Rassegna stampa 19 luglio

 

Così si può morire di carcere: in cella un suicidio ogni 5 giorni

 

Repubblica, 19 luglio 2005

 

Succede soprattutto ai più giovani: inalano il gas della bombola. Vengono archiviati come incidenti, a volte come overdose. Lo fanno con il gas e sempre di notte. Si avvicinano alla bombola dei fornelli e sniffano e sniffano fino a quando il torpore li porta via. Nel loro gergo è la "piccola neve", butano e propano liquidi, al cervello non arriva più ossigeno, un pò di euforia e poi l’avvelenamento. Se ne vanno senza un grido. Li trovano la mattina dopo immobili sul materasso, come fossero ancora nel sonno profondo. I referti medici li archiviano sbrigativamente come "incidenti", a volte però le perizie si spingono a diagnosticare un "decesso per overdose".

L’amministrazione penitenziaria preferisce seppellirli così: tossici in astinenza. Mostrano sempre una certa avversione nel riconoscere quelle morti. Sono troppo scomode. E troppe. Nelle carceri italiane c’è un suicidio ogni cinque giorni. Si muore di disperazione nelle prigioni. E contrariamente a ciò che potrebbe sembrare ragionevole, si muore anche presto.

Dopo pochi mesi o solo dopo poche ore da quando si varca quel filo spinato, nelle sezioni, nei camminamenti per l’aria degli "isolati", sotto le torrette, dietro le mura che separano dall’altro mondo. E sono gli uomini giovani che decidono di andarsene più degli altri, che si ammazzano.

Marco ha legato il lenzuolo alle sbarre e poi intorno al collo. E si è lasciato scivolare. Nunzio si è infilato un sacchetto di plastica alla testa e ha stretto stretto fino a quando non respirava più. E poi Maurizio a San Vittore con il fornellino, lo stordimento con il gas, anche lui con la piccola neve, lo "sballetto delle carceri". Avevano tutti e tre meno di quarant’anni.

Nessuno di loro doveva passare il resto della vita in quella o in un’altra galera. Imputati di piccoli reati, pene brevi da scontare, erano in attesa di giudizio. Come Marco e come Nunzio e come Maurizio, il 40 per cento di chi si uccide aspetta ancora il processo di primo grado.

Ci si toglie la vita più che fuori, nelle prigioni d’Italia.

Diciotto volte di più: è il tasso dei suicidi tra la popolazione detenuta e l’altra, quella libera. E ci si uccide soprattutto nei penitenziari che sono diventati casba, le case circondariali dove in una cella ne ammucchiano sei o sette anche per un anno o due, dove i letti a castello quasi toccano il soffitto, dove sono pochi gli educatori e pochi gli psicologi, dove ancora meno sono i medici. E dove la doccia non la puoi fare tutte le mattine, perché l’acqua non basta mai per tutti. E le pareti trasudano di umidità. E c’è buio anche quando splende il sole.

I più a rischio sono proprio quelli che chiamano i "nuovi giunti", smarriti, spaventati, non abituati al carcere. "I detenuti più giovani, quelli che entrano in penitenziario per la prima volta, non hanno dimestichezza con gli stili di vita, le regole e le gerarchie dominanti e sono sprovvisti di un "codice di comportamento" che li pone al riparo delle insidie e dai traumi della vita reclusa", spiega il sociologo Luigi Manconi, garante dei diritti "delle persone private della libertà" per il Comune di Roma e autore di una ricerca con Andrea Boraschi sui suicidi in carcere negli ultimi anni. Sarà pubblicata nel prossimo autunno sulla "Rassegna italiana di sociologia", è uno spaccato di quello che accade nel cupo isolamento dei bracci, numeri, storie, tabelle e grafici che svelano l’orrore della morte dietro le sbarre.

È uno studio che disegna l’identikit del detenuto suicida, che scopre a sorpresa come non c’è quasi mai relazione tra il togliersi la vita e la "riduzione della speranza": non sono gli ergastolani che si impiccano, che si avvelenano, che si soffocano. Non è solo la lunga detenzione che fa paura. Dice ancora Manconi: "L’ineluttabilità della pena e la certezza di dover scontare una condanna pesano meno dell’incertezza sulla propria condizione. E la possibilità di essere riconosciuti innocenti non appare sufficiente a scongiurare la decisione del suicidio".

È giovane il detenuto che si uccide, aspetta ancora di essere giudicato, è appena entrato in carcere. Quasi il 20% dei suicidi avviene tra il primo e il settimo giorno dall’ingresso alla "matricola", il 50% nei primi sei mesi. E molti, subito dopo un trasferimento da un carcere all’altro.

Il cambiamento provoca uno stress che per alcuni è insopportabile. Per M. ad esempio, schizofrenico, già assolto per incapacità di intendere e di volere, ricoverato più volte in ospedali psichiatrici giudiziari. Appena l’hanno portato a Rebibbia, un primo maggio si è impiccato.

Spesso la stampa non viene a conoscenza di quelli che non ci sono più. Nessuno ne dà notizia. Il carcere custodisce tutti i suoi segreti. E tende a far sempre una sua conta di quei morti. Sono 25 in questi primi sei mesi dell’anno secondo il Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Sono 30 secondo Manconi e tutte quelle associazioni che provano a "guardare" nel pozzo nero dei bracci. È una guerra di numeri.

Come per i detenuti che muoiono per malattia. Le statistiche ufficiali non calcolano mai quelli che tirano l’ultimo respiro su un’ambulanza o in un reparto ospedaliero esterno. Alzano la media. "Viceversa dalle carceri arriva con inesorabile puntualità la segnalazione di tutti gli spettacoli musicali e teatrali, delle gare sportive, dei concorsi di pittura e di poesia", scrivono su "Ristretti Orizzonti", agenzia di informazione dal carcere che ha appena sfornato un altro dossier su suicidi e "morti per cause non chiare". E aggiungono: "L’istituzione carcere vuole dare di sé un’immagine addolcita, troppo parziale".

