni fisiche alternative", "pratiche corporali dissuasive", "prassi penali dirette". Sono tutte espressioni che richiamano, a ben vedere, quel sacrosanto "ceffone", che la cultura giuridica anglosassone riteneva - fino a qualche anno fa - prerogativa della buona pedagogia familiare ed espressione di sollecitudine genitoriale. Dunque, ci vuole poco: un po' di creatività letteraria nella classificazione delle sanzioni e, poi, braccia ben salde e ben robuste da destinare alla bisogna: perché, a flagellare, non sono buoni tutti. Insomma, per capirci, non è esattamente uno sport per signorine.

Genova: trenta agenti penitenziari restano senza alloggio

 

Secolo XIX, 24 maggio 2005

 

Trenta agenti della polizia penitenziaria in servizio a Genova rischiano di trovarsi senza abitazione nel giro di poche settimane. Entro giugno, infatti, non potranno pi? essere ospitati nella caserma della polizia di stato a Begato, e per loro difficilmente si apriranno le porte di quella interna al carcere di Marassi, già abbastanza sovraffollata. La vicenda - precisa il direttore delle Case Rosse, Salvatore Mazzeo - abbastanza delicata. Nel senso che, buona parte degli uomini che potrebbero perdere l’alloggio, vivono lontano da Genova. Purtroppo eravamo già in una situazione provvisoria e dobbiamo ringraziare la polizia, che per molto tempo ci ha permesso di sopperire alle difficoltà.

I problemi di Marassi sono abbastanza noti: la struttura a disposizione delle forze dell’ordine può contenere 90 persone, mentre già adesso ne sono presenti 130. E quella nuova - visibile anche dall’esterno - non sarà pronta prima del febbraio 2006. Ci stiamo attivando - conclude Mazzeo - per trovare una sistemazione alternativa, comunque all’esterno del penitenziario. Sul caso è stata presentata un’interrogazione urgente dal consigliere comunale di An Aldo Praticò.

Rimini: chiesta grazia per poliziotto che uccise a posto di blocco

 

Ansa, 24 maggio 2005

 

Una domanda di grazia al presidente della Repubblica Ciampi, sostenuta già da oltre 13.000 firme, per Ivan Liggi, l’agente della Polstrada di Rimini che dall’anno scorso sta scontando una condanna per omicidio volontario a nove anni e cinque mesi per aver ucciso un automobilista di 32 anni che aveva saltato un posto di blocco: la richiesta è stata presentata dal papà dell’agente, all’epoca (1997) 25enne, al carcere di Forlì dove è detenuto.

In mattinata Natale Liggi, il padre, è stato in Piazza Maggiore a Bologna insieme all’associazione di volontariato Andromeda per fare volantinaggio fra i cittadini, per annunciare i banchetti che dalla prossima settimana l’associazione metterà nelle piazze del capoluogo emiliano in cui chiederanno anche contributi economici (c/c 119502 del Credito Cooperativo). L’obiettivo è quello di continuare la raccolta delle firme e di informare la gente sull’episodio. Ivan Liggi, il 24 febbraio 1997, in servizio di pattuglia sulla statale Adriatica, intimò l’alt a un automobilista, che saltò il posto di blocco e costrinse i poliziotti a un lungo inseguimento nel centro di Rimini: dopo essere stato investito, Liggi esplose un colpo che uccise il 32enne guidatore.

Un tragico incidente secondo la versione del poliziotto, un omicidio volontario per la Corte d’Appello di Bologna che, con in mezzo un annullamento della Cassazione, ribaltò la sentenza del tribunale di Rimini che aveva condannato il poliziotto a quattro anni per omicidio colposo: l’ultima sentenza condanna l’agente a nove anni e cinque mesi per omicidio volontario. Poco dopo la Corte dei Conti ha condannato ulteriormente Liggi a risarcire il Ministero dell’Interno di 130 mila euro, la somma pagata ai parenti della vittima. Nella domanda di grazia presentata dal papà c’è anche la lettera di Ivelise Pascale, la sorella della vittima che ha perdonato il poliziotto chiedendo la grazia a Ciampi: "In carcere - ha scritto - la vita di Ivan si spegnerebbe".

In favore della grazia, con lettere a Ciampi, si sono espresse anche la vedova di un poliziotto ucciso nel ‘77, e medaglia d’oro al valore, e la mamma dell’agente della polstrada Stefano Biondi, investito e ucciso sull’A14 durante un inseguimento l’anno scorso. Si è mobilitato anche il comune di Cervia con un ordine del giorno all’unanimità per la richiesta di grazia. Fra gli altri la richiesta è sostenuta anche dall’on. Filippo Ascierto, responsabile dipartimento sicurezza di An: "Ci sono pentiti e terroristi agli arresti domiciliari o in libertà - ha detto - e mi sembra assurdo considerare omicidio volontario l’incidente sul lavoro di un poliziotto, anche se capisco la tragedia. Chiediamo la grazia, perché è l’unica cosa che ci rimane, dopo un processo nel quale c’è stato un errore".

Roma: Botero, 50 opere inedite ispirate alle torture Usa

 

Ansa, 24 maggio 2005

 

Con una serie di opere inedite e ispirate alle torture del carcere iracheno di Abu Ghraib, Fernando Botero torna a Roma a 15 anni dalla grande mostra del Palazzo delle Esposizioni. Questa volta sarà Palazzo Venezia ad ospitare l’importante esposizione, in prima mondiale, che si svolgerà dal 16 giugno al 25 settembre. Organizzata dal Polo museale romano e dalle Gallerie Contini di Venezia e Benucci di Roma, la rassegna potrà contare su 170 opere del celebre artista colombiano, realizzate dagli anni novanta in poi e mai esposte in Italia.

