Rassegna stampa 11 maggio

 

Roma: polemiche su morte detenuta, Castelli ordina inchiesta

 

Il Giorno, 11 maggio 2005

 

Una detenuta del carcere romano di Rebibbia è morta il mese scorso nell’ospedale Spallanzani. La donna, malata di Aids, avrebbe contratto il virus della varicella e, proprio a causa del fisico debilitato e privo di protezioni, le sue condizioni di salute si sarebbero aggravate a tal punto da richiedere il ricovero urgente in ospedale. Tre mesi fa era stata dichiarata incompatibile con il carcere per le sue condizioni ma alla fine di aprile è morta. Nel carcere romano infatti sarebbe scoppiata una vera e propria epidemia: la malattia esantematica ha colpito 13 detenute, di cui tre ricoverate in tre ospedali di Roma, e due agenti penitenziari.

"Quella donna non doveva essere in carcere - dice il Garante del Lazio per i diritti dei detenuti Angiolo Marroni - era stata dichiarata incompatibile con la detenzione, ma nulla è stato fatto. La responsabilità è di chi non ha ottemperato alla dichiarazione di incompatibilità con il regime carcerario".

Sulla vicenda il ministro della Giustizia Roberto Castelli annuncia un’inchiesta. "Ma condanno - dice - il sistema, che non è solo italiano, che due decimi di secondo dopo che è accaduto un fatto ciascuno ha la propria verità rivelata in tasca. Penso che bisogna stabilire esattamente cosa è accaduto e quindi ci vuole del tempo".

"Qualunque cosa avesse fatto non doveva stare in carcere in quelle condizioni" rincara Francesco Ceraudo, presidente dell’ Amapi, associazione che rappresenta i 350 medici che lavorano nelle carceri. Ceraudo ha ricordato che l’Italia ha adottato il principio che quando un detenuto sieropositivo diventa malato di Aids conclamato deve essere scarcerato, "ma troppo spesso i magistrati di sorveglianza non applicano queste norme e a volte neppure le conoscono".

Anche il presidente del partito dei diritti civili, Vittorio Sgarbi, si chiede perché "quella donna si trovava in cella anche se gravemente malata". "Questo - replica a distanza Castelli - non è competenza del ministero ma del magistrato di sorveglianza. Bisogna vedere se i medici lo hanno segnalato doverosamente e verificare se il magistrato ha preso delle misure o meno".

Dell’epidemia scoppiata nel carcere, dove sono detenute circa 400 donne, ne aveva parlato già il 4 maggio il sindacato Ugl. La varicella si è diffusa nel settore Camerotti, dove si trovano circa 160 detenute. In poco tempo avrebbe contagiato 13 recluse di cui tre ricoverate in ospedale e piantonate. Il morbo ha colpito anche due agenti di polizia penitenziaria. Sulla morte della donna e sull’epidemia divampa la polemica. "Sono fatti gravi che denunciano una situazione sempre più insostenibile cui sono sottoposte le detenute del carcere romano" dice il deputato verde Paolo Cento, vice presidente della commissione Giustizia della Camera, che annuncia una interpellanza al ministro Castelli.

Per Cento "è forte la responsabilità politica che continua ad ostacolare indulto e amnistia, un provvedimento di clemenza che consentirebbe di affrontare l’emergenza carceraria in attesa di una riforma del sistema delle sanzioni penali". Della necessità di un provvedimento di clemenza, amnistia e indulto parla anche il coordinatore romano della Margherita Roberto Giachetti, per cui quella di Rebibbia "è una morte annunciata".

Giachetti chiede a Castelli una ispezione per "controllare la situazione igienica e sanitaria, chiarire i motivi che hanno impedito la concessione dei benefici di legge e la messa in libertà della donna e verificare le responsabilità di chi ha disatteso le norme". La vicenda di Rebibbia causa polemiche anche sulle carenze di personale: a Rebibbia femminile dovrebbero esserci 198 agenti. Ce ne sarebbero 179, di cui 43 distaccati.

"Per piantonare in ospedale le tre malate l’amministrazione ha sospeso ferie e riposi settimanali" dice Mattia D’Ambrosio, coordinatore laziale Cisl Fps Amministrazione Penitenziaria. "È impensabile lasciare allo sbando il femminile - prosegue - l’amministrazione fa orecchie da mercante ma qui da 4 anni non si riesce a risolvere il problema dell’organico. O chiudiamo la struttura o la facciamo funzionare come si deve". L’Osapp chiede le dimissioni del provveditore regionale Ettore Ziccone. "La situazione è a pezzi da quando Ziccone è provveditore. L’epidemia di varicella è la goccia che fa traboccare il vaso" dice Leo Beneduci, segretario generale Osapp che, sulle carenze di personale, dice: "la maggior parte dei distacchi riguarda giovani agenti, forse particolarmente segnalate, che hanno da poco finito il corso e che in pochi mesi vengono trasferite in luoghi che non sono penitenziari".