È guerra di numeri per il presente e per il passato. Dicono al Dap: "Negli ultimi tre anni i suicidi sono calati". E hanno anche istituito un gruppo, l’Umes, l’unità di monitoraggio degli "eventi suicidiari". Ma abbiamo già visto anche per altre vicende carcerarie come le direttive del centro non arrivino sempre a destinazione, nei penitenziari. C’è un carcere virtuale fatto di norme e di regolamenti, di progetti elaborati anche con le migliori intenzioni. E c’è un carcere reale, quello dove si sente il sudore dei corpi, l’odore della paura, il puzzo di morte. È un fosso. E in fondo al fosso ci sono loro, i suicidi.

Raccontano Stefano Anastasia e Patrizio Gonnella - il primo tra i fondatori dell’associazione Antigone e il secondo ex direttore di istituti di pena e attualmente presidente nazionale di Antigone - nel loro libro "Patrie galere": "Dopo il primo morto, traumatico per tutti, a partire dal secondo ci si scandalizza sempre di meno. Una grande percentuale di detenuti esprime idee di morte. Alcuni ci provano. I tentativi di suicidio sono alcune migliaia l’anno...". E quasi un quinto di chi minaccia di farsi fuori, poi lo fa davvero. Anche in questo 2005 ce ne sono stati tanti.

Ogni prigione italiana ha le sue croci. Gioia, quarant’anni, carcere di Parma. Detenuto italiano di ventotto anni, carcere di Bologna. Detenuta jugoslava di trentuno anni, carcere di Torino. Nunzio ventotto anni, carcere di Sulmona. Alfonso, trentacinque anni, carcere di Torino. Sergio, ventinove anni, carcere di Padova. Attilio Bolzoni

Novara: Giuseppe Balsano, 60 anni, si impicca in carcere

 

Adnkronos, 19 luglio 2005

 

Si è impiccato con un lenzuolo, il boss mafioso Giuseppe Balsano, 60 anni, di Monreale (Palermo) morto suicida nella sua cella di isolamento nel carcere di massima sicurezza di Novara. La morte di Balsano, ritenuto vicino al boss Salvatore Riina, come apprende l’Adnkronos, è sopraggiunta solo dopo alcune ore di coma. Il suo corpo è stato ritrovato, infatti, dalle guardie penitenziarie del carcere ancora in vita, anche se in stato comatoso. Per Balsano, che aveva il lenzuolo ancora stretto intorno al collo, non c’è stato però niente da fare. La direzione del carcere di Novara, ha immediatamente avvertito i Carabinieri di Monreale che hanno comunicato la notizia ai suoi familiari, che abitano nella cittadina normanna. Un fratello di Balsano è già partito per il Piemonte per accompagnare la salma in Sicilia.

Non si sa ancora se la Questura di Palermo darà il nulla osta per fare svolgere regolarmente i funerali a Monreale, oppure si terranno, per questioni di sicurezza, a porte chiuse. Giuseppe Balsano, negli ultimi due anni, aveva già tentato per tre volte il suicidio. Proprio per questo motivo, i suoi legali, Roberto Tricoli e Aldo Caruso, avevano chiesto nel novembre del 2004 una perizia psichiatrica per il loro assistito per confermare l’incompatibilità con il regime di isolamento al 41 bis.

Giustizia: Pera attacca il Csm; agire contrario a Costituzione

 

Repbblica, 19 luglio 2005

 

Marcello Pera critica il Consiglio superiore della Magistratura: "Se il Csm mette all’ordine del giorno un ricorso contro una riforma che lo riguarda, discussa dal Parlamento, pone il problema se ciò che fa è pienamente previsto dalla Costituzione". Al convegno di Magna Charta, il presidente del Senato conferma i dubbi sulla decisione del Csm di esprimere un giudizio su alcune parti della riforma della giustizia: "Non so quanto il suo agire sia coperto dalla lettera dell’articolo 105 della Costituzione. Ma anche se ciò fosse, e non lo credo, il problema comunque si porrebbe". In serata, la replica di Virginio Rognoni, vicepresidente dell’organo di autogoverno dei giudici: è un "dovere" del Csm esprimere il parere sulla riforma dell’ordinamento giudiziario al ministro della Giustizia. E ricorda che quell’ordine del giorno ha ricevuto "l’assenso del Capo dello Stato".

Nel suo intervento, Pera si era detto "meravigliato" che "di questo problema ci preoccupiamo soltanto io e il presidente della Camera. Noi abbiamo pensato ad una riforma, ma non certamente alla nascita di un tricameralismo. Se l’interpretazione della Costituzione che dà il Csm è questa, la riforma dell’ordinamento giudiziario credo che sia comunque da riscrivere". L’articolo della Costituzione citato da Pera fa riferimento alle funzioni del Csm, al quale spettano, si legge nell’articolo 105, "secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati". Sulla stessa linea di Pera, il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini. Che - allo stesso convegno - parla di "occasioni perdute" sulla riforma della giustizia, di "microprovvedimenti settoriali che non hanno risolto i problemi, mentre permangono giganteschi conflitti di responsabilità".

Risponde poi indirettamente a Rognoni, e spiega che per lui "richiamare all’autonomia delle Camere e alla loro funzione legislativa non è lesa maestà, ma un dovere". Immediata la replica dell’opposizione. Gavino Angius, presidente dei senatori Ds, si dice "sorpreso" dalle parole di Pera, e definisce "del tutto appropriato che il Csm possa esprimere un parere anche su un disegno di legge che è in discussione. Un parere del Csm non è, come è ovvio, una legge dello stato né è in alcun modo vincolante; come è noto, il compito di legiferare spetta al Parlamento. Del resto, più volte lo stesso Capo dello Stato si era espresso sulla piena legittimità del Csm a esprimere pareri".