Dipinti, disegni e sculture che raccontano gli esiti più recenti della poetica di Botero, tra i protagonisti assoluti dell’arte mondiale per aver saputo sviluppare un linguaggio autonomo, un mix di tradizione latino-americana e pittura europea di impatto straordinario. La mostra romana è molto attesa, in quanto è stata scelta dall’artista per presentare per la prima volta al mondo il ciclo di opere realizzate quest’anno e scaturite dall’indignazione dell’artista per gli orrori della prigione di Abu Ghraib. Si tratta di 50 grandi tele, che mostrano prigionieri legati, imbavagliati o mentre vengono bastonati, il modo personale usato da Botero per denunciare i diritti umani brutalmente violati in Iraq. E del resto il suo stile così originale, con i volumi e i grandi campi di colore che rendono prototipi i suoi protagonisti, è capace di ricreare la distaccata dignità della pittura classica e riesce a dare una lettura contemporanea anche al dolore e alla vergogna.

"Non mi aspettavo che un paese civilizzato come gli Stati Uniti arrivasse a ricorrere alle torture", ha dichiarato, (presentando a Bogotà l’iniziativa romana) l’artista che ha detto di essersi ispirato ("spinto dall’indignazione") agli articoli del ‘New Yorker’ dedicati alla terribile vicenda. "La grande fortuna di noi pittori è quella di avere la capacità di poter vedere al di là delle fotografie" ha aggiunto Botero, che ha rivendicato il ruolo dell’arte come memoria storica dell’umanità. Senza Picasso, secondo l’artista colombiano, nessuno si sarebbe ricordato di Guernica. Botero non è nuovo a prese di posizioni contro la violenza e l’abuso. È stato infatti attento osservatore delle drammatiche vicende che hanno insanguinato la Colombia negli anni ‘90 e una delle sue statue è stata distrutta in un attentato nel centro di Bogotà. La serie ispirata alle torture del carcere iracheno risponde soprattutto al desiderio di denuncia dell’artista e i 50 dipinti dedicati a questo tema, ha annunciato, non saranno messi in vendita, bensì esposti nei maggiori musei del mondo. Per quanto riguarda le restanti 120 opere che saranno allestite nelle sale di Palazzo Venezia, esse toccano i temi più cari a Botero: le donne, i ritratti, i paesaggi, ormai celeberrimi, sintesi di ironia, tenerezza e lucidità.

Palermo: Osapp; responsabilità esterne a polizia penitenziaria

 

Ansa, 24 maggio 2005

 

"È indubbio che adesso si voglia, anche per volontà politica, individuare, ancora una volta nella Polizia Penitenziaria il capro espiatorio da sacrificare per errori o difetti di comunicazione tra Autorità e Corpi separati dello Stato". Lo afferma Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp (organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria), in seguito al filmato diffuso dalla Procura di Palermo in cui si vedono i detenuti del carcere di Pagliarelli che durante i colloqui si scambiavano messaggi. Il segretario sostiene che vi sono "responsabilità esterne" alla polizia penitenziaria, e annuncia proteste.

"Qualora - dice Beneduci - come già affermato, si vogliano, comunque attribuire, mediante provvedimenti disciplinari esemplari, al personale di polizia penitenziaria di Palermo - Pagliarelli che riceve ed esegue ordini, le cause di una disfunzione non allo stesso attribuibile, porrà in essere ogni opportuna e tangibile iniziativa di protesta nella regione interessata ed in ambito nazionale". "Se potevano sussistere difficoltà nella visione per l’addetto al controllo - afferma Beneduci riferendosi alla telecamera collocata su disposizione della procura - e collocato ad altezza d’uomo, non vi potevano essere dubbi che le riprese dall’alto avrebbero rivelato ogni particolare.

Invece, nulla sarebbe stato comunicato nell’immediatezza, come se dalla visione dei filmati non fosse emerso alcunché, ovvero ed anche, come se tale situazione fosse di una qualche utilità al prosieguo delle indagini, salvo poi, dopo le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, attribuire responsabilità allo stesso personale, per mancanza di attenzione". Il segretario generale dell’Osapp punta il dito sull’ordinamento giudiziario e afferma: "Se infatti, per i detenuti definiti ad alta sicurezza e non sottoposti al particolare regime dell’articolo 41 bis, non è impedito il contatto diretto e lo scambio di effusioni con i familiari, in luoghi che non devono essere dotati di divisori, mentre le condizioni dei locali adibiti ai colloqui a Pagliarelli possono essere considerate sin troppo restrittive rispetto a quanto l’ordinamento penitenziario stabilisce".

Usa: secondo psicologo texano ogni uomo ha istinto omicida

 

Ansa, 24 maggio 2005

 

Siamo tutti assassini nati: secondo uno psicologo del Texas la mente dell’uomo è cablata per uccidere. La teoria di David Buss, un luminare della psicologia evolutiva all’Università del Texas a Austin, ha suscitato negli Usa furiose polemiche: in "The Murderer Next Door" (L’assassino della porta accanto) Buss sostiene che la maggior parte degli esseri umani hanno nel Dna l’istinto dell’omicidio ma che questo istinto è oggi tenuto in sonno dalle convenzioni sociali. Scrivendo oggi sul Los Angeles Times, Buss ha raccontato che il suo interesse per l’istinto omicida è nato vedendo il suo migliore amico, anche lui insigne professore universitario, perdere totalmente il controllo arrivando quasi a uccidere la moglie.

"Mi ha fatto pensare: come è possibile che una persona normale si trasformi in un killer?". Sette anni di ricerche più tardi, la stupefacente conclusione: "Il 91 per cento degli uomini e l’84 per cento delle donne in cinque diverse culture hanno avuto, almeno una volta, la vivida fantasia di commettere un omicidio". Lo studioso texano ha combinato le sue analisi di psicologia evolutiva (la nozione cioè che il comportamento umano è stato forgiato dalle esperienze collettive nel corso della storia della specie) con il confronto di migliaia di casi di omicidio raccolti negli archivi dell’Fbi e delle polizie regionali. la sua tesi è che, anziché un atto aberrante di una mante malata, l’assassinio rappresenti un tratto evoluzionistico sul quale ciascun essere umano è in grado di agire. Secondo Buss nel cervello di ogni individuo esistono i "circuiti" dell’assassinio che possono essere attivati da circostanze avverse spingendo l’individuo ad uccidere. Queste circostanze, secondo lo psicologo, hanno essenzialmente la base nell’istinto alla sopravvivenza e alla riproduzione della specie. "L’omicidio - scrive Buss - è un mezzo per risolvere problemi specifici che insorgono nella battaglia evoluzionistica per la sopravvivenza e la riproduzione: prevenire ferite, violenza sessuale o la morte, proteggere i propri figli, eliminare un rivale importante, acquistarne le risorse, assicurarsi l’accesso sessuale al partner di un rivale, prevenire che un estraneo si appropri del proprio partner".