Manconi (Ds): su carceri Castelli si assuma le sue responsabilità

 

Adnkronos, 11 maggio 2005

 

"Roberto Castelli, il ministro della Giustizia della storia repubblicana che più si è distinto per essersi "disinteressato attivamente" della popolazione detenuta, viene giustamente chiamato in causa per la situazione drammatica delle carceri italiane. Sarebbe ora che si assumesse qualche responsabilità". Lo afferma Luigi Manconi, responsabile nazionale del dipartimento Diritti Civili Ds, commentando le dichiarazioni del ministro Castelli sul tasso di suicidi dei detenuti negli anni del governo di centrosinistra.

Cagliari: emergenza extracomunitari a Buoncammino

 

L’Unione Sarda, 11 maggio 2005

 

Ancora non si parla di emergenza, ma poco ci manca. In appena due mesi, l’amministrazione centrale delle carceri ha trasferito a Buoncammino più di novanta detenuti, tutti extracomunitari. Il via libera è arrivato con la riapertura della terza sezione del lato destro del carcere, chiusa da tempo per consentire la costruzione di due campi da calcetto all’interno del penitenziario. Conclusi i lavori, sono iniziati i trasferimenti dei detenuti. Sono quasi tutti extracomunitari ? dicono dalla direzione del carcere ? e arrivano dai penitenziari dalla Lombardia o da Bologna per scontare pene che oscillano da pochi mesi a massimo un anno. Sono senegalesi, nigeriani, ma anche giovani provenienti dai paesi dell’Est, arrestati quasi sempre per reati non gravi o per avere violato l’ordine di rimpatrio. Da marzo, in soli tre scaglioni, ne sono arrivati ben 91, casi disperati che hanno costretto l’amministrazione carceraria a correre ai ripari smistandone alcuni nelle colonie penitenziarie di Mamone e Is Arenas. Ogni caso, un’emergenza. Detenuti giovanissimi che non hanno parenti e nemmeno un euro in tasca, arrivano a Buoncammino senza nemmeno gli indumenti intimi o lo spazzolino. "Uno aveva appena ottanta centesimi - rivela un agente di polizia penitenziaria - altri nemmeno quelli". Il primo scaglione è arrivato ai primi di marzo, un altro poco prima di Pasqua, l’ultimo solo pochi giorni fa, facendo aumentare la popolazione carceraria del 20 per cento. "Sono giovani che arrivano senza portarsi nulla - spiega Gianfranco Pala, direttore del carcere - non hanno soldi, nemmeno pochi spiccioli per acquistare generi di prima necessità che ogni detenuto può tenere in cella.

Molto gli viene dato dall’amministrazione, ma anche le famiglie chiaramente contribuiscono con biancheria e alimenti. Questi giovani, invece, non hanno proprio niente e, vista la ridotta entità delle condanne, non riusciamo nemmeno a inserirli nei programmi per il lavoro che permetterebbe loro di guadagnarsi qualche euro. Per questo motivo stiamo cercando di affrontare l’emergenza anche con l’aiuto dei volontari che, ogni giorno, riescono a racimolare qualcosa per dare loro una mano". Gli ultimi trasferimenti hanno costretto gli agenti della polizia penitenziaria e il personale del carcere a un superlavoro. "Stiamo tamponando con sussidi economici - prosegue Pala - ma ho iniziato una serie di trasferimenti nelle varie colonie penali dell’Isola.

A Is Arenas, ad esempio, abbiamo 98 detenuti, con una sessantina di extracomunitari". Anche nella sezione femminile, su circa quaranta detenute, oltre la metà è composta da donne straniere arrestate in varie regioni italiane e trasferite a Buoncammino. Una situazione che preoccupa, anche perché molti dei carcerati trasferiti dalla Lombarda e dall’Emilia hanno problemi di salute. "Stanno facendo molto anche i volontari - conclude il direttore del penitenziario - che offrono un aiuto prezioso agli agenti". Francesco Pinna

Izzo in libertà, una leggerezza inammissibile, di Antonio Di Pietro

 

La Provincia di Como, 11 maggio 2005

 

