Rassegna stampa 22 luglio

 

Tutti in prigione, a cominciare da chi parcheggia in seconda fila

di Andrea Boraschi e Luigi Manconi

 

A Buon Diritto, 22 luglio 2005

 

Nel 1977, Edoardo Bennato, musicista dall’alterna ispirazione e, tuttavia, autore di alcuni brani degni di memoria, cantava con sarcasmo: "In prigione, in prigione!". Un crescendo isterico in cui un giudice e infine una folla imbizzarrita, colti da raptus giustizialista, urlano il loro desiderio di sbattere in galera un po’ tutti: "tutti i professori, medici e dottori, notabili e avvocati e tutti i capi dei sindacati, tutti!". E, in effetti, l’umore derisorio di quella canzone coincideva con un periodo storico in cui una parte della nostra società appariva spaventata (e, comunque, sospettosa) del potere sanzionatorio dello Stato.

Oggi ci sembra di poter dire che il clima generale sia di segno diverso: al sentimento punitivo, stigmatizzato da Bennato e, poi, affermatosi, in varie forme e con vari esiti, nei primi anni ‘90, si va sostituendo qualcosa di più piccino e intimo, patologico e fobico: un bisogno estremo di protezione della propria sfera privata, nelle sue espressioni materiali così come nelle sue relazioni con i comportamenti e con gli stili di vita. Un elemento, tuttavia, resta inalterato nell’immaginario sociale: la prigione come soluzione unica e assoluta, risarcimento fatale per qualsivoglia sopruso, arbitrio o torto si ritenga di aver subito.

La galera, la cella, la gattabuia: quel luogo dove andrebbe rinchiuso chiunque, in un modo o nell’altro, finisca per recarci offesa o minacci di potercela recare; quel luogo che, oggi come allora, è percepito quale traduzione pubblica di ogni rivincita privata e quale soluzione disciplinare di ogni ossessione collettiva. Sia il vicino di casa o il lavavetri al semaforo, l’intera classe dirigente o al Qaida, a meritarla a vario titolo, "la galera" condensa una pletora di bisogni e di significati: che vanno dalla "sete di giustizia" al mantenimento della quiete pubblica, dalla rivalsa dell’umile sul prepotente al bisogno di "ordine" nel quartiere e sul pianeta.

Essa appare, sotto il profilo giuridico e sotto quello sociale, come una sorta di panacea, capace di garantire la legge, di punire e rieducare il colpevole, di proteggere la collettività; e risulta, nella mentalità comune (o almeno in una parte di essa), come luogo di allontanamento e nascondimento di ogni marginalità e devianza e come "discarica" dove precipitare ogni nemico della morale del tempo. Per questo, in galera, ci finisce un po’ chiunque: quello che uccide e quello che ruba la proverbiale mela, il grande peccatore e il povero cristo.

Da oggi in poi, è questa la notizia, può finirci anche chi parcheggia in seconda fila. Sì, proprio così: la Cassazione ha appena respinto il ricorso di un’automobilista romano, già condannato in secondo grado, che si opponeva a una sanzione che, oltre alla pena economica, prevedeva quindici giorni di carcere. Luigi C., questo il nome del reo, non solo ha contribuito con la sua scelleratezza a quelle pratiche di "sosta selvaggia" che rendono caotiche le nostre città: si è anche rifiutato di spostare la sua macchina quando Michele C., bloccato dal mezzo in sosta vietata, ha chiesto di poter uscire con il suo veicolo dal parcheggio.

"Violenza privata" e "coazione della parte offesa", perseguita sia attraverso una "condotta attiva, costituita dall’avere parcheggiato la propria autovettura in modo da bloccare quella della parte offesa e nel rifiuto all’invito a spostarla", sia "nella coazione subita da Michele C., costretto a un comportamento non liberamente voluto". Ossia "restare fermo", bloccato dall’auto di Luigi C. Questo dice la Cassazione: e, conseguentemente, vengono confermati quei quindici giorni di detenzione già previsti in secondo grado. Certo: di fronte a casi simili si potrebbe disquisire a lungo sui criteri d’interpretazione delle norme (e forse varrebbe la pena farlo): ma il punto vero è che il nostro ordinamento è afflitto da una ipertrofia penale, che finisce per sanzionare un po’ tutto; e che, guarda caso, tende irresistibilmente verso la detenzione ("in prigione, in prigione!"). Dunque, anche per chi parcheggia in seconda fila. Il che apre scenari inediti. Vi state mordendo le mani perché quell’automobilista cafone, con il suo parcheggio disinvolto, vi fa giungere in ritardo in ufficio? Beh, da oggi sapete cosa fare. Siete stanchi della signora del piano di sotto, un po’ impicciona, che sospettate sia proprio quella che vi sottrae la corrispondenza (sì, la bolletta mai giunta per la quale vi hanno staccato il telefono, e quel numero di Focus per il vostro piccino...)?

Sappiate che, se trovate un giudice sensibile al vostro dramma, potete mandarla in prigione ("in prigione, in prigione!"). E il fruttivendolo, allora? Uno così, se lo denunciate per "frode nell’esercizio del commercio", rischia fino a due anni di reclusione: ma è stato lui a chiudere un occhio e a credere alla vostra buona fede quando gli avete allungato quei venti euro falsi (che sicuramente vi ha dato di resto il parcheggiatore abusivo davanti all’ufficio...); e, invece, avrebbe potuto denunciarvi per "spendita di monete falsificate ricevute in buona fede" (art. 457, fino a sei mesi di reclusione): o per "appropriazione di cose smarrite, del tesoro e di cose avute per errore o caso fortuito" (articolo 647, fino a un anno di reclusione). D’accordo, sembrano paradossi: ma non più di quanto lo sia una reclusione di quindici giorni per sosta in doppia fila. E, probabilmente, Luigi C. non ne apprezza il sottile umorismo.

Giustizia: via libera al "pacchetto sicurezza", ddl per superprocura

 

Adnkronos, 22 luglio 2005

 

Approvato il "pacchetto sicurezza" che contiene le misure predisposte dal governo per fronteggiare la minaccia terroristica. "Un decreto in 19 articoli frutto del lavoro collettivo", dice il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu sottolineando che "è aperto ai contributi positivi che possono venire da ogni parte del Parlamento" e che non "si tratta di leggi speciali". Anche il premier Silvio Berlusconi parla di collaborazione tra le forze di maggioranza: "Sui giornali ho visto che si parla di presunte divisioni all’interno della coalizione. Non capisco. Se c’è un momento con un clima di collaborazione, unità, cordialità e simpatia tra di noi, è stato proprio questo".

