Rassegna stampa 30 luglio

 

Sicurezza: Pacchetto Pisanu, Unione contesta blindatura testo

 

Apcom, 30 luglio 2005

 

Nelle commissioni congiunte di Affari Costituzionali e Giustizia della Camera l’opposizione ha contestato la scelta del governo di "blindare" il dl Pisanu sulla sicurezza e di respingere quindi gli emendamenti presentati dall’opposizione. In particolare, denuncia Paolo Cento dei Verdi, "si contesta la scelta di approvare un testo in 24 ore senza discussione". Le contestazioni, con interventi politici, hanno dunque ritardato l’esame degli emendamenti che è iniziato a ore di distanza dall’inizio della seduta (intorno alle 21.30). La decisione, in nottata.

A quanto si apprende da fonti parlamentari, mentre il rappresentante del governo, il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano avrebbe dimostrato una sostanziale irremovibilità sul provvedimento, il presidente della commissione Giustizia Gaetano Pecorella (che ha presentato due emendamenti agli articoli 10 e 3) e Carlo Taormina avrebbero ammesso che la giustezza di diversi rilievi garantisti presentati dall’opposizione. In particolare, l’Unione (comunque divisa tra sinistra radicale e riformisti sul voto al decreto, la prima ha votato no al Senato, i secondi sì) insiste sull’adozione di strumenti di garanzia per i provvedimenti di espulsione e per il prelievo della saliva finalizzato al test del dna sui sospettati di terrorismo. Inoltre, l’opposizione insiste sulla necessità di circoscrivere i poteri del capo del governo sulle intercettazioni preventive attraverso i servizi di sicurezza e di evitare che l’esercito diventi un’altra forza di polizia nel paese. Intanto, si apprende, la Margherita ha ritirato tutti i suoi emendamenti rinviandoli al "comitato dei 9" che si riunirà domattina prima che il dl approdi in Aula (convocata per le 10).

Sicurezza: Mantovano; no da Governo a emendamenti Unione

 

Apcom, 30 luglio 2005

 

Due emendamenti al dl Pisanu sono stati presentati anche dal presidente della Commissione Giustizia di Montecitorio Gaetano Pecorella. Le due richieste di modifica riguardano l’articolo 10 e l’articolo 3. Domani il pacchetto dovrebbe andare all’esame dell’Aula della Camera (ore 10) e, nel caso di modifiche, tornare al Senato. Il governo esprime "parere negativo" sugli emendamenti presentati dall’Unione al decreto sul pacchetto sicurezza Pisanu che sta per essere esaminato nelle commissioni congiunte Affari costituzionali e Giustizia della Camera. Lo annuncia ai giornalisti il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano.

Sicurezza: Berlusconi; Pacchetto Pisanu, azione importantissima

 

Ansa, 30 luglio 2005

 

Apprezzamento unanime da tutte le forze politiche per il blitz dei Nocs che ha portato all’arresto a Roma di uno dei presunti attentatori del 21 luglio a Londra. Il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi si è congratulato con il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu, che ieri ha dato l’annuncio dell’arresto del "quarto attentatore del 21 luglio a Londra". Il premier Silvio Berlusconi ha definito "brillante" l’operazione antiterrorismo effettuata ed ha pregato il ministro dell’Interno di esprimere il suo apprezzamento al capo della polizia, prefetto Gianni De Gennaro, e a agli uomini delle forze dell’ordine che hanno operato un arresto che Berlusconi giudica "importantissimo".

Ma l’allerta sul fronte del terrorismo resta alta: proprio ieri il decreto Pisanu è passato al Senato a larga maggioranza per iniziare il suo iter alla Camera, dove approderà questa mattina. "L’arresto compiuto", ha detto Pisanu, "è un bel segnale, proprio nel giorno in cui il Senato approva quasi all’unanimità il decreto antiterrorismo. Esso conferma non solo la validità del nostro sistema di sicurezza ma anche l’efficienza dei suoi raccordi internazionali". Ma il Viminale avverte anche di non abbassare la guardia: "Gli italiani debbono andare in vacanza secondo le loro preferenze", ha detto in mattinata lo stesso Pisanu, "considerando però realisticamente la minaccia terroristica". Sul fronte delle nuove norme Montecitorio ieri ha iniziato in commissione l’esame del testo che, però, potrebbe tornare al Senato agli inizi della prossima settimana se alla Camera passassero emendamenti, visto che ieri sera ne sono stati presentati 150. Ma il sottosegretario all’Interno, Mantovano, ha annunciato che il governo darà parere negativo a tutti gli emendamenti, blindando così di fatto il decreto.