La follia omicida di Angelo Izzo, che ha stroncato la giovane vita di Valentina Maiorano e di sua madre va ben al di là di quello che potrebbe sembrare un terribile fatto di cronaca. Il duplice efferato omicidio di Campobasso, perpetrato dal pluri pregiudicato Izzo, al quale era stata concessa da sei mesi la semilibertà, è infatti una tragedia che avrebbe potuto essere evitata e che lascia sgomenti. La questione assume infatti una valenza ben più che giudiziaria, perché di fronte a quanto successo, non si può non riconoscere che qualcosa nel nostro sistema, non funziona. È intollerabile che uno Stato, soprattutto quando ne ha la possibilità, non arrivi a garantire la sicurezza dei propri cittadini. Questa tragedia ci spinge a riflettere sulla superficialità di tanti politici, che solo in questi giorni, prima hanno proposto un’amnistia per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri, e ora chiedono giustamente, di sapere perché Izzo fosse stato scarcerato. Noi di "Italia dei Valori", che da subito ci siamo opposti a questa non soluzione del problema, non possiamo che condannare la scandalosa leggerezza. Non possiamo non interrogarci sull’effettiva efficacia delle nostre leggi che comunque permettono a un criminale di tal sorta, a un massacratore, che ha tentato più volte di evadere, di poter godere di un regime carcerario meno restrittivo, solo perché diventato "pentito di comodo", ha barattato informazioni, per di più spesso false, con il sistema giustizia. Per la mia personale esperienza, posso immaginare che sulla carta potessero esserci tutte le condizioni, per concedere dopo trent’anni, la semi libertà a Izzo, e posso immaginare lo sconcerto del presidente del Collegio del Tribunale di vigilanza che ha preso questa decisione, che si é rivelata drammaticamente sbagliata. Ma Angelo Izzo, non era un criminale come tanti. Nell’ottobre del 1975 insieme a Gianni Guido e Andrea Ghira é stato l’autore di quella che resterà una delle pagine criminali più sconvolgenti degli ultimi anni, il massacro del Circeo. Solo chi oggi ha cinquant’anni può avere il netto ricordo di quei giorni e della inaudita violenza di cui furono capaci questi violenti, esaltati, bugiardi "figli di papà", di una Roma bene, convinti, nonostante tutto, di restare impuniti. Izzo era il leader di questa banda di pariolini, estremisti di destra, che seviziarono e massacrarono due ragazze, uccidendone una per macabro divertimento e la sua storia carceraria è il ritratto della sua psiche malata e al contempo lucidissima: nonostante infatti una condanna all’ergastolo per omicidio pluriaggravato, Izzo, negli anni é riuscito sempre abilmente a ingannare chi gli ha dato fiducia e ha tentato più volte l’evasione. Forse se il sistema giustizia permettesse una più approfondita riflessione e cautela di fronte a casi di questo tipo, se i giudici disponessero di più tempo, più risorse, se si rivedesse e si applicasse con maggiore obiettività la legge sui cosiddetti "pentiti", certo questi due omicidi, Angelo Izzo non li avrebbe commessi, perché non sarebbe uscito di prigione. Noi di "Italia dei Valori", crediamo che lo Stato abbia il dovere, sempre, di tentare il recupero di coloro che sbagliano. A volte però, questo processo non é oggettivamente possibile, e allora deve scattare l’altrettanto imperativo dovere, che impone di proteggere in modo efficace i cittadini onesti. Quello che é certo, é che questa vicenda, oltre ad aver irrimediabilmente spezzato due giovani vite, accrescerà il senso si strisciante sfiducia nei confronti delle Istituzioni e nella Giustizia e penalizzerà sicuramente chi, al contrario, pagato il proprio debito alla società, merita di avere un’opportunità di costruirsi una nuova vita.

Nuoro: processo a Vallanzasca per calunnia ad agenti penitenziari

 

L’Unione Sarda, 11 maggio 2005

 