In particolare, il premier respinge le accuse di chi ha definito la coalizione incapace di decidere: "Non è vero che siamo incapaci di decidere". Quanto al progetto di una superprocura antiterrorismo per contrastare il fenomeno, il presidente del Consiglio spiega che dal Cdm è arrivato il via libera ad un ddl. La scelta di questo iter è per il premier un segno di disponibilità al confronto con l’opposizione. "Abbiamo approvato un disegno di legge per l’istituzione di una procura antiterrorismo perché anche l’opposizione ha presentato un ddl al riguardo e siccome la lotta al terrorismo ci deve vedere uniti, abbiamo ritenuto che fosse bene convogliare pure le proposte e i suggerimenti dell’opposizione così da metterle insieme in uno stesso provvedimento" che avrà un iter privilegiato in Parlamento.

Il ministro dell’Interno entra nel dettaglio del provvedimento che prevede, tra l’altro, "un rafforzamento del quadro investigativo con la creazione di task force di Carabinieri, Polizia e Guardia di finanza" e l’introduzione nell’ordinamento del "delitto di addestramento o di istruzione alla preparazione o all’uso di materiali esplosivi". Non viene sospeso il trattato di Schengen. Prevista anche la possibilità data al pubblico ministero di autorizzare la polizia a giudiziaria a "compiere accertamenti del Dna attraverso prelievi di saliva". Poi aggiunge: "Le riunioni del Ciis (Comitato Interministeriale per le Informazioni e la Sicurezza) sono coperte dal segreto ma posso dire che abbiamo dato ai servizi direttive sulla mobilità del personale che consentono di dismettere professionalità obsolete e acquisire professionalità più moderne ai fini, ovviamente, del miglioramento dell’efficacia del loro lavoro".

Prevista la possibilità di "espulsione rapida dal territorio nazionale ad opera del ministro dell’Interno e dei prefetti di stranieri pericolosi per la sicurezza nazionale e l’ordine pubblico". Vengono poi adottate "delle norme per controllare il traffico di telefonia e di Internet, non puntando al contenuto delle informazioni bensì al traffico" che non verranno cancellati fino al 31 dicembre 2007. Prevista anche "una licenza apposita del questore per gli esercizi pubblici e i circoli privati dove vi siano terminali Internet a disposizione del pubblico". Il provvedimento disciplina "con particolare cura" l’importazione, la commercializzazione, il trasporto e l’impiego di esplosivi", ed interviene "anche su attività di volo per le quali il ministro dell’Interno può disporre particolari limitazioni anche nei confronti di chi è già in possesso di una specifica abilitazione".

Disposto anche il prolungamento da 12 a 24 ore del termine del fermo per l’identificazione di persone sospette e l’ampliamento dei casi di arresto obbligatorio "nella flagranza di delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento democratico". Viene poi "integrata la disciplina sulle misure di prevenzione ripristinando l’arresto fuori flagranza per violazione agli obblighi di sorveglianza speciale".

Viene poi "consentito in ambito portuale, nelle stazioni ferroviarie, nelle metropolitane e dei trasporti urbani l’affidamento di servizi di sicurezza sussidiaria a non appartenenti alle forze dell’ordine". Al presidente del Consiglio verrà conferito "il potere di delegare il direttore del Sisde e del Sismi a chiedere direttamente al magistrato l’autorizzazione a fare intercettazioni telefoniche". Chi ha commesso reati sotto falso nome "non potrà più godere di benefici penali", mentre "vengono recepite nel codice penale - aggiunge Pisanu - le definizioni di atto terroristico già adottate in sedi internazionali". In programma anche "l’adozione di provvedimenti provvisori per il congelamento dei beni" per impedire che le risorse a disposizione delle organizzazioni terroristiche possano esser disperse, nascoste o utilizzate per il finanziamento di attività terroristiche. Vengono poi "dettate norme per limitare al massimo l’impiego della polizia giudiziaria in materia di notifica degli atti. Un compito che sarà limitato ai reati più gravi, quelli di mafia o di terrorismo". Al ministro dell’Interno sarà poi conferito "il potere di autorizzare il capo della polizia, in situazioni di emergenza grave, a derogare dalle disposizioni vigenti in materia di spesa, ma sempre - precisa Pisanu - in stretta correlazione con l’autorità del ministro dell’Economia".

In Italia il livello di allerta è "alto come in tutti i Paesi europei dopo i fatti tragici di Londra" e gli attacchi degli ultimi giorni "ancora da interpretare compiutamente". Una minaccia terroristica, spiega Pisanu, "incombente tutti i giorni". Il decreto è stato approvato all’unanimità ad eccezione dell’articolo 2 che ha visto il voto contrario della Lega. "Siamo soddisfatti del decreto approvato dal Consiglio dei ministri perché c’è una serie di misure che riempiono i vuoti. Il decreto è stato approvato tutto all’unanimità tranne l’articolo 2 che ci vede contrari, cioè quello che concede permessi di soggiorno premio a chi fornisce informazioni", dice Roberto Calderoli.

Il ministro per le Riforme spiega che Lega è contraria ai permessi premio perché "è difficile verificare la reale volontà di collaborazione e questo strumento potrebbe prestarsi a un uso fraudolento per ottenere il permesso". Poi l’attacco al capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi che oggi ha invitato a non sospendere il trattato di Schengen per l’allarme terrorismo. "Ognuno può dire quello che vuole. C’è una parte che fa le leggi e la politica e un’altra parte che fa il Presidente della Repubblica e il Presidente della Repubblica non dovrebbe fare politica". Anche il ministro della Giustizia Roberto Castelli esprime "grandissima soddisfazione" per il testo "pienamente condiviso" del pacchetto antiterrorismo.

Il ministro degli Esteri Gianfranco Fini fa sapere poi che "la Farnesina ha dato vita a una serie di incontri con le autorità dei Paesi musulmani per far comprendere che l’Italia rifiuta l’equazione Islam uguale ignoranza o ancora peggio Islam uguale terrorismo perché questa equazione fa solo il gioco di Zarkawi e di Bin Laden e che può determinare xenofobia e la criminalizzazione delle comunità musulmane".