Le teorie evolutive, secondo Buss, spiegano anche perché gli uomini uccidono di più delle donne: l’87 per cento dei killer in tutto il mondo sono maschi. "Le donne rappresentano la risorsa riproduttiva più valida in quanto sono loro, e non i maschi, a portare il peso di un investimento di nove mesi per produrre un bambino. La competizione è sempre più feroce nel sesso che investe di meno", ha commentato lo psicologo osservando che "l’accoppiamento agli albori dell’umanità era legato a doppio filo all’omicidio, e questo istinto a uccidere cablato nel cervello dei primi esseri umani è rimasto a livello latente nei loro discendenti".

Inutile dire che la tesi di Buss ha suscitato furibonde polemiche negli Usa, e non solo perché in America l’insegnamento dell’evoluzione è da mesi sul banco degli imputati: l’antropologo Robert Sussmann della Washington University di St. Louis (coautore del saggio L’uomo cacciato) ha definito la teoria del collega texano "cattiva scienza" e notato che gli antenati dell’uomo erano "piuttosto una preda e non predatori": in quanto tali, "riuscivano a sopravvivere solo se cooperavano". Profondamente scettico si è mostrato anche Jaak Panksepp della Bowling Green University in Ohio, secondo cui nel mondo animale "solo poche specie uccidono il loro partner, e ad uccidere il più delle volte è la donna".

Milano: a San Vittore il festival "Sing Sing 2005"

 

Ansa, 24 maggio 2005

 

Nonostante la pioggia, oltre 600 detenuti di San Vittore oggi hanno potuto passare un pomeriggio diverso, tra musica e cabaret, con l’esibizione di artisti come Elio e le storie tese e i Pali e dispari, grazie all’iniziativa San Vittore Sing Sing 2005 organizzata dalla Provincia di Milano e dalla stessa casa circondariale. Per coinvolgere più detenuti possibili, nelle zone d’aria del carcere sono stati allestiti cinque palchi, di cui uno apposito per la sezione femminile, dove gli artisti si sono esibiti a rotazione. Tra tanti nomi di richiamo, i più applauditi sono stati i Vlp sound, la band nata all’interno del carcere, e Arcangelo, un detenuto che ha intonato canzoni tipiche della tradizione napoletana ricevendo molti applausi.

In omaggio alla composizione quanto mai cosmopolita della popolazione di San Vittore, in scena si sono alternate formazioni di origine diversa, con sonorità balcaniche, arabe e africane: i nordafricani si sono entusiasmati per il rai di Cheb Amari, gli italiani per "la terra dei cachi" di Elio e le Storie Tese e le gag dei Pali e dispari, mentre tutti si sono divertiti con Nema Problema, formazione italiana in stile Kusturica che, più di altri, è stata capace di coinvolgere l’insolito pubblico, scendendo dal palco per andare a suonare in mezzo ai detenuti. Presentatrice dell’evento l’attrice Lucia Vasini, che ha introdotto il presidente della Provincia Filippo Penati, che ha definito l’iniziativa "un momento di unione tra l’interno e l’esterno" e la direttrice di San Vittore, Gloria Manzelli, secondo la quale "la musica all’interno di un carcere rappresenta un momento importante di alleggerimento del carico emotivo e di dolore che sempre la detenzione porta con sé".

Milano: è di nuovo rissa al centro per immigrati di Via Corelli

 

Agi, 24 maggio 2005

 

Proteste e disordini nella tarda serata di ieri nel Centro di permanenza temporanea per stranieri di via Corelli, a Milano. Gli extracomunitari, che protestavano per le condizioni di vita nel centro, hanno tra l’altro appiccato un incendio che ha distrutto quasi interamente un padiglione. La polizia è intervenuta arrestando 22 persone, in maggioranza nordafricani, mentre altri due sono stati ricoverati in ospedale per aver ingerito delle lamette.

"Il fatto che ci siano stati 22 arresti dimostra che non siamo di fronte al gesto isolato di un pazzo, ma ad un malessere diffuso, a una situazione esplosiva", è il commento di uno dei portavoce del comitato di sostegno "alla lotta dei detenuti di via Corelli", sull’accaduto. "Alcuni ospiti del centro stavano manifestando sul tetto della struttura per solidarizzare con i detenuti del CPT Brunelleschi di Torino, quando, dopo un paio di ore, la polizia è intervenuta per interrompere la protesta" perché, sempre secondo il Comitato, "quello di via Corelli non è un centro di permanenza per stranieri ma un carcere speciale dove si consumano, tutti i giorni continue violenze". "La situazione è esplosiva - conclude il portavoce - il centro va chiuso al più presto".

Ventuno stranieri, asiatici, africani e sudamericani, sono stati arrestati questa notte a Milano al termine di una protesta scoppiata all’interno del centro di permanenza temporanea di via Corelli per immigrati irregolari che attendono di essere espulsi dall’ Italia. I disordini sono scoppiati poco dopo le 22 quando alcuni ospiti sono saliti sui tetti, mentre altri hanno iniziato a distruggere alcune strutture del centro, appiccando anche un incendio ai sottotetti.

Le fiamme sono state spente dai vigili del fuoco e nessuno è rimasto ferito, ma i danni sono ingenti. Un padiglione del centro è andato semidistrutto e una quindicina di posti letto sono ora agibili. Secondo gli investigatori, non c’è stato un motivo particolare a scatenare i disordini, ma si è trattato di una protesta generica simile a quella portata avanti da tempo anche in altri centri italiani contro una pratica (la reclusione in queste strutture) che viene ritenuta illegale.