Prima di pensare alla grazia, chiesta nei giorni scorsi al presidente Carlo Azeglio Ciampi attraverso una lettera pubblicata dal quotidiano Libero, Renato Vallanzasca dovrà affrontare l’ultimo processo della sua lunga carriera criminale: quello che lo vede imputato davanti ai giudici del Tribunale di Nuoro con l’accusa di aver calunniato nel lontano 1994 gli agenti penitenziari di Badu ‘e carros. L’udienza è in calendario questa mattina, ma a quanto se ne sa anche questa volta l’ex boss della Comasina rinuncerà a comparire. Nelle scorse settimane comunque il Bel René ha finalmente nominato un difensore di fiducia, l’avvocato Alba Zizi, dopo che per anni (il processo si trascina stancamente dal ‘96) si era sempre affidato alle difese d’ufficio, segno che intende archiviare al più presto anche l’ultimo carico pendente. La vicenda giudiziaria che lo vede coinvolto risale ad oltre dieci anni fa, esattamente al maggio del ‘94 quando Vallanzasca presentò una denuncia in cui accusava le guardie penitenziarie di Badu ‘e Carros di averlo pestato. L’inchiesta contro gli agenti venne però archiviata e nei confronti di Vallanzasca scattò l’incriminazione per calunnia ("Il racconto fatto da Vallanzasca - spiegò il perito del pm - , che accusava perdita d’udito nell’orecchio destro, la caduta di un dente e sangue nelle urine a causa del presunto pestaggio, era del tutto inverosimile e non confermato da alcun dato clinico"). Il fatto è di poco precedente al clamoroso tentativo di evasione dal carcere di Nuoro di cui Vallanzasca fu protagonista l’anno successivo, nel ‘95, quando nella sua cella venne ritrovato un telefonino e una pistola che secondo gli inquirenti gli servivano per scappare, e nel quale rimase invischiato anche il suo legale di allora, che fu condannato per favoreggiamento. Ed è proprio nel corso del processo per la tentata evasione (finito in una condanna) che la difesa fece cenno alla denuncia per il presunto pestaggio, ipotizzando che il ritrovamento di pistola e telefonino potessero essere legati ad una ritorsione contro l’ergastolano. Gavoi, aperta un’inchiestaLa Procura di Nuoro ha iscritto nel registro degli indagati per lesioni colpose Pietro Lavra, il ventenne che lunedì sera in via Roma a Gavoi ha travolto con la propria auto due persone riducendole in fin di vita. La Fiat Punto che è piombata come un bolide sui malcapitati pedoni è stata messa sotto sequestro dai carabinieri della compagnia di Ottana al comando del capitano Vittorio Stingo. Restano sempre molto gravi intanto le condizioni dei feriti, Vito Soru, 37 anni di Gavoi, e Piero Mattu, 54, originario di Ovodda ma residente in Francia. Dei due a stare peggio è Soru, che ieri è stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico al San Francesco di Nuoro, dove è ricoverato insieme all’amico. Per entrambi la prognosi è riservatissima.

Genova: caso Barillà, da corte d’appello nuovo risarcimento

 

Secolo XIX, 11 maggio 2005

 

Genova Sarà nuovamente la corte d’appello di Genova ad occuparsi del caso di Daniele Barillà, l’imprenditore di Nova Milanese, vittima di un grave errore giudiziario. Ora i giudici dovranno decidere la quantificazione di una parte del danno subito in conseguenza all’ingiusta carcerazione della quale era stato vittima. La Cassazione ha, infatti, annullato l’ordinanza della corte d’appello di Genova richiedendo alla stessa una nuova quantificazione del danno.

Barillà, arrestato a Milano nel febbraio del 1992, fu al centro di un controverso caso giudiziario per essere stato detenuto ingiustamente per sette anni e mezzo, in 24 diversi penitenziari italiani. L’unica colpa dell’imprenditore era stata quella di avere un’auto uguale a quella di un noto trafficante di droga. Barillà, in tre gradi di giudizio, fu condannato a 18 e poi a 15 anni di carcere. La difesa riuscì poi ad ottenere la revisione del processo e a dimostrare che l’imprenditore non era un boss.

Da qui la richiesta di risarcimento ridotta dalla prima sezione della corte d’appello di Genova. Barillà aveva quindi presentato ricorso in Cassazione attraverso l’avvocato Mauro Ferrando, difensore di fiducia dell’imprenditore. La corte d’appello, infatti, oltre a due milioni di euro per danni alla persona, aveva limitato i danni patrimoniali (perdita dell’azienda e ridotta capacità lavorativa) a poco più di settecentomila euro, negando altresì il diritto di Barillà alla rifusione delle spese legali per gli avvocati per i cinque gradi di giudizio.

"Con quest’ultimo provvedimento - ha commentato l’avvocato Ferrando - la Cassazione ha ritenuto errata la decisione della prima sezione della corte d’appello annullandola e rinviando alla stessa corte d’appello di Genova per una nuova e corretta quantificazione".

"Sono lieto - ha proseguito l’avvocato Ferrando - del fatto che i giudici della suprema corte, mostrando notevole sensibilità, abbiano accolto le doglianze di Daniele Barillà in ordine all’iniqua riduzione del danno patito per la perdita di un’avviata impresa commerciale, per l’ingiustificato diniego alla rifusione di ingenti spese di giudizio che Daniele e la sua famiglia hanno dovuto sopportare con enormi sacrifici per proclamarne l’innocenza".