Teramo: detenuto suicida era tornato in carcere dopo evasione

 

Il Messaggero, 22 luglio 2005

 

Lo hanno trovato riverso nel bagno della cella, ormai senza vita, impiccato con un cappio rudimentale del lenzuolo del suo letto avvolto attorno alle sbarre della finestrella. Vincenzo Donvito, 39 anni, barese, è il secondo detenuto che si toglie la vita nel carcere di Castrogno negli ultimi tre mesi. Il 23 aprile stessa sorte era toccata a Domenico Gentile, 56enne chietino. Donvito era in carcere per l’omicidio di una donna anziana in Puglia e avrebbe finito di scontare la sua pena a 20 anni di reclusione nel 2017. Anche lui come Gentile non aveva particolari pecche nella condotta all’interno del carcere tanto da usufruire del programma di collaborazione tra la direzione della casa circondariale, l’associazione di volontariato e l’organizzazione della Coppa Interamnia che aveva portato lui e altri detenuti a servire i pasti alla mensa atleti dell’ultima edizione dell’Interamnia World Cup.

Ed è proprio in questa occasione che Donvito aveva riassaporato la libertà, anche se momentanea, e dal mattino fino alle 22 di sera, ma aveva ecceduto, approfittando del privilegio concessogli: giovedì 8 luglio non si era ripresentato a Castrogno ma aveva preso la via di casa. Prima con un bus fino a Giulianova, poi in treno fino a Triggiano di Bari, a casa di parenti. Una fuga breve, un rifugio prevedibile per gli agenti di polizia penitenziaria che lo avevano recuperato immediatamente, all’indomani, mentre dormiva. Arrestato per evasione, era rientrato dopo sole 48 ore in una cella di Castrogno. Qualcosa si era rotto nell’equilibrio di Donvito. Prima per l’uscita di cella con il permesso, poi l’evasione verso la libertà e la famiglia, poi di nuovo l’arresto: la scorsa notte non ha retto a tutto questo, forse, e ha scelto di farla finita. La scoperta del cadavere in mattinata, da parte degli agenti di guardia, inutili i soccorsi. La magistratura ha aperto un’inchiesta, vuole capire a distanza di tre mesi dal suicidio dell’altro condannato per tentativo di omicidio di una prostituta. In quel caso Gentile era a poco più di un anno dalla liberazione per fine pena, che sarebbe giunta a giugno 2006. Soltanto una coincidenza? Il carcere di Castrogno, comunque, è stato sempre preso ad esempio.

Immigrazione: Antigone; Cpt diventino centri di prima accoglienza

 

Ansa, 22 luglio 2005

 

Da centri di "detenzione amministrativa coatta" a luoghi con funzione umanitaria di prima accoglienza eletti come domicilio dagli immigrati colpiti da provvedimento di espulsione non definitivo. La soluzione al superamento dei Cpt è contenuta in una proposta di legge dell’associazione Antigone, da anni impegnata a difendere i diritti nel sistema giudiziario, ma, soprattutto, è condivisa da tutte le forze dell’Unione che, seppur con alcuni distinguo, l’hanno firmata. "Ci hanno detto che non esiste alternativa ai Cpt - dice il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella - questa proposta di legge è la prova che l’alternativa esiste". La proposta parte da un discorso più ampio in cui si sottolinea la necessità di rivedere l’intero impianto della legge sull’immigrazione, passando da un ordinamento "speciale ed emergenziale" in cui si è "persistito in un atteggiamento ingiustamente punitivo" ad uno che preveda "norme efficaci ma comunque rispettose dei diritti fondamentali dell’individuo e dei principi

costituzionali". Il primo passo per un simile approccio è, appunto il superamento dei Cpt. In particolare, sostiene Antigone, vanno riscritti gli articoli 13 e 14 della Bossi-Fini, quelli relativi all’espulsione amministrativa e all’esecuzione dell’espulsione. "Si ritiene opportuno - dice l’associazione -trasformare i Centri di permanenza temporanea e di "assistenza" in strutture che, da centri di "detenzione amministrativa coatta", diventino luoghi con funzione (umanitaria) di prima accoglienza dei migranti appena giunti in Italia, ovvero di domiciliazione di persone che, destinatarie di un provvedimento di espulsione non definitivo e sottoposte alla misura di sorveglianza speciale disposta dal tribunale su richiesta motivata del questore, non abbiano altro luogo dove dichiarare il domicilio eletto in pendenza del procedimento giurisdizionalizzato dell’espulsione, come previsto dalla presente proposta di legge".

Il tentativo, spiega Gonnella "è quello di affrontare il controllo delle persone in fase di espulsione ma con l’identità ancora incerta, con un’impostazione non coattiva e detentiva. I Cpt non sarebbero più luoghi di contenimento ma una sorta di punto di riferimento per i migranti molto simile a luoghi di vera e propria accoglienza". La proposta prevede inoltre la sospensione del decreto di espulsione "fino al momento in cui il provvedimento è soggetto a gravame e, in caso di proposizione del ricorso entro i termini previsti, sino all’udienza fissata per la decisione sul ricorso medesimo". Per lo straniero che rispetti tutti gli obblighi della sorveglianza speciale, decadrebbe il divieto di rientro in Italia per dieci anni (previsto oggi dalla legge), mentre per chi si rendesse irreperibile scatterebbe l’arresto. Antigone, infine, propone l’aumento da 60 a 90 giorni per poter chiedere il rinnovo del permesso di soggiorno scaduto e l’abrogazione delle norme che prevedono l’espulsione a titolo di misura di sicurezza una volta scontata una pena detentiva.

Palermo: al "Malaspina" anche la musica per il recupero dei minori

 

La Sicilia, 22 luglio 2005

 

La musica come strumento di crescita per i giovani detenuti del carcere minorile di Palermo. È stato siglato ieri pomeriggio un protocollo d’intesa tra l’Istituto Penale per i Minorenni di Palermo ed il Conservatorio di musica "Antonino Scontrino" di Trapani. Ogni mese, per circa un anno, all’interno del carcere minorile gli allievi del Conservatorio terranno dei concerti di musica di ogni genere, di circa un’ora ciascuno, per gli ospiti del centro con l’obiettivo di avvicinare i ragazzi all’ascolto ed aumentare il loro interesse verso la musica.