Il provvedimento, che contiene le nuove norme per contrastare il terrorismo ha ricevuto, con quello della Cdl, il sostegno dei senatori dell’Ulivo (Ds, Margherita, Sdi) e dell’Udeur, mentre hanno votato contro Verdi, Prc, Pdci e "Il Cantiere". Ma all’interno della maggioranza la Lega ne approfitta per andare al contrattacco con le sue proposte bocciate. "Adesso e ancora più necessario la sospensione del trattato di Schengen", ha detto il ministro Roberto Calderoli, "perché se si fossero effettuati i controlli necessari questo personaggio sarebbe stato arrestato già al confine". Secondo Romano Prodi l’arresto di Hussain "dimostra che la cooperazione internazionale è uno strumento essenziale nella lotta al terrorismo". Per Rifondazione Comunista e Verdi invece quanto avvenuto "è la dimostrazione che i terroristi possono essere arrestati e individuati senza l’approvazione di norme come quelle del decreto Pisanu, che ledono i diritti e libertà". Di "positivo segnale di responsabilità" parla il sottosegretario alla Giustizia Santelli (Fi), secondo la quale il provvedimento approvato al Senato è "equilibrato e concilia le esigenze di sicurezza con la tutela della libertà". Nel centrodestra è unanime il sostegno al provvedimento, così come nella maggior parte dell’Unione. "Abbiamo votato convintamente il decreto", dice Rutelli. E il presidente dei senatori Ds Angius sottolinea: "Forse qualcuno dimentica che la libertà non è attaccata da questo decreto ma è minacciata oggi dal terrorismo". E Fanfani della Margherita dice: "Sul tema del terrorismo e della sicurezza non possono esserci divisioni perché prioritari sono rigore, certezze e garanzie".

I Verdi intanto ieri hanno annunciato un’interrogazione a Pisanu sul quanto accaduto a Claudio Dionesalvi, un insegnante di scuola media a Cosenza e attivista del movimento no-global, uno degli imputati nel processo in corso dinanzi ai giudici della Corte D’Assise di Cosenza, accusati di sovversione ed attentato agli organi dello Stato, attualmente incensurato. Partito ieri dall’aeroporto di Lamezia Terme, diretto a Città del Messico, il suo aereo ha effettuato uno scalo a Roma, dove giovane è stato fermato. Gli Stati Uniti hanno chiesto alla compagnia aerea di impedire a Dionesalvi di salire su un volo che avrebbe attraversato il loro spazio aereo. Così ora Cento chiede a Pisanu: "Chi ha comunicato il divieto di volo? Esiste una lista di cittadini italiani che, pur non essendo sottoposti ad alcuna misura restrittiva, risultano indesiderati agli Usa? Se la lista esiste, chi l’ha fornita? E come è stato individuato il nome di Dionesalvi?".

Sicurezza: inasprite pene per chi indossa chador e burqa in pubblico

 

Gazzetta del Sud, 30 luglio 2005

 

Il decreto Pisanu passa al Senato a larga maggioranza ed inizia il suo iter alla Camera, dove approderà in Aula già questa mattina. L’Assemblea di Montecitorio ha iniziato in commissione l’esame del testo che, però, potrebbe tornare al Senato agli inizi della prossima settimana se alla Camera passassero emendamenti: un’eventualità presa in considerazione dal presidente del Senato Marcello Pera che per martedì ha comunque convocato l’Aula.

Il provvedimento, che contiene le nuove norme per contrastare il terrorismo internazionale ha ricevuto, con quello della Cdl, il sostegno dei senatori dell’Ulivo (Ds, Margherita, Sdi) e dell’Udeur, mentre hanno votato contro Verdi, Prc, Pdci e "Il Cantiere". Soddisfatto il ministro dell’Interno, ancora prima che arrivi la pioggia di congratulazioni per l’arresto a Roma di uno dei quattro terroristi dei falliti attentati del 21 luglio a Londra. Giuseppe Pisanu sottolinea che al Senato è cominciata questa "giornata positiva per la lotta al terrorismo", anche perché l’Assemblea di Palazzo Madama "ha migliorato il testo in modo significativo". "Il decreto – spiega – è stato approvato a larghissima maggioranza e questo riflette l’unità degli italiani nella lotta al terrorismo. È il miglior incoraggiamento agli uomini impegnati per la nostra sicurezza".