La vicenda di Barillà ebbe inizio il 13 febbraio del 1992 quando venne arrestato nell’ambito dell’operazione antidroga denominata "Pantera" condotta dai carabinieri del Ros di Genova. Barillà venne fermato dai militari mentre si trovava a bordo di una Fiat Tipo rossa, simile a quella di un boss milanese. Barillà riuscì ad ottenere la revisione del processo dimostrando che si era verificato uno scambio di persona. Il 17 luglio del 2000 la corte d’appello di Genova assolse l’imprenditore lombardo per non aver commesso il fatto. Nel frattempo però aveva scontato sette anni e mezzo di ingiusta detenzione. La vicenda ha recentemente ispirato una fiction tv in due puntate, "L’Uomo sbagliato", interpretata da Beppe Fiorello e Antonia Liskova per la regia di Stefano Reali.

Milano: da mesi i trattamenti metadonici sono inadeguati

lettera di Augusto Magnone, ex Primario Ser.T. della Ussl 39 di Milano

 

Egregio Direttore, le scrivo per informarla di quanto sta avvenendo nel carcere di San Vittore da circa un mese. Un numero crescente di detenuti eroinodipendenti riferisce trattamenti metadonici inadeguati per dosaggio e durata. Ad alcuni vengono imposti esclusivamente trattamenti a scalare, adducendo non motivi clinici ma leggi o normative inesistenti, ad altri viene rifiutato il trattamento, perché prima di entrare a San Vittore non erano in carico al Sert. Interpellati dei medici del servizio, mi è stato riferito che questa situazione dipende da disposizioni impartite dalla responsabile dell’unità operativa.

Le faccio presente che la terapia con metadone, come potranno confermarle il dottor Riccardo Gatti, coordinatore del Sert dell’ASL città di Milano nonché membro della Consulta nazionale per le tossicodipendenze od il dottor Mollica, da anni nel Direttivo della più prestigiosa società medico scientifica operante in materia, è stata la modalità di trattamento più rigorosamente studiata e che ha prodotto risultati positivi incontrovertibili.

Numerosi studi condotti sui trattamenti dell’ eroinodipendenza hanno dimostrano una efficacia tra il 60 e l’ 80% per i trattamenti con metadone a tempo protratto contro il 40-50% dei trattamenti con buprenorfina a mantenimento, il 5- 20% dei trattamenti metadonici a scalare ed il 5-20% dei trattamenti comunitari.

La richiesta di un trattamento con metadone da parte di un paziente eroino-dipendente è lecita e può essere rifiutata solo se esistono controindicazioni cliniche. I dosaggi e la durata devono essere valutati caso per caso, sulla base dei risultati ottenuti e degli obiettivi che si intendono raggiungere. Il rifiuto di utilizzare tale farmaco, se non adeguatamente motivato, è espressione di mancanza della dovuta deontologia professionale; i dosaggi e la durata dei trattamenti, se inadeguati, dimostrano una insufficiente preparazione scientifica, fatto particolarmente grave trattandosi di un medico responsabile di un’unità operativa. Tutto questo sarebbe un discorso puramente accademico se non fosse per le conseguenze rilevabili sia sulla salute che sul comportamento dei detenuti mal curati (gravi sofferenze per le crisi di astinenza, aumento degli atti di autolesionismo, aumentata conflittualità con gli agenti di custodia e gli altri detenuti, perdita del rapporto fiduciario con il personale sanitario, eccessivo ricorso a psicofarmaci , elevato numero di recidive all’uscita dal carcere, ecc.). Auspico che in tempi brevissimi, dato che tali disposizioni provocano quotidianamente delle sofferenze facilmente evitabili, si provveda per un ritorno alla dovuta normalità.

Appalti: sotto inchiesta amministratore delegato di "Patrimonio spa"

 

Apcom, 11 maggio 2005

 

"Dal timone di "Patrimonio dello Stato spa", la società del ministero dell’Economia che punta a far fruttare i beni pubblici, l’amministratore delegato Massimo Ponzellini è l’uomo che ora dovrebbe "vendere" le spiagge. Intanto, però, la Procura di Milano ipotizza una corruzione e lo indaga per le modalità dei primi passi della valorizzazione patrimoniale di un altro cespite statale: le carceri italiane". Lo scrive oggi il Corriere della Sera aggiungendo: " Tutta colpa di alcune conversazioni con l’imprenditore Marcellino Gavio intercettate dalla Guardia di Finanza nel corso nell’inchiesta sulla società autostradale "Milano Mare" (ex Serravalle): depositate ora agli atti a disposizione degli archiviati, i pm Alfredo Robledo e Stefano Civardi le hanno stralciate e trasmesse per competenza alla Procura di Roma, dove il pm Pietro Giordano in una differente e precedente inchiesta sul "mattone a sbarre" ha già indagato il consulente per l’edilizia penitenziaria del ministro della Giustizia, il leghista Giuseppe Magni".