Pera è intervenuto anche su coalizione e leadership in vista delle prossime elezioni politiche. E ha evidenziato elementi che ostano al passaggio "da una coalizione di partiti a un partito di coalizione". "Non credo - ha detto il presidente del Senato - che sia una questione di premiership. Non è più tempo di rinvii né di astuzie, se i partiti della coalizione si sono uniti sui punti di fondo, allora bisogna agire subito e non dopo le elezioni. Oggi si può dire che è nato il partito unitario del centrodestra". Quanto poi all’impedimento, che potrebbe essere esercitato dall’attuale sistema elettorale, Pera sostiene che "un miglioramento della legge elettorale sia un tema da discutere".

Giustizia: Pisapia; norme incostituzionali, pareri Csm inopportuni

 

Apcom, 19 luglio 2005

 

Le riforme della Cdl sulla Giustizia sono "deleterie", ma il responsabile Giustizia di Rifondazione Comunista, Giuliano Pisapia, riconosce, in una intervista al Corriere della Sera, che il ruolo del Csm denunciato dal presidente del Senato Marcello Pera non è una censura infondata, ma un utile invito alla riflessione. "Pera - dice Pisapia - fece discutere in Senato un documento contro i giudici e quella fu una interferenza gravissima. Ciò non toglie però che il problema di cui parla Pera si pone oggi e si è posto in passato". Insomma, per Pisapia "in un rapporto di leale collaborazione tra i poteri dello stato non dico che non sia utile la valutazione del Csm sui progetti di legge, ma in più di una occasione abbiamo visto il Csm criticare i provvedimenti del Parlamento. Un conto è la collaborazione, un’altra è entrare nella polemica politica, esasperando lo scontro tra i poteri".

Pisapia quindi non vede il Csm come una terza Camera, ma parla di "un problema di opportunità" di certi suoi pareri. "Quando si arriva allo scontro - dice - diventa più difficile trovare soluzioni equilibrate e utili e, poiché la giustizia non è dei magistrati né degli avvocati, ma dei cittadini che ne usufruiscono, esprimere pareri è giusto, ma per farlo gli operatori del diritto hanno le loro associazioni di categoria. Sta a loro, e all’opposizione in Parlamento, contrastare le riforme ritenute controproducenti". D’altronde, conclude Pisapia, "anche Ciampi ha di recente richiamato il Csm e forse nelle sue parole era implicita la richiesta di essere più coerente con l’articolo 105 della Costituzione. Il Csm si occupi di far sì che la giustizia funzioni per quelle che sono le sue competenze".

Viterbo: si sta concludendo il corso per detenuti-cuochi

 

Tuscia Web, 19 luglio 2005

 

Si sta concludendo con le attese rispettate, presso la Casa Circondariale di Viterbo, il corso "Aiuto cuoco per detenuti", organizzato dal CTP "P. Vanni", l’Amministrazione Penitenziaria e la Scuola Alberghiera - Formazione Professionale. Tale progetto trova conclusione con il rilascio di un attestato spendibile sia all’interno dei luoghi di reclusione, sia all’esterno, allo sviluppo di conoscenze e competenze specifiche nell’ambito della ristorazione.

E un’opportunità rivolta a soggetti in stato di reclusione che, dovendo scontare una condanna possono rivedere il proprio vissuto e finalizzare il percorso detentivo verso un inserimento sociale congruo ai principi del vivere secondo le leggi di una società consapevole dei propri diritti, ma soprattutto dei propri doveri. È il secondo anno che la Regione Lazio dà, attraverso il CTP per l’educazione degli adulti, l’opportunità di rivolgersi verso una fascia di utenza particolare: quella dei reclusi. La formazione professionale della Provincia di Viterbo, attraverso l’utilizzazione di tre istruttori della Scuola Alberghiera, ha permesso la realizzazione di questo percorso formativo che gli organizzatori si augurano possa avere ancora un prosieguo nel futuro. Importante è stato l’apporto del Coordinatore del CTP Lupieri, del direttore della Scuola Alberghiera Pinzaferri, del Capo Area Trattamentale della Casa Circondariale Vanni e della referente del CTP Brunetti.

Germania: corte costituzionale contro mandato arresto europeo

 

Repubblica, 19 luglio 2005

 

L’emergenza antiterrorismo non basta ad archiviare le leggi nazionali, soprattutto quelle che tutelano i diritti fondamentali. È il messaggio sottinteso alla clamorosa decisione della Corte costituzionale tedesca, che ieri ha annullato la legge di ratifica del mandato di cattura europeo e ha imposto la liberazione di Mamoun Darkazanli, considerato dal giudice spagnolo Baltazar Garzon il proconsole di Osama Bin Laden per l’Europa.

Da ieri Darkazanli è un uomo libero. Per la Corte costituzionale della Germania è prima di tutto un cittadino tedesco: di origine siriana, ma tedesco. In quanto tale è garantito dall’articolo 16 della Carta fondamentale, che esclude l’estradizione dei cittadini. Annullando la legge che introduceva il mandato europeo, i giudici costituzionali hanno ristabilito le garanzie che erano state indebolite, ma hanno anche dato una spallata alla strategia antiterrorismo dell’Unione europea.

Quello di Karlsruhe, avverte il Financial Times Deutschland, è un segnale forte. I giudici hanno voluto riconfermare che in fatto di diritti fondamentali l’ultima parola tocca a loro. I diritti dei singoli non devono essere sacrificati alla politica comunitaria, commenta il quotidiano, e le diverse strategie contro il terrore devono trovare una via comune.