Un’unione bipartisan che piace anche al presidente Pera, che si attribuisce il merito di aver insistito con il governo affinché il decreto appena approvato in Consiglio dei ministri fosse subito esaminato dal Parlamento, così da "non dare la sensazione sgradevole che il Parlamento andasse alla pausa estiva senza averlo preso in esame". E di "positivo segnale di responsabilità" parla il sottosegretario alla Giustizia, Jole Santelli (FI), secondo la quale quello approvato al Senato è "un provvedimento equilibrato, che concilia le esigenze di sicurezza con la tutela della libertà". Un testo che, per Nania di An, "rafforza la sicurezza dei cittadini".

Nel centrodestra è unanime e convinto il sostegno al provvedimento, così come nella maggior parte dell’Unione. "Abbiamo votato convintamente il decreto per la sicurezza", dice Francesco Rutelli. E il presidente dei senatori Ds Gavino Angius sottolinea: "Forse qualcuno dimentica che la libertà non è attaccata da questo decreto, ma è minacciata oggi dal terrorismo". Per questo, rileva Giuseppe Fanfani della Margherita, "sul tema del terrorismo e della sicurezza non possono esserci divisioni né fazioni perché prioritari sono rigore, certezze e garanzie".

Ma sul testo dure sono le critiche dei gruppi della sinistra radicale. Il Verde Pecoraro Scanio lo definisce "pericoloso per le libertà civili" e "debole contro il terrorismo"; motivazioni analoghe al no annunciato alla Camera dal capogruppo del Pdci Pino Sgobio, secondo il quale nel decreto "manca una strategia politica e di dialogo con il mondo islamico ed arabo". Va giù duro Franco Giordano del Pdci, che bolla come "completamente inefficace" il del Pisanu, perché le norme che contiene "intervengono su restringimenti delle libertà individuali e collettive".

L’esame nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera dovrebbe essere abbastanza spedito; tuttavia il centrosinistra presenterà una serie di emendamenti "migliorativi", come quelli approvati dal Senato. Tra le novità un emendamento della Lega Nord che inasprisce le pene per chi indossa in pubblico o in un luogo pubblico chador, burqa, caschi integrali e altro elemento che copra integralmente il volto di una persona.

Ettore Pirovano, capogruppo della Lega, spiega che l’emendamento "non è altro che l’inasprimento della legge 152 del 1975 che proibisce di circolare in luoghi pubblici con il viso coperto: si passa da 6 mesi a 1 anno a 1 e 2 anni e l’ammenda è passata da 1000 a 2000 euro". Inoltre i soldati dell’esercito italiano impiegati nella sorveglianza di possibili obiettivi terroristici potranno procedere alla perquisizione dei sospetti e al loro fermo. È quanto prevede un altro emendamento approvato dall’assemblea di Palazzo Madama. La proposta di modifica prevede comunque funzioni "ridotte" per l’esercito al quale non sono state riconosciute le prerogative della polizia giudiziaria. Le perquisizioni e il fermo potranno essere fatte solo nell’ipotesi di minacce di attentato con kamikaze.

Palmi: detenuto gravemente malato, esposto Procura per ricovero

 

Adnkronos, 30 luglio 2005

 

È rinchiuso nel carcere di Palmi in gravi condizioni di salute e ora il suo avvocato chiede con un esposto alla Procura della Repubblica della località calabrese che l’uomo venga ricoverato presso il Centro Nutrizionale del II Policlinico di Napoli. Protagonista della vicenda è Giovanni Totaro, 35 anni, che da tempo soffre di gravi patologie, tra cui una grave obesità e una sindrome di apnee notturne, e che da sette giorni per protesta rifiuta cibo e medicinali, affinché il suo ricovero avvenga il prima possibile. Ricovero che la stessa Corte d’Appello di Napoli ha già ordinato e disposto per ben tre volte, sulla base delle perizie d’ufficio e delle relazioni sanitarie stilate da tutti i carceri in cui Totaro è stato trasferito in questi ultimi due anni e dai quali è emerso che per i suoi problemi di salute l’uomo non è compatibile con il regime carcerario. Nonostante la Corte abbia definito il ricovero "urgente e d’esecuzione immediata", Giovanni Totaro resta tuttora nel carcere di Palmi. Con l’esposto alla Procura di Napoli, il suo avvocato Vittorio Trupiano chiede di appurare se esistono responsabilità penali del direttore del carcere e del suo direttore sanitario.