L’idea è nata in seguito ad un laboratorio di musicoterapica tenuto da Gaetano Cuccio, responsabile del corso: "Il corso ha avuto un ottimo riscontro nei ragazzi – spiega Cuccio – quasi tutti e trenta i giovani, si sono mostrati molto interessati . A livello educativo la musica riveste un forte ruolo e soprattutto in un luogo di disagio come questo. L’idea di questa iniziativa è nata proprio da qui e si pone l’obiettivo di alleviare i disagi dei soggetti in stato di carcerazione attraverso un rapporto diretto con la musica per sviluppare il loro interesse all’ascolto".

"La nostra strategia – spiega la Rita Barbera, direttore dell’istituto di via Malaspina – mira ad offrire spazi culturali ai nostri detenuti, e la musica è senz’altro uno strumento molto efficace di crescita e sviluppo. Per questo motivo abbiamo deciso di avviare questa sinergia con il Conservatorio per realizzare iniziative musicali in favore dei nostri giovani ospiti".

"Questa iniziativa tiene conto del valore che riveste la musica nello sviluppo dell’individuo – conclude Lea Patarini, direttrice del Conservatorio – sia come strumento di comunicazione interpersonale sia come elemento espressivo per i possibili risvolti sul trattamento dei giovani detenuti e costituisce un’opportunità significativa per creare una rete di collaborazione con altri soggetti pubblici che operano a livello territoriale". Infine, in cantiere la possibilità di far suonare anche i ragazzi del "Malaspina" insieme ai ragazzi del Conservatorio in concerti che spazieranno dalla musica moderna a quella più antica. Alessandra Galioto

Vibo Valentia: una lettera-appello "Chiedo il diritto alla salute…"

 

Quotidiano della Calabria, 22 luglio 2005

 

Toccante lettera-appello dal carcere di un detenuto nella casa circondariale di località "Castelluccio", gravemente ammalato. "Mi chiamo Mario Longo - scrive alla nostra redazione - nato a Vibo Valentia il 23 gennaio 1962, ma attualmente detenuto nel complesso penitenziario di Vibo Valentia per un cumulo di pena dal 1993. Il motivo di questa mia lettera è il seguente: io sono affetto da una gravissima patologia, un aneurisma cerebrale, ed ho bisogno di continui controlli angiografici, cosa che già è molto difficile effettuare in stato di libertà, si figuri in detenzione. Il mio legale aveva parlato con la dottoressa Laura Antonini, magistrato di sorveglianza di Catanzaro, che nel maggio scorso aveva promesso visita specialistica in carcere. Cosa mai avvenuta. Sono stato invece sottoposto a due visite, una a Vibo, in ospedale, e un’altra a Catanzaro, dal professor Ceccotti, il giorno 7 luglio. E mi hanno fissato una camera di consiglio per il 24 novembre 2005. Io chiedo solo il diritto alla salute - continua la lettera - ma se non faranno in tempo avranno sulla coscienza un altro detenuto padre di tre figli e con la legge che concede il beneficio di scontare la pena ai domiciliari per gravi motivi di salute, cosa che io ho e il mio legale vi può fare avere tutta la cartella clinica, circa 400 pagine. Scusatemi, ma sto male. Ho cercato di fare una sintesi della mia grave situazione. È l’epilessia che non mi fa scrivere meglio".

Grazia: conflitto tra Castelli e Ciampi alla Consulta il 28 settembre

 

Gazzetta del Sud, 22 luglio 2005

 

L’esame di ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato sollevato dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi è stato fissato dalla Corte Costituzionale per il 28 settembre prossimo. Il ricorso punta a far chiarezza sui poteri di grazia del capo dello Stato e scaturisce dal rifiuto del ministro della Giustizia Roberto Castelli di inviare il decreto di grazia per Ovidio Bompressi che era stato richiesto dal Quirinale. Il presidente della Corte Costituzionale, Piero Alberto Capotosti, ha affidato il fascicolo - secondo quanto si è appreso - al giudice Alfonso Quaranta. L’ammissibilità del conflitto verrà decisa il 28 settembre in camera di consiglio. Se passerà il primo vaglio della Corte, il ricorso verrà successivamente preso in esame nel merito dai giudici della Corte costituzionale. Intanto ieri la seconda corte d’appello di Milano ha accolto la richiesta di rinvio per legittimo impedimento di Cesare Previti, aggiornando l’udienza a sabato 23 luglio. I giudici hanno poi accolto la richiesta del sostituto procuratore generale Piero De Petris di recuperare l’udienza del 19 settembre in quanto per quella data è previsto lo sciopero degli avvocati, anticipandola al 17 settembre.

Padova: il prefetto; c’è una forte domanda di certezza della pena

 

Adnkronos, 22 luglio 2005

 

"Certezza della pena. Un prefetto non deve fare valutazioni di carattere "politico" ma cogliere la realtà. E la realtà che ho colto da tutta una serie di incontri con i sindaci della provincia di Padova in quest’ultimo anno è una richiesta, non tanto di un potenziamento delle forze dell’ordine ma la certezza della pena: chi viene assicurato alla giustizia dopo un crimine, deve essere messo in condizione di non poter reiterare il reato. Esigenza che ho ribadito e ribadirò con forza: questo è il sentimento popolare. Questo è quello che chiedono tutti".

Lo ha sottolineato il prefetto di Padova, Giampaolo Padoin, oggi al termine del Comitato provinciale per la sicurezza e l’ordine pubblico, che lo stesso prefetto ha presieduto, per fare il punto della situazione dopo l’efferata rapina di due giorni fa ad Abano Terme in cui sono morti il gioielliere Gianfranco Piras e uno dei 4 rapinatori, Emanuele Crovi.

Al vertice svoltosi a Palazzo di Governo, a Padova, oltre allo stesso prefetto hanno preso parte il sindaco di Padova, Flavio Zanonato, il commissario prefettizio di Abano Terme, Abramo Barillari, che gestirà l’amministrazione comunale fino alle prossime elezioni a primavera 2006, il questore di Padova Alessandro Marangoni, l’assessore alla Sicurezza della Provincia di Padova, Maurizio Verza, il colonnello dei carabinieri Gaetano Mascarin e il colonnello della Guardia di finanza Gaetano Rabuazzo.