Siracusa: attenzione dei detenuti per pace e diritti umani

 

La Sicilia, 24 maggio 2005

 

"Rafforzare la sensibilità e le coscienze umane all’importanza dei più deboli e di dare una maggiore visibilità alle attività svolte dagli ex detenuti, auspicando al raggiungimento d’uno stato dell’anima che ci rende più onesti e liberi verso gli altri e noi stessi". Questo l’obiettivo del convegno per la Pace e i diritti umani organizzato dall’associazione "Giovanni Paolo II e Alessandro", giovedì alle 10 all’interno della Casa circondariale di Cavadonna. Interverranno: il professor Bruno Ficili, candidato al Premio Nobel per la Pace ed impegnato in questi giorni in Palestina come relatore nell’IX congresso della Mezza Luna Rossa palestinese - ed Ernando Di Paola ex detenuto e promotore dell’iniziativa. È inoltre attesa la presenza del ministro alle Pari opportunità Stefania Prestigiacomo, del deputato nazionale Pippo Gianni, del sindaco di Siracusa Giambattista Bufardeci e dell’assessore comunale alle Politiche sociali Nunzio Cappadona.

"Portiamo alla tua conoscenza - si legge nella lettera diffusa dall’associazione a tutti i detenuti siciliani - il convegno per la Pace e per i diritti umani, un grande esempio di attenzione da parte di noi detenuti verso chi si trova in condizioni di vita davvero inumane. Vogliamo coinvolgere tutti voi in questa importante impresa. Dobbiamo impegnarci a raccogliere i fondi da destinare ai bambini del Burundi, terra fin troppo martoriata e dimenticata".

Roma: primo centro di accoglienza per detenuti extracomunitari

 

Redattore Sociale, 24 maggio 2005

 

Domani alle ore 12 verrà inaugurato a Lanuvio (Roma) il primo Centro di accoglienza per detenuti extracomunitari degli istituti di pena della provincia di Roma, che possono usufruire dei benefici di legge ma sono privi di un alloggio autonomo. Sarà l’assessore provinciale alle Politiche Sociali e per la Famiglia, Claudio Cecchini a tagliare il nastro del Centro, in Via Malcavallo 38, un centro di accoglienza per detenuti extra-comunitari. Il centro - la cui realizzazione è dovuta alla cooperativa sociale Artemisia di Roma, in cui lavorato attualmente 12 detenuti - si trova nel comune di Lanuvio, a poca distanza dalla stazione ferroviaria di Campoleone e dalla Casa Circondariale di Velletri. All’inaugurazione del Centro di accoglienza, insieme con l’Assessore Cecchini, saranno presenti altre personalità del mondo politico, sociale, del volontariato. Sono stati invitati rappresentanti istituzionali del "Pianeta Carcere" (amministrazione penitenziaria, tribunale di sorveglianza, direzioni carceri, garanti dei detenuti), assistenti sociali, docenti universitari, associazionismo e volontariato.

Nuoro: sovraffollamento, stranieri e poche occasioni di lavoro

 

L’Unione Sarda, 24 maggio 2005

 

Dieci mesi vissuti intensamente. Da una parte tra sit-in di protesta e dall’altra iniziative mirate a rendere la realtà carcere meno "chiusa" e angusta di quanto lo sia effettivamente nella realtà. Due facce della stessa medaglia di un mondo non affatto facile e all’interno del quale in molti preferiscono non guardare. Eppure a Badu ‘e Carros, qualcosa, seppure lentamente si muove, dopo gli anni bui del passato e caratterizzati dalle forte tensioni. Oggi comunque diverse cose sembrano essere cambiate, anche se i passi da compiere per rendere più civile e umana la struttura, sono ancora molti. Un segnale importante è di questi giorni con la nomina in pianta stabile del direttore Paolo Sanna, da molti visto come uno dei fautori del cambiamento e del nuovo corso.

Il funzionario che, dopo tanti direttori arrivati e partiti alcuni nel giro di un mese, è stato protagonista di un minimo di attività capaci di dare nuove speranze ad una popolazione carceraria variegata caratterizzata da problematiche differenti (solo il 40 per cento dei detenuti sono sardi) e non sempre di facili soluzioni. Non sono mancate in questi mesi le proteste dai vari fronti. Le ragioni del malcontento sono state evidenziate più volte dai sindacati che hanno puntato il dito sulle cronicità "storiche" del penitenziario. Tra tutte, il sovraffollamento da una parte e gli organici insufficienti dell’altra della polizia penitenziaria e del personale civile, insufficienti a gestire le quotidiane emergenze. Una delle ultime proteste è del febbraio scorso quando i sindacati denunciarono il trasferimento a Nuoro di un’ottantina di detenuti da altre case di pena della penisola, molti di questi extracomunitari.

Ma, questi dieci mesi della gestione targata Paolo Sanna (fino a dieci giorni fa ancora in regime di missione) vanno anche ricordati per un’apertura verso l’esterno che forse mai, nel recente passato, era stata così marcata e decisa. È stata la stagione dei concerti e degli spettacoli che hanno portato all’interno del penitenziario note jazz, pop, rock e folk (Paolo Fresu, Dhafer Youssef, Piero Marras, Gigi Sanna con i suoi Istentales), ma anche altre iniziative importanti come le partite di calcio organizzata con i giocatori della Nuorese.

Non sono mancati gli spazi per la cultura con manifestazioni come "Liberamente". Un evento pensato dall’amministrazione comunale di Nuoro in collaborazione con la direzione del carcere e i librai della città e sostenuta con forza dalla gente del capoluogo. Un’iniziativa mirata a ricostruire la biblioteca del carcere con nuovi e più attuali volumi. Un gesto di affetto ed altruismo, varato nel periodo natalizio, del quale in molti hanno saputo cogliere il significato. Comunque - nonostante i gravi problemi - gli anni Ottanta, tempi di supercarcere e ivolte sanguinose, sembrano lontani. Anche se Nuoro guarda al carcere come un corpo estraneo e solo di recente l’amministrazione comunale ha deciso di istituire un garante per i detenuti: una delibera rimasta finora a livello du buone intenzioni. (l.u.)

Nuoro: il nuovo direttore; in 5 anni cambierò Badu ‘e Carros...