Milano: arrestati due detenuti in semilibertà e vigilantes

 

Corriere della Sera, 30 luglio 2005

 

Un gruppo sicuramente eterogeneo, da "guardie e ladri", votati chi alla rapina e chi allo spaccio di droga: l’ha scoperto e sgominato la Squadra mobile di Milano. Ne facevano parte due detenuti in regime di semilibertà ma anche alcune guardie giurate in servizio in un centro commerciale dell’hinterland milanese. Sono in tutto tredici gli arrestati con l’accusa, a vario titolo, di rapina a mano armata, ricettazione e spaccio di sostanze stupefacenti. I due detenuti provenivano dal carcere di Opera: Gioacchino Bonaventura, 41 anni, e Francesco Errede, 38 anni, invece di seguire – come succede ad altri reclusi – i programmi di lavoro e reinserimento previsti dalla condizione di semilibertà svolgevano tutt’altro genere di attività. Mentre erano fuori dal carcere, durante il giorno, secondo le indagini della polizia, si dedicavano a compiere rapine in istituti bancari lombardi e investivano i proventi dei "colpi" per procurarsi e spacciare droga, in particolare cocaina. Ad aiutare i due in semilibertà nelle rapine e nello spaccio erano gli altri arrestati nell’operazione Holiday, alcuni dei quali vigilantes in un centro commerciale di Cinisello Balsamo (Milano). Al gruppo, gli investigatori sono arrivati partendo da un’indagine che riguardava cinque rapine avvenute, negli anni scorsi, in istituti bancari lombardi. Il primo colpo risale al dicembre del 2002 quando i banditi (in quell’occasione Bonaventura, Errede e un altro pregiudicato, Antonino Romeo, secondo l’accusa) avevano sottratto circa settantamila euro alla Banca Intesa di Cinisello. Le rapine sono continuate, tra febbraio e marzo del 2003, in altri istituti di credito. Con i soldi ricavati veniva acquistata cocaina e, a questo punto, entravano in scena i vigilantes. Infatti, il centro commerciale di Cinisello Balsamo dove lavoravano era utilizzato come base operativa: qui avvenivano gli incontri con i fornitori, veniva acquistata la droga e poi spacciata in bar e altri locali dell’hinterland milanese.

Giustizia minorile: c’è una tenda scout nel cuore di Nisida

 

Avvenire, 30 luglio 2005

 

Nasce dall’incontro tra l’Agesci e la Comunità pubblica per i minori in misura cautelare l’esperienza dei campi estivi pensati per tendere una mano a chi ha commesso degli sbagli e vuole tornare a essere accettato.

Il silenzio caldo dell’isola, nell’ora che precede il pranzo, è interrotto dal trac clac concitato delle palline che battono contro le sponde del bigliardino e dalle grida di esultanza. Ragazzi giocano, visi indistinguibili nella penombra della piccola stanza, profili accennati nella controluce estiva che li protegge. Non si cimentano in partite estenuanti nel bar o nel circolo di un luogo di villeggiatura, non si sfidano al riparo di palme intrecciate sul legno di un lido balneare, eppure tutt’intorno c’è il mare e c’è il cielo che si confondono, la terraferma appare lontana e loro sono sopra un’isola. Nisida, che raccoglie il dolore e la speranza, il passato, il presente e forse il futuro. Lungo la strada che a curve strette sale verso la cima dove c’è il carcere minorile si incontrano le comunità per i ragazzi e i laboratori: "Il Ponte", la piccola fabbrica di ceramiche e una comunità che non ha ancora un nome proprio e che per indicarla bisogna recitare per intero la sua lunga definizione, "Comunità pubblica per minori in misura cautelare", oppure semplicemente chiedere della comunità dove stanno gli scout. Da qui provengono i suoni della partita a bigliardino.