Sicurezza: Ciampi; contro terrorismo l’UE non sia frammentata

 

Apcom, 22 luglio 2005

 

L’Europa deve essere unita contro il terrorismo in tutte le sue componenti, dai popoli ai governi, ha sottolineato Ciampi, osservando che "al coordinamento intergovernativo va affiancata una piena utilizzazione delle strutture comunitarie già poste in essere, acquisendo, se necessario, nuove competenze a livello europeo per dare sostanza alla comune volontà di collaborazione". Il Presidente è convinto, infatti, che "i problemi che tormentano il mondo", a cominciare dal dramma del terrorismo internazionale "possono essere affrontati solo nella condivisione di valori e di responsabilità comuni a tutti gli uomini, al di là delle diversità di cultura, di fede e di interessi".

Anche dalla tragedia di Beslan "deve emergere - ha concluso Ciampi rivolgendosi ai bimbi e agli insegnanti ex ostaggi della scuola dell’Ossezia - una rafforzata volontà di collaborazione fra tutti i popoli per diffondere solidarietà, giustizia, benessere".

Usa: a Guantanamo detenuti afgani hanno iniziato sciopero fame

 

Ansa, 22 luglio 2005

 

Il Pentagono ha confermato oggi la notizia, proveniente da Kabul, secondo cui un gruppo di detenuti afghani nel carcere di Guantanamo hanno proclamato uno sciopero della fame. Ma ha ridimensionato il fenomeno.

Il portavoce Bryan Whitman parla di circa 50 detenuti, alcuni dei quali avrebbero già ricominciare a mangiare. Ha detto di non sapere il motivo della protesta e ha affermato che le condizioni degli scioperanti della fame sono sotto controllo medico. La versione del Ministero della difesa Usa è molto diversa di quanto denunciato da due afghani appena liberati e rimpatriati.

All’arrivo a Kabul i due, Habir Russol e Moheb Ullah Borekzai, hanno protestato contro il trattamento dei prigionieri nel campo a Cuba, affermando che "più di 180 afghani" stanno facendo lo sciopero della fame. Secondo i due ex detenuti, i compagni in sciopero sono digiuni da 15 giorni. "Protestano contro i maltrattamenti durante gli interrogatori, protestano perché si dichiarano innocenti, perché non ricevono informazioni sul loro casi e perché sono in prigioni ormai per quasi quattro anni e vogliono uscire", ha detto Borekzai.

Roma: Regina Coeli, palestra per il personale civile e di polizia

 

Redattore Sociale, 22 luglio 2005

 

Una palestra per il personale civile e di polizia penitenziaria nel carcere romano di Regina Coeli, per scaricare le tensioni e le fatiche che si vivono all’interno di un pianeta complesso e difficile. Una sorta di "ammortizzatore sociale", promosso e potenziato nel quadro delle azioni promosse dal Piano permanente cittadino per il carcere.

Le attività sportive, ritenute essenziali in un carcere anche per il personale, saranno rese possibili grazie all’intervento della Unione italiana sport per tutti di Roma che fornirà suoi operatori e allenatori, disponibili per l’allenamento degli utenti della palestra.

Stamattina hanno presenziato all’inaugurazione il consulente per le Politiche sportive del Comune di Roma, onorevole Gianni Rivera, il Coordinatore del Piano Luigi Di Mauro, il Presidente della Uisp di Roma Andrea Novelli e il Coordinatore sportivo della Uisp per le carceri, Andrea Ciogli, alla presenza dei Sindacati di Polizia Penitenziaria, del Direttore dell’Istituto, dott. Mauro Mariani.

Nella casa circondariale maschile, secondo i dati forniti dall’associazione Antigone, vivono circa 960 detenuti; per quanto riguarda il personale, oltre al direttore e a 3 vicedirettori, operano nel penitenziario 625 agenti, di cui 520 effettivi; 5 educatori fissi e 2 part-time. Per quanto riguarda il personale sanitario, oltre agli 11 medici incaricati e ai 15 Siass che garantiscono - dice il direttore - la guardia medica a 72 h, ci sono convenzioni con 27 specialisti. Quanto ai paramedici, c’è un appalto a una cooperativa privata, San Lucio. I volontari sono oltre un centinaio e gravitano intorno a padre Vittorio Trani, il cappellano; sono presenti anche volontari dell’Arci e della Comunità di Sant’Egidio. (lab)

Roma: Rebibbia, al via corsi per giudici di gara di calcio

 

Redattore Sociale, 22 luglio 2005

 

Al via i corsi per giudici di gara di calcio a 11 e calcio a 5 presso il carcere di Rebibbia, sezione maschile. Il Presidente dell’Unione italiana sport per tutti (sezione di Roma), Andrea Novelli, l’aveva preannunciato in occasione delle premiazioni di Vivicittà a Rebibbia: "Per l’estate abbiamo in programma l’avvio corso per arbitri di calcio a 11 e di calcio a 5".

Con l’estate, quindi, è arrivato il corso: lunedì 18 luglio sono cominciati il "Corso per Giudici di gara di calcio a 11 e calcio a 5", che durerà per tutto il periodo estivo (luglio - settembre) senza pause, per colmare il periodo di vuoto delle attività nel carcere. "L’obiettivo è chiaro: dare una cultura sportiva anche ai detenuti, insegnare il rispetto delle regole, che nello sport come nella vita quotidiana è condizione essenziale per far sì che la nostra diventi una società migliore", precisa la Uisp di Roma. Chi supererà il corso potrà arbitrare le partite dei tornei e manifestazioni Uisp, attività che si svolgono all’esterno dell’Istituto di pena e che sono anche retribuite.

Si sono iscritti al corso 15 detenuti. A livello tecnico, il corso vede all’opera due formatori: uno di questi è Daniele Rosini, formatore del Centro sportivo italiano. Con lui Orlando Giovanetti, formatore regionale giudici di gara per l’Uisp, che ha così commentato l’iniziativa: "Il nostro obiettivo principale è dare una cultura sportiva, la condizione che manca di questi tempi su qualunque campo di calcio, dalla Serie A alle categorie giovanili. Crediamo fortemente che imparare ad essere arbitri significhi dare alle persone la cultura del rispetto degli altri e della solidarietà, elementi necessari affinché il calcio continui ad essere un ‘bel giocò".

Inoltre supervisioneranno il corso due educatori, Piero Marziali e Annarita Fraiegari, che affermano: "È importante educare le persone al rispetto delle regole. E lo sport è importante in tal senso, perché ad esso sono sottese le regole di ogni disciplina. In questo senso cosa è meglio di un corso per arbitri?".