 

L’Unione Sarda, 24 maggio 2005

 

A Badu ‘e Carros finisce l’incertezza. L’attesa schiarita è arrivata venerdì scorso dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che ha finalmente assegnato l’incarico continuativo di direttore a Paolo Sanna, 43 anni, di Cagliari, a Nuoro già dal luglio scorso. Una decisione che ha posto fine a cinque lunghi anni di funzionari arrivati in missione. "Questa decisione - commenta l’interessato - mi rende sereno, motivato e ottimista per programmare con maggiori certezze il lavoro a medio e lungo termine". Qual è il bilancio, seppur parziale, dei suoi primi dieci mesi di lavoro? "Penso positivo. Ci sono molte potenzialità inespresse, in parte compromesse da un periodo di sofferenza e tensione che ha caratterizzato gli ultimi anni di vita di Badu ‘e Carros".

Come si esce da questa situazione? "Credo che ne siamo già usciti e che il percorso che è stato intrapreso porti verso la serenità completa". Ora, direttore, ha una sicurezza non da poco per quanto riguarda almeno l’organizzazione del lavoro quali sono i suoi programmi e le sue priorità? "In estrema sintesi adoperarmi per promuovere interventi sulla struttura del carcere, favorire gli scambi e la comunicazione con la società civile e contribuire a motivare gli operatori che prestano il loro servizio all’interno del penitenziario". Questo sarebbe davvero un bel risultato, ma non mancano le ripetute denunce e prese di posizione dei sindacati sui problemi di Badu ‘e Carros.

Che idea si è fatto di questa conflittualità? "Non parlerei di conflittualità, penso invece che la posizione del sindacato sia importantissima e la denuncia delle carenze facciano parte della normale dialettica tra le parti. Penso sinceramente che possa poi essere un’azione di stimolo a fare meglio e a migliorare lo stato attuale delle cose. Credo, infine, che anche al sindacato di polizia penitenziaria sia mancata in questi anni la presenza di un interlocutore stabile con il quale portare avanti un’azione di programmazione nel lungo periodo.

Oggi il direttore c’è e la situazione non può dunque che cambiare in meglio". Recentemente però c’è stata la rottura della trattativa con il sindacato. Per venerdì prossimo sono state riconvocati le parti. Cosa si può attendere? "Mi auguro che il contenzioso venga risolto già dal prossimo incontro. C’è bisogno di serenità per ottenere dei risultati e poi le parti non mi sembrano così distanti". Qual è il carcere che lei si immagina? "Un carcere che sia capace di conciliare le esigenze di sicurezza e il rispetto dei diritti dei detenuti capace di favorire una maggiore interazione con la comunità che lo ospita. L’unico modo per realizzare l’istanza rieducativa".

Con la sua direzione si parlato di nuovo corso a Badu ‘e Carros. Concerti, incontri con scrittori, partite di calcio. Mai il penitenziario si era mostrato così "aperto" verso l’esterno e al contributo della società civile: continuerete? "Esiste la volontà di dare continuità a queste iniziative che non devono rimanere affatto episodiche. Nuoro e tutto il territorio stanno mostrando di avere delle energie positive che non mi pare di riscontrare in altre realtà sarde".

Dottor Sanna, si sente solo di passaggio a Nuoro? "Vorrei rimanere per il periodo necessario che vedere i risultati di un’attività di programmazione. Almeno cinque anni". Quale il vero Paolo Sanna: il direttore che nega ai detenuti il permesso di realizzare il calendario satirico o quello che si fa promotore di una serie di eventi in carcere? "La storia del calendario non è stata una censura: personalmente non ho mai ricevuto una richiesta di autorizzazione della pubblicazione. Io sono per l’apertura all’esterno, in condizioni di sicurezza compatibili con l’istituzione penitenziaria".

Milano: i Gatti Galeotti si rifugiano alla libreria Feltrinelli

 

Vita, 24 maggio 2005

 

I Gatti Galeotti partecipano ai festeggiamenti del 50° Feltrinelli, che li ha scelti per produrre le speciali borse shopper distribuite nelle sue librerie dal prossimo mese di aprile. I Gatti Galeotti è il marchio gestito dalla cooperativa sociale EcoLab, che opera nel carcere di San Vittore a Milano per la formazione professionale e il lavoro dei detenuti. I Gatti Galeotti sono al lavoro per fornire ogni libreria Feltrinelli di borse in tela dal design unico, ideate proprio per celebrare il 50° anniversario del Gruppo. La vendita delle borse finanzierà il progetto "Rifugiati in libreria" ICS per creare spazi multimediali in favore dei rifugiati e richiedenti asilo in Italia, con libri e dvd nelle diverse lingue originali. Anche in questo evento, si confermano l’attenzione e l’impegno di Feltrinelli nell’area sociale. I Gatti Galeotti, "rifugiandosi" in Feltrinelli, sottolineano l’importanza della lettura e della solidarietà come scelte di libertà espressa e riconosciuta dalla cultura, anche dove la libertà personale non è riconosciuta.

EcoLab Cooperativa Sociale Data di costituzione: settembre 2000. Scopo: formazione professionale e creazione di posti di lavoro a uso specifico di persone in stato di detenzione, prevalentemente ubicate presso la Casa Circondariale di S. Vittore. Attività: Formazione professionale. Corsi di formazione professionale annuali che si tengono all’interno della Casa Circondariale di S. Vittore con gruppo di docenza prevalentemente interno alla Cooperativa. L’aula in media si compone di 10 soggetti per corso. Produzione. Marchio prodotto e distribuito: "I Gatti Galeotti". L’attività viene svolta su due unità lavorative: laboratorio interno alla Casa Circondariale S.Vittore e laboratorio sito in Via Candiani. Le persone coinvolte, tutte provenienti dall’area detentiva sono attualmente 25. L’area interna al carcere è di circa 220 mq, l’area esterna di circa 440 mq. Prodotto. Le proposte di prodotto EcoLab, sono eco-compatibili, ovvero borse, portafogli, cartelle e accessori di pelletteria realizzati con pellami certificati conciati al vegetale e tessuti naturali come il cotone e la canapa. Commerciale. I principali clienti della Cooperativa sono: Armani Jeans, Coop Italia, Manifatture Fraizzoli & C, Inter F.C., Banca Popolare di Milano, Provincia di Milano, Camera del lavoro Milano Cgil, Cisl, Librerie Feltrinelli. I Gatti Galeotti, evasi per la prima volta nel 2003 con la complicità di Feltrinelli, sono sempre più spesso liberi e presenti sul mercato grazie a Librerie Feltrinelli, Coop e organizzazioni sindacali. Ecolab Cooperativa Sociale - I Gatti Galeotti. Sede Legale - Produttiva Via Candiani, 71 - 20158 Milano Tel. 02.39325392. Fax 02.375668 ecolabmi@ecolab.191.it - Sede Formativa - Produttiva P.za Filangieri, 2 - 20123 Milano