"È proprio intercettando Gavio, scalpitante socio privato della "Milano Mare" - specifica il quotidiano di via Solferino - che il Nucleo provinciale della Gdf "ascolta" il 26 aprile 2004 la segretaria di Ponzellini mentre fissa a Gavio un incontro voluto da Ponzellini "con il dottor Magni, che è un diretto collaboratore del ministro Castelli".

Medici penitenziari si incateneranno contro riforma sanitaria

 

Ansa, 11 maggio 2005

 

Contro la riforma che intende riorganizzare il loro lavoro, i medici penitenziari protesteranno incatenandosi ed imbavagliandosi. La protesta, che li farà in qualche modo assomigliare ai loro assistiti reclusi, scatterà proprio il primo giorno del loro congresso nazionale, giovedì 12 maggio, a Ischia, dove 300 medici dell’Amapi, l’Associazione medici amministrazione penitenziaria, si riuniranno per tre giorni. Quella che si profila, secondo l’Amapi, è infatti una "controriforma imposta dall’alto dal ministro Roberto Castelli e dal capo del Dap Giovanni Tinebra che devasterà sia la dignità professionale che l’opera a tutela della salute della popolazione detenuta".

Della riforma i medici penitenziari contestano la "retrocessione dei medici incaricati a medici a convenzione", ma anche "l’imposizione delle incompatibilità che provocherà di fatto l’abbandono del nostro lavoro in carcere" ed il passaggio della medicina specialistica alle Asl, smantellando cosi l’unitarietà della medicina penitenziaria.

All’ordine del giorno la situazione dei 57.000 detenuti rinchiusi nelle carceri italiane: "Le preoccupanti condizioni di sovraffollamento creano un clima di difficile convivenza. e si registrano limiti di violazione dei diritti umani", afferma Francesco Ceraudo, presidente dell’Amapi e del coordinamento internazionale dei medici penitenziari che riassume in questi dati il quadro della medicina penitenziaria: 20.000 tossicodipendenti, 21.500 extracomunitari, 8.600 affetti da epatite virale cronica, 4.000 sieropositivi per Hiv, 6.500 disturbati mentali.

E quello che Ceraudo definisce "un vero e proprio bollettino di guerra" prosegue conteggiando nel 2004 "52 suicidi, 1.110 tentativi di suicidio, 6.450 scioperi della fame, 4.850 episodi di autolesionismo". Una situazione, spiega Ceraudo, "che medici ed infermieri si trovano a gestire tra mille difficoltà e con scarsissimi mezzi a disposizione. Così adesso, dopo aver perso la libertà, rischiano di perdere la salute".

O talvolta la vita, prosegue riferendosi ai suicidi: Nei primi 4 mesi del 2005 sono avvenuti già 21 suicidi e molti sono i tentativi di suicidio a livello dimostrativo che non sfociano nella morte solo per il pronto intervento dei medici, degli infermieri e della polizia penitenziaria. Anche per questo dal congresso di Ischia i medici penitenziari "rivolgeranno un accorato appello al Parlamento, perché venga approvato al più presto il Ddl 4127 (primo firmatario l’on. Mario Pepe) che recuperando gravissimi ritardi, conferisce ai medici e agli infermieri che lavorano nelle strutture penitenziarie dignità professionale e tutela dei rischi".

Roma: Cento; a Rebibbia fatti gravi confermano emergenza

 

Ansa, 11 maggio 2005

 

"La notizia, uscita con un mese di ritardo, della morte di una detenuta a Rebibbia e quella che da diversi giorni circola dei casi di varicella sono fatti gravi che denunciano una situazione sempre più insostenibile cui sono sottoposte le oltre 300 detenute del carcere romano". Lo ha detto il deputato verde Paolo Cento, vicepresidente della commissione Giustizia della Camera, che ha annunciato la presentazione di una interpellanza al ministro della Giustizia Roberto Castelli. Secondo Cento, c’è un’emergenza che continua ad essere negata dal ministro Castelli e che invece richiede interventi immediati. Anche per questo è forte la responsabilità politica che continua ad ostacolare indulto e amnistia, cioè quel provvedimento di clemenza che consentirebbe di affrontare l’emergenza carceraria in attesa di una riforma del sistema delle sanzioni penali.

Milano: i banchetti ufficiali saranno targati S. Vittore

 

Vita, 11 maggio 2005

 

Il servizio catering dei rinfreschi che la Provincia di Milano offrirà al termine di cerimonie, convegni e conferenze sarà targato San Vittore. Sono state avviate le procedure per poter stipulare l’accordo al più presto. Lo ha annunciato il presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati, durante la presentazione di un’iniziativa musicale all’interno del carcere di San Vittore a Milano. È già stata inviata la richiesta alla magistratura di sorveglianza per ottenere il permesso e per organizzare i controlli e gli accompagnamenti per l’uscita dei detenuti che frequentano i corsi di cucina del carcere. La provincia attende una risposta nelle prossime settimane e nel giro di duo o tre mesi la collaborazione potrà essere avviata.