Il corso prevede lezioni teoriche, lezioni pratiche (che si svolgeranno nel campo di calcio che si trova all’interno delle mura carcerarie e che ogni giorno permette ai detenuti di allenarsi, giocare e mantenersi in forma), simulazioni di gioco, arbitraggio di partite e, alla fine del corso, gli esami di abilitazione. (lab)

Reggio Calabria: proposta per garante diritti dei detenuti

 

Asca, 22 luglio 2005

 

"Ringrazio il Presidente del Consiglio Avv. Chizzoniti e la rappresentanza dei Consiglieri comunali per la sensibilità dimostrata, durante la loro recente visita al carcere di S. Pietro, nel proporre l’istituzione della figura del Garante dei Detenuti, e colgo l’occasione per precisare che il Settore Politiche Sociali del Comune da diversi mesi sta lavorando ad un progetto transnazionale denominato Agis che prevede la sperimentazione, unitamente alla Provincia di Reggio Calabria ed al Comune di Bari, dell’introduzione di tale figura".

Lo sottolinea l’assessore comunale alle politiche sociali Tilde Minasi. "A mio parere, si tratta di un progetto che va ben oltre la semplice ed insufficiente nomina del Garante in Consiglio Comunale, in quanto, credo, che non si possa istituire tale figura se non vengono definiti poteri e funzioni, sensibilizzati gli organismi competenti verso la delicata tematica della tutela dei diritti delle persone private della libertà personale, e, quindi, formati gli operatori degli Enti ed Istituzioni coinvolte nel progetto. Nei giorni scorsi - ha aggiunto Tilde Minasi - si è svolto presso il Comune di Reggio Calabria il secondo workshop (il primo si era tenuto a Roma) dove, alla presenza dei partner nazionali e transnazionali, si è proceduto allo scambio dell’esperienze, all’elaborazione della metodologia e degli strumenti di intervento, all’impostazione della formazione degli operatori che verrà effettuata probabilmente presso il Comune di Roma che, come è noto, ha già istituito tale figura. Occorre inoltre, stante la sperimentazione congiunta tra Comune e Provincia, coordinare tale azione. I dirigenti dei due enti stanno lavorando per proporre una regolamentazione comune, inoltre lo studio effettuato tramite il progetto permetterà attraverso la ricerca di livello transnazionale di trasferire nella nostra sperimentazione le migliori buone prassi".

Caso Crovi: Tamburino; noi magistrati siamo indifesi davanti alla legge

 

Il Gazzettino, 22 luglio 2005

 

"Esaminate le note informative della Questura e della Prefettura di Treviso... considerata la spiccata pericolosità sociale del soggetto stabilmente inserito nell’ambiente dei "giostrai"... non si ritiene di ammetterlo al programma terapeutico". Se le parole hanno un senso, Emanuele Crovi, il bandito trentatreenne rimasto ucciso nella rapina di Abano Terme che è costata la vita al gioielliere Gianfranco Piras, non solo non poteva accedere a un percorso di recupero in una comunità per tossicodipendenti, ma non avrebbe mai dovuto essere scarcerato in anticipo. Perché quelle parole costituiscono il cuore delle motivazione dell’ordinanza con cui il Tribunale di Sorveglianza di Venezia respinse il 26 ottobre 2004 la richiesta di ammissione in comunità del nomade originario di Polverara e domiciliato a Trevignano.

Portava, quella decisione, la firma del presidente facente funzioni Antonino Cappelleri e del giudice estensore Innocenza Bono. Rileggere oggi la motivazione fa crescere il disappunto. Perché Crovi è tornato in libertà, nove mesi dopo, sulla base di una seconda analoga domanda di affidamento in prova, che probabilmente sarebbe stata respinta. Ma solo il fatto di averla presentata è diventato un passepartout che gli ha aperto le porte del carcere di Treviso, inducendo la Procura a disporre la sospensione temporanea della pena.

Un meccanismo giuridico perverso, un buco legislativo sconcertante. Giovanni Tamburino è da pochi mesi a capo del Tribunale di Sorveglianza di Venezia, che ogni anno emette seimila provvedimenti collegiali sulla libertà dei detenuti. Un fiume di umanità dolente che si ritrova nei fascicoli di Palazzo Diedo o negli uffici di Padova e Verona. Il caso-Crovi è il più clamoroso, perché più recente e sanguinoso. Ma non è l’unico. I giudici si sentono disarmati di fronte alla legge, costretti a scarcerare anche quando non lo vorrebbero. E così sul banco degli imputati finiscono i Codici, il modo di scriverli, le reticenze che contengono, le contraddizioni tra norme. Che anche nell’affidamento in prova determinano scandali e disparità.

 

Presidente Tamburino, che riflessione induce il caso del giostraio scarcerato per curarsi e diventato rapinatore?

"Mi rendo conto del turbamento causato da un episodio che ha insanguinato le nostre strade e penso che ci debba essere uno sforzo perché le norme siano costruite e scritte con attenzione, visto che la Giustizia dipende dalle norme e noi magistrati siamo tenuti ad applicarle. Le leggi devono essere fatte bene, senza lasciare scoperte situazioni che possono avere conseguenze drammatiche".

 

Ma il giudice non può interpretare le norme?

"In alcuni casi lo può fare, ma non sempre è così. A volte le decisioni dei magistrati rispondono ad automatismi di legge".

 

È accaduto anche in questo caso, con Emanuele Crovi, rimesso fuori dalla Procura in attesa dell’esame da parte del Tribunale di Sorveglianza del programma di recupero.

"Vede, il nostro è comunque un lavoro difficile perché dobbiamo fare una prognosi su comportamenti umani, anche se cerchiamo di ridurre il più possibile il tasso di errore".

 

Non c’è stato errore di valutazione, ma l’effetto è stato devastante. Voi avevate già respinto la domanda di Crovi.

"Allora non dirigevo questo ufficio. Ma alla luce di quello che è accaduto oggi non posso che elogiare la decisione adottata, esemplare e frutto di una valutazione accurata".

 

I suoi colleghi rilevarono la pericolosità di Crovi.

"Nell’ammissione a un programma terapeutico non dobbiamo solo valutare la bontà del progetto, ma anche se esso sia idoneo a contenere la pericolosità del soggetto. Non si tratta mai di un programma astrattamente idoneo, perché in questi casi non ci troviamo di fronte solo a soggetti malati, tossicodipendenti, ma anche a detenuti che hanno concretamente commesso un reato".

 

O una lunga serie di reati...