Gli scout - non sono loro che giocano ma appunto alcuni ragazzi della Comunità pubblica - nella palazzina affacciata a picco sul mare e circondata da una folta vegetazione di macchia mediterranea hanno i loro "cantieri": campi di lavoro e di incontro, di fare, imparare, parlare. Mondi diversi si danno la mano e camminano fianco a fianco. Le storie tragiche e travagliate dei ragazzi di Nisida si specchiano in quelle più regolate e tranquille dei ragazzi dell’Agesci: "Al di là del vissuto di un ragazzo, c’è un adolescente con tutte le esigenze di un adolescente: voglia di giocare, di fare esperienze nuove, di fare gruppo, di fare sport" commenta Amedeo Triola, direttore della Comunità pubblica di Nisida. Si punta molto sulle attività, che sono tante, suggerite dal cammino scout dell’imparare facendo assieme. Ricetta che riscuote successo anche a Nisida: cinematografia, astronomia, meteorologia, topografia, protezione ambientale, carpenteria, nautica, costruzione pioneristica.

Ragazzi che non alzavano lo sguardo al cielo perché impegnati a guardarsi le spalle, che aspettavano la notte, perché il buio cela meglio le azioni poco pulite, che mai hanno badato al canto di un uccello o alla pioggia, si entusiasmano di fronte all’immensità delle stelle, alla spuma del mare, ad una panca o ad un tavolino di legno costruito con le loro mani, ad una barca in vetroresina o ad una canoa che hanno visto nascere e galleggiare, scoprendo le sfaccettature di anime capaci di assorbire e riflettere luce. "I ragazzi della Comunità pubblica di Nisida sono liberi di partecipare o meno alle attività - racconta Luca Brignone, capo scout come il fratello Andrea - alla fine però sono insieme a noi. Lavorano con noi e soprattutto chiacchierano con noi. Puntiamo dunque sulla socializzazione.

Difficoltà non mancano perché c’è un’immancabile diffidenza iniziale da parte dei ragazzi della Comunità pubblica che noi sciogliamo senza forzature, con rispetto, amicizia, collaborazione, solidarietà, in un clima di fratellanza, di fiducia e di divertimento. Per i gruppi scout Nisida è una tappa del cammino: fanno di questa esperienza un momento di crescita che riportano dove vivono, a scuola, nel quartiere impegnandosi per la legalità, per l’accoglienza dei ragazzi difficili, interrogandosi su che cosa si può fare perché altri ragazzi non commettano reati". Stare seduti di notte a parlare attorno a un fuoco può essere un’esperienza emozionante, il momento della perfetta integrazione: "È la gioia di stare insieme - ribadisce Amedeo Triola. - I nostri ragazzi raccontano le proprie esperienze, riflettono, capiscono che erano cattive e trovano da parte dei ragazzi scout accettazione e non rifiuto". Un fuoco di legna può fare più luce di mille neon e più rumore di mille cannoni.

Giustizia: caso Izzo, azione disciplinare di Castelli per giudici Palermo

 

Adnkronos, 30 luglio 2005

 

Il ministro della Giustizia Roberto Castelli ha avviato un’azione disciplinare nei confronti dei magistrati di Palermo che avevano concesso il regime di semilibertà ad Angelo Izzo, il "mostro del Circeo", che la scorsa primavera uccise la moglie e la figlia di un boss nei pressi di Campobasso. Il provvedimento, all’epoca, era stato firmato dal giudice Gabriella Gagliardi e dal presidente del Tribunale di sorveglianza Pietro Cavarretta.

Rwanda: scarcerazione di migliaia di detenuti per genocidio

 

Misna, 30 luglio 2005

 

È iniziata oggi la scarcerazione di alcune migliaia di detenuti accusati di aver preso parte al genocidio del 1994, gran parte dei quali ha confessato le proprie responsabilità e dovrà ora affrontare i cosiddetti tribunali popolari "Gacaca", corti locali chiamate ad affiancare con pieni poteri la magistratura ordinaria. L’iniziativa, annunciata nei giorni scorsi dalle autorità ruandesi, dovrebbe riguardare 36.000 prigionieri ma non è chiaro né il numero di quelli liberati in questa prima giornata – pare soprattutto gli ammalati e i più anziani, usciti dal carcere sorreggendosi a bastoni di legno - e né quanti verranno scarcerati in seguito.