Arrestato nell’ottobre scorso, l’imprenditore 46 enne "non può essere estradato" come aveva richiesto la magistratura spagnola e dunque non c’è motivo per trattenerlo in prigione. Darkazanli è uscito ieri dal carcere di Amburgo infilandosi subito in un taxi e portando i suoi averi, racconta l’agenzia Dpa, in due buste di plastica blu da immondizia e due scatole di cartone. Per Garzon è una beffa: secondo il giudice spagnolo l’uomo d’affari tedesco-siriano è una pedina fondamentale nella rete mondiale del terrore, e ha avuto un ruolo importante anche negli attentati dell’11 settembre. Sin dal 1997, sostiene l’accusa, Darkazanli era il punto di riferimento di Osama Bin Laden per il "fronte" europeo. Aveva fornito alla cellula terrorista di Amburgo, di cui facevano parte tre dei dirottatori suicidi del 2001, "appoggio logistico e finanziamenti". Aveva provveduto persino all’acquisto di una nave per il leader di Al Qaeda.

Ma i magistrati di Karlsruhe ne hanno prima fermato l’estradizione, lo scorso autunno, e poi ne hanno imposto la liberazione, di fatto formulando un’accusa molto precisa al Bundestag, che ha ratificato le norme europee, entrate in vigore nell’agosto dell’anno scorso. La decisione della Corte è uno schiaffo per Brigitte Zypries, responsabile federale della Giustizia. Il ministro ha subito bollato la liberazione di Darkazanli come "un passo indietro nella lotta al terrorismo", che porterà a rendere ancora più burocratiche le procedure internazionali.

Dieter Wiefelspütz, esperto di Interni della Spd, ha ammorbidito le accuse con un parziale mea culpa, sottolineando che il Bundestag avrebbe dovuto accogliere la normativa europea in maniera meno automatica. "Credo che il legislatore tedesco non abbia offerto una delle sue prestazioni migliori", ha detto Wiefelspütz al Kölner Stadt-Anzeiger. Più esplicito il verde Hans-Christian Ströbele: "È sicuramente un ceffone per l’intero Parlamento". Rolf Tophoven, considerato uno dei massimi esperti di sicurezza, l’ha definito "una giornata nera nella lotta europea al terrorismo".

Pacate le reazioni spagnole: Madrid, ha detto il ministro della Giustizia Juan Fernando Lopez Aguilar, rispetta la decisione della magistratura tedesca. "Troveremo il modo di risolvere questi problemi giuridici", ha commentato Lopez Aguilar, sottolineando che la scelta dei giudici costituzionali si basa su "questioni giuridiche interne".

Sicurezza: scontro nella maggioranza su misure anti-terrorismo

 

Quotidiano Nazionale, 19 luglio 2005

 

Il pacchetto di misure antiterrorismo predisposto dal ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, doveva essere già stato approvato e non è opportuno sospendere il trattato di Schengen. Lo afferma il segretario dell’Udc, Marco Follini, prima di partecipare alla presentazione del libro di Roberto Napoletano, "Fardelli d’Italia". "C’è un pacchetto di misure contro il terrorismo - spiega Follini - mi sembrano ragionevoli e condivisibili. La mia idea è che dovevano esser già approvate. Soltanto il demone della follia può suggerire ritardi in questo campo. Al dibattito ognuno concorre con le sue opinioni e le sue proposte. Mi apre che ci sia un minimo comune denominatore intorno ai ragionamenti che ha fatto il ministro dell’interno e al confronto parlamentare dei giorni scorsi. Questo dato va messo subito al sicuro".

"Sulla sospensione del trattato di Schengen non sono favorevole come tanti altri nella maggioranza, anche perché -conclude Follini - quello che è successo in Inghilterra notoriamente non ha a che vedere con il trattato di Schengen che lì non vige". "La Lega insisterà sulla sospensione di Schengen". Il ministro della Giustizia Roberto Castelli al termine della segreteria politica della Lega ha insistito sulla sospensione del Trattato di Schengen come ha fatto la Francia. Castelli, inoltre ha detto che la segreteria politica ha approvato un pacchetto "di misure che per correttezza nei confronti degli alleati di governo non possiamo annunciare oggi".

Castelli ha, però, insistito sul fatto che le proposte che il pacchetto della Lega non è "lontano da quello di Pisanu, ma sovrapponibile". Il ministro così, ha voluto smorzare le polemiche di questi giorni e le contrapposioni con il ministro degli Interni Pisanu. "Non esiste contrapposizione, così come è stata dipinta dai giornali, cioè una Lega fuori dal governo. Il nostro pacchetto non è blindato, per questo prima di annunciarlo lo vogliamo discutere con gli alleati e domani incontrerò le altre parti del governo per parlare proprio di questo. La nostra preoccupazione è stata quella di programmare misure efficaci a metterle rapidamente in atto e che fossero le più condivise possibili, inoltre, che fossero costituzionali. Il mio è stato uno sforzo più tecnico che politico". Il ministro Castelli ha insistito che prima di annunciare misure e provvedimenti che la Lega ha pensato di mettere in atto occorre che queste vengano discusse con gli alleati: "Alcune saranno condivise - ha concluso Castelli - altre no, occorre discutere".

Sicurezza: la Lega insiste su sospensione accordi di Schengen

 

Reuters, 19 luglio 2005

 

Il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, ha detto oggi che la Lega Nord presenterà domani alle altre forze di governo il suo pacchetto sulla sicurezza dopo gli attentati di Londra, insistendo sulla necessità di sospendere l’accordo sulla libera circolazione delle persone tra l’Italia e gli altri paesi dell’Unione europea.

"Ribadiamo la necessità di sospendere Shenghen come hanno fatto Francia e Olanda, la Lega insisterà su questo punto", ha detto Castelli al termine della segreteria politica che si è riunita oggi alla presenza di Umberto Bossi. La scorsa settimana il governo non era riuscito a varare la serie di misure anti-terrorismo annunciate dal ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu per la resistenza opposta dalla Lega Nord, che le considerava troppo blande.