"In questo caso la pericolosità è valutata come rischio concreto, probabilità che un soggetto commetta altri reati".

 

Dopo la preveggente valutazione del 2004, quando vi siete occupati del giostraio?

"Dopo la sospensione della pena da parte della Procura di Treviso, la scorsa settimana, abbiamo aperto un fascicolo per l’esame del programma terapeutico. Gli ultimi documenti sono arrivati mercoledì".

 

Crovi era già morto. Quando avreste esaminato la pratica?

"Per legge la decisione dev’essere presa entro 45 giorni. Avremmo fissato l’udienza per agosto o settembre".

 

Quanto avrebbe pesato la precedente decisione?

"Ritengo che la decisione non sarebbe stata necessariamente favorevole. Quella precedente avrebbe dovuto essere tenuta in considerazione".

 

A Treviso il procuratore Fojadelli dice che il magistrato ha le mani legate: in presenza di un’istanza deve sospendere la pena.

"Verissimo. Si tratta di una sospensione di natura cautelare, un provvedimento provvisorio, temporaneo, a garanzia della persona, per evitare il pregiudizio che potrebbe essere causato dai tempi dell’attesa. È analogo, ma di segno opposto, a quanto accade con la custodia cautelare. Solo che prima dell’arresto il giudice può fare le proprie valutazioni".

 

In questo caso?

"Quando si scarcera per i casi particolari di affidamento in prova, come è la cura delle tossicodipendenze, invece c’è un automatismo che esclude la valutazione del magistrato".

 

Infatti, l’articolo 91 della legge 309/90 prevede che la sola istanza obbliga il Pm a "ordinare la scarcerazione del condannato".

"Si tratta di una norma formulata in modo eccessivamente rigido. La sospensione della pena è automatica. E quindi è una norma scritta in un modo che lascia - a dir poco - perplessi. La stessa legge dovrebbe invece prevedere una valutazione del giudice".

 

Possibile che in 15 anni non si sia sanato un "buco" del genere, che scarcera senza imporre contestualmente limiti, come può invece fare il Tribunale di Sorveglianza se approva il programma terapeutico?

"In realtà questa norma è analoga a quella dell’articolo 47 relativo all’affidamento in prova ordinario, di cui possono usufruire tutti i detenuti, non solo i detenuti-tossicomani. Ma in quel caso non c’è automatismo. Perché il giudice deve effettuare una valutazione sulla consistenza del progetto. Ma soprattutto perché ha la facoltà, non l’obbligo di sospendere la pena".

 

Si guarda al caso concreto.

"Ed è giusto, perché il trattamento va ritagliato sull’individuo. Nel caso di Crovi, la decisione del Tribunale di Sorveglianza sarebbe comunque stata adottata in relazione alle caratteristiche di quella persona". E forse non avrebbe goduto della scarcerazione anticipata. Giuseppe Pietrobelli

Giustizia: scontro politico sull’ex-Cirielli, che slitta ancora

 

Il Mattino, 22 luglio 2005

 

Al Senato il disegno di legge ex Cirielli slitta ancora una volta. Ieri è mancato per ben quattro volte il numero legale e il ddl tornerà martedì all’esame dell’assemblea di Palazzo Madama. L’opposizione è convinta che in alcuni settori della maggioranza alle riserve sul disegno di legge si siano aggiunti alcuni malumori concernenti la riforma della giustizia. "È evidente - ha commentato Guido Calvi, dei Ds - che il centrodestra è in difficoltà in materia di giustizia e molti senatori della maggioranza manifestano il loro dissenso dai contenuti dell’ex Cirielli disertando l’aula".

E il capogruppo Udeur a Palazzo Madama Nicodemo Filippelli si è rivolto al presidente del Senato: "La voglia di approvare a tutti i costi la "ex Cirielli" sta soffocando il dibattito su temi molto importanti. Ci appelliamo a Pera, l’unico che può riportarli alla ragionevolezza. Peraltro, l’ex Cirielli non piace neppure a molti della maggioranza". Ma la tensione nel campo della giustizia contagia anche lo stesso Consiglio superiore della magistratura. Giovedì prossimo ci sarà un plenum straordinario del Csm. La decisione è giunta poche ore dopo che tredici consiglieri dello schieramento che in commissione Incarichi direttivi ha sostenuto la candidatura del procuratore di Palermo Piero Grasso alla guida della Procura nazionale antimafia, avevano sollecitato il Csm a convocare entro il 2 agosto, data in cui scade la proroga concessa dal governo all’attuale "superprocuratore" Piero Luigi Vigna, una seduta straordinaria di plenum (ieri si è svolta l’ultima seduta di plenum, poi il Csm avrebbe chiuso i battenti per la pausa estiva) per la scelta del successore.

La richiesta era stata depositata al comitato di presidenza di Palazzo dei Marescialli dai 5 consiglieri laici espressione della Cdl (che avevano già anticipato l’intenzione di sollecitare la nomina), dai 6 consiglieri togati della corrente Unicost e da 2 togati di Magistratura indipendente. Giovanni Salvi, di Magistratura democratica, ha criticato la richiesta dei colleghi. Il collega Francesco Menditto, sempre di Md, relatore a favore di Caselli, non ha depositato le motivazioni della sua proposta, bloccando di fatto la procedura. Una settimana fa la commissione Incarichi direttivi ha licenziato le sue proposte per il "dopo Vigna": testa a testa, almeno in prima battuta, tra Grasso e il procuratore generale di Torino Giancarlo Caselli, ad ognuno dei quali sono andati tre voti. Ma sulla carta il procuratore di Palermo è il favorito: può contare, infatti, su 13 voti (14 se si aggiungerà allo schieramento anche il laico dello Sdi Gianfranco Schietroma), mentre Caselli si ferma a 9 (i togati delle correnti di sinistra e il laico dei Ds Luigi Berlinguer).

Ieri la battuta d’arresto determinata da Menditto. A complicare la situazione, la riforma dell’ordinamento giudiziario, quindi anche della norma in base alla quale non si possono assegnare incarichi direttivi ai magistrati che abbiano già compiuto 66 anni, ed è proprio il caso di Caselli. Caselli, da parte sua, è stato durissimo sulla riforma della giustizia: "Sono quattro anni ormai che si fanno leggi per niente preoccupate dell’interesse pubblico o degli interessi generali, le cosiddette leggi "ad personam", e questo progetto di controriforma dell’ordinamento giudiziario va esattamente nella stessa direzione". Immediata la replica di Luigi Bobbio, di An: la riforma "impedisce che un magistrato con propensione a coltivare trame investigative, sconfessate dai tribunali, vada alla Procura antimafia". Un’apertura all’opposizione è giunta invece dal suo compagno di partito, il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano, magistrato.