Immigrazione: Padova; dall’Africa all’Italia, storia dei diritti negati

 

Melting Pot, 24 maggio 2005

 

Giovedì 26 maggio alle ore 18.30 presso il Caffè Esilio in via Forcellini 186, l’associazione Razzismo stop e Melting Pot presentano un serata di approfondimento sui conflitti dimenticati in Africa. In particolare si affronterà la situazione in Liberia e sulla drammatica situazione dei richiedenti asilo presenti in Italia e a Padova, soprattutto in seguito all’entrata in vigore del nuovo regolamento d’attuazione della Legge Bossi Fini. Intervengono Gianni Ballerini, giornalista di Nigrizia; Giovanni Iacono, avvocato esperto in diritto d’asilo. Coordina il dibattito Luca Bertolino, Ass. Razzismo Stop.

Il "Caffè Esilio" è un centro di accoglienza autogestito per richiedenti asilo; nel tempo è stato trasformato anche in un luogo in cui i migranti, ed in particolare i rifugiati, possono trovare forme di aggregazione, conoscersi, parlare e produrre cultura, perché lo spazio dell’integrazione non può essere svolto solo negli ambiti istituzionali, o lavorativi, ma deve trovare "casa" all’interno dei normali rapporti sociali e umani della città. All’interno della struttura sono attivi corsi di lingua italiana, uno sportello di consulenza ed un centro di documentazione sui conflitti nel mondo.

Lucera (Fg): solidarietà e volontariato, una difficile scommessa

 

Comunicato stampa, 24 maggio 2005

 

Anche quest’anno all’interno dell’antica Casa Circondariale di Lucera si festeggia la chiusura dell’anno scolastico e formativo. Alle ore 16.30 del 30 maggio, nel grande corridoio sottostante ai 3 piani della Prima sezione (che per quell’occasione avrà il "look" del Teatro Margherita di Roma in quanto l’Istituto non ha una sala teatrale) detenuti, volontari, docenti ed istruttori si cimenteranno nella classica cultura del cabaret. Non a caso l’arte è definita come il luogo della perfetta libertà. In poche ore tra scenette, canzoni e poesie si svilupperà l’analisi sulle esperienze didattiche e formative che hanno caratterizzato il corrente anno scolastico. I detenuti avranno da raccontare, da ricordare ma anche da proporre nuovi percorsi ed esperienze, specie per il momento post-detentivo.

Si procederà all’analisi dell’intero progetto "Solidarietà e volontariato: una difficile scommessa" perché, è in questo unico progetto che si compendia la vita quotidiana dell’Istituto. Si vedranno a confronto le varie forme del volontariato che con le loro attività hanno dinamicizzato la quotidianità istituzionale. Dalle attività psicomotorie alle attività culturali (laboratorio musicale, teatrale) alle esperienze formative effettuate sia all’interno che all’esterno in modo particolare si discuterà sull’esperienza del progetto "Speranza" realizzato nel tentativo di recupero del patrimonio ambientale lucerino (a tal proposito a mezzo posta è stato inviato l’opuscoletto del Progetto Speranza). In quella serata non mancheranno ospiti, ed gli interlocutori (Ass.re Regionali, Comunali, Rappresentanti del mondo Associazionistico e sindacale ed il Vescovo della diocesi Lucera-Troia). Un grazie ai volontari del laboratorio teatrale (che da anni rinunciano al loro tempo libero per sostenere l’azione dell’unica figura educativa presente in questo Istituto) ed ai poliziotti penitenziari che hanno con professionalità hanno aperto "le porte ed i cancelli" ai volontari ed agli animatori che operano in questo carcere. Solo per notizia, l’Istituto ospita 180 detenuti, 1/3 sono cittadini non europei.

 

Il Direttore, dr. Davide Di Florio

Rovigo: l’inchiesta sugli appalti non fermerà il nuovo carcere

 

Il Gazzettino, 24 maggio 2005

 

Avezzù ricorda che a organizzare il sopralluogo decisivo fu il consulente di Castelli sotto indagine. Il vento dell’inchiesta giudiziaria sugli appalti delle carceri italiane passa anche su Rovigo. La Procura di Roma sta indagando su presunti casi di corruzione che coinvolgerebbero anche il ministero della Giustizia, partendo da colui che era stato il consulente principe del ministero nel settore penitenziario, uomo di punta addirittura nei rapporti con il ministro Roberto Castelli, ossia Giuseppe Magni, che da quando è scoppiato il caso non si trova più nel dicastero di via Arenula a Roma. Consulente che a quanto riporta L’Espresso, al ministero hanno definito di non particolare rilievo, anche se così non pare. L’indiretto coinvolgimento di Rovigo viene da quanto gli investigatori hanno trovato nello studio del progettista Giorgio Cravedi, di Parma, indagato insieme a Magni e al costruttore romano Angelo Capriotti. Oltre a una serie di incartamenti su vari penitenziari, poiché Cravedi da anni è figura di spicco nella realizzazione di carceri, con molti incarichi per tali strutture, tra i fascicoli c’era anche una cartellina contenente le delibere del Comune di Rovigo sulla scelta delle aree da destinare, le varianti al piano regolatore insomma.

"È la prima volta che sento parlare di tale inchiesta", resta sorpreso il sindaco Paolo Avezzù al chiedere cosa sappia della vicenda e se ritiene che i ritardi nell’entrare nel vivo dell’iter dell’opera siano riconducibili alla vicenda giudiziaria. "Se i ritardi siano stati dovuti a qualcosa di simile, non lo so dire - riprende il primo cittadino - quel che so è che siamo finalmente a una fase avanzata per realizzare il nuovo carcere", che dovrà sorgere tra la tangenziale e via Calatafimi, a nord della cittadella sanitaria, per arrivare poi a dismettere quello vecchio in centro città.