Castelli ha gettato oggi acqua sul fuoco, sostenendo che "non esiste un clima di contrapposizione, la Lega non è un elemento estraneo alla maggioranza". "Questo pacchetto che la segreteria politica ha approvato oggi non è in contrasto (con il pacchetto Pisanu) ma sovrapponibile". Non proprio dello stesso avviso il leader dell’Udc Marco Follini. "Solo il demone della follia può suggerire un ritardo nell’approvazione del pacchetto Pisanu", ha detto Follini interpellato dai giornalisti davanti alle telecamere del Tg2.

"Il pacchetto Pisanu mi sembra ragionevole e del tutto condivisibile. La mia idea è che sarebbe dovuto essere già stato approvato". Il Viminale ha proposto di ampliare da 12 a 24 ore il fermo di polizia, istituire un controllo preventivo sull’addestramento al volo aereo, concedere il permesso di soggiorno agli immigrati per motivi investigativi, in seguito agli attentati nella capitale britannica del 7 luglio che hanno provocato oltre 55 vittime.

Per reazione agli attacchi, Francia e Olanda hanno annunciato la sospensione degli accordi di Schengen che permette il transito tra un buon numero di paesi della Ue senza alcun controllo alla frontiera. Pisanu ha detto di non vedere la necessità di adottare la stessa misura in Italia.

La Lega Nord presenterà le sue proposte, "che sono in linea anche con quanto deciso la scorsa settimana dai ministri degli interni europei", in una riunione di governo prevista per domani, ha aggiunto Castelli. Le misure "sono state confezionate in modo che possano essere accolte perché di grande efficacia e di grande ragionevolezza da mettere rapidamente in atto, condivisibili e costituzionali". L’Unione europea si è impegnata a velocizzare alcune misure anti-terrorismo come la conservazione obbligatoria delle tracce di chiamata da cellulari e e-mail su Internet, dopo le bombe di Londra.

Benevento: i detenuti protestano contro il sovraffollamento

 

Comunicato stampa, 19 luglio 2005

 

I detenuti della Casa Circondariale di Benevento hanno intrapreso, in data 18 luglio 2005, una manifestazione pacifica di protesta tesa a sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema del sovraffollamento degli istituti penitenziari italiani, la cui popolazione detenuta ammonta a cinquantanovemila unità, e alle relative problematiche connesse. Il fine ultimo è quello di sollecitare il Governo all’adozione di provvedimenti di clemenza nei loro confronti. La manifestazione di protesta si articola nella battitura delle inferriate, tre volte al giorno in coincidenza dell’orario dei pasti, e nel rifiuto di ritiro del vitto dell’Amministrazione. La situazione è del tutto sotto controllo e non ha, allo stato, arrecato alcun pericolo all’ordine e alla sicurezza della struttura.

Forlì: il 21 luglio "Equ live" al carcere circondariale

 

Libero News, 19 luglio 2005

 

Gli Equ incontrano i detenuti del carcere circondariale di Forlì per un concerto gratuito e dal sapore tutto particolare. Lo spettacolo in programma per il 21 di luglio alle ore 16 è stato voluto dalla direttrice della struttura carceraria, Rosa Alba Casella, e da tutto il suo staff. Un momento, spiegano all’ufficio educazione del carcere, di svago, fatto della spensieratezza che la musica può offrire in questi casi a chi deve scontare una pena.

Il concerto degli Equ diventa così un punto di incontro, teso a sensibilizzare anche la creatività artistica di alcuni detenuti. La band, che in questi giorni è in studio per terminare le registrazioni del primo album, ha fatto sapere che suonare per le persone meno fortunate è un onore. Intanto, La creazione, il secondo singolo della band, è in rotazione nelle maggiori emittenti radiofoniche. Prosegue anche l’attività live che li vedrà impegnati in una serie di concerti nelle maggiori località turistiche italiane.

Droghe: a fine anno i primi detenuti a Castelfranco Emilia

 

Redattore Sociale, 19 luglio 2005

 

Si è insediato ufficialmente il Tavolo tecnico di lavoro incaricato di gestire e mettere a punto i progetti all’interno del Carcere speciale per tossicodipendenti di Castelfranco Emilia, inaugurato lo scorso 21 marzo. Il Tavolo è composto da rappresentati del Comune di Castelfranco, della Provincia di Modena, della Regione Emilia-Romagna, dei Sert e dell’Amministrazione penitenziaria. "Il dialogo ora è aperto - sottolinea il provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria dell’Emilia-Romagna, Nello Cesari - e parte ora il confronto per gestire la struttura". Si procederà, spiega Cesari, mettendo a punto via via i diversi progetti, discussi ogni volta dal Tavolo: sia per il reperimento dei finanziamenti che per la gestione delle attività. "Le Comunità che parteciperanno ai progetti - aggiunge Cesari - saranno scelte e coinvolte dall’equipe del Tavolo di volta in volta, a seconda chiaramente di quali progetti si tratta".

Il Ministro dei rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, che ha anche la delega alle politiche contro la tossicodipendenza, ha partecipato alla prima riunione del Tavolo e ha ribadito l’impegno del Governo a intervenire, anche finanziariamente, per i progetti che verranno messi a punto. "Chiaramente – tiene a precisare Nello Cesari - i finanziamenti non arriveranno solo dallo Stato. Il lavoro del Tavolo è anche quello di trovare risorse, sul territorio in particolare". Tutte le fasi di intervento saranno quindi dirette e gestite dall’Amministrazione penitenziaria. Le attività di recupero, invece, sarà "copartecipata", con il coinvolgimento di volontariato e comunità terapeutiche. Il primo progetto è già stato stabilito, e sarà quello della lavanderia della struttura. La prossima riunione del Tavolo è prevista per mercoledì 20 luglio e verranno discussi gli altri progetti e, soprattutto, i programmi di spesa. Per quanto riguarda gli ospiti, si partirà alla fine dell’anno, in via sperimentale, con 40-50 persone (la struttura ne può accogliere massimo 140).