Lazio: ufficio del garante apre sede per Latina e Frosinone

 

Comunicato stampa, 22 luglio 2005

 

L’Ufficio del Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti apre una sua sede distaccata a Formia, che servirà da punto di riferimento per le carcere delle Province di Latina e Frosinone. Un protocollo d’intesa in tal senso è stato firmato oggi, nella sede dell’Amministrazione provinciale, fra il Garante Regionale dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni e la Provincia di Latina Nella delibera della giunta provinciale che autorizza il Protocollo d’intesa si legge che "la Provincia, nella sua attività istituzionale, politica ed amministrativa, per il bene comune delle sue popolazioni, s’ispira ai valori di libertà, uguaglianza, solidarietà, giustizia sociale e ne promuove l’attuazione e si caratterizza per la tradizione all’accoglienza e all’integrazione per cui valorizza le diversità, siano esse di genere, di etnia, di lingua, di razza e religione".

Nel Protocollo d’intesa è, fra l’altro, previsto che la Provincia di Latina metterà a disposizione dell’Ufficio del Garante Regionale dei detenuti una struttura a Formia, che diventerà sede distaccata dell’Ufficio per le province di Latina e Frosinone. La sede distaccata sarà coordinata da Candido D’Urso, coordinatore del Garante Angiolo Marroni. "Abbiamo utilizzato questi primi mesi di attività ‘ ha detto Marroni ‘ per girare nelle carceri della Regione e per cercare di comprendere da operatori e detenuti le urgenze. Una delle cose che abbiamo rilevato è che i reclusi hanno bisogno di non sentirsi abbandonati. La firma di questo Protocollo è il primo passo verso l’apertura di questa sede distaccata che consentirà ai nostri operatori di essere ancor di più punto di riferimento per i reclusi e per i loro familiari delle Province di Latina e Frosinone". A sua volta il presidente della provincia di Latina Armando Cusani ha espresso "La viva soddisfazione per una iniziativa che vede una volta ancora il nostro Ente all’avanguardia nella difesa dei diritti e della dignità degli esseri umani".

Informazione: domani con il Foglio l’inserto "Radio Carcere"

 

Comunicato stampa, 22 luglio 2005

 

Domani con il Foglio l’inserto "Radio Carcere", quindicinale sulla giustizia penale e il carcere. In questo numero: sovraffollamento delle carceri e ruolo della Magistratura di sorveglianza in Italia. Un migliore funzionamento della Magistratura di sorveglianza potrebbe ridurre il sovraffollamento in carcere? A queste ed ad altre domande sarà dedicato l’editoriale del Cons. Giulio Romano, magistrato del Tribunale di sorveglianza di Roma.

Sempre la questione del sovraffollamento e della magistratura di sorveglianza, ma da una prospettiva diversa, sarà il tema dell’editoriale scritto dal dottor Luigi Pagano, Provveditore delle carceri della Lombardia. Sul fronte delle carceri: continua l’indagine di Radio Carcere sulle singole realtà carcerarie italiane, chiamata "Altri Hotel".

In questo numero: il carcere Ucciardone di Palermo, attraverso il racconto di una persona ex detenuta. Sovraffollamento delle carceri e una politica disinteressata al problema è il tema affrontato da "Emile", editorialista misterioso di Radio Carcere. E poi lo spazio dedicato alle lettere scritte dalle persone detenute a Radio Carcere.

Pordenone: "l’Estate in città" arriva anche dietro le sbarre

 

Il Gazzettino, 22 luglio 2005

 

"Estate in Città", la ricca miscellanea delle culture e dei linguaggi offerta a Pordenone dall’amministrazione comunale, arriva anche in carcere. Proprio dalla amministrazione, grazie alla collaborazione con la Scuola Sperimentale dell’Attore, che ha messo in campo le sue esperienze nel campo del teatro del disagio e delle differenze, sono stati programmati due importanti appuntamenti ospitati nei locali della Casa Circondariale cittadina.

Il primo si è realizzato ieri, 21 luglio, e ha avuto come fulcro il lavoro di Claudia Contin con le sue maschere. Il secondo avrà luogo attorno a ferragosto e sarà incentrato sull’esibizione del gruppo di percussioni "Officine Ritmiche" di Udine guidato da Roberto Lugli. Entrambi gli appuntamenti non si definiscono però semplicemente come spettacoli.

Il progetto della Scuola Sperimentale dell’Attore punta infatti a una dimensione interattiva, a un colloquio paritario protetto dalle dimensioni disciplinari ed estetiche del teatro e della musica. L’idea è quella di sfuggire almeno un po’ alla logica del passatempo effimero, per riconsegnare al pubblico (e in particolar modo a quello del disagio) più fiducia nelle relazioni e negli scambi del mondo "reale", e più responsabilità nella ricerca delle proprie possibilità.

La Contin ha inaugurato prospettiva interagendo con i detenuti fin dalle prime battute, facendo poi loro sperimentare sulla scena le posture e i movimenti dei suoi personaggi, per infine coinvolgere tutti in una grande improvvisazione comica.

Per l’appuntamento di agosto è previsto che Roberto Lugli e i suoi colleghi chiederanno, con diverse modalità, alcuni momenti di collaborazione ai detenuti per la realizzazione dei loro ritmi; inoltre, insieme al concerto di percussioni, tornerà Arlecchino, insieme ai suoi fidi compari Zanni e Pulcinella, per riprendere e completare i giochi di improvvisazione e di coinvolgimento del primo appuntamento.

Recentemente premiata con il premio Adelaide Ristori quale miglior attrice al Mittelfest di Cividale, Claudia Contin non disdegna e anzi privilegia l’impegno nei luoghi del disagio. In particolare, per quanto riguarda il teatro nelle carceri, il suo pensiero e quello della Scuola Sperimentale dell’Attore è che si tratti di un ottimo allenamento per quello che è il dovere dell’attore in ogni circostanza: non consolare il pubblico, non offrirgli regali meritati o immeritati, ma renderlo migliore, almeno per la durata dello spettacolo. Poi, tocca a lui.

 

 

Precedente Home Su Successiva