Castrovillari (Cs): domani gare d’atletica con i detenuti

 

Quotidiano di Calabria, 11 maggio 2005

 

Domani mattina presso il campo sportivo si svolgerà una gara di atletica tra i detenuti del carcere castrovillarese ed una selezione di atleti locali nell’ambito dell’iniziativa "Vivilcarcere", appuntamento promosso dall’assessore allo sport, Anna De Gaio e dalla direzione della Casa Circondariale, a seguito di un protocollo d’intesa tra il Ministero della giustizia ed il Coni, teso proprio a incoraggiare momenti di attività motoria in favore dei detenuti, i cui obiettivi fondamentali sono l’educazione corporea e motoria per l’affermazione di quelle abitudini salutistiche che in una condizione di restrizione sarebbero difficile da coltivare nella quotidianità carceraria. "L’uscita dalla sedentarietà, la consapevolezza della salute psicofisica, il momento di socializzazione e di svago che provengono da una occasione del genere, dunque- aggiunge la De Gaio -, sono i capisaldi di questa manifestazione, che vede ancora una volta l’ente locale partecipare, attraverso progetti mirati,alla crescita umana di chi deve scontare la sua pena, a partire, questa volta, proprio dall’attività sportiva, da sempre importante, con le attività di tempo libero, per dare un forte contributo all’affermazione di quei valori su cui si fonda una reale convivenza e un gusto per la vita. Da qui il ruolo anche educativo dell’iniziativa che è una concreta opportunità di incontro e di reale promozione sportiva a tutti i livelli". L’amministrazione comunale, alla fine delle gare, offrirà delle medaglie ai partecipanti.

Brescia: oltre il muro, il calcio e il progetto carcere

 

Giornale di Brescia, 11 maggio 2005

 

A pieno ritmo proseguono gli impegni calcistici del Progetto-Carcere, sostenuto dalla Provincia di Brescia e dalla Regione Lombardia e realizzato grazie alla collaborazione della Direzione carceraria e del personale penitenziario. Nella Casa circondariale cittadina di Canton Mombello, dopo i corsi di tennis, nella Sezione Sud è iniziato il 23° torneo di calcetto con sei squadre partecipanti: quattro formate da detenuti e due esterne, costituite da studenti degli istituti superiori dell’Ipsia Moretto Brescia e del Lorenzo Gigli di Rovato. Sabato scorso è stato proprio il derby tra i ragazzi ad inaugurare il torneo che ha visto la vittoria per 10-6 dell’Ipsia, che poi ha pareggiato 6-6 con la Sud n. 1. Oggi in campo le quattro formazioni dei detenuti e sabato doppio impegno del Rovato. Domani è in programma la presentazione della manifestazione calcistica "Oltre il Muro", una partita di calcio in programma domenica prossima all’Oratorio Buffalora con la partecipazione di detenuti ed operatori penitenziari.

Pescara: dopo arresto medico, sospesi infermiere e agente

 

Ansa, 11 maggio 2005

 

Un infermiere e un agente del carcere di Pescara sono stati sospesi dal servizio su provvedimento della magistratura nell’ambito delle indagini che in aprile hanno condotto all’arresto del medico del penitenziario, Vincenzo Giuliani, 45 anni, di Foggia. I provvedimenti riguardano il caposala, di Chieti, e l’assistente capo di Polizia Penitenziaria, di Carpineto della Nora, nel Pescarese. L’infermiere avrebbe contraffatto il registro delle prescrizioni mediche evitando la detenzione ad una pregiudicata. L’agente, invece, in due diverse circostanze avrebbe beneficiato di certificati medici, rilasciati da Giuliani, attestanti una falsa malattia. Durante l’assenza, però - secondo l’accusa - l’agente avrebbe compiuto lavori di ristrutturazione nello studio del medico, affidati alla ditta edile intestata a sua moglie.

Empoli: "I semi della libertà", il cibo e la povertà del mondo

 

Comunicato stampa, 11 maggio 2005

 

Sabato 14 maggio alle 16,30 si conclude il percorso di laboratorio teatrale "I semi della libertà": il cibo e la povertà del mondo. Le detenute in una performance tra il serio e il comico. Il progetto è sostenuto e promosso dalla Regione Toscana. Lo spettacolo andrà in replica in estate, "aperto" al pubblico.