Nel carcere, come previsto fin dalla sua apertura, si potrà entrare esclusivamente su base volontaria ed è destinato solo ai tossicodipendenti condannati a pene superiori ai 4 anni (che non possono essere affidati ai servizi sociali). Potrebbero comunque arrivare anche detenuti con pene inferiori, direttamente avviati al lavoro esterno. Tra carcere e Sert, comunità terapeutiche, cooperative sociali e mondo del volontariato ci sarà un rapporto partecipato. Equipe miste, inoltre, valuteranno la possibilità di accesso alla riabilitazione e, in corso d’opera, l’effetto della riabilitazione. Le comunità potranno poi proporre all’Amministrazione anche misure alternative, come lavoro esterno oppure lo spostamento in comunità.

Firenze: 12 progetti per reintegrare detenuti in mondo del lavoro

 

La Nazione, 19 luglio 2005

 

Far entrare nelle carceri la realtà produttiva reale, per una efficace sperimentazione formativa che assicuri al detenuto le competenze necessarie, una volta finita la pena, a reintegrarsi nella società.

È questo il fine che si prefiggono i 12 progetti del fondo sociale europeo, vinti con il bando del "Progetto Esprit" della Regione Toscana. L’iniziativa si inserisce nella ricerca che il Provveditorato regionale toscano dell’amministrazione penitenziaria porta avanti da anni, di nuove dimensioni formativo- occupazionali e reintegrative dei detenuti.

I progetti prevedono sia i corsi di formazione e assunzioni dentro e fuori le carceri, come soci lavoratori direttamente da cooperative sociali, sia fasi di accompagnamento nella comunità esterna. È previsto anche, in alcuni casi, il supporto di mediatori linguistico-culturali. Alcune proposte riguardano, invece, la costituzione di cooperative sociali per attivare produzioni dentro gli istituti, inserite in circuiti commerciali esterni, come nel caso dell’istituto femminile di Empoli, impegnate in un’attività di catering.

Ad 8 progetti, per un finanziamento complessivo di circa 650mila euro, partecipano come partner gli istituti penitenziari di Arezzo, Empoli, Massa, Pisa, Prato e i centri di servizio sociale per adulti tra Firenze e Siena. Altri 4 progetti, relativi ai territori di Arezzo, Firenze e Pistoia, prevedono tra i beneficiari detenuti o persone affidati all’area penale esterna al carcere.

Il progetto Chance, appena terminato, che coinvolge 4 istituti, prevede vari corsi qualificati: dal cablaggio elettronico alla saldatura, dall’agricoltura biodinamica alla ristorazione.

Dei 3 progetti europei Equal sono i corsi professionali specializzati, borse di lavoro e attività di accompagnamento. Infine, tutte le iniziative sono culminate, dal 2004, nel piano per un Polo penitenziario industriale, allo scopo di affidare in comodato gratuito locali e laboratori penitenziari ad imprese e cooperative sociali.

Udine: rissa in carcere tra magrebini e albanesi, quattro feriti

 

Il Gazzettino, 19 luglio 2005

 

Rissa in carcere tra detenuti magrebini e albanesi: quattro sono rimasti feriti e sono stati accompagnati in ospedale per essere medicati. È accaduto ieri dopo l’ora di pranzo nell’arco di tempo che i detenuti trascorrono nel cortile. Sono intervenuti in forze gli agenti di polizia carceraria e assieme a loro alcune pattuglie dell’Arma. Lo scontro legato probabilmente alla volontà da parte di ciascuna delle fazioni di assumere il predominio nell’ambito dell’istituto di pena, è stato preceduto da momenti di tensione. Dalle parole ai fatti: pare che alcuni detenuti abbiano fatto a pezzi un tavolino e servendosi delle assi abbiano ripetutamente colpito gli avversari. Uno dei contendenti ha riportato ferite da taglio al volto e alle braccia che potrebbero essere state determinate dall’uso di un oggetto appuntito o da lamette.

Le urla dei contendenti hanno richiamato l’attenzione degli agenti di custodia che si sono frapposti tra le due fazioni: non è stato facile separare albanesi e magrebini decisi a regolare i conti una volte per tutte. In rinforzo alla polizia penitenziaria sono intervenute le pattuglie del nucleo radiomobile e anche le volanti che nel timore di possibili disordini hanno pattugliato esternamente il carcere soprattutto l’area prospiciente via Zara dove è avvenuta la rissa. Dell’ episodio è stato informato il sostituto procuratore della repubblica Lorenzo Del Giudice.

I quattro, tre albanesi e un marocchino, che sono stati accompagnati all’ospedale presentavano contusioni in varie parti del corpo. Per uno solo, quello ferito dalle lamette, si è reso necessario l’intervento per suturare le ferite. Per tutti comunque si rendono indispensabili ulteriori accertamenti nell’eventualità di colpi alla testa e possibili lesioni interne. Gli agenti carcerari hanno già avviato gli accertamenti per capire modalità e dinamica della violenta lite. Sembra tuttavia che scaramucce siano avvenute nei giorni precedenti. Non è un mistero del resto che da tempo tra le due fazioni di extracomunitari i rapporti sono tesi.

Brasile: 17 anni, linciato da 300 persone nella sua cella

 

Adnkronos, 19 luglio 2005

 

Un ragazzo di 17 anni è stato linciato da 300 persone che hanno fatto irruzione nel commissariato dove era detenuto, nello Stato amazzonico del Parà. Il giovane, J.H.S, era stato fermato come principale sospettato per l’assassinio, domenica scorsa, del commerciante Lucilene Ferreira de Jesus. Il ragazzo si trovava recluso in una cella di sicurezza nella sede della polizia di Igarapè Acu, nel nordest del Parà, senza poliziotti a guardia dell’edificio, ma con un funzionario civile come "sentinella". Una massa di persone si è improvvisamente riversata nel commissariato distruggendo la porta a colpi di bastoni e ha sfondato la porta della cella dell’adolescente, uccidendolo.