Ha conosciuto Giuseppe Magni? "Certo - risponde il sindaco - è stato lui a fare da tramite perché si mettesse in moto l’iter che ha portato poi al sopralluogo della commissione ministeriale all’area di via Calatafimi (nel dicembre 2002, ndr). Era l’incaricato del ministero, a quanto sapevamo".

Ora qual è la situazione? "Siamo arrivati ormai alla costituzione del tavolo tecnico di concertazione - sottolinea Avezzù - quello che mette insieme le varie figure coinvolte per definire le esigenze del ministero e quelle delle città. Al tavolo partecipano, infatti, i tecnici delle due parti. Con il responsabile della direzione regionale, l’ingegner Giovanni Piva, ci siamo sentiti un mese fa e si ribadivano tali concetti".

Tutto a posto, allora? "La burocrazia è sempre all’orizzonte, si sa - replica il sindaco - ma credo si possa procedere speditamente ora. Ritengo, poi, che tale indagine giudiziaria non dovrebbe creare problemi o intoppi, perché tutto è passato in mano al ministero delle Infrastrutture".

Avezzù al proposito chiarisce che adesso l’opera non è più sotto il controllo del ministero della Giustizia, ma appunto delle Infrastrutture, dopo che il primo ha dato il suo via libera e ha stanziato i fondi. "I ritardi maggiori sono venuti proprio dal passaggio dei fondi dal dicastero di Castelli a quello di Pietro Lunardi. Più precisamente, sono stati affidati alla direzione regionale del Veneto. Per questo sono fiducioso sull’avvio non lontano dell’opera, che darà nuovo respiro a una parte del centro storico e risponderà alle esigenze della giustizia". Luca Gigli

Padova: a scuola superiore, nel carcere dei "Due Palazzi"

 

Il Gazzettino, 24 maggio 2005

 

"La scuola, anche in galera, è sempre quella brutta bestia dalla quale si sogna di evadere, come dalla prigione. Anzi si potrebbe dire che del carcere la scuola sia una specie di prefigurazione o miniatura posata nel cuore di tutti. Ma adesso che mi trovo di colpo in tutte e due, a scuola e in carcere, inscatolata l’una nell’altro, non capisco se questo raddoppi la restrizione o la cancelli. Quando insegnavo nella scuola normale odiavo la scuola, com’è normale. Ma ora come posso odiare la scuola che è la cosa migliore che ci sia in carcere, la sola costrizione utile, la disciplina più bella?" Riflessioni di Edoardo Albinati, scrittore e docente da 11 anni a Rebibbia, intervenuto ieri al seminario di approfondimento "Carcere e scuola", organizzato dall’Ufficio scolastico regionale del Veneto, dal Centro servizi amministrativi di Padova e dall’Amministrazione penitenziaria del Triveneto.

Coordinato dal professor Paolo Damberger, l’incontro ha avuto il suo clou nella firma di un protocollo d’intesa - sottoscritto dal provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria Felice Bocchino e dal direttore generale dell’Ufficio scolastico veneto Carmela Palumbo - che prevede il potenziamento dell’attività di alfabetizzazione nelle carceri attraverso l’incremento dell’istruzione superiore. Sull’esempio di Padova e Treviso che hanno aperto dietro le sbarre sezioni tecniche, di Verona dove è operativo l’istituto alberghiero, di Venezia che presto ospiterà il professionale, tutti gli istituti di pena si doteranno di un qualche indirizzo secondario superiore. Di qui la possibilità, concessa ai detenuti, di scegliere la sede carceraria a loro più confacente, in base alla formazione culturale che in essa è svolta. A suo modo una rivoluzione che non ha pari in Italia e che si accompagna alla realizzazione di corsi di formazione integrata tra il personale degli istituti penitenziari - agenti, educatori, psicologi - e gli insegnanti che tengono lezione "dentro". Durante il seminario è stato presentato il "Vademecum scuola carcere" con tutte le informazioni utili sia per gli agenti penitenziari sia per il personale della scuola che si trovi ad entrare in uno dei dieci istituti di pena del Veneto. E non è mancato un fuori programma: mentre era in corso la discussione su quel particolare riscatto che passa attraverso la cultura, i soliti ignoti hanno rubato la bicicletta proprio all’organizzatore del meeting. Federica Cappellato

Udine: muore un detenuto 36enne, forse per emorragia cerebrale

 

Il Gazzettino, 24 maggio 2005

 

L’arresto cardiocircolatorio che ha determinato la morte di Marco Di Lauro, 36 anni, avvenuta sabato mattina in carcere dove era detenuto da un giorno e mezzo, potrebbe essere legato a una emorragia cerebrale. Il medico legale Lorenzo Desinan ha evidenziato la lesione interna ma sulle cause che hanno determinato la morte si prospettano ulteriori accertamenti soprattutto di natura tossicologica. Del resto il procuratore aggiunto Giancarlo Buonocore lo aveva previsto fin dal conferimento dell’incarico al sanitario, autorizzandolo ad effettuare i prelievi dei tessuti che si rendessero necessari. La procura, proprio per le circostanze in cui è avvenuto il decesso, dietro le sbarre, non intende lasciare zone d’ombra o dubbi. Marco Di Lauro dopo una prolungata permanenza al centro Solidarietà Giovani a Ribis di Reana dove si trovava agli arresti domiciliari, si era allontanato. L’iniziativa era costata l’arresto per evasione e il ritorno in carcere, una permanenza risoltasi drammaticamente. È morto nel sonno mentre si trovava in una cella assieme ad altri compagni. Il progetto di recupero da lui stesso fortemente voluto, aveva dato risultati positivi. Ne aveva dato testimonianza anche il suo legale avvocato Cogo di Padova che in occasione di un recente processo aveva sottolineato i progressi compiuti dal suo assistito.