Da informazioni raccolte sul posto, si apprende che il provvedimento riguarderebbe quattro categorie di detenuti: rei confessi della partecipazione ai massacri di undici anni fa, malati gravi (tra cui anche detenuti per reati comuni), anziani sopra i 70 anni e detenuti minorenni all’epoca dal genocidio; alcuni hanno già scontato interamente la condanna in carcere, altri la termineranno svolgendo lavori socialmente utili.

Fonti concordanti – confermate anche dal ministero della Giustizia – riferiscono che prima di queste ultime scarcerazioni in Rwanda i prigionieri erano circa 80-85.000, su una popolazione che nel "Paese delle Mille Colline" si aggira intorno ai 7 milioni di abitanti. Nel 2003 il governo del presidente Paul Kagame aveva aperto le porte del carcere a 22-24.000 detenuti sospettati del genocidio (che provocò tra mezzo milione e 800.000 vittime); l’anno scorso un’amnistia venne concessa a oltre 4.000 carcerati per reati comuni. Secondo fonti del Comitato Internazionale della Croce Rossa (Cicr) fino all’ultimo momento le autorità di Kigali non hanno reso noto la portata del provvedimento e ancora ieri sera gli istituti penitenziari non avevano le cifre esatte delle scarcerazioni. Nella provincia meridionale di Butare, verso il confine con il Burundi, sarebbero stati liberati 7.500 prigionieri, il cui futuro passa ora per i centri di rieducazione.

"Dopo la scarcerazione sono stati accompagnati in cinque scuole della zona, chiuse per la vacanze estive degli studenti, che si trasformeranno per un mese in "campi della solidarietà" spiega all’agenzia Misna padre Celestine Lwirangira, cappellano del carcere di Nyanza; tra questi anche il Collegio "Cristo Re" di Nyanza, dove stamani sono arrivati circa 1.200 ormai ex-detenuti in abiti civili, dopo aver abbandonando la tradizionale divisa di colore rosa. Nel penitenziario – costruito per ospitare meno di un migliaio di detenuti – ne sono rimasti circa 3.800, mentre nella vicina struttura carceraria di Mpanga – inaugurata l’anno scorso e già sovraffollata come tutti i penitenziari ruandesi – vi sarebbero rinchiuse ancora più di 7.000 persone, mentre in quella di Butare ve ne sarebbero 13.000, di cui 1.500 per reati comuni.

"Per il reinserimento sociale dei detenuti è innanzitutto necessario spiegare loro i meccanismi dei tribunali popolari "Macaca" (che significa "erba", perché le assemblee di villaggio si svolgevano all’aperto, ndr) dove molti di loro dovranno comparire" spiega ancora alla Misna padre Lwirangira. Chi ha confessato le proprie responsabilità nel genocidio del 1994 – di solito con una dichiarazione scritta in carcere - è stato liberato, suscitando le dure critiche delle associazioni dei sopravvissuti, ma dovrà comparire davanti alla giustizia.

"Le loro reazioni sono comprensibili" osserva il cappellano del carcere di Nyanza. "Ma questa scarcerazioni sono uno strumento per la riconciliazione: non è pensabile punire tutte le persone coinvolte nel genocidio, che probabilmente sono decine o forse centinaia di migliaia" aggiunge padre Lwirangira.

Tra i detenuti rimessi in libertà c’è chi ha gia subito una condanna dalla magistratura ordinaria e l’ha scontata interamente; c’è persino chi è stato in carcere più a lungo del previsto, come i detenuti minorenni all’epoca dei massacri: per legge la loro pena non poteva superare 10 anni, invece molti ne hanno trascorsi 11 dietro le sbarre. Ora verranno raccolti tutti in un unico campo di reinserimento, dove resteranno per un periodo superiore a un mese. In queste strutture gli ex-detenuti ricevono anche le istruzioni per svolgere i "lavori socialmente utili", comminati in alternativa alla detenzione carceraria: "È un modo di risarcire la comunità e collaborare a migliorare il Paese" aggiunge Lwirangira. Infine, c’è chi in carcere potrebbe tornare: "Se il tribunale Gacaca non accetta la confessione resa dall’imputato o se emergono altre imputazioni a suo carico, la corte può rimandarlo in carcere" dice ancora il cappellano alla Misna.