Pozzuoli: sospeso direttore, era a casa di una detenuta semilibera

 

Il Mattino, 19 luglio 2005

 

Pozzuoli. Il direttore del carcere femminile, Francesco Saverio De Martino, è stato sospeso. L’accusa: lo hanno trovato in casa di una detenuta venezuelana, in regime di semilibertà. A firmare il provvedimento è stato il dipartimento per l’amministrazione penitenziaria. Ieri il direttore non è tornato in ufficio. È rimasto a casa, amareggiato, promettendo che presto chiarirà tutto. In teoria il funzionario è in ferie, potrebbe tornare in agosto ed essere trasferito. Praticamente è stato sospeso dalla funzione. La detenuta è in cella, non parla con le sue compagne. Si è chiusa in uno strano silenzio. La semilibertà le è stata revocata. La vicenda risale a due giorni fa, quando la polizia penitenziaria ha avuto un ordine: quello di perquisire l’abitazione della reclusa, in base al testo unico della pubblica sicurezza. Questo avviene solo quando c’è "un fondato sospetto". In questo caso gli investigatori ipotizzavano che in casa della donna, già arrestata per spaccio, ci fosse droga. Sembra che a far muovere l’indagine sia stata la denuncia di alcuni agenti penitenziari.

Da qui è partito il blitz. La venezuelana era rientrata qualche mese fa nel progetto che aveva voluto proprio il direttore del carcere, quello di aprire le porte del penitenziario, far respirare aria a chi aveva commesso piccoli reati e lavorare, in piccole attività utili al Comune, per guadagnarsi tempo libero. Quel progetto era piaciuto anche al tribunale di sorveglianza. Puntava al recupero e aveva dato ottimi risultati. Ebbene in quello spazio di tempo, ieri mattina la donna era nella propria casa, a Pozzuoli, in compagnia del direttore del carcere. Ed è questo che De Martino dovrà chiarire agli inquirenti. Oggi il funzionario grida al complotto. Va detto però che, nelle scorse settimane, c’era stato un contenzioso tra agenti penitenziari e direttore. Ora andrà chiarito se c’è una relazione tra questi due episodi. Spetterà alla magistratura fare chiarezza.

Di certo De Martino è molto stimato nell’ambiente della polizia penitenziaria. A Pozzuoli lavora da dodici anni e ha ventisei anni di carriera. E neanche un rimprovero, un passo falso. Almeno fino a ieri. Per ora intanto, dopo la sospensione dalle funzioni, il dirigente è in ferie, rientrerà in agosto e sarà trasferito, di certo sarà allontanato da Pozzuoli, anche se su questa storia sarà la magistratura a chiarire quello che è accaduto. De Martino dovrà spiegare perché era a casa della detenuta. Intanto nell’abitazione della venezuelana non si sa bene se è stato o meno trovato quello che si cercava: la droga. Una polverina bianca "sospetta", dicono gli agenti di polizia penitenziaria, è stata trovata ed è stata mandata nei laboratori perché sia analizzata. Non si sa se è droga, potrebbe essere anche talco profumato.

Senza dimora: la Regione Veneto stanzia 700mila euro

 

Redattore Sociale, 19 luglio 2005

 

Per sostenere i Comuni capoluogo del Veneto nell’assistenza a persone in stato di estrema povertà o senza dimora, la Giunta regionale, su proposta dell’Assessore alle politiche sociali Antonio De Poli, ha assegnato 700mila euro complessivi per il 2005 a progetti d’intervento presentati secondo le linee guida fissate con un provvedimento dello scorso gennaio. Ne dà comunicazione lo stesso Assessore De Poli ricordando che i contributi vengono ripartiti tra i Comuni capoluogo di provincia per attivare e coordinare progetti e interventi di potenziamento dei centri e dei servizi di pronta accoglienza, di accompagnamento e di reinserimento sociale e lavorativo, facendo da punto di riferimento per l’attività di tutte quelle organizzazioni di volontariato, degli organismi non lucrativi di utilità sociale e delle IPAB che, nel corso degli anni, si sono dimostrati particolarmente attivi nel gestire i bisogni delle persone in difficoltà o senza fissa dimora.

I progetti presentati dai comuni capoluogo e finanziati dalla Regione sono: per Venezia (186 mila euro) "Senza fissa dimora 2006", per Padova (quasi 144 mila euro) "Percorsi dalla casetta alla dimora", per Verona (177 mila euro) "Progetto Giona – percorsi di inclusione sociale per contrastare la grave marginalità", per Rovigo (35 mila euro) "Nuovi orizzonti", per Treviso (56 mila euro) "Percorsi di autonomia, percorsi di comunità", per Vicenza (oltre 76 mila euro) "La porta aperta", per Belluno (24 mila) "Oikos".

"Nella nostra regione spiega De Poli - crescono forme di nuove povertà e di emarginazione sociale, soprattutto nei grandi comuni urbani, forme che riguardano soprattutto anziani e disabili abbandonati, disoccupati permanenti, alcolisti, tossicodipendenti, malati psichici, ex detenuti, donne e minori maltrattati, persone senza fissa dimora". L’Assessore ricorda che il coordinamento degli interventi e dei progetti spetta ai Comuni capoluogo che diventano pertanto sedi di coordinamento di fatto dei servizi sociali e delle realtà associative più impegnate nell’accoglienza e sono i soli enti incaricati dalla Regione di promuovere o di raccogliere i progetti espressi nell’ambito del loro territorio.