Viterbo: calcetto in carcere, gioca anche il magistrato…

 

Il Messaggero, 24 maggio 2005

 

Un triangolare di calcetto è stato ospitato nei giorni scorsi dalla casa di reclusione di via Tarquinia, nell’ambito delle molteplici attività promosse dalla direzione per favorire l’interscambio tra "interni" e la società civile. La formazione dei detenuti si è sfidata con due "miste": una era composta dal personale di polizia penitenziaria compreso il magistrato di sorveglianza dottor Paolo Canevelli (che per cause di forza maggiore hanno giocato con le maglie della Ternana), l’altra era formata da una rappresentativa di sportivi di varie federazioni nazionali (in maglia viola), capitanati dalla calciatrice Carolina Morace e c’era pure il pentatleta campione olimpico Daniele Masala. Per la cronaca, ha vinto la squadra dei "padroni di casa". "È stata una giornata soprattutto divertente - ha commentato la direttrice Silvana Sergi - che si è conclusa con la promessa di tornare presto con altre atlete, fatta ai detenuti dal commissario tecnico della nazionale femminile di calcio". Dopo l’impegno sul campo, tutti insieme ai tavoli della mensa: i detenuti allievi del corso di aiuto cuoco hanno cucinato un ottimo timballo bianco dedicandolo alla Morace.

Fossombrone: collaborazione tra università di Urbino e carcere

 

Corriere Adriatico, 24 maggio 2005

 

La donazione della Panatta Sport di attrezzi e materiale per la palestra del carcere ha come punto fermo di riferimento il convegno "Attività motoria in carcere, rieducare attraverso lo sport". L’università di Urbino è la prima in Italia a collaborare con un istituto di pena. Per sottolineare il significato dell’evento il rettore Bogliolo ha illustrato cosa è stato fatto e quali sono i programmi per il futuro. Per i reclusi praticare corsi di ginnastica mirati alla prevenzione e alla cura di situazioni causate da una perdurante mancanza di movimento rappresenta un’occasione unica anche in termini di socialità. Collaborare a stage di ricerca e programmazione motiva tutti quanti al massimo impegno e alla fiducia verso il futuro.

Dal carcere di Fossombrone, grazie al direttore Giacobbe e a tutti i suoi collaboratori particolarmente attenti e sensibili, è partito da tempo un messaggio che avrà modo di propagarsi in tutte le case di reclusione della Penisola. Per la nuova facoltà di scienze motorie di Urbino si tratta di vivere un’esperienza unica e stimolante. Rilevante la presenza anche della facoltà di scienze della formazione. Se il movimento è importante per tutti ancor più per il recluso. Il principio che ha ispirato la direzione del carcere non lascia dubbi. Daniela Grilli ha sottolineato l’impegno dell’amministrazione penitenziaria per perseguire su tutto il territorio regionale il benessere psicofisico del detenuto. Il preside della facoltà di scienze motorie Stocchi ha riferito ampiamente sulla qualità di quanto è stato promosso ed organizzato. Il bilancio dell’iniziativa é più che positivo. Nella foto, i detenuti fanno la comunione nel all’interno del carcere.

Polizia Penitenziaria: i sindacati autonomi contro i confederali

 

Ansa, 24 maggio 2005

 

I sindacati di Polizia Penitenziaria Sappe, Fsa e Sinappe non intendono prendere lezioni dai sindacati confederali in materia di trattative contrattuali e respingono le accuse di "irrigidimento".

Se Cisl, Uil e Cgil si riferiscono alla "determinazione a voler siglare subito un accordo sui fondi incentivanti (relativo a soldi spettanti al personale già dal primo gennaio del 2004) per portare gli euro nelle tasche dei colleghi, allora siamo felici di confermare le nostre intenzioni!" dicono i segretari Donato Capece (Sappe), Giuseppe Di Carlo (Fsa), e Roberto Santini (Sinappe). "Noi crediamo fermamente nel nostro ruolo di rappresentanza dei colleghi - aggiungono - e, prima di fare politica, riteniamo essenziale garantire i giusti riconoscimenti economici al personale".

I tre esponenti sindacali si chiedono se la materia del contendere sia "la stessa che portò i confederali a non firmare il rinnovo del contratto economico 2004 - 2005 (111 euro di aumento)o che trascina ormai da due anni la trattativa per il rinnovo del contratto degli statali, giunta ad un impasse tra domanda (105 euro) ed offerta (95 euro) che lascia i soldi immobili nelle casse dello stato". Capece, Di Carlo e Santini accusano, invece, i confederali di dilatare "fuori misura i tempi del percepimento dei benefici da parte dei lavoratori nel voler rivestire sempre e comunque un ruolo politico nelle trattative economiche". "Fatta eccezione per il solito sindacato del no che è sempre contro qualsiasi proposta - concludono - la posizione del Sappe, dell’Fsa e del Sinappe, assomma una rappresentatività del 52 per cento, percentuale che consente ampiamente di chiudere un accordo con l’amministrazione, se questa non si sottrarrà dalle proprie responsabilità, già dal prossimo incontro contrattuale".

Firenze: le nuove iniziative dell’Associazione "Pantagruel"

 

Comunicato stampa, 24 maggio 2005

 

Care amiche e amici, la nostra associazione, che opera soprattutto a Firenze, sta organizzando alcune attività che speriamo vi interessino. Innanzi tutto stiamo organizzando nei prossimi sabato 28 e domenica 29 maggio un corso di bambole. Avrai modo di fare la Ninetta o bambola cuscino. Per maggiori informazioni telefonaci al 055.473070, o scrivici subito una mail a: asspantagruel@virgilio.it.

Altra notizia a cui teniamo particolarmente, la cena di "Arci Asino" dal titolo emblematico:"il buono dentro" che vedrà impegnate alcune ragazze del carcere femminile di Sollicciano sia come cuoche sia come ospiti della serata. La cena sarà venerdì 10 giugno ore 21.00 presso la casa del popolo di "Castello" ( Firenze)...ottimo motivo per incontrarci!!! Il menù prevede: "Apoteosi del farcito" con tortini e ravioli ripieni assortiti; panada di carciofi, fave, o agnello; panzerotti di patate con l’anima filante; caciotta del cuore tenero; strudel...e vino e grappa a volontà. Contributo per la causa galeotta ed asinina, che verrà ripartito tra l’Arci Asino e l’associazione Pantagruel: adulti e ragazzi 15.00 euro; innocenti: offerta libera! (prenotazione obbligatoria. 348.9384829 Sandro).

 

 

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