È già successo: anche se non ci sono cifre, il Comitato internazionale della Croce Rossa conferma che un numero elevato di detenuti scarcerati nel 2003 è stato successivamente imprigionato; la condanna massima per il reato di genocidio è la pena di morte. Davanti ai "Gacaca" – allestiti a livello delle "cellule", cioè le più piccole unità amministrative del Paese – si confronta un intero villaggio, dove le testimonianze di prigionieri, sopravvissuti ai massacri e familiari delle vittime dovrebbero diventare, nelle intenzioni delle autorità, occasione di confronto e riconciliazione. Avviati due anni fa, le Corti popolari sono operative solo da pochi mesi, ma la maggior parte ancora in fase di sperimentazione: solo pochi Gacaca hanno già emesso condanne, mentre gli altri si stanno soprattutto limitando alla fase "istruttoria" dei processi, raccogliendo informazioni. "Il rischio - aggiunge padre Lwirangira - è che qualcuno si sia auto-accusato del genocidio pur di uscire dal carcere", dove le condizioni di vita - secondo i pochi testimoni di organizzazioni umanitarie che vi sono entrati - sono estremamente dure, con pessime condizioni igienico-sanitarie e razioni di cibo scarse.

Le scarcerazioni di oggi riguardano gli imputati per episodi considerati ‘minorì del genocidio, mentre i pianificatori e gli organizzatori delle stragi del 1994 sono detenuti nelle carceri del Tribunale internazionale per il Rwanda di Arusha, in Tanzania, dove su 63 detenuti 19 sono ancora in attesa di processo.

Giustizia: abbandonare cani è reato, un italiano su due non lo sa

 

Provincia di Como, 30 luglio 2005

 

Abbandonare un animale è un reato che si paga anche con il carcere. A distanza di un anno dalla nuova legge sul maltrattamento che ha introdotto la sanzione penale, solo 47 italiani su 100 sanno che si rischia la reclusione fino ad un anno o un’ammenda da 1.000 a 10.000 euro. È questo il risultato di un’indagine sulla percezione del reato, effettuata dall’Osservatorio reati contro gli animali (Orca) dell’Enpa, in collaborazione con 17 sezioni della Protezione Animali in tutto il territorio nazionale. L’abbandono di Fido e del gattino di casa significa "commettere un reato" per oltre tre quarti (il 78,4%) degli intervistati ma il 16,9% interpellato lo considera un modo "per risolvere facilmente un problema di difficile soluzione" e persino, per il 4,8% del campione, "restituire la libertà a un animale".

Alla domanda sul perché gli animali vengano abbandonati, il 54,1% del campione ha risposto "per crudeltà". Per il 15,6% del campione, invece, gli animali vengono abbandonati "perché il proprietario deve andare in vacanza e non sa come comportarsi" mentre per il 15,2% "perché il proprietario si rende conto che tenere un animale in casa è un problema". Secondo il sondaggio, si abbandona anche "perché il proprietario deve andare in vacanza e gli alberghi non accettano animali" (il 9,5%).

Cpt, l’illusione di frenare le migrazioni con la repressione

di Alba Sasso e Katia Zanotti (Deputate Ds)

 

Aprile on-line, 30 luglio 2005

 

Il Forum nazionale contro i Cpt (Centri di permanenza temporanea), voluto e organizzato da Nichi Vendola lo scorso 11 luglio, ha segnato finalmente un nuovo orizzonte. C’è grande soddisfazione in chi, per tutti questi anni, si è battuto per la loro chiusura. Sostenerne il superamento significa allora "cambiare rotta", adottare una logica diversa per impostare le politiche dell’immigrazione. E significa soprattutto porre il tema dei diritti dei migranti all’attenzione dell’agenda politica del paese.