"Le strategie politiche, culturali e istituzionali per contrastare le nuove povertà non hanno contorni precisi. È perciò importante - conclude De Poli - il lavoro che viene svolto dalle organizzazioni sul territorio, perché ci consente di avere un quadro più definito della situazione e dunque di calibrare meglio gli interventi per evitare le nuove povertà o per farne uscire chi ci è dentro. Di certo sappiamo che rispetto al "vecchio" e tradizionale modo di intendere l’emarginazione oggi essa riguarda persone molto più giovani di qualche anno fa, con età media sui 30 – 35 anni per quanto riguarda gli immigrati e sui 40 – 45 anni per quanto riguarda gli italiani".

Giustizia: riforma alla Camera, il governo chiede la fiducia

 

Ansa, 19 luglio 2005

 

Il governo ha posto alla Camera la questione di fiducia sul testo di riforma dell’ordinamento giudiziario. Lo ha annunciato nell’Aula di Montecitorio il ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi. "Non è vero che il governo va avanti a colpi di fiducia. L’esecutivo ha esercitato, in questa legislatura, i suoi diritti con oculatezza, nella media di quanto avvenuto nelle scorse legislature". Lo ha detto il ministro per i rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, conversando con i giornalisti alla Camera, dopo che il governo ha posto la fiducia sulla riforma dell’ordinamento giudiziario. "Non deve passare il principio che sia la magistratura a imporre, con il suo autogoverno e la sua disciplina, regole che pensa siano funzionali a se stessa - ha aggiunto - io saluto con grande soddisfazione il fatto che il Parlamento si appresti a ribadire i principi secondo i quali la sovranità popolare spetta al Parlamento".

Sicurezza: Castelli; accordo su misure "doveroso e inevitabile"

 

Adnkronos, 19 luglio 2005

 

Un accordo sulle misure antiterrorismo è "non solo possibile, ma doveroso e inevitabile". Lo ha detto in Transatlantico il ministro della Giustizia Roberto Castelli, a chi gli chiedeva della possibilità di un’intesa tra le sue posizioni e quelle del ministro dell’Interno Pisanu.

Intanto il ministro del Welfare Roberto Maroni, ribadendo la richiesta della Lega, ha detto che sospendere il Trattato di Schengen non è una follia. "Francia e Olanda l’hanno fatto - ha detto l’esponente del Carroccio - non capisco perché non dobbiamo seguirli. O il governo francese è fatto di folli, oppure la proposta della Lega non è una follia. Del resto il governo francese è composto da esponenti moderati e illuminati del nuovo centrodestra europeo".

Maroni è poi entrato più specificatamente nel merito della proposta: "Gli attentatori di Londra erano cittadini dell’Unione europea e se non si sospende il Trattato di Schengen non sarà possibile riconoscere e fermare terroristi che abbiano la cittadinanza europea. Perciò diciamo: in attesa di avere la nuova mappa del terroristi, sospendiamo il Trattato. Nel consiglio dei Ministri di venerdì presenteremo questa proposta, se poi non verrà approvata ne prenderemo atto con rammarico".

Mentre il ministro per le Riforme Istituzionali Roberto Calderoli ha posto l’accento sull’urgenza dei provvedimenti da adottare: "Oggi ci sarà a Roma una riunione della Cdl. Di certo il pacchetto del terrorismo dev’essere approvato prima dell’estate. Vorrà dire che il Parlamento potrà dimostrare l’eccezionalità del momento lavorando e votando anche ad agosto. Così non ci saranno problemi per i 60 giorni per la conversione del decreto".

Droghe: Pedrizzi (An); apriamo questione politica su ddl Fini

 

Apcom, 19 luglio 2005

 

"Chi, all’interno di AN e della maggioranza, non vuole che il ddl Fini antidroga e antispaccio diventi legge dello Stato, esca allo scoperto e si assuma le sue responsabilità". Lo afferma in una nota il senatore Riccardo Pedrizzi, responsabile nazionale di AN per le politiche della famiglia e presidente della Consulta etico-religiosa del partito. "Non è possibile - scrive infatti Pedrizzi - che il provvedimento continui ad essere incagliato nelle commissioni Sanità e Giustizia del Senato".

"All’assemblea nazionale di AN - ricorda Pedrizzi - è stato sancito che l’approvazione del ddl Fini antidroga e antispaccio, essendo in grado di qualificare l’azione di governo del partito e l’intera legislatura di governo della Cdl, costituisce una priorità politica. Si tratta dunque - prosegue l’esponente di An - di mettere in pratica ciò che è stato stabilito in quella sede, ponendo una questione politica, all’interno dell’alleanza di Centrodestra, sul varo di questo ddl".

"A tale proposito - continua il senatore - rammentiamo che quando la Cdl, in questa legislatura, ha voluto approvare un provvedimento, anche su materie estremamente complesse e delicate e pure in presenza di sensibilità diverse in seno alla stessa maggioranza e di forti resistenze provenienti da alcune categorie, lo ha fatto. E di gran carriera. Quella stessa ferrea volontà politica di varare una legge rapidamente, deve essere ora dimostrata sul ddl Fini antidroga e antispaccio".

Un ddl, sottolinea l’esponente di AN, "che investe sulla prevenzione, riaffermando il principio che drogarsi non è lecito, che la droga è una, senza aggettivi, e che tutta va combattuta poiché uccide l’uomo nel corpo e nello spirito. Investe sul recupero, sulla riabilitazione e sul reinserimento del tossicodipendente nella società e nel mondo del lavoro. E mira a permettere che gli spacciatori, che oggi sono di fatto autorizzati, per le lacune legislative, a vendere morte ai nostri figli, possano finalmente essere colpiti. È quindi un provvedimento di destra, laddove per destra si intende quella parte politica che difende i valori della centralità della persona umana, della salvaguardia della sua dignità ed integrità, della tutela della famiglia. Chiediamo per questo - conclude Pedrizzi - che sia approvato entro la fine della legislatura".

 

 

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