Saranno ancora loro le protagoniste. Le ospiti della Casa Circondariale femminile a custodia attenuata di Empoli andranno in scena sabato 14 maggio 2005 alle 16,30 con I semi della libertà, una performance tra il serio e il comico che affronta le grandi contraddizioni legate al cibo e al mondo più povero. Lo spettacolo è l’atto finale del percorso di laboratorio teatrale per quest’anno, condotto nel carcere da Luana Ranallo e Maria Teresa Delogu della compagnia teatrale Giallo Mare Minimal Teatro di Empoli.

L’attività di fare teatro in carcere è un progetto sostenuto e promosso dalla Regione Toscana ormai da molti anni, da Empoli a Sollicciano, da Arezzo, a San Gimignano, a Volterra.

Lo spettacolo di sabato è il punto di arrivo di un percorso compiuto insieme alle detenute, in un’ottica di drammaturgia teatrale che le vede sempre coinvolte nell’atto creativo, dall’elaborazione, alle scelte, all’improvvisazione durante tutto il percorso di lavoro.

I semi della libertà è una rappresentazione sul cibo e la povertà. Se nel ricco e opulento occidente il rapporto con il cibo è distorto e intricato da problemi di sovvrappeso, anoressie, bulimie, obesità, nel sud del mondo il quadro si rovescia specularmene. La denutrizione, la fame, la malnutrizione sono difficoltà quotidiane. Si sono quindi svelati i legami fra rapporti commerciali, interessi politici, rapporti di forza e istituzionali. Una performance che in maniera simbolica, a volte clownesca, a volte epica, rimanda ai significati sacrali e ancestrali del legame con il cibo, che tocca i punti della storia dalla scoperta dell’america ai conquistadores, che evoca con simpatia i rapporti squilibrati del mondo contemporaneo. Lo spettacolo andrà in replica anche durante l’estate, aperto al pubblico, in modo da poter, entrare in contatto con il maggior numero possibile di spettatori e interessati ai progetti di carattere culturale che si svolgono all’interno delle mura carcerarie.

L’attività di laboratorio teatrale insieme alle detenute riprenderà a breve. L’opera che sarà rielaborata e rivista in maniera originale è La casa di Bernarda Alba di G. Lorca. Le compagnie che operano all’interno delle carceri toscane si sono riunite in un Coordinamento Regionale, riconosciuto e sostenuto dalla stessa Regione. Patrizia Tellini, ufficio stampa tel. 0571.757626 o 80516 - fax: 0571.757823 e-mail: ragazzefuori@virgilio.it

Benevento: formazione professionale opportunità di reinserimento

 

Comunicato stampa, 11 maggio 2005

 

Consegnati gli attestati di qualifica professionale ai ristretti che hanno partecipato ai corsi di formazione professionale organizzati dalla Regione Campania all’interno della struttura penitenziari. In data 11.5.05 presso la Casa Circondariale di Benevento sono stati consegnati gli attestati di qualifica professionale conseguiti dai ristretti che hanno partecipato alle attività di formazione professionale all’interno della struttura penitenziaria.

Hanno partecipato alla cerimonia il dottor Angrisani – Dirigente del Settore O.R.ME.L. della Regione Campania; il dottor Chiavelli - Direttore dello STAP F.P. di Benevento; la dott.ssa Caragliano - Dirigente Regionale Misura 3.4; la sig.ra Cucciniello - Dirigente servizio F.P. di Benevento; il sig. Maria Salvatore - Responsabile del settore formativo presso la Casa Circondariale; oltre ai docenti dei vari corsi professionali e gli operatori penitenziari.

Il Direttore dell’Istituto ha introdotto la cerimonia con un messaggio di ringraziamento rivolto alle autorità presenti, ponendo l’accento sull’importanza dei percorsi formativi quale elemento di trattamento fortemente proiettato verso il futuro reinserimento lavorativo dei detenuti. Si è inoltre soffermato sul clima di collaborazione e di intesa tra gli operatori esterni e quelli interni, di polizia penitenziaria e dell’area educativa, che hanno consentito una gestione serena e proficua delle varie attività svolte, auspicando per il futuro uno sbocco concreto all’esterno nel mondo del lavoro.

Il dr. Chiavelli ha posto l’accento sulla partecipazione attiva ed emotiva del corpo docente e degli allievi quale valore aggiunto dei percorsi formativi svolti. Il dottor Angrisani, nell’esprimere il proprio compiacimento per i risultati conseguiti, ha assicurato l’impegno del suo ufficio per la continuità dell’offerta formativa. Non sono mancati, infine, i messaggi di ringraziamento -commoventi e simpatici al tempo stesso - degli allievi dei corsi.

 

 

Precedente Home Su Successiva