I Cpt sono luoghi di "non diritto", di negazione delle libertà personali, sono stati , in questi anni, moltiplicatori di clandestinità e uno dei principali strumenti di attuazione delle politiche repressive nei confronti dei migranti. Altro che filtro necessario per combattere la clandestinità! Bene che vada, si fa per dire, i Cpt sono diventati agghiaccianti sale d’aspetto in attesa del "vettore" per rimpatriare i clandestini. I migranti identificati e rimpatriati sono comunque al di sotto del 50%; una parte delle persone, terminati i 60 giorni di trattenimento, rientra nel circuito della clandestinità, e un’altra parte ancora è rinchiusa nel Cpt senza averne i titoli. Inoltre, il 60% dei trattenuti proviene dal carcere dopo aver scontato la pena: la detenzione nel Cpt diventa dunque un’incomprensibile estensione del periodo di carcerazione.

Contrariamente alle finalità della legge che li ha istituiti, dentro i Cpt incontriamo richiedenti asilo, badanti che, da tanti anni in Italia, in ragione del rigido meccanismo delle quote d’ingresso, non sono mai riuscite a regolarizzarsi, lavoratori in nero presi e portati al Cpt direttamente dai cantieri: insomma, persone identificate che sognerebbero di entrare nel circuito della legalità, ma che non ce la fanno.

Evidentemente, non si tiene sufficientemente presente la tipologia dei trattenuti dentro queste strutture, quando si afferma che per cambiare i Cpt basterebbe umanizzarli. Noi pensiamo che sia invece una realtà che, assieme alla grande questione della negazione della dignità e dei diritti umani dei migranti, preme per il loro superamento.

È importante, per questo motivo, che a Bari si sia ragionato di alcune premesse e che alle parole d’ordine siano seguite proposte come quella di un tavolo permanente regioni-governo sul tema dell’immigrazione, dopo una lunga assenza di dialogo impedito da questo governo.

Pensare, come si è fatto in questi anni, di controllare il fenomeno dell’immigrazione con leggi repressive e crudeli - come la Bossi-Fini - stretta tra una logica di mercato e una logica "d’ordine e sicurezza", secondo cui si trattano le persone come merci quando servono e si respingono quando non servono più, non solo è disumano ma è stupido e inammissibile.

Questa è la sfida: aprire le frontiere, superando la rigidità delle quote di ingresso, per favorire l’incontro tra domanda di migrazione e richiesta di manodopera; modificare radicalmente il meccanismo delle espulsioni; adoperarsi per superare la paura che nasce dall’idea che ogni clandestino sia un criminale, ma al tempo stesso combattere mafie e criminalità organizzata che attraggono nelle loro maglie la disperazione di tanti; agire per una legge sul diritto d’asilo che semplifichi le procedure per riconoscere lo status di rifugiati a chi fugge da guerra e terrore. Dice Monsignor Nozza direttore della Caritas: "Non c’è sicurezza per nessuno, senza solidarietà, coesione, giustizia sociale. Non c’è quando un paese si chiude a riccio". Per questo è lungo e complesso l’elenco delle cose da fare. Alcune da subito (perché non pensare ad un Osservatorio regionale che nei prossimi mesi svolga un’azione di monitoraggio del rispetto dei diritti all’interno dei Cpt?), altre quando l’Unione sarà auspicabilmente al governo: a partire dalla doverosa abrogazione della legge Bossi Fini.

Nel forum "Mare aperto" ha vinto la voglia concreta del fare, dell’andare avanti immettendo nell’agenda politica la questione dei migranti per farne questione di democrazia e di difesa dello stato di diritto. È stato importante il patto tra Regioni, la consapevolezza che occorre cooperazione già da subito per mettere in campo risposte alternative che "tutelino diritti e promuovano sicurezza sociale". È stato importante l’avvio di una discussione tra istituzioni, partiti, associazionismo, sindacati, arcipelago del volontariato, perché riguarda le politiche future dell’immigrazione su cui anche l’Unione dovrà aprire il confronto.

Si è detto a Bari che dovranno essere politiche di grande respiro e di grande ambizione. Perché la migrazione dei popoli nasce da nuovi equilibri o squilibri geopolitici, dal violento divario tra il centro dell’economia mondiale e la sterminata periferia del mondo "esclusa dal banchetto". Perciò occorre "rovesciare il tavolo". I migranti sono risorsa per il nostro futuro e per il nostro presente: i loro diritti, le loro libertà sono condizioni di democrazia.

 